Ahmad Alaa Eddin Siria Ana Banjac Bosnia Almalé & BondÃa ...
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accanto alla storica GAM e al Castello di Rivoli, sono<br />
nate la Fondazione Sandretto Re Debaudengo, il grande<br />
progetto della “Cittadella” di Pistoletto, di recente<br />
apertura la Fondazione Merz, il Castello di Rivara<br />
insieme ad altre collezioni private, e altri musei come<br />
il Museo della Montagna che aprono le porte a importanti<br />
eventi dell’arte contemporanea.<br />
Napoli non di meno ha investito nell’arte contemporanea,<br />
delle volte prediligendo l’immagine, altre badando più<br />
alla sostanza. Nel frattempo sono nati due musei<br />
dedicati al contemporaneo, il Pan e il Madre che<br />
sicuramente rappresentano un segnale positivo di<br />
attenzione al contemporaneo e sono il prodotto di sforzi<br />
notevoli, anche se forse è mancato il lavoro di<br />
storicizzazione sull’arte a Napoli, ancora poco<br />
considerata, anche a causa di un mercato debole e<br />
attardato.<br />
Di grande impatto, sicuramente, la nuova metropolitana<br />
cittadina dove trovano collocazione ideale opere di<br />
artisti celebri, più spesso legati al territorio, e molto<br />
attenti al rapporto arte-architettura.<br />
Ed è proprio in questo contesto che si colloca la vicenda<br />
del Casoria International Contemporary Art Museum<br />
che, pur mantenendo elementi di assoluta originalità,<br />
contribuisce a diversificare un’offerta culturale, come<br />
abbiamo visto, in grande crescita.<br />
A parte considerazioni ovvie sulla nascita di un museo<br />
nella provincia, se non erro l’unico rivolto al<br />
contemporaneo, il Casoria Internetional Contemporary<br />
Art Museum è un progetto di assoluta attualità per una<br />
serie di ragioni molto semplici ma non per questo<br />
scontate.<br />
Sono presenti artisti di tutto il mondo, di generazioni<br />
diverse, che usano linguaggi e supporti, i più disparati,<br />
nel segno della “diversità ”. È davvero sorprendente<br />
“Swing II” di Norbert Francis Attard, 2005<br />
constatare una tale rappresentanza di artisti cinesi o<br />
ciprioti, vera novità del panorama internazionale, nonché<br />
vedere censita una giovanissima quanto promettente<br />
compagine di artisti napoletani come La Ragione, Piano,<br />
o i graffitisti Cyop&Kaf e Raf, accanto a nomi più<br />
conosciuti come Barisani per rimanere nell’ambito<br />
cittadino oppure <strong>Ana</strong>ut, Barredo, Grozdanov, Hofmann,<br />
Schwartz, allargando i confini.<br />
Altro aspetto peculiare è la location del museo, ubicato<br />
negli spazi seminterrati di una scuola elementare che<br />
immediatamente ci informa sulla dimensione<br />
sperimentale e “underground” di un progetto che nasce<br />
dal basso e si sviluppa secondo un modello orizzontale.<br />
Qui lo spazio non “relega” l’ opera, piuttosto si trasforma<br />
e ridefinisce la sua funzione proprio grazie alla presenza<br />
dell’arte. È questo un aspetto particolarmente<br />
significativo, anche alla luce di quello che abbiamo<br />
detto all’inizio, ovvero in relazione alla questione del<br />
recupero e della ridestinazione dei luoghi.<br />
Non trascurabile il fatto che ci troviamo, anche nel caso<br />
di artisti più storicizzati, di fronte a produzioni<br />
recentissime, spesso veri e propri progetti site-specific,<br />
non necessariamente allineati con le mode del mercato;<br />
visto che gli artisti non sono stati scelti sulla base di<br />
logiche di appartenenza ma piuttosto sulla valutazione<br />
dei progetti. Ciò naturalmente ha contribuito a creare<br />
uno scenario composito e variegato dove tutto sembra<br />
più giocato sul contrasto che sull’assonanza e dove le<br />
differenze culturali convivono in un dialogo serrato e<br />
stimolante.<br />
Penso che il grande riscontro di pubblico e di critica<br />
che il Casoria International Contemporary Art Museum<br />
ha riscosso immediatamente, anche se inaugurato solo<br />
da qualche mese, sia, almeno in parte, riconducibile<br />
proprio alla sua struttura aperta, alla capacità di<br />
accogliere ricerche, le più disparate.<br />
Siamo decisamente lontani da un approccio filologico,<br />
da scelte, già detto, condizionate dal borsino dell’arte<br />
o dal trand del momento o irrigidite in banali percorsi<br />
tematici. Piuttosto ci troviamo in uno spazio sobrio che<br />
ci invita a fruire dell’opera senza troppi inutili accessori,<br />
come potrebbe capitare aggirandosi in qualche loft<br />
newyorkese.<br />
Vero “deus ex-machina” di questo progetto è Antonio<br />
Manfredi, artista di lunga data approdato con successo<br />
ad esperienze di curatela, che non rinuncia per questo<br />
alla sperimentazione e alla ricerca nella migliore<br />
tradizione di quella critica creativa troppo dimenticata.<br />
Di qui l’atmosfera che si respira in questo museo, di<br />
elegante informalità, senza compiacimenti o false<br />
modestie, lasciando che l’arte dica quello che sa, quello<br />
che ogni volta scopre, senza eccessivi clamori e<br />
spettacolarizzazioni mediatiche.<br />
E, forse, insinuando anche l’idea che, tutto sommato,<br />
essere periferici non è sempre una disgrazia.<br />
L’ARTE ORIENTALE di Zhao Shulin<br />
“Untitled” di Huang Yan, 2004<br />
Non è un caso che siano così tanti gli artisti orientali,<br />
cinesi, giapponesi, coreani e taiwanesi invitati a questa<br />
manifestazione, così come non è un caso che sia io a<br />
scrivere per questi artisti. Quando nel 2001 conobbi<br />
Antonio Manfredi impegnato nella realizzazione di alcune<br />
sculture monumentali in Cina, immediatamente nacque<br />
un feeling che ci portò successivamente a collaborare<br />
per varie iniziative comuni. Insieme visitammo a Pechino<br />
e in tutta la sua sterminata provincia decine di studi di<br />
pittori, scultori, fotografi e performer che in buona parte<br />
abbiamo invitato a questa manifestazione per la<br />
realizzazione del Museo Internazionale di Arte<br />
Contemporanea della Città di Casoria di cui Manfredi<br />
è il curatore.<br />
L’arte orientale fin dagli esordi è nata sottolineando il<br />
suo aspetto prettamente didattico e ha sempre<br />
evidenziato il suo intento nello sviluppare valori in grado<br />
di regolare i rapporti umani. Il pittore orientale riflette<br />
nelle sue opere la storia, il suo pensiero, l'anima e la<br />
sua concezione filosofica.<br />
In questi primi anni del nuovo millennio, la scena dell’arte<br />
contemporanea si presenta molto articolata, vi<br />
partecipano artisti così diversi per storia e per educazione<br />
da rendere vano ogni tentativo di racchiuderla in una<br />
definizione unitaria, che possa valere per tutti i suoi<br />
aspetti.<br />
Così, l’arte cinese in particolare e quello orientale in<br />
generale, si occidentalizza solo in apparenza,<br />
mantenendo nella sostanza le proprie prerogative<br />
caratteriali e culturali, pur guardando con interesse alla<br />
storia dell’arte occidentale, ne trasforma il linguaggio in<br />
una originale fusione tra Asia e Occidente, sviluppando<br />
così un’assoluta originalità di stili e di contenuti.<br />
Il supporto fotografico e il video ha rappresentato forse,<br />
in questo ultimo decennio, il mezzo espressivo più<br />
idoneo a soddisfare le esigenze creative degli artisti<br />
orientali dell’ultima generazione e delle loro<br />
performances, il messaggio delle opere esposte in<br />
questa mostra di Casoria offre spunti di riflessione sul<br />
rapporto fra tradizioni e culture diverse tra loro.<br />
Sono infatti molti gli artisti che hanno presentato un<br />
video o una fotografia<br />
Il cinese Huang Yan è conosciuto in tutto il mondo come<br />
il tatuatore di paesaggi policromi sui corpi, attingendo<br />
dalla body art e dall’arte del tatoo, ripropone tematiche<br />
proprie della tradizione cinese: a Casoria espone appunto<br />
una fotografia delle sue performances dove si dipinge<br />
sul corpo i simboli stessi dell’iconografia cinese, come<br />
le montagne delle antiche pitture cinesi.<br />
Liu Yang propone una piccola serie di immagini di donne,<br />
notevoli per la discrezione e la delicatezza, anche<br />
cromatica, con cui è avvicinata la realtà del mondo<br />
femminile. Cang Xin si autoritrae al centro di un’aiuola<br />
di rose, in un paesaggio dai colori nitidi e dall'atmosfera<br />
quasi irreale. Zhou Yuechao presenta due fotografie di<br />
grande formato, realizzate durante una performance<br />
dal titolo “Floating Installation-Teahouse” nella città di<br />
Chongqing dove un gruppo di 5 uomini scelti a caso e<br />
una donna vengono mirabilmente utilizzati per una<br />
performance che vuole essere un paradosso della<br />
moderna concezione dell’arte e della cultura.<br />
Li Tianyuan espone la foto di un pallido cielo dal forte<br />
potere evocativo per l’assenza, in un campo totale di<br />
minime variazioni cromatiche, di qualsiasi altro elemento<br />
iconico.<br />
Il fotografo coreano Kim Tae-Jun è, invece, presente<br />
con una grande foto di più di quattro metri di lunghezza,<br />
realizzata mirabilmente nell’interno di un vecchio<br />
ristorante coreano Con il video dal titolo “Utopian<br />
machine”, Zhou Xiaohu, lavorando con personaggi<br />
realizzati in plastilina, mette in scena un interessante<br />
confronto tra la cultura orientale ed occidentale con le<br />
sue miserie e i suoi drammi.<br />
Di particolare interesse anche il film documentario di<br />
56 min. di Wu Wenguang dal titolo “Dance with farm<br />
workers”, dove l’ artista utilizza operai di una industria<br />
tessile per realizzare una performance di grande effetto<br />
scenografico.<br />
Sulla linea dell’analisi politica della società cinese è<br />
invece il suggestivo video dell’artista Liu Wei, dove in<br />
una sorta di sogno autobiografico si succedono immagini<br />
del presente e del passato comprese quelle dei fatti di<br />
piazza Tienamen.<br />
Ancora un video dal titolo “Aliens”, ma questa volta del<br />
giapponese Manubu Hasegawa. Il lavoro, realizzato nel<br />
corso di quattro anni, presenta una successione frenetica<br />
di migliaia di disegni di alieni<br />
Nel momento in cui la Cina in particolare e l’oriente in<br />
generale si apre al mondo come una paradossale<br />
combinazione tra tradizione e novità, gli artisti<br />
“Untitled” di Cang Xin, 2004<br />
manifestano un’energia creativa piena di immaginazione<br />
che poggia, però, sempre su una grande consapevolezza<br />
culturale riguardo al proprio passato e alle significative<br />
trasformazioni del presente. Un mirabile esempio lo<br />
abbiamo con alcune opere che saranno esposte a<br />
Casoria e che faranno parte della collezione permanente<br />
del Museo: a cominciare dai pittori cinesi Huxiang Dong,<br />
che in una piccola tela ad olio ci presenta i singolari<br />
effetti di luce su un corpo di donna coperto da un vestito<br />
di plastica trasparente, Zhang Donghong, affascinato<br />
anch’egli dai giochi della luce, ma in un contesto pittorico<br />
molto differente, dove s’intravede una lingua che sfuma<br />
nel colore azzurro dello sfondo, Ma Lin, con un dipinto<br />
di grande energia figurativa, in cui trionfa uno spettacolare<br />
simbolismo, e infine Xu Xianglin, con un tenero pastello<br />
su carta pergamena che dà vita, sulla trasparenza di<br />
un cielo, a una scena dai toni fiabeschi. Particolarmente<br />
significativa, per il respiro della sua dislocazione spaziale,<br />
è l’opera del pittore taiwanese Ming Yi Chou, il quale<br />
con sedici elementi realizza una composizione, intitolata<br />
significativamente “Felicitad”, che ci porta in una foresta<br />
di fiori. Una segnalazione a parte meritano gli artisti<br />
giapponesi Mihoko Nakahara, che, con una ricerca di<br />
sapore concettuale, distribuisce sulla superficie<br />
monocroma delle sue opere piccole pietre che dilatano<br />
la percezione dello spazio circostante, Toshiro<br />
Yamaguchi, il cui acrilico su tela, intitolato “Spring”,<br />
fornisce un esempio di svolgimento musicale realizzato<br />
attraverso la ritmica distribuzione delle forme sulla<br />
superficie dipinta, e Kazuyo Yamamoto, che, nel suo<br />
olio su tela, ha inserito sul fondo verde un arcipelago<br />
di forme tondeggianti.<br />
Di diversa natura le opere della scultrice giapponese<br />
Yoshie Tonegawa, che conduce una ricerca di raffinato<br />
materismo su strutture di essenziale geometrismo, degli<br />
scultori cinesi Xu Zhenglong, con una piccola scultura<br />
in resina, intitolata “Revival”, che raffigura un personaggio<br />
dalla caratterizzazione singolarmente accentuata, e Li<br />
Zijie, con un’opera in materiale plastico argentato<br />
raffigurante una sorta di argenteo idolo coronato da due<br />
mani congiunte in preghiera, che – scrive l’autore –<br />
sono il simbolo di Dio.