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EDILIZIA SOCIALE E INNOVAZIONE - Federcasa

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<strong>EDILIZIA</strong> <strong>SOCIALE</strong> E <strong>INNOVAZIONE</strong><br />

Il binomio fra<br />

sperimentazione<br />

tipologicocostruttiva<br />

e case<br />

popolari ancora<br />

oggi sembra<br />

inscindibile.<br />

Nonostante<br />

le difficoltà<br />

nelle quali si<br />

dibatte il settore.<br />

Che cerca<br />

nuove strade<br />

di Fulvio Bertamini<br />

La storia<br />

continua<br />

tipologica, tecnico-costruttiva,<br />

persino urbanistica, è passata<br />

e passa tuttora da qui, in Italia.<br />

Dalle tanto bistrattate case popolari.<br />

Lo racconta la storia, lo conferma<br />

L’innovazione,<br />

il presente. Ancora oggi, infatti, nonostante<br />

le difficoltà che connotano il comparto dell’alloggio<br />

sociale, non mancano nelle realizzazioni<br />

degli ex Iacp sperimentazioni in materia di risparmio<br />

energetico, difesa antisismica, utilizzo di fonti<br />

energetiche alternative, ma anche residenze dedicate<br />

alle utenze svantaggiate, studenti e anziani su<br />

tutti. La ragione è semplice: il committente pubbli-<br />

co – molto più del privato – non persegue il business<br />

economico a tutti i costi. Al contrario, ha nel<br />

proprio dna la necessità di fornire un servizio ai<br />

clienti. E questo nonostante i mille vincoli che lo<br />

soffocano. Un ottimo motivo per rilanciare il settore,<br />

che da anni patisce l’assenza di politiche pubbliche<br />

mirate, a dispetto del fondamentale ruolo sociale<br />

che è chiamato a svolgere e che è ormai è stato<br />

riconosciuto anche a livello europeo.<br />

CASE PER TUTTI<br />

Nel 1903 la legge Luzzatti crea gli Istituti per le case<br />

popolari. Gli obiettivi, sottolinea Anna Maria<br />

SETTEMBRE 2006 ■ N. 279


Pozzo, direttore tecnico di <strong>Federcasa</strong> (che associa i<br />

114 enti che costruiscono e gestiscono in Italia le<br />

abitazioni sociali), erano “controbattere la speculazione<br />

privata, ma anche fornire modi utili di investimento<br />

dei capitali e provvedere al bisogno di abitazione<br />

di proletari, artigiani, piccoli coloni, proprietari<br />

rurali e impiegati, costruendo quartieri con<br />

pigioni adeguate al reddito di lavoro e aiutando a<br />

comporre il dissidio fra iniziativa individuale e accentramento<br />

municipale. Tutto questo senza nulla<br />

chiedere allo Stato, anzi fornendogli un nuovo cespite<br />

di ricchezza tassabile”. Sorgono ben presto<br />

complessi edilizi modello, come il quartiere Mac<br />

Mahon di Milano (1908-09) o come l’ex sede dell’Istituto<br />

autonomo delle case popolari della provincia<br />

di Milano (oggi sede Aler) di viale Romagna 26,<br />

sempre nel capoluogo lombardo. Fioriscono anche<br />

progetti d’autore, come l’asilo di Quadrio Pirani nel<br />

quartiere di San Saba, a Roma. Persino “il lessico<br />

architettonico e urbanistico del Razionalismo –<br />

prosegue Pozzo – trova in Italia alcune sue prime,<br />

significative realizzazioni in interventi di edilizia<br />

sociale a cavallo degli anni Trenta”.<br />

Ma è soprattutto dopo la guerra che viene varata<br />

una politica di ampio respiro, nei tempi e nei finanziamenti,<br />

diretta a realizzare nuove case popolari.<br />

L’impulso viene da due provvedimenti legislativi<br />

del 1949, il piano Fanfani (legge n. 43), pensato<br />

per “incrementare l’occupazione operaia mediante<br />

la costruzione di case per lavoratori”, che<br />

difatti contribuiscono alla dote finanziaria della 43<br />

versando lo 0,60 per cento dei propri salari, e la<br />

legge Tupini (n. 408), rivolta alla generalità dei cittadini,<br />

indipendentemente dal lavoro svolto, purché<br />

bisognosi di una casa e in possesso di determinati<br />

requisiti. Il piano lanciato dal ministro del Lavoro<br />

Amintore Fanfani, che apre la stagione dell’Ina<br />

casa, si pone il problema, fra l’altro, di definire<br />

le caratteristiche tecniche e tipologiche degli alloggi,<br />

nel quadro di una politica tesa a perseguire<br />

“una tipizzazione razionale, estetica ed economica<br />

delle costruzioni e correlativamente dei loro elementi”:<br />

così la norma. Allo scopo vengono redatti<br />

manuali di “raccomandazioni e suggerimenti”, dedicati<br />

alla progettazione degli alloggi e la loro aggregazione<br />

secondo quattro tipi edilizi (casa multipiano<br />

continua e isolata, casa a schiera a uno e a<br />

due piani); alla configurazione dei quartieri di edilizia<br />

popolare “in una prospettiva di urbanistica<br />

estensiva – sottolinea Pozzo – ed è completato dalla<br />

presentazione di progetti elaborati d’ufficio”;<br />

agli aspetti economici, finanziari e procedurali del<br />

piano per la realizzazione degli interventi (reperimento<br />

delle aree, costi di costruzione, compensi<br />

professionali, capitolati e appalti eccetera).<br />

“I nuovi quartieri – prosegue Pozzo – sorgono in periferia<br />

e sfruttano le opportunità delle nuove tecnologie<br />

costruttive per proporre architetture intensive<br />

e anonime”. Il tiro viene rettificato con legge n.<br />

167 del 1962, che introduce un’importante novità<br />

urbanistica: i piani di zona, che entrano a far parte<br />

della dotazione comunale di strumenti particolareggiati.<br />

La legge ponte, come viene ribattezzata la<br />

167, consente ai Comuni di costruire un patri- <br />

A lato,un’immagine del quartiere<br />

Laurentino di Roma.In basso,<br />

l’edificio per 12 alloggi<br />

di Lodivecchio,firmato da Fiano<br />

Guidarini Salvadeo architetti<br />

associati e realizzato nel 1996.<br />

Nell’altra pagina,lo storico<br />

complesso di viale Romagna 26<br />

a Milano,oggi sede dell’Aler.<br />

COSTRUIRE avvenimenti<br />

19


<strong>EDILIZIA</strong> <strong>SOCIALE</strong> E <strong>INNOVAZIONE</strong><br />

COSTRUIRE avvenimenti<br />

20<br />

A destra,la torre della Martesana,<br />

a Milano.In basso,l’edificio<br />

realizzato nel 1986 a Pordenone,<br />

uno dei primi esempi di solare<br />

passivo con un sistema di serre.<br />

monio di aree da urbanizzare e cedere ai soggetti<br />

attuatori, ma le assoggetta anche tutte all’esproprio<br />

“indipendentemente dalla loro destinazione –<br />

afferma Pozzo – in modo da creare l’indifferenza<br />

dei proprietari nei confronti della previsione dei<br />

piani”. Per la prima volta si parla di possibile integrazione<br />

dell’edilizia realizzata dagli Iacp con quella<br />

privata, per costruire un mix sociale più equilibrato<br />

nei quartieri. Altre innovazioni con la successiva<br />

legge 60 del 1963, che sostituisce la gestione<br />

Ina casa con la Gescal e promuove un piano decennale<br />

di costruzione di alloggi: di rilievo, in particolare,<br />

la previsione di finanziamenti per la realizzazione<br />

di attrezzature e servizi e il finanziamento di<br />

ricerche operative sull’edilizia residenziale e di progetti<br />

sperimentali.<br />

“Nasce un nuovo concetto del rapporto fra casa e<br />

servizi – sottolinea Pozzo - e si sviluppano quartieri<br />

integrati, quali il complesso residenziale del Gallaratese<br />

(1967-74), firmato fra gli altri da Carlo Aymonino<br />

e Aldo Rossi”. I tempi sono maturi per un’evoluzione<br />

ulteriore del concetto di quartiere come<br />

unità autosufficiente: un’utopia, certo, che viene però<br />

implementata dal varo della legge n. 865 del<br />

1975. Sono gli anni che vedono fiorire soprattutto il<br />

Corviale e il Laurentino a Roma, il Rozzol Melara a<br />

Trieste e il Cige di Genova-Rivarolo, quartieri periferici<br />

fortemente connotati; ma sorgono anche interventi<br />

più a scala degli abitanti, come il San Miniato<br />

di Siena realizzato da Giancarlo De Carlo.<br />

Nella fase di riorganizzazione che segue alla 865<br />

sono lanciati due piani straordinari che costituiscono<br />

un prologo alla riforma del 1978: anche in questo<br />

caso non mancano novità rilevanti, quali la destinazione<br />

di fondi per il risanamento di complessi<br />

pubblici nei centri storici e il varo di nuove norme<br />

tecniche, cogenti per tutta l’edilizia e prevalenti<br />

sulle disposizioni dei regolamenti comunali. I programmi<br />

straordinari, fra l’altro, incentivano la prefabbricazione,<br />

come evidenzia la realizzazione degli<br />

edifici a torre di Grosseto (1980).<br />

DAL GRANDE AL PICCOLO<br />

L’ultima riforma di un certo peso in materia è la<br />

legge 5 agosto 1978, n. 457, che fra l’altro incentiva<br />

il recupero dell’esistente. La norma avvia un<br />

percorso che porterà, nel giro di qualche anno, all’abbandono<br />

dell’intervento a grande scala urbana<br />

e al ripiegamento verso piccole opere di maggiore<br />

qualità complessiva, come i progetti di architettura<br />

lanciati dalla serie di concorsi “Opera prima”<br />

promossi dall’Aniacap (oggi <strong>Federcasa</strong>): fra tutti,<br />

l’edificio per 12 alloggi a Lodivecchio firmato da<br />

Fiano Guidarini Salvadeo architetti associati e<br />

realizzato nel 1996. La 457 apre la strada anche<br />

alle sperimentazioni odierne in materia energetica<br />

e tipologica e alla riqualificazione urbana diffusa,<br />

poi ulteriormente spinta dalla legge Botta-Ferrarini<br />

(n. 179/92). Fra i primi esempi in questa direzione<br />

la comunità per minori e handicappati inserita<br />

in un fabbricato pubblico del quartiere M2 di<br />

Torino, la trasformazione di un appartamento del<br />

Gratosoglio a Milano per portatori di handicap o,<br />

sempre nel Milanese, il complesso residenziale di<br />

Bussero con abolizione delle barriere architettoniche,<br />

tutte iniziative che anticipano la relativa legge<br />

13/89 di sei-sette anni.


<strong>EDILIZIA</strong> <strong>SOCIALE</strong> E <strong>INNOVAZIONE</strong><br />

COSTRUIRE avvenimenti<br />

22<br />

In campo energetico, le prime applicazioni di<br />

pannelli solari avvengono nel piccolo complesso<br />

realizzato a Carate Brianza, nel 1978 e soprattutto,<br />

su scala ben maggiore, in quello costruito nel<br />

1981 alla Martesana (Mi). Sempre a Milano, nel<br />

quartiere Moncucco, si sperimenta su quattro edifici<br />

a torre il sistema a pareti ventilate (1975). Le<br />

iniziative si susseguono con tale ritmo da far individuare<br />

una vera e propria linea di tendenza, ben<br />

evidenziata nelle mostre dell’Aniacap al Saie di<br />

Bologna del 1983 e alla successiva Expo energia<br />

di Torino. In rassegna, fra l’altro, la ristrutturazione<br />

del 24° quartiere Iacp nel capoluogo piemontese,<br />

che utilizza il sistema caldo-robot per<br />

garantire un’offerta diversificata di calore nel<br />

tempo e nello spazio abitativo; l’edificio pubblico<br />

di Vignole Borbera (Al), in cui il fabbisogno energetico<br />

è soddisfatto da un sistema che combina<br />

pompa di calore e pannelli solari; il quartiere di<br />

Busalla (Ge), la cui planimetria è stata progettata<br />

in funzione dell’ottimizzazione degli apporti solari,<br />

così come l’edificio Iacp di Caorle (Ve), che adotta<br />

anche vetrocamera, serramenti a taglio termico,<br />

tetto rovescio e coibentazione a cappotto in<br />

chiave di contenimento delle dispersioni termiche;<br />

il quartiere di Borgo San Sergio, a Trieste, che impiega<br />

fra l’altro pareti ventilate e impianti solari.<br />

A Pordenone, nel 1986, ecco uno dei primi esempi<br />

di solare passivo con un sistema di serre. Ma, come<br />

alla Martesana, l’esperimento fallisce e non<br />

viene ripetuto, perché non compreso – e peggio<br />

utilizzato – dagli inquilini.<br />

ECLISSI E RILANCIO<br />

Anna Maria Pozzo non usa mezzi termini: “La 457<br />

ha avuto il grande merito di avviare un’interessante<br />

fase di sperimentazione edilizia sul tema del risparmio<br />

energetico: una novità che è stata accolta<br />

con entusiasmo da molti Iacp, ma che si è risolta in<br />

un sostanziale fallimento. Le ragioni sono da ricercare<br />

nell’inadeguatezza del sistema imprenditoriale,<br />

caratterizzato da imprese non mature per installare<br />

questi impianti ed effettuare la manutenzione,<br />

in componenti non sufficientemente collaudati<br />

e, appunto, nella scarsa disposizione degli<br />

utenti per l’uso di dispositivi di nuova concezione.<br />

Questo il motivo che ha spinto a interrompere per<br />

circa vent’anni esperimenti di questo tipo. Oggi però<br />

alcune condizioni sono mutate e abbiamo ricominciato<br />

a sperimentare, in un’ottica più ampia di<br />

sostenibilità ambientale e sociale”.<br />

Anche questa volta è un’iniziativa di <strong>Federcasa</strong>, il<br />

premio “Palmarès 2003”, a fotografare il fiorire di<br />

nuovi interventi di edilizia pubblica nei settori della<br />

biocompatibilità, del risparmio energetico e delle<br />

nuove tecnologie. Fra le realizzazioni premiate, dieci<br />

alloggi nel borgo di Coniolo, presso Orzinuovi<br />

(Bs), costruiti a basso costo e limitato impatto ambientale,<br />

con solai in legno isolati con pannelli di sughero<br />

e muri portanti in laterizio, collettore solare<br />

integrato da una piccola caldaia da 35 kW e abbinato<br />

a un impianto centralizzato a pannelli radianti<br />

a pavimento, che consente risparmi energetici intorno<br />

al 15 per cento; il recupero di due edifici nella<br />

borgata Tufello, a Roma, realizzato con il duplice<br />

obiettivo di agevolare la permanenza degli inquilini<br />

anziani nelle proprie abitazioni mediante l’eliminazione<br />

delle barriere architettoniche negli spazi comuni<br />

e di adottare i principi della bioarchitettura,<br />

pur rimanendo nei limiti dei costi previsti per un<br />

ordinario intervento di recupero di edilizia pubblica;<br />

un edificio passivo nella periferia di Jesi (An) nel<br />

quale, per consentire l’orientamento verso sud degli<br />

affacci principali, il corpo di fabbrica è stato disaggregato<br />

in coppie di alloggi a doppio corpo, con a meridione<br />

la zona stanziale e a nord quella tecnica, collegate<br />

dai vani scala che svolgono la funzione di cer-<br />

SETTEMBRE 2006 ■ N. 279


niera e sistemi bioclimatici attivi e passivi; l’edificio<br />

antisismico di Città di Castello (vedi Costruire<br />

n. 250), dotato di isolatori costituiti da cuscinetti di<br />

appoggio multistrato di gomma e acciaio ancorati<br />

con elementi di acciaio alle strutture.<br />

La sperimentazione continua. A Bolzano, in zona<br />

Semirurali, è stato realizzato un complesso residenziale<br />

biocompatibile che, fra l’altro, utilizza<br />

materiali a basso consumo energetico e facilmente<br />

riciclabili, pratica l’ecogestione dei diversi flussi di<br />

risorse, siano essi energetici (mediante l’impiego<br />

di tecniche di risparmio e l’utilizzo di fonti rinnovabili)<br />

o idrici (recupero dell’acqua piovana), adotta<br />

misure per garantire la qualità dell’aria e della<br />

luce (ventilazione e illuminazione naturali), prevenendo<br />

l’inquinamento elettromagnetico interno<br />

(impianti elettrici schermati). A Torino l’attivissimo<br />

Atc sta gestendo sia l’intervento di via Arquata,<br />

quartiere che sarà dotato di un impianto di cogenerazione<br />

del calore, distribuito attraverso una<br />

rete di teleriscaldamento, e dell’installazione di <br />

Sopra,un’immagine<br />

complessiva e un dettaglio<br />

di facciata dell’insediamento<br />

residenziale biocompatibile<br />

realizzato a Bolzano,<br />

in zona Semirurali.<br />

Nell’altra pagina,foto<br />

e prospetto dell’edificio<br />

passivo realizzato<br />

nella periferia di Jesi<br />

dallo Iacp di Ancona.<br />

SETTEMBRE 2006 ■ N. 279


<strong>EDILIZIA</strong> <strong>SOCIALE</strong> E <strong>INNOVAZIONE</strong><br />

COSTRUIRE avvenimenti<br />

24<br />

A fianco,una vista delle murature<br />

e delle prese dell’aria preriscaldata<br />

nelle serre di un edificio<br />

residenziale a Vinovo (To),<br />

realizzato dall’Atc.<br />

Sotto,un rendering illustra<br />

il fronte sud del complesso<br />

sperimentale.<br />

pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici esposti<br />

a sudovest e sulla facciata della stessa sede dell’Atc,<br />

sia l’interessante esperimento del villaggio<br />

olimpico di Vinovo. Qui due edifici uguali, uno realizzato<br />

con tecnologie tradizionali e l’altro con tecniche<br />

bioclimatiche (materiali ecocompatibili, tetto<br />

verde, solai in legno-cemento, serre, pannelli solari<br />

e fv), consentiranno nel giro di qualche anno il confronto<br />

fra i risultati e i risparmi conseguiti.<br />

IL FUTURO<br />

“Da queste esperienze – afferma Anna Maria Pozzo<br />

– si possono trarre alcune indicazioni sulla possibilità<br />

di introdurre normative che favoriscano l’uso di<br />

materiali e tecnologie biocompatibili. Il settore dell’edilizia<br />

residenziale pubblica ha vincoli di costo<br />

che occorre rimuovere e rendere più flessibili; oc-<br />

corrono risorse finanziarie e incentivi mirati; sono<br />

necessari interventi di sensibilizzazione dell’utenza<br />

e anche di assistenza maggiori che per il settore<br />

privato. A queste condizioni il nostro comparto può<br />

essere ancora un campo di sperimentazione interessante,<br />

che oltretutto consente una maggiore<br />

qualità del monitoraggio rispetto al privato”.<br />

In assenza di politiche mirate, gli ex Iacp provano<br />

(da tempo) a fare da soli, o quasi. Il futuro più immediato<br />

può passare attraverso una triangolazione<br />

in cui il nuovo partner, che si affianca alla coppia<br />

tradizionale formata da ente gestore e inquilino-utilizzatore,<br />

si chiama Esco (Energy service company),<br />

società indipendenti che operano nel campo dei servizi<br />

energetici utilizzando lo strumento del finanziamento<br />

tramite terzi (ftt). Sfruttando il know-how<br />

delle Esco, per esempio, gli enti possono programmare<br />

interventi per ridurre i consumi di energia dei<br />

propri edifici: toccherà alle compagnie di servizi reperire<br />

sia i fornitori che le risorse, assumendosi i costi<br />

dell’opera. Il recupero dell’investimento potrà avvenire<br />

incassando i risparmi previsti in un arco di<br />

tempo: gli ammortamenti sono proposti, di solito, in<br />

cinque o in 15 anni. “Il sistema è previsto dalle normative<br />

europee – precisa Pozzo – ed è una strada<br />

che stiamo tentando di praticare per moltiplicare le<br />

sperimentazioni in materia di bioarchitettura, risparmio<br />

energetico e nuove tecnologie, oggi legate<br />

più alla possibilità che alla volontà degli enti di investire”.<br />

In altre parole, per continuare ad<br />

avere un futuro all’altezza del passato. C

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