Centri per Bambini e Genitori in Emilia Romagna - Comune di Ferrara

Assessorato alla Promozione delle politiche sociali e di quelle
educative per l’infanzia e l’adolescenza. Politiche per l´immigrazione.
Sviluppo del volontariato, dell’associazionismo e del terzo settore
GIFT – Unità di Documentazione
“S. Andreoli”
Centro per le Famiglie
del Comune di Ferrara
I Centri per Bambini e Genitori
in Emilia-Romagna
Analisi organizzativa e riflessioni
a cura di Ivana Cambi e Tullio Monini
testi di:
P. Bastianoni, S. Benedetti, I. Cambi, C. Campini, E. Catarsi, P. Di Nicola, A. Fuzzi, A. Galardini,
M. Guerra, G. Magistrali, F. Marchesi, P. Milani, T. Monini, T. Musatti, B. Orsoni, S. Ricci, V. Vanelli
edizionijunior

Impaginazione: Francesca Moratti
ISBN 978-88-8434-302-X
© 2008 edizioni junior srl
viale dell’Industria, 24052 Azzano S. Paolo (BG)
Tel. 035/534123 Fax 035/534143
edjunior@edizionijunior.it
www.edizionijunior.com
Prima edizione: maggio 2008
Edizioni 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1
2012 2011 2010 2009 2008
Questo volume è stato stampato presso
Sograte S.r.l., Città di Castello (PG)
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Sommario
I servizi integrativi: genesi e sviluppo di servizi amichevoli .................... 6
Sandra Benedetti
Servizio Politiche familiari, Infanzia e Adolescenza, Regione Emilia Romagna
I CENTRI PER BAMBINI E GENITORI IN EMILIA ROMAGNA:
monitoraggio regionale 2005
Ivana Cambi, Tullio Monini e Valerio Vanelli
GIFT – Unità di Documentazione “S. Andreoli” del Centro per le Famiglie
Comune di Ferrara
PREMESSA ........................................................................................................ 12
CAPITOLO 1 – UNA PRIMA QUANTIFICAZIONE E DESCRIZIONE DEI CENTRI
PER BAMBINI E GENITORI .................................................................................. 14
I servizi esistenti .......................................................................................... 14
Il periodo di attività...................................................................................... 15
La distribuzione territoriale.......................................................................... 16
La mappa regionale ...................................................................................... 18
Elenco dei Centri per Bambini e Genitori .................................................. 19
CAPITOLO 2 – I PRINCIPALI ASPETTI STRUTTURALI E ORGANIZZATIVI.................. 23
La gestione .................................................................................................. 23
Le caratteristiche della sede ........................................................................ 25
La condivisione della sede con altri servizi ................................................ 27
L’orario settimanale e il calendario annuale ................................................ 28
CAPITOLO 3 – LE RISORSE UMANE .................................................................. 31
Il coordinamento pedagogico ...................................................................... 31
Il gruppo di lavoro........................................................................................ 32
L’area professionale di appartenenza e il tipo di rapporto di lavoro .......... 35

CAPITOLO 4 – LE ATTIVITÀ .............................................................................. 38
Le attività educative di compresenza adulti e bambini:
il cuore dell’iniziativa dei Centri per Bambini e Genitori .......................... 40
Le altre attività ............................................................................................ 44
CAPITOLO 5 – IL CONTESTO DEMOGRAFICO ...................................................... 47
La popolazione residente.............................................................................. 47
La distribuzione dei Nidi d’infanzia ............................................................ 53
Il tasso di copertura dei Centri per Bambini e Genitori .............................. 54
Il confronto tra disponibilità di Nidi d’infanzia
e Centri per Bambinie Genitori.................................................................... 57
CAPITOLO 6 – INDIVIDUAZIONE DI ALCUNI PROFILI DI CENTRI PER BAMBINI
E GENITORI ...................................................................................................... 59
Quattro differenti profili di servizio ............................................................ 61
L’ampiezza delle sedi .................................................................................. 63
Sede condivisa o autonoma.......................................................................... 64
Il numero di famiglie che frequentano i singoli Centri .............................. 66
L’articolazione territoriale ............................................................................ 67
L’anno di costituzione dei Centri ................................................................ 68
La gestione .................................................................................................. 69
Bambini residenti 0-36 mesi ........................................................................ 70
La popolazione residente.............................................................................. 72
Alcune considerazioni conclusive................................................................ 72
CONTRIBUTI ALLA RIFLESSIONE SUI SERVIZI EDUCATIVI DI COMPRESENZA
I Centri per Bambini e Genitori: uno scenario leggero
per un compito complesso............................................................................ 78
Paola Bastianoni (Università degli Studi di Ferrara)
Riflessioni intorno alla progettazione pedagogica
nei Centri per Bambini e Genitori................................................................ 81
Carla Campini (Comune di Torino)
L’educazione familiare nei Centri per Bambini e Genitori.......................... 92
Enzo Catarsi (Università di Firenze)
Una novità, una sfida, un modello da seguire.............................................. 95
Paola Di Nicola (Università degli Studi di Verona)
Tre leggi determinanti per la promozione di nuovi servizi
accanto ai Nidi.............................................................................................. 99
Angela Fuzzi (Regione Emilia-Romagna)

Famiglie e bambini a Pistoia........................................................................ 102
Annalia Galardini (Comune di Pistoia)
Un’occasione educativa, dentro e fuori i Centri per Bambini e Genitori.... 106
Monica Guerra (Università degli Studi di Milano Bicocca)
Riflessioni sul rapporto di monitoraggio regionale sui
Centri per Bambini e Genitori in Emilia Romagna .................................... 110
Giuseppe Magistrali (Università degli Studi di Ferrara)
I Centri per Bambini e Genitori del Comune di Bologna............................ 113
Franca Marchesi (Comune di Bologna)
Perché sostenere la genitorialità è anche una questione di democrazia ...... 119
Paola Milani (Università degli Studi di Padova)
Il posto dei Centri per Bambini e Genitori nel sistema integrato
territoriale dei servizi per l’infanzia ............................................................ 125
Tullia Musatti (Consiglio Nazionale delle Ricerche)
Uno sguardo all’interno dei servizi ferraresi di compresenza:
la professionalità educativa .......................................................................... 131
Bianca Orsoni (Comune di Ferrara)
La “ricetta” dei Centri per Bambini e Genitori: amalgamare
gli ingredienti e servirli ben caldi ................................................................ 134
Stefano Ricci (Centro nazionale di documentazione e analisi
per l’infanzia e l’adolescenza)

I servizi integrativi:
genesi e sviluppo di servizi amichevoli
Sandra Benedetti
Servizio Politiche familiari, Infanzia e Adolescenza, Regione Emilia-Romagna
Quando con la Legge Regionale 27 del 1989 “Norme concernenti la realizzazione
di politiche di sostegno delle scelte di procreazione ed agli impegni di cura
verso i figli”, si intese prefigurare una rete di servizi più flessibili in grado di conciliare
gli impegni di lavoro e di cura della famiglia, ci si pose immediatamente il
problema della loro definizione.
Nel dibattito terminologico che ne seguì, alcuni ritenevano adeguato e pertinente
il termine “alternativo” cioè a dire che i servizi nascenti, accanto a quelli più tradizionali
(Nidi e Scuole d’infanzia) dovessero costituire delle concrete opportunità
in grado di favorire una risposta a bisogni “altri”, una risposta per l’appunto
alternativa a quella configurata dall’offerta tradizionale.
Nel procedere verso la definizione di servizi che si tradussero poi molto più tardi
in Spazi Bambini e soprattutto in Centri per Bambini e Genitori, emerse come la
natura di questi non fosse affatto in contrapposizione ai servizi tradizionali (contrapposizione
celata e implicita nel termine “alternativo”), quanto piuttosto “integrativi”,
lasciando intendere con questo termine una sostanziale prossimità degli
stessi, sia per connotati strutturali, sia per contenuto pedagogico, ai servizi che
fino a quel momento avevano costituito un riferimento importante nel sistema dei
servizi educativi realizzati nella nostra Regione.
La stessa L.R. 27/89 non introdusse allora questa terminologia, ma indicò nelle
“nuove tipologie di servizi” i Centri per Bambini e Genitori unificati ed assorbiti
dentro i cosiddetti “centri gioco”.
La stessa L.R. 27/89 non li chiamò in questo modo, ossia integrativi, ma indicò
come “nuove tipologie” tutte quelle nuove esperienze che prevedevano da un lato
la compresenza di bambini e genitori (centri gioco, ludoteche, spazi incontro,
ecc.) e dall’altro l’affidamento dei bambini agli operatori, secondo modalità e
tempi diversificati e flessibili.
Solo con il tempo e grazie alle esperienze maturate nei territori, si fece strada una
necessaria differenziazione sulla natura e sulla la denominazione di questi servizi.
Questi ultimi, rivolti prevalentemente ai bambini in età 0-3 anni, si distinguono
dai servizi tradizionali in quanto prevedono o meno l’affido temporaneo dei
bambini agli educatori professionalmente qualificati, come nel caso dei Nidi d’infanzia,
fermo restando l’impianto pedagogico a cui fanno riferimento, cioè ad un
progetto nel quale l’azione di cura avviene e si sviluppa valorizzando il binomio
adulto/bambino e “traghettando” progressivamente l’esperienza dalla diade al
gruppo allargato (altri adulti con altri coetanei).
6

Dentro queste configurazioni presero vita gli Spazi Bambini, ovvero servizi
modulati su orari flessibili (massimo 5 ore al giorno di frequenza per massimo 5
giorni la settimana con la possibilità di frequentare anche a giorni alterni), all’interno
dei quali i bambini oltre i 12 mesi, potessero fruire di esperienze educative
configurate nel solco di un’offerta condizionata da un tempo flessibile, integrato
appunto a quello familiare con contaminazioni pedagogiche traslate dall’esperienza
più strutturata dei Nidi d’infanzia.
L’innovazione più significativa introdotta dalla L.R. 27/89 alla voce “nuove tipologie”
si rivelò nel tempo un secondo profilo di servizio che, accanto ai nidi tradizionali
e agli Spazi Bambini, identificò una terza opportunità: l’accoglienza della
coppia adulto/bambino. Presero così vita i Centri per Bambini e Genitori, ossia
servizi senza affido e fondati su una peculiare caratteristica, determinata dall’offerta
di contesti, fisici e mentali, rivolti all’accoglienza di bambini assieme agli
adulti accompagnatori, solitamente rappresentati da madri, meno frequentemente
da padri, e in generale anche da nonne e nonni.
Per questa caratteristica i Centri per Bambini e Genitori hanno nel tempo assunto una
felice configurazione di trait d’union tra servizi con affido (Nidi e Spazi Bambini) e
Centri per le Famiglie al punto che, in alcuni casi, questi ultimi hanno assorbito dentro
alla propria struttura tali servizi; in questo modo l’ambito socio-educativo si è
ulteriormente rafforzato divenendo architrave portante del sistema dei servizi socioeducativi
0/3 anni e unificando in tal modo le azioni rivolte al sostegno alla genitorialità
promosse sia dai Centri per le Famiglie sia dai servizi socio-educativi.
I Centri per Bambini e Genitori assieme agli Spazi Bambini hanno trovato legittimazione
nella L.R. n. 1/2000 e relative modifiche, rientrando dunque a pieno
titolo nel novero dei cosiddetti “servizi integrativi”.
Ma cosa hanno offerto i servizi integrativi in termini di maggiore consapevolezza
ai restanti, quelli che per comodità definiamo come tradizionali? Certamente,
come nel caso degli Spazi Bambini, una maggiore riflessività sull’impianto orario
dei servizi, sull’opportunità di integrare “il tempo” dei servizi, scandito sui
bisogni dei bambini, molto condizionato anche da quello delle famiglie a cui
appartengono; sulla necessità di prestare molta attenzione al tempo come fattore
che incide sulla relazione in modo diverso poiché pur essendo più compresso e
meno dilatato di quello del Nido, viene comunque considerato nel progetto pedagogico
come “tempo dedicato” alla costruzione di una relazione sociale ugualmente
significativa. Grazie alla contaminazione prodotta da questi servizi, “vicini”
in termini di finalità pedagogica, anche i Nidi d’infanzia si sono interrogati,
su quanto la qualità del tempo, incardinato in un organizzazione della vita quotidiana
scandita a volte in modo troppo strutturato, fosse più funzionale al ben-essere
degli operatori piuttosto che a quello dei fruitori. Ne sono seguite riflessioni
che hanno facilitato nuove e più adeguate configurazioni organizzative sorrette da
presupposti pedagogici aggiornati e coerenti.
Ma la maggiore contaminazione in termini di valore e senso si è andata meglio evidenziando
nel tempo grazie al contributo offerto dalla ricerca pedagogica e dalle buone
pratiche derivanti dall’esperienza avviata dentro i Centri per Bambini e Genitori.
7

La presenza della coppia, sovente rappresentata dalla madre e dal bambino, ha
imposto una ridefinizione del ruolo dell’educatrice che ha dovuto uscire dalla
polarizzazione adulto-bambino per rivolgere un’attenzione ed una cura ad una
nuova configurazione del setting educativo: dalla diade (adulto-bambino) alla
triade (adulto-bambino-adulto). In particolare all’educatrice che opera in questi
servizi è stato chiesto di reimpostare il proprio ruolo adeguandolo alla natura
intrinseca del servizio sempre più chiaramente caratterizzato da tre presupposti
fondamentali: accoglienza, ascolto, accompagnamento.
Nell’ambito di questi servizi l’educatrice appare come la co-costruttrice di uno
sfondo scenico sul quale agiscono la madre e il bambino; in alcuni casi all’educatrice
viene chiesto di sostenere la diade madre-bambino riconoscendola nella
sua unicità, altre volte la potenza della coppia madre-bambino si impone sovrastando
le altre e dunque all’educatrice compete un intervento riequilibratore, in
grado di facilitare l’espressione di tutti i presenti. Ancora e sempre più frequentemente,
all’educatrice compete la funzione di “bonificare” atteggiamenti materni o
paterni carichi di inadeguatezza, così come, al contrario, alla stessa educatrice
viene richiesto di assumere come delega, il ruolo normativo al quale il genitore
tende a sottrarsi o a sfuggire per effetto di una eccessiva esposizione emotiva che
sovente rischia di alterare la relazione tra lui e il proprio figlio.
I Centri per Bambini e Genitori, che nella nostra regione costituiscono la maggioranza
dei servizi integrativi (126 Centri per Bambini e Genitori a fronte di 90
Spazi Bambini – dati a.s. 2005-2006) sono divenuti preziosi contesti di studio proprio
in ordine all’osservazione delle dinamiche relazionali che coinvolgono la
“triade educativa”, offrendo al contempo a tutto il sistema dei servizi elementi utili
a riposizionare il ruolo degli adulti (educatrici e genitori) e quello dei bambini
dentro il contesto nel quale tali relazioni prendono vita.
Non solo i Centri per Bambini e Genitori, come recita la L.R. 1/2000, hanno facilitato
una rielaborazione del lavoro di cura educativa in chiave multiculturale e
intergenerazionale; assumendo la differenza culturale sia in senso interclassista sia
etnica, e riconoscere a quella intergenerazionale l’importante funzione di facilitare
il dialogo tra generazioni, dai nonni ai nipoti, passando per i figli e i genitori.
Queste esperienze di stretto raccordo con le famiglie hanno consentito un’evoluzione
in forma più matura sia del concetto di gestione sociale che di partecipazione,
due presupposti fondamentali per l’accreditamento di questi servizi ovvero
per la definizione di quella soglia di qualità senza la quale non è possibile neppure
accedere ai finanziamenti previsti dalla legge regionale 1/2000.
Per i servizi tradizionali l’esperienza maturata in quelli integrativi e, significativamente
nei Centri per Bambini e Genitori, si è trasformata in un’occasione per
riflettere sulle opportunità di partecipazione offerte ai genitori al di là di quelle
previste dal regolamento dei servizi. Alla configurazione formale di questi
momenti, si è aggiunta nel tempo una vasta gamma di proposte informali che hanno
facilitato forme più evolute di accoglienza, ascolto e accompagnamento dei
bambini e dei genitori anche nei servizi tradizionali.
Penso, per esempio, alla presa di coscienza, ancora una volta, del valore del tem-
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po meglio interpretato nella sosta piuttosto che nell’accelerazione o nella fuga. È
il caso di alcune sezioni di piccoli dei Nidi che hanno consentito alle mamme e ai
papà, al momento del ricongiungimento post-pomeridiano, di sostare nella sezione
trasformandola per alcune ore in un luogo molto simile ad un Centro per Bambini
e Genitori.
Penso ancora alla condizione di gruppi di madri e padri, nonne e nonni che hanno
trovato “diritto di cittadinanza” nei Nidi in gruppi di discussione a loro dedicati,
facilitandoli ad una esplicitazione in chiave intergenerazionale dei compiti di cura,
spesso trasversali e carichi di senso di inadeguatezza, comunque in bilico tra eccessi
di delega (dai figli ai nonni) o di estremo protezionismo (dai nonni ai nipoti).
Una peculiarità dei Centri per Bambini e Genitori consiste nel contrastare e prevenire
le condizioni di disagio proprie della fase successiva alla nascita del bambino,
nel periodo del puerperio, quando la solitudine nella quale oggi più di ieri
versano le madri, unitamente ad un senso di inadeguatezza a reggere i cambiamenti
determinati dalla presenza di una nuova persona totalmente dipendente,
possono generare incapacità a reggere il peso di una cultura che assegna in larga
parte ancora alla madre la titolarità della relazione di cura. In alcuni casi, infatti,
l’agenda dei Centri per Bambini e Genitori prevede l’offerta di gruppi di
incontro di madri e neonati centrati sulla relazione e il sostegno delle giovani
mamme nel primo anno di vita dei loro figli, facendo di questi momenti un’ottima
occasione per mettere a confronto gioie e fatiche e, particolarmente su queste
ultime, facilitando la presa di coscienza che l’inadeguatezza o la fatica possono
essere bonificate in quanto sentimenti umani e connaturati all’esperienza
del vivere quotidiano.
In altri casi i Centri per Bambini e Genitori hanno configurato il loro spazio come
luogo di senso e di accoglienza dei genitori a partire dai bisogni specifici di cui essi
sono portatori attraverso i propri figli, accogliendo in particolare le problematiche
determinate dalle differenze: sociali, culturali, fisiche e/o relazionali e comunicative.
Certamente più nei Centri per Bambini e Genitori che altrove può svelarsi la natura
intrinseca di questi servizi e la loro vocazione ad essere luoghi di costruzione
di un welfare comunitario dove il senso di appartenenza ad un territorio lo si
costruisce più sulla messa in comune di esperienze solitarie ed originali che in un
luogo di condivisione, trovano il modo di narrarsi. La possibilità di offrire pari
opportunità nella fruizione delle offerte educative aiuta ad abbattere le differenze
determinate dall’estrema eterogeneità sociale propria delle nostre città e delle
nostre periferie urbane; l’accoglienza delle differenze culturali e linguistiche di cui
le famiglie straniere sono espressione costituiscono una risorsa piuttosto che un
intralcio se di questa differenza se ne fa, come nel caso dei Centri per Bambini e
Genitori, un’occasione di incontro, dentro percorsi di apprendimento linguistici, e
una sfida per il superamento delle barriere culturali.
La configurazione dei servizi integrativi qui richiamati ed in particolare l’evoluzione
dei Centri per Bambini e Genitori hanno raccolto ed integrato l’identità con cui
si configurò fin dai suoi esordi l’esperienza dei “Tempi per le famiglie” di Milano
seguiti da Susanna Mantovani alla cui impostazione si sono ispirati larga parte dei
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modelli attuali dei nostri centri emiliani e romagnoli; da allora ad oggi molta strada
è stata compiuta anche grazie a due azioni che mi preme qui ricordare:
– la prima riguarda l’opera di qualificazione e di costante monitoraggio realizzato
in questi anni grazie a pedagogiste come Simonetta Andreoli che ha
costantemente mantenuto accesa, con la sua professionalità, l’attenzione verso
questi servizi riconoscendone il valore indispensabile ai fini di un reale impegno
anche politico oltre che sociale e, allo stesso tempo, garantendo una formazione
del personale a cui si è dedicata con grande competenza e con performance
sempre innovative perché correlate ad esperienze anche europee alle
quali era solita guardare e che poi ci consegnava con grande generosità;
– la seconda riguarda l’opera di divulgazione e di condivisione che di queste
esperienze si è cercato di fare attraverso gli scambi pedagogici regionali, non
solo tra questi servizi e gli altri, ma anche tra i servizi integrativi e le tipologie
ad essi più assimilabili presenti in altre città italiane (Pistoia, Torino, ecc.).
In questa direzione dunque, il contributo dei servizi integrativi non solo appare
oggi importante ed imprescindibile, ma predispone una direzione che trova nel
dialogo e nella relazione reciproca nutrimento per l’avanzamento della qualità del
sistema dei servizi socio-educativi, unitamente all’impianto e alla vocazione che
i Centri per le Famiglie hanno saputo esprimere in questi vent’anni di esistenza
sul nostro territorio regionale.
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I CENTRI PER BAMBINI E GENITORI IN
EMILIA-ROMAGNA:
monitoraggio regionale 2005
Ivana Cambi
GIFT - Unità di Documentazione “S. Andreoli”
Tullio Monini
Responsabile U.O. Politiche Familiari e Genitorialità, Comune di Ferrara
Valerio Vanelli
Università degli Studi di Bologna

Premessa
Il presente Rapporto illustra i risultati emersi dal Monitoraggio 2005 dei Centri
per Bambini e Genitori dell’Emilia-Romagna, curato da GIFT nel corso del 2006.
La lettura dei dati appare più efficace e proficua se posta in continuità con il lavoro
di rilevazione ed analisi dei servizi per l’infanzia e le famiglie operato in questi
anni dall’Unità di Documentazione. Sebbene nel Rapporto si faccia riferimento,
per la comparazione diacronica, esclusivamente ai dati emersi dal Monitoraggio
2003, va richiamato il fatto che l’attività svolta in questo decennio ha portato
alla realizzazione di sei Monitoraggi: 1995, 1997, 1999, 2001, 2003 e, appunto,
2005. 1
Il Rapporto 2005 è suddiviso in 6 capitoli.
Il capitolo 1 presenta la “quantificazione” dei servizi in Emilia-Romagna e la loro
distribuzione sul territorio.
Nel capitolo 2 sono approfonditi due importanti aspetti strutturali dei Centri per
Bambini e Genitori: la gestione e la tipologia della sede (dimensioni, presenza di
spazi verdi, eventuale condivisione degli spazi con altri soggetti, ecc.).
Nel capitolo 3 prosegue la descrizione degli aspetti più caratterizzanti i Centri per
Bambini e Genitori emiliano-romagnoli, passando ad esaminare in particolare il
personale che vi opera, ponendo dunque l’attenzione al coordinamento pedagogico
e agli altri membri dell’équipe di lavoro, di cui si esaminano alcune caratteristiche
quali: le ore di attività lavorativa settimanali, l’area professionale di appartenenza,
il tipo di contratto di lavoro, ecc.; anche in questo caso, laddove possibile,
si procede ad un confronto con i dati del Monitoraggio 2003.
Il capitolo 4 prende in considerazione i volumi di attività, esaminando, in primo
luogo, quante e quali attività vengono svolte dai Centri, quali iniziative ed interventi
educativi sembrano caratterizzarli e quali, invece, vengano realizzati solo di
1 Per un’analisi di dettaglio dei servizi monitorati in questi anni e dello sviluppo nel tempo dei servizi
per bambini e genitori, si rimanda in particolare a GIFT – Quaderni dell’Unità di Documentazione
del Centro per le Famiglie e al sito “I Centri per bambini e famiglie in Emilia Romagna”
disponibile all’indirizzo www.regione.emilia-romagna.it/cbf.
12

ado, con un’attenzione particolare alle eventuali differenze a livello provinciale,
ed entrando poi nel dettaglio dell’attività propria dei Centri per Bambini e Genitori,
ossia l’attività di compresenza bambini e adulti.
Con il capitolo 5 si mira ad una analisi che abbia finalità non soltanto descrittive,
ma anche esplicative, che permetta, cioè, una lettura dei principali dati emersi dal
monitoraggio in relazione ad alcune dimensioni di contesto, con particolare attenzione
alla struttura demografica della popolazione; si cercherà così di comprendere,
a livello provinciale e sub-provinciale, quali differenze si riscontrino nelle
caratteristiche e nello svolgimento delle attività dei Centri per Bambini e Genitori
a seconda delle caratteristiche demografiche della popolazione di riferimento,
dell’incidenza della popolazione di 0-36 mesi, del tasso di copertura dei Nidi d’infanzia,
ecc.
Infine, nel capitolo 6, prendendo simultaneamente in considerazione alcune
variabili, come il numero di operatori disponibili e le ore di apertura settimanale,
e incrociandole con i diversi fattori socio-demografici via via introdotti nel corso
della lettura dei dati raccolti, si punta a individuare e definire i profili organizzativi
più ricorrenti tra i Centri per Bambini e Genitori attualmente presenti nel territorio
regionale dell’Emilia Romagna.
13

Capitolo 1
Una prima quantificazione e descrizione
dei Centri per Bambini e Genitori
In questo primo capitolo si forniscono alcune informazioni sui Centri per Bambini
e Genitori dell’Emilia-Romagna a partire da quanti sono i servizi di questa tipologia
complessivamente presenti sul territorio regionale e dalla loro distribuzione
nelle diverse realtà provinciali. Questa rappresentazione di sintesi ha lo scopo di
fornire una prima quantificazione dei servizi educativi di compresenza adultibambini
ed è inoltre propedeutica al prosieguo del lavoro di ricerca dal momento
che alcune di queste informazioni andranno a costituire, nei capitoli successivi,
variabili poste in relazione con altre dimensioni che via via si introdurranno.
I servizi esistenti
14
2005 2003
numero % numero
province Centri Centri
Bologna 37 29,3 38
Ferrara 7 5,6 6
Forlì-Cesena 10 7,9 10
Modena 23 18,3 24
Parma 14 11,1 11
Piacenza 7 5,6 6
Ravenna 12 9,5 14
Reggio Emilia 11 8,7 16
Rimini 5 4,0 6
totali regione 126 100,0 131
Come evidenziato dal Monitoraggio 2003, pubblicato nel numero di maggio 2006
di Gift – Quaderni, i Centri per Bambini e Genitori costituiscono attualmente il
tipo di servizio più diffuso sul territorio regionale all’interno di quella rete di
opportunità che estende le risorse educative per la prima infanzia oltre il nido.
Questo dato rimane certamente vero anche in riferimento all’anno 2005, ma appare
comunque rilevante sottolineare
come, per la prima volta,
il numero dei Centri dell’Emilia-Romagna
mostra una leggera
contrazione passando dai
131 servizi presenti al 31
dicembre 2003 ai 126 attivi alla
fine del 2005 (fig. 1).
Figura 1 – Centri per Bambini
e Genitori presenti al 31
dicembre 2005 in
Emilia-Romagna e loro
distribuzione per provincia
(valori assoluti e in
percentuale)

La figura 1 rende conto di come la riduzione del numero di servizi complessivamente
presenti sul territorio regionale sia in realtà la risultante di fenomeni distinti:
alcune province contraggono il numero dei Centri (Bologna, Modena, Rimini
flettono di un servizio per ciascuna provincia, Ravenna decresce di 2 e, soprattutto,
Reggio Emilia in due anni cala di 5 servizi); mentre altre mostrano un lieve
incremento (Ferrara e Piacenza di una unità e Parma di 3).
Guardando alla distribuzione percentuale dei 126 Centri fra le nove province emiliano-romagnole,
si osserva, come è ovvio attendersi, una prevalenza dei servizi
bolognesi, che costituiscono ancora quasi il 30% del totale dei servizi regionali,
seguiti da quelli modenesi (18,3%) e di Parma (11,1%).
Il periodo di attività
La successiva figura 2, che suddivide i Centri emiliano-romagnoli per anno di
apertura, fornisce indicazioni circa i percorsi seguiti nell’ambito della sperimentazione
dei servizi educativi con bambini e adulti compresenti, all’interno delle
diverse realtà territoriali della regione.
Figura 2 – Distribuzione dei Centri per Bambini e Genitori per anno di apertura e
per provincia. Dati 2005 (in percentuale e in valori assoluti)
avvvio Centri per Bambini e Genitori
prima dal dal dal % totale
province del 1990 1991-1995 1996-2000 2001-2005 centri
Bologna 13,5 37,8 35,1 13,5 100 37
Ferrara 14,3 28,6 42,9 14,3 100 7
Forlì-Cesena 10 40 40 10 100 10
Modena 21,7 21,7 43,5 13 100 23
Parma 7,1 14,3 50 28,6 100 14
Piacenza 0 28,6 57,1 14,3 100 7
Ravenna 0 33,3 25 41,7 100 12
Reggio Emilia 18,2 18,2 63,6 0 100 11
Rimini 0 40 60 0 100 5
totali regione 11,9 29,4 42,9 15,9 100 126
15

Essa conferma inoltre il ruolo trainante, anche a livello nazionale, che le innovazioni
emiliane hanno svolto rispetto a questa nuova tipologia di servizio, come è
testimoniato dall’elevato numero di Centri per Bambini e Genitori sorti in Emilia-Romagna
prima della promulgazione della Legge 285/97, “Disposizioni per la
promozione di diritti e opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”.
Infatti, oltre il 40% dei servizi di questa tipologia, presenti alla fine del 2005 in
Regione, sono stati aperti al pubblico entro il 1996 (fig. 2) e in alcune province
tale percentuale è ancora più elevata, come per esempio Bologna, che vede il 51,3
dei suoi servizi inaugurati prima di tale data.
Allo stesso modo, i dati della tabella confermano che anche nella nostra regione
la promulgazione della legge nazionale e i relativi finanziamenti hanno dato un
decisivo impulso all’estensione di questi servizi. Infatti, il 42,9 % degli attuali
Centri ha visto la luce nella seconda metà degli anni ’90 e, in particolare in alcune
realtà provinciali come Piacenza, Reggio Emilia e Rimini, oltre la metà dei servizi
risalgono a quella fase.
Infine, va sottolineato come, con l’unica eccezione di Ravenna e in misura minore
di Parma, in quasi tutto il territorio regionale, gran parte della spinta propulsiva
dei Centri per Bambini e Genitori si sia manifestata entro il 2000, come dimostrano
anche i dati di due province, Reggio e Rimini, dove nessun Centro vede la
luce dopo tale anno.
La distribuzione territoriale
Centri Bambini Centri Bambini totali
e Genitori e Genitori per
comuni comuni non provincia
province capoluogo capoluogo
Bologna 10 28 38
Ferrara 3 4 7
Forlì-Cesena 2 8 10
Modena 3 20 23
Parma 7 7 14
Piacenza 3 4 7
Ravenna 5 7 12
Reggio Emilia 4 7 11
Rimini 1 4 5
totali regione 38 88 126
Figura 3 –
Distribuzione dei
Centri per
Bambini e
Genitori nelle città
capoluogo di
provincia e nei
restanti comuni
non capoluogo.
Dati 2005
(valori assoluti)
16

Figura 4 – Confronto
fra la distribuzione dei
Centri per Bambini e
Genitori a livello
provinciale e a livello
dei comuni capoluogo.
Dati 2005 (Diagramma
a radar)
Spostando ora il focus sui soli servizi presenti nei capoluoghi di provincia (fig. 3),
vediamo come soltanto 38 Centri per Bambini e Genitori, pari a poco meno di un terzo
del totale regionale, siano situati in questi comuni.
La loro distribuzione fra le nove province regionali è però tutt’altro che uniforme.
Infatti, in diverse realtà, tra cui Ferrara, Parma, Piacenza e Ravenna, il numero dei
servizi cresciuti nei centri urbani minori è più esiguo e rappresenta spesso poco
più della metà dell’intero numero dei Centri di queste province.
In altre, questo rapporto si inverte: come a Forlì, a Bologna, e in misura sicuramente
ancora più evidente a Modena, dove solo 3 dei 23 Centri hanno sede nel
capoluogo.
La distribuzione emersa viene sintetizzata ed evidenziata nel diagramma a radar della
figura 4 che visualizza le diverse concentrazioni dei servizi a livello provinciale.
17

La mappa regionale
La mappa regionale (fig. 5) introduce il successivo elenco in ordine alfabetico dei
126 Centri per Bambini e Genitori attivi al 31 dicembre 2005 in Emilia-Romagna.
Figura 5 – Distribuzione regionale dei Centri per Bambini e Genitori. Dati 2005
7 CBG
di cui 3 nel
capoluogo
11 CBG
di cui 4 nel
capoluogo
7 CBG
di cui 3 nel
capoluogo
12 CBG
di cui 5 nel
capoluogo
14 CBG
di cui 7 nel
capoluogo
23 CBG
di cui 3 nel
capoluogo
37 CBG
di cui 10 nel
capoluogo
10 CBG
di cui 2 nel
capoluogo
5 CBG
di cui 1 nel
capoluogo
18

Elenco dei Centri per Bambini e Genitori
Per ciascuna provincia sono elencati prima i Centri per Bambini e Genitori del
capoluogo e, a seguire, quelli degli altri Comuni, sempre in ordine alfabetico. Per
ciascun Centro viene fornita la denominazione e il comune in cui ha sede.
COMUNE
NOME SERVIZIO
Provincia di Bologna
Bologna
Bologna
Bologna
Bologna
Bologna
Bologna
Bologna
Bologna
Bologna
Bologna
Anzola nell’Emilia
Argelato
Casalecchio Di Reno
Casalecchio Di Reno
Casalecchio Di Reno
Castel Maggiore
Castel San Pietro Terme
Castello D’argile
Castello Di Serravalle
Castenaso
Crevalcore
Granarolo Dell’emilia
Imola
Imola
Minerbio
Ozzano Dell’Emilia
Pianoro
Pianoro
Pieve Di Cento
Sala Bolognese
San Giorgio Di Piano
San Giovanni In Persiceto
San Lazzaro Di Savena
Sasso Marconi
Girotondo
Il Castello dei 100 Giochi
Il Focolare
Il Monello
Il Salotto delle Fiabe
Il Tempo dei Giochi
Piccole Invenzioni
Piuinsieme
Via del Grosso Tasso
Zucchero Filato
Il Tucano
La Coccinella
Il Rifugio di Emilio
Meridiana
Piccole Magie
Tempo di Coccole
Spassatempo
Girotondo
Ciao Snoopy
L’Oblò
L’albero del Riccio
Granarolo
La Nocciolina
La Tana Degli Orsetti
Centro Giochi Minerbio
Ambaraba’ Cici’ Coco’
Grillo Birillo
Le Botteghe Di Botteghino
Giocheria
Gli Amici Di Elmer
Centro Bambini e Genitori
Bimbe e Bolle
Cavallino A Dondolo
La Girandola
19

Zola Predosa L’orsetto 1
Zola Predosa L’orsetto 2
Zola Predosa
Ludoteca “La Ducentola”
Provincia di Ferrara
Ferrara
Ferrara
Ferrara
Argenta
Cento
Comacchio
Lagosanto
Elefante Blu
Isola Del Tesoro
Mille Gru
Arcobalena
Incontriamoci al Nido
Centro Infanzia L’albero delle Meraviglie
Bimbincontro
Provincia Forlì-Cesena
Cesena
Cesena
Bertinoro
Castrocaro T.
Civitella Di Rom.
Forlimpopoli
Galeata
Meldola
Santa Sofia
Elluria Sul Rubicone
Il Bruco
Trilly
Il Bruco Magico
La Fata Giocosa
Il Paese Dei Balocchi
Arca Di Noe’
Il Paese Dei Balocchi
Elefantino Bianco
Il Paese dei balocchi
Zerotrè
Provincia di Modena
Modena
Modena
Modena
Carpi
Castelfranco Emilia
Castelnuovo R.
Finale Emilia
Fiorano Modenese
Formigine
Formigine
Formigine
Lama Mocogno
Maranello
Marano Sul Panaro
Mirandola
Stregatto
Bianconiglio
Cappellaio Matto
Scubidu’
Le Stanze Del Castello
Alice
Filo di Arianna
La Casa dei Giochi
Il Laboratorio Di Pollicino
Peter Pan
Primi Passi
Maramiao
Biribicchio
Pescegattone
Baita Delle Meraviglie
20

Montefiorino
Pavullo
San Cesario Sul Panaro
Sassuolo
Sassuolo
Savignano sul Panaro
Spilamberto
Vignola
Gianni Rodari
La Casa Tra I Pini
Il Palloncino
La Trottola
LaTrottola 3 C/O Ospedale
La Trottola Spazio Polivalente
Birba
Il Paese Di Maramao
Provincia di Parma
Parma
Parma
Parma
Parma
Parma
Parma
Parma
Collecchio
Felino
Fidenza
Fornovo di Taro
Salsomaggiore Terme
Sorbolo
Torrile
Acquerello
Casa Nel Parco
L’arca
Oplà
L’ Arca
Primavera
Scarabocchio
Le Casette Blu
Millecolori
Il Girotondo
Giocandolo
Bollicine
Il Parco di Alice
Arca di Noè
Provincia di Piacenza
Piacenza
Piacenza
Piacenza
Calendasco
Castel San Giovanni
Fiorenzuola d’Arda
Piacenza
Il Giardino di Alice
L’ Elefante che Legge
L’ Elefante Variopinto
La Casa dei Castori
Peter Pan
Piccolo Blu
Casa Aperta
Provincia di Ravenna
Ravenna
Ravenna
Ravenna
Ravenna
Ravenna
Alfonsine
Il Giramondo
Isola Azzurra
La Nuvola
Ponte Nuovo
Punta Marina
Biblioteca Zerosei
21

Alfonsine
Bagnacavallo
Cervia
Faenza
Lugo
Massa Lombarda
Casetta Di Marzapane
La Casa degli Scoiattoli
Centro giochi Bambini e Genitori
Spazio Gioco
Al Centro Del Bosco
Lo Scarabocchio
Provincia di Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Reggio Emilia
Canossa
Casalgrande
Castellarano
Castelnovo Ne’ Monti
Cavriago
Correggio
Rubiera
Peter Pan
Picasso
Rivieri
Sole
Spazio 0/3 Anni
Centro Giochi
Millle Capriole
Ludovico
Centro Bambini
Ambarabà
Isola dei Tigrotti
Provincia di Rimini
Rimini
Bellaria Igea Marina
Cattolica
Poggio Berni
Verucchio
Isola Blu
Tana Dell’orso
Nido Aperto
La Scatola Magica
Il Posto Dei Giochi
22

Capitolo 2
I principali aspetti strutturali
e organizzativi
Prendiamo ora in considerazione alcuni tra gli aspetti strutturali ed organizzativi
più rilevanti dei Centri per Bambini e Genitori, cercando laddove i dati lo consentono,
di presentare anche una comparazione ragionata con la situazione emersa
nel 2003.
La gestione
Questa è la prima caratteristica strutturale considerata. Tale dimensione rappresenta
un aspetto di grande rilievo in quanto definisce la responsabilità tecnica ed
amministrativa nella conduzione dei servizi.
La figura 6 mostra come alla fine del 2005 quasi il 62% dei Centri sia gestito
direttamente dai Comuni. Questo dato segnala un calo molto significativo rispetto
al 2003, quando la gestione diretta comunale era presente per un 70,2%. La
flessione registrata risulta dunque quasi del 10 % in soli due anni. I servizi in
appalto nel 2005 risultano essere il 29,4 % del totale; mentre quelli in convenzione
costituiscono poco più del 6%.
Del tutto marginale si conferma la percentuale (pari all’1,6) dei Centri la cui
gestione è affidata a soggetti privati, probabilmente in ragione della scarsa redditività
economica di tali servizi. I Centri per Bambini e Genitori si caratterizzano,
in effetti, per una dimensione di promozione e prevenzione sociale che
richiede investimenti di risorse umane e strutturali difficilmente sostenibili da
soggetti privati.
Figura 6 – Centri per Bambini e Genitori per tipo di gestione. Dati 2005
(in percentuale)
N= 126 CBG (100,0%)
Comunale
61,9%
In convenzione
6,3%
Privata
1,6%
Altro
0,8%
Appalto
29,4%
23

La successiva figura 7 entra più nel dettaglio, analizzando a livello provinciale il
tipo di gestione, e consente quindi di osservare come incidono le diverse modalità
gestionali nei diversi territori.
A conferma di quanto già rilevato con il monitoraggio 2003, la gestione diretta da
parte dei Comuni appare particolarmente sostenuta a Modena (87%) e Reggio
Emilia (72,7%), mentre incide assai meno rispetto al dato regionale nella provincia
di Forlì-Cesena (30%) e di Piacenza (28,6%). In questi ultimi due territori, si
registra invece una maggior incidenza della gestione in appalto, assai diffusa
peraltro anche a Ferrara, Ravenna e Parma.
Per quanto riguarda la gestione in convenzione, il dato peculiare che merita di
essere sottolineato è l’elevata incidenza che si registra per la provincia di Rimini
dove il 40% dei servizi è sottoposto a questo regime gestionale, contro una media
regionale del 6,3%. Ugualmente, occorre richiamare l’attenzione sulla provincia
di Piacenza che possiede i soli servizi a gestione privata.
Figura 7 – Centri per Bambini e Genitori per tipo di gestione. Dati 2005
(in percentuale)
tipo di gestione
totale
province comunale in convenzione appalto privata altro % Centri
Bologna 67,6 5,4 27 0 0 100,0 37
Ferrara 57,1 0 42,9 0 0 100,0 7
Forlì-Cesena 30 10 60 0 0 100,0 10
Modena 87 8.7 0 0 4,3 100,0 23
Parma 50 0 50 0 0 100,0 14
Piacenza 28,6 0 42,8 28,6 0 100,0 7
Ravenna 50 8,3 41,7 0 0 100,0 12
Reggio Emilia 72,7 0 27,3 0 0 100,0 11
Rimini 60 40 0 0 0 100,0 5
totali regione 61,9 6,3 29,4 1,6 0,8 100,0 126
24

Le caratteristiche della sede
Altri aspetti che devono essere presi in considerazione sono quelli che si riferiscono
alle caratteristiche della sede, a partire dalle dimensioni, un aspetto questo
in buona parte normato a livello regionale dalla L.R. 1/2000 e dalle sue successive
modifiche, con cui si è cercato di fissare condizioni indispensabili per il buon
funzionamento e la sicurezza dei servizi.
Mentre le disposizioni normative non stabiliscono parametri e criteri per quanto
riguarda le aree verdi e gli spazi esterni di pertinenza ai Centri per Bambini e
Genitori, per gli spazi interni prevedono un rapporto di 5,5 metri quadrati a bambino.
Nel computo sono compresi gli spazi per il gioco e gli altri ambienti dei
Centri, tra cui necessariamente una zona riservata agli adulti e un insieme di altri
spazi volti a rispettare i criteri di igiene e sicurezza previsti dalla normativa vigente
per tutti i servizi educativi.
La figura 8 mostra come a livello regionale l’insieme dei Centri per Bambini e
Genitori si distribuiscano equamente sui tre parametri di ampiezza utilizzati dalla
rilevazione. Poco meno di un terzo dei 126 servizi presenta una sede di dimensioni
inferiore ai 100 metri quadrati; il 34,1% una sede con dimensioni comprese
fra i 100 e i 200 mq. e il restante 33,3% una sede di oltre 200 mq.
Tale situazione è assai simile a quella rilevata nel 2003, anche se si nota una leggera
crescita nelle dimensioni medie: infatti, nel precedente monitoraggio i Centri
con una sede di oltre 200 metri erano poco più del 26%, nel 2005, invece, risultano
essere il 33,3%.
Figura 8 – Dimensioni delle sedi dei Centri per Bambini e Genitori per provincia.
Dati 2005 (in percentuale)
25

Il sostanziale equilibrio che si registra a livello regionale, non si ripropone peraltro
nei singoli territori provinciali, in ragione di situazioni sicuramente contingenti
ma anche, come vedremo, dei differenti modelli organizzativi adottati negli
anni nei diversi territori.
In particolare possiamo notare come in provincia di Rimini non si registri alcun Centro
con sede di dimensioni inferiori ai 100 metri, mentre Centri di queste dimensioni
si trovano in tutti gli altri territori provinciali: in particolare a Forlì-Cesena, dove
costituiscono il 40% dei servizi, a Bologna il 37,8% e a Parma il 35,7%.
Le sedi di maggiori dimensioni, oltre i 200 metri, si rilevano in particolare a Ferrara,
con il 42,9%, Forlì-Cesena, con il 40% e, soprattutto, a Rimini con il 60%.
Oltre il 90% dei Centri per Bambini e Genitori rilevati nell’ultimo monitoraggio
dispone di spazi verdi attrezzati (fig. 9). Questo dato medio regionale risulta molto
vicino, anche se in leggero incremento, a quello del 2003 (89,3%) e non presenta
particolari scostamenti a livello provinciale, anche se vanno evidenziate le
province di Forlì-Cesena, Parma, Reggio Emilia e Rimini che presentano tutti i
servizi con spazi verdi a disposizione, così come altre realtà, in particolare Ravenna,
in cui la presenza di spazi verdi è più ridotta (75%).
province
presenza assenza % numero
spazi verdi spazi verdi Centri
Bologna 83,8 16,2 100,0 37
Ferrara 85,7 14,3 100,0 7
Forlì-Cesena 100,0 0,0 100,0 10
Modena 95,7 4,3 100,0 23
Parma 100,0 0,0 100,0 14
Piacenza 85,7 14,3 100,0 7
Ravenna 75,0 25,0 100,0 12
Reggio Emilia 100,0 0,0 100,0 11
Rimini 100,0 0,0 100,0 5
totali regione 90,5 9,5 100,0 126
Figura 9 –
Presenza di
spazi esterni nei
Centri per
Bambini e
Genitori.
Dati 2005
(in percentuale e
in valori assoluti)
26

La condivisione della sede con altri servizi
Dopo avere analizzato il parametro dell’ampiezza delle sedi, passiamo ora a considerare
un altro aspetto peculiare che, come si vedrà meglio in seguito, denota
strategie diversificate nella costruzione dei servizi.
Il criterio che prenderemo ora in considerazione riguarda il grado di autonomia
delle sedi in cui operano i Centri per Bambini e Genitori. Come per il Monitoraggio
2003, abbiamo preso in considerazione tre diverse condizioni.
La prima, una totale condivisione degli spazi operativi con altri servizi per l’infanzia:
è questo il caso di esperienze che svolgono le loro attività negli stessi spazi
adibiti in orari diversi a sezioni di Nido o di Scuola d’infanzia; la seconda, una
condivisione della sede ma con spazi autonomi: in questo caso il Centro per Bambini
e Genitori svolgerà le sue attività “a fianco” di altri servizi educativi, condividendo
nello stesso plesso magari ambienti funzionali di comune utilizzo; la terza,
in totale autonomia, qualora i servizi monitorati dispongano in modo esclusivo
di sedi proprie. Come evidenziato dalla figura 10, la netta maggioranza dei
Centri monitorati a fine 2005 presenta una sede a tutti gli effetti “condivisa” con
altri servizi (71,8%, contro il 66,4% registrato nel 2003 e il 39% del 1999). Questo
dato conferma che la gran parte di queste esperienze si sviluppa in Emilia-
Romagna all’interno di servizi educativi consolidati e che essi sono progettati
come parte integrante di una più complessiva ed articolata offerta di servizi educativi
per le famiglie.
Figura 10 – Centri per Bambini e Genitori: condivisione della sede con altro spazio.
Dati 2005 (in percentuale)
Note: Non disponibili i dati relativi ad 1 Centro Bambini e Genitori di Bologna ed 1 di Modena.
27

L’assetto logistico-organizzativo intermedio, cioè quello che prevede la condivisione
della sede ma con spazi autonomi, registra il 16,1% , contro il 22,1% del
monitoraggio 2003 e quasi il 46% della rilevazione 1999. Risulta decisamente in
flessione la tipologia sede autonoma che riguarda solo il 12% dei servizi, contro
l’11,5% registrato nella rilevazione del 2003 e il 15,3% monitorato nel 1999 2 .
Entrando nel dettaglio delle singole province, si osserva come servizi con sede
autonoma siano presenti esclusivamente in quattro contesti: Modena (22,7%),
Bologna (19,4%), Parma (14,3%) e Forlì-Cesena (10%). All’opposto, la condivisione
degli spazi con altri servizi riguarda la totalità dei Centri di Rimini e Reggio
Emilia. A Forlì-Cesena se ne rilevano il 90%; a Piacenza l’85,7%, mentre nelle
restanti province i valori sono compresi fra il 57% e il 68%.
L’orario settimanale e il calendario annuale
Un’altra dimensione attentamente monitorata a fine 2005, così come nelle precedenti
indagini del 2003 e del 1999, riguarda i tempi di funzionamento 3 ed in particolare
i tempi di apertura al pubblico dei Centri per Bambini e Genitori.
Dalla figura 11 si evince che oltre l’80% dei servizi offre alle famiglie un’apertura
settimanale non superiore alle 12 ore 4 .
Solo l’11,2% opera su un orario settimanale compreso fra le 13 e le 24 ore (erano
il 18,3% nel 2003), mentre una fetta ancora più ristretta, l’8%, apre al pubblico
per più di 24 ore a settimana (8,3% nel 2003). Dati questi che segnalano una tendenza
alla contrazione dei tempi di apertura al pubblico.
La figura 12 consente un’analisi più di dettaglio delle singole realtà provinciali
che, seppur nel quadro di una sostanziale omogeneità, pure presentano alcune
peculiarità che meritano di essere segnalate. È questo il caso di Modena, dove soltanto
il 68% dei Centri presenta un’apertura settimanale inferiore alle 13 ore e
dove oltre il 18% dei servizi rimane aperto più di 24 ore settimanali. Anche a Ferrara
e Piacenza (14,3% per entrambe) sono presenti servizi che hanno orari settimanali
superiori alle 24 ore.
2 Busciolano S., Monini T. (a cura di),, I servizi per bambini e famiglie in Emilia Romagna. Indagine
regionale 1999, in GIFT – Quaderni dell’Unità di documentazione del progetto Centri per le
Famiglie, settembre 2000.
3 Come nelle rilevazioni precedenti non è stato invece preso in considerazione il tempo dedicato alle
attività di programmazione, organizzazione e coordinamento che permettono al Centro di funzionare
e di offrire i propri servizi .
4 Va tenuto presente che in molti casi i Centri per Bambini e Genitori sviluppano le proprie attività
all’interno di ambienti che vengono utilizzati di mattina da altri servizi educativi (Nidi part-time e
Spazi Bambini) e fissano l’orario di inizio delle proprie attività pomeridiane a partire dalle ore
15.30/16.00, in modo da consentire l’accesso anche ad adulti lavoratori. Ciò significa che di fatto
un’apertura settimanale di 9/12 ore in molti casi corrisponde comunque ad un’attività in compresenza
per adulti e bambini distribuita su 3 o 4 pomeriggi settimanali.
28

Figura 11 – Centri per Bambini e Genitori: numero ore settimanali di apertura al
pubblico. Dati 2005 (in percentuale)
Note: non disponibile il dato relativo ad 1 Centro Bambini e Genitori di Modena
Figura 12 – Centri per Bambini e Genitori: mesi di apertura al pubblico. Dati 2005
(in percentuale)
Note: Non disponibili i dati di 3 Centri per Bambini e Genitori di Modena.
29

Situazione assai differente si rileva a Parma (93%) e a Reggio Emilia dove si registrano
quote molto elevate di servizi che offrono un‘apertura non superiore alle
12 ore settimanali. L’alta diffusione di questo modello organizzativo trova a Forlì-
Cesena la provincia con la massima distribuzione: qui, infatti, tutti i Centri non
superano la soglia delle 12 ore settimanali.
Considerando ora i mesi di apertura dei Centri, il panorama regionale appare nel
complesso più differenziato a seconda delle province, pur nel quadro di una generale
tendenza a concentrarsi di un alto numero di servizi verso il polo del minor
numero di mesi di apertura (8 mesi annui).
Come ben evidenziato nella figura 12, quasi la metà dei 126 Centri monitorati a
fine 2005 svolge attività per non più di 8 mesi l’anno, mentre poco più di un quarto
dei Centri (26,8%) organizza attività per 9 mesi, un altro 21% per 10 mesi e
soltanto il 4,1% per 11 o 12 mesi.
Dall’analisi della serie storica dei monitoraggi curati da GIFT, pare profilarsi – in
linea anche con i dati più sopra presentati relativamente all’apertura settimanale e
ad altri aspetti che saranno considerati più a fondo nel capitolo conclusivo – una
tendenziale “contrazione” dei servizi e una crescita percentualmente significativa
di quelli che già nel Monitoraggio 2003 sono stati definiti “a minor impatto organizzativo”.
Infatti, i servizi caratterizzati da attività svolte per non più di 8 mesi
annui erano meno del 31% nel 1999, il 42,3% nel 2003 e sono il 48% nel 2005.
Se, all’opposto, si considera la fascia dei Centri che garantiscono un calendario
annuo più prolungato, si rileva che nel 1999 erano l’11,2% quelli con un’attività
protratta per 11 o 12 mesi e che questa percentuale è scesa all’8,4% nel 2003 e al
4,1% nel 2005.
30

Capitolo 3
Le risorse umane
In questo capitolo si prende in esame il profilo del personale impegnato nei servizi,
considerando in primis il coordinatore pedagogico ed in secondo luogo le
risorse umane appartenenti all’équipe che opera stabilmente all’interno dei diversi
Centri, delle quali si analizzano le ore settimanale di attività lavorativa, il tipo
di contratto, l’area professionale di afferenza.
Il coordinamento pedagogico
Osservando i dati relativi al Coordinamento Pedagogico, si rileva come, mediamente,
a livello regionale, oltre il 63% dei Centri possa contare sul contributo del
coordinatore per non più di 1 o 2 ore settimanali (fig. 13); il 18% dei Centri per
Bambini e Genitori si colloca nella fascia media, ossia mostra un coordinatore
impiegato per 3-4 ore, mentre il restante 18,9% dispone di una figura di coordinamento
per un tempo maggiore, cioè per almeno 5 ore settimanali.
Figura 13 – Numero ore settimanali impegnate dal coordinatore pedagogico nei
Centri per Bambini e Genitori. Dati 2005 (in percentuale)
Note: Non disponibili i dati di 2 Centri per Bambini e Genitori di Bologna e di 2 di Modena.
31

Se si confrontano questi dati con quelli del 2003, si rileva un rafforzamento della
figura del coordinatore pedagogico che risulta oggi maggiormente impegnato nel
Centro rispetto a due anni fa, quando presentava un impegno lavorativo non superiore
a 2 ore nel 70,7% dei casi (contro il 63,1% del 2005) e superiore alle 4 ore nel
13,8% dei Centri contro il 18,9% del 2005.
Rispetto a questo andamento medio regionale, si registrano peraltro considerevoli
differenze a livello provinciale: a Modena e, ancor più nettamente, a Forlì-Cesena
e Ferrara, il contributo del coordinatore è assai più continuativo 5 , dato che circa
la metà dei servizi mostra un impegno superiore alle 4 ore settimanali.
Situazioni diametralmente opposte rispetto a queste, si evidenziano per le province
di Reggio Emilia e Parma (in cui oltre il 90% dei Centri gode del contributo
del coordinatore pedagogico per un massimo di due ore settimanali e in nessun
caso maggiore alle 4 ore) e Ravenna (con l’83,3% di servizi che dispongono del
coordinatore per 1-2 ore settimanali). Si tratta di situazioni simili a quelle registrate
nel 2003, ad eccezione di Forlì-Cesena, rispetto a cui si registra, in questi
due anni, un forte incremento del ruolo del coordinatore pedagogico.
Il gruppo di lavoro
provincia
personale del
gruppo stabile
altri
(obiettori,
volontari
tirocinanti)
Figura 14 – Centri per
Bambini e Genitori: personale
stabile e altri collaboratori.
Dati 2005 (valori assoluti)
Bologna 133 26
Ferrara 30 0
Forlì-Cesena 19 3
Modena (*) 72 4
Parma 27 2
Piacenza 13 7
Ravenna 20 5
Reggio Emilia 22 0
Rimini 14 2
totali regione 350 49
* Non disponibili i dati di 3 Centri di Modena.
5 Il dato di Ferrara è certamente da mettere in relazione con un’interessante “anomalia” dei servizi
educativi integrativi del Comune di Ferrara che vede dal 2001 la presenza di una figura di Pedagogista,
di ruolo e a tempo pieno, interamente dedicato al Coordinamento Pedagogico di 3 Centri per
Bambini e Genitori e di 2 Spazi Bambini.
32

Passando poi ad esaminare il personale impiegato stabilmente nei Centri per
Bambini e Genitori nel 2005 (fig. 14), si può rilevare rispetto agli anni precedenti
una decisa crescita.
Le risorse umane impiegate nei Centri per Bambini e Genitori passano, infatti,
dalle 324 unità del 2003 alle 350 del 2005.
Se si considera che nel 1999 gli operatori impegnati in questo tipo di servizio
risultavano solo 206, si evidenzia chiaramente una tendenza alla crescita, tanto
più significativa se si considera come tra il 2003 e il 2005 il numero dei Centri è
calato da 131 a 126 unità.
Questo dato in apparente contraddizione con alcune riflessioni in precedenza proposte,
circa la tendenziale contrazione organizzativa dei servizi di compresenza
registrata dal presente monitoraggio, verrà ripresa in sede di conclusioni e, in tutti
i casi, va approfondita alla luce delle analisi relative al numero di ore effettivamente
lavorate dal personale educativo all’interno dei Centri.
La figura 15 permette proprio di considerare, dopo il numero di persone stabilmente
impiegate di cui si è detto poc’anzi, anche le ore di attività svolte da questo
personale. A causa della non disponibilità dei dati di numerosi Centri relativamente
sia al 2003 che al 2005, non è possibile procedere ad una precisa comparazione;
va in ogni caso evidenziato come oltre il 72% degli operatori risulta
impiegato nei Centri per Bambini e Genitori per un massimo di 24 ore e soltanto
il 27% di tutti gli operatori – pari a 94 unità – per oltre 24 ore.
Si tratta essenzialmente di un dato in linea con quello rilevato per il 2003 6 e in
particolare, per quanto riguarda il dato 2005, significa che, a fronte di 348 operatori
complessivamente censiti (che corrisponde ad una presenza media di 2,7 operatori
per Centro), oltre due terzi lavora a part-time.
Questo dato viene ulteriormente rafforzato considerando i dati presentati nella
figura 16 che mostrano un ulteriore dettaglio rispetto a quelli della figura 15. Emerge
così che quasi la metà (48%) del totale degli operatori impiegati stabilmente nei
Centri per Bambini Genitori emiliano-romagnoli svolge la propria attività per un
massimo di 10 ore settimanali, il 25% da 11 a 24 ore e soltanto il 27%, come detto,
più di 24 ore a settimana; di questi ultimi solamente l’8% presenta un impegno
lavorativo vicino al tempo pieno, cioè superiore alle 35 ore lavorative settimanali.
Questi dati vanno da un lato indubbiamente correlati alla complessiva “esilità”
organizzativa rilevata analizzando altri indicatori quali l’orario settimanale di
apertura e il calendario annuale dei Centri, ma per altri versi rimandano certamente
anche alla storia di profonda “integrazione” di questi servizi con i servizi
educativi più tradizionali, con i quali con tutta evidenza molti Centri per Bambini
e Genitori dell’Emilia-Romagna condividono non solo spazi e materiali ma
anche personale educativo, con risultati di interscambio e integrazione sulla qualità
dei servizi stessi certamente da guardare con attenzione.
6 Cambi I., Monini T., I Centri per Bambini e Genitori, in GIFT – Quaderni dell’Unità di Documentazione
del Centro per le Famiglie di Ferrara, maggio 2006, pp. 21-83.
33

province
operatori
Centri
per Bambini fino a oltre totali
e Genitori 24 ore 24 ore
Bologna 37 76 57 133
Ferrara 7 16 14 30
Figura 15 –
Centri per
Bambini e
Genitori: numero
operatori in base
alle ore
settimanali.
Dati 2005
(valori assoluti)
Forlì-Cesena 10 18 0 18
Modena 20 51 20 71
Parma 14 27 – 27
Piacenza 7 13 – 27
Ravenna 12 19 1 20
Reggio Emilia 11 22 – 22
Rimini 5 12 2 14
totali regione 123* 254 94 348
* 3 Centri per Bambini e
Genitori di Modena non
forniscono il numero di
ore di nessun dipendente
Figura 16 – Centri per Bambini e Genitori: personale stabile secondo il numero
di ore lavorative settimanali. Dati 2005 (in percentuale e in valori assoluti)
province
operatori fino a 24 ore
settimanali
operatori da 25 a 36 ore
settimanali
meno di da 10 a da 25 a tempo totali
10 ore 24 ore 35 ore pieno
Bologna 60 16 57 0 133
Ferrara 7 9 4 10 30
Forlì-Cesena 12 6 0 0 18
Modena 36 15 3 17 71
Parma 17 10 0 0 27
Piacenza 7 6 0 0 13
Ravenna 10 9 0 1 20
Reggio Emilia 11 11 0 0 22
Rimini 7 5 2 0 14
totali regione 167 87 66 28 348
totali % 48 25 19 8 10
34

Per concludere su questo punto, va anche rilevato come si registri una sostanziale
omogeneità tra i dati medi regionali e quelli relativi alle singole province, ad
esclusione di alcune realtà, come Ferrara, caratterizzate da una tendenza ad avere
personale impiegato per un maggiore numero di ore settimanali (dato, del resto,
in linea con quello precedentemente visto relativamente all’apertura settimanale e
alle ore di attività lavorativa del coordinatore pedagogico) e, seppur in modo assai
meno evidente, Bologna e Modena.
Sempre in linea con i dati presentati in precedenza relativamente all’apertura settimanale
e al coordinamento pedagogico, mostrano un panorama opposto, dunque
con un minor numero di ore settimanali svolte da parte del personale, i Centri di
Forlì-Cesena e, in misura più contenuta, Parma.
L’area professionale di appartenenza e il tipo di rapporto di lavoro
Come si poteva a priori ipotizzare, l’area che raccoglie la maggior parte degli operatori
stabili dei Centri per Bambini e Genitori è quella educativo pedagogica, con
254 unità sulle 348 (pari al 73%) di cui è disponibile il dato (fig. 17).
Il personale ausiliario è costituito da 61 unità (17,5%), mentre le collaborazioni specialistiche
riguardano 17 operatori (4,9%), mostrando così un considerevole incre-
Figura 17 – Centri per Bambini e Genitori: personale stabile secondo l’area professionale
di appartenenza. Dati 2005 (valori assoluti)
province
educativo- collaborazioni ausiliari altro totali
pedagogica specialistiche
Bologna 100 – 26 7 133
Ferrara 20 6 3 1 30
Forlì-Cesena (*) 13 – 3 2 18
Modena (*) 49 3 15 5 72
Parma 23 1 3 – 27
Piacenza 10 – 2 1 13
Ravenna 13 4 3 – 20
Reggio Emilia (*) 17 1 3 – 21
Rimini 9 2 3 – 14
totali regione 254 17 61 16 348
Note: Non disponibili i dati di 3 Centri di Modena, di 1 collaboratore di 1 Centro di Forlì-Cesena e di 1 di Reggio Emilia.
35

mento rispetto al 2003, oltre ad una maggiore diffusione sul territorio (nel 2003
riguardavano soltanto 3 province, mentre nel 2005 sono registrate in 6 province).
Circa il tipo di contratto di lavoro del personale, i dati presentati nella successiva
figura 18 evidenziano una prevalenza a livello regionale dei dipendenti pubblici,
pari al 54,6% del complesso degli operatori facenti parte dell’équipe stabile dei
Centri per Bambini e Genitori. Si tratta di un dato percentuale in linea con quello
rilevato nel 2003 (52,8%). Assai differente, invece, è l’incidenza percentuale dei
contratti individuali che nel 2003 costituivano il 18% dei rapporti di lavoro mentre
nel 2005 ne rappresentano appena il 3,1%.
Di converso, risultano in crescita i contratti dei dipendenti privati che passano dal
19% registrato nel 2003 al 28,7% del 2005, un dato certamente correlato alla crescita
del numero dei Centri gestiti nella forma dell’appalto.
Figura 18 – Centri per Bambini e Genitori: personale stabile per tipologia di contratto
di lavoro per provincia. Dati 2005 (in percentuale e in valori assoluti)
dipendente dipendente contratto altro
pubblico privato (da individuale totali
coop., ass.)
province v.a. % v.a. % v.a. % v.a. %
Bologna 89 64,5 34 24,6 3 2,2 12 8,7 138
Ferrara 15 44,1 11 32,4 2 5,9 6 17,6 34
Forlì-Cesena 5 27,8 10 55,6 0 0,0 3 16,7 18
Modena 59 81,9 9 12,5 3 4,2 1 1,4 72
Parma 8 29,6 14 51,9 0 0,0 5 18,5 27
Piacenza 1 7,7 0 0,0 0 0,0 12 92,3 13
Ravenna 1 5,0 14 70,0 0 0,0 5 25,0 20
Reggio Emilia 10 47,6 5 23,8 3 14,3 3 14,3 21
Rimini 7,0 53,8 5 38,5 0 0,0 1 7,7 13
totali regione 194 54,6 102 28,7 11 3,1 48 13,5 355
36

Figura 19 – Centri per Bambini e Genitori: personale stabile per tipologia di contratto
di lavoro per provincia. Dati 2005 (valori percentuali)
Rispetto al panorama complessivo regionale, considerevoli differenze si rilevano
a livello provinciale, con alcune realtà, come Bologna e soprattutto Modena, con
una più elevata incidenza dei dipendenti pubblici e altre, come Parma e ancor più
nettamente Ravenna, in cui si registra una prevalenza di dipendenti privati, a cui
si può aggiungere, soprattutto nel caso di Reggio Emilia, una certa incidenza dei
contratti individuali (fig. 18 e fig. 19).
37

Capitolo 4
Le attività
In continuità con le precedenti ricerche, il Monitoraggio 2005 ha riservato uno spazio
di indagine alle attività tramite cui si esplicano le proposte operative dei Centri.
Come evidenziato dalla figura 20, gli interventi educativi realizzati dai Centri per
Bambini e Genitori sono numerosi, tenuti insieme dalla cornice dell’attività di
compresenza bambini e adulti che costituendo lo specifico tecnico di questi servizi
è attestata naturalmente in tutti i 126 Centri.
Da un punto di vista generale, occorre mettere in risalto come anche i dati del
2005 confermano sostanzialmente una situazione già ampiamente fotografata dalle
precedenti rilevazioni: se è vero che le iniziative educative messe in cantiere
dai Centri sono numerose ed esplorano diverse direzioni, esse sono ancora prevalentemente
rivolte ai bambini, anche se non mancano – e per certi versi sono in
leggero aumento – le proposte indirizzate specificamente ai genitori o alle altre
figure adulte (nonni, baby sitter) che frequentano i servizi.
Figura 20 – Attività svolte dai Centri per Bambini e Genitori. Dati 2005 (valori
assoluti)
Legenda delle attività
1. Attività di compresenza adulti/bambini 2. Attività con affido alle educatrici
3. Attività autogestite dalle famiglie 4. Laboratori
5. Corso di massaggio infantile 6. Spazio neutro
7. Consulenze per genitori 8. Corsi per genitori
38

Figura 21 – Centri per Bambini e Genitori che svolgono le diverse attività per provincia.
Dati 2005 (valori assoluti)
1 2 3 4 5 6 7 8
province
attività svolte
Bologna 37 5 3 20 15 4 7 6
Ferrara 7 3 2 3 6 4 2 0
Forlì-Cesena 10 1 1 5 0 0 1 4
Modena 23 6 7 14 6 0 6 5
Parma 14 0 0 2 1 3 3 1
Piacenza 7 0 0 5 1 0 2 1
Ravenna 12 0 1 10 2 0 1 1
Reggio Emilia 11 1 1 2 1 0 5 2
Rimini 5 0 0 0 0 0 2 1
totali regione 126 16 15 61 32 11 29 21
LEGENDA ATTIVITÀ
1. Attività educative di
compresenza adulti e
bambini
2. Attività con affido alle
educatrici
3. Attività autogestite
dalle famiglie
4. Laboratori
5. Corso di massaggio
infatile
6. Spazio neutro
7. Consulenze per
genitori
8. Corsi per genitori
Figura 22 – Centri per Bambini e Genitori che svolgono le diverse attività per provincia.
Dati 2005 (valori percentuali)
1 2 3 4 5 6 7 8
attività svolte
province
Bologna 37 13.5 8.1 54.1 40.5 10.8 18.9 16.2
Ferrara 7 42.9 28.6 42.9 85.7 57.4 28.6 0
Forlì-Cesena 10 10 10 50 0 0 10 40
Modena 23 26.1 30.4 60.9 26.1 0 26.1 21.7
Parma 14 0 0 14.3 7.1 21.4 21.4 7.1
Piacenza 7 0 0 71.4 14.3 0 28.6 14.3
Ravenna 12 0 8.3 83.3 16.7 0 8.3 8.3
Reggio Emilia 11 9.1 9.1 18.2 9.1 0 45.5 18.2
Rimini 5 0 0 0 0 0 40 20
totali regione 126 12.7 11.9 48.4 25.4 8.7 23 16.7
LEGENDA ATTIVITÀ
1. Attività educative di
compresenza adulti e
bambini
2. Attività con affido alle
educatrici
3. Attività autogestite
dalle famiglie
4. Laboratori
5. Corso di massaggio
infatile
6. Spazio neutro
7. Consulenze per
genitori
8. Corsi per genitori
39

Con le figure 21e 22 è poi possibile proseguire la disamina delle attività e degli
interventi realizzati dai Centri per Bambini e Genitori nel 2005 entrando nel dettaglio
delle singole province.
Le attività educative di compresenza adulti e bambini:
il cuore dell’iniziativa dei Centri per Bambini e Genitori
In ragione dell’ovvia centralità che l’attività di compresenza bambini e adulti
riveste nell’ambito dell’intero esercizio e funzionamento di questi servizi, essa
occupa anche un posto preminente nell’ambito della nostra analisi.
Entrando nello specifico dell’attività di compresenza adulti e bambini – che, si è
già evidenziato, rappresenta l’elemento caratterizzante la mission dei Centri per
Bambini e Genitori – in figura 23 sono schematizzate, per ciascuna provincia,
alcune informazioni di dettaglio relative ai volumi di attività: il numero delle
famiglie iscritte, le giornate di attività annuali, le presenza dei bambini e degli
adulti, la media giornaliera di frequenza per Centro da parte di bambini e adulti.
Il primo dato rilevante di figura 23 è indubbiamente l’alto numero di famiglie
iscritte ai Centri per Bambini e Genitori, che in regione hanno raggiunto le 6.352
unità nel 2005.
Nel successivo capitolo tale dato viene opportunamente analizzato in relazione
alla popolazione infantile 0-36 mesi presente sul territorio regionale, provinciale
e dei singoli comuni capoluogo evidenziando così una percentuale di “copertura”
da parte dei servizi di compresenza vicino al 6% del totale della popolazione in
età, una percentuale che in alcune province e città, in primis Bologna e Ferrara,
appare anche notevolmente più alta. Il dato ferrarese è decisamente più elevato
rispetto alla media regionale anche quanto a numero di giornate in cui ogni Centro
risulta aperto nel corso dell’anno: 156 contro le 116 della media regionale; un
aspetto questo che vede invece Bologna perfettamente allineata al restante territorio
emiliano-romagnolo e che vede peraltro solo differenze significative verso
l’alto da parte di Modena e Piacenza e, verso il basso, di Forlì-Cesena.
In generale, si deve considerare che sul numero di per sé non particolarmente elevato
di giornate annue di apertura si riflette il numero limitato di mesi di attività
che caratterizza molti Centri per Bambini e Genitori della regione che, ricordiamolo,
nel 48% dei casi non supera gli 8 mesi annui di apertura.
Ancora Ferrara e Bologna sono le province che mostrano una media più alta di
famiglie iscritte per Centro (rispettivamente 117 e 77) e che, pertanto, contribuiscono
a tenere alto il dato medio regionale di 50 famiglie iscritte a servizio: un
valore di per sé del tutto ragguardevole e che tiene conto anche di realtà decisamente
diverse come Forlì (17 famiglie iscritte di media a Centro), Parma (25 famiglie)
e Piacenza e Reggio Emilia entrambi con 30 nuclei familiari per servizio.
Di segno completamente opposto è il quadro delle frequenze, a partire dal numero
delle giornate frequentate in media da ogni famiglia, dato questo che a livello
regionale sfiora le 30 giornate (ma sono 77 a Reggio Emilia) e che vede in que-
40

Figura 23 – Centri per Bambini e Genitori: attività educative di compresenza adulti e bambini su base annua. Dati 2005
numero totale totale totale totale media media media media media
Centri famiglie giornate presenze presenze famiglie giornate giorni giornaliera giorrnaliera
iscritte attività bambini adulti iscritte per apertura frequenza frequenza frequenza
servizio per di ogni bambini bambini e
province servizio famiglia adulti
Bologna 37 2.856 4.307 54.776 60.033 77 116 19,2 12,7 26,7
Ferrara 7 725 1.084 19.357 21.183 104 154 26,7 17,9 37,4
Forlì-Cesena 10 170 804 6.850 8.049 17 80 40,3 8,5 18,5
Modena 23 1.017 3.166 44.566 42.909 44 137 43,8 14,1 27,6
Parma 14 343 1.372 8.639 8.680 25 98 25,2 6,3 12,6
Piacenza 7 209 902 9.328 9.728 30 128 44,6 10,3 21,1
Ravenna 12 502 1.292 10.435 10.369 42 107 20,8 8,1 16,1
Reggio-Emilia 11 334 1.166 25.734 25.672 30 106 77,0 22,1 44,1
Rimini 5 196 571 6.592 7.805 39 114 33,6 11,5 25,2
totali regione 126 6.352 14.664 186.277 194.428 50 116 29,3 12,7 26,0
Media famiglie iscritte per servizio = tot. famiglie iscritte/n. servizi
Numero giornate apertura per servizio = tot. giornate di attività/n. Centri
Media giornate freq. da ogni famiglia = tot. presenze bambini/tot. famiglie iscritte
Frequenza media giornaliera bambini = tot. presenze bambini/tot. giornate attività
Va da sé che, essendo abitualmente ogni bambino accompagnato da un adulto – a parte ovvie eccezioni, come, ad esempio, il caso di due o tre fratelli accompagnati da un unico
parente – questo secondo rapporto presenterà risultati pressapoco doppi rispetto a quelli della frequenza media dei bambini.
41

sto caso proprio Ferrara (con 26,7 giornate), e più ancora Bologna con 19,2, presentare
valori decisamente inferiori agli altri territori.
Qui peraltro emerge una caratteristica peculiare comune a tutti i servizi di compresenza,
vale a dire la capacità di stare in contatto con un numero elevato di bambini
e di adulti cui però si propone di fatto un utilizzo non particolarmente frequente
del servizio.
Decisamente più articolato il quadro delle presenze di bambini e adulti nelle attività
di compresenza realizzate dai Centri per Bambini e Genitori, rispetto a cui va
immediatamente segnalato come in numeri assoluti appaia decisamente più elevato
il numero di presenza da parte degli adulti rispetto a quello dei bambini:
194.428 contro 186.277 in totale su base annua a livello regionale. A prima vista
può sembrare un dato paradossale, ma in realtà esso corrisponde a un fenomeno
da tempo segnalato in modo empirico dagli operatori, fenomeno che porta con
una certa frequenza più adulti (in genere un genitore e una nonna o entrambi i
nonni assieme) ad accompagnare il proprio bambino al Centro.
Tra l’altro, questo dato è fortemente omogeneo nei diversi territori e, ad eccezione
di Modena che presenta valori invertiti, sono ben quattro le province (Piacenza,
Forlì, Ferrara e Bologna) che vedono una presenza piuttosto sbilanciata in
direzione degli adulti.
Per concludere sui dati della tabella di figura 23, la frequenza giornaliera dei
bambini si assesta a livello regionale in media sulle 13 unità, un dato di per sé
apparentemente non troppo elevato, che però va osservato considerando la contemporanea
presenza dei familiari e dei bambini e che dunque porta di fatto a
26 la media delle presenze giornaliere effettive per ogni servizio, un numero
questo che, in particolare per i servizi di più ridotte dimensioni, non è certamente
da sottovalutare.
La riflessione è confermata dal fatto che oltre Reggio, con 22,1 bambini presenti
giornalmente nei propri servizi di compresenza, sono città come Modena e Ferrara
(comuni che dispongono dei Centri per Bambini e Genitori di maggiori dimensioni
e di maggior impatto organizzativo) che presentano i dati di frequenza più
elevati della media regionale, rispettivamente 14,1 e 17,9 bambini a giornata.
Nella figura 24, sempre in riferimento all’attività di compresenza adulti e bambini,
si fornisce un ulteriore dato: quello delle famiglie iscritte in media ad ogni servizio,
fornito dal rapporto fra le famiglie iscritte ai Centri di una provincia e il
numero di Centri per Bambini e Genitori presenti in quella provincia. Questa elaborazione
viene presentata secondo tre raggruppamenti: la provincia, i comuni
capoluogo e quelli non capoluogo.
Dal confronto fra i dati medi regionali rilevati per le nove province e per i nove
capoluoghi, si evince, in primo luogo, che i servizi situati nelle città capoluogo
sono fruiti mediamente da un numero maggiore di famiglie (82 famiglie/anno
contro le 50 mediamente registrate per le nove province).
Procedendo poi alla disamina per territori sia dei dati riferiti alle province sia
di quelli relativi ai capoluoghi, si osservano alcune differenze di rilievo, ben
evidenziate dalla figura 25.
42

Figura 24 – Attività educative di compresenza adulti e bambini. Famiglie iscritte per
servizio a livello provinciale e per comune capoluogo. Dati 2005 (valori assoluti)
province
Centri per Bambini
e Genitori
totali totali totali
province comuni capoluogo comuni non capoluogo
Famiglie iscritte
Famiglie iscritte
per Centro
Centri per Bambini
e Genitori
Bologna 37 2.856 77 10 1.821 182 27 1.035 38
Ferrara 7 725 104 3 488 163 4 237 59
Forlì-Cesena 10 170 17 2 45 23 8 125 16
Modena 23 1.017 44 3 120 40 20 897 45
Parma 14 343 25 7 185 26 7 158 23
Piacenza 7 209 30 3 80 27 4 129 32
Ravenna 12 502 42 5 207 41 7 295 42
Reggio Emilia 11 334 30 4 138 35 7 196 28
Rimini 5 196 39 1 40 40 4 156 39
totali regione 126 6.352 50 38 3.124 82 88 3.228 37
Famiglie iscritte
Famiglie iscritte
per Centro
Centri per Bambini
e Genitori
Famiglie iscritte
Famiglie iscritte
per Centro
Il comune capoluogo che presenta il maggior numero medio di famiglie per Centro
è Bologna, con 182 famiglie mediamente iscritte in ciascuno dei suoi 10 Centri
cittadini, seguita da Ferrara (163 famiglie); gli altri sette capoluoghi risultano
assai distanziati rispetto a questo dato, come dimostra il fatto che sono tutti nettamente
al di sotto del valore medio regionale di 82 famiglie per Centro.
Se si considera il territorio provinciale, il panorama rimane pressoché immutato,
ad eccezione del fatto che, a livello di Centri dell’intera provincia, è Ferrara a presentare
il più elevato numero di famiglie per Centro (104) e non Bologna (77),
come invece accadeva a livello di capoluogo.
Inoltre, risulta interessante notare che non sempre il dato riferito al capoluogo è
più alto di quello medio provinciale: ciò non accade a Modena (una media di 40
famiglie per Centro nel capoluogo e 44 nell’intera famiglia), a Piacenza (30 contro
27) e, pur in misura meno nitida, a Ravenna (42 contro 41). Altrettanto equilibrio
fra i due dati si riscontra a Parma e Rimini.
43

Figura 25 – Attività educativa di compresenza adulti e bambini. Numero medio
famiglie iscritte per servizio a livello provinciale e di comune capoluogo e di comune
non capoluogo. Dati 2005
La figura 25 mostra bene come le realtà di Bologna e Ferrara sono evidentemente
“fuori scala” rispetto al resto delle province emiliano-romagnole, a conferma di
una storia del tutto peculiare nella costruzione dei servizi integrativi.
Le altre attività
Tenendo sullo sfondo la figura 20, prendiamo ora rapidamente in considerazione
le ulteriori attività sviluppate dai Centri, le quali, pur presenti secondo un ampio
ventaglio di proposte, occupano generalmente posizioni a volte importanti, a volte
solo marginali, ma di fatto mai decisive al punto da connotare l’identità propria
dei Centri per Bambini e Genitori.
L’attività con affido alle educatrici interessa soltanto 16 Centri, in termini percentuali
appena il 12,7%. Tuttavia, per una corretta lettura del dato, si deve ricordare che questa
attività riveste nei Centri per Bambini e Genitori un ruolo molto specifico e di
supporto alla principale metodologia di lavoro che prevede per l’appunto la compresenza
continuativa e finalizzata degli adulti insieme ai loro bambini. Infatti, la proposta
di momenti nei quali i piccoli sono affidati agli operatori, è circoscritta a
brevi momenti o a definite sperimentazioni nel corso delle quali si vuole offrire a
genitori e bambini spazi di autonomia e “prove sicure” di reciproca separazione.
Si tratta dunque di micro-progetti ritagliati sulle precise necessità di adulti (quasi
sempre mamme) e bambini, che trascorrono insieme la gran parte della giornata,
e hanno la possibilità in questi luoghi di espandere il loro orizzonte relazionale
44

itagliando per sè piccoli spazi di indipendenza (l’adulto) e allentando il vincolo
della dipendenza fisica (i bambini).
È dunque una proposta educativo-pedagogica che non va confusa con il servizio
strutturato e organizzato sul piano istituzionale che coincide con gli Spazi Bambini,
l’altra tipologia di “servizio integrativo” oramai sempre più diffusa sul territorio
emiliano-romagnolo è caratterizzato – lo ricordiamo – proprio dall’affidamento al
personale educativo dei bambini di età compresa fra i 18 mesi e i 3 anni.
Dal Monitoraggio 2005 emerge che questo tipo di intervento educativo riguarda
alcuni Centri di 5 province: Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena e Reggio
Emilia (fig. 21). Risulta inoltre sostanzialmente confermato il dato 2003 con un
piccolo spostamento: Piacenza infatti perde l’unica esperienza, mentre Forlì-
Cesena passa da 0 a 1 attività. In termini percentuali, nel 2005 si registra una lieve
crescita determinata dalla presenza di questa attività in due nuovi Centri.
I laboratori, svolti da poco meno della metà dei servizi, costituiscono il secondo
tipo di attività più frequentemente proposta dai Centri per Bambini e Genitori.
Tale dato è di fatto in perfetta continuità con quanto rilevato nel 2003 dove su 131
servizi, ben 64 operavano in questa direzione. Nel 2005, sono proposti in tutte le
province ad esclusione di Rimini, ma paiono caratterizzare più alcune realtà di
altre, ed in particolare Ravenna (83%), Piacenza (71%) e Modena (61%).
Le attività autogestite da famiglie, rappresentano anch’esse una tipologia di proposta
marginale. Risultano infatti presenti in 15 Centri per Bambini e Genitori,
pari all’11,9% dell’insieme dei servizi della nostra regione.
Rispetto alla rilevazione effettuata nel 2003, occorre segnalare una variazione
sul parametro raccolto. Infatti, nel monitoraggio più recente non sono state considerate
(come invece era avvenuto in passato) le feste che potevano essere confuse
con quei momenti di attività svolti nell’ambito delle normali programmazioni
proprie della compresenza adulti-bambini. In questo modo il numero dei
Centri coinvolti in questa ristretta tipologia di attività, passano dai 63 del 2003
ai 15 del 2005.
Un’altra iniziativa che caratterizza i Centri per Bambini e Genitori sono i Corsi di
massaggio infantile. Rivolti a bambini nei primi mesi di vita, interessano circa un
quarto dei servizi monitorati e risultano in crescita rispetto al 2003, anno in cui
venivano offerti dal 20,6% dei 131 Centri per Bambini e Genitori.
Lo svolgimento del massaggio infantile presenta particolari complessità organizzative
(necessità di un ambiente riparato, confortevole e silenzioso), per cui la realizzazione
di questo intervento da parte di oltre un quarto dei Centri dimostra la
considerevole rilevanza che viene loro attribuita, rafforzando la tendenza già rilevata
nel 2003. Infatti, complessivamente questa attività registra nel 2005 una leggera
crescita. Tale andamento caratterizza fortemente alcune province: Bologna,
Ferrara, Parma. Di segno contrario invece, le province di Modena e Reggio Emilia
dove i Centri impegnati nel massaggio calano lievemente.
45

Rilevanti anche le Consulenze per genitori, che spaziano da quelle di carattere
educativo, a quelle legali, a quelle relative all’allattamento e ad altre ancora. Esse
sono offerte da 29 Centri, dunque dal 23% del complesso dei servizi considerati,
contro il 18% rilevato per l’anno 2003.
Leggermente più marginali, ma comunque anch’essi in crescita, risultano invece i
Corsi per genitori, realizzati da 21 Centri (16,7%, contro il 10,7% del 2003).
Complessivamente, tuttavia, occorre registrare positivamente la crescita di queste
attività, specificamente indirizzate alla componente adulta dell’utenza dei Centri
per Bambini e Genitori, che continua a soffrire, - lo ribadiamo ancora una volta –
nonostante la storia oramai sempre più consolidata di questi servizi, di un’attenzione
ancora troppo marginale, anche rispetto alle considerevoli potenzialità che
l’area della genitorialità consentirebbe di sviluppare.
Percentuali di adesione ancora molto basse si rilevano in merito alla diffusione
dello Spazio neutro: incontri protetti per minori allontanati dalle famiglie d’origine,
che si tengono negli spazi accoglienti dei Centri per Bambini e Genitori e che
permettono ai bambini e ai loro familiari di riprendere una comunicazione ed una
relazione interrotta.
In particolare, si tratta di minori separati dai genitori o che possono aver subito
traumi o violenze, bambini che stanno per rientrare in famiglia dopo un periodo
di allontanamento su indicazione dell’autorità giudiziaria. Gli incontri si svolgono
in presenza di un operatore sociale e avvengono nel massimo riserbo per
garantire a ciascuno la privacy dovuta. Lo Spazio Neutro, dunque, si presenta
come attività molto delicata e richiede spazi adeguati di cui non sempre i Centri
per Bambini e Genitori dispongono; attualmente viene infatti realizzata da altri
servizi meglio in grado di gestire una situazione così complessa.
Questa attività viene comunque svolta da 11 Centri, pari all’8,7% del totale, e
risulta perciò in crescita rispetto al dato del 2003, quando veniva offerta soltanto
dal 4,6% dei Centri. La troviamo segnalata in tre soli territori provinciali: Bologna,
Ferrara (come nel 2003) e Parma. Quest’ultima provincia non era presente
nel monitoraggio 2003, quando invece lo Spazio Neutro risultava praticato da 1
Centro per Bambini e Genitori di Piacenza che oggi sembra avere abbandonato
tale attività.
46

Capitolo 5
Il contesto demografico
Dopo aver sinteticamente studiato le principali caratteristiche dei 126 Centri per
Bambini e Genitori emiliano-romagnoli e dopo averle analizzate anche in chiave
diacronica, rispetto alla rilevazione 2003 e, laddove possibile, al 1999, con questo
quinto capitolo si vuole contestualizzare la presenza dei servizi di compresenza
adulti-bambini rispetto al proprio territorio di riferimento (regionale, provinciale e
comunale), con riferimento ad alcuni macro-indicatori relativi alla struttura della
popolazione residente e al grado di copertura garantita dai diversi servizi educativi.
La popolazione residente
La figura 26 mostra, per ogni provincia, la popolazione residente complessiva, quella
residente di età compresa fra 0 e 36 mesi e l’incidenza di quest’ultima sulla pri-
Figura 26 – Percentuale bambini 0-3 anni su totale popolazione residente. Dati provinciali
al 01/01/05
province
totale popolazione popolazione % 0-36 mesi su
residente 0-36 mesi totale popolazione
Bologna 944.279 24.597 2,6
Ferrara 349.777 7.133 2
Forlì-Cesena 371.272 9.942 2,7
Modena 659.858 18.807 2,9
Parma 413.182 10.457 2,5
Piacenza 273.705 6.666 2,4
Ravenna 365.367 9.185 2,5
Reggio Emilia 486.961 15.273 3,1
Rimini 286.934 7.954 2,8
totali regione 4.151.335 110.014 2,7
Fonte: Istat. Dati disponibili anche dal Rapporto Regione Emilia-Romagna, Crescere in Emilia-Romagna, Osservatorio
Infanzia e Adolescenza Regione Emilia-Romagna.
47

ma. Mediamente, a livello regionale, gli oltre 110.000 bambini di 0-36 mesi rappresentano
il 2,7% del totale della popolazione, con differenze rilevanti fra le diverse
realtà provinciali. È Ferrara la provincia in cui la prima infanzia ha l’incidenza percentuale
minore (2% del totale dei residenti), mentre, all’opposto è Reggio Emilia a
registrarne la più alta incidenza, con oltre il 3%, seguita da Rimini (con un 2,8%). In
valori assoluti, sono invece le province più popolose di Bologna e Modena a mostrare
il numero più elevato di bambini di età compresa fra 0 e 36 mesi, valori in linea,
appunto, con il maggior dimensionamento di queste due realtà provinciali.
Figura 26bis – Percentuale bambini 0-3 anni su totale popolazione residente.
Dati riferiti ai soli comuni capoluogo di provincia al 01/01/05
totale popolazione % 0-36 mesi
popolazione 0-36 mesi su totale
comuni residenti popolazione
capoluogo
Bologna 347.425 8.490 2,3
Ferrara 131.907 2.542 1,9
Forlì-Cesena (a) 204.993 5.326 2,6
Modena 180.110 4.868 2,7
Parma 174.471 4.378 2,5
Piacenza 99.150 2.406 2,4
Ravenna 146.989 3.735 2,5
Reggio Emilia 155.191 5.288 3,4
Rimini 134.700 3.564 2,6
totali regione 1.601.936 40.597 2,5
Fonte: Istat
(a) : per la provincia di Forlì-Cesena si sono considerati i Comuni di Forlì e di Cesena.
La figura 26bis presenta, poi, la medesima analisi in riferimento ai soli comuni
capoluogo di provincia, da cui emergono, in modo forse ancor più accentuato, differenze
fra i diversi territori già evidenziati a livello provinciale dalla figura 26.
Nel comune di Reggio Emilia l’incidenza della popolazione di età fino a 36 mesi
si attesta al 3,4% (contro il 3,1% registrato a livello provinciale), mentre per gli
altri capoluoghi il dato relativo alla città risulta inferiore rispetto a quello medio
provinciale; ciò si verifica anche nel caso di Ferrara, dove l’incidenza della popolazione
di età compresa fra 0 e 2 anni si riduce, per il solo capoluogo, all’1,9% del
totale della popolazione residente.
Le differenze fra province e, per ogni contesto, fra provincia e comune capoluogo,
sono quindi ben riassunte dagli istogrammi della figura 27.
48

Figura 27 – Incidenza della popolazione 0-36 mesi sul totale della popolazione
per provincia e comune capoluogo. Dati al 01/01/05
Con la tabella successiva (fig. 28) si approfondisce ulteriormente lo studio, estendendo
l’analisi a tutti i comuni dell’Emilia-Romagna sede di almeno un Centro
per Bambini e Genitori.
Per ciascun comune, viene indicata la popolazione residente totale, quella di età
compresa fra gli 0 e i 36 mesi e la relativa incidenza percentuale sul totale della
popolazione, oltre che il tasso di copertura dei Centri per Bambini e Genitori e dei
Nidi d’infanzia rispetto al target di utenza potenziale (0-36 mesi). Si evidenziano
così situazioni assai diversificate fra province ma anche fra comuni di una stessa
provincia, sia in merito al tasso di copertura dei Nidi d’infanzia che dei Centri per
Bambini e Genitori.
Figura 28 – Percentuale popolazione 0-36 mesi su totale popolazione residente per
i comuni sede di almeno un Centro per Bambini e Genitori. Dati 2005
Comuni
totale
popolazione
residente
popolazione
0-36 mesi
incidenza
popolazione
0-36 mesi
copertura
Centri per
Bambini e
Genitori
copertura
Nidi a
Provincia di Bologna
Anzola dell’Emilia 11.128 339 3,0 - 27,1
Argelato 9.317 313 3,4 11,5 39,0
49

Bologna 374.425 8.490 2,3 21,4 34,1
Calderara di Reno 12.351 390 3,2 31,3 33,0
Casalecchio di Reno 34.451 921 2,7 - 28,0
Castel Maggiore 16.478 438 2,7 5,0 30,3
Castel San Pietro Terme 19.654 475 2,4 33,3 35,0
Castello d’Argile 5.520 189 3,4 20,1 22,8
Castello di Serravalle 4.400 163 3,7 12,3 16,3
Castenaso 13.704 359 2,6 12,5 35,3
Crevalcore 12.527 326 2,6 9,2 19,1
Granarolo dell’Emilia 9.008 272 3,0 11,4 36,1
Imola 66.170 1.673 2,5 9,9 29,8
Minerbio 8.249 250 3,0 8,4 18,4
Ozzano dell’Emilia 11.194 341 3,0 3,2 28,5
Pianoro 16.591 449 2,7 15,6 24,7
Pieve di Cento 6.804 177 2,6 20,9 24,6
Sala Bolognese 7.082 233 3,3 14,6 24,9
San Giorgio di Piano 6.681 208 3,1 14,4 29,8
San Giovanni in Persiceto 24.790 689 2,8 10,2 35,3
San Lazzaro di Savena 30.045 768 2,6 0,0 31,4
Sasso Marconi 14.273 432 3,0 9,3 26,1
Zola Predosa 16.446 455 2,8 12,1 32,5
Provincia di Ferrara
Argenta 21.971 423 1,9 6,4 11,8
Cento 31.475 895 2,8 7,8 20,8
Comacchio 22.285 533 2,4 17,8 5,6
Ferrara 131.907 2.542 1,9 19,2 39,4
Lagosanto 4.480 89 2,0 50,6 0,0
Provincia di Forlì-Cesena
Bertinoro 9.501 270 2,8 4,4 16,3
Castrocaro Terme 6.303 176 2,8 7,4 25
Cesena 96.498 2.407 2,6 1,9 22,9
Civitella di Romagna 3.808 102 2,7 5,9 13,3
Forlimpopoli 11.994 293 2,4 9,2 25,8
Galeata 2.477 69 2,8 8,7 11,6
Meldola 9.686 263 2,7 7,6 23,1
50

Santa Sofia 4.223 99 2,3 11,1 17,2
Savignano sul Rubicone 15.952 535 3,4 5,6 11,4
Provincia di Modena
Carpi 63.766 1.689 2,6 17,8 30,1
Castelfranco - - - - -
Emilia 27.324 927 3,4 6,5 23,8
Castelnuovo R. 12.724 421 3,3 7,1 22,3
Finale Emilia 15.354 397 2,6 3,0 24,2
Fiorano Modenese 16.433 458 2,8 16,6 21,8
Formigine 30.893 957 3,1 6,2 26,7
Lama Mocogno 3.004 60 2,0 16,7 0,0
Maranello 16.216 477 2,9 13,6 22,00
Marano sul Panaro 3.870 92 2,4 17,4 23,9
Mirandola 22.817 596 2,6 2,5 22,2
Modena 180.110 4.868 2,7 2,5 33,0
Montefiorino 2.336 48 2,1 33,3 0,0
Pavullo 16.083 531 3,3 5,3 13,4
San Cesario sul Panaro 5.608 152 2,7 15,8 32,2
Sassuolo 41.746 1.157 2,8 6,8 27,6
Savignano sul Panaro 8.746 246 2,8 17,1 20,0
Spilmberto 11.376 305 2,7 5,9 23,0
Vignola 22.351 639 2,9 7,4 31,5
Provincia di Parma
Collecchio 12.309 298 2,4 13,8 26,9
Felino 7.573 203 2,7 9,9 34,0
Fidenza 23.957 537 2,2 5,4 14,2
Fornovo di Taro 6.065 155 2,6 9,7 29,7
Parma 174.471 4.378 2,5 4,2 25,5
Salsomaggiore 19.328 512 2,6 2,9 22,2
Sorbolo 9.211 293 3,2 5,1 16,7
Torrile 6.693 219 3,3 10,5 19,2
Provincia di Piacenza
Calendasco 2.380 49 2,1 98,0 9,3
Castel San Giovanni 12.651 311 2,5 8,0 15,1
Fiorenzuola d’Arda 13.845 322 2,3 10,6 9,9
51

Piacenza 99.150 2.406 2,4 4,2 28,9
Provincia di Ravenna
Alfonsile 11.739 251 2,1 35,1 41,0
Bagnacavallo 16.169 329 2,0 8,5 34,7
Cervia 26.858 662 2,5 10,7 12,0
Faenza 54.749 1.471 2,7 3,1 20,4
Lugo 31.927 780 2,4 5,8 31,5
Massa Lombarda 9.065 247 2,7 7,3 33,3
Ravenna 146.989 3.735 2,5 5,5 25,8
Provincia di Reggio Emilia
Canossa 3.525 99 2,8 30,3 11,1
Casalgrande 15.933 534 3,4 3,2 23,8
Castellarano 13.407 503 3,8 6,0 15,3
Castelnovo ne’ Monti 10.466 267 2,6 7,5 18,7
Cavriago 9.229 248 2,7 14,9 30,7
Correggio 21.953 661 3,0 3,5 35,4
Reggio Emilia 155.191 5.288 3,4 3,3 31,7
Rubiera 13.041 481 3,7 8,1 26,1
Provincia di Rimini
Bellaria Igea Marina 16.956 577 3,4 7,8 14,1
Cattolica 16.013 411 2,6 8,3 19,5
Poggio Berni 3.078 97 3,2 49,5 20,6
Rimini 134.700 3.564 2,6 1,1 16,3
Verrucchio 9.365 337 3,6 8,6 15,7
Fonte: Istat
Note: in grassetto i Comuni capoluogo di provincia.
a : Il dato, presentato per i soli comuni sede di CBG al centro dell’analisi, si riferisce all’anno scolastico 2004/05 (da
Osservatorio Infanzia e Adolescenza Regione Emilia-Romagna). Non tutti i dati relativi ai nidi di infanzia presentati nel
presente Report sono disponibili per l’a.s. 2004/05, per cui, in alcune circostanze, si fa riferimento all’a.s. 2003/04.
Al di là delle variazioni interprovinciali ed intraprovinciali, si è poi proceduto al confronto,
comune per comune, fra l’andamento dei due tassi di copertura (tasso di copertura
dei Nidi e dei Centri per Bambini e Genitori), al fine di verificare se e in quale direzione
essi siano correlati 7 .
7 Per esplorare questa relazione, si è proceduto al calcolo del coefficiente di correlazione r di
Pearson che risulta pari a – 0,19. Si ricorda che questo coefficiente, rapportando la codevianza di
52

Il valore assunto dal coefficiente è pari a – 0,19 e, in quanto negativo, indica una
relazione inversa, anche se piuttosto debole fra le due variabili considerate. Ciò
significa che i Centri per Bambini e Genitori garantiscono alla fascia di riferimento
0 – 36 mesi un grado di copertura più elevato laddove minore è la copertura
assicurata dai Nidi d’infanzia e viceversa. È interessante notare, inoltre, che
se si escludono i nove comuni capoluogo di provincia il valore dell’indice (e dunque
la direzione e la forza delle relazione) sostanzialmente non cambia (– 0,20);
la tendenza si rafforza, seppur minimamente, se si escludono dall’analisi anche i
Comuni con oltre 50.000 abitanti (Carpi, Faenza, Imola).
La distribuzione dei Nidi d’infanzia
Sempre al fine di contestualizzare l’attività dei Centri per Bambini e Genitori, è
sembrato poi interessante approfondire in parallelo la realtà regionale dei Nidi
d’infanzia.
La figura 29 mostra che sul territorio regionale operano in totale 730 nidi, fra pubblici,
privati, a gestione diretta o indiretta, coinvolgendo oltre 26 mila bambini
iscritti.
Rispetto al target di riferimento – costituito dalla popolazione di età compresa fra
i 0 e i 36 mesi – si registra mediamente, a livello regionale, un tasso di copertura
del 24%, valore medio dietro al quale si celano evidentemente situazioni assai
diversificate da provincia a provincia.
Nello specifico, il più alto grado di copertura a livello provinciale si registra a
Bologna, con oltre il 28%; valori al di sopra della media regionale si rilevano
anche a Ravenna (26,3%), Ferrara con quasi il 26%, Modena e Reggio Emilia
(entrambe al di sopra del 25%). Altre province, come Forlì-Cesena (meno del
21%), Parma (19,6%) e, soprattutto, Piacenza e Rimini (rispettivamente 16,9% e
16%) mostrano valori di copertura considerevolmente al di sotto della media
regionale.
due variabili X e Y con la media geometrica delle due variabili X e Y, indica, di fatto, come evidenziato
da Marradi, “quanto le due variabili variano insieme rispetto a quanto ciascuna varia per
conto suo” (cfr. A. Marradi, Concetti e metodi per la ricerca sociale, Firenze, Giuntina, 1980). Esso
varia tra + 1, in caso di perfetta correlazione positiva e – 1, in caso di perfetta correlazione negativa.
Dunque, mentre il segno positivo o negativo indica la proporzionalità diretta o indiretta della
relazione tra le due variabili, il valore numerico del coefficiente ne stima la forza, tanto più debole
quanto più il valore è prossimo a 0 e tanto più forte quanto più si avvicina a + 1 o – 1.
53

Figura 29 – Nidi d’infanzia (pubblici e privati, a gestione diretta e indiretta), bambini
iscritti e rapporto con bacino di utenza potenziale. Dati a.s. 2004/05
province
Nidi popopolazione bambini % iscritti su
a.s. 2004-05 a 0-36 mesi b iscritti popolazione
a.s. 2004-05 di riferimento
Bologna 181 24.540 7.001 28,5
Ferrara 62 7.147 1.849 25,9
Forlì-Cesena 72 9.961 2.082 20,9
Modena 127 18.847 4.728 25,1
Parma 51 10.459 2.052 19,6
Piacenza 37 6.652 1.122 16,9
Ravenna 72 9.189 2.413 26,3
Reggio Emilia 100 15.504 3.925 25,3
Rimini 28 8.011 1.284 16,0
totali regione 730 110.310 24.456 24,0
Note:
a : Nel numero di Nidi d’infanzia sono compresi i micro-nidi e le sezioni aggregate.
b : La popolazione 0-36 mesi è relativa all’intero territorio provinciale e considera tuttii Comuni, anche quelli in cui
non vi sono Nidi.
Fonte: Istat e Rapporto Osservatorio Infanzia e Adolescenza Regione Emilia-Romagna, Crescere in Emilia-Romagna
– Primo Rapporto sui servizi e sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza. Anno 2005, Edizioni Junior, Azzano
San Paolo (Bg), 2005.
Il tasso di copertura dei Centri per Bambini e Genitori
Con la successiva figura 30 si passa ora ad analizzare il tasso di copertura rispetto
alla popolazione di riferimento (bambini 0-36 mesi) dei Centri per Bambini e
Genitori.
A livello regionale, il tasso di copertura appare indubbiamente consistente, appena
al di sotto del 6%. Rispetto a questo valore medio complessivo, si registra una
notevole variazione a livello provinciale; infatti, si va dall’11,6% per la provincia
di Bologna, al 10,1% di Ferrara, fino a valori percentuali compresi fra il 3 e
l’1,7% per i territori di Rimini, Reggio Emilia e Forlì-Cesena.
Se si procede alla medesima analisi prendendo in considerazione i soli comuni
capoluogo di provincia (fig. 31), si osserva, a livello regionale, un “tasso di copertura”
sensibilmente più elevato, 7,7% contro il 5,8% rilevato a livello provinciale,
ma si rilevano anche più marcate differenze da un territorio all’altro: nei comuni
di Bologna e Ferrara (realtà che già a livello provinciale presentavano tassi considerevolmente
più elevati rispetto alla media regionale) si registrano valori percentuali
intorno o addirittura superiori al 20%, mentre altri capoluoghi, come
54

Figura 30 – Numero Centri per Bambini e Genitori, numero bambini frequentanti
e rapporto con popolazione 0-36 di riferimento. Dati 2005
province
Centri per popolazione famiglie % su
Bambini e 0-36 mesi iscritte popolazione
Genitori 2005 a 0-36
Bologna 37 24.540 2.856 11,6
Ferrara 7 7.147 725 10,1
Forlì-Cesena 10 9.961 170 1,7
Modena 23 18.847 1.017 5,4
Parma 14 10.459 343 3,3
Piacenza 7 6.652 209 3,1
Ravenna 12 9.189 502 5,5
Reggio Emilia 11 15.504 334 2,2
Rimini 5 8.011 196 2,4
totali regione 126 110.310 6.352 5,8
Note:
a : Il dato si riferisce al numero di famiglie frequentanti le attività di compresenza bambini e genitori.
Fonte: Gift – Unità di Documentazione Comune di Ferrara e, per la popolazione residente di 0-36 mesi e, per la
popolazione residente, Istat.
Forlì-Cesena e Rimini (che già mostravano percentuali piuttosto basse a livello
provinciale) si attestano a livello comunale intorno all’1%. Va poi evidenziato che
in altri casi, come a Parma e Piacenza, il dato di copertura comunale è comunque
sensibilmente più elevato di quello registrato a livello provinciale.
L’andamento dei due differenti tassi, provinciale e comunale del capoluogo, è evidenziato
anche con l’aiuto della figura 32 da cui emergono in tutta evidenza le differenze
sia interprovinciali sia intraprovinciali.
Infatti, si notano chiaramente i tassi di copertura particolarmente elevati registrati
per la provincia di Ferrara e di Bologna rispetto alle altre realtà provincia, ma
si evidenzia anche come questi maggiori tassi siano determinati principalmente
dal dato riferito ai comuni capoluogo.
Ciò è vero, come documentato in dettaglio dall’elenco della figura 28, soprattutto
con riferimento alla provincia di Ferrara, nella quale si registra per il capoluogo
un tasso di copertura decisamente più elevato di quello che si registra per gli
altri comuni (a parte Lagosanto).
Per Bologna, invece, il dato riferito al capoluogo è in linea, e talvolta anche inferiore,
a quello di alcuni altri comuni, sia della collina sia della pianura bolognese.
55

Figura 31 – Numero Centri per Bambini e Genitori, numero bambini frequentanti
e rapporto con popolazione 0-36 di riferimento. Comuni capoluogo. Dati 2005
capoluogo
numero Centri popolazione numero % su
Bambini e 0-36 mesi famiglie iscritte popolazione
Genitori nel 2005 a 0-36 mesi
Bologna 10 8.490 1.821 21,4
Ferrara 3 2.542 488 19,2
Forlì-Cesena 2 5.326 45 0,8
Modena 3 4.868 120 2,5
Parma 7 4.378 185 4,2
Piacenza 3 2.406 102 4,2
Ravenna 5 3.735 207 5,5
Reggio Emilia 4 5.288 138 2,6
Rimini 1 3.564 40 1,1
totali regione 38 40.597 3.146 7,7
Note:
a : il dato si riferisce al numero di famiglie frequentanti le attività di compresenza bambini e genitori.
Fonte: Gift – Unità di Documentazione Comune di Ferrara e, per la popolazione residente di 0-36 mesi, Istat.
Figura 32 – Percentuale di famiglie frequentanti Centri per Bambini e Genitori su
popolazione 0-36 mesi per comune capoluogo e per provincia. Dati 2005
56

Il confronto tra disponibilità di Nidi d’infanzia e Centri per Bambini e Genitori
Altrettanto interessante risulta poi procedere al confronto fra il grado di copertura
che si è registrato per i Nidi d’infanzia nell’a.s 2004/05 e quello relativo ai Centri
per Bambini e Genitori rilevato alla fine del 2005.
I risultati di tale comparazione, con riferimento ai dati aggregati su base provinciale,
sono rappresentati dal grafico a radar di figura 33. In esso si evidenzia come il
tasso di copertura registrato per i nidi di infanzia sia assai superiore rispetto a quello
dei Centri per Bambini e Genitori in tutte le nove province emiliano-romagnole.
In secondo luogo, si osserva che è la provincia di Bologna a mostrare il più alto
tasso percentuale per entrambi i servizi, anche se si nota come non sempre, a livello
provinciale, queste due dimensioni siano direttamente correlate, cioè come non
sempre procedano di pari passo. Questo aspetto è particolarmente evidente per la
provincia di Reggio Emilia che registra il terzo più alto tasso di copertura per i
Nidi d’infanzia ed uno dei più bassi tassi relativamente ai Centri per Bambini e
Genitori. Allo stesso modo, per la provincia di Modena si registra il quarto miglior
tasso di copertura relativo ai nidi e una copertura relativa ai Centri per Bambini e
Genitori inferiore a quella mediamente rilevata a livello regionale. Il territorio ferrarese
presenta, dopo Bologna, il più elevato tasso di copertura per i Centri per
Bambini e Genitori, mentre, relativamente ai nidi di infanzia, si colloca in terza
posizione e comunque sopra la media regionale. Da evidenziare, infine, la provincia
di Ravenna che si colloca al secondo posto come tasso di copertura dei nidi
e al terzo posto per quanto concerne i Centri per Bambini e Genitori.
Figura 33 – Tasso di
copertura rispetto al
target potenziale
(popolazione 0-36 mesi)
dei Centri per Bambini e
Genitori e dei Nidi
d’infanzia su base
provinciale. Dati 2005
Note:
Il dato relativo ai Nidi d’infanzia si riferisce all’a.s. 2004/05.
57

Con la figura 33bis si presenta la medesima analisi in riferimento, però, ai soli
comuni capoluogo di provincia.
Le principali evidenze, emerse dall’analisi per provincia, risultano in questa sede
confermate: i tassi di copertura relativi ai nidi sono tutti sistematicamente più elevati
di quelli registrati per i Centri per Bambini e Genitori. Anzi, considerando i
soli capoluoghi, le distanze sembrano ampliarsi.
Se si confrontano i dati provincia per provincia, si notano, in realtà, tassi più elevati,
sia relativamente ai Centri per Bambini e Genitori che ai nidi, a livello di
comune capoluogo piuttosto che di provincia. Questo è vero per tutte le province,
ed in particolare per quella di Ferrara, e ad esclusione di Rimini e Modena che,
invece, presentano tassi più elevati per i Centri per Bambini e Genitori a livello di
provincia, come già evidenziato anche in figura 28.
Figura 33bis – Tasso di
copertura rispetto al target
potenziale (popolazione
0-36 mesi) dei Centri per
Bambini e Genitori e dei
Nidi d’infanzia nei soli
Comuni capoluogo.
Dati 2005
Per quanto concerne i soli Nidi d’infanzia, invece, è Ravenna a presentare un tasso
di copertura leggermente più elevato a livello provinciale 26,3% a fronte del
25,8% che si registra per il comune capoluogo. Procedendo alla comparazione fra
le diverse città capoluogo, si osserva, poi, che anche in questo caso è Bologna a
presentare il tasso di copertura più elevato in riferimento ai Centri per Bambini e
Genitori, ma, per quanto concerne i Nidi d’infanzia risulta al secondo posto e non
più al primo, superata da Ferrara che, a sua volta, presenta il secondo più elevato
tasso di copertura relativamente proprio ai Centri per Bambini e Genitori.
Segue, per ciò che riguarda i soli Nidi d’infanzia, Reggio Emilia che, tuttavia,
come già si rilevava a livello provinciale, mostra un tasso di copertura dei Centri
per Bambini e Genitori non particolarmente elevato.
58

Capitolo 6
Individuazione di alcuni profili
di Centri per Bambini e Genitori
Il quadro dei Centri per Bambini e Genitori, così come emerge dai dati raccolti
nell’ambito del Monitoraggio 2005, mostra un’insieme di servizi che pur lavorando
con le medesime finalità istituzionali e avendo comuni riferimenti normativi,
lascia trasparire consistenti differenze sia sul piano dell’organizzazione strutturale
sia su quello delle scelte tecniche più strettamente operative.
Tali differenze, che riguardano a seconda dei casi le tipologie delle sedi a disposizione,
le modalità gestionali, la quantità di risorse umane impiegate nel servizio, ma
anche l’offerta alle famiglie in termini di ore di apertura del Centro, così come le
attività educative poste in essere, sono naturalmente il risultato di molti fattori che
hanno interagito nel tempo con la storia di questi servizi. Non è questa la sede per
esplorare le tante ragioni che potrebbero spiegare tale risultato. Tuttavia, tra quelle,
occorre almeno richiamare l’apporto e l’orientamento culturale dell’ente Regione
che negli ultimi decenni, senza soluzione di continuità, ha promosso e sostenuto
anche sul piano finanziario tali esperienze, senza con ciò imporre modelli normativi
troppo definiti e rigidi, favorendo nel concreto l’emergere di una pluralità di esperienze
che sono cresciute a contatto diretto con i territori e le loro esigenze.
Dunque, non sorprende che così come già registrato dalle pregresse azioni di monitoraggio,
ancora una volta il panorama regionale composto dai 126 servizi rilevati
si caratterizzi per un insieme di realtà che anche a prima vista appaiono, a volte
discretamente a volte in modo ben più consistente, di fatto eterogenee tra loro.
Alla luce di quanto detto, ci è parso interessante provare a entrare tra le pieghe di
questa realtà sfaccettata, per tentare di individuare delle possibili “costanti” che ci
consentano di aggregare intorno ad alcuni elementi strutturali comuni, gruppi omogenei
di servizi, con lo scopo di definirne meglio i differenti profili, e di enucleare
i principali tratti identitari. Per fare ciò, abbiamo ritenuto utile cominciare ad incrociare
tra loro alcune variabili strutturali di chiara e inequivocabile importanza ai fini
di una prima configurazione del servizio offerto ai bambini e ai loro genitori, quali
la disponibilità di risorse umane e la quantità di ore di apertura dei Centri.
La figura 34 rende conto di tale incrocio: sull’asse delle ascisse (X) si è posto il
numero degli operatori 8 appartenenti al gruppo stabile di lavoro di ciascun Centro;
sull’asse delle ordinate (Y), il numero di ore di apertura settimanale.
8 Per permettere di considerare contemporaneamente il numero di operatori dell’équipe stabile e il
numero di ore lavorative di ciascuno di questi, si è deciso di ponderare il numero di operatori di ciascun
Centro per Bambini e Genitori per il numero ore lavorative, facendo “pesare” la metà (cioè
moltiplicando per 0,5) tutti gli operatori che lavorano per meno di 24 ore.
59

Figura 34 – Centri per Bambini e Genitori per ore di apertura settimanali e personale
dell’équipe stabile. Dati 2005
N = 123 CBG
NB: nella figura il totale dei punti che simbolizzano i Centri sono inferiori al numero complessivo dei servizi monitorati,
perchè molti di questi, presentando identici profili dal punto di vista delle variabili qui considerate, si dispongono
sul piano nella medesima posizione e dunque sovrapposti gli uni agli altri risultando perciò “ invisibili”.
Dal grafico (fig. 34) emerge come si distribuiscono i Centri per Bambini e Genitori
dell’Emilia-Romagna sulla base delle due variabili considerate.
Il piano cartesiano risulta così suddiviso in quattro quadranti:
– nel primo quadrante (X1), nel quale si concentra il più alto numero di Centri
per Bambini e Genitori 9 , si trovano servizi che hanno un équipe stabile costituita
da un numero di operatori mai maggiore di due ma anche un orario di
apertura settimanale non particolarmente consistente e comunque inferiore alle
10 ore settimanali;
– il secondo quadrante (X2), anche questo numericamente assai rilevante, raggruppa
quei Centri che, pur con una struttura piuttosto “esile” (al massimo 2
operatori a tempo pieno), riescono a garantire un’apertura settimanale piuttosto
elevata, in 3 casi superiore alle 30 ore settimanali;
– nel terzo quadrante in basso a destra (X3), invece, si individua un grappolo
numericamente piuttosto contenuto di Centri per Bambini e Genitori 10 che, pur
con una dotazione di personale medio-elevato (compreso fra 3 e 8), presenta un
orario di apertura settimanale limitato, inferiore alle 10 ore/settimana;
– nel quarto (X4), in alto a destra, si trovano quei Centri che presentano sia un
numero consistente di operatori (compreso fra 3 e 8) sia una media di ore di apertura
settimanale superiore a 9 ore e comunque compresa fra le 11 e le 42 ore.
9 Per la distribuzione di frequenza dei Centri rispetto a queste due dimensioni, si rimanda anche alla
figura 36, da cui si evince come questa “categoria” di Centri per Bambini e Genitori raccolga quasi
la metà del campione.
10 Cfr. fig. 36.
60

Quattro differenti profili di servizio
Considerando le due dimensioni studiate, e ripercorrendo la ripartizione del piano cartesiano
presente nella figura 34, si ottiene una tipologizzazione dei Centri per Bambini
e Genitori che individua dunque quattro differenti possibili profili di servizio.
Il primo e l’ultimo, sono caratterizzati da un sostanziale equilibrio e coerenza tra
le dimensioni delle due variabili: entrambe di ridotte dimensioni nel caso della
tipologia X1 e, viceversa, entrambe di valore elevato nel caso del profilo X4.
Di contro, X2 ed X3 designano profili di servizio decisamente meno uniformi e,
a prima vista almeno, decisamente meno equilibrati, in ogni caso corrispondenti
a scelte organizzative da approfondire. Tali scelte sembrano privilegiare, in un
caso (X2) la crescita del numero di ore di apertura al pubblico, nell’altro (X3)
un’elevata dotazione di risorse umane e professionali.
Dare un nome, anche se soltanto provvisorio, a ciascuna di queste quattro differenti
tipologie di servizio, ci sembra d’aiuto nel tentativo di approfondire l’analisi organizzativa
di questi servizi (che naturalmente è uno degli obiettivi del monitoraggio effettuato)
e nel cercare di comprendere le diverse scelte operate nella costruzione dei servizi
di compresenza per adulti e bambini in Emilia-Romagna. In ragione di ciò proviamo
a “nominare” ciascun gruppo delineatosi nella figura 34 nel modo seguente.
Nel gruppo X1 sono compresi i Centri per Bambini e Genitori riconoscibili, come
abbiamo visto, per una ridotta presenza di personale e un numero decisamente
limitato di ore di apertura al pubblico. Si tratta di servizi sostanzialmente equilibrati,
dal peso organizzativo di fatto “leggero”, la cui “esilità” strutturale può
essere letta come una potenziale capacità di presentarsi più flessibili ai bisogni
delle famiglie e al contempo alle esigenze di integrazione tra servizi, così come
auspicano le direttive regionali promulgate in materia. Per tali ragioni, possiamo
sottolinearne il peculiare assetto “ad organizzazione leggera”.
In X2 si raccolgono quei Centri per Bambini e Genitori che, pur disponendo di
una dotazione decisamente limitata di personale, scelgono di aprire molte ore il
servizio alle famiglie, configurando con ciò una tipologia che più delle altre appare
“a sviluppo orizzontale”, volendo cogliere con questo nome il senso di un’attenzione
che si sviluppa più nella direzione di dare valore all’estensione, anche in
termini di quantità, del servizio offerto.
I Centri per Bambini e Genitori che costituiscono il piccolo gruppo X3 sembrano
andare in una direzione almeno apparentemente diversa. Il ragionamento fatto per
il precedente raggruppamento sembra rovesciarsi: infatti, pur in presenza di una
buona disponibilità di risorse umane questi servizi stanno aperti poche ore la settimana,
e sembrano significare un investimento “a sviluppo verticale” che si concentra
maggiormente e in modo più impegnativo sul lavoro di relazione, il quale
richiede maggiori “affondi” nell’ambito educativo e di gestione della comunicazione
sia con i bambini sia con gli adulti.
61

Infine, nel raggruppamento X4 si trovano i Centri per Bambini e Genitori che riuniscono
gli aspetti precedentemente considerati: si caratterizzano infatti per molte
ore di apertura e per un numero elevato di operatori, disegnando così i contorni
di un servizio “ad organizzazione complessa”, entro il quale possono trovare
una risposta più articolata in termini di sostegno e supporto educativo i diversi
bisogni di cui bambini e genitori sono portavoce.
Un’ulteriore schematizzazione dei quattro profili che abbiamo cercato di definire
sulla base delle due variabili considerate, è fornita dalla figura 35.
Figura 35 – Tipologia dei Centri per Bambini e Genitori per numero ore di apertura
settimanale e personale dell’équipe stabile. Dati 2005
Personale stabile
FINO A 2 OPERATORI
Personale stabile
OLTRE 2 OPERATORI
apertura settimanale “AD ORGANIZZAZIONE “A SVILUPPO VERTICALE”
FINO A 9 ORE
LEGGERA”
apertura settimanale “A SVILUPPO ORIZZONTALE” “AD ORGANIZZAZIONE
OLTRE 9 ORE
COMPLESSA”
Osservando ora la distribuzione quantitativa dei Centri per Bambini e Genitori in base
ai 4 profili proposti, osserviamo (fig. 36) come quasi la metà di essi, il 48%, sia compresa
nella categoria che abbiamo visto possedere i tratti organizzativi più “leggeri”.
Subito a seguire, con un 29,3 %, il gruppo numericamente più importante, è quello
definito “orizzontale” che differisce dal precedente solo per una quota mag-
Figura 36 – Distribuzione percentuale delle quattro tipologie di Centri per Bambini
e Genitori. Dati 2005
tipologie organizzative totali %
X1 “ad organizzazione leggera” 60 48,8
X2 “a sviluppo orizzontale” 36 29,3
X3 “a sviluppo verticale” 10 8,1
X4 “ad organizzazione complessa” 17 13,8
totale Centri per Bambini e Genitori 123 100,00
N.B. poiché di 3 Centri non è disponibile il dato sull’apertura e/o quello sul personale stabile, le analisi effettuate in
questo capitolo del Report saranno sempre riferite a 123 Centri per Bambini e Genitori anziché ai 126 che
costituiscono l’intero universo dei servizi monitorati
62

giore di ore di apertura settimanale, a fronte – come abbiamo visto – di una medesima
dotazione di personale umano. Ciò significa che anche queste esperienze si
basano su una struttura organizzativa di fatto “minimale” come la tipologia precedente,
ma “interpretano” la loro mission in una prospettiva lievemente diversa,
dando più spazio ai momenti di servizio diretto con le famiglie.
Tuttavia, se mettiamo per un momento in secondo piano questo differente “esito”,
e concentriamo l’analisi sugli aspetti strettamente organizzativi dal punto di vista
delle risorse umane (che sono un capitolo davvero molto importante nelle politiche
di sviluppo dei servizi), vediamo come sommando questi due gruppi si ottenga
un risultato inequivocabile: quasi l’80% di queste esperienze si regge su “équipe
di lavoro” costituite al massimo da due operatori, ma non di rado l’esperienza
ruota anche solo intorno ad un’unica figura professionale. Questo rapporto si
inverte e le risorse umane rappresentano una voce organizzativa più rilevante,
invece, nei due profili “verticale” e “complesso”, che raccolgono il 20% del panorama
regionale e si delineano perciò come un’esperienza decentrata ma – e lo si
potrà cogliere da successive analisi su aspetti qualitativi del servizio – di sicuro
interesse per la loro spiccata identità istituzionale.
Questo dati sono ancora una volta in sostanziale continuità con quanto aveva già registrato
in modo chiaro il Monitoraggio 2003: un deciso consolidarsi, quando non un
tendenziale aumento, nel campo dei servizi integrativi, del modello a più basso impatto
organizzativo e l’attestarsi in una nicchia di specializzazione di una tipologia di
Centri, che sviluppando un’organizzazione più complessa e strutturata sono probabilmente
in grado di lavorare più a tutto tondo sulle diverse tematiche connesse al mondo
della relazione genitori-figli nella primissima fase di crescita dei bambini.
L’ampiezza delle sedi
Figura 37 – Distribuzione di Centri per Bambini e Genitori per ampiezza sede. Dati
2005 (in percentuale)
tipologie organizzative
ampiezza sede
fino a 101-200 mq oltre %
100 mq 200 mq
totale Centri
“ad organizzazione leggera” 41,7 33,3 25,0 100 60
“a sviluppo orizzontale” 33,3 36,1 30,6 100 36
“a sviluppo verticale” 20,0 50,0 30,0 100 10
“ad organizzazione complessa” 0,0 23,5 76,5 100 17
Regione Emilia-Romagna 31,7 34,1 34,1 100 123
63

Un ragionamento analogo a quello appena svolto, può essere sviluppato sulla base
dei dati raccolti a proposito della dimensione delle sedi utilizzate per la realizzazione
di questi servizi. La dimensione di un ambiente, soprattutto se valutato semplicemente
dal punto di vista della sua ampiezza è un indicatore in certa misura
“debole”, poiché la strutturazione degli spazi può consentire soluzioni abitative ad
alta specializzazione e dunque anche in grado di ampliare, in termini funzionali,
un luogo al contrario non abbastanza godibile.
Tuttavia, fatte le dovute eccezioni, la disponibilità di spazi rappresenta da sempre
una risorsa importante, spesso di difficile reperimento, e la sua destinazione una
ragione di investimento, da parte degli enti locali, non casuale. Inoltre, va da sè
che la possibilità di svolgere attività con genitori e bambini trova nella disponibilità
di ambienti un’immediata risposta positiva o un insormontabile impedimento
ad esse, a maggior ragione per esperienze che come queste tendono a concentrarsi
in ristrette fasce temporali o a lavorare, almeno potenzialmente, con gruppi
numerosi di persone. Per questo, il sistema di lettura dei dati della ricerca attribuisce
alla dimensione della sede un valore importante nel valutare la consistenza,
la stabilità e la forza di un Centro per Bambini e Genitori anche se – è indispensabile
riconoscerlo – non è possibile stabilire una relazione diretta in quanto
la storia di una sede è un’informazione troppo complessa per i molti fattori che
possono averla determinata, e perciò non può essere ridotta ad una elementare
equivalenza.
Tuttavia, avendo l’attenzione di interpretare questo aspetto con tutti i distinguo
del caso, possiamo comunque osservare come i dati raccolti, e sintetizzati nella
fig. 37, lascino emergere alcune tendenze di fondo sufficientemente esplicite.
La prima: i Centri a più basso impatto organizzativo (gruppi “leggeri” e “orizzontali”)
si distribuiscono piuttosto uniformemente sui tre tipi di sede, dunque
anche su spazi relativamente ristretti come possono essere quelli compresi entro i
100 mq.
Invece, al contrario le esperienze organizzativamente più articolate e strutturate
(gruppi “verticali”e “complessi”) cominciano ad avere una presenza significativa
soltanto a partire dalla dimensione mediana, e in particolare per la tipologia “complessa”
occorre notare come i 2/3 di esse dispongano di ambienti di lavoro di
accertata ampiezza.
Sede condivisa o autonoma
Il tema della condivisione della sede è un aspetto assai importante per questa tipologia
di servizi, spesso cresciuti per “gemmazione” dai più tradizionale servizi
educativi per l’infanzia, quali nidi e scuole dell’infanzia.
Negli anni passati gli enti locali hanno sostenuto scelte politiche che andavano
nella direzione di diversificare le opportunità educative indirizzate a bambini, a
partire dalle eccellenze già conseguite nel campo dei servizi più consolidati, puntando
ad ottimizzare le risorse presenti sul territorio – dunque spazi e capacità
64

professionali – in direzione di una sempre più articolata e “individualizzata”
risposta ai nuovi bisogni di crescita dei bambini e alle nuove esigenze organizzative
delle famiglie.
In ragione di ciò, molte nuove esperienze – che molti anni più tardi sarebbero entrate
a pieno titolo nel sistema educativo riconosciuto a livello regionale come servizi
integrativi – hanno fatto il loro esordio, e in seguito si sono strutturati, a strettissimo
contatto con i servizi educativi già esistenti. A volte il percorso di crescita li ha
portati a raggiungere anche una piena autonomia, laddove scelte politiche o opportunità
diverse hanno favorito il loro processo di rafforzamento istituzionale.
In base a questa storia che attraversa larga parte dei Centri per Bambini e Genitori
di cui questa ricerca si occupa, capire quale sia oggi la situazione che caratterizza
questo aspetto, potrà fornirci qualche utile indicazione per comprenderne
meglio la loro identità.
La figura 38 mostra come si ridistribuiscono i Centri (suddivisi in base ai quattro
profili precedentemente individuati) a livello regionale secondo la variabile “condivisione
della sede”. Il primo dato emergente è la schiacciante maggioranza
(71,9%) di Centri che condividono gli spazi con un altro servizio. Questo rapporto
risulta vero per tutti i profili, ad eccezione di quello ad “organizzazione complessa”.
Pochi sono i Centri per Bambini e Genitori che dispongono di una sede
del tutto autonoma e si distribuiscono, sembra in modo apparentemente casuale,
fra i diversi profili dati.
Di qualche punto percentuale maggiore gode il raggruppamento mediano “Condivisione,
ma con spazi propri” che registra un dato interessante: qui, si raccoglie
la metà dei servizi “ad organizzazione complessa”.
Figura 38 – Distribuzione Centri per Bambini e Genitori per condivisione della
sede con altro servizio. Dati 2005 (in percentuale)
tipologie organizzative
condivisione sede
sede condivisione condivisione %
autonoma ma con con altro
spazi propri servizio
totale Centri
“ad organizzazione leggera” 8,5 8,5 83,1 100 59
“a sviluppo orizzontale” 19,4 16,7 63,9 100 36
“a sviluppo verticale” 0,0 10,0 90,0 100 10
“ad organizzazione complessa” 12,5 50,0 37,5 100 16
Regione Emilia-Romagna 11,6 16,5 71,9 100 121
N.B.: per due ulteriori Centri per Bambini e Genitori non è disponibile l’informazione relativa alla condivisione della
sede
65

Il numero di famiglie che frequentano i singoli Centri
A questo punto è possibile approfondire l’analisi considerando un’ulteriore
dimensione certamente relazionata alle precedenti: il numero di famiglie che frequentano
i singoli Centri; un dato che può essere facilmente desunto sommando
il numero di presenze di bambini e adulti che ogni servizio ha registrato mediamente
nel corso dell’anno.
Con la figura 39, in particolare, si riprende l’analisi presentata in figura 34, distinguendo,
in questo caso, i Centri per Bambini e Genitori in tre categorie, a seconda,
appunto, della frequenza mediamente registrata per i bambini e gli adulti nell’attività
di compresenza.
Figura 39 – Distribuzione Centri per Bambini e Genitori per ore di apertura settimanali,
personale dell’équipe stabile e presenza media di bambini e adulti
tipologie organizzative
presenze medie giornaliere adulti e bambini
meno 18-36 oltre 36 %
di 18 anni
totale
totale Centri
“ad organizzazione leggera” 48,3 35,0 16,7 100 60
“a sviluppo orizzontale” 50,0 44,4 5,6 100 36
“a sviluppo verticale” 10,0 30,0 60,0 100 10
“ad organizzazione complessa” 5,9 58,8 35,3 100 17
totali regione 39,8 40,7 9,5 100 123
Si può notare come i Centri Bambini e Genitori “ad organizzazione leggera” e
“a sviluppo orizzontale” siano quelli che maggiormente mostrano una più bassa
presenza di bambini e famiglie. Infatti, circa la metà di essi registrano una frequentazione
media di bambini e adulti che non supera le 18 unità. Questo dato,
confermato anche per quanto riguarda il secondo gruppo, cioè i Centri che rientrano
nella tipologia a sviluppo orizzontale, sembra suggerire che sia proprio questa
contenuta frequenza di bambini e adulti a spiegare come mai, pur a fronte di
un orario di apertura elevato, questi servizi continuino ad essere gestiti con una
dotazione limitata di risorse umane.
Sul versante opposto, si deve rilevare come i Centri con la più alta frequentazione
di bambini e adulti (dunque con le percentuali più elevate in corrispondenza
alla categoria “oltre 36 presenza” ) siano quelli che ricadono nel profilo “ad organizzazione
complessa” e, ancor più di spesso, nel profilo “a sviluppo verticale”.
In particolare, per quest’ultimo gruppo, caratterizzato – lo ricordiamo – da almeno
due operatori a tempo pieno a fronte di una limitata apertura settimanale l’ap-
66

parente contraddizione insita nel rapporto tra risorse umane e tempi di servizio
alle famiglie parrebbe trovare almeno una parziale spiegazione nella più elevata
partecipazione dell’utenza. È evidente, infatti, che Centri i quali, pur con apertura
settimanale ridotta, registrano una presenza media giornaliera elevata, necessitano
di una struttura (innanzitutto in termini di personale) piuttosto ampia, capace
di accogliere e dare risposta ai numerosi bisogni di bambini e genitori insieme.
Viceversa non è difficile ipotizzare che per molti di questi Centri esistano impedimenti
organizzativi (non dimentichiamo che il 90% di essi è ospite di un altro
servizio e non dispone di spazi propri) tali da impedire loro un’evoluzione che
diversamente apparirebbe del tutto naturale in direzione del profilo ad organizzazione
complessa.
L’articolazione territoriale
Se si analizza ora la distribuzione di queste differenti tipologie di organizzazione
dei Centri per Bambini e Genitori rispetto all’articolazione territoriale, si registra
una situazione piuttosto diversificata (fig. 40).
Osservando la figura 40 vediamo la distribuzione dei quattro profili a livello provinciale.
Un primo dato macroscopico è rappresentato dalla assoluta assenza in
Figura 40 – Distribuzione tipologie Centri per Bambini e Genitori su base provinciale.
Dati 2005
province
tipologie organizzative
X 1 X 2 X 3 X 4 %
leggeri orizzontali verticali complessi
Bologna 43,2 18,9 21,6 16,2 100 37
Ferrara 42,9 0,0 0,0 57,1 100 7
Forlì-Cesena 80 10 0,0 10,0 100 10
Modena 30,0 30,0 10,0 30,0 100 20
Parma 57,1 42,9 0,0 0,0 100 14
Piacenza 0,0 100,0 0,0 0,0 100 7
Ravenna 66,7 33,3 0,0 0,0 100 12
Reggio Emilia 81,8 18,2 0,0 0,0 100 11
Rimini 40,0 60,0 0,0 0,0 100 5
totali regione 48,8 29,3 8,1 13,8 100 123
totale Centri
67

en 5 province di Centri per Bambini e Genitori appartenenti ai profili “verticali”
e “complessi”, quelli cioè – lo ricordiamo – che in termini di dotazione di risorse
umane si caratterizzano per avere più di due operatori a disposizione. Rovesciando
il ragionamento, tutte queste province presentano servizi che per le caratteristiche
strutturali rilevate si configurano come a basso impatto organizzativo. Le
restanti quattro province presentano realtà ancora una volta diversificate. Tra queste
si distingue Ferrara che conta oltre il 50% dell’intero pacchetto di Centri collocati
sul profilo “complesso”, anche se non risulta comunque il territorio che in
assoluto possiede il più alto numero di servizi ad alta strutturazione organizzativa,
perché superato in questo da Modena e da Bologna entrambi con 6 centri.
Anche i Centri per Bambini e Genitori a cosiddetto “sviluppo verticale” (caratterizzati
cioè da un elevato numero di operatori stabili e da un numero di ore di
apertura settimanali invece più limitato) pare caratterizzare esclusivamente due
territori provinciali: quello di Bologna e quello di Modena ossia le due realtà in
cui è più elevato, in valori assoluti, il numero di Centri per Bambini e Genitori, a
fronte anche di una popolazione residente più consistente.
L’anno di costituzione dei Centri
Un altro fattore certamente in grado di spiegare la diversa strutturazione dei Centri
per Bambini e Genitori rispetto alle variabili e ai profili considerati, appare
l’anno di costituzione. In tal senso, con una certa immediatezza possiamo ipotizzare
che siano soprattutto i Centri con una più lunga storia pregressa ad aver consolidato,
negli anni, la propria struttura organizzativa ed anche una maggior presenza
e visibilità sul territorio.
Ciò risulta evidente analizzando le percentuali di colonna della figura 41. Infatti
è proprio tra i 15 Centri per Bambini e Genitori costituiti entro il 1990 che si
registra la percentuale maggiore 46,7% di profilo “ad organizzazione complessa”.
Tale percentuale si riduce a meno del 20% se si considerano i servizi nati
fra il 1991 e il 1995, si contrae ulteriormente fino ad un 5,7% per quelli sorti nella
seconda metà degli anni novanta, e scompare con il 2001. I Centri che cominciano
a funzionare dopo tale data, e che complessivamente ammontano a 19
unità, presentano al contrario un’alta percentuale il 78,9 di profilo “ad organizzazione
leggera”. In tal senso, anche tra il restante 21,1%, non c’è alcuna esperienza
che superi la “barriera” organizzativa del limitato pacchetto di risorse
umane disponibili che abbiamo visto rappresentare un’importante discrimine
operativo.
In sintesi, emerge dunque un dato rilevante che ci dice come tutti i Centri per
Bambini e Genitori di più recente costituzione si sviluppino intorno a esperienze
a basso impatto organizzativo che oggi possono essere lette come il risultato di
scarse opportunità nel raggiungere e consolidare una organizzazione maggiormente
strutturata, ma anche il frutto di un diverso contesto politico- culturale che
caratterizza il settore dei servizi educativi per la prima infanzia e le famiglie.
68

Figura 41 – Distribuzione tipologie Centri per Bambini e Genitori per anno di istituzione.
Dati 2005 (valori percentuali)
tipologie organizzative
fino al 1991-95 1996-2000 2001-2005 totale
1990 Centri
“ad organizzazione leggera” 26,7 38,9 50,9 78,9 48,8
“a sviluppo orizzontale” 20,0 33,3 32,1 21,1 29,3
“a sviluppo verticale” 6,7 8,3 11,3 0,0 8,1
“ad organizzazione complessa” 46,7 19,4 5,7 0,0 13,8
% 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
totali regione 15 36 53 19 123
La gestione
Un’altra variabile che sembra in grado di spiegare, anche solo parzialmente, l’affermarsi
di diverse tipologie organizzative per i Centri per Bambini e Genitori, è
il tipo di gestione che caratterizza i diversi Centri.
La figura 42 mostra come la maggiore strutturazione, tipica del profilo ad organizzazione
complessa, si registri quasi esclusivamente (nel 94% dei casi) fra i
Centri per Bambini e Genitori a gestione comunale diretta. Così come si può evincere
che tutti i Centri del gruppo “a sviluppo verticale”, cioè caratterizzati da una
équipe di personale stabile consistente e da una apertura settimanale inferiore alle
9 ore, ricadano esclusivamente fra quelli a gestione comunale.
Figura 42 – Distribuzione tipologie Centri per Bambini e Genitori per tipo di gestione.
Dati 2005 (valori percentuali)
tipologie organizzative
gestione gestione comunale % totale
comunale indiretta (appalto, Centri
diretta in convenzione,
privata, altro)
“ad organizzazione leggera” 55,0 45,0 100,0 60
“a sviluppo orizzontale” 44,4 55,6 100,0 36
“a sviluppo verticale” 100,0 0,0 100,0 10
“ad organizzazione complessa” 94,1 5,9 100,0 17
totali regione 61,0 39,0 100,0 123
69

Sia il profilo “ad organizzazione leggera” che quello chiamato “a sviluppo verticale”
risultano invece distribuiti in modo decisamente equilibrato fra le due
diverse modalità di gestione.
Bambini residenti 0 e 36 mesi
Un fattore decisivo in grado di spiegare, anche se soltanto in modo parziale non
univoco, il diverso sviluppo e le differenti scelte organizzative intraprese da questi
servizi, crediamo sia il numero di bambini di età compresa fra 0 e 36 mesi residenti
nel comune in cui sorgono i Centri per Bambini e Genitori.
Dall’osservazione della figura 43 è possibile cogliere rilevanti conferme in tal
senso. Fra i Centri che svolgono la propria attività in comuni con meno di 400
residenti di età compresa fra 0 e 2 anni, la netta maggioranza (65%) è rappresentata
da quelli che abbiamo chiamato “ad organizzazione leggera” e da poco meno
di un terzo (32%) dai servizi “a sviluppo orizzontale”.
Il profilo più “leggero” risulta meno presente nelle realtà più popolose: scende
infatti a circa il 57% nei comuni con 400-100 bambini di età compresa fra 0 e 36
mesi, a meno di un quarto (23,8%) per quelli dei comuni con 1000-4000 bambini
e a meno del 30% per i Centri operanti nei comuni con una maggiore densità
di popolazione 0-36 mesi.
All’opposto, i Centri con una struttura più solida e stabile, a cosiddetta “organizzazione
complessa” risultano via via più frequenti al crescere della popolazione
target: non sono presenti nei comuni più piccoli, costituiscono meno del 9% laddove
la popolazione di 0-36 mesi è inferiore alle mille unità, si affermano invece
con una certa consistenza a partire dalle realtà demografiche che registrano almeno
1000 bambini di età inferiore ai tre anni.
Figura 43 – Numero bambini 0-36 mesi residenti nei comuni sede di Centri per
Bambini e Genitori e percentuale di Centri per Bambini e Genitori secondo i quattro
profili organizzativi
numero bambini residenti 0-36 mesi
tipologie organizzative fino a 400 400-999 1.000- 4.000 totali
3.999 e oltre
“ad organizzazione leggera” 65,1 57,1 23,8 29,2 48,8
“a sviluppo orizzontale” 32,6 25,7 42,9 16,7 29,3
“a sviluppo verticale” 2,3 8,6 9,5 16,7 8,1
“ad organizzazione complessa” 0,0 8,6 23,8 37,5 13,8
% 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
totale Centri
per Bambini e Genitori 43 35 21 24 123
70

Tramite un’altra tecnica statistica: l’analisi della varianza 11 , possiamo ottenere
una conferma di quanto appena visto.
Da questa analisi emerge (fig. 44) una relazione piuttosto nitida fra queste due
dimensioni, come mostra il fatto che via via che si passa dalla tipologia “ad organizzazione
leggera” a quella “ad organizzazione complessa” si registra una progressiva
crescita del numero di bambini di 0-36 mesi residenti.
Infatti, rispetto ad una media complessiva di 997, 1 bambini per comune sede di
almeno un Centro per Bambini e Genitori, si rileva una media di bambini residenti
0-36 mesi inferiore a 650 unità per i comuni sede di Centri rientranti nella categoria
“ad organizzazione complessa”; il valore cresce a poco più di 930 bambini
per quelli sede della tipologia “a sviluppo orizzontale”, ad oltre 2.480 per quelli
in cui operano i Centri della tipologia “a sviluppo verticale” e ad oltre 2.536 per
quelli sul cui territorio ha sede la tipologia maggiormente strutturata “ad organizzazione
complessa”.
Figura 44 – Numero medio di bambini 0-3 anni nei comuni sede delle diverse
tipologie di Centri per Bambini e Genitori. Dati 2005
tipologie organizzative
numero medio bambini 0-36 mesi
nei Comuni sede di almeno
un Centro per Bambini e Genitori in
base alle diverse tipologie
organizzative
“ad organizzazione leggera” 647,4
“a sviluppo orizzontale” 931,7
“a sviluppo verticale” 2.481,6
“ad organizzazione complessa” 2.536,4
media regionale popolazione 0-36 mesi
nei Comuni sede di almeno un Centro 997,1
per Bambini e Genitori
11 Questa metodologia ci permette il confronto fra i valori medi assunti da una variabile cardinale (in
questo caso, la popolazione residente di 0-36 mesi) all’interno delle modalità di una variabile categoriale
(nella fattispecie la tipologia dei Centri Bambini e Genitori secondo i quattro profili individuati).
71

La popolazione residente
Considerando, infine, la popolazione residente nel suo complesso, si rileva quanto
già evidenziato con le analisi precedenti: nei comuni di minori dimensioni si
trovano quasi esclusivamente Centri per Bambini e Genitori detti “ad organizzazione
leggera” (72,4%) o “a sviluppo orizzontale” (27,6%).
Anche nei Comuni con una popolazione compresa fra i 10.000 e i 30.000 abitanti
sono questi i due profili più presenti, anche se si rileva qualche Centro maggiormente
strutturato dei profili “a sviluppo verticale” e “ad organizzazione complessa”
(fig. 45).
Certamente, quest’ultima tipologia, caratterizzata da una apertura settimanale
superiore alle 9 ore e una elevata dotazione di capitale umano, risulta particolarmente
presente nei comuni con oltre 100.000 residenti, dove costituisce oltre il
36% del complesso dei Centri per Bambini e Genitori presenti in questi territori.
Figura 45 – Distribuzione tipologie Centri per Bambini e Genitori per popolazione
residente. Dati 2005 (valori percentuali)
popolazione residente
meno di 10.000 30.001 oltre totale
tipologie organizzative 10.000 ab. 30.000 ab. 100.000 ab. 100.000 ab.
“ad organizzazione leggera” 72,4 53,7 30,0 33,3 48,8
“a sviluppo orizzontale” 27,6 34,1 40,0 18,2 29,3
“a sviluppo verticale” 0,0 4,9 20,0 12,1 8,1
“ad organizzazione complessa” 0,0 7,3 10,0 36,4 13,8
% 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
totale Centri
per Bambini e Genitori 29 41 20 33 123
Alcune considerazioni conclusive
Proviamo a questo punto a sintetizzare alcune riflessioni di carattere generale sui
dati emersi, in particolare, nella parte conclusiva del nostro lavoro, incentrata –
come abbiamo fin qui visto – sul tentativo di rintracciare, nell’universo dei servizi
di compresenza emiliano-romagnoli, le tendenze principali e di individuare
“categorie” di organizzazione delle loro attività.
Complessivamente le quattro tipologie proposte sembrano offrire un quadro piuttosto
coerente rispetto agli indicatori organizzativi introdotti nelle pagine precedenti.
Infatti, le variabili considerate, fra cui le caratteristiche degli spazi, le
modalità di frequenza delle famiglie, il contesto demografico entro cui i servizi
72

sono inseriti, si dispongono molto spesso in modo assai chiaro: discendente o
ascendente, a seconda dei casi, dal primo al quarto dei raggruppamenti proposti.
In questo primo dato emergente, trova conferma l’impostazione metodologica
definita da GIFT, a partire dalla metà degli anni ’90, nei primi pionieristici lavori
sui Centri per Bambini e Genitori condotti con Simonetta Andreoli; lavori che
individuavano già allora due dimensioni fondamentali, gli orari di apertura e il
personale, come indicatori generali per cominciare una lettura ordinata e sistematica
della “qualità”organizzativa di tali servizi.
Dei quattro raggruppamenti proposti, infatti, il primo, cosiddetto ad organizzazione
leggera, e il quarto, definito ad organizzazione complessa, incarnano in modo
specifico queste due dimensioni portanti, rispetto a cui il secondo e il terzo gruppo,
che abbiamo definito rispettivamente a sviluppo orizzontale e a sviluppo verticale,
rappresentano senza dubbio due varianti interessanti e due tentativi, tra loro
diversi ma ciascuno a suo modo razionale, di reagire agli elementi di contesto e a
obiettive limitazioni di risorse, umane nel primo caso e di spazi nel secondo.
Come abbiamo visto, i Centri per Bambini e Genitori ad organizzazione leggera
non sono solo il raggruppamento decisamente più numeroso tra tutti i servizi
regionali di compresenza, di cui rappresentano quasi la metà del totale, ma con
tutta evidenza sono anche quelli con una disponibilità di spazi più limitata, con
una presenza media delle famiglie particolarmente contenuta e aperti più di recente.
Nel 41,7% dei casi essi hanno, infatti, sede inferiore ai 100 metri, e 8 volte su
10 sono “ospitati” da altri servizi, senza disporre né di una propria sede, né di spazi
riservati all’attività di compresenza; il 48,3% di questi Centri (così come peraltro
la metà esatta dei 36 servizi a sviluppo orizzontale) dichiara una presenza
media giornaliera di bambini e adulti inferiore alle 18 unità.
Infine, sebbene non manchi qualche esempio di servizio ad organizzazione leggera
di più “antica” apertura (e in particolare 4 di essi sono stati inaugurati prima
del 1990), la serie storica illustrata in figura 41 mostra come oltre la metà di essi
siano stati aperti nel quinquennio 1996-2000, e come essi rappresentino, insieme
ai Centri a sviluppo orizzontale, la totalità dei 19 servizi sorti dopo il 2001.
In base a quanto detto, sembra pertinente considerare la categoria a sviluppo orizzontale
alla stregua di una variante del gruppo dei Centri per Bambini e Genitori
ad organizzazione più leggera, di cui condividono le limitate risorse umane e, in
buona misura la distribuzione territoriale. È significativo, ad esempio, che a queste
due prime categorie appartenga la totalità dei Centri per Bambini e Genitori
delle province di Parma, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini e Forlì-Cesena
(in quest’ultima provincia solo uno dei 10 servizi presenti a fine 2005 risulta
classificabile in modo diverso).
Nel successo recente di queste due prime tipologie di servizio, che già dopo la L.
285/97 e più ancora dopo la L.R. 1/2000 prendono decisamente il sopravvento sulla
sperimentazione di servizi di compresenza a maggior impatto organizzativo, può
aver pesato la possibilità, offerta dai dispositivi normativi ora ricordati, di accedere
a finanziamenti commisurati, prima ancora che sulle effettive presenze di bambini
e famiglie, sul monte ore settimanale di apertura del servizio al pubblico.
73

In particolare, questo fattore potrebbe almeno in parte spiegare la scelta di “forzare”,
pur in assenza di risorse umane aggiuntive, il percorso di crescita di questi
servizi prevalentemente in direzione del numero di ore di apertura, con il rischio
di “fragilizzare” ulteriormente servizi di per se stessi non abbastanza consolidati
(basti pensare al problema delle sostituzioni per malattia in servizi che, molte volte,
vedono un solo operatore). Considerazione questa che sembra essere confermata
da un dato di figura 39 che ci dice come solo il 5,6% (pari a 2 Centri per
Bambini e Genitori in termini di valori assoluti) dei 36 a sviluppo orizzontale possa
dichiarare una frequenza media superiore ai 36 bambini e adulti a giornata.
D’altra parte va riconosciuto a queste sperimentazione il merito di aver contribuito
in anni recenti a una diffusione capillare sul territorio regionale delle esperienze
educative di compresenza, riuscendo a penetrare anche in comuni con
pochi abitanti e quindi anche con pochi bambini nella fascia 0-36 mesi.
I dati delle figure 43, 44 e 45 sono in questo senso estremamente significativi e ci
dicono che nei comuni sotto i 10.000 abitanti, e in quelli con meno di 400 bambini
di età inferiore ai 3 anni possono trovare spazio solo Centri per Bambini e
Genitori di ridotte dimensioni. Ci dicono, inoltre, che nei comuni fino a 30.000
abitanti (o con meno di 1000 bambini di età 0-3 anni) solo 5 Centri per Bambini
e Genitori in tutta la Regione non rientrano in questa categoria (fig. 45).
È questo senza dubbio un dato di grande rilievo che, in particolare per una regione
come l’Emilia-Romagna priva di reali città metropolitane e con una popolazione
ancora distribuita nei piccoli centri della provincia e testimonia la volontà
di arricchire la rete dei servizi educativi, facendo sorgere a fianco delle tipologie
più tradizionali, quali nidi e Scuole d’infanzia, nuove realtà nelle quali anche i
genitori rivestano un ruolo da protagonisti.
Nondimeno potrebbe essere opportuno valutare anche se nei centri urbani più piccoli
non possano essere utili servizi proiettati su un bacino di utenza più ampio,
ad esempio distrettuale e che in questo modo, pur senza trascurare il limitato raggio
di spostamento che contraddistingue le famiglie con bambini, favorisca uno
sviluppo dei Centri per Bambini e Genitori anche in direzione di una maggiore
dotazione di risorse umane e, quindi, con un’offerta di proposte educative più
consolidata e ricca.
Di converso, i dati commentati in precedenza confermano che le sperimentazioni
più impegnative di Centri per Bambini e Genitori sono da tempo ferme in Emilia-
Romagna. Nessun Centro ad organizzazione complessa è stato, infatti, aperto
dopo la promulgazione della L.R. 1/2000 (e nessuno nemmeno di quelli a cosiddetto
sviluppo verticale, vale a dire con una dotazione organica rilevante ma con
un basso numero di aperture), mentre solo 3 servizi sono stati aperti nel quinquennio
precedente che pure è stato contrassegnato dalla Legge 285, contro i 7
servizi aperti sia nella prima metà degli anni ’90 sia negli anni immediatamente
precedenti, tra il 1987 e il 1990.
Non che questo dato in sé riservi sorprese: veniamo, infatti, da anni di grandissima
crescita della richiesta da parte delle famiglie di servizi educativi che prevedono
l’affidamento dei bambini, per cui è del tutto naturale che le limitate risorse
74

pubbliche siano state per lo più indirizzate all’aumento dei posti nido (o anche alla
creazioni di altri servizi educativi che, come gli Spazi Bambini, consentono ai
genitori di affidare a personale educativo qualificato i propri bambini). Forse
potrebbe essere comunque opportuno introdurre a correttivo dei dispositivi di
finanziamento regionale per i Centri per Bambini e Genitori attualmente in vigore,
anche la variabile del costo del personale in assenza della quale non sono sicuramente
sostenuti in modo adeguato i servizi integrativi di compresenza ad organizzazione
più complessa.
I Centri per Bambini e Genitori a maggior complessità organizzativa hanno infatti
medie di frequenza di gran lunga superiori alla media generale regionale, quasi
mai inferiori alle 18 presenze a giornata e in molti casi superiori alle 36 unità tra
adulti e bambini (fig. 39), ma sono anche quelli che richiedono fuor di dubbio un
maggior investimento di risorse. In tal senso non sorprende che siano, a differenza
degli altri, a grandissima maggioranza (16 su 17) a gestione diretta comunale.
Essi richiedono peraltro, come mostra la figura 37 ampi spazi: nessuno di questi
ha sede più piccola di 100 metri e tre quarti di essi possono disporre di una
ambienti estesi oltre i 200 metri.
Da questo punto di vista, la terza categoria di Centri per Bambini e Genitori che
abbiamo identificato a sviluppo verticale (che pur con orari di apertura al pubblico
limitati prevede un elevato utilizzo di risorse umane), anche in questo caso può
forse essere considerata, più che una categoria a se stante, una variante del raggruppamento
ad impatto organizzativo complesso, con cui condivide la forma di
gestione (il 100% direttamente dai comuni), sedi più ampie della media e date non
recenti di avvio delle attività.
Dal punto di vista delle presenze di bambini e famiglie, è questa la categoria con
più alto numero di frequenze, con oltre il 60% di servizi che dichiara una presenza
media superiore alle 36 unità a giornata, un dato che, se teniamo conto di come
il 90% di essi non dispone di spazi propri, può legittimamente portare a pensare
a questi servizi come a esperienze che solo ragioni contingenti, soprattutto legate
alla indisponibilità di locali utilizzabili per tempi più lunghi, impediscono di evolvere
in direzione del modello di servizio ad alta complessità organizzativa.
Con questi ultimi, peraltro, essi condividono anche il radicamento territoriale concentrato
nelle province di Bologna, Modena e Ferrara (con l’unica eccezione di
un servizio forlivese) e l’esclusiva presenza in centri urbani di notevoli dimensioni,
vale a dire con un numero di abitanti superiore alle 30.000 unità e una
media di bambini in età 0-36 mesi intorno ai 2500.
Da un lato, questa situazione può forse significare che solo le amministrazioni
locali dei comuni capoluogo e dei centri regionali maggiori possono permettersi
gli investimenti necessari ad avviare e mantenere nel tempo servizi di questo tipo,
ma d’altro canto non va dimenticato che sono soprattutto proprio questi i servizi
che possono sviluppare risposte di qualità alle specifiche esigenze delle famiglie
con bambini che vivono negli ambienti a più alta urbanizzazione.
Questi servizi sono anche quelli che mostrano non solo un’organizzazione degli
spazi di accoglienza per bambini ed adulti più ricca ed articolata e proposte edu-
75

cative di qualità per i bambini, quanto la capacità di sviluppare iniziative e proposte
di supporto ai genitori. Proprio questi servizi con più facilità possono collaborare
con i Centri per le Famiglie, che da anni hanno assunto la genitorialità quale
uno dei temi culturali e sociali centrali del loro intervento, lavorando in modo
finalizzato proprio nella direzione di fornire risposte innovative e efficaci.
Da qualche anno una parte dei Centri per Bambini e Genitori hanno elaborato proposte
specifiche per i bambini nel primo anno di vita e i loro genitori (Gruppi Piccolissimi
o di Maternage, corsi di Massaggio Infantile e altro ancora) mettendo le
basi di un’alleanza proficua, oltre che con gli interventi dei Centri per le Famiglie
nell’area perinatale, anche con la rete dei servizi materno-infantili delle Usl impegnati
in azioni di tutela e sostegno dei primi decisivi anni di vita, contribuendo
così ad arginare fenomeni di fragilità e di solitudine che troppo spesso caratterizzano
la vita quotidiana delle neomamme.
Da ultimo, solo servizi che dispongono di risorse stabili ed adeguate appaiono in
grado di sperimentare e dar seguito a percorsi di accesso facilitato per singole famiglie
e/o di gruppi di bambini e genitori che per ragioni diverse vivono condizioni
di particolare difficoltà. È questo il caso di molte famiglie al cui interno è presente
un bambino disabile che, senza un’azione specifica di supporto, difficilmente
riescono ad inserirsi nelle attività di compresenza, così come per le famiglie immigrate
con bambini piccoli, per le quali occorre attivare specifiche azioni di coinvolgimento
e specifiche modalità di contatto, senza le quali è del tutto improbabile
immaginare o attendersi un loro inserimento stabile nella vita dei Centri.
76

CONTRIBUTI ALLA RIFLESSIONE SUI
SERVIZI EDUCATIVI DI COMPRESENZA

I Centri per Bambini e Genitori: uno scenario
leggero per un compito complesso
Paola Bastianoni
Docente di Psicologia Dinamica, Università degli Studi di Ferrara
I Centri per Bambini e Genitori sono luoghi pensati per la condivisione e l’accoglienza
dei bambini e degli adulti che si occupano di loro, siano essi i loro genitori, come
cita la legge regionale 1/2000, “sia adulti accompagnatori in un contesto di socialità e
di gioco per i bambini e di incontro e comunicazione per gli adulti, in un’ottica di corresponsabilità
tra genitori ed educatori”. Sono spazi innovativi che ancora oggi rappresentano
delle sfide necessarie a contrastare un atteggiamento politico e sociale più
focalizzato sulla riduzione del malessere, del disagio e della povertà, piuttosto che
rivolto a promuovere e garantire benessere e sostegno relazionale.
Anni di consolidamento professionale, di impegno e di promozione di una cultura
relazionale, come viene attentamente argomentato in questo testo, rende, ancora
oggi, l’esperienza dei 126 Centri presenti nella nostra regione, un patrimonio
unico, di indubbio valore, testimone coerente e costante di una volontà tenace,
diretta a consolidare esperienze di condivisione/sostegno/supporto alla genitorialità
e non solo di sostituzione temporanea da parte degli educatori delle funzioni
genitoriali quando ciò è reso necessario dall’assenza fisica dei genitori.
In questa direzione, ciò che mi preme sottolineare in questo breve scritto è proprio
il contenuto altamente specifico di supporto/sostegno alla normale complessità
della genitorialità che queste realtà esprimono, nelle loro diverse articolazioni/tipologie
(a organizzazione leggera o complessa, a sviluppo orizzontale o verticale),
andando a monitorare e ad intervenire con discrezione, accuratezza e
costante vigilanza su quella inevitabile fragilità che caratterizza l’esordio di ogni
genitorialità, offrendo spazi e luoghi, mentali e fisici, dove l’accoglienza, il riconoscimento
empatico, il sostegno alla cura e al pensare la cura dei propri figli,
rappresenta per i neo-genitori un’occasione per incontrare un alleato reale e simbolico
in grado di restituire fiducia nelle proprie competenze, conforto e condivisione,
accoglienza e intervento, osservazione e partecipazione.
Le attività dei Centri e la loro stessa esistenza testimoniano l’importanza di
interventi leggeri in setting appositamente pensati per supportare/sostenere la
normale fragilità che accomuna i vissuti, le emozioni e le azioni di cura rivolte ai
figli biologici o non, di coppie giovani e non più giovani, eterosessuali o
omosessuali, italiane, straniere e/o miste, generative o adottive, a quelli di genitori
single, separati, divorziati o vedovi. Sappiamo tutti quanto l’occuparsi di un figlio,
sia nel caso ci sia coincidenza con la generatività biologica sia quando la
generatività sia solo simbolica, costituisca sempre, per il genitore, un momento di
crisi evolutiva che fa parte del ciclo di vita dell’individuo e/o della coppia,
78

comportando una serie di compiti di sviluppo che hanno come fine ultimo il
promuovere un nuovo adattamento in un contesto in cui si inserisce colui che ha
bisogno di protezione, cure e attenzioni tese alla crescita e allo sviluppo. Questo
obiettivo chiama in causa una serie di “movimenti” che implicano la rinegoziazione
del patto coniugale e dei patti familiari, la ri-contrattazione dei ruoli e
delle funzioni socio-culturali e lavorative, il passaggio inter-generazionale da figli a
genitori, la rielaborazione dei modelli relazionali interiorizzati nel corso dello
sviluppo e la costruzione di nuovi modelli di interazione e di relazione attivati dalla
presenza del figlio reale, ma strettamente ancorati ai vissuti del figlio/a che si è
ancora oggi e si è stato/a prima, alle richieste di aiuto che non sempre si è in grado
di esprimere, alle difese e alla negazione di ciò che si prova e si è provato. In questo
senso è possibile affermare che lo spazio mentale che ogni adulto ha a disposizione
per esercitare la genitorialità è dato da un sistema dinamico interno che prevede il
confronto/scontro/conflitto/accordo tra diverse rappresentazioni inerenti la
genitorialità. Nello spazio mentale del genitore/figura di accudimento è possibile
identificare molteplici dinamiche tra diverse rappresentazioni di costrutti
fortemente interconnessi: il sé, l’altro in quanto genitore, l’altro in quanto figlio, la
relazione, ecc. Il più grave pericolo in cui incorre l’essere umano in quanto figlio,
ha affermato più di vent’anni fa Selma Fraiberg nel noto saggio I fantasmi nella
stanza dei bambini è il fenomeno, purtroppo estremamente ricorrente, di essere
catturato nei conflitti psicologici non risolti dei genitori, siano essi biologici o non
biologici, e di essere quindi inghiottito dalle aspettative e dalle attribuzioni inconsce
dei genitori e/o delle altre figure di accudimento. Tale pericolo è strettamente
dipendente dal processamento delle informazioni relativo all’esperienza relazionale
degli adulti care-giver ed in quanto tale è una condizione variabilmente connessa
alle diversità del momento, all’integrazione tra diverse parti di sé (sé genitore/sé
figlio), a com’è il bambino reale, alle riattivazioni fantasmatiche che il figlio è in
grado di evocare, alle condizioni relazionali e contestuali dell’hic et nunc;
all’equilibrio tra bambino di fantasia, bambino di immaginazione e bambino
percepito, al supporto sociale reale e percepito, al proprio stato della mente rispetto
alla genitorialità, alle proprie condizioni psicofisiche, alla propria storia di figlio e
così via. La solitudine in cui la genitorialità viene esercitata nelle nostre città, in
contesti quotidiani raramente connotati dalla molteplicità di figure adulte, accentua
i pericoli insiti in questo complesso compito con il quale ogni relazione filiale si
confronta, dilatando le fantasie, incrementando l’angoscia e i dubbi.
I Centri per Bambini e Genitori si confrontano con questa complessità, non in
un’ottica clinica, né patologizzante, ma con lo sguardo vigile della normalità
offrono risposte leggere, accessibili, non invasive, in grado di allentare le tensioni
della solitudine, ridurre la paura della diversità e dell’incapacità, consentire una
pausa alla fatica dell’interazione quotidiana.
Le attività proposte sono fortemente incentrate sull’incremento delle competenze
degli adulti e del benessere della coppia genitore/figlio in uno spazio triadico
(genitore/bambino/educatore) che rimanda alla condivisione, al piacere dell’ascolto
e della narrazione, alla comunicazione con e attraverso il corpo.
79

I corsi per il massaggio infantile sono espressione di questa tensione a sostenere
l’interazione genitore/figlio proprio nel compito più primitivo e complesso a cui
il genitore è chiamato: il sostegno all’integrazione tra corpo e psiche che solo
l’handling materno può garantire. Il corpo è il primo sostrato simbolico su cui
vengono impresse tracce mnestiche come risultante fondamentale di precoci esperienze
emotive, in cui il vissuto di sé e dell’altro passa attraverso la qualità della
relazione esperita. Il corpo è lo spazio simbolico antecedente ad ogni cognizione,
in cui si strutturano i nuclei del “sentimento” di Sé, i nuclei della comunicazione,
gli ancoraggi su cui si allocheranno successivamente i fondamenti dei processi
rappresentazionali alla base della determinazione dei diversi livelli del Sé e
dell’identità.
Nella condivisione dell’esperienza del massaggio infantile il corpo del piccolo
diventa l’oggetto di una narrazione tra adulti che si incontrano sul corpo e ne condividono
il valore narrativo simbolico e di un’interazione triadica che include attivamente
il piccolo e che consente alla triade di funzionare, di comunicare, di
esperire benessere e piacere.
I corsi e le consulenze per i genitori favoriscono i necessari processi di integrazione
e di condivisione di saperi diversi rivolti alla cura e per la cura, che consentono
di contrastare solitudini e incertezze grazie alla possibilità di un ingresso
leggero, discreto che propone senza imporre, che manifesta la sua presenza senza
obblighi e vincoli.
La versatilità/originalità/flessibilità/fluidità che caratterizza queste esperienze le
rende ancora più preziose e importanti testimonianze di un impegno sulla genitorialità,
centrato/organizzato su e con interventi deboli contro la logica dominante,
a matrice professionalizzante/patologizzante, che dimentica rapidamente il valore
del quotidiano sostegno alla complessità della normalità.
80

Riflessioni intorno alla progettazione
pedagogica nei Centri per Bambini e Genitori
Carla Campini
Dirigente Settore Qualità, Divisione Servizi Educativi, Città di Torino
Premessa
Tra i servizi che l’Amministrazione Comunale della Città di Torino ha consolidato,
negli ultimi anni, a favore della prima infanzia e delle famiglie, sono da considerare
come particolarmente significativi per gli obiettivi raggiunti, i Centri per
Bambini e Genitori.
Si tratta di servizi che si affacciano nel panorama delle offerte educative negli
anni Novanta e che assumono, sin dall’inizio, una configurazione, in termini di
finalità e organizzazione, che li differenzia dai servizi educativi tradizionali,
aprendo nuove sfide nell’ambito della cultura dell’infanzia, dell’educazione dei
piccoli e del sostegno alla genitorialità. I Centri per Bambini e Genitori, quindi,
nati come innovativi e sperimentali, si collocano oggi nella rete dei nidi e delle
scuole dell’infanzia come servizi integrativi, rappresentando un’ulteriore opportunità
educativa per bambini, bambine e famiglie.
La novità dei Centri è rappresentata dal fatto che non vi è un affidamento dei piccoli
da parte dei genitori, ma la compresenza di bambini, bambine e adulti, siano
essi genitori, nonni-nonne o altre figure significative. Una compresenza che
implica contesti relazionali ed educativi differenziati rispetto agli altri servizi per
l’infanzia, che comporta l’attenzione da parte del Coordinamento pedagogico e
delle Educatrici a una molteplicità e un intreccio di relazioni di tipo orizzontale
(bambino-bambino; adulto-adulto) e verticale (bambino-adulto), dove l’adulto,
sempre presente in situazione, non è solo la figura educativa “professionale”, ma
è rappresentato anche da persone appartenenti a più generazioni e culture, portatrici
di una varietà, a volte non univoca, di stili educativi e di situazioni di vita.
La peculiarità di questi servizi si è delineata sempre di più negli anni e, se inizialmente
coloro che vi lavoravano utilizzavano i registri del nido e della scuola
dell’infanzia adattandoli e calibrandoli, oggi si sente forte l’esigenza di dare un’identità
definita e di realizzare progettazioni e programmazioni mirate e adatte,
rielaborando l’esperienza accumulata e confrontandosi con altre realtà.
Tale esigenza è rafforzata anche dal raffronto con la Città di Ferrara, con la quale
abbiamo realizzato un progetto di Scambio Pedagogico, un’occasione ricca di
spunti utili alla riflessione in atto e all’apertura di nuovi scenari e nuove possibilità
di lettura.
Nella nostra Città esistono Centri per Bambini e Genitori con differenti origini e
modi di gestione (municipale diretta, municipale indiretta, affidamento a Coopera-
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tive in virtù dei fondi legge 285/97, contributi privati o di altra provenienza); queste
differenze sono state sempre rispecchiate anche nella stessa terminologia adottata
per definirli: Punti famiglia i servizi municipali; Punti gioco, Centri d’incontro
o, addirittura, Ludoteche, i servizi non direttamente gestiti dal Comune. Ciascuno
ha sviluppato nel corso degli anni un proprio modo d’individuazione degli obiettivi,
di programmazione e conduzione del servizio, ma le varie realtà non hanno
finora assunto la caratteristica di tipologia di servizio definita, visibile, sulla base
di regole precise in termini di standard di qualità. A differenza dell’Emilia Romagna
e della Toscana, la nostra Regione non ha ancora emanato una legge che regolamenti
in modo chiaro ed esplicito il variegato numero di servizi che negli ultimi
anni sono stati implementati; questo potrebbe rappresentare un limite nella definizione
dell’identità di ciascuno, così come potrebbe alimentare confusione sfavorendo
le famiglie nell’accesso alle opportunità. Sicuramente il processo che ha
condotto a legiferare nelle Regioni citate, è stato proficuo per la rielaborazione di
idee ed esperienze e la condivisione di significati relativamente all’individuazione
delle diverse tipologie di servizi sorte in virtù dei mutamenti sociali e degli incentivi,
tra i quali i finanziamenti ex Legge 28 agosto 1997, n. 285, Disposizioni per
la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza, pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 207 del 5 settembre 1997.
I Centri per Bambini e Genitori gestiti direttamente dall’Amministrazione Comunale
della nostra Città, La Rotonda, Stella Stellina, Tam Tam del Gioco, avviano
negli ultimi anni un percorso che, attraverso il raffronto tra similitudini e differenze,
porta alla consapevolezza della necessità di individuare linee guida condivise,
al fine di raggiungere uniformità a livello gestionale-organizzativo e di predisporre
un quadro orientativo sugli aspetti educativi e pedagogico-didattici, pur
nella salvaguardia della peculiarità di ciascuno, quindi delle variabili che entrano
in gioco in ciascuna realtà. Tale impegno è reso necessario anche per il graduale
riconoscimento da parte delle famiglie utenti, soprattutto famiglie con bambini da
zero a tre anni non frequentanti nidi d’infanzia. Nei centri esse trovano, infatti,
contesti di accoglienza in ambienti esteticamente apprezzabili e didatticamente
interessanti; spazi attrezzati e stimolanti per bambini di età diversa, per bambini
e adulti accompagnatori insieme e per adulti che si confrontano; orari, calendario
e esperienze adeguati alle loro attese. Trovano poi personale educativo capace di
professionalità, competenza e molta disponibilità.
Il riconoscimento dell’importanza dei Centri è confermato anche dalla scelta dell’Amministrazione
comunale di proseguire nell’investimento di fondi per la
gestione ordinaria, l’assegnazione di personale, la copertura dei posti vacanti e la
relativa formazione, ritenendo i Centri per Bambini e Genitori una risposta adeguata
al mutamento delle configurazioni familiari e del mondo del lavoro, in particolare
del lavoro femminile.
Il percorso porta alla costruzione della Carta dei Servizi e degli Orientamenti educativi,
documenti destinati anche a rappresentare un modello orientativo ai Centri
affidati al privato/sociale.
La Carta dei Servizi contribuisce a definire l’identità del servizio precisandone, in
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particolare, gli obiettivi, i criteri d’accesso, le garanzie per le famiglie e gli indicatori
di qualità. Viene ufficialmente presentata e discussa, unitamente agli Orientamenti,
nel corso del Seminario svolto a Torino il 10 e 11 dicembre 2007 – Centri
per bambini e genitori a Torino. Confronto di esperienze e linee d’azione per
una nuova Carta dei Servizi – aperto a tutto il personale educativo impegnato nei
Centri per bambini e Genitori comunali e in quelli gestiti da Cooperative ed Associazioni
che fruiscono dei fondi della Legge 285/97 o di altri contributi. Obiettivi
del seminario: la definizione concertata dei documenti proposti e l’avvio di buone
pratiche di dialogo e raccordo tra i diversi servizi per bambini e genitori insieme
offerti a livello cittadino.
Presupposti
Possiamo affermare in primo luogo che i Centri per Bambini e Genitori devono
essere considerati servizi educativi a tutto campo. Tale affermazione apparentemente
scontata, non lo è se si pensa che, proprio perché percepiti come luoghi
dove le famiglie entrano, s’incontrano, si confrontano, si aggregano, non sempre
c’è piena legittimazione del ruolo educativo del servizio e degli educatori che lo
gestiscono e si sottovaluta la loro valenza in termini di sviluppo globale della personalità,
quindi anche di apprendimento.
Se il pensiero pedagogico costituisce una scelta che deve connotare ogni servizio
per l’infanzia, tale scelta è fondamentale nel Centro per Bambini e Genitori, sia
per direzionare in termini educativi gli aspetti organizzativo-gestionali, i contenuti
e le finalità; sia per garantire l’identità e la distinzione rispetto ai servizi più tradizionali
quali il nido, la scuola dell’infanzia e la ludoteca, senza però sottovalutarne
il carattere, appunto, educativo. Il pensiero pedagogico attribuisce inoltre,
per tutti quelli che accedono e operano in questi centri, una valenza epistemologica
all’esperienza, che può rendere la progettazione un’occasione irripetibile di
novità, sia in termini di idee che in termini di processi, capacità e competenze.
Il pensiero pedagogico che si sta definendo nella nostra città in relazione a questa
tipologia di servizio, trova fondamento nell’evoluzione del pensiero psico-pedagogico
e sociologico, in particolare nelle letture sistemiche, interazioniste/costruttiviste
e dell’ecologia dello sviluppo, che si rivelano di grande utilità nell’impostazione
di questi particolari servizi caratterizzati dalla compresenza di bambini,
bambine e adulti.
Innanzi tutto, l’orientamento educativo si ispira alla rappresentazione della persona
come un sistema autonomo che costruisce il proprio sviluppo e agisce attivamente
in interazione con l’ambiente, dal quale non può essere separata, secondo la
teoria interazionista che vede la relazione tra individuo e ambiente in un sistema
integrato e dinamico, dove uomo e ambiente si influenzano reciprocamente. Tale
prospettiva ci offre anche una nuova visione dello sviluppo, non necessariamente
lineare, nella quale è possibile tenere presente e valorizzare la diversità e l’originalità
di ciascun individuo.
83

Accostandoci al concetto di ambiente ecologico di Bronfenbrenner (1979) in riferimento
alle strutture ambientali di cui l’individuo fa esperienza e a cui è legato
direttamente o indirettamente, possiamo volgere un nuovo sguardo, nell’ambito
della progettazione e della programmazione educativa, al contesto, alla sua predisposizione-costruzione,
tenendo presente che l’ambiente si modifica nel tempo,
anche per l’azione delle persone che in esso vivono e con il quale si relazionano.
In quest’ottica, al bambino è riconosciuta la capacità di rielaborare in modo attivo
le informazioni provenienti dall’ambiente e di costruire modalità proprie nel
rapportarsi con l’esterno, mettendo in atto comportamenti adattati alle variegate
situazioni; è riconosciuta la sua capacità di costruire in modo attivo relazioni
interpersonali con gli adulti e con gli altri bambini; da ultimo, assume nuovi significati
l’essere parte di un gruppo che cresce e si modifica nel tempo.
Il punto di vista ecologico rende altresì consapevoli dei processi che caratterizzano
contesti diversificati, in particolare i contesti socio-culturali, aprendo il proprio
atteggiamento educativo alle diverse modalità relazionali e pratiche educative, in
relazione alle culture di appartenenza.
Un punto fondamentale è l’estensione del concetto di sviluppo all’intero corso della
vita (ciclo della vita secondo Baltes & Reese, 1986), riconoscendo anche nell’adulto
la possibilità di nuovi apprendimenti e di evoluzioni del pensiero, e delineando
il percorso di vita come un flusso continuo e dinamico. Tale riconoscimento contribuisce
a chiarire l’idea di adulto, in particolare di adulto genitore, orientando la
progettazione e la programmazione del Centro per Bambini e Genitori verso scelte
che, a partire dalla valorizzazione della storia e delle competenze acquisite, aprano
nuove possibilità di cambiamento verso la genitorialità consapevole.
Importante ai nostri fini è altresì la lettura del pensiero complesso quale cifra
interpretativa di quanto accade nei contesti, proposta da Edgar Morin: il pensiero
complesso deve superare le entità chiuse, gli oggetti isolati, le idee chiare e
distinte, ma deve anche non lasciarsi imprigionare nella confusione, nella
vaghezza, nell’ambiguità, nella contraddizione; il pensiero complesso è il pensiero
che vuol pensare assieme le realtà dialogiche e polilogiche intrecciate.
Ispirato a questi presupposti, il modello torinese è caratterizzato dai seguenti punti:
– la centralità del bambino e del sostegno alla relazione bambino-genitore nel
progetto del Servizio;
– il contesto come sistema organizzato di scambi, caratterizzato dalla continua
ricerca di equilibrio tra regole e flessibilità;
– la dimensione sociale, relazionale e ludica del contesto, dove i bambini e le
bambine vivono relazioni e scambi con altri significativi, dove sono favoriti
l’adattamento reciproco, la mutualità e l’intersoggettività;
– la co-costruzione di conoscenze e processi;
– l’attenzione al singolo all’interno di un percorso di gruppo e la valorizzazione
delle differenze (di percorsi evolutivi, di capacità e competenze, di culture, di
genere);
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– il riconoscimento delle competenze genitoriali, la promozione delle responsabilità
educative, l’elaborazione della cultura dell’infanzia;
– il rafforzamento delle abilità sociali delle famiglie in relazione all’utilizzo del
territorio e alla rete dei servizi;
– l’apertura alla comunità come luogo di aggregazione e partecipazione.
La progettazione e la programmazione educativa
Il confronto tra le diverse esperienze attivate nell’ambito dei servizi per bambini
e genitori insieme pone in luce la particolare complessità di questi servizi che, da
un lato, costituisce una sfida interessante e un elemento di forza per le possibilità
di sviluppo; dall’altro, implica un grande impegno progettuale e di monitoraggio
dei processi, e richiede competenze imprescindibili.
A titolo d’esempio e molto sinteticamente, possono essere posti in rilievo alcuni
elementi che restituiscono questa complessità:
– le differenze di età e generazioni, di genere, culturali, di livelli di sviluppo e
capacità, di stili educativi;
– la molteplicità delle dinamiche relazionali che si sviluppano e si modificano
nel costante divenire del contesto, un contesto dove la permanenza è
variabile anche in tempi brevi e dove al gruppo è continuamente richiesto
un riassestamento;
– la varietà e variabilità del contesto (caratteristiche degli utenti, bambini e adulti
accompagnatori, legate al territorio urbano, al background delle famiglie,
all’età e al tipo di richieste), che implicano la capacità di monitoraggio costante
del progetto iniziale, al fine di effettuare i necessari riadattamenti di metodologie,
spazi educativi, modalità relazionali, atteggiamenti;
– la messa in atto di adeguate strategie e modalità di relazione con le famiglie,
la valorizzazione delle competenze e risorse di cui sono portatrici e, soprattutto,
la capacità di una rilettura che contempli la presenza costante di una figura
familiare all’interno del servizio, calibrando le dinamiche anche in virtù del
ruolo che questa figura assume nella famiglia di riferimento (mamma, papà,
nonno, nonna, fratello, sorella, zio, zia, baby sitter…).
In tale complessità occorre non perdere di vista la centralità del bambino, riconoscendone
le competenze ai vari livelli e la capacità di costruire relazioni, ed è
importante l’idea di genitore che sta alla base delle scelte effettuate e i ruoli degli
adulti che interagiscono. L’essere e il sentirsi tutti protagonisti, nella chiara differenziazione
dei ruoli, rappresenta un’occasione di piacere e di autostima per i
bambini, per gli adulti accompagnatori e per gli operatori.
Abbiamo già evidenziato come la progettazione nei Centri per Bambini e Genitori
ha la specificità dell’attenzione alla compresenza di bambini e adulti in una
complessità relazionale educativa che li differenzia dagli altri servizi educativi.
Ciò è vero a partire dall’individuazione degli obiettivi, che deve necessariamente
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avvenire pensando ai bambini e alle bambine e pensando alle figure adulte che
condividono l’esperienza con i bambini e le bambine.
Negli Orientamenti Educativi abbiamo scelto di effettuare tale differenziazione,
proprio per sottolineare la peculiarità dell’infanzia rispetto all’essere adulto.
Pertanto, pensando ai bambini e alle bambine abbiamo individuato tra gli obiettivi:
– creare le condizioni atte a sperimentare e sviluppare le proprie potenzialità, nel
rispetto della storia, dell’unicità e dell’originalità personali, delle identità socio
– culturali di appartenenza;
– favorire l’integrazione dei bambini e delle bambine diversabili o che vivono
condizioni di svantaggio socioculturale;
– favorire processi di crescita e sviluppo delle competenze infantili e processi di
socializzazione attraverso l’esperienza nel gruppo dei pari;
– fornire occasioni di socialità e di gioco in uno spazio d’incontro e comunicazione
con gli adulti, in situazione di crescente corresponsabilità tra adulti,
genitori e personale educativo;
– costruire un contesto; didatticamente adeguato a sviluppare i percorsi esperienziali
e di apprendimento per le diverse fasce di età, attraverso il metodo
della ricerca, per tentativi e ipotesi, per prove ed errori. I bambini pongono ai
grandi domande e interrogativi sul mondo: possono trovare da soli le risposte,
se sollecitati dai rimandi appropriati dell’adulto;
– promuovere un contesto attento al clima relazionale del gruppo che rinforzi le
competenze proprie di ciascun protagonista;
– sostenere un contesto relazionale “confidente” e accogliente favorevole alla
creazione di un clima emotivo di fiducia;
– avviare l’autonomia prevedendo momenti di distacco dalla figura genitoriale,
anche in previsione dell’ingresso nei servizi educativi.
Pensando agli adulti:
– sostenere la famiglia tramite la proposta di condivisione delle esperienze e delle
pratiche educative, per costruire un percorso di crescita per il bambino, dentro
il quale il genitore si riconosce e cresce con lui, accresce le proprie competenze
e le responsabilità genitoriali;
– offrire opportunità d’incontro e di confronto fra adulti, per esprimere, condividere
e rielaborare i dubbi e le difficoltà che emergono nella quotidianità,
riguardo la cura dei figli, anche in situazioni di disagio;
– creare condizioni favorevoli allo sviluppo di capacità di cooperazione, alla
costruzione di una rete di relazioni significative per prevenire l’isolamento
delle famiglie e instaurare positive relazioni genitoriali;
– promuovere l’integrazione di famiglie in svantaggio socioculturale e con soggetti
diversamente abili;
– favorire la consapevolezza e il senso di responsabilità nell’esercizio dei diritti
di cittadinanza;
– riconoscersi come parte di un gruppo che evolve, cresce e si modifica oltre il
Centro, nel territorio, nei successivi gradi di scuola;
– sensibilizzare allo sviluppo della comunità educante.
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In sede di progettazione non bisogna sottovalutare come l’analisi della situazione
di partenza influenza la definizione del contesto rispetto ad alcune variabili
importanti, quali l’organizzazione degli spazi, la scansione dei tempi, l’individuazione
dei contenuti e delle modalità. La progettazione degli spazi infatti non
può prescindere dalla considerazione delle differenti esigenze dei bambini e degli
adulti che in essi agiscono: lo spazio del Centro è uno “spazio per tutti”; è partecipato
da bambini e genitori, è abitato, in esso si lasciano il segno e le tracce del
fare insieme. È accogliente per facilitare l’incontro e la collaborazione tra adulti
e bambini; è strutturato per favorire la circolarità delle relazioni, l’interazione,
l’autonomia, la comunicazione, l’espressione; è costituito da ambienti riconoscibili
per creare senso di appartenenza e partecipazione.
L’allestimento richiede pertanto strategie che restituiscano valenze estetiche e
didattiche, che rendano gli spazi atti a stimolare forme di attività ai singoli o ai
piccoli gruppi di bambini, insieme agli adulti presenti, oppure individualmente o
tra pari. Implica la previsione di iniziative di cooperazione tra gli adulti, insieme
o no ai bambini, di momenti nei quali gli adulti si confrontano e rielaborano contenuti
ed esperienze, di attività che coinvolgono tutti i frequentanti contemporaneamente
(ad esempio le occasioni scandite dai calendari delle tradizioni). Non
vanno poi sottovalutate le necessarie modificazioni determinate dalla crescita dei
bambini e da nuovi interessi che si sviluppano nel corso dell’esperienza: lo spazio
evolve e si modifica con il gruppo che lo vive.
Gli oggetti presenti nello spazio facilitano l’esplorazione, mediano la comunicazione
ai diversi livelli, sono fonte di apprendimento e stimolo per lo sviluppo
delle potenzialità, per l’espressione delle emozioni e della fantasia. È
importante curarne la collocazione e le modalità con le quali vengono offerti e
utilizzati.
I materiali sono anch’essi pensati, in una varietà di tipologie e funzioni: oggetti
d’uso quotidiano che consentono l’espressione della creatività e l’elaborazione
dei bisogni d’imitazione, di identificazione, di attribuzione di senso, di interazione
con coetanei e adulti; materiali strutturati e materiali non strutturati per
costruire cose nuove, e sviluppare capacità di problem solving. La scelta dei materiali
rispecchia anche le valenze ecologiche, di equilibrio e rispetto della natura, e
di educazione al consumo critico.
Oltre allo spazio, anche il tempo è una variabile fondamentale nella progettazione
e nella programmazione di un servizio dove bambini e adulti condividono parte
della giornata. Il tempo istituzionale, il tempo individuale, il tempo della coppia
bambino-adulto, il tempo del gruppo, i tempi della tradizione, la ritualità,
diventano elementi da coniugare per raggiungere un equilibrio sostenibile. La
scansione della giornata e dei tempi brevi o lunghi, quali la settimana o i mesi o i
progetti, garantisce la sicurezza e la fiducia, come il rispetto dei tempi del singolo
e dell’insieme di persone; consente di sostenere il senso di appartenenza ad un
gruppo e assicurare nuovi apprendimenti in funzione delle attività suggerite dagli
spazi, ma anche dai bambini, dagli adulti accompagnatori e dal personale educativo.
Nella programmazione quindi è dedicata attenzione ai tempi per le routines,
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come all’avvicendarsi delle attività e dei tempi di vita, al recupero di quella “lentezza”
che lascia spazio alla relazione.
Importanti sono le feste e le ricorrenze che segnano il trascorrere del tempo in
una ciclicità legata alla tradizione e al divenire. Il ritmo dei tempi consente inoltre
l’apertura alla capacità di progettualità sia nella quotidianità che nel progetto
di vita personale e familiare. A questo possiamo collegare il concetto di flessibilità
con riferimento ai modi di utilizzo del servizio (orari, giorni…), alla considerazione
dei tempi della famiglia e alla possibilità di accesso per diverse figure
familiari. La flessibilità è quindi una caratteristica dei Centri per Bambini e
Genitori e lo è anche in termini di atteggiamento da parte del personale educativo
nel gestire le proposte e le forme di attività tenendo presenti le diversità; lo è
nel modo con cui sono favorite le condizioni dello stare bene insieme, recuperando
il piacere, la lentezza che lascia spazio alle emozioni e agli affetti, in una
dimensione ludica che però non sia solo ricreativa o di intrattenimento, ma sempre
a connotazione educativa.
Flessibilità però non significa assenza di regole; richiede anzi una negoziazione
più intensa rispetto ai servizi tradizionali, e una negoziazione a diversi livelli.
Su questo fronte il gruppo è concorde nel rilevare la difficoltà di definire il
limite. Spesso, come si diceva, la scarsa legittimazione dell’essere luogo educativo
e dell’essere educatore, derivante dalla percezione e dalle rappresentazioni
delle famiglie, ma forse anche dalla storia di questi servizi, richiede un
intenso lavoro di ri-definizione e di ri-costruzione di modalità mediate tra spazio
discrezionale e regole necessarie per l’equilibrata convivenza in una realtà
complessa.
Sul piano più strettamente didattico, l’orientamento comprende una varietà di
opportunità educative in un contesto ludico e di cooperazione tra bambini e
genitori. Le scelte didattiche sono mirate a favorire la crescita globale dei
bambini e delle bambine; tengono conto del grado di sviluppo, delle capacità,
delle abilità, degli interessi e delle attitudini; si fondano su forme di apprendimento
che sollecitino la curiosità, l’esplorazione, il pensiero divergente, la
collaborazione.
Nel Centro per Bambini e Genitori le proposte sono quindi molteplici: la pedagogia
del simbolico (gioco, esercizio della fantasia, espressione simbolica di vissuti
e emozioni); le attività manipolative, senso-percettive, espressive; giochi e attività
per lo sviluppo psicomotorio; uso dei diversi linguaggi; la narrazione, il rapporto
con l’ambiente, la natura e i suoi elementi. Ampio spazio è dato ai laboratori per
piccoli e grandi, alle uscite, ai momenti di confronto e scambio di esperienze, alle
feste, intese come momenti conviviali e di aggregazione che scandiscono il tempo
di vita della comunità, legati alla tradizione e, in un’ottica multiculturale, all’incontro
tra le persone di diverse culture. Le proposte sono programmate con modalità
atte a cogliere e utilizzare la capacità progettuale dei genitori, le loro molteplici
competenze nel rapporto tra adulti e bambini (il fare insieme) e nel rapporto tra
adulti. Particolare attenzione è dedicata ai piccolissimi, bambini e bambine da zero
a dodici mesi, con percorsi opportunamente strutturati.
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Il gruppo di lavoro
La professionalità e la collegialità costituiscono aspetti di rilevo nel Centro per
Bambini e Genitori e rappresentano indicatori di qualità del servizio. È privilegiato
il lavoro di équipe che richiede percorsi individuali e di gruppo per favorire la
coesione e l’acquisizione di capacità di dialogo e di scambio tra punti di vista
diversi che concorrono nella costruzione di un progetto condiviso. Attraverso il
lavoro collegiale si individuano obiettivi comuni, si concorda la divisione del lavoro,
si alimenta un percorso di identità e di costruzione di una memoria del gruppo
fondata su un patto pedagogico che sostiene le relazioni interne e con l’esterno.
Relativamente alla professionalità delle figure educative, è in corso una riflessione
che parte dalla considerazione che le competenze mutuate dall’educatore di nido e
dall’insegnante di scuola dell’infanzia devono essere integrate o ridefinite in relazione
alla complessità di cui sopra. Se in origine tale operazione connotava la figura
educativa come facilitatore della comunicazione o mediatore nell’ambito di
dinamiche relazionali ora, pur considerando tali aspetti fondamentali, si sente la
necessità di porre molta attenzione al setting educativo, alla cornice all’interno della
quale sviluppare la relazione educativa, favorire l’espansione delle potenzialità
individuali, sostenere l’interazione e l’appartenenza a un gruppo. Si pensa che l’educatrice
e/o l’educatore del Centro debba potenziare la capacità di predisporre in
modo pensato le condizioni favorevoli alla costruzione e all’evoluzione di un contesto
educativo e relazionale dove i vari elementi s’incontrano, s’intrecciano, interagiscono
e si apprendono. Una figura con capacità di stare nelle diverse situazioni,
a seconda dei momenti e delle aggregazioni in corso, ma anche di stare in posizione
“meta”, soprattutto nel riconoscere, valorizzare e incentivare il senso di
responsabilità e le competenze delle figure adulte presenti.
È stato spesso utilizzato il termine regia per porre in rilievo l’importanza delle
competenze comunicativo-relazionali, unitamente alla capacità di gestione e coordinamento
delle iniziative con modalità che possano favorire la collaborazione tra
tutti gli adulti che, in modo diverso, si occupano dei bambini, e tra adulti e bambini,
tra bambini e bambini. Il concetto di regia comprende anche la promozione
dello sviluppo cognitivo e metacognitivo. Creare un ambiente familiare, di fiducia,
non significa infatti dimenticare la dimensione degli apprendimenti; anzi,
occorre guardare allo sviluppo globale e armonico della persona, assumere e
incentivare l’atteggiamento sperimentale che apre al possibile nella ricerca di
nuove soluzioni. Significa orientarsi verso l’attivazione di processi di esplorazione,
indagine ed attività capaci di indurre modificazioni nei bambini e negli adulti,
creando situazioni di apprendimento in tutti gli ambiti, da quello strettamente
cognitivo a quello emotivo-affettivo, espressivo e sociale.
Il gruppo di educatrici – educatori deve avere chiaro il ruolo di sostegno della
genitorialità consapevole, e a percorsi di autonomia e sviluppo del senso di solidarietà
favorevole alla costruzione di scambi tra famiglie sul territorio di appartenenza
e quindi di un ulteriore livello d’intervento con una differente configurazione
delle competenze in gioco e delle responsabilità. Il concetto di responsabi-
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lità implica anche il rischio (legato alla presenza di adulti) di delega al fare, che
può provenire dall’adulto accompagnatore o dalle figure educative: queste sono
pertanto chiamate a un monitoraggio costante e a una rielaborazione delle dinamiche
osservate e dell’agire degli adulti per riequilibrare la distribuzione delle
responsabilità. Tale problematica riguarda soprattutto le figure dei nonni che spesso
esprimono stanchezza nei confronti di quest’oneroso incarico ricevuto dalla
famiglia dei piccoli, hanno difficoltà a mediare il proprio stile educativo con quello
dei genitori dei propri nipotini e vivono il centro come un momento in cui poter
staccare, ponendosi quindi in disparte rispetto a quanto sta accadendo.
L’evolversi e l’integrarsi reciproco delle diverse capacità all’interno del gruppo di
lavoro non può prescindere, in questo servizio, dalla necessità di riconoscimento,
valorizzazione e integrazione anche di competenze che provengono dalle figure
genitoriali presenti. Per giungere a tale traguardo, il gruppo di lavoro deve far
emergere le rappresentazioni del genitore e quanto in queste rappresentazioni il
genitore è “competente”. Tale operazione è importante per poter cogliere e utilizzare
le proposte di attività che provengono dai genitori (ma anche dai nonni o altre
figure) ed è importante anche per individuare linee che consentano di gestire i
differenti stili educativi agiti dai diversi soggetti e legati a valori sociali, culturali,
religiosi diversi, così come alle storie personali e familiari. Considerare i genitori
portatori di competenze non significa però porli in una cornice statica, ma
occorre riconoscere in loro possibilità di cambiamento, come accennato nei presupposti
teorici, quindi attivare strategie che ne stimolino la curiosità per aiutarli
ad aprirsi al confronto e alla possibilità di ampliare il proprio bagaglio conoscitivo
in merito allo sviluppo dei propri figli e agli stimoli che possono rendere armonico
tale sviluppo.
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In conclusione
Il confronto a livello cittadino ha reso visibile e con-divisibile il patrimonio
esperienziale che ciascun servizio per bambini e genitori presente nella nostra
Città ha costruito negli anni, attraverso l’analisi del territorio di riferimento e
del tessuto sociale che abita quel territorio, alla ricerca di possibili soluzioni
educative e didattiche. Con la condivisione degli Orientamenti Educativi e nella
Carta dei Servizi si è riusciti a disegnare insieme costanti cui fare riferimento
a livello cittadino, le quali esprimono valori e linee pedagogico-didattiche
orientative per lo sviluppo e il consolidamento di una tipologia di servizio
che, sicuramente, ha le potenzialità per rendere le nostre comunità maggiormente
sostenibili.
Le modalità adottate in questo percorso confermano la crescente capacità di progettazione
partecipata nell’ambito dello sviluppo dei servizi e il progressivo consolidamento
dell’ottica di sistema; testimoniano inoltre l’evolversi dell’integrazione
tra servizi, e tra servizi e privato sociale, verso la realizzazione concreta
del principio di sussidiarietà e la partecipazione dei cittadini, delle cittadine e
delle famiglie alla ricerca di strategie condivise per la crescita armonica e l’educazione
dei bambini e delle bambine. Questo significa anche valorizzare diverse
competenze e creare uno scenario dove più soggetti contribuiscono, ciascuno in
base alle proprie capacità e risorse, a superare la separatezza a favore dell’integrazione
e della continuità.
Nel recente rapporto di Legambiente 1 relativo a una ricerca sulle politiche a favore
della partecipazione degli under 14 nei comuni capoluogo di provincia, Torino
è classificata come “città più attenta alle esigenze dell’infanzia” per le sue politiche
volte allo sviluppo di una cultura dell’infanzia, per le competenze progettuali
e per la continuità delle esperienze. Questo riconoscimento è motivo di grande
soddisfazione e rappresenta un ulteriore stimolo per proseguire e migliorare
nel percorso di co-costruzione del futuro delle nuove generazioni attraverso la
collaborazione e il sostegno delle agenzie educative primarie: le famiglie.
1 Legambiente onlus, Ecosistema Bambino 2008. Undicesimo Rapporto di Legambiente sulle politiche
a favore della partecipazione degli under 14 nei comuni capoluogo di provincia. 10 anni di
ricerca, 2008
91

L’educazione familiare nei Centri
per Bambini e Genitori
Enzo Catarsi
Docente di Pedagogia Generale, Università di Firenze
La nascita dei Centri per bambini e famiglie in Emilia Romagna si inserisce in
quel processo di allargamento della rete dei servizi per l’infanzia, iniziato alla
metà degli anni Ottanta e consolidatosi nel corso degli anni Novanta, come emerge
anche dai dati del monitoraggio presentato in questo volume. Essa è evidentemente
il frutto della consapevolezza riguardo la differenziazione dei bisogni dei
bambini e delle famiglie maturata in quegli anni. La creazione dei Centri – e più
in generale di quelle che allora vengono definite “nuove tipologie” – si deve
anche ad un’importante acquisizione culturale in merito allo sviluppo infantile e
più in generale dei bambini e delle bambine.
Emergono infatti con chiarezza le interconnessioni esistenti fra le diverse dimensioni
di vita del bambino e viene sempre più apprezzata la concezione sistemica
dello sviluppo. A questo proposito Urie Bronfenbrenner propone la sua teoria dell’ecologia
dello sviluppo umano e rileva quanto le relazioni tra educatrici e genitori
siano efficaci ai fini del benessere infantile e del futuro successo scolastico,
alla base del permanere nel tempo di risultati relativi allo sviluppo intellettuale e
socioemotivo dei bambini. In anni successivi Peter Moss rileva come in Italia si
consideri la cura e l’educazione dei bambini “una responsabilità sociale” e come,
quindi, vi si coinvolgano insieme agli educatori anche i genitori e la società nel
suo insieme. I Centri per i bambini e le famiglie esaltano, quindi, questa prospettiva
“comunitaria” dello sviluppo, alla base, peraltro, del progetto educativo dei
nidi. Non è un caso, d’altra parte, che i nuovi servizi per l’infanzia siano nati in
quelle realtà dove il nido rappresenta un’esperienza consolidata.
Anche alla luce di queste riflessioni appare, quindi, particolarmente significativa l’attenzione
che i Centri emiliani e romagnoli hanno prestato, fin dall’inizio, per i genitori
e le loro responsabilità “allevanti”. I dati, anzi, mostrano che negli ultimi anni
l’impegno a favore di una genitorialità sempre più qualificata è anche aumentato. A
questo proposito preme esprimere il proprio compiacimento, in quanto questa scelta
– culturale e politica allo stesso tempo – può favorire un ulteriore salto di qualità, che
porti il nido e gli altri servizi per l’infanzia a configurarsi come peculiare ed esplicito
contesto di educazione familiare, dedicando, cioè, appositi percorsi formativi alla
qualificazione della genitorialità. È la proposta dei “gruppi” di educazione familiare
che ci permettiamo di ribadire, alla luce anche di analoghe iniziative organizzate e
gestite con i genitori dei bambini più grandi, ma anche con quelli del nido.
I “gruppi di discussione con i genitori” – apprezzati ormai a livello internazionale
– hanno caratterizzato anche la prima esperienza di Centro per Bambini e Geni-
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tori, rappresentata dal Tempo per le Famiglie di Milano, dove si è cercato di dare
risposta ai bisogni di sostegno e socialità dei genitori. L’esperienza dei gruppi
appare, in effetti, assai utile, in quanto ritrovarsi tra genitori costituisce un’occasione
di scambio tra pari, tra persone che stanno vivendo la stessa esperienza
e che possono condividere ansie, dubbi, difficoltà relative ai figli. “I gruppi”
costituiscono contesti assai diversi dagli incontri o dalle conferenze tenute dall’
“esperto”, poiché il “conduttore” non dà consigli o “ricette” sugli stili educativi
“giusti”, ma ha la funzione di facilitare la comunicazione e di guidare la discussione
affinché il confronto possa risultare produttivo per tutti. È il gruppo stesso che individua
gli argomenti da discutere e definisce il livello della discussione.
La prospettiva dell’educazione familiare, quindi, anche nei servizi per l’infanzia e
le famiglie, deve prevedere un reale coinvolgimento dei genitori nella gestione dell’attività
formativa. In questi contesti, infatti, tali attività dovrebbero realizzarsi con
l’attivazione di piccoli gruppi di 15-18 genitori che, con il coordinamento di un’educatrice
“matura” e preparata, dovrebbero poter confrontarsi fra loro ed acquisire
nuove competenze, di cui si potranno impadronire realmente sulla base del confronto
e non già in virtù di una trasmissione di carattere passivizzante. Allo stesso
modo, si tratta di avere la piena consapevolezza del fatto che all’interno di ogni
famiglia vige comunque uno specifico “stile educativo” da cui occorrerà comunque
partire per poterlo poi, eventualmente, porre in discussione e modificarlo.
Il sostegno ai genitori non può però essere realizzato solo quando cominciano ad
evidenziarsi dei problemi. Fiore all’occhiello dei Centri è stato giustamente l’impegno
formativo e di accompagnamento dei giovani genitori subito dopo la nascita
del figlio. In particolare – durante i miei anni di insegnamento ferrarese – rimasi
favorevolmente colpito dalle prime esperienze realizzate in questa direzione già
alla fine degli anni Ottanta. I dati ci dicono che questa attenzione è aumentata,
così com’è auspicabile che venga fatta propria da tutti i Centri, in una ottica di
promozione dell’integrazione dei servizi educativi, sociali e sanitari.
La questione della nascita, infatti, deve essere acquisita come tema culturale e politico
di primo piano, per il significato che ha per le persone, ma anche per il valore
sociale che assume, in particolare in un momento di crisi demografica come quello
che stiamo vivendo. Questo pone anche il problema della ridefinizione del ruolo
del Consultorio familiare e del rapporto che i Centri debbono avere con queste
strutture. I Consultori, infatti, hanno avuto – troppo spesso – un’evidente impronta
medicalizzata e si sono limitati ad operare in direzione di una peraltro utile e
valida educazione contraccettiva. Il consultorio familiare, in effetti, è andato progressivamente
perdendo il suo originario carattere formativo – previsto dalla legge
istitutiva 405 del 1975 – a causa delle forti ed eccessive contrapposizioni culturali,
ideologiche e politiche che ne hanno caratterizzato l’esistenza.
Appare quindi indifferibile un’azione tesa a recuperare le originali finalità di tali
istituzioni, che debbono avere anche una chiara caratterizzazione educativa e
sostenere i nuovi genitori prima e dopo la nascita del bambino ed in special modo
nel momento della nascita del primo figlio. Questo evento, fra l’altro, coinvolge
sempre più spesso persone che non sono più giovanissime e che magari vivono
93

insieme da parecchi anni. La nascita del primo figlio impone così un mutamento
di abitudini consolidate, una rinegoziazione delle soluzioni della vita di coppia e
può pertanto essere causa di problemi relazionali.
Appare quindi necessario lavorare con un’ottica professionale rinnovata in direzione
dell’evento nascita, sostenendo i genitori che hanno bambini molto piccoli o comunque
piccoli, utilizzando allo scopo una rinnovata prospettiva di prevenzione. L’impressione,
infatti, è che gli operatori socio-sanitari abbiano fino ad oggi privilegiato
un’ottica preventiva mutuata dal mondo medico e tesa pertanto alla individuazione
precoce dei fattori di rischio o di debolezza all’interno della famiglia. Al contrario si
tratta di fare propria una prospettiva formativa della prevenzione e partire quindi dalle
potenzialità delle persone e dalle risorse che possono mettere in campo.
In questo quadro credo che i Centri potrebbero potenziare i loro interventi a favore
della nascita, ovviamente in collaborazione con i Consultori, dando vita ad un originale
“Progetto nascita” con cui operare in direzione della giovane mamma e della coppia
prima e dopo il parto, per arricchire da un punto di vista educativo interventi oggi
quasi esclusivamente medicalizzati, quali la visita postpartum e gli stessi controlli
pediatrici sul neonato. Tali occasioni, in effetti, potrebbero configurarsi non solo come
momenti in cui dare informazioni sull’attaccamento al seno, sul primo bagnetto, etc.
o su altri aspetti tecnici di questo tipo, ma anche come singolare contesti educativi.
Uno degli obiettivi, in effetti, deve essere anche quello di aiutare i genitori a
diventare tali ancora prima di esserlo, educandoli in particolare all’empatia ed alla
tenerezza. La scelta più corretta, anche a tale proposito, pare essere quella del
“gruppo” di formazione, che sembra costituire il contesto più giusto pure per
rispondere all’ansia genitoriale che spesso attanaglia le giovani madri, timorose di
non essere all’altezza della nuova situazione.
La figura dell’animatrice/educatrice – che potrebbe essere interpretata anche da
un’educatrice di nido competente e dalla lunga esperienza – sarebbe quindi essenziale
per assicurare all’intervento un carattere attivo e per assicurare un filo conduttore
fra le presenze dei diversi professionisti. Allo stesso modo tale figura
potrebbe realizzare anche attività specifiche, come presentare i primi libri (di stoffa
e di gomma) da proporre ai bambini, così come per far conoscere ai neogenitori
giochi e giocattoli particolarmente stimolanti per la crescita del loro bambino/a.
La buona riuscita di tali interventi presuppone, ovviamente, il coordinamento
dei diversi operatori attraverso l’organizzazione di 3/4 riunioni.
Gli incontri dei genitori potrebbero svolgersi prima del parto nelle strutture dove si
sono tradizionalmente tenuti i corsi di preparazione al parto, mentre il percorso di
educazione familiare dopo la nascita del bambino potrebbe svolgersi presso un Centro,
dove i genitori potrebbero portare anche il bambino che, insieme agli altri,
sarebbe accudito da un’educatrice durante le due ore dell’incontro di formazione.
L’obiettivo, in definitiva, sarebbe quello di consentire la costruzione di un sapere
nuovo ed originale rispetto ai tradizionali corsi di preparazione al parto, con tutto
ciò che ne consegue per la rassicurazione dei genitori e la qualificazione della genitorialità,
ma anche per l’arricchimento culturale e professionale di tutti coloro che
vi sono coinvolti, nell’ottica dell’integrazione dei saperi e delle professionalità.
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Una novità, una sfida, un modello da seguire
Paola Di Nicola
Docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, Università degli
Studi di Verona
Nel panorama delle politiche sociali per la famiglia realizzate in Italia, i Centri per
Bambini e Genitori e altri servizi ome i Centri per le famiglie costituiscono, ancora
oggi, per molti aspetti una novità, una sfida e un modello da seguire, sia sul versante
organizzativo, che culturale. Sebbene siano anni che in Italia si sta dibattendo
il tema della promozione ed attivazione di politiche sociali dirette ed esplicite
per la famiglia, soprattutto sul versante del sostegno economico (lotta alla povertà)
e relazionale (di appoggio alle competenze genitoriali, alla relazione di coppia,
alle transizioni familiari), gli interventi concreti sono stati e sono poco significativi.
Leggi molto importanti quali l’introduzione dei congedi genitoriali, la chiusura
degli istituti per minori sono state accompagnate da azioni spesso sporadiche
(ad es. il bonus per il secondo figlio e il finanziamento diretto dei nidi aziendali
da parte del Ministero del lavoro e del welfare) che poco hanno inciso, tuttavia,
sulle reali dinamiche organizzative delle famiglie. La domanda di nidi è ancora
altissima (quale si evince dalla lunghezza delle liste di attesa), le biografie lavorative
delle donne sempre più flessibili ed incerte, con la crescente difficoltà di
poter trovare una forma di compatibilità sostenibile tra responsabilità di cura e
tempi e ritmi della produzione, che rendono difficile far incrociare domanda e
offerta di servizi per la primissima infanzia. Inoltre, la ovvia e prevedibile crisi
demografica – stante il persistente quadro di una forte familiarizzazione e femminilizzazione
del lavoro di cura – unitamente all’aumento del rischio povertà tra
le famiglie con elevati carichi di cura (famiglie numerose, famiglie con figli) hanno
spostato il baricentro del dibattito sul problema della lotta alla povertà – una
volta assodato che oggi i figli sono fattori di rischio povertà – facendo passare in
secondo piano l’obiettivo del sostegno alle competenze genitoriali.
In realtà, l’ambito del sostegno alla genitorialità, soprattutto alla luce delle nuove
transizioni che la famiglia è chiamata a compiere (si pensi a tutto il campo del
conflitto coniugale) e alle crescenti difficoltà che uomini e donne incontrano nel
compiere adeguate mediazioni tra lavoro di cura e lavoro per il mercato, sta
diventando uno dei campi che più frequentemente interpella la politica e l’Ente
locale, e non a caso. Infatti, l’ambito del sostegno alla genitorialità è stato quello
che ha offerto agli Enti locali, le maggiori opportunità per promuovere servizi ed
interventi innovativi per la famiglia, dando adito a modelli di welfare sufficientemente
differenziati da potere essere etichettati come “municipali”.
Istituiti con la legge regionale n.27 nel 1989 in Emilia-Romagna, nell’ambito di
un progetto articolato per l’attuazione di politiche educative, socio-sanitarie e
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socio-assistenziali in materia di procreazione, genitorialità e sostegno alle famiglie
con bambini, i Centri per le Famiglie sono usciti dai confini regionali, divenendo
una sorta di modello che le altre regioni italiane hanno diversamente coniugato,
a partire dall’attuazione della legge n. 285/1997 “Disposizioni per la promozione
di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”. Presi come cornice
entro la quale collocare servizi ed interventi secondo nuove logiche programmatorie
e gestionali, i Centri, soprattutto in aree territoriali del Paese carenti
di una solida e consolidata politica sociale per la primissima infanzia, si sono
lentamente svuotati, una volta prosciugatasi la linfa, anche economica, proveniente
dalla legge n. 285. A dieci anni dalla legge n. 285, i Centri per le Famiglie
in alcune realtà sono così una presenza acquisita, in altre un’etichetta generica, in
altre ancora un sogno mai realizzato. In questo senso i Centri per le Famiglie dell’Emilia-
Romagna costituiscono tutt’ora una novità, tanto più che da tempo sono
stati affiancati da altre tipologie di servizio particolarmente innovative e importanti
per il sostegno alla genitorialità. Tra queste appaiono di particolare rilievo i
Centri per Bambini e Genitori, le cui prime esperienze risalgono in Regione alla
fine degli anni ’80 e di recente sono stati più precisamente regolamentati con la
Legge Regionale n. 1/2000, che si fondano su una diversa e originale visione prospettica:
a) si parte dal bambino e non dall’adulto, e intorno ai suoi bisogni si costruisce
uno spazio di socializzazione;
b) si parte dalla relazione genitoriale e non dalla diade bambino-adulto, e a partire
da tale relazione si crea uno spazio di condivisione;
c) si parte dal concetto di competenza genitoriale e non di funzione genitoriale, e
con il genitore si realizza uno spazio relazionale di riflessività, di meta-riflessione,
di convergenza – non confusione – tra saperi profani e saperi professionali.
Centrale anche in questi servizi educativi di “compresenza” è il sostegno alla
genitorialità, non in funzione suppletiva, ma in quella di potenziamento, accrescimento
e valorizzazione, offrendo l’opportunità a gruppi di madri e padri di “vedere”
e “vedersi” agire la relazione genitore-figlio, in un contesto di socializzazione
che oggi è pressoché assente in altri spazi sociali di incontro.
L’assunzione di una diversa visione prospettica, tuttavia, costituisce il punto di
arrivo di un percorso di crescita, differenziazione e qualificazione dei servizi per
la primissima infanzia sul quale operatori, amministratori e politici molto hanno
investito in termini di formazione, aggiornamento, innovazione progettuale e
gestionale. I Centri per Bambini e Genitori non nascono dal nulla: partono dal
nido, ma da esso si differenziano e mai lo sostituiscono. Questo profondo radicamento
del Centro nella cultura del nido, in una consolidata e attenta politica sociale
per i più piccoli, consente anche di comprendere i fallimenti a cui sono andati
incontro quei Centri attivati con la finalità di costituire il punto di partenza per la
nascita di una rete di servizi per bambini e genitori: generati nel vuoto, hanno
spesso sollecitato una domanda (di sostegno alla genitorialità), che spesso è andata
delusa, soprattutto se e quando il Centro ha assunto più le caratteristiche di una
ludoteca, che non quella di uno sportello di servizi ed iniziative a favore di cop-
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pie con figli. Pur diversi e distinti dal nido, sebbene orientati anche agli adulti, la
storia e lo sviluppo dei Centri si possono comprendere solo riconoscendone il
legame con il nido, non in quanto servizio, ma in quanto espressione di un ampio
disegno pedagogico-relazionale, che si è modificato nel tempo, sulla spinta di una
progettualità che si è rilevata proficua per l’innovazione anche di altri servizi e per
sollecitare un’attenzione sul tema della genitorialità nuova nel panorama italiano.
In tempi di tagli alle spese sociali, che hanno colpito duramente gli Enti locali, nel
momento in cui il problema della riforma del welfare è quasi totalmente schiacciato
sul tema delle pensioni, per un Comune investire sui Centri è una grossa sfida.
È una sfida perché l’Ente locale va in controtendenza: di fatto investe sui bambini
e sulle famiglie giovani, rispettivamente futuri e attuali pilastri del sistema pensionistico,
i cui bisogni sono spesso liquidati superficialmente come costi sociali
aggiuntivi e non come investimento per il futuro. Uno degli effetti più deleteri dei
frequenti tagli ai bilanci degli enti locali, consiste nella contrazione dell’area della
progettualità, a favore del mantenimento dell’esistente, con il rischio di tornare
a modelli di welfare assistenziali, in cui diventa centrale rispondere al bisogno
e solo in subordine occuparsi della promozione di più elevati standard di qualità
dei servizi. La presenza consolidata di Centri sul territorio assolve alla fondamentale
funzione di dimostrare, che nonostante tagli e riduzioni, è possibile mantenere
in vita strutture profondamente innovative, che si sono caratterizzate non
tanto per l’erogazione dei servizi, quanto per aver generato esperienze diverse e
diversificate in tema di sostegno alla genitorialità.
È una sfida perché le diverse iniziative promosse non hanno seguito – nella loro
attivazione – il modello organizzativo che vede un centro propulsore ed una periferia
che “applica” la legge, né sembrano avere una regia. Se c’è una regia, essa
si può ricondurre al tentativo di promuovere azioni che siano le più vicine possibili
al livello in cui si manifesta il bisogno. Vicinanza, tuttavia, che non è solo spaziale,
ma è anche e soprattutto vicinanza, prossimità di linguaggi, di pratiche e di
competenze. Azioni che “si prendono cura” della famiglia, facendo leva sulle pratiche
di cura quotidianamente messe in atto da uomini e donne non professionisti,
ma dotati di una loro specifica e insostituibile competenza. Sono azioni che vedono
all’opera operatori professionali, soggetti del terzo settore, associazioni familiari
e, soprattutto, le stesse famiglie, che lungi dall’essere pure destinatarie di un intervento,
sono soggetti attivi, la cui presenza è imprescindibile per realizzare l’iniziativa
e darle spessore e contenuti. Le attività, che ruotano intorno al Centro
mirano a “potenziare” – e non sostituire – le competenze che donne ed uomini
mettono in campo nel loro quotidiano lavoro di cura e nello stesso tempo non
assumono necessariamente la configurazione di servizi, collocati in uno spazio e
con un organico preciso e definito.
È una sfida, perché la realizzazione di un Centro presuppone, da parte dell’Ente
locale una capacità politica, programmatoria e gestionale molto elevata, che si
dispiega nella realizzazione di una vera sussidiarietà orizzontale, che pur valorizzando
il terzo settore, evita la deriva della esternalizzazione dei servizi, per ridurne
il costo. A tale proposito, la Regione Emilia-Romagna ha fatto da battistrada,
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mostrando che era possibile sperimentare nuove formule organizzative e gestionali
ben prima della legge n.285/1997, che ha indubbiamente consentito a tante
altre realtà regionali di avviare analoghe sperimentazioni. Più del 60% dei Centri
per bambini e Genitori sono a gestione diretta del Comune, quasi un terzo sono
dati in appalto a cooperative sociali, a conferma che il principio di sussidiarietà
orizzontale, la valorizzazione delle risorse presenti sul territorio, non esimono
l’Ente locale dalla sua funzione di principale soggetto propulsore di servizi per la
collettività. Funzione tanto più importante, quanto più l’offerta dei servizi tocca
la qualità e per molti aspetti copre un bisogno (sostegno alla genitorialità) che
alcuni definirebbero superiore, non essenziale.
Infine, proprio in tempi di tagli e ridimensionamento dei servizi, sia i Centri per
Bambini e Genitori che i Centri per le Famiglie rimangono un modello verso cui
tendere, in quanto hanno rappresentato uno dei primi tentativi di affrontare i
problemi della famiglia in condizione di normalità: non più solo i problemi delle
famiglie povere, emarginate, multiproblematiche, ma le famiglie impegnate nel
quotidiano lavoro di cura. Obiettivo ambizioso, ma perseguito con la finalità di
potenziare e rinsaldare tutte le risorse (materiali, solidaristiche; formali ed informali),
sulle quali può contare la famiglia nello svolgimento delle sue funzioni di
cura. Assunti come modelli, come paradigma di riferimento, i Centri possono rappresentare,
per molti Enti locali, l’occasione per promuovere un welfare municipale,
che può presentare una notevole caratterizzazione territoriale, anche in ragione
della ‘geografia’ delle risorse, sia formali che informali, delle capacità progettuali,
gestionali ed organizzative presenti nelle comunità di vita quotidiana dei cittadini.
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Tre leggi determinanti per la promozione
di nuovi servizi accanto ai Nidi
Angela Fuzzi
Servizio Politiche Familiari, Infanzia e Adolescenza, Regione Emilia-Romagna
L’evoluzione dei servizi educativi di compresenza per adulti e bambini sul territorio
emiliano-romagnolo è stata accompagnata, nel corso degli ultimi due decenni,
da un insieme articolato e coerente di azioni di supporto e di interventi normativi e
finanziari da parte della Regione, in particolare, da tre leggi di grande rilevanza.
La Legge Regionale n. 27 del 1989
Dalle trasformazioni che negli anni ‘80 hanno interessato la nostra società, sono
emersi nuovi bisogni da parte delle famiglie, tra i quali una maggiore differenziazione
e articolazione dei servizi educativi per l’infanzia. Le istituzioni si sono sentite
quindi chiamate a rispondere a tali esigenze, ripensando soluzioni organizzative
dei servizi improntate a criteri di qualità ma anche di ottimizzazione della spesa.
Nello specifico, le scelte che la Regione Emilia-Romagna ha compiuto con
l’approvazione della LR 27/89 Norme concernenti la realizzazione di politiche
di sostegno delle scelte di procreazione ed agli impegni di cura verso i figli (in
particolare con l’art. 10), sono state quelle di promuovere lo sviluppo di nuovi servizi
rivolti ai bambini e alle loro famiglie, con nuove modalità di funzionamento
e di gestione (a forme miste, pubblica e privata).
Nel corso degli anni Novanta è stata realizzata una sperimentazione di servizi
integrativi per l’infanzia che si è misurata con diverse tipologie di servizi: i centri
gioco per bambini e genitori, i nidi aperti, le aree verdi, le sezioni-ponte, ecc.
Si è trattato di un percorso che ha consentito di arricchire da una parte l’esperienza
di chi progettava, realizzava e gestiva i servizi, dall’altra anche le famiglie
che trovavano nei servizi per l’infanzia un luogo di incontro e socializzazione.
Insieme alla promozione di nuove tipologie di servizi, furono avviate anche importanti
occasioni di formazione per gli operatori, educatori e coordinatori pedagogici,
così coinvolti in relazioni più complesse, utilizzando, come importante punto di partenza,
l’esperienza prodotta dai nidi. Il sostegno finanziario della Regione avviato
con la LR 27/89 ha sicuramente favorito la realizzazione dei servizi integrativi nel
territorio regionale, esperienza molto particolare nel panorama nazionale. Tuttavia
la realizzazione di interventi adeguati alle nuove domande sociali delle famiglie,
non è stata per gli Enti locali così scontata, in quanto si trattava di dover fare i conti
con la possibilità di sostenere la spesa corrente per i contributi di gestione.
Nonostante le difficoltà finanziarie che i Comuni dovevano affrontare in quegli
anni, rafforzate anche da una progressiva contrazione dei contributi per la gestione
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ordinaria sui nidi d’infanzia, l’intervento fu concertato tra tutti i soggetti interessati.
L’orientamento fu quello di sostenere forme innovative, riservando a queste
una quota costante negli anni (pari a 2 miliardi di lire all’anno), finalizzata esclusivamente
all’attivazione di nuove tipologie di servizi.
Fu garantito un accesso privilegiato ai Comuni con popolazione superiore ai
50.000 abitanti, considerando che in questa fascia la domanda sociale ai servizi
per l’infanzia è sempre stata molto ampia, secondo procedure che per l’assegnazione
dei contributi tenevano conto di:
– ampiezza demografica dei Comuni interessati;
– caratteristiche dei progetti secondo il seguente ordine di priorità: a) nidi parttime
e centri gioco previsti in unica struttura; b) nidi part-time; c) centri per
bambini e famiglie/centri gioco; d) nidi aperti (spazi organizzati per prevedere
l’accoglienza di bambini non iscritti al nido); e) aree verdi;
– esistenza o meno di altri servizi 0-3 anni;
– numero dei bambini non serviti.
La spinta verso la razionalizzazione delle risorse e l’ottimizzazione dell’offerta
educativa, produsse anche la volontà di orientare la realizzazione di servizi innovativi
in strutture già organizzate, come ad esempio i nidi part-time. In breve tempo,
la sperimentazione si estese peraltro anche al di fuori dei capoluoghi di provincia
e il sostegno regionale alla realizzazione dei centri per bambini e famiglie
venne richiesto anche da comuni di piccole e medie dimensioni.
La Legge nazionale 285 del 1997
Con la promulgazione della Legge 285/97 Disposizioni per la promozione di
diritti e opportunità per l’infanzia e l’adolescenza, la Regione Emilia-Romagna
compie una valutazione delle sperimentazioni messe in atto e all’art. 5 definisce
con chiarezza le tipologie dei servizi integrativi che costituiscono il sistema dell’offerta
educativa regionale. Ciò è reso possibile anche grazie agli elementi di
analisi dei monitoraggi realizzati nel 1995 e nel 1997 dall’Unità di Documentazione
Gift del Centro per le Famiglie del Comune di Ferrara.
Da questo momento in poi, i servizi integrativi al nido, sui quali la legge nazionale
ha agito in termini di consolidamento, come risultato di una sperimentazione
regionale pluriennale, sono: il “Centro per Bambini e Genitori” come forma di
accoglienza dei bambini insieme agli adulti di riferimento e lo “Spazio Bambini”,
come forma di affido alle educatrici unito a caratteristiche di flessibilità oraria.
Già dal 1997, è stato così possibile avviare una programmazione finanziaria che
comprendesse risorse non solo per l’avvio di tali servizi, ma anche per il loro funzionamento,
ossia per le spese di gestione. In ragione di questo, nello stesso anno
vengono quindi definite con precisione caratteristiche, finalità e criteri organizzativi
cui devono rispondere i servizi per bambini e genitori emiliano-romagnoli al
fine di poter accedere ai finanziamenti regionali, in particolare stabilendo che:
– nella progettazione occorre orientare l’attenzione alle strategie educative basate
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essenzialmente nella proposizione di attività di gioco per i bambini con i genitori,
nell’ascolto, nella mediazione, nella valorizzazione della relazione, nel
rispetto delle differenze di ciascuno;
– nella progettazione degli spazi e degli arredi, i servizi devono disporre almeno
di un ambiente ugualmente accogliente e attrezzato per i bambini e per gli
adulti che li accompagnano, a misura degli uni e degli altri;
– l’utilizzo di personale qualificato sul piano educativo, aggiornato periodicamente
e con la supervisione del coordinatore pedagogico per le caratteristiche
del servizio, relative alla tipologia delle attività e alla condivisione delle responsabilità
tra educatori e famiglie, è prerogativa della specifica progettazione;
– l’individuazione del numero di educatori e di eventuali altre professionalità da
coinvolgere per la proposizione di un servizio di qualità. È comunque necessario
evitare la presenza di gruppi di bambini e adulti troppo numerosi, al fine
di garantire un’attenzione adeguata alla coppia genitore-bambino e sufficienti
opportunità di partecipazione alle attività proposte;
– un calendario di funzionamento minimo di 6 mesi;
– una periodicità di apertura di almeno una volta la settimana.
La Legge Regionale n. 1 del 2000
Un ulteriore momento significativo per la storia dei Centri per Bambini e Genitori è
segnato dalla Legge Regionale 1/2000 Norme in materia di servizi educativi per la
prima infanzia (e, in seguito, dalla Direttiva Regionale n. 646/2004), un provvedimento
preceduto da un’approfondita consultazione con tutti i soggetti interessati
dell’intero territorio regionale e che, in assenza di una legge nazionale di riordino dei
servizi 0-3, è stata presa a riferimento da numerose altre regioni italiane. Tale legge
regolamenta e definisce l’offerta educativa per i bambini e le famiglie dell’Emilia-
Romagna, secondo una logica di sistema integrato di servizi socio-educativi per la
prima infanzia e, tra l’altro, per la prima volta definisce e norma con precisione i
servizi integrativi e le altre tipologie di servizio sorte negli anni accanto ai nidi.
In conformità ai nuovi assetti istituzionali, le funzioni vengono trasferite alle Amministrazioni
provinciali e la programmazione regionale, fino a tutto il 2004, definisce
linee di indirizzo e obiettivi molto articolati. Tali modalità sono state realizzate per
facilitare una continuità territoriale degli interventi. Infine, con il piano triennale riferito
alla programmazione 2005-2007 la Regione introduce fattori di cambiamento,
affidando alla programmazione locale l’individuazione di criteri diversificati per
sostenere e valorizzare gli elementi caratterizzanti le dimensioni provinciali.
Il Monitoraggio 2005 sui Centri per Bambini e Genitori, ci consentirà di compiere
una lettura trasversale delle diverse progettazioni ed esperienze con una dinamicità
temporale, dai dati quantitativi, alle modalità di funzionamento, al personale, alle
attività. Da questa sarà possibile trarre suggerimenti, utilizzare le informazioni che
emergono, analizzare i punti di forza e quelli di fragilità per lavorare, insieme alle
Amministrazioni provinciali, sulla nuova programmazione triennale (2008-2010).
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Famiglie e bambini a Pistoia
Annalia Galardini
Dirigente del Settore Servizi alla persona, Comune di Pistoia
L’attenzione verso le famiglie nella realtà di Pistoia ha radici lontane ed ha prodotto,
nel tempo, servizi che hanno l’obiettivo di dare risposte adeguate al mutare
dei bisogni dei bambini e dei loro genitori.
Una tappa decisiva è rappresentata dall’avvio, a partire dalla metà degli anni ’80,
della sperimentazione delle nuove tipologie che si sono affiancate ai servizi tradizionali,
il nido e le scuole dell’infanzia, e che hanno avuto il merito di dare
un’attenzione peculiare ai bisogni dei genitori rispetto ai loro compiti di cura.
Pistoia è stata tra le prime città a realizzare le nuove sperimentazioni, proponendo
alle famiglie due tipologie diverse, le Areebambini e i Centri per le Famiglie
e, proprio per questo, attualmente può contare su una breve ma significativa
storia che rappresenta un patrimonio professionale a disposizione degli educatori
e una risorsa per le famiglie nella città.
Il dibattito pedagogico degli ultimi anni si è soffermato a lungo sugli elementi
peculiari di questi nuovi servizi che, a partire dalla legge 285 del 1997, hanno
avuto una diffusione assai significativa sul territorio nazionale e che hanno ricevuto
ulteriore impulso, in alcune regioni, grazie alle normative prodotte dalle
regioni stesse che ne hanno definito il profilo organizzativo, confermandone
l’identità e legittimandone l’espansione.
Ogni realtà territoriale ha poi trovato occasioni peculiari, a partire dalle proprie
risorse e dai propri bisogni sociali; per questo il confronto tra le diverse esperienze
è stato e continua ad essere prezioso.
A Pistoia le Areebambini si presentano molto ben caratterizzate dal punto di vista
degli spazi: sono ambienti caldi, accoglienti, sicuri, dove piccoli e grandi possono
stare insieme per socializzare, confrontarsi, giocare, apprendere. Il progetto
educativo delle Areebambini privilegia l’esperienza dei bambini proponendo un
contesto di socializzazione e offrendo attività che vogliono favorirne le competenze.
Sono luoghi propri dei bambini, che danno valore al loro diritto di crescere
mettendo a frutto tutte le proprie potenzialità. Si caratterizzano, inoltre, come
spazi dove gli adulti possono condividere il gioco con i bambini e dove i genitori
possono trovare occasioni per comprendere meglio i bisogni dei loro piccoli, si
propongono come luoghi che danno ai genitori la possibilità di confrontarsi per
trovare conferme, per osservare altri stili educativi e trarne occasione di riflessione
e sostegno.
L’investimento sulla qualità dello spazio è stato forte per la volontà di renderlo
invitante sia per gli adulti sia per i bambini, leggibile nelle possibilità di utilizzo,
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con zone specificamente dedicate ai grandi e ai piccoli, in modo da favorire per
gli uni la conversazione e il dialogo e per gli altri il gioco e le opportunità ludiche
precluse nella casa.
C’è stato anche l’obiettivo di orientare l’attenzione dei bambini, ma anche quella
dei genitori, su attività che prevedono l’uso di materiali diversi, in particolare di
materiali di recupero in alternativa alla plastica e al genere di giocattoli presenti
in modo sovrabbondante nelle case, che non danno stimoli ai bambini, né gli
offrono possibilità di utilizzare le proprie competenze.
Le Areebambini quindi si presentano come luoghi particolarmente favorevoli al
gioco, con scaffali ricchi di materiali che sollecitano nei bambini la voglia di
esplorare e di fare, con angoli invitanti e ben caratterizzati che li aiutano a muoversi
con autonomia, dove possono stare in piccolo gruppo e sperimentare il gioco
condiviso.
La presenza delle famiglie in questi servizi rimane comunque un aspetto fortemente
caratterizzante che quindi orienta sia le scelte organizzative relative agli
spazi e ai tempi, sia quelle educative che si riferiscono agli stili relazionali degli
educatori. Gli adulti possono stare con agio in angoli predisposti per la conversazione
o in situazioni che consentono di osservare i bambini e di giocare insieme.
Il tempo è scandito da rituali, come in particolare il momento del tè, che
aiutano tutti a sentirsi a proprio agio e che favoriscono la conoscenza reciproca.
Si tratta comunque di un tempo lento, un tempo di sosta che aiuta gli adulti a
rallentare la corsa quotidiana per riappropriarsi dei ritmi dei bambini e mettere
a fuoco l’idea che abbiamo tutti bisogno di vivere con agio il tempo del conoscere
e del conoscersi.
Una cura particolare è riservata alle pareti che documentano l’attività del servizio,
utilizzando le immagini dei bambini per mettere in valore le proprie emozioni, le
proprie scoperte, tutta la ricchezza della crescita e il piacere di accompagnarla da
parte degli adulti. Si tratta di una documentazione che non si ferma solo alle
immagini, ma che contiene anche le parole degli educatori che arricchiscono di
significato le immagini stesse e orientano la riflessione dei genitori, i quali
apprezzano molto questa opportunità perché fanno la scelta di frequentare questi
luoghi proprio per ricevere un sostegno e anche per sentirsi capaci di mettere a
valore tutte le proprie risorse nel rapporto con i bambini.
La condivisione è l’idea chiave della proposta educativa, gli adulti e i bambini
che frequentano questi servizi possono, infatti, condividere esperienze, proposte
di attività, occasioni di gioco, sentimenti ed emozioni, proprio per superare
quel vissuto di solitudine e di isolamento che caratterizza la vita quotidiana,
in particolare nella realtà urbana, della coppia madre bambino nei primi
anni di vita.
Si tratta di offrire uno spazio amico, che produce benessere, che sostiene le relazioni,
ma che mette al tempo stesso a valore il protagonismo di ciascuno, c’è,
infatti, un’accoglienza molto personalizzata da parte degli operatori del servizio
verso ogni famiglia, che incoraggia l’espressione delle storie personali e la
disponibilità al dialogo.
103

Anche rispetto alle attività da proporre ai bambini, abbiamo privilegiato quelle
che valorizzano la relazione, per questo una delle risorse più apprezzata delle
Areabambini è quella del Giralibro. Si tratta di una biblioteca specializzata
per i più piccoli, quindi di un servizio dedicato ai libri, ma che utilizza il libro
come mediatore nella relazione affettiva tra il bambino e l’adulto. Lo spazio
espone un’ampia gamma di testi per la fascia 0-6, facilmente accessibili in una
sala ben arredata con poltrone, tappeti, cuscini che invitano alla scoperta dei
libri e alla lettura. La lettura condivisa tra l’adulto e il bambino rappresenta
un’occasione preziosa che offre opportunità cognitive ed affettive importanti
per la crescita. Bambini e adulti sfogliano i libri insieme, ascoltano il racconto
di storie direttamente dalla voce di chi li accompagna e partecipano anche a
momenti comuni in cui l’educatore del centro anima una breve rappresentazione
o propone una lettura a voce alta. Il Giralibro è sempre molto frequentato,
si viene non tanto per prendere il libro in prestito, ma piuttosto per il piacere
di rimanere in un luogo accogliente che comunica a grandi e piccini il piacere
di stare insieme e di lasciarsi conquistare dalla suggestione delle immagini
e dei racconti.
A Pistoia oltre alle Areebambini, che sono quattro, è attivo un Centro per le Famiglie
che trova la sua specificità nella progettazione di attività rivolte propriamente
ai genitori. Si organizzano conversazioni con esperti, si progettano attività con
i genitori e gruppi informali di discussione, ma il Centro propone anche servizi
stabili in cui adulti e bambini sono insieme.
Un’attenzione particolare è riservata al così detto Spazio Piccolissimi, pensato per
i bambini nel primo anno di vita accompagnati da una figura familiare. Negli anni
la richiesta di utilizzare questo servizio è sempre cresciuta perché coglie e dà
risposta al bisogno, in particolare delle mamme, di trovare sostegno e conforto
durante i primi mesi della loro maternità. Si tratta anche in questo caso di un
ambiente gradevole e accogliente, simile alla casa, perché arredato con grande
cura in modo personalizzato, con comode sedute e spazi con specifiche funzioni,
molto caratterizzato dalla dimensione collettiva perché ricco di testimonianze che
sottolineano la presenza di molte famiglie.
Nel Centro per le Famiglie trovano spazio anche servizi che partono dall’attenzione
a bisogni particolari. Un esempio è quello de “L’amico in più”, uno spazio gioco
che funziona una volta la settimana per i bambini diversamente abili e che offre
stimoli e attività ludiche mirate sulle loro esigenze, ma che soprattutto dà ai loro
genitori l’opportunità di sentirsi accompagnati e sostenuti nella fatica quotidiana.
La presenza di questi servizi è messa a valore nella città da precise strategie di
pubblicizzazione, ma il passaparola è decisivo. C’è un’affezione a questi luoghi
da parte delle famiglie che li frequentano che risulta la conferma più attendibile
del loro significato sociale. La testimonianza positiva di chi frequenta alimenta
nuove presenze e questo, a sua volta, incoraggia e dà sempre nuove motivazioni
al personale che vi è impegnato, ma conferma sopratutto l’amministrazione
comunale nella scelta di investire in queste tipologie. Se i servizi tradizionali
come il nido e la scuola dell’infanzia sono insostituibili nella loro funzione
104

educativa e sociale, le Areebambini e il Centro per le Famiglie hanno dato alla
nostra città un grande contributo al radicarsi di una cultura dell’infanzia, hanno
dato visibilità alla conoscenza acquisita sui bisogni dei bambini piccoli e sono stati
preziosi per la riflessione che hanno innescato sulla realtà odierna delle famiglie.
Sopratutto rinforzano nelle famiglie atteggiamenti di reciproco ascolto, di
solidarietà, di sensibilità educativa, atteggiamenti che rappresentano per tutta la
comunità un capitale sociale che é risorsa preziosa. Per questo opportunamente
vengono considerati servizi integrativi perché danno completezza al sistema dei
servizi socio-educativi per i bambini.
105

Un’occasione educativa, dentro e fuori
i Centri per Bambini e Genitori
Monica Guerra
Università degli Studi di Milano “Bicocca”
L’esperienza sperimentale dei servizi di compresenza avviata negli anni ’80, ha
portato oggi ad un panorama di proposte che, pur nella loro vicinanza e somiglianza,
si caratterizzano in realtà attraverso accezioni specifiche, che prese
nell’insieme sembrano l’esito di politiche, risorse, obiettivi solo in parte uguali.
Gli stessi Centri per Bambini e Genitori presenti in Emilia-Romagna, come ben
evidenzia il monitoraggio presentato, mostrano caratteristiche che portano a definire
profili di servizio diversi.
Qui tuttavia, ci sembra innanzitutto utile richiamare ad una trasversalità che interessa
nella loro complessità tutti i servizi che accolgono adulti e bambini insieme, sottolineando
come essi abbiano rappresentato e continuino a rappresentare un’occasione
di particolare interesse, non solo per quanti hanno l’opportunità di accedervi,
ma anche per i servizi educativi in generale, andando ad intersecarsi con le riflessioni
che già attraversavano nidi e scuole dell’infanzia, sostenendole e alimentandole.
Innanzitutto, attraverso i centri per adulti e bambini è stata sollecitata negli anni
una rinnovata attenzione alle famiglie e alla relazione con esse; si è cioè sostenuto
un modo diverso di pensare e accogliere gli adulti all’interno dei servizi, anche
di quelli cosiddetti tradizionali, facendo loro posto, o meglio un maggiore e più
significativo posto. I genitori e più in generale le famiglie – fatte anche di nonni,
zii, fratelli, baby-sitter, ecc. – hanno assunto sempre più diritto di cittadinanza
dentro ai luoghi per bambini, rappresentando una risorsa determinante anche per
il migliore funzionamento dei servizi stessi. Se da un lato, infatti, servizi educativi
quali nidi e poi scuole dell’infanzia hanno sempre riservato un’attenzione alta
alle famiglie, calante poi purtroppo negli ordini successivi, dall’altro il diffondersi
delle esperienze di centri per adulti e bambini insieme ha portato a dare nuovo
rilievo ai significati e alle modalità della presenza adulta nei servizi, portando ad
una rinnovata riflessione ed inducendo ad alcune ulteriori aperture.
Le famiglie sono così state considerate sempre più interlocutrici e non solo fruitrici,
partner con cui non solo si deve ma è anche utile scambiare e condividere
pensieri, rappresentazioni, azioni, modi di essere e fare educazione: in questo confronto
generativo si è vista risiedere la possibilità di capire meglio i bambini e il
ruolo degli adulti nel crescerli, ma anche di fare insieme cultura dell’infanzia, non
tanto mettendola al centro di dibattiti e dichiarazioni, quanto condividendo una
vita comunitaria nella quale i bambini hanno ancora l’opportunità di crescere
accanto ad altri pari ed altri adulti e i genitori quella di osservare i propri figli in
un contesto allargato, oltre che di condividerlo con altri genitori che stanno vivendo
106

la medesima esperienza. In questo senso, i Centri per Bambini e Genitori appaiono
luoghi di partecipazione per eccellenza, intesa come occasione autentica e concreta
per essere parte attiva e costruttiva di progetti di cui si è corresponsabili; in
questo ci sembra risiedere uno dei tratti di maggior interesse di tali servizi: non
solo luoghi sempre più raffinati di gioco e socializzazione per i bambini che non
frequentano i servizi educativi tradizionali, non solo spazi di incontro e confronto
tra adulti accomunati dal proprio ruolo educativo, non solo occasioni di accompagnamento
e sostegno alla relazione adulto-bambino e ad un suo sempre più elevato
benessere – tutti obiettivi fondamentali caratterizzanti in linea generale i servizi
di compresenza –, ma anche territori sociali in cui favorire e sperimentare
l’impegno di ciascuno nella condivisione di significati, valori, scelte, azioni che
riguardano l’educazione e l’infanzia. Una proposta particolarmente significativa
a questo proposito è quella che si rivolge ai genitori con bambini sotto l’anno di
vita, periodo che rischia oggi di essere fortemente solitario e che attraverso i servizi
di compresenza ha l’occasione di riappropriarsi di uno spazio educativo condiviso,
dove crescere come genitori insieme ad altri. Tale proposta ha consentito
anche una rinnovata attenzione alle potenzialità dei bambini piccolissimi, rendendo
manifeste le risorse comunicative e sociali di cui sono portatori se messi nelle
condizioni di stare insieme ad altri pari: ciò, che prima era visibile solo all’interno
dei nidi, oggi è sotto gli occhi non solo di operatori competenti, ma anche di
adulti familiari spesso sorpresi, inseriti tutti in un processo di progressiva consapevolezza
sulle competenze dei più piccoli che non può che giovare alla loro crescita
e al loro benessere, oltre che più in generale ad una cultura dell’infanzia che
possa essere diffusa e pervasiva.
Tale rinnovato coinvolgimento delle famiglie ha indotto necessariamente a rivedere
anche le pratiche che le interessavano: un esempio per tutti è dato dalle riunioni
rivolte ai genitori, che sempre più sono state concepite anche nei servizi
cosiddetti tradizionali come momenti di incontro e discussione in cui è possibile
presentare i progetti del servizio, ma anche e soprattutto condividerli attraverso un
confronto deliberatamente coltivato, garantendo uno spazio di parola non finale
né marginale ai genitori e individuando strategie adeguate per sostenerlo. In questa
nuova modalità, alla quale molti nidi e scuole dell’infanzia si sono oggi orientati,
ci sembra rintracciabile in modo evidente l’influenza dei gruppi di parola o
dei laboratori avviati da tempo nei centri di compresenza, dove il dialogo e lo
scambio tra educatori e genitori hanno sempre costituito un obiettivo centrale.
Gli stessi ambienti hanno subito modifiche in vista della presenza e soprattutto della
legittimità di abitazione degli adulti come dei bambini. Ecco allora che, non solo
nei servizi di compresenza ma anche in tutti gli altri, si sono progettati spazi capaci
di ospitare e accogliere anche i genitori: se nei servizi per adulti e bambini tali
spazi costituiscono uno degli elementi contestuali cruciali per sostenerne le finalità
e le pratiche, nei nidi e nelle scuole dell’infanzia spazi e arredi per i genitori sono
andati diffondendosi sempre più ad indicare che anche lì, in luoghi nati per i bambini,
c’era un posto per loro. Gli spazi per gli adulti, in questo senso, sono diventati
il segno tangibile di un’accoglienza che è pensata e rivolta ad entrambi.
107

In generale, l’esperienza dei servizi di compresenza ha favorito la diffusione di
una più raffinata “sensibilità” verso l’adulto, sempre meno ospite temporaneo e
sempre più parte integrante del progetto pedagogico. Con lo spostarsi progressivamente
dello sguardo dal bambino al suo contesto di relazioni, si è infatti andati
scoprendo che solo così era possibile comprendere meglio anche i piccoli utenti
e rispondere loro in modo più adeguato oltre che articolato: ciò ha portato ad
una lettura dei servizi educativi come luoghi relazionali non solo perché fatti di
relazioni, ma anche perché orientati a comprenderle e sostenerle, affinché attraverso
la loro qualità e la loro bontà l’azione educativa possa essere davvero più
pregnante ed efficace.
Si tratta certo di un impegno non semplice, a quanto rimandano diffusamente gli
operatori che nei servizi per adulti e bambini insieme lavorano, a cui sovente si
arriva impreparati perché generalmente più formati al lavoro con i bambini, e che
al contrario richiede formazione, aggiornamento e supervisione costanti: l’incontro
professionale con altri adulti, con le figure di riferimento dei bambini che si
accolgono, essi stessi utenti a pieno titolo dei Centri, espone maggiormente
l’educatore sul piano relazionale, costringe a rivedere le proprie rappresentazioni
di genitore, bambino e relazione, richiede nuove competenze teoriche ma
soprattutto comunicative, insomma reinterroga complessivamente sul proprio
ruolo professionale, svelandone complessità e questioni nuove. In questo senso,
la sempre preziosa formazione appare in questi contesti fondamentale, sia in
avvio che come aggiornamento permanente, ma ancor di più come supervisione
continuativa. Nei Centri per Bambini e Genitori, infatti, ci sembra determinante
garantire una stabile riflessione condivisa di pratiche e scelte, rispondendo alla
necessità di discutere insieme partendo dall’agito per ripensarlo e di condividerne
il portato emotivo e relazionale: qui, dunque, la formazione e la supervisione sembrano
intrecciarsi proficuamente, proponendosi come occasione comune di ripensamento,
dove il ruolo del gruppo di lavoro è centrale anche in quanto occasione
di supporto tra pari – e la valenza del gruppo di pari in questi servizi è già evidente
sia per i bambini che per gli adulti accolti – ma anche come richiamo ad una
dimensione di servizio che opera scelte non dei singoli ma di équipe. In questi servizi,
cioè, le azioni, i gesti, le parole degli operatori necessitano di un’elevatissima
condivisione, proprio per il loro essere costantemente sotto lo sguardo attento dei
bambini e soprattutto degli adulti familiari, che vi cercano suggestioni e rimandi:
l’essere “modello debole” – come spesso è stato definito il ruolo degli operatori
in questi centri – si esplica innanzitutto attraverso la quotidianità del proprio fare
e parlare e, per questo, è necessario che tale quotidianità sia altamente progettata
e condivisa, per consentire il passaggio di messaggi chiari e non contraddittori
all’interno di contesti dove gli operatori sono costantemente accanto ai genitori,
da loro ascoltati e osservati.
Proprio la complessità di tale lavoro porta ad alcune considerazioni conclusive. La
realtà presentata, che vede una parte limitata di servizi con un gruppo consistente
di educatori, un numero articolato di proposte e un ampio orario di apertura, a fronte
di una maggioranza con pochi operatori, proposte circoscritte e orari ridotti, ci
108

sembra rispecchiare la tendenza diffusa su territorio nazionale: si tratta di una
situazione eterogenea, come si diceva in apertura, che delinea conseguentemente
tipologie di Centri differenti. In particolare, ci sembra si definiscano da un lato
numerosi servizi piccoli per dimensioni e offerta, sicuramente pervasivi in quanto
molto connotati territorialmente e fortemente inseriti nel contesto d’appartenenza,
probabilmente piuttosto flessibili e quindi vicini all’utenza e ai suoi bisogni specifici,
ma anche soggetti a frequenti cambiamenti nel personale e non sempre duraturi;
dall’altro un numero minore di esperienze più strutturate, di più complessa
organizzazione, ma molto radicate e continuative anche perché stabili e articolate
nell’offerta. Pur rispondendo evidentemente a situazioni diverse, ci sembra però
importante sottolineare come la stabilità – innanzitutto quella degli operatori, ma
anche quella del Centro stesso – costituisca in questi servizi, come in generale in
tutti quelli educativi e qui forse ancor di più data la loro forma meno univoca e ad
oggi in costante definizione, un elemento qualificante poiché permette tra le altre
cose una formazione sempre più approfondita degli operatori e la costituzione di
gruppi che, senza essere chiusi né rigidi, possono contare su una conoscenza reciproca
significativa; allo stesso modo, la presenza di più operatori garantisce quel
sostegno che solo il gruppo di lavoro può dare e quella condivisione anche sul
campo che è vitale per ogni educatore, oltre che la possibilità di rispondere in
modo adeguato ai bisogni, incrociati ma diversi, di genitori e bambini. In questo
senso, ci sembra importante richiamare alla necessità di garantire la massima stabilità
e continuità ai servizi e al personale che vi lavora, perché in esse ravvisiamo
la possibilità di far sedimentare, maturare e crescere le molte e complesse competenze
necessarie in questi particolari contesti professionali, così da renderli sempre
più parte integrante ed autorevole del nostro ricco sistema educativo.
109

Riflessioni sul rapporto di monitoraggio
regionale sui Centri per Bambini e Genitori
in Emilia Romagna
Giuseppe Magistrali
Università degli Studi di Ferrara
L’interessante rapporto curato da Ivana Cambi, Tullio Monini e Valerio Vanelli ci
offre l’occasione per allargare lo sguardo sullo scenario attuale delle politiche a
sostegno delle famiglie nel nostro Paese. Assistiamo, infatti, ad un costante processo
di valorizzazione del ruolo sociale della famiglia, sulla quale ricadono però
vecchi e nuovi compiti e impegni, per far fronte ai quali si stanno sviluppando sia
interventi informali legati all’associazionismo, al volontariato, al Terzo settore,
sia interventi formali affidati agli Enti locali.
Sembra tuttavia di riscontrare ancora quanto lamentava Chiara Saraceno vent’anni
fa, quando parlava di un farisaico “familismo di facciata” tipicamente italiano,
avaro di reali spinte di riconoscimento e supporto del sistema famiglia.
Si assiste ad una sorta di paradosso della famiglia moderna sottoposta a spinte contrastanti:
da un lato una crescente privatizzazione e dall’altro il riconoscimento di un
forte ruolo pubblico, che nasconde però rischi di delega totale dei compiti di cura.
Come ci dice Bauman l’evoluzione verso la società liquida rischia di lasciarci senza
ancoraggi, radici, solidi punti di riferimento. Senza scadere in inutili moralismi,
non possiamo ignorare che anche l’amore subisce questo attacco rendendo
effimero e inconsistente il patto di responsabilità familiare, in nome di un malinteso
senso di libertà. In questa logica i legami divengono lacci e la metafora delle
relazioni desiderabili diventa quella della rete informatica, dove non siamo faccia
a faccia, pelle a pelle, ma siamo in un network da cui è possibile uscire
d’improvviso schiacciando un semplice tasto.
D’altro canto, come scriveva Aristotele e ci ricorda quotidianamente la cronaca,
la famiglia può anche essere il luogo della tragedia, proprio per la potenza delle
passioni che in essa si manifestano. Affinché sia viceversa luogo della festa, non
dobbiamo nasconderci quanto possa pesare, in una certa misura, anche il suo
sistema di obblighi e di necessità.
Non dimentichiamo, ad esempio, le difficoltà dei genitori ad assumersi compiutamente
il proprio ruolo educativo nei confronti di figli che non riconoscono e che
non li riconoscono. Il fenomeno delle prepotenze dei “cattivi ragazzi” nelle nostre
scuole non va drammatizzato né demonizzato, ma va letto come segnale di una
crisi importante che chiede riflessione e risposte.
Un vicolo cieco è quello di caricare genitori, figli e coniugi del senso di colpa di
“non essere abbastanza”. La responsabilità e anche il senso del dovere non cre-
110

scono attraverso la via dell’obbligo, che inevitabilmente avvelena la relazione, ma
grazie a opportunità, libertà e scelta. Il ruolo coniugale, filiale, genitoriale si nutre
di passione, si misura con l’orizzonte della pienezza e della felicità. Anche quando
l’impegno è duro, quando i bambini sono piccoli o non dormono, quando i
genitori non sono più autonomi, quando c’è un handicap.
Per far questo abbiamo bisogno però di non sentirci soli, di trovare senso, canali
di comunicazione, di riflettere su errori, successi, crisi, rinascite. È quanto avviene,
per fare un solo esempio, con i gruppi di genitori che si ritrovano, non per bersi
la ricetta dell’esperto, ma per condividere problemi, storie, emozioni.
In questa chiave l’esperienza dei Centri per Bambini e Genitori ha rappresentato
una suggestione feconda di nuove politiche familiari capaci di intrecciare strettamente
aspetti psico-pedagogici, relazionali, sociali e culturali.
L’idea di luoghi dove genitori e bambini crescessero insieme con l’aiuto di un
operatore-mediatore-sollecitatore e grazie al confronto con altri genitori e bambini,
ha rappresentato un grande passaggio di attenzione all’infanzia e alla genitorialità,
connettendo le due dimensioni tra loro, con forza.
Per esorcizzare il timore espresso anni fa da Franco Frabboni, di dover assistere alla
scomparsa di bambine e bambini, precocemente rinchiusi in città-nemiche, bisogna,
infatti, rafforzare esperienze che ci portino da un’infanzia tolemaica, rinchiusa nei
mondi separati della famiglia e della scuola, all’infanzia copernicana, ecologica,
libera di fruire di più luoghi educativi, pedagogicamente in rete tra di loro.
Il legame bambino–adulto, figlio–genitore e, segnatamente, madre–bambino, che
tende a strutturarsi in situazioni di isolamento relazionale, è caratterizzato da un
alto grado di “vischiosità”, da una difficoltà crescente a concedere e a conquistare
autonomia, e proprio questo costituisce buona parte del problema educativo che
attraversa le odierne relazioni familiari.
La sperimentazione avviata dai Centri per Bambini e Genitori ha dunque rappresentato
un’opportunità inedita per ribaltare questa tendenza, ridefinendo il confine
tra la dimensione privata familiare e quella pubblica propria dei tradizionali
servizi dedicati all’infanzia.
Si è trattato dunque di esperienze capaci da un lato di assicurare un sostegno
importante ai singoli genitori nel corso di alcune fasi particolarmente critiche della
propria esperienza educativa, di divenire dall’altro un laboratorio sociale e culturale
altrettanto importante, in cui elaborare alcuni dei grandi nodi che oggi si
stringono attorno alla genitorialità; i Centri sono così spesso diventati anche
inediti luoghi di parola, dove scambiarsi esperienze e rinforzarsi reciprocamente.
L’incertezza e la sensazione di incompetenza che il genitore talvolta prova generano
infatti una spirale viziosa. Gli elementi che possono contribuire a ristabilire l’equilibrio
e la reciproca soddisfazione possono essere persone, luoghi, situazioni sdrammatizzanti,
rassicuranti, capaci di “portar fuori” le normali ansie vissute dal genitore.
Queste alcune delle intuizioni pedagogiche e sociali che sono state alla base dell’esperienza
dei Centri per Genitori e Bambini, realtà che nel contesto italiano
sono cresciute in modo sistematico in Emilia-Romagna, per trovare un riconoscimento
normativo più ampio con la legge 285/97 Disposizioni per la promozione di
111

diritti e opportunità per l’infanzia e l’adolescenza e, in parte, anche con la 328/00
Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
Dal rapporto di monitoraggio sulla situazione dell’Emilia-Romagna qui presentato,
ricaviamo in prima battuta l’impressione di un consolidamento ma anche di un
sostanziale stallo di queste esperienze. Come rilevato più in generale per le politiche
familiari, anche per i Centri per Bambini e Genitori si può dunque parlare di
sostanziale tenuta ma anche di una preoccupante tendenza ad accontentarci dei
risultati conseguiti, come se altre fossero le priorità all’ordine del giorno.
Dal 2003 al 2005 assistiamo dunque ad un sostanziale assestamento sia sul piano
qualitativo che quantitativo. Intendiamoci, trattandosi di esperienze di eccellenza,
non è male portare a casa un non arretramento (al proposito sarebbe interessante
comparare la situazione emiliano-romagnola con quanto avviene nel resto d’Italia),
tuttavia sembra avvertibile un senso di appannamento delle esperienze pionieristicamente
avviate con la vecchia legge regionale 27 del 1989 Norme concernenti
la realizzazione di politiche di sostegno delle scelte di procreazione ed
agli impegni di cura verso i figli.
È certo che 126 esperienze attive in Regione, con la loro capillare distribuzione
geografica, sono un patrimonio notevole capace di coinvolgere oltre seimila famiglie
(con una copertura del 6% rispetto alla fascia di popolazione 0/36 mesi), grazie
all’impegno di circa 350 operatori. Come rimarcano gli autori, si assiste tuttavia
ad una tenuta-crescita soprattutto delle esperienze definite “a minor impatto
organizzativo”, ovvero servizi leggeri per impiego di personale, dotazione delle
sedi, apertura oraria, frequenza dell’utenza. In parte ciò si spiega con la necessità
di flessibilità di un intervento che non necessariamente deve avere carattere di
quotidianità e con la forte integrazione di queste nuove tipologie con i servizi educativi
tradizionali.
Resta il dubbio che il contenimento dei Centri definiti a “organizzazione complessa”,
capaci di fornire risposte più solide e articolate, in termini di apertura, di
personale e di sedi dedicate, ai bisogni di bambini e genitori, sia un segnale da non
sottovalutare. Dalla lettura del rapporto, si ricava che in molte realtà, soprattutto
al di fuori dei contesti urbani, più che di Centri strutturati bisognerebbe parlare di
attività per bambini e genitori.
Questo non significa ignorare il radicamento e il grande apporto di politica socioeducativa
garantito da queste esperienze che fanno della nostra Regione un sicuro
punto di riferimento a livello nazionale. Le attività che spaziano dalla compresenza
tra bambini e adulti ai laboratori; dal massaggio infantile alle attività autogestite
dalle famiglie; dagli incontri protetti alle consulenze e ai corsi per genitori,
costituiscono sicuramente un importante sostegno per molte famiglie della
nostra Regione. Al crescere per intensità e complessità dei bisogni delle famiglie,
bisogna tuttavia rispondere con rinnovata tensione, un’occasione per farlo sarà il
nuovo ciclo di Piani di zona per il benessere sociale e la salute, che vedranno
impegnati Regione, Province, Comuni, Terzo settore e Organizzazioni sindacali
per il triennio 2009-2011.
112

I Centri per Bambini e Genitori
del Comune di Bologna
Franca Marchesi
Responsabile U.I. Zero Sei, Comune di Bologna
Come e quando è partita l’esperienza
A Bologna, le prime due esperienze di Centri per Bambini e Genitori sono nate
alla fine degli anni ‘80, quando si è evidenziata l’esigenza di affiancare ai servizi
educativi tradizionali (nidi e scuole dell’infanzia), altri servizi che sperimentassero
nuove modalità di organizzazione, di rapporto adulti/bambini, di partecipazione
dei genitori.
La diversificazione delle richieste da parte delle famiglie, dovuta a una differente
organizzazione delle reti relazionali e sociali, metteva infatti in discussione tempi
e modi delle istituzioni, ritagliate su altre sociologie familiari ed altre immagini
di infanzia.
Da tempo, in numerosi paesi europei, si era peraltro diffusa la sperimentazione di
servizi rivolti alle famiglie con bambini piccoli e alcune regioni italiane avevano
iniziato propri percorsi di riflessione e di innovazione volti sia a diversificare che ad
arricchire l’offerta di servizi per l’infanzia. In particolare la Regione Emilia Romagna
aveva sostenuto la nascita di servizi a nuova tipologia, attraverso l’emanazione
della legge n. 29 del 1989, Norme concernenti la realizzazione di politiche di
sostengo alle scelte di procreazione e agli impegni di cura verso i figli, un impegno
che ha mantenuto e consolidato attraverso le successive leggi n.1 del 2000 e n. 8
del 2004, Norme regionali in materia di servizi educativi per la prima infanzia.
Negli anni ’90, i Centri per Bambini e Genitori della città sono quindi gradualmente
cresciuti numericamente, arrivando a coprire l’intero territorio cittadino.
All’interno della cornice comune del “Progetto Infanzia” (approvato dal Consiglio
Comunale nel febbraio 1992), i Centri hanno sviluppato una propria progettualità
in coerenza con l’obiettivo comune a tutti i servizi 0-3 della città: la centralità
della relazione educativa.
Quali sono adesso i punti di qualità
A quasi vent’anni di distanza dall’apertura dei primi servizi di compresenza, si
può ben dire che, a partire dai macro-obiettivi legati alla loro attivazione, i Centri
per Bambini e Genitori si sono via via caratterizzati per alcune piste di lavoro,
che, nel corso del tempo e in stretta connessione con le realtà dei diversi territori,
hanno definito meglio la loro identità. Identità comunque che si lega stret-
113

tamente all’accoglienza della coppia bambino/adulto di riferimento, e quindi ad
un accompagnamento all’essere genitore (o nonno) in contesti professionalmente
qualificati. Due quindi gli elementi di base: contesto di accoglienza e
accompagnamento all’essere genitore, dentro una cornice che fa riferimento
all’approccio ludico.
Su questa struttura concettuale si sono precisate le linee che stanno ora caratterizzando
i dieci Centri per Bambini e Genitori bolognesi e che prevedono un’
attenzione peculiare al primo anno di vita del bambino, momento che più di ogni
altro si connota per profondi cambiamenti nella vita dei genitori, che si concretizza
nel Progetto 0/1, nel Progetto “Primi passi” e in uno stretto raccordo con i
consultori e i servizi socio-sanitari del territorio.
Il Progetto 0-1
Nell’ambito del Progetto 0-1 i Centri propongono, all’interno di una propria cornice
organizzativa, diverse attività e iniziative: corsi di massaggio infantile per i
genitori dei piccolissimi, corsi di massaggio per mamme in gravidanza, corsi di
ginnastica per neo mamme, spazi d’incontro e gioco per neo mamme e neo papà
e/o mamme in attesa, conversazioni tra genitori (anche con la presenza di esperti),
percorsi di gioco per piccolissimi, come il “cestino dei tesori”.
Le motivazioni più importanti che stanno alla base del “Progetto 0-1” sono:
– offrire un luogo protetto ed esclusivamente riservato alle mamme e ai papà con
i neonati e con i piccoli del primo anno di vita;
– offrire un tempo di conversazione sui temi della genitorialità (non più quindi
solo alle mamme ma anche ai papà coinvolti nella cura dei piccoli) e sulle prorie
esperienze legate alla nascita e ai primi momenti di crescita del bambino;
– favorire, anche attraverso il gioco, il graduale distanziamento, della coppia
madre-bambino e sostenere l’arricchimento della comunicazione sensoriale e
verbale.
Il progetto “Primi Passi”
I centri del Comune di Bologna sono attualmente coinvolti in un ulteriore progetto
denominato “Primi Passi”. Si tratta di una indagine, rivolta ai genitori con
bambine e bambini al di sotto dell’anno di età, che si propone da un lato di
cogliere i bisogni delle famiglie, dall’altro di informarle sul sistema di servizi e
opportunità che la rete dei servizi sociali, educativi e sanitari offre loro in questo
particolare periodo della vita familiare. Le educatrici contattano le famiglie
(a seguito di una lettera inviata a casa) e compilano in forma diretta una scheda
con domande riguardanti la composizione del nucleo familiare, la condizione
lavorativa, l’organizzazione nella cura del bambino, attuale e auspicata, la conoscenza
dei servizi e delle opportunità. L’obiettivo, come per gli altri percorsi
proposti dai Centri, è il sostegno alla genitorialità nella fase iniziale della vita
del bambino (in cui è più facile il disorientamento e l’indecisione sull’organizzazione
della cura); a questo si aggiunge l’intento di mettere in rete i servizi
socio-educativi-sanitari e le opportunità presenti sul territorio cittadino, raffor-
114

zandone il raccordo e la collaborazione reciproca e offrendo un’informazione
integrata ai cittadini.
La collaborazione con i Consultori
A proposito di collaborazione e raccordo con altri enti e istituzioni che si occupano
di sostegno alla genitorialità, è certamente positiva e di importanza crescente
l’attività di raccordo con i Consultori all’interno del coordinamento pedagogico.
Per mantenere costante l’attenzione ai fenomeni di mutamento socio-culturale,
così presenti oggi a Bologna e, al contempo, approfondire la conoscenza e la cura
del territorio in cui le diverse soggettività convivono, i pedagogisti dei Centri per
Bambini e Genitori e le ostetriche dei consultori hanno iniziato a lavorare in rete
per riannodare i fili che collegano servizi diversi ma con forte intreccio di intenti.
Hanno raccolto e messo a fuoco gli elementi che accomunano il loro lavoro e
quelli che lo diversificano, con l’obiettivo di utilizzare al meglio sia i saperi specifici,
arricchiti e affinati da ogni singolo servizio, sia i saperi condivisi (e trasversali).
Tale collaborazione ha avuto risvolti su più livelli: da un lato quello
legato all’informazione delle famiglie, attraverso la produzione di una mappa cittadina,
uno strumento per conoscere ed orientarsi tra le opportunità rivolte ai bambini
0-3 anni e alle famiglie. Dall’altro, quello legato alla formazione degli operatori, cioè
la realizzazione di un corso di formazione sulla prima relazione madre/bambino
rivolto a educatori, pedagogisti e ostetriche, pensato e organizzato in stretta collaborazione.
Trasversale è ovviamente il piano del confronto, dell’incontro diretto
tra le diverse figure professionali, della discussione e dell’approfondimento sui
bisogni reali colti, sentiti, sperimentati nei propri contesti di lavoro e sul desiderio
di offrire un contributo concreto.
Il coinvolgimento delle famiglie straniere alla vita dei Centri
A fronte di un’alta percentuale di bambini figli di migranti che frequentano i nidi
e le scuole dell’infanzia, la loro presenza nei centri è stata, fino ad ora, molto scarsa,
specialmente per quanto riguarda le famiglie arabe. Questo si può spiegare certamente
con ragioni culturali: lasciare il proprio bambino ad un servizio con affido,
per quanto sia un’esperienza non certo consueta nella loro cultura di provenienza,
significa poter continuare a lavorare; al contrario, frequentare un luogo educativo
insieme al proprio bambino non viene probabilmente riconosciuto come “utile” né
al bambino, né al genitore (un tratto peraltro riconducibile non solo alla diversità
culturale dei migranti, in quanto presente anche in molte famiglie “autoctone”).
Inoltre, non sempre i fascicoli informativi sui servizi sono tradotti nelle varie lingue
e questo costituisce un ulteriore ostacolo alla comprensione degli obiettivi dei
centri. Per superare queste difficoltà, si stanno mettendo in campo a Bologna alcuni
progetti per la realizzazione dei quali è di grande importanza il raccordo con i
luoghi che costituiscono i punti di aggregazione delle varie nazionalità e, soprattutto,
la stretta collaborazione stabilita con i Consultori che si occupano di consulenza
alla mamme straniere. In particolare nel quartiere San Vitale, nel quale da
tempo vive una numerosa comunità di famiglie del Bangladesh, operatori e coor-
115

dinatore del Centro “PiuInsieme” invitano le mamme a frequentare il servizio e
organizzano giornate dedicate ad una prima reciproca conoscenza, durante le quali,
con forme di accoglienza giocose e con la collaborazione di una donna bangla,
vengono realizzati oggetti tradizionali del loro paese. Si tratta di un invito diretto,
tradotto nella loro lingua, e volutamente “informale”, sotteso dal desiderio di
coinvolgere nel progetto socio-educativo dei Centri tutte le famiglie del territorio
e favorirne lo scambio e la conoscenza.
Dalla formazione alla supervisione: la formazione sulla relazione
Un punto che da subito è apparso centrale nello sviluppo dei Centri per Bambini
e Genitori è stata la professionalità e quindi anche la formazione degli operatori.
Fin dalla prima assegnazione di personale a questi servizi (la scelta iniziale, mantenuta
nel tempo, è stata il reclutamento di educatrici di nido, attraverso una selezione
che facesse emergere la motivazione a lavorare in un servizio non tradizionale,
e una buona competenza nella relazione con i genitori) è emersa la necessità
di “orientare” la funzione educativa tradizionalmente riferita al lavoro con i bambini,
verso uno stile di accoglienza rivolto a bambini e adulti compresenti. Il percorso formativo
attivato ha cercato di rafforzare la professionalità già posseduta, facendola
evolvere verso una competenza capace di affrontare le complesse dinamiche relazionali
con l’utenza “mista”.
Il percorso formativo ha attraversato nel tempo varie tappe. Nei primi anni si è
cercato soprattutto di rendere espliciti e condivisi gli elementi base di un servizio,
decisamente innovativo, in quanto rivolto ad una doppia utenza, e quindi con
caratteristiche che richiedono operatori attenti alle relazioni, necessariamente
flessibili, capaci di vicinanza, ma anche di distanziamento.
Successivamente, ci si è concentrati, anche con il supporto di esperti esterni, sull’importanza
del lavoro di “supervisione”, come aiuto per confrontarsi sulle situazioni
emerse nei vari Centri, ma più ancora come occasione per fa emergere gli
stati emotivi e il vissuto delle operatrici nelle relazioni quotidiane con le famiglie,
e come opportunità per mettere loro a disposizione un luogo “carico insieme di
energia e consapevolezza”.
Di recente, infine, la partecipazione al Progetto scambi pedagogici regionali ha consentito
di avviare un percorso di ricerca-formazione sulle relazioni triadiche, mirato
ad un approfondimento delle funzioni del servizio, delle aspettative degli utenti
e del ruolo degli educatori che è risultato particolarmente utile e importante ai fini
di un’ulteriore qualificazione educativa dei servizi di compresenza bolognesi.
Cosa è emerso dal progetto scambi pedagogici regionali
Un interessante osservatorio circa lo “stato di salute “dei Centri per Bambini e
Genitori è stato realizzato attraverso il Progetto scambi pedagogici voluto e finan-
116

ziato dalla Regione Emilia-Romagna, che ha messo in scambio reciproco i servizi
di compresenza di tre realtà provinciali, Bologna Ferrara e Piacenza.
Nel corso delle numerose visite dialogate nei servizi e dei successivi momenti di
discussione e confronto tra operatori e coordinatori pedagogici, sono state evidenziate
le differenti motivazioni che hanno portato alla nascita dei Centri nelle
diverse realtà; i Centri infatti sono stati infatti attivati a volte per la mancanza sul
territorio di un qualsiasi servizio per le famiglie, in altri casi per offrire servizi
complementari a quelli già esistenti, o servizi diversi dal nido e maggiormente
attenti ai bisogni delle famiglie, che dessero risposte concrete e caratterizzate da
una grande flessibilità.
A queste diverse impostazioni di partenza corrispondono, attualmente, contenuti e
modalità organizzative diversi da città a città (che ben emergono nel quaderno
regionale “Identità in dialogo” che documenta l’esperienza degli scambi emilianoromagnoli)
all’interno tuttavia di una cornice comune: l’impegno a corrispondere
ad un bisogno forte, anche se frequentemente non espresso in modo consapevole,
di socializzazione e di incontro, al di fuori dell’ambito familiare in un contesto
dove si possa verificare, attraverso il confronto con altri genitori, la “normalità” dei
momenti, anche difficili, che accompagnano la crescita dei bambini, sdrammatizzandoli.
Inoltre la presenza dei genitori, accanto agli educatori, suggerisce l’accettazione
di un’ampia gamma di stili educativi in grado di convivere senza che l’uno
intralci o prevalga sull’altro, mentre, allo stesso tempo l’osservazione di modelli
comportamentali diversi può offrire indirettamente l’occasione di ripensarsi.
Si può ben rilevare che le due costanti emerse in tutti i centri partecipanti allo
scambio siano il clima di accoglienza, e la flessibilità dell’operatore. Clima di
accoglienza che si concretizza nella predisposizione degli spazi, dei materiali,
delle attività proposte e flessibilità dell’operatore che si esprime nella gestione
attenta e discreta della relazione interpersonale tra adulti, nell’ascolto e nelle proposte
fatte a misura delle caratteristiche della coppia bambino/genitore.
Proprio in riferimento a queste costanti e, a prescindere dalle differenti caratterizzazioni
dei centri, sono emersi all’interno del progetto scambi alcuni nuclei di
discussione ricorrenti e significativi, tra cui, in particolare:
– le modalità di accoglienza della coppia genitore/bambino: come viene progettata,
quali sono le modalità di approccio dell’educatore, fino a che punto l’educatore
interviene nella relazione madre/bambino;
– la formazione di base e in servizio degli operatori
– la documentazione come strumento che rende visibile e comprensibile l’esperienza
dei centri
– il linguaggio condiviso”.
Anche a seguito di tali riflessioni, dal 2004 in avanti, il percorso scambi è proseguito
intrecciando ambiti di ricerca/azione e formazione.
Il lavoro educativo nei centri di compresenza comporta infatti un allenamento particolare
alla gestione delle relazioni complesse che in essi si attivano e dunque
occorre una formazione mirata. In particolare, il percorso formativo sviluppato
nel triennio 2004-2007, ha voluto approfondire l’approccio triadico nella relazio-
117

ne (educatore-bambino-genitore), secondo cui l’intersoggettività di un individuo
si forma nella triangolazione, cioè nel sentirsi parte di molteplici relazioni
(approccio del Lausanne Triadic Play – E. Fivaz).
Il modo in cui si gestisce la relazione triangolare e il suo esito sono influenzati dal
modo in cui le famiglie e le agenzie sociali co-costruiscono le pratiche di reciproca
interazione quotidiana in funzione di una negoziazione delle rispettive e
reciproche rappresentazioni.
In questa prospettiva i genitori sono, a tutti gli effetti, parte integrante della relazione
tra educatore e bambino e questo pone le basi per una professionalità in cui
l’operatore non si limita ad osservare gli utenti; ma, mentre partecipa alla relazione
con l’utente apprende anche ad osservare se stesso, interrogandosi sul significato
che il proprio intervento assume per il bambino e per il contesto familiare
in cui è inserito.
118

Perché sostenere la genitorialità è anche
una questione di democrazia
Paola Milani
Docente di Pedagogia della Famiglia, Università degli Studi di Padova
La Costituzione italiana afferma che “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi,
hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi” e richiede la “rimozione
degli ostacoli di ordine economico e sociale” (artt. 3 e 34). Nel 2008 si può
affermare che questo diritto sia in Italia effettivamente esigibile? Per rispondere
ci serviamo, come fonte di dati, de “Il profilo dei Laureati” che ogni anno “Almalaurea”
redige. In esso, Andrea Cammelli sostiene che l’analisi del contesto
socioeconomico di provenienza dei laureati 2006 mostra che la realizzazione della
mobilità sociale è ancora piuttosto parziale. I genitori dei laureati rappresentano
tuttora una popolazione complessivamente avvantaggiata, in termini di istruzione
e posizione socioeconomica, rispetto all’intera popolazione dei pari età. La
percentuale dei laureati, che non raggiunge il 9 per cento nella popolazione
maschile fra i 45 e i 69 anni, arriva quasi al 20 per cento fra i padri dei laureati e
il confronto fra la popolazione femminile e le madri dei laureati porta alle stesse
conclusioni. In altre parole, la probabilità di proseguire gli studi dopo la scuola
dell’obbligo fino a completare gli studi universitari è influenzata dal contesto
socioeconomico di origine. Il Rapporto conclude così: “Nella popolazione dei
laureati si manifesta una sovrarappresentazione dei figli delle classi avvantaggiate
dal punto di vista socioculturale. La probabilità di accesso agli studi universitari
è il risultato di un processo causale in cui ha un ruolo importante l’origine
sociale, influenzando anche la scelta degli studi secondari superiori e il loro esito:
gli studenti di estrazione elevata sono favoriti per quanto riguarda la possibilità
di proseguire gli studi oltre l’obbligo scolastico, di iscriversi ad un liceo e, di
conseguenza, di iscriversi all’università” (Cammelli, 2007).
Troviamo sostanziale concordanza fra i dati appena citati e quelli riportati in un
recente lavoro di Checchi, Fiorio e Leopardi 1 , nel quale gli autori effettuano
un’analisi dei laureati in Italia utilizzando i dati sui bilanci delle famiglie italiane
forniti dalla Banca d’Italia. Riportiamo di seguito alcuni stralci sui risultati di
questa seconda ricerca:
“L’istruzione media degli italiani è significativamente cresciuta nel corso degli
anni, a partire dall’inizio del secolo scorso (...). La diminuzione delle disugua-
1 Daniele Checchi, Carlo Fiorio e Marco Leopardi, Uguali perché mobili ? Notizie buone e
cattive. Sessanta anni di istruzione scolastica in Italia, Settembre 2006, http://checchi.economia.unimi.it/pdf/un32.pdf.
119

glianze nel conseguimento dell’istruzione è indubbiamente una buona notizia,
anche se non mancano ombre rilevanti. In particolare, permane anche in anni
recenti un divario di dispersione dell’istruzione tra Nord e Sud del paese, dovuto
al fatto che nel mezzogiorno una quota ancora significativa della popolazione non
riesce nemmeno a completare l’obbligo scolastico, fenomeno invece quasi scomparso
nel settentrione. Per costoro quindi il dettato costituzionale rimane ancora
una chimera. Inoltre, anche tra i giovani nati ad inizio degli anni ‘70, le disuguaglianze
di istruzione sono maggiori tra figli di genitori non istruiti che tra figli di
genitori laureati, suggerendo l’esistenza di una correlazione significativa tra
istruzione dei genitori ed istruzione dei figli. In generale, più è forte il legame tra
istruzione dei genitori e risultati scolastici dei figli, minore è l’uguaglianza di
opportunità offerta dal sistema scolastico, in quanto minore è la sua capacità di
rimuovere gli “ostacoli di ordine economico e sociale”, promuovendo la mobilità
sociale. In Italia, nel corso del XX secolo, la correlazione tra istruzione dei padri
e dei figli si è mediamente ridotta, traducendosi quindi in una maggiore uguaglianza
di opportunità per il cittadino “medio”.
Anche A. Schizzerotto ha dedicato alla questione importanti ricerche (Schizzerotto
2002, 2006) che dimostrano che in Italia il 25,5% dei figli di imprenditori e di liberi
professionisti rimane nella stessa posizione dei propri padri, mentre solo il 3,6%
dei figli di operai riesce a diventare imprenditore, dirigente o libero professionista.
Essere figlio di un ricco è come un’assicurazione sulla vita: “solo il 18.9% dei figli
di imprenditori, liberi professionisti e dirigenti scende i gradini della posizione
sociale, mentre ben 7 figli di operai su 10 sono destinati a fare gli operai”.
I risultati di queste ricerche confermano nella sostanza un dato: la provenienza
socio-economica condiziona ancora oggi in maniera pesante la possibilità di
accesso all’istruzione e in particolare la possibilità di accesso ai gradi più elevati
dell’istruzione. La mobilità sociale, nonostante l’accesso diffuso all’istruzione
di base, è ancora bassa, e non siamo più nell’Ancien Régime.
Ci chiediamo dunque: perché i figli di genitori non laureati non riescono neppure
oggi a approfittare pienamente della crescita generalizzata della scolarizzazione,
varcando a loro volta le porte delle università?
Non possiamo in questa sede tentare risposte compiute a una questione di così
ampia portata, ma possiamo brevemente considerare un’altra ricerca.
A partire dagli studi P. Bourdieu (Bourdieu, Passeron, 1970) sulla cosiddetta
regola dell’eredità socioculturale, che trascende la singola volontà della persona
e contribuisce alla socializzazione dell’individuo; da quelli di Berger e Luckmann
(Berger, Luckmann, 1986) relativi alla fenomenologia che sostiene invece
che fino dalla nascita, il bambino è immerso in un mondo vissuto che definisce il
contesto della sua socializzazione primaria; dalla teoria dell’Ego di J.-C. Kaufmann
(2001) con i quattro concetti proposti, le “istanze di socializzazione”, le
“abitudini”, la “riflessività sociale” e la “riflessività individuale”, aiuta a comprendere
il processo secondo cui viene impostato l’agire, e in particolare l’agire
educativo, J.P. Pourtois e collaboratori hanno condotto una ricerca longitudinale
sulla trasmissione intergenerazionale delle linee di comportamento educativo
120

genitoriale che ha studiato una piccola coorte di nuclei familiari, con figli tutti
nati nel 1968, in 4 tappe:
– la prima, analizza 91 nuclei, quando i bambini avevano 5/7 anni (Pourtois J.P.,
1979), in cui è stato studiato lo sviluppo del bambino a 5 anni e il suo adattamento
alla scuola a 7 anni alla luce dei tratti tipici della personalità materna,
dello stile educativo della madre, e delle caratteristiche dell’ambiente sociale.
Questa ricerca dimostra che le linee di condotta parentali sono dipendenti dai
tratti tipici della personalità e da variabili sociali e che la struttura delle relazioni
non è direttamente accessibile alla coscienza delle persone;
– la seconda, 15 anni dopo, analizza questi bambini quando erano diventati giovani
adulti di 20/21 anni (Desmet H., Pourtois J.P., 1993), e rintraccia 52 di questi giovani,
ha valutato il potere predittivo delle variabili precoci personali e familiari
misurate quando i bambini avevano 5/7 anni e al termine della scolarità obbligatoria
per analizzare le determinanti psico-sociali della traiettoria scolastica;
– la terza a 25/26 anni, in cui sono stati rintracciati 54 giovani del campione iniziale(Nimal
P., Lahaye W. e Pourtois J.P., 2000): l’età che permette di focalizzare
le ricerche sul processo “d’insertion” sociale e professionale. L’accento
è sull’impatto della socializzazione familiare sull’avvenire dei giovani;
– la quarta, quando, a 34 anni, questi soggetti sono oramai divenuti genitori essi
stessi (Pourtois J.P., Desmet H., 2004), mette in luce la trasmissione intergenerazionale
dell’educazione implicita.
Le teorie implicite sono gli habitus che si trasmettono da una generazione all’altra
e che ci dominano, di cui non siamo consapevoli. La famiglia è spesso un luogo
di riproduzione di routines, attività automatiche inconsce, questa ricerca dimostra,
in estrema sintesi, il peso di questi habitus, in quanto nel 75% dei casi si può
predire cosa farà un bambino da grande studiando 2 sole variabili, ossia il ceto
socio-economico-culturale e lo stile educativo dei genitori. Questo dato dice che
il percorso scolastico e l’ambiente esterno incidono nelle scelte della persona solo
nel 25% dei casi e che per il restante 75% dei casi l’influenza subita nel corso dei
primi anni di vita nell’esperienza familiare determina tutto il resto della traiettoria
biografica. Esso non ci deve però far dimenticare che nella ricerca presentata ne
L’educazione implicita (Pourtois J.P., Desmet H., 2004, pp. 123-148) sui figli
degli operai al politecnico, è messa invece in grande luce una dinamica positiva.
In questa ricerca si è cioè voluti andare a vedere l’altra faccia della medaglia, ossia
i ragazzi che, pur provenendo da famiglie di ceto sociale debole, riescono a frequentare
scuole di alto livello con successo, che non consentono, cioè che si verifichi
riproduzione sociale. Questa ricerca dimostra che “La teoria della riproduzione
sociale, anche se si verifica statisticamente include casi di non-validità, a
significare che esiste sempre, nelle scienze umane una zona d’apertura a d altre
prospettive” (Ibid., p.124). Per spiegare questo fenomeno l’attuale letteratura
scientifica fa grande uso del concetto di resilienza termine che proviene da una
nozione utilizzata in fisica e che è sinonimo di resistenza positiva agli urti e all’energia
cinetica da essi provocata (Cyrulnik B.,2000, 2002). Questa ricerca esamina
il successo negli studi ottenuto da giovani di estrazione popolare. In questo caso
121

la resilienza è la “la resistenza alla mancata riuscita scolastica cui questi individui
sono statisticamente predestinati” (Pourtois J.P., Desmet H., 2004, p.126).
I fattori che sembrano determinare questo processo resiliente sono individuati sia in
caratteristiche personali che in caratteristiche familiari. In particolare sembra rivestire
un ruolo di particolare importanza l’atteggiamento dei genitori nei confronti degli studi
dei figli: c’è un investimento esplicito negli studi dei figli, un progetto, si controlla,
si aiuta, si sostiene il bambino nei compiti e nell’inserimento scolastico. Entrambi i
genitori sono molto presenti nell’educazione dei figli. Da parte sua il giovane ha interiorizzato
le strutture e i valori del sistema familiare: “in definitiva possiamo dire che
la famiglia, anche se posta in una condizione di vita modesta, può essere apportatrice
di un avvenire, purché possa modificare i suoi habitus” (Ibid., p.146).
I dati forniti da questa ricerca mettono l’accento su una doppia dimensione del
soggetto: da una parte, che è quella prevalente nelle prime tre tappe, l’individuo è
presentato come il prodotto di una storia, agisce secondo habitus che ha incorporato
nel suo ambiente socio-familiare. Dall’altra parte il soggetto appare come l’attore
della propria storia. Non solo è prodotto, ma produce strategia, costruisce una
dinamica d’insertion sociale mobilitando le sue risorse e quelle del suo ambiente.
Costruisce quindi il suo avvenire, pur nei margini di libertà strutturati dal suo
ambiente familiare. C’è quindi una dinamica dialettica tra il soggetto autore, attore
della propria storia e il soggetto agente, agito, prodotto dalla propria storia.
Sembra venire dimostrato, in estrema sintesi, che la cellula familiare è “porteuse
de tous les avenirs”, essendo per la maggior parte delle persone il primo luogo di
umanizzazione e socializzazione, e che l’impatto delle pratiche educative, dei
comportamenti, delle risorse familiari può essere determinante sia nel senso di
vincolante per l’individuo, sia nel senso di liberante. Sono cioè le stesse pratiche
educative che, se automatiche e incoscienti, possono generare ripetitività e immobilità,
se, al contrario, esplicitate e aperte ad una razionalità riflessiva, possono
divenire l’agente fondamentale di liberazione per la persona umana. La famiglia
è dunque un luogo “paradossale” che favorisce la dinamica della riproduzione
sociale, ma allo stesso tempo può incoraggiare la dinamica della trasformazione
(Nimal P., Lahaye W. e Pourtois J.P., 2000, p.211).
Quello che succede nei primi anni di vita è così determinante che neanche 8 o 10
successivi anni di scuola riescono a modificare il dislivello, “l’abisso di differenza
umana” per usare un’espressione di don Milani, che si crea nell’esperienza
familiare. E oggi sappiamo che “questo abisso di differenza” non dipende dalla
fatalità, ma dalle esperienze precoci, in particolare quelle familiari.
Sostenere i genitori oggi, ossia lavorare per mobilitare il potenziale educativo dei
genitori, significa dunque trascendere la fatalità, stendere la mano (“Ci voleva
una mano da parte vostra. La mano l’avete stesa per farlo ruzzolare”, è scritto in
Lettera a una Professoressa, a p.53), permettere ai bambini di essere autori della
loro storia di vita e non ripetitori del proprio passato.
Ecco perché l’intervento in educazione familiare si presenta come un reale progetto
sociale, di promozione di cittadinanza attiva (Nimal P., Lahaye W. e Pourtois
J.P., 2000, p.212).
122

Ecco perché i Centri per Bambini e Genitori dell’Emilia Romagna, guardando
bene, possono essere definiti un vero baluardo della democrazia nel nostro Paese.
Essi infatti sono gli unici servizi che hanno preso sul serio la mission del sostegno
alla genitorialità, e che, soprattutto, svolgono questa mission in maniera:
1. continua nel tempo e sistematica: di sostegno alla genitorialità si parla e si fa
molto da diversi anni nel nostro Paese, in particolare dopo la Legge 285/1997
che ha dato un grande impulso all’idea che tutti i genitori, non solo quelli in
condizioni di vulnerabilità, vadano sostenuti nel compito educativo. Tale compito,
infatti, si profila in questo particolare momento storico come particolarmente
delicato e prezioso per le ragioni che abbiamo appena visto. Ma la titolarità
del sostegno alla genitorialità in Italia non è di nessuno, tutti lavorano in
questo ambito (Parrocchie, comuni, Aziende Ulss, privato sociale), ma nessuno
lo deve fare. Non è ancora hardware, è sempre software. Nel panorama del welfare
italiano, dinanzi ai molti che sono lì a chiedersi, ma chi e come deve oggi
sostenere la genitorialità, i Centri, sin dall’inizio del loro percorso, rispondono
con chiarezza: “noi lo facciamo in maniera compiuta, si può fare, si deve fare”.
2. Diversificata e critica: all’interno dei Centri, la funzione di sostegno alla genitorialità
si svolge attraverso varie proposte: vi sono le attività di compresenza,
di accompagnamento alla nascita e alle prime fasi di vita del bambino, di
sostegno alla coppia genitoriale, o relative al periodo del puerperio. L’idea che
sostenere la genitorialità si possa fare solo o soprattutto attraverso specifiche
attività come i corsi per genitori è stata in gran parte superata e questo significa
che è stata superata l’idea del sostegno alla genitorialità come insegnamento,
come trasmissione verticale del sapere a favore di un’idea orizzontale del
sapere stesso. In essa sono riconosciute le competenze, i saperi dei genitori e
si sceglie di percorrere con loro la strada della riflessività condivisa, della narrazione
riflessiva intorno al grande tema del “cosa significa oggi educare
bene”. Gli operatori dei centri aiutano i genitori a prendere consapevolezza del
loro potenziale educativo, sulla base del quale è possibile la crescita.
3. Basata sulle risorse e sulla comunicazione: la buona notizia che ci giunge da
questo rapporto, fra le altre, è che nei Centri i genitori continuano ad andare
con una certa costanza nel corso degli anni. Nella scuola e in molti servizi
socio-sanitari assistiamo, negli ultimi anni, ad un continuo lamento da parte di
insegnanti e operatori: “i genitori non vengono; noi li invitiamo, facciamo,
organizziamo per loro, ma loro non rispondono”. L’esperienza dei Centri
dimostra che, se i genitori vengono considerati portatori di risorse e competenze
piuttosto che gli antagonisti della relazione, coloro che nel compito educativo
sono gli inadeguati per eccellenza, se li si accoglie in maniera profonda,
se non si mettono barriere invisibili alla comunicazione, i genitori vengono,
partecipano, si aprono alla relazione e stanno in essa.
Alla luce di queste sintetiche considerazioni, a noi pare di poter definire i Centri
dell’Emilia- Romagna come veri luoghi, fra i pochissimi nel nostro paese, di bentrattamento
delle famiglie (Desmet H., Pourtois J.P., 2005; Gabel M., Jésu F,,
Manciaux M.2000) e quindi luoghi di autentica democrazia: i genitori partecipa-
123

no alla res publica, la loro esperienza di genitori non solo è sostenuta, ma è anche
valorizzata perché è riconosciuta come capitale sociale che la cosa pubblica accudisce,
nella consapevolezza che il potenziale dei bambini si mobilita attraverso la
mobilitazione del potenziale educativo dei genitori.
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124

Il posto dei Centri per Bambini e Genitori
nel sistema integrato territoriale dei servizi
per l’infanzia
Tullia Musatti
Responsabile Scientifico, Istituto di Scienze e tecnologie della cognizione,
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Il rapporto sul monitoraggio dei Centri per Bambini e Genitori in Emilia-Romagna
dà conto in maniera esauriente di un’esperienza articolata sul territorio, pensata
nella pratica di chi la porta avanti e sostenuta da normative regionale e comunali.
Esperienza che offre anche l’occasione per riprendere alcuni temi di ampio respiro
sui bisogni di bambini e genitori e sulle politiche per l’infanzia. Si tratta di temi
emersi alla fine degli anni ’80, quando la sperimentazione dei servizi per bambini
e famiglie aprì un dibattito nel mondo dei servizi per l’infanzia, approfondito poi
nel decennio successivo quando la Legge 285/1997 Disposizioni per la promozione
di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza portò ad un consistente
aumento dei Centri, ma che negli ultimi anni sembra essere stato trascurato, probabilmente
per l’incalzante richiesta di posti-nido da parte delle famiglie.
Lo sviluppo di un sistema di servizi per l’infanzia nel nostro paese
In Italia, a differenza di quanto è avvenuto in altri paesi, i Centri per Bambini e
Genitori hanno avuto una funzione importante nel dibattito attorno allo sviluppo
di un sistema di servizi per l’infanzia. Anche se ciò è avvenuto attraverso un percorso
storico e logico alquanto tortuoso, vale la pena di ricordare che questi servizi
sono stati una delle due maggiori tipologie di servizio con cui, a metà degli
anni ’80, si è tentato di dare una prima risposta alla situazione di stallo registrata
nell’estensione quantitativa del servizio nido, a seguito dell’esaurirsi dei finanziamenti
statali, dei vincoli posti alle finanze locali e della generale crisi economica.
Va, tuttavia, ricordato che la domanda “E gli altri bambini? Quali esperienze
fanno quelli che non vanno al nido?” non indicava solo la preoccupazione di
non poter dare risposta alle necessità organizzative delle madri lavoratrici. Questa
domanda si nutriva anche delle acquisizioni importanti sul carattere educativo
del nido e sull’esperienza di socializzazione positiva che i bambini vi possono
fare. Si prendeva atto, al tempo stesso, dello sviluppo della riflessione sulla qualità
dell’esperienza dei bambini e genitori dentro al nido, e dell’arresto nel processo
di espansione dei servizi per l’infanzia. Non a caso, negli stessi anni la condizione
di vita quotidiana e di socializzazione dei bambini figli di madri casalinghe
è stata fatta oggetto di riflessioni e indagini specifiche (Musatti, 1992).
125

Il dibattito su quale forma organizzativa garantisse un maggior benessere dei
bambini e dei genitori (quella che prevedeva una situazione di separazione, come
negli Spazi Bambini o nei Centri per Bambini, o quella che lavorava nei tempi
lunghi attorno alla coppia bambino-genitore e a un’esperienza sociale condivisa,
come proposto nei Centri per Bambini e Genitori) ritrovava comunque nella
denominazione nuove tipologie di servizio per l’infanzia una comune identità di
servizio, diverso dal nido, ma ugualmente mirato a corrispondere al bisogno di
bambini e genitori, e soprattutto che, per rispondervi, si basava sui saperi professionali
accumulati nel nido, attorno a una condizione infantile normale (Mantovani
e Musatti, 1996).
Del resto, proprio mentre la Legge 285/1997 definiva la diversa identità delle due
tipologie organizzative, nella pratica dei servizi si evidenziava la loro sostanziale
continuità nell’esperienza dei bambini e dei loro genitori.
L’inclusione dei nuovi servizi per l’infanzia all’interno della Legge 285/1997, tra
i progetti ammessi a finanziamento, ha segnato una tappa molto importante per il
loro sviluppo. Non solo per l’effettivo sostegno all’attivazione, ma anche perché
la legge ne sanciva il carattere innovativo nel settore della prima infanzia e l’intrinseca
diversità dal nido, sottolineando al tempo stesso che i nuovi servizi non
potevano essere considerati sostitutivi. Così dicendo, il legislatore asseriva perciò
l’esistenza di una gamma diversificata di bisogni relativi alla prima infanzia, per
rispondere ai quali era necessario dare risposte differenziate. Inoltre, l’impostazione
generale della Legge riportava la creazione dei nuovi servizi per l’infanzia
a una progettazione territoriale. Non è un caso che, negli anni immediatamente
successivi, la denominazione nuove tipologie sia stata progressivamente sostituita
da quella di servizi integrativi e che, parallelamente, si sia fatta strada l’immagine
di un sistema territoriale integrato di servizi per l’infanzia.
Negli ultimi anni, la marea incalzante della richiesta di posti-nido da parte delle
famiglie ha imposto finalmente all’attenzione delle politiche nazionali il tema dell’estensione
del sistema dei servizi per l’infanzia, riconoscendo nel servizio nido
un bisogno primario delle famiglie, un servizio fondamentale per lo stesso sviluppo
economico del Paese. La nuova emergenza nido ha fatto superare le
ambiguità che a volte si sono celate nell’impegno, anche generoso, di alcune
amministrazioni nella creazione dei servizi integrativi, sicuramente “più leggeri”
del nido in termini di impegno organizzativo e finanziario. Nonostante, in Italia,
l’esperienza culturale forte del nido sia riuscita a far filtrare in questo dibattito la
parola d’ordine del carattere educativo del servizio per l’infanzia, e che questo
carattere sia stato affermato anche in sede di Corte Costituzionale (Sentenza
370/2003); nonostante la riflessione dei servizi integrativi si sia progressivamente
approfondita, anche sperimentando forme nuove di accoglienza come quelle
rivolte ai bambini e genitori nei primi mesi di vita (AA.VV., 2003), il dibattito sull’estensione
quantitativa dei posti-nido ha inevitabilmente lasciato un po’ in
ombra le problematiche esplorate nell’esperienza degli altri servizi. Spesso, inoltre,
la presenza stessa dei servizi integrativi sul territorio rimane percepita come separata
e sviluppata in percorsi paralleli. In questo modo si ignora o non si valorizza
126

adeguatamente il potenziale dei nuovi servizi, in termini di riflessione sui
bisogni delle famiglie e di acquisizioni professionali, nella prospettiva di
un reale arricchimento qualitativo e quantitativo del sistema integrato
territoriale dei servizi per l’infanzia.
Il contributo dei Centri per Bambini e Genitori alla cultura del Nido
L’esperienza dei servizi integrativi ha dato un contributo fondamentale alla riflessione
sugli obiettivi educativi dei servizi per l’infanzia, soprattutto relativamente
alla comprensione del bisogno precoce dei bambini di fare esperienze di socialità
fuori della famiglia, e della qualità di tali esperienze. Questo tema è stato presente
nel dibattito della cultura del nido fin dagli anni ’80, come riconoscimento della
positività della frequenza in un luogo collettivo per bambini molto piccoli. Si
contrastava così, sulla base delle ultime acquisizioni della ricerca scientifica e delle
osservazioni fatte nel contesto stesso dei nidi, la cultura psicologica tradizionale
sull’incompetenza sociale dei bambini e l’approccio individuale alla cura dei
piccoli. In realtà, era ormai acquisito, non solo che i bambini sono precocemente
capaci di interazioni sociali con altri bambini, ma che le condizioni contestuali
fanno variare la frequenza e la qualità di tali interazioni (Musatti e Mantovani,
1983). Va detto, tuttavia, che negli anni successivi la cultura del nido non ha ulteriormente
approfondito l’analisi della complessiva esperienza sociale del bambino
fuori e dentro il servizio, nonostante si diffondesse sempre più, anche a livello
culturale, perlomeno nelle aree in cui la presenza dei servizi per l’infanzia era
più avvertita, la percezione del bisogno di socializzazione extrafamiliare dei
bambini piccoli.
A questo riguardo i servizi integrativi, che per loro natura offrivano essenzialmente
proprio questa esperienza di socialità extrafamiliare, hanno dato un contributo
fondamentale per mettere a fuoco che il bisogno di socializzazione precoce
non corrisponde tanto a una necessità interna allo sviluppo psicologico individuale
dei bambini, ma scaturisce dalle condizioni di vita quotidiana dei bambini
piccoli e delle loro famiglie nella società attuale. Mi piace ricordare ancora una
volta come, nell’inaugurare la prima Area Bambini a Pistoia, l’allora Assessore
della Regione Toscana Benigni sottolineava come i nuovi servizi andassero a sollecitare
una domanda sociale che non sarebbe stato più possibile trascurare.
Entrambe le tipologie di servizi integrativi, Spazi Bambini e Centri per Bambini
e Genitori, hanno affrontato il tema dei bisogni di socializzazione dei bambini con
riflessioni diverse ma convergenti. I servizi che accoglievano i bambini da soli,
proponendo loro esperienze di socialità con coetanei per alcune ore al giorno (a
volte solo per alcuni giorni a settimana), hanno dovuto confrontarsi subito sul rapporto
tra predisposizione dell’ambiente e organizzazione degli scambi sociali tra
bambini. Ma soprattutto sulla natura dell’esperienza del bambino, sul significato
di esperienze di socialità tra bambini per una durata limitata nel tempo, sia quotidiano
sia settimanale. Ciò ha indotto a riflettere non solo sugli strumenti cognitivi
127

di controllo dell’esperienza di socialità extrafamiliare da mettere a disposizione
del bambino, ma anche, con più evidenza che nel nido, sulla qualità della situazione
sociale di gruppo per un bambino che, cresciuto esclusivamente a casa,
entra nel secondo anno di vita in uno Spazio Bambino o Centro giochi (Galardini,
Giovannini e Musatti, 1993). Socialità che si presenta in modo assai diverso,
che è molto più intensa e strutturata che nelle altre occasioni di incontro con i coetanei,
come nei giardini pubblici, che episodicamente si offrono al bambino nelle
nostre città. Tale riflessione si è tradotta nella proposta di specifici strumenti
osservativi per analizzare la qualità sociale dell’esperienza dei bambini nei servizi
(Musatti e Andreoli, 1998; Musatti, 2001)
Ma sono stati soprattutto i Centri per Bambini e Genitori che hanno aperto nuove
prospettive per comprendere il bisogno di socializzazione precoce percepito da
bambini e genitori. L’accoglienza di bambini e genitori insieme ha posto immediatamente
in evidenza come il tema della socializzazione dei bambini non possa
essere trattato separatamente da quello della socialità del suo nucleo familiare.
Sulla comprensione di questa dimensione fondamentale ha pesato a lungo una più
o meno velata influenza dell’approccio psicoanalitico dell’esperienza della Maison
Verte francese, che individuava come oggetto principale di intervento la relazione
di coppia genitore-bambino. Un ascolto attento delle richieste rivolte al servizio
e la stessa dimensione normalizzante propria della professionalità educativa
degli operatori, hanno progressivamente portato a riconoscere la vera natura del
bisogno dei genitori, che si rivela essere del tutto simile in Francia (Neyrand,
1995; Eme, 1993) come in Italia (Picchio e Musatti, 2001; Rullo e Musatti, 2005).
Tale bisogno non si esprime, se non in casi molto particolari, come richiesta di un
intervento psicoterapeutico. Ciò che viene ricercato è qualcosa di più complesso
e al tempo stesso più generico: il sostegno sociale che può essere veicolato nello
scambio comunicativo attorno all’esperienza di essere genitore di un bambino
piccolo, tra persone che stanno diversamente vivendo quella stessa esperienza. È
un bisogno che nasce dalle condizioni sociali e psicologiche in cui viene vissuta,
oggi, l’assunzione del ruolo di genitore da donne e uomini che si confrontano con
nuovi modelli di maternità e paternità, con equilibri profondamente mutati sia
all’interno della coppia che nelle relazioni tra genitore e figlio e, al tempo stesso,
con condizioni di isolamento psicologico e materiale nelle città. A ciò si aggiungono
il riconoscimento della condizione di isolamento anche del bambino piccolo,
spesso unica presenza infantile sia nel suo nucleo familiare che nella famiglia
allargata, e la scoperta della sue competenze sociali e dei suoi bisogni di socialità.
Ciò che, infine, viene espresso complessivamente, a livelli diversi di consapevolezza
e coerenza, è la necessità del nucleo genitori-bambino di uscire dalle mura
domestiche e di aprirsi a ad altre relazioni sociali.
L’esperienza dei Centri per Bambini e Genitori ha permesso di toccare con mano
questa realtà psicologica e sociale della condizione di vita quotidiana dei bambini
e dei loro genitori, e di vederne l’evoluzione all’interno di un ambiente protetto che
permette l’allentamento delle tensioni quando si è a contatto con altri genitori e
bambini, al di fuori di dinamiche relazionali troppo invasive della sfera privata.
128

È per tutti questi motivi che l’esperienza dei Centri per Bambini e Genitori oggi
costituisce un patrimonio di saperi fondamentali per ri-comprendere il significato
dei servizi per l’infanzia e per le famiglie. Tali servizi non si sono necessari soltanto
per permettere il lavoro extradomestico delle madri, ma si presentano anche
come gli strumenti principali con cui la società può dare risposta a quelle tensioni
che i processi di modernizzazione rovesciano sugli individui e che la condizione
genitoriale interviene ad acutizzare. Un patrimonio di saperi da mettere a fuoco
e a frutto anche nei servizi per l’infanzia, come il nido, che cercano di dar
risposta alla globalità dei bisogni dei genitori e dei bambini.
Proprio perché più circoscritta, l’esperienza dei Centri per Bambini e Genitori ha
permesso anche di mettere in luce una dimensione particolare della funzione
sociale dei servizi per l’infanzia, quella di costituire luoghi di incontro sociale nelle
città (Musatti e Picchio 2005). Luoghi di incontro a carattere specifico – centrati
sull’esperienza della vita e della relazione con un bambino piccolo – e legati
a un’esperienza temporalmente delimitata dai percorsi di sviluppo del bambino;
ciò nonostante, o forse proprio per questo carattere, questi luoghi sono costruttivi
di legami sociali informali e quindi realmente socializzanti. L’utilizzo di questi
servizi da parte delle famiglie, che si traduce a volte in un impegno “più leggero”
– in termini di assiduità ma anche di coinvolgimento – , come anche registrato in
questo Rapporto, non è quindi sintomo di cattiva ricezione del “messaggio” veicolato
dal servizio; sembra corrispondere, invece, a un utilizzo diversificato del
servizio da parte delle famiglie che vi ricorrono, sia in funzione del bisogno di cui
cercano risposta sia della loro capacità di organizzarsi di conseguenza. La riflessione
attorno a questo aspetto e alle dimensioni organizzative del servizio che
ostacolino o assecondino un uso anche “leggero” del servizio, appare particolarmente
cruciale a fronte dell’importante funzione che i Centri per Bambini e Genitori
possono svolgersi come occasione di socializzazione e di integrazione delle
famiglie straniere con bambini piccoli (Mantovani, 2005).
Se si vuole operare nella prospettiva di promuovere al tempo stesso benessere,
pari opportunità per tutti i bambini e forme di partecipazione sociale attiva, tali
problematiche dovrebbero essere presenti in tutti i servizi per l’infanzia. Come
questo Rapporto mette in buona evidenza, tale aspettativa può essere perseguita
solo con un disegno di welfare locale che concepisca i servizi per l’infanzia all’interno
di un sistema integrato territoriale, modulandone le forme organizzative, in
relazione ai diversi bisogni dei bambini e delle famiglie, ma sempre mirando a far
sì che ciascuno di essi divenga un presidio di benessere e socializzazione per i
bambini e i loro genitori.
129

Bibliografia
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Life, in European Journal of Psychology of Education, n. XX, pp. 107-119.
2005.
130

Uno sguardo all’interno dei servizi ferraresi
di compresenza: la professionalità educativa
Bianca Orsoni
Coordinatrice Pedagogica dei Servizi Integrativi, Comune di Ferrara
La lettura del rapporto di Monitoraggio 2005 dei Centri per Bambini e Genitori,
le considerazioni proposte dagli autori, mi invitano ad una sorta di “viaggio a
ritroso”, dove ritrovo memorie di luoghi, visi, azioni, legati ai servizi educativi
integrativi ferraresi che, per oltre un decennio, ho avuto l’opportunità, come educatrice
prima e coordinatrice poi, di veder nascere, evolvere, modificarsi.
Lungo questo “filo della memoria” provo dunque a restituire caratteristiche e tipicità
dei nostri Centri e ad individuare alcune peculiarità della figura dell’insegnante
che sostanzia questi servizi, rendendoli luoghi importanti di educazione
sociale.
L’esperienza dei Centri per Bambini e Genitori ferraresi si sviluppa a Ferrara a
partire dall’apertura del Centro Elefante Blu, nel maggio 1993, il primo servizio
educativo cittadino ad offrire alle famiglie con bambini fino a 6 anni, spazi di
incontro e gioco che pian piano si sarebbero strutturati per le diverse fasce di età
e seguendo aspettative e bisogni espressi da piccoli e grandi. Ancora, nel 1995
viene poi inaugurato il Centro Mille Gru, in un quartiere popolare collocato alla
periferia opposta di Ferrara e, da ultimo nel 1997, viene attivato il Centro Isola
del Tesoro, situato a ridosso del centro storico cittadino, all’interno dell’Acquedotto
monumentale lasciato da anni in stato di abbandono. In questo edificio, ricco
di spazi ampi e luminosi, trova sede anche il Centro per le Famiglie cittadino,
attivo già da qualche anno, che si rivolge alle famiglie con minori e che offre servizi
informativi e di sostegno alla genitorialità. Un quarto Centro per Bambini e
Genitori denominato La Piccola Casa, è stato aperto nel 2006, e ospita anche altre
situazioni di incontro per bambini e genitori, corsi di massaggio infantile e gruppi
di mamme straniere con neonati, interessate all’apprendimento della lingua italiana;
è situato in un appartamento di ridotte dimensioni adiacente ad una scuola
media, è va “specializzandosi” in direzione di proposte educative mirate a famiglie
con bambini entro i primi 24 mesi di vita (da togliere o, al massimo, spostare
prima).
Dalle riflessioni nate dalle prime esperienze nei gruppi di compresenza bambini/genitori
e da sollecitazioni raccolte dalle stesse famiglie frequentanti, in anni
più recenti si procede ad un ulteriore ampliamento delle offerte educative. Nell’anno
scolastico 2005/06 aprono infatti, negli stessi locali del Centro Mille Gru,
131

lo Spazio Bambini Piccole Gru, aperto tre mattine la settimana, a bambini da 18
a 36 mesi e, dalla primavera 2006, e lo Spazio Bambini Piccola Casa, con la
medesima organizzazione oraria, aperto a bambini da 12 a 24 mesi di età.
In generale, le proposte di incontro per bambini e adulti dei Centri per Bambini e
Genitori ferraresi sono strutturate tenendo conto delle diverse età dei piccoli frequentanti:
per le famiglie con bambini entro i 12 mesi sono organizzati i Gruppi
Piccolissimi e i Corsi di massaggio; i bambini dai 12 ai 36 mesi che non frequentano
il nido possono invece frequentare con un familiare, per due mattine la
settimana, i Gruppi Da Uno a Tre e; i bambini più grandi, da 1 a 6 anni, hanno
opportunità di gioco e incontro con altri coetanei e con i loro familiari, nei tre
appuntamenti settimanali di Apertura Pomeridiana, presenti in ogni Centro, e al
sabato mattina al Centro Isola del Tesoro.
Il personale impegnato nei Centri per Bambini e Genitori proviene in larga parte
dai servizi per l’infanzia, nidi e scuole d’infanzia, dai quali discende un pensare
ed un agire attenti a valorizzare l’unicità del bambino, la piena consapevolezza di
proporre un luogo educativo e comunitario strettamente legato e in forte continuità
con le famiglie frequentanti e con il territorio.
L’attenzione e il rispetto prestato al bambino, alla sua crescita individuale, territorio
fecondo di osservazioni delle insegnanti nelle scuole dell’infanzia, diventano
nei servizi di compresenza un’area di proposta che si allarga ai genitori e ai nonni.
L’insegnante è chiamata ad osservare le azioni del bambino nel gioco libero piuttosto
che in quello organizzato, nelle relazioni con i coetanei o con gli altri adulti,
a “prestare i propri occhi” e, ponendosi al fianco del familiare, a compiere
un’osservazione condivisa. L’opportunità di guardare insieme al genitore o al
nonno i comportamenti del bambino, permette all’insegnante, verbalizzando azioni
e reazioni del piccolo, di sostenere in una “lettura in diretta”, le sue competenze
e le sue eventuali difficoltà, e offre sempre spunti per riflessioni, interventi e
sollecitazioni appropriate da parte dell’adulto accompagnatore.
L’affiancarsi dell’insegnante all’adulto accompagnatore, la disposizione a mettere
in campo la propria competenza professionale, promuovono un concetto fondamentale
in ambito educativo, ossia che la cura e l’educazione del bambino non
siano considerate esclusivamente dell’insegnante all’interno dei servizi e del
genitore nell’ambiente domestico.
A volte, questa opportunità, tipica nei contesti di compresenza, si arricchisce di
più voci, aprendosi all’incontro e al confronto con altri genitori e nonni, in situazioni
spesso molto informali e poco strutturate, che stimolano lo scambio di idee,
riflessioni ed esperienze.
La disponibilità relazionale ed emozionale verso l’altro, da parte delle insegnanti
dei Centri, si concretizza nell’offerta di contesti di accoglienza carichi di empatia,
rispettosi di tempi e modalità comunicative adeguate ad ogni ospite, piccolo o
grande egli sia. Atmosfera, questa, che si ritrova per esempio nell’ambito delle
attività dei Gruppi Piccolissimi, dove si promuovono esperienze di gioco infantile
come Il cestino dei tesori e Il gioco euristico, con la presenza di mamme e papà,
ma più in generale è proprio di questi servizi il condividere tra insegnanti e geni-
132

tori una cultura del gioco che ci insegna a considerare ciascun bambino una persona
unica e irripetibile, dotata di una propria peculiare individualità fin dalle prime
fasi di vita.
La capacità relazionale delle insegnanti si evidenzia nella disponibilità non
scontata a lasciarsi osservare nel proprio agire educativo, nel gioco come nelle
relazioni con e tra gli adulti presenti. Risulta quindi evidente che parte del lavoro
dell’insegnante impegna percorsi di disponibilità e consapevolezza del proprio
vissuto, emozionale, personale, oltre che professionale. Si tratta di un percorso
professionale fortemente agìto nella complessità delle relazioni, che si concretizza
in un delicato lavoro di regia per la gestione di queste, che assume una funzione
di sostegno diffuso nei confronti dei genitori e dei nonni, delle loro intuizioni,
capacità e competenze.
Parliamo di una professionalità raffinata e leggera, capace di accettare e sostenere
per sé una continua crescita, sempre aperta a correzioni e trasformazioni.
Luoghi dove si esplicitano tali modalità professionali sono ad esempio i Gruppi
Da Uno a Tre, che si qualificano come spazi nei quali assolutamente vivace è lo
scambio tra bambini ed adulti che durante l’anno scolastico costituiscono e mantengono
il gruppo stesso in una miriade di continue interrelazioni.
L’insegnante, elemento cardine in questa complessità, opera agendo stili comunicativi
e d’azione basilari sia nei confronti dei bambini che degli adulti. D’altronde
l’interazione con adulti che hanno bambini in tenera età pone l’insegnante vicina
alla sfera dell’intimità delle persone, rispetto alla quale è importante non interferire,
pur fornendo disponibilità ed attenzione.
L’ascolto dell’altro, il rispetto e l’attenta osservazione di dinamiche relazionali, la
non esclusione ma al contrario il coinvolgimento di ogni partecipante al gruppo, la
cura a non cedere al pregiudizio e a rigide categorie di giudizio, risultano caratteri
professionali imprescindibili nella riflessione e nell’intervento dell’insegnante.
Negli ultimi anni, le insegnanti impegnate nei Centri ferraresi hanno seguito un
piano di supervisione formativa condotto dalla dott.ssa Monica Guerra, pedagogista
milanese, supporto fondamentale che, da una parte ha permesso la crescita
e il rafforzamento di un profilo professionale nuovo da molti punti di vista e,
dall’altra, ha creato fili di connessione e condivisione tra insegnanti impegnate
nei diversi servizi di compresenza ferraresi, attraverso scambi e confronti fondamentali.
I diversi temi affrontati e discussi negli appuntamenti di supervisione formativa
(come ad esempio la conduzione dei gruppi di parola, lo stile educativo
degli insegnanti, la documentazione, la valutazione e la verifica condivisa con le
famiglie), hanno permesso di aiutare la crescita di un’identità professionale originale
e importante, certamente qualificando l’offerta alle famiglie espressa dai
Centri per Bambini e Genitori ferraresi.
133

La “ricetta” dei Centri per Bambini e Genitori:
amalgamare gli ingredienti e servirli ben caldi
Stefano Ricci
Comitato tecnico-scientifico delCentro nazionale di documentazione e analisi
per l’infanzia e l’adolescenza
Risalire alla ricetta di una buona pietanza dopo averla assaggiata o, addirittura, solo
attraverso il racconto di chi l’ha provata non è facile. Ma è un tentativo da fare se si
vuole che siano in molti a poter godere di quel piatto nutriente e gustoso e, come è
giusto che sia, se si vuole restituire ai cuochi il riconoscimento del loro lavoro e, se
possibile, un contributo per aprire piste di ricerca verso sapori nuovi e vivande sostanziose.
La ricerca degli ingredienti fondamentali è il primo passo, la ricostruzione del
processo di preparazione il secondo. Quando poi si tratta di comprendere i valori, le
componenti essenziali e i fattori di successo di un servizio alla persona è ancora più
difficile, ma è stimolante ed è un compito che ritengo indispensabile per dare un
apporto alla costruzione di una cornice di senso, culturale e scientifica, in grado di raccogliere
l’evoluzione di servizi ed interventi, secondo logiche programmatorie e
gestionali più adeguate alla condizione e alla situazione delle persone. Questo è particolarmente
vero per una fase delicata della vita della persona, quella della prima infanzia,
dove il sistema dei servizi educativi e sociali destinati ai “cittadini in crescita” di
questa fascia di età, impatta necessariamente anche le esigenze e i bisogni dei loro
genitori e delle loro famiglie in un mix dove per gli operatori è essenziale, ma non
sempre facile, evitare la confusione di obiettivi e ruoli, di priorità e funzioni. Il “racconto”
di partenza è il monitoraggio regionale dei Centri per Bambini e Genitori in
Emilia-Romagna dal quale ho provato a far emergere gli elementi secondo me più
importanti, che non sempre sono i più evidenti, in grado di qualificare e spiegare il
senso di questo “servizio tra servizi”. Il rapporto pubblicato è un “racconto” che,
seppur fortemente contestualizzato, rappresenta e descrive un’esperienza significativa
e trasferibile perché capace di rispondere a bisogni reali e crescenti dei bambini
e delle bambine da 0 a 36 mesi e delle loro famiglie. L’individuazione e la descrizione
degli “ingredienti” essenziali dei Centri per Bambini e Genitori in Emilia-
Romagna è assolutamente personale, ma confido nella capacità di chi saprà leggere
“tra” e “oltre” le righe per evocare piste di ricerca verso nuovi “saperi e sapori”.La
compresenza è il primo elemento da considerare anche perché è sicuramente l’aspetto
peculiare di questo servizio in cui è la denominazione stessa ad indicarlo come
essenziale e caratterizzante. L’attività di compresenza bambini e adulti non è però
solo l’attività principale e la cornice dei numerosi interventi educativi realizzati dai
Centri per Bambini e Genitori, è anche un modo di ritrovarsi per parlare, giocare, crescere
insieme tra genitori e figli. Dal mio punto di vista le caratteristiche qualificanti
di questa concezione di compresenza sono essenzialmente tre:
– la compresenza è stare insieme tra genitori e bambini in uno spazio dedicato e ade-
134

guato, ma che riserva anche tempi di separazione, di socializzazione e di individuazione
per il bambino e di confronto per gli adulti. Nella “normale” vita di casa
spesso la diade bambino-adulto rischia di invischiare il corretto equilibrio della
relazione genitore-figlio che è dato dal mantenimento di ruoli ed identità distinte;
– la compresenza è stare insieme al proprio figlio e insieme al proprio genitore,
ma insieme ad altri bambini e ad altri genitori. Sempre più le case dove abitiamo
sono degli “appartamenti” (dal verbo appartarsi) dove ci si ritira cercando
serenità, ma trovando spesso solitudine, per cui avere la possibilità di
frequentare luoghi partecipati anche se protetti è un’opportunità importante e
sempre più necessaria nei contesti di vita attuali;
– la compresenza è stare insieme tra genitori e bambini con la presenza discreta
e attenta di operatori che creano un contesto curato, in grado di accompagnare
i bambini e gli adulti che lo frequentano nella costruzione partecipata di un
sapere educativo attraverso le esperienze di relazione condivise, aperte, socializzanti.
Nell’immaginario collettivo (e forse non solo) il ruolo degli operatori
dei servizi alla persona (sanitari, sociali, educativi...) si caratterizza per: eccessiva
invasività nella sfera privata, frequente giudizio sulle capacità di cura delle
famiglie, approcci sostitutivi o di supplenza che non aiutano la tutela e l’integrità
della persona e non favoriscono la crescita delle capacità e delle competenze.
Il ruolo e la funzione degli operatori dei Centri per Bambini e Genitori
identificano una modalità diversa di presenza, caratterizzata dall’accompagnamento
e dalla responsabilizzazione, che prefigura anche un approccio nuovo in
grado di assecondare la corretta evoluzione delle professionalità al servizio delle
persone: rispetto, rivalutazione, vicinanza, sostegno, consolidamento, ecc.
La prossimità è un altro componente importante dei Centri per Bambini e Genitori
che si configurano non solo per essere “luoghi” vicini alle famiglie con bambini
piccoli, ma anche con “tempi” vicini ai bisogni e alle necessità di questa
“doppia” tipologia di utenza e, soprattutto, per creare opportunità di vicinanza, di
contatto, di incontro e di relazione. La prossimità non è solo una connotazione
spaziale e geografica, esprime anche un valore, sottolinea le affinità possibili da
ricercare e la possibilità di “addomesticarsi” (nel senso usato da Antoine de Saint-
Exupéry ne Il piccolo principe). Riferito ai servizi alla persona il termine prossimità
esprime anche la sempre più indispensabile reciprocità tra pubblico e cittadino,
tra “titolare” del servizio e destinatario: uno “stato” più vicino ai cittadini”,
ma anche un luogo più vicino allo “stato”, dove far sentire la propria voce ed essere
protagonisti. I cosiddetti “servizi di prossimità” non possono essere ridotti solo
alla semplificazione dei percorsi di avvicinamento degli utenti alle istituzioni e
all’ottimizzazione dell’organizzazione dei servizi più strutturati. Va allargata la
riflessione per farli diventare servizi con un proprio specifico e non finalizzati
solo ad intercettare le situazioni di disagio o ad avvicinare i cittadini fragili. I Centri
Bambini e Genitori esprimono queste potenzialità dei servizi di prossimità perché
si inseriscono nella rete dei servizi già presenti sul territorio comunale, sia
pubblici che privati; rappresentano una rete di punti di ascolto e di riferimento
finalizzati al sostegno e alla valorizzazione delle potenzialità e della competenze
135

dei cittadini. I Centri possono creare condivisione e senso di appartenenza, mettono
in moto interessi e promuovono azioni coordinate, centrate sulla partecipazione
e sul riconoscimento reciproco. È questa la prospettiva dei servizi per l’inclusione
versus i servizi di contrasto dell’emarginazione. Questo è anche l’orizzonte
di sviluppo di tutti i servizi alla persona ed è indicativo, ancora una volta,
che un apripista per tutti i cittadini sia un servizio pensato per l’infanzia.
Nella variegata esperienza dei Centri per Bambini e Genitori si coglie un altro ingrediente
frequentemente presente che è la flessibilità. In effetti, l’estrema variabilità di
connotazioni rispetto alle attività svolte, sedi e spazi disponibili, orario di apertura,
presenza e tipologia del personale, si potrebbe interpretare anche come frammentazione,
eterogeneità, disordine e confusione. Ma riflettendo meglio, si comprende
come le diversità dei servizi (tra province diverse, capoluoghi di provincia e territori,
tra Centri all’interno della stessa città) non sia l’effetto della “mancanza di” o della
“insofferenza verso” indicazioni normative o di una confusione metodologica o organizzativa,
bensì l’esito di un’attenzione a modellare e adattare il servizio alle effettive
e specifiche esigenze del territorio in cui si opera e della volontà di collegare l’evoluzione
della specificità del Centro per Bambini e Genitori ai servizi, agli interventi o ai
progetti che lo hanno generato nel tempo, garantendo continuità e innovazione. In
questo senso la flessibilità è un valore perché, se collegata ai successivi elementi considerati,
permette di sviluppare tutte le potenzialità di una “tipologia” di intervento e
garantisce che un servizio sia “a servizio” dei destinatari e non viceversa.
Un altro fattore che appare decisivo per l’efficacia dei Centri per Bambini e Genitori
è l’integrazione. Il legame con il nido d’infanzia, sia in termini strutturali che
organizzativi, ma anche metodologici e culturali emerge da molte riflessioni sul
monitoraggio dell’esperienza in Emilia-Romagna, ma l’idea e le potenzialità del
concetto di integrazione, come può essere declinato nei Centri per Bambini e
Genitori, vanno anche oltre. Se è vero che i Centri sono un “servizio tra servizi”
va colta la particolare funzione di crocevia tra servizi (sociali e sanitari oltre che
educativi) che essi possono svolgere per le famiglie con bambini piccoli: può
essere un tramite o un luogo neutro, uno spazio franco e non stigmatizzante dove
agganciare situazioni difficili e avviare il trattamento di casi problematici; può
essere anche uno dei luoghi della sinergia tra i servizi pubblici, del privato sociale,
del volontariato e le risorse informali della società civile. Quanto più si svilupperà
la concezione del Centro per Bambini e Genitori come un servizio “normale”,
come un luogo di “normalità”, contro l’idea di servizio “speciale”, fuori
dalla quotidianità, tanto più esso potrà essere un luogo di incontro e di integrazione
di tutte le risorse del territorio, istituzionali, organizzate e spontanee.
La componente governance nei Centri per Bambini e Genitori non è sempre e
ovunque evidente, ma si configura sempre di più come un tratto essenziale e uno
strumento/obiettivo per i servizi alla persona che devono sempre più da un lato
essere governati nella corretta prospettiva della sussidiarietà e, dall’altro, considerare
concretamente i destinatari dei protagonisti e dei cogestori.
Sul primo aspetto la scelta della Regione Emilia-Romagna per i Centri per Bambini
e Genitori appare concettualmente valida (anche se non ho elementi per verifi-
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carne la coerenza operativa) perché: mantiene al livello centrale le funzioni programmatorie,
di indirizzo, di verifica; non dà direttive rigide di configurazione dei
servizi; destina finanziamenti vincolati perché vuole investire nel settore della prima
infanzia sviluppando anche questa specifica azione; accompagna metodologicamente
l’evoluzione dei servizi con attività formative e di aggiornamento e, nel contempo,
lascia ai territori ampio margine di autonomia organizzativa, gestionale, di
coordinamento, di sperimentazione e sviluppo. Sul secondo aspetto il monitoraggio
dei Centri per Bambini e Genitori non approfondisce specificamente il ruolo delle
famiglie in questi servizi oltre il ruolo di destinatari, ma va da sé che, soprattutto
nelle attività di compresenza e nella funzione di “committenza” verso nuovi interventi
e attività interne ai Centri, l’interazione tra operatori, genitori e bambini si può
configurare come una espressione di concertazione tra portatori – interni – di interessi
finalizzata al conseguimento di obiettivi comuni, nella collaborazione.
Un conclusivo ma non ultimo elemento presente anche in questo servizio è la
documentazione. Il monitoraggio dei Centri per Bambini e Genitori in Emilia-
Romagna si inserisce nella migliore tradizione regionale dove la documentazione
nei e dei servizi per l’infanzia e per l’adolescenza non rappresenta una scelta
metodologica profonda e meditata; non è un opzionale ornamento di facciata, un
adempimento formale, un giustificativo o un’occasione di autocelebrazione. La
documentazione di un servizio nasce prima del servizio stesso, si sviluppa ex ante,
in itinere ed ex post e permette al servizio di “rendere conto” del proprio operato,
di restituire senso e significato di quello che si è fatto. La documentazione in un
servizio risponde a diverse esigenze:
– favorisce l’oggettivazione e la rielaborazione personale e di gruppo dell’esperienza
condotta;
– crea una memoria storica;
– costituisce uno strumento di gestione delle attività;
– rappresenta una fonte di informazioni per la comunicazione.
In questa prospettiva la documentazione è necessaria è utile a tutti i soggetti che
hanno un qualche ruolo nel servizio, dagli operatori ai coordinatori per accompagnare
l’operatività e l’esecutività dei professionisti, dai dirigenti agli amministratori
locali per garantire il livello organizzativo e gestionale, all’amministrazione
regionale per favorire il controllo strategico e la programmazione.
Per chiudere, ritengo necessario proporre un breve riferimento al “processo di preparazione”
della “pietanza” Centri per Bambini e Genitori. Fuor di metafora cosa
significa l’indicazione presente nel titolo di “amalgamare gli ingredienti e servirli
ben caldi”? Certamente il modo di mettere insieme i “fattori produttivi” e, più in
generale, i diversi elementi che costituiscono un servizio, è altrettanto decisivo
quanto la qualità dei componenti. Non si tratta di tritare o frullare, o anche soltanto
di mescolare. Amalgamare vuol dire mettere insieme, unire facendo in modo che
ci sia armonia tra le parti, che nell’apprezzare l’equilibrio dell’unitarietà si possano
distinguere e “stimare” le diversità, ma anche questo non basta, poi serve il
“calore” umano che è passione, energia, ascolto, entusiasmo, affetto, consapevolezza;
e nei Centri per Bambini e Genitori, se funzionano, ce n’è sicuramente.
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La redazione del volume è stata curata da
GIFT - Unità di documentazione “S. Andreoli”
In particolare, per i testi Sara Cambioli e per le figure Michele Rossoni.

GIFT – UNITÀ DI DOCUMENTAZIONE “SIMONETTA ANDREOLI”
Nasce nel 1994 nell’ambito del Centro per le Famiglie del Comune di Ferrara. Il nome indica,
attraverso l’acronimo, le aree tematiche di cui si occupa, Genitorialità, Infanzia e Famiglie
inserite nel contesto sociale e culturale del Territorio, e ricorda il contributo determinante
all’avvio delle sue attività e alla crescita dei servizi emiliani per bambini e famiglie dato da
Simonetta Andreoli, pedagogista bolognese precocemente mancata nel giugno 2003.
I primi anni di lavoro dell’Unità di Documentazione ferrarese si connotano per l’impegno svolto
nel costruire un sistema di documentazione e nel fornire strumenti formativi e metodologie
di intervento specificamente rivolte agli operatori dei Centri per le Famiglie e dei Centri per
Bambini e Genitori, poi approfonditi nei volumi “Bambini e Adulti insieme” editi per i tipi dell’Edizione
Junior nel ‘99 e curati da Susanna Mantovani, Simonetta Andreoli, Ivana Cambi,
Giovanna Di Pasquale, Marina Maselli e Tullio Monini.
Su questa base, è nata e si è ampliata negli anni una biblioteca (oggi disponibile anche alle
richieste esterne di consultazione presso la propria sede di Casa Rossetti) che raccoglie numerose
riviste specializzate e una nutrita rassegna di libri sui servizi per l’infanzia, le politiche
familiari e sociali e le problematiche legate alla genitorialità.
Grazie ai rapporti di stretta collaborazione posti in essere con la Regione Emilia-Romagna,
GIFT ha inoltre dato vita al primo nucleo dell’Archivio regionale dei nuovi servizi per l’infanzia
e le famiglie (ora confluito nel portale “I Centri per bambini e famiglie in Emilia-Romagna”),
realizza periodicamente Monitoraggi sui Centri per le Famiglie e i Centri per Bambini
e Genitori emiliano-romagnoli e promuove la documentazione qualitativa dei nuovi servizi
per l’infanzia e le famiglie.
GIFT sviluppa anche attività di editing e cura la pubblicazione dei:
• Quaderni dell’Unità di Documentazione, rivista semestrale che si propone di divulgare, in
ambito socio-educativo, i risultati conseguiti dal lavoro sul campo dei servizi emiliani per
bambini e famiglie e dalle esperienze di sostegno della genitorialità;
• Passaparola, periodico trimestrale di informazione dell’U.O. Politiche Familiari e Genitorialità
inviato a tutte e famiglie ferraresi con bambini tra 0 e 6 anni.
L’Unità di Documentazione sostiene inoltre attività e progetti dell’U.O. Politiche Familiari e
Genitorialità attraverso l’organizzazione, su richiesta, di visite al Centro per le Famiglie e ai
Centri per Bambini e Genitori ferraresi da parte di delegazioni composte da operatori e responsabili
di altre realtà territoriali.
GIFT - Unità di Documentazione “S. Andreoli”
via Calcagnini 5 - Ferrara
tel. 0532 418104/05 - gift.unitadoc@comune.fe.it
sede biblioteca e formazione
via XX Settembre 152, Ferrara - tel. 0532 311420