Ignazio Gardella sr. e le 'terrazze di marmo' a Genova - Aising.it

Ignazio Gardella sr. e le ‘terrazze di marmo’ a Genova
STEFANO POLI
Ignazio Gardella sr. e le ‘terrazze di marmo’ a Genova
La vicenda della Strada Carlo Alberto
a Genova è emblematica di un complesso
quanto sperimentale processo di
rinnovo della città ottocentesca, in cui il
governo sabaudo assume un ruolo determinante
accanto agli organi amministrativi
genovesi, sempre più espressione
della borghesia emergente. Nonostante
l’iniziale diffidenza verso il potere piemontese,
ingegneri e architetti, rappresentanti
del ceto mercantile e imprese
di costruzione furono protagonisti di una
crescente trasformazione sociale e urbana
1 . Nel Regno di Sardegna la richiesta
di efficienti infrastrutture fu soddisfatta
da apparati tecnocratici di origine
francese, al contempo strumento e oggetto
di una strategia di produzione del
consenso rivolta alle componenti più
dinamiche della società: le élites tecniche
in particolare assumono un ruolo
centrale nelle politiche territoriali degli
stati restaurati, offrendo perizia tecnica
e capacità di previsione economica sostenute
da una costante attenzione al panorama
internazionale 2 .
Di fronte alle inedite problematiche
sollevate dai grandi cantieri urbani la tradizionale
formazione accademica appare
inadeguata, sprovvista di strumenti efficaci
per gestire i contrasti che spesso
oppongono soggetto pubblico, appaltatori
e proprietà privata 3 . Il cantiere dei portici
di Piazza Caricamento, attrezzatura
insieme commerciale e di decoro della
Strada Carlo Alberto, si presta a una
disamina di diversi aspetti tecnici e gestionali
che l’architetto è chiamato a governare,
così come la figura di Ignazio
Gardella sr. (1803-1867) 4 può essere
esemplare di alcuni caratteri della generazione
di ingegneri e architetti altrove
rappresentata da Carlo Bernardo
Mosca, Giovanni Voghera, Luigi Tatti 5 .
Erede del sicuro linguaggio architettonico
di Carlo Barabino 6 , architetto
dell’amministrazione dei Forni Civici e
della Camera di Commercio 7 , nonché
autore di diverse opere di ingegneria
idraulica e di architettura, Gardella si trova
poco più che trentenne a padroneggiare
raffinate tecnologie costruttive,
aspetti giuridici e calcoli economici: da
un lato riceve infatti l’incarico di vigilare
sulla corretta esecuzione dei lavori di
Piazza Caricamento, dall’altro è perito
di parte nella valutazione degli immobili
da espropriare 8 .
La breve seppur significativa vicenda
urbana dei portici di Caricamento,
presto nominati ‘terrazze di marmo’, non
è che un aspetto dell’annoso dibattito sorto
attorno all’attuazione dell’attraversamento
carrabile della città e di una più
efficiente rete stradale a servizio del
porto: i primi progetti risalgono al periodo
napoleonico, mentre nel 1811 Gaetano
Cantoni 9 distingue il tracciato in un
primo tratto, attestato da ponente fino
al ponte Reale, e in un secondo, artico-
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lato in due soluzioni alternative di collegamento
tra la zona del Portofranco e
la Porta dell’Arco, ingresso orientale del
nucleo murato. L’una, attuata mediante
una strada lungo le mura delle Grazie,
lasciava inalterato il tessuto urbano più
antico, l’altra lo rinnovava con decisione,
lambendo la cattedrale di San Lorenzo,
Palazzo Ducale e piazza San
Domenico per sovrapporsi infine a via
Giulia 10 .
Il 22 dicembre 1822 un Regio Brevetto
di Carlo Felice affidò l’incarico di
progettare la nuova strada a una commissione
11 che, divisa fra i sostenitori
dell’una e dell’altra ipotesi, si vide imporre
dal Consiglio di Acque e Strade il
tracciato interno alla città, osteggiato
dalle componenti cittadine, ma sostenuto
da Luca Podestà, ispettore di Ponti e
Strade, alle dipendenze del quale
Gardella, nel 1818, entrava in qualità di
volontario nel Genio Civile 12 . Ma nonostante
le suppliche presentate al sovrano
dai sindaci di Genova perché si realizzasse
almeno il primo tratto della
carrettiera, soltanto nell’agosto 1835
Carlo Alberto ne ordinò la costruzione
secondo il cantoniano percorso “delle
piazzette”, affidando la gestione dei lavori
alla commissione stessa 13 .
L’ipotesi di ricavare accanto a Palazzo
San Giorgio una piazza dotata di
porticati destinata al caricamento delle
merci è approvata dalla commissione già
nel marzo 1824 e ratificata dal Consiglio
di Ponti e Strade il 17 novembre
1825 14 . Tuttavia l’idea originaria di un
porticato continuo con botteghe è attribuita
all’ingegnere Agostino Chiodo, che
nel 1834 propone di disporlo a sud della
strada, lungo il perimetro trapezoidale
della piazza 15 .
La fase operativa ha inizio nell’ottobre
1835, quando la commissione affida
a Gardella la progettazione della nuova
piazza di Caricamento e la rettificazione
del seno di Santa Limbania, per nominarlo
nel luglio 1836 architetto addetto
all’esecuzione dei lavori 16 . Sebbene la
paternità del porticato sia pressoché
unanimemente attribuita a entrambi i
progettisti, Gardella fornisce una diversa
versione quando, riferendosi a una
futura pubblicazione afferma: “sarebbe
indispensabile tenere il partito che seguì
la nuova guida di Genova [...], in cui si
attribuisce al Cav.re Chiodo l’idea di
massima ed a me la composizione del
disegno come ora si ammira, e l’esecuzione
[...] sebbene Chiodo abbia nel
portico a fare come io ho diritti sull’impero
Cinese” 17 . Difficile entrare nel merito
delle caustiche affermazioni di Gardella,
preoccupato di non indispettire un
“pezzo grosso” 18 , futuro presidente del
Consiglio del Regno di Sardegna. I disegni
e i documenti disponibili mostrano
come la soluzione definitiva della piazza
e del porticato fu elaborata all’interno
dello studio di Gardella, che riservò particolare
cura alle opere di fondazione,
descritte in un manoscritto autografo,
probabilmente utilizzato da Federigo
Alizeri, autore della Guida artistica per
la città di Genova 19 .
La piazza occupava seimila metri
quadrati, due quinti dei quali sottratti alle
acque del porto nel tratto compreso tra
la Darsena e la Dogana, mentre il porti-
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cato, profondo poco più di tredici metri
per oltre quattrocento, fronteggiava la
palazzata della Ripa con un prospetto
scandito da archi su pilastri in pietra e
articolato in due corpi rettilinei convergenti.
Si apprende dal manoscritto che
l’andamento a gomito fu imposto dalle
autorità portuali, nel timore che una variazione
troppo netta del profilo preesistente
generasse, in caso di mareggiata,
un pericoloso moto ondoso di reazione.
Il complesso intervento di fondazione,
impostato sino a sei metri sotto il livello
del mare, impiegò cassoni realizzati
fuori opera in legno di pino per il
fasciame e di rovere per l’ossatura portante.
Resi impermeabili e galleggianti
mediante un processo di calafataggio
abitualmente utilizzato per le imbarcazioni,
furono trasportati via mare e allineati
come indicato da appositi disegni
(fig. 2) 20 . Una volta ancorati e incatenati
per mantenere la posizione stabilita
ebbe inizio al loro interno la costruzione
delle murature, che ne causò il progressivo
affondamento su uno zoccolo tufaceo,
preventivamente livellato da macchine
“cavafango” adibite alla pulizia dei
fondali del porto. Le murature di fondazione
coprivano l’intera area di nove per
quindici metri di ogni cassone per un’altezza
di un metro, mentre al di sopra
vennero elevati soltanto pilastri e setti
portanti principali, colmando gli interstizi
con macerie provenienti dalla demolizione
delle antiche “muragliette” che
fortificavano la città. L’altezza delle
Fig. 1 – Ignazio Gardella, Portici di Caricamento, (1835-1844), “Nuova Strada Carlo Alberto:
tipo della piazza della piazza di Caricamento e di un tratto del secondo tronco della Strada
compreso fra la Dogana e la Darsena” (ASGO)
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Fig. 2 – Ignazio Gardella,
Portici di Caricamento, 1835-44, “
Strada Carlo Alberto: Piano e Dettagli
del secondo tratto di Porticato
con Botteghe e calata dal lato del
Porto che deve eseguirsi a compimento
del tronco di nuova Strada Carlo Alberto
compreso tra la nuova Piazza di Caricamento
e la Regia Darsena secondo il progetto
approvato. 31 maggio 1838”,
dettaglio (CCTCG, inv. 1125/5)
sponde superava la profondità delle acque
e proteggeva dall’allagamento le
strutture, sopra le quali si continuò ad
erigere l’edificio. Fra un cassone e l’altro
correvano dei corridoi cavi che, una
volta isolati con doppie paratie impermeabili
di palitavole, furono prosciugati
per ospitare le murature di collegamento
fra le varie sezioni della fondazione.
La costruzione fu frazionata in due
lotti: il primo, affidato all’impresa di Gio
Batta Vassallo nell’ottobre 1836 21 , correva
dalla Dogana al torrione centrale,
da cui si dipartiva il secondo, affidato
nel 1839 all’impresario Vitale Rosazza
e delimitato a ovest dalla Darsena. Nei
rapporti sullo stato dei lavori, che
Gardella compilò con cadenza bimestrale,
numerose lagnanze sono dovute alle
inadempienze e ai ritardi di Vassallo, che
a sua volta presentò ricorso contro i tempi
di consegna previsti dall’appalto. La
vicenda si concluse con l’esonero dell’impresa
dal terminare i lavori di copertura
dell’edificio 22 . Avvezzo alla gestione
di grandi infrastrutture, Gardella,
in un manoscritto lasciato al figlio
Jacopo, si fece latore di istanze di razionalizzazione
degli appalti, che paiono
precorrere le odierne normative volte a
ridurre la conflittualità fra i soggetti coinvolti
nel processo: se l’analisi dei prezzi,
“ossia il dettaglio, che indica il modo
seguito per dedurre il prezzo d’unità” è
giudicata indispensabile, deve però “assolutamente
tralasciarsi nelle Perizie di
opere d’appaltarsi, e che debbono conseguentemente
passare alle mani degli
Appaltatori; giacché è dimostrato, (sebbene
abbiasi sempre l’avvertenza di dichiarare,
nelle condizioni d’appalto, che
la Perizia non fa in guisa alcuna parte
del Contratto) [... che giovansi gli appaltatori
di queste medesime Analisi, per
inalberare questioni, e dimande d’aumenti,
e compensi, e da ciò procedono
lunghissime liti, che portan ben sovente
l’interruzione, ed il danno delle opere” 23 .
Nonostante i ritardi, l’edificio fu collaudato
nel 1844: zoccoli e lesene in pietra
verde della riviera occidentale, pilastri,
capitelli e arcate in marmo rosa di
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Ignazio Gardella sr. e le ‘terrazze di marmo’ a Genova
Nizza reggevano una copertura piana
lastricata in marmo bianco di Carrara
che, aperta al pubblico, consentiva una
vista del tutto inedita sul porto e sulla
città 24 . Pensato per soddisfare al contempo
esigenze mercantili 25 , di decoro
urbano e di prestigio nazionale, manteneva
altresì una debole funzione difensiva
26 , che non verrà reintegrata dopo
la demolizione decisa nel 1883. Le imponenti
terrazze di marmo furono tra le
opere che valsero all’autore la prestigiosa
nomina a membro onorario e
corrispondente estero del Royal Institute
of British Architects di Londra 27 .
Ma come Gardella aveva potuto
maturare una tanto raffinata padronanza
delle tecniche costruttive? I luoghi
della sua formazione furono tre: l’Università
di Genova; la precoce militanza
nei ranghi del Genio Civile; la biblioteca
personale.
I corsi universitari, fondati eminentemente
sulle matematiche e poveri di
momenti applicativi 28 , gli fornirono l’alfabeto
scientifico necessario a proseguire
autonomamente lo studio della “scienza
dell’ingegnere”, sperimentata del resto
direttamente sul campo, nei cantieri
stradali della valle Scrivia e in diversi
interventi in città 29 .
La biblioteca di Gardella contava non
meno di trecento volumi, tra cui si distingue
un folto gruppo di testi a carattere
scientifico, manuali di ingegneria,
di idraulica, di architettura civile, alcuni
dei quali in uso all’Università 30 , ma per
lo più frutto di una personale ricerca di
aggiornamento e perfezionamento. Ulteriore
conferma del peso della cultura
scientifica e tecnica francese 31 , in questi
libri si trovano descritte alcune applicazioni
tecniche sperimentate dall’architetto,
di cui risulta così possibile tracciare
con buona approssimazione la provenienza.
In altre parole pare plausibile supporre
che le scelte costruttive adottate
da Gardella siano il frutto di una ricerca
maturata e costantemente aggiornata sui
testi della biblioteca, e non soltanto il
portato di nozioni apprese ex cathedra
o per via sperimentale: nei casi più fortunati
questo legame è comprovato direttamente
da citazioni o appunti presenti
in due volumi manoscritti, in altre
occasioni da rarissime annotazioni a
margine dei testi.
In particolare le fondazioni subacquee,
applicate ai piloni dei ponti in
muratura, sono ampiamente descritte
dalla manualistica francese: Jean Rondelet
ne attribuisce l’ideazione all’ingegnere
svizzero Charles Labélye, autore
nel 1738-50 del ponte di Westminster a
Londra, mentre la bibliografia ne segue
il continuo perfezionamento attraverso
l’opera di Bernard Forest de Bélidor,
Jean Rodolphe Perronet, Jaques François
Blondel, Jean de Voglie, Louis
Alexandre de Cessart, Jaques-Elie de
Lamblardie e Joseph Mathieu Sganzin
32 . Il ponte di Saumur (1757-70) di
Cessart e gli interventi al porto di Tolone
(1748) sono le opere più citate e rappresentate.
Ma la tecnica di fondazione
con cassoni è declinata in molteplici varianti
e con dovizia di particolari anche
da Nicola Cavalieri San Bertolo, in seguito
assertore Del primato italiano
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nella scienza idraulica 33 . Infine la si
trova descritta con minuzia in un manoscritto
di Gardella, corredato da alcuni
disegni 34 .
Naturalmente le terrazze di marmo
non sono che una delle opere per cui è
possibile documentare una personale
bibliografia tecnica dell’autore. Nel 1861
Gardella redige un dettagliato progetto
di restauro della volta del salone del
Maggior Consiglio e della copertura di
Palazzo Ducale 35 , in cui sostituisce gli
ormai logori arconi in muratura di Simone
Cantoni con una struttura a capriate
metalliche Polonceau, dal nome
del noto ingegnere francese che le sperimentò
circa dieci anni prima 36 . La nuova
orditura raggiungeva lo scopo di neutralizzare
le spinte orizzontali trasmesse
dalla copertura alle pareti perimetrali dell’edificio.
Anche in questo caso è possibile supporre
che Gardella si fosse giovato della
biblioteca, dove fra i numerosi testi
dedicati all’”arte della costruzione” tuttora
si conservano diversi numeri del
“Giornale dell’Ingegnere-Architetto e
Agronomo”, e una copia del trattato di
Léonce Reynaud dove sono riprodotte
le capriate Polonceau utilizzate per la
copertura della stazione di Parigi, a Lione,
e della stazione St. Germain nella
capitale francese 37 . In entrambi i casi
un disegno d’insieme è corredato da
dettagli dei nodi strutturali del tutto simili,
persino nella veste grafica e nel
grado di definizione, a quelli disegnati
dall’ingegnere genovese 38 .
Fig. 3 – Ignazio Gardella, Portici di Caricamento, 1835-44, “Ortografia esterna delle scale
proposte per ascendere al nuovo Terrazzo fra la Dogana e la Darsena viste dal Porto” (ASGO)
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Ignazio Gardella sr. e le ‘terrazze di marmo’ a Genova
D’altro canto per Gardella il costante
ricorso ai libri non è limitato all’aggiornamento
disciplinare, ma risponde a
esigenze culturali diversificate e non
settoriali: collezionista di stampe, dipinti
moderni, arredi e sculture, esibisce in
due volumi manoscritti una meticolosa
bibliofilia, testimoniata da innumerevoli
citazioni, e apre il salotto di casa a personaggi
di spicco della cultura locale,
quali Emanuele Celesia, Federico Alizeri,
Santo Varni, Giovanni Battista Cevasco.
La biblioteca appare dunque “parte di
una strategia che vede questo ingegnere
architetto acquisire in breve tempo
una posizione di rilievo nei circoli dell’aristocrazia
e dell’alta borghesia professionale
e finanziaria genovese” 39 .
1
Per una puntale analisi della storia della carrettiera Carlo Alberto cfr: di L. STEFANI, Rinnovo
urbano nella prima metà dell’Ottocento: la carrettiera Carlo Alberto, a Genova, «Storia urbana», IX,
1985, 31, pp. 79-114; M. BARTOLETTI, Carrettabile Carlo Alberto, in Medioevo demolito Genova
1860 – 1940, a cura di C. Dufour Bozzo e M. Marcenaro, II voll., Genova, Pirella, 1990, vol. II, pp.
209-218.
2
Con la Restaurazione diverse strutture e apparati amministrativi vengono ereditati con poche
modifiche dallo stato sabaudo. Cfr.: P. VOLORIO, L’organizzazione del servizio di acque e strade in
Piemonte nel periodo della Restaurazione. Legislazione, strutture, figure, in La cultura architettonica
nell’età della Restaurazione, Atti del convegno (Milano ottobre 2001), a cura di G. Ricci e G. D’Amia,
Milano, Mimesis, 2002, pp. 127-134; P. Morachiello, Ingegneri e territorio nell’età della Destra
(1860-1875). Dal Canale Cavour all’Agro Romano, Roma, Officina Edizioni, 1976; Le macchine
imperfette Architettura, programma, istituzioni nel XIX secolo, a cura di P. Morachiello e G. Teyssot,
Roma, Officina Edizioni, 1980. In particolare Carlo Bertelli, ha calato il fenomeno nella realtà genovese:
C. BERTELLI, Culture locali e modelli internazionali, in Nove opere del Porto Vecchio la costruzione
del porto di Genova tra Otto e Novecento, catalogo della mostra, (Genova 23 novembre-13
dicembre 1987), Genova, Sagep, 1987, pp. 17-22.
3
A Genova il fenomeno è accompagnato dalla progressiva perdita di identità del percorso formativo
dell’architetto rispetto a quello dell’ingegnere idraulico e civile: P. CEVINI, Formazione e ruolo professionale
dell’architetto a Genova tra bottega e scuola, «Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura
Genuensia Varia», 1998, 1, pp. 69-86.
4
Gardella ottiene la patente di Ingegnere civile e idraulico il 29 luglio 1824. Nel documento la
Deputazione agli Studi della Regia Università di Genova concede la facoltà di proseguire l’esercizio
della professione di architetto civile e idraulico. Si era formato seguendo corsi di aritmetica, algebra,
trigonometria, geometria del Collegio Reale e dell’Università e “a bottega” presso lo studio dell’architetto
ticinese Ippolito Cremona. Da un manoscritto del figlio Jacopo si apprende inoltre che frequentò
la scuola di Ornato e di Architettura dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, seguendo i corsi di
Carlo Barabino e Michele Canzio, e nel 1818 entrò volontario nel corpo del Genio Civile. Cfr. J.
Gardella sr., “Ricordi intorno alla vita dell’ingegnere Architetto civile ed Idraulico Ignazio Gardella
Cavaliere dell’ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, Professore emerito dell’Accademia Ligustica di
Belle Arti, Professore Onorario di Architettura dell’Accademia Fiorentina delle Belle Arti, membro
Onorario e Corrispondente del Reale Istituto Britannico degli Ingegneri Architetti”, 15 febbraio 1919,
ARCHIVIO STORICO GARDELLA, OLEGGIO, d’ora in poi ASGO, Jacopo Gardella (1845-1923). Un recente
studio sulla dinastia di ingegneri e architetti Gardella è dovuto a: M. ROSSO, Gardella prima di
1151

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Gardella: tracce per una genealogia di architetti ingegneri tra Genova, Alessandria e Milano, in
Ignazio Gardella architetto 1905-1999. Costruire le modernità, a cura di M. Casamonti, Milano,
Electa, 2006, pp. 67-87.
5
S. DELLA TORRE, Architetto e ingegnere: Luigi Tatti (1808-1881), Milano, Franco Angeli, 1989;
Carlo Bernardo Mosca (1792-1867). Un ingegnere architetto tra Illuminismo e Restaurazione, a cura
di V. Comoli Mandracci, L. Guardamagna, M. Viglino Davico, Milano, Guerini, 1997; L’architetto
Luigi Voghera e il suo tempo, Atti del seminario di studio organizzato dal Dipartimento di Conservazione
delle Risorse Architettoniche e Ambientali del Politecnico di Milano, dall’Assessorato alla
cultura della Provincia di Cremona e dall’Archivio di Stato di Cremona, a cura di L. Roncai, Milano,
Franco Angeli, 1990.
6
Gardella, definito da Emmina De Negri “il discepolo insieme più fedele e originale del Barabino”,
riconobbe esplicitamente il magistero dell’architetto di città, ricordato nel secondo volume di un suo
manoscritto. ASGO, Ignazio Gardella (1803-1867); E. DE NEGRI, Ottocento e rinnovamento urbano.
Carlo Barabino, Genova, Sagep, 1977, p. 168.
7
La nomina è riportata nel verbale della seduta dell’Ufficio Provveditori del 4 febbraio 1830, ora in
ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI GENOVA, Amministrazione Municipale sotto il Governo Piemontese
(Amministrazione Decurionale), 467, 1828-1831, p. 49-50. Gardella succede a Nicolò Laverneda
quale architetto della Camera di Commercio incaricato del servizio del Portofranco. Lettera dell’Ufficio
della Camera di Commercio, 21 luglio 1830, ora in ASGO, Ignazio Gardella (1803-1807).
8
Sono nominati periti, oltre a Gardella, Ippolito Cremona e Angelo Scaniglia. Cfr. L. STEFANI, Rinnovo
urbano, cit, p. 100. L’autrice accenna inoltre alla figura dell’“Invigilatore Principale”.
9
Gaetano Cantoni è architetto della città dal 29 gennaio 1812 al 1818, quando la carica passerà a Carlo
Barabino. N. OSSANNA CAVADINI, Simone Cantoni architetto, Milano, Electa, 2003, pp. 31-32.
10
Un recente inquadramento nelle vicende urbane di Genova è disponibile in: B. GIONTONI, F. BALLET-
TI, Genova: territorio e società tra antico regime ed età moderna, Genova, De Ferrari, 2002, pp. 242-
265.
11
La commissione è presieduta dal governatore della Divisione di Genova e composta dai due sindaci
della città, dall’intendente generale, dal vice presidente della Camera di Commercio, dal direttore dei
Lavori Marittimi, dal direttore del Genio Militare e dall’ispettore di Ponti e Strade.
12
La notizia è tratta da un breve testo autobiografico manoscritto, in ASGO, Ignazio Gardella (1803-
1867).
13 I l 18 novembre 1831, i sindaci chiedono al re quantomeno la realizzazione del tratto compreso tra
porta San Tommaso e il Porto Franco. ARCHIVIO DI STATO DI TORINO, d’ora in poi AST, paesi per A e B,
mazzo 11, fasc. 18.
14
COLLEZIONE CARTOGRAFICA E TOPOGRAFICA DEL COMUNE DI GENOVA, d’ora in poi CCTCG, inv. 1125/
6.
15
Il disegno firmato da Chiodo è datato 2 Aprile 1834 (CCTCG, inv. 1121/16) e riprodotto in: Nove
opere del Porto..., cit, p. 59; B. GIONTONI, F. BALLETTI, Genova..., cit, p. 249. Il 15 giugno 1834 un
disegno anonimo (CCTCG, inv. 1121/10) riprodotto in: Ripa porta di Genova, a cura di E. Poleggi,
Genova, Sagep, 1993, p. 29) raffigura un porticato molto simile alla versione realizzata, ma privo del
torrione circolare che, ancora assente in una litografia di Ponthenier del 1835 (CCTCG, inv. 1125/1),
compare invece in un disegno datato 8 gennaio 1838 firmato da Agostino Chiodo in qualità di
“Colonnello del Genio” (CCTCG, inv. 1121/11). Due disegni di studio della zona del porticato, uno
1152

Ignazio Gardella sr. e le ‘terrazze di marmo’ a Genova
dei quali firmato da Carlo Cecchi, collaboratore di Gardella, raffigurano la versione con torrione, ma
sono privi di data: ASGO, Ignazio Gardella (1803-1867). Tra le fonti contemporanee cfr.: Genova e
le due riviere. Descrizione di Giuseppe Banchero..., Genova, Pellas, 1846, pp. 689-692; Descrizione
di Genova e del Genovesato, III voll., Genova, Tipografia Ferrando, 1846, vol. III, p. 262.
16
L’incarico per la progettazione è conferito il 12 ottobre 1835. “Registro delle adunanze della
Commissione creata con Regio Brevetto del 27 dicembre 1822 per il Progetto di una nuova strada
Carrozzabile nell’interno della città di Genova”, ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI GENOVA, d’ora in poi
ASCG, Amministrazione Decurionale, 1170.
17
Lettera di Ignazio Gardella a Santo Varni, datata 10 Novembre 1846, oggi in ARCHIVIO DELL’ ACCA-
DEMIA LIGUSTICA DI BELLE ARTI , Lettere di Architetti 1837 – 1875, Santo Varni, filza 26
18
Ibidem.
19
Il manoscritto è datato 25 maggio 1841 e contiene diversi passi identici al testo pubblicato da
Alizeri, che scrive a Gardella il 23 e il 30 giugno 1846 per ottenere informazioni sui portici, dei quali
riceve i disegni. ASGO, Ignazio Gardella (1803-1867). Cfr.: Guida artistica per la città di Genova
dell’avvocato Federigo Alizeri, III voll., Genova, Grondona, 1846, vol. II, pp. 258-264.
20
Prima dell’esecuzione furono costruiti modelli in scala, come risulterebbe dalla richiesta di restituzione
di un “modellino in legno delle casse state impiantate per l’opera suddetta” avanzata l’8 aprile
1846 dall’impresario Vassallo. ASCG, Amministrazione Decurionale, 1173, n 422.
21
Lettera di Ignazio Gardella, 16 febbraio 1837, ASCG, Amministrazione Decurionale, 1177
22
ASCG, Amministrazione Decurionale, 1179.
23
ASGO, Ignazio Gardella (1803-1867). Cfr.: G. FOSCARI, Un contributo al dibattito sulle opere
pubbliche nella prima metà dell’Ottocento: l’ingegnere Antonio Maturi, in Storia dell’ingegneria,
Atti del 1° Convegno Nazionale, (Napoli, 8-9 marzo 2006), a cura di A. Buccaro, G. Fabbricatore, L.
M. Papa, II voll., Napoli, Cuzzolin, 2006, vol. II, pp. 927-944.
24
L’ultimo lotto di lavori viene collaudato nel luglio 1844. Documento del 20 agosto 1844, ASCG,
Amministrazione Decurionale, 1177. Ippolito Caffi, e Carlo Bossoli ci restituiscono in due vedute
l’immagine dell’opera: Cfr.: E. Poleggi (a cura di), Ripa porta di Genova, cit., p. 29; B. GIONTONI, F.
BALLETTI, Genova, cit., p. 256.
25 E
rano destinate a depositi e botteghe, le cui vetrine dovevano uniformarsi al modello descritto in una
tavola del 4 marzo 1842, CCTCG, inv. 1125/36.
26
Cfr. L. STEFANI, Storia e conservazione della città. Lo spazio del Molo Vecchio a Genova, Tesi di
dottorato, Politecnico di Milano, Facoltà di Architettura, Milano, 1988, p. 150.
27
Furono membri italiani del RIBA Rodolfo Vantini, Giovanni Antonio Antolini, Pietro Selvatico.
Cfr. Royal Institute of British Architects, List of Members; The Report of the Council..., London,
1860, p. 10.
28
Cfr. Storia della Università di Genova dal 1814 fino a’ di nostri per Emanuele Celesia, Genova,
Sordo-Muti, 1867; C. SANGUINETI, I corsi per architetti ed ingegneri presso la Regia Università di
Genova (1816-59), in La cultura architettonica nell’età della Restaurazione, cit., pp. 211-223; P.
CEVINI, Formazione e ruolo professionale..., cit.
29
Nel 1821 lavora alla strada vicinale detta di Bravacini, nel territorio di San Martino d’Albaro:
CCTCG, inv. 1122/76; nel 1828 è impegnato nel tracciamento della strada da Busalla a Montoggio:
1153

STEFANO POLI
ASG, Fondo Cartografico, Busalla, 7, n. 136 (B.2) e Montoggio, 2, n. 693 (B.12); nel 1829 esegue
rilievi nella valle del Bisagno: CCTCG, inv. 1122/17; nel 1834 lavora in qualità di architetto civile ed
idraulico della Camera di Commercio all’acquedotto cittadino: CCTCG, inv. 3608.
30
Cfr. C. SANGUINETI, I corsi per architetti, cit, pp. 211-223.
31
Su un totale di circa trecento testi inventariati, novanta sono di autori francesi, spesso in edizione
originale. La proporzione si fa ancor più netta per i testi di carattere scientifico e tecnico, con
quarantacinque titoli francesi su un totale di sessantadue. ASGO, Ignazio Gardella (1803-1867).
32
G. RONDELET, Trattato teorico e pratico dell’arte di edificare..., V voll., Mantova, L. Caranenti,
1831, vol. IV, p. 99. Fra gli altri Gardella possedeva: L. XIMENES, Della fisica riduzione della Maremma
Senese..., Firenze, F. Moucke, 1769; J. R. PERRONET, Description des projets et de la construction
des ponts de Neuilly, de Mantes..., Paris, Imprimerie Royale, 1782; J. E. DE LAMBLARDIE, Memoires sur
les cotes de la haute Normandie..., Havre, P. Faure, 1789; J. M. SGANZIN, Programma o sunti delle
lezioni di un corso di costruzione..., Milano, G. Truffi, 1832; Bernard Forest de Belidor, La scienza
degli ingegneri nella direzione delle opere di fortificazione e d’architettura civile..., Milano, G. Truffi,
1832; J. A. BORGNIS, Traité elementaire de construction appliqués à l’architecture civile..., Bruxelles,
Meline, 1840.
32
ASCG, Amministrazione Decurionale, 1179.
33
N. CAVALIERI SAN BERTOLO, Del primato italiano nella scienza idraulica..., Roma, Tipografia delle
Belle Arti, 1863; N. CAVALIERI SAN BERTOLO, Istituzioni di Architettura Statica e Idraulica..., Mantova,
Negretti, 1831.
34
ASGO, Ignazio Gardella (1803-1867).
35
In qualità di ingegnere di II classe in servizio presso l’Ufficio dei Fabbricati Governativi di Genova,
Gardella aveva provveduto d’urgenza a mettere in sicurezza la volta del salone, dalla quale erano
caduti spessi strati d’intonaco nell’ottobre 1859. Resosi conto dello stato di precarietà in cui versavano
la strutture, aveva poi ordinato la puntellatura della facciata cantoniana, proponendo un
progetto di restauro, in seguito approvato. La vicenda è oggetto di una ricerca tuttora in corso presso
l’Archivio Gardella. Per una descrizione dell’intervento realizzato cfr: A. BUTI, G. V. GALLIANI, Il
Palazzo Ducale di Genova: il concorso del 1777 e l’intervento di Simone Cantoni, Genova, Sagep,
pp. 15-19, 26, 47-53, 79-87; G. SPALLA, C. A. SPALLA, Il Palazzo Ducale di Genova: dalle origini al
restauro del 1992, Genova, Sagep, 1992, pp. 94-96. I testi contengono ulteriori riferimenti bibliografici.
36
La più nota applicazione della capriata Polonceau, sperimentata nella seconda metà degli anni
Trenta in costruzioni ferroviarie, ebbe luogo nelle halles della stazione St. Lazar di Parigi, nel 1846-
48.
37
Il “Giornale dell’ingegnere-architetto e agronomo” fu fondato dal genovese Raffaele Pareto nel
1853 L. REYNAUD, Traité d’architecture contenant des notions générales sur les principes de la
construction et sur l’histoire de l’art..., Paris, Carilian-Goeury et V. Dalmont éditeurs, 1850.
38
ARCHIVIO DI STATO DI GENOVA, Fondo cartografico, Genova, 100 bis, n. i 509-514 (B.9).
39
Cfr. M. ROSSO, Gardella prima di Gardella, cit., p. 68.
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