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Relazione finale completa - Parco Regionale Migliarino - San ...

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RICERCA E SPERIMENTAZIONE DI SISTEMI<br />

COLTURALI ALTERNATIVI NELL’AREA<br />

CRITICA DEL LAGO DI MASSACIUCCOLI<br />

- <strong>Relazione</strong> <strong>finale</strong> -<br />

Gruppo di ricerca:<br />

Ilaria Baneschi, Paolo Basile, Enrico Bonari, Silvia Cannavò, Marco Ginanni, Massimo Guidi,<br />

Marco Mazzoncini, Chiara Pistocchi, Rosalba Risaliti, Rudy Rossetto, Tiziana Sabbatini<br />

I responsabili scientifici:<br />

dott. Nicola Silvestri<br />

prof.ssa Laura Ercoli


INDICE<br />

1 – Introduzione 1<br />

1.1 - Il gruppo di lavoro e le collaborazioni 1<br />

1.2 - La natura dei problemi affrontati 3<br />

1.3 - La struttura del progetto 7<br />

2- L’area di riferimento 9<br />

2.1 - L’organizzazione del comprensorio 9<br />

2.2 - Orografia, caratteri fisici e climatici 11<br />

2.3 - Inquadramento geologico e geomorfologico 18<br />

2.4 - Inquadramento idrologico ed idrogeologico 22<br />

Assetto idrologico 22<br />

Assetto idrogeologico 30<br />

Il bilancio idrico del Bacino del Lago di Massaciuccoli 33<br />

2.5 - La pedologia e i terreni agrari 35<br />

3 - Le attività svolte 39<br />

3.1 - Il monitoraggio quantitativo delle acque superficiali e sotterranee 40<br />

3.2 - Il monitoraggio qualitativo delle acque superficiali 50<br />

3.3 - Le tipologie agricole e l’uso del suolo 55<br />

3.4 - I consumi idrici delle colture agrarie 61<br />

3.5 - La sperimentazione agronomica 64<br />

4 - I risultati ottenuti 67<br />

4.1 - Il monitoraggio quantitativo delle acque superficiali e sotterranee 67<br />

I risultati del rilevamento idrologico 68<br />

I risultati del rilevamento idrogeologico 72<br />

Il modello concettuale idrologico 74<br />

Il bilancio idrico dei sottobacini della parte meridionale del Lago di<br />

Massaciuccoli 77<br />

I volumi conferiti al lago dal settore meridionale del bacino del Lago di<br />

Massaciuccoli 79


Il bilancio idrico del lago nel periodo estivo 84<br />

4.2 - Il monitoraggio qualitativo delle acque superficiali 88<br />

Misure di campo: temperatura, pH, conducibilità 88<br />

Idrochimica degli ioni maggiori 90<br />

Modelli di mescolamento 96<br />

Il monitoraggio del fosforo 99<br />

4.3 - Le tipologie agricole e l’uso del suolo 102<br />

I modelli agricoli attuali 102<br />

Il confronto diacronico 104<br />

L’uso del suolo 115<br />

La valutazione critica dei modelli produttivi attuali 122<br />

4.4 - I consumi idrici delle colture agrarie 127<br />

Metodo sintetico 127<br />

Metodo analitico 129<br />

Comparazione sistema sintetico vs sistema analitico 132<br />

4.5 - La sperimentazione agronomica 133<br />

Canapa 134<br />

Sorgo 135<br />

Semina diretta 136<br />

Irrigazione a manichetta 137<br />

Confronto fra sistemi colturali alternativi 138<br />

5 - L’interpretazione dei risultati 147<br />

5.1 - Le condizioni di vulnerabilità del lago 147<br />

5.2 - L’impiego dell’acqua in agricoltura 149<br />

5.3 - Il rilascio del fosforo 151<br />

La sorgente 151<br />

La via critica 155<br />

Il bersaglio 157<br />

6 – Considerazioni conclusive 160<br />

Bibliografia


1 - Introduzione<br />

Il 10 settembre 2007 ha avuto inizio il programma di ricerca riguardante<br />

l’approfondimento dei rapporti esistenti fra l’esercizio dell’agricoltura e la salvaguardia del lago<br />

di Massaciuccoli. Il progetto è stato formalizzato attraverso due convenzioni distinte, ma<br />

incardinate sullo stesso obiettivo di ricerca, che sono state stipulate fra il <strong>Parco</strong> <strong>Regionale</strong><br />

<strong>Migliarino</strong> - <strong>San</strong> Rossore - Massaciuccoli (ente committente) e rispettivamente il LandLab della<br />

Scuola Superiore “S. Anna” di Pisa e il Centro Interdipartimentale di Ricerche Agro-Ambientali<br />

“E. Avanzi” dell’Università di Pisa (enti contraenti), in relazione alla diversa “specializzazione”<br />

che le due strutture hanno assunto nel settore della ricerca agronomica.<br />

Come è noto il <strong>Parco</strong> ha promosso, già dal lontano 1992, attività di ricerca anche<br />

piuttosto articolate allo scopo di risolvere i molti problemi ambientali e funzionali che affliggono<br />

il lago di Massaciuccoli, ma fino ad adesso le competenze messe in campo hanno coinvolto solo<br />

marginalmente il settore della ricerca agronomica nonostante le frequenti chiamate di correità<br />

che hanno interessato l’operato delle aziende agricole.<br />

In considerazione anche del ruolo che il <strong>Parco</strong> è stato chiamate a svolgere nell’ambito<br />

delle iniziative di risanamento del Lago previste dalla Regione Toscana (Piano <strong>Regionale</strong> di<br />

Azione Ambientale 2004-2006) e cioè quello di coordinare gli interventi proprio nel settore<br />

agricolo, l’Ente ha deciso di concentrare gli sforzi della ricerca sulla valutazione critica dei<br />

sistemi colturali presenti all’interno del comprensorio di riferimento e sulla definizione delle<br />

possibili alternative da proporre agli agricoltori.<br />

Le domande, cui il progetto è stato chiamato a dare una risposta soddisfacente nel corso<br />

del biennio di lavoro, sono state dunque fondamentalmente due:<br />

- quali sono le responsabilità del settore agricolo nei processi di degradazione qualiquantitativa<br />

della risorsa idrica rappresentata dal bacino del lago di Massaciuccoli<br />

- quali sono le azioni effettivamente percorribili, cioè agronomicamente corrette ed<br />

economicamente realizzabili, per ridurre l’impatto associabile alla gestione dei sistemi<br />

colturali<br />

1.1 - Il gruppo di lavoro e le collaborazioni<br />

Per rispondere adeguatamente alle domande di ricerca proposte dal progetto si è reso<br />

necessario procedere alla formazione di un gruppo di lavoro composito in cui, agli agronomi<br />

1


chiamati a coordinare il lavoro dell’intero team, si sono aggiunti ricercatori di formazione<br />

diversa quali chimici, idrologi, geologi, climatologi, ecc.<br />

Inoltre il nucleo centrale di ricercatori, costituito dal personale che opera presso i due enti<br />

contraenti, si è arricchito del contributo derivante della collaborazione con l’Istituto di<br />

Geoscienze e Georisorse del CNR (IGG), formalizzata mediante la stipula di una apposita<br />

convenzione. In particolare l’IGG ha collaborato al prelievo dei campioni di acque superficiali e<br />

soprattutto alla determinazione di alcuni parametri analitici per i quali occorreva un livello<br />

maggiore di affinamento nelle tecniche di detezione, nonché alla discussione e<br />

all’interpretazione dei risultati raccolti nel corso dell’intera attività di progetto.<br />

Infine si devono segnalare i contributi, in termini di dati e/o di informazioni, pervenuti da<br />

altri enti che sono risultati comunque preziosi per la buona riuscita della ricerca, fra i quali è<br />

doveroso ricordare:<br />

- il Consorzio di Bonifica di Versilia-Massaciuccoli;<br />

- il Servizio agro-meteorologico dell’ARSIA;<br />

- il Servizio Idrologico <strong>Regionale</strong>;<br />

- l’Autorità di Bacino del Fiume Serchio;<br />

- l’ARPAT Firenze e i Dipartimenti provinciali di Pisa e Lucca;<br />

- la Provincia di Pisa;<br />

- la Provincia di Lucca;<br />

- Acque Ingegneria Srl.<br />

In particolare il Consorzio di Bonifica Versilia-Massaciuccoli ha fornito utili<br />

informazioni riguardanti il sistema delle acque superficiali, la loro regimazione e le modalità di<br />

gestione degli impianti idrovori, nonché l’evoluzione delle condizioni idrauliche subite dal<br />

comprensorio nel corso degli ultimi anni.<br />

Il Servizio Agrometorologico dell’ARSIA ha assicurato la disponibilità dei dati<br />

climatici a scansione giornaliera registrati dalla capannina presente nell’area di studio, oltre ad<br />

offrire un proficuo scambio di opinioni riguardo alle tecniche più idonee per la stima delle<br />

esigenze evapotraspirative delle colture.<br />

Anche il Servizio Idrologico <strong>Regionale</strong> ha messo a disposizione dati climatici relativi<br />

alle rilevazioni termo-pluviometriche delle stazioni presenti all’interno dell’area interessata che<br />

sono risultate utili per tarare un modello relativo al bilancio idrico del comprensorio.<br />

2


Per quanto riguarda l’Autorità di Bacino del fiume Serchio lo scambio delle<br />

informazioni ha riguardato soprattutto gli aspetti legati al bilancio idrico del lago e al rilievo<br />

delle quote del comprensorio effettuato tramite il sistema LIDAR.<br />

Con ARPAT si è realizzato un proficuo scambio di dati relativi alla qualità delle acque<br />

superficiali e sotterranee, che ha poi condotto allo svolgimento di una campagna di monitoraggio<br />

eseguita in cooperazione sulla base della convergenza degli obiettivi perseguiti.<br />

Le Amministrazioni Provinciali di Pisa e di Lucca hanno fornito i dati relativi alle<br />

stratigrafie di pozzi e ai piezometri presenti nel dominio di studio, mentre Acque Spa ha<br />

provveduto a trasmettere le specifiche tecniche del dimensionamento degli impianti di<br />

depurazione di Vecchiano e <strong>Migliarino</strong> e a fornire una valutazione sulla qualità media dei reflui<br />

in uscita dai due impianti di depurazione.<br />

Infine si deve segnalare il fecondo scambio di idee e di opinioni intercorso con il gruppo<br />

di ricerca coordinato dal prof. A. Masoni (DAGA-PI) che si è occupato della gestione delle aree<br />

vulnerabili ai nitrati (ZVN) in Toscana, su specifico incarico dell’ARSIA e che quindi ha svolto<br />

indagini anche all’interno del comprensorio del Massaciuccoli.<br />

1.2 - La natura dei problemi affrontati<br />

Il primo problema affrontato ha riguardato la definizione, all’interno del comprensorio<br />

di studio, dei meccanismi di circolazione delle acque superficiali e dei complessi rapporti con il<br />

sistema delle acque sotterranee, analizzando le variazioni temporali descritte dai deflussi, dalle<br />

superfici piezometriche e dalle portate in base ad un reticolo di campionamento pianificato.<br />

Parallelamente sono stati valutati i possibili problemi che l’esercizio dell’agricoltura<br />

può indurre sullo stato quali-quantitativo delle risorse idriche dell’area; tali aspetti sono stati<br />

sostanzialmente identificati dall’ente committente con il consumo di acqua attraverso le pratiche<br />

irrigue e con il rilascio di fosforo dai campi coltivati, sia che questo processo avvenga per<br />

dissoluzione delle sostanze nelle acque, sia che invece risulti associato al trasporto solido delle<br />

particelle terrose.<br />

Anche se nelle due convenzioni stipulate non si faceva espresso riferimento all’azoto,<br />

quale specifico obiettivo di ricerca, si è ritenuto fortemente penalizzante, per le risultanze del<br />

progetto, escludere tale elemento dal novero delle indagini e si è quindi proceduto - operando<br />

con fondi nella disponibilità degli enti contraenti - al suo monitoraggio che però non verrà<br />

discusso in questa sede. Non si è fatto invece alcun riferimento ai problemi posti dal possibile<br />

3


inquinamento delle acque da fitofarmaci sia perché l’argomento risulta <strong>completa</strong>mente alieno<br />

rispetto agli obiettivi di ricerca fissati dalle convenzioni, sia perché il fenomeno presenta<br />

caratteristiche diverse da quelle che interessano la dispersione dei nutrienti.<br />

Al fine di valutare l’efficacia di comportamenti tecnici alternativi si è proceduto alla<br />

caratterizzazione dei sistemi agricoli presenti nel comprensorio ed alla verifica “in campo” delle<br />

possibili soluzioni proposte. A questo scopo sono stati organizzati anche numerosi incontri con<br />

gli agricoltori sia di tipo individuale, per raccogliere informazioni sulle modalità di conduzione<br />

tecnica dell’azienda, che di tipo collettivo, in cui si è cercato di promuovere il ricorso a soluzioni<br />

tecniche più sostenibili o di comprendere le esigenze e le aspettative espresse dalla categoria.<br />

In estrema sintesi, dunque, le questioni da approfondire riguardavano il consumo idrico<br />

in agricoltura e il rilascio di fosforo dai campi coltivati; di seguito si riportano alcune<br />

considerazioni utili ad inquadrare più correttamente le problematiche di interesse e ad<br />

evidenziare la difficoltà che un tale tipo di ricerca inevitabilmente comporta.<br />

In merito alle problematiche relative al consumo idrico operato in agricoltura si può<br />

affermare che le scelte agronomiche in grado di incidere significativamente sull’impiego<br />

dell’acqua e quindi sul bilancio di un comprensorio sono sostanzialmente riconducibili a due<br />

ordini di problemi.<br />

Il primo riguarda la scelta delle specie coltivate caratterizzate, durante la stagione<br />

vegetativa, da una diversa domanda traspirativa che unitamente all’evaporazione dal suolo,<br />

rappresenta la perdita complessiva di acqua subita dal sistema suolo-pianta-atmosfera. Il secondo<br />

è legato all’irrigazione, una pratica da considerarsi in molti casi indispensabile al raggiungimento<br />

di produzioni qualitativamente e quantitativamente soddisfacenti, ma anche in grado di<br />

accrescere significativamente i consumi di una risorsa diventata sempre più preziosa e<br />

insostituibile.<br />

Il volume di acqua evapotraspirata (cioè complessivamente consumato da un blocco di<br />

vegetazione) è però solo in piccola parte costituito dagli apporti idrici distribuiti tramite<br />

l’irrigazione; per il resto è rappresentato dai contributi naturali derivanti dalle idrometeore e/o<br />

dagli apporti di falda. D’altra parte si deve considerare anche che una quota parte dei volumi<br />

irrigui può non essere utilizzata dalla coltura, disperdendosi nell’atmosfera per evaporazione<br />

diretta (riducendo il deficit evapotraspirativo dell’atmosfera) o percolando nel sottosuolo<br />

(andando ad alimentare la falda) e quindi rientrando a far parte del ciclo naturale dell’acqua<br />

relativamente al comprensorio considerato. Ne risulta che distinguere e quantificare con certezza<br />

le diverse componenti coinvolte nel bilancio idrico delle colture agrarie costituisce<br />

un’operazione complessa, resa più difficile dall’impossibilità di misurare direttamente<br />

4


l’evapotraspirazione delle colture stesse (a causa dei costi e della difficile estrapolazione dei<br />

pochi dati disponibili ad una scala territoriale) e dalla mancanza di informazioni certe sui prelievi<br />

e sulle pratiche irrigue adottate dagli agricoltori.<br />

La metodologia più efficace diventerebbe dunque quella di concentrare l’attenzione<br />

sulla misura/stima dei prelievi irrigui in considerazione della necessità di quantificare i consumi<br />

di acqua specificamente attribuibili alla pratica dell’irrigazione, ovvero di definire la quota parte<br />

di consumi idrici delle colture sui quali è possibile operare un effettivo controllo e proporre gli<br />

eventuali correttivi. In mancanza di un catasto irriguo, risulta però difficile risalire ai volumi<br />

effettivamente prelevati all’interno del bacino del lago di Massaciuccoli. Gli agricoltori stessi in<br />

molti casi non sono in grado fornire indicazioni attendibili sui quantitativi da loro somministrati<br />

alle colture, come emerso anche nel corso dei colloqui intercorsi con le aziende del<br />

comprensorio. Del resto anche l’esame degli unici riferimenti esistenti, costituiti dalla<br />

documentazione presentata dalle aziende al Consorzio di Bonifica per il rilascio della<br />

concessione irrigua, può risultare fuorviante in mancanza di informazioni certe sulle superfici<br />

effettivamente irrigate e sul livello di reintegro dell’evapotraspirato adottato per ciascuna coltura.<br />

Per quanto riguarda il trasporto di particelle terrose si tratta di un problema che riveste<br />

una duplice valenza ambientale: da una parte l’asportazione dello strato più superficiale del<br />

terreno e la sua rideposizione all’interno del lago contribuisce al progressivo interrimento del<br />

corpo d’acqua riducendo di fatto la già scarsa profondità esistente e quindi il volume utile di<br />

invaso. Dall’altra, come si legge più avanti, il trasporto solido è unanimemente considerato come<br />

una delle più importanti vie di diffusione del fosforo che si muove di preferenza associato, o<br />

meglio sorbito, sulle particelle terrose riuscendo in questo modo a percorrere anche notevoli<br />

distanze a partire dal punto di rilascio.<br />

Com’è noto, molti fattori influenzano l’entità e la dinamica dell’erosione idrica<br />

(intensità e altezza delle precipitazioni, natura dei suoli, conformazione e durata della copertura<br />

vegetale, tipologia del management agronomico adottato dall’agricoltore), ma è soprattutto la<br />

sovrapposizione di più condizioni sfavorevoli a generare l’accadimento di eventi estremi, spesso<br />

responsabili di gran parte delle perdite di terreno registrate nel corso di un’intera annata. Da ciò<br />

consegue che non essendo possibile agire direttamente sulla natura delle condizioni pedoclimatiche,<br />

l’unica strada per riuscire a conseguire una mitigazione dei fenomeni erosivi è quella<br />

di agire sulla copertura vegetale (durata e composizione dell’avvicendamento) e sulle tecniche<br />

agronomiche, prima fra tutte sulla modalità di lavorazione del terreno (scelta dell’attrezzo, della<br />

profondità e dell’epoca). Esiste poi la possibilità di mettere in atto da parte dell’agricoltore<br />

accorgimenti agronomici specificamente dedicati alla riduzione del trasporto solido nelle acque<br />

5


(colture di copertura, buffer strip, wetland) che però richiedono generalmente la corresponsione<br />

di un qualche incentivo economico per potersi diffondere all’interno di un comprensorio<br />

agricolo.<br />

Infine per ciò che concerne il rilascio del fosforo è prioritariamente necessario ricordare<br />

che il suo contenuto nel terreno dipende principalmente dalla natura della roccia madre; si ritiene<br />

infatti che mediamente i due terzi dell’intero pool di P, siano costituiti da composti inorganici,<br />

mentre solo un terzo risulterebbe di origine organica. La consistenza di tale frazione sembra<br />

positivamente correlata con il contenuto in azoto del terreno e con il valore assunto dal pH, ma la<br />

sua composizione risulta ancora insufficientemente conosciuta dal punto di vista qualitativo. In ogni<br />

caso un elevato contenuto di sostanza organica sembra determinare nel terreno un significativo<br />

incremento della concentrazione di forme di fosforo assimilabile attraverso l’azione di meccanismi<br />

indiretti - riconducibili alla liberazione di ioni che competono con gli ioni fosfato per i siti di<br />

adsorbimento specifico sui colloidi ed alla formazione di complessi chelati con i metalli - e/o diretti,<br />

che consistono nella liberazione di ioni ortofosfato a seguito dei processi di mineralizzazione delle<br />

strutture organiche.<br />

Quando, in seguito alla distribuzione di un fertilizzante, giunge nella soluzione circolante<br />

del terreno una certa quantità di fosfati solubili si assiste, nel volgere di poco tempo, ad una<br />

sensibile riduzione della loro concentrazione ad opera del processo di adsorbimento specifico del<br />

fosforo solubile sui complessi organo-minerali del terreno; tale fenomeno, che può assumere una<br />

diversa intensità in funzione delle caratteristiche del suolo, viene indicato col nome di reazione<br />

veloce. In seguito, però, la concentrazione dei fosfati é ancora destinata a diminuire a causa<br />

dell’azione di un altro processo chimico, inizialmente trascurabile, ma che acquista importanza col<br />

passare del tempo: la reazione lenta. Con tale denominazione si intende una serie di trasformazioni<br />

chimiche di natura diversa (precipitazione dei fosfati in fase separata e/o loro incorporazione nelle<br />

strutture minerali, chelazione dei metalli legati ai fosfati da parte della sostanza organica), che<br />

contribuiscono comunque a ridurre la presenza dell’elemento nella soluzione circolante e, quindi, a<br />

limitarne la disponibilità per le piante.<br />

La conduzione tecnica delle colture sembra dunque influenzare solo in misura limitata le<br />

perdite di fosforo; la sostanziale immobilità che caratterizza l’elemento nel terreno riduce infatti<br />

l’influenza che le scelte tecniche dell’agricoltore possono esercitare sulla dispersione ambientale del<br />

nutriente.<br />

I principali meccanismi che consentono al fosforo di abbandonare il terreno sono legati al<br />

movimento verticale (lisciviazione) e/o orizzontale (deflusso superficiale) dell’acqua, nonché dal<br />

trasporto solido (erosione).<br />

6


Come si può desumere dall’esame dei dati riportati in bibliografia le perdite di nutriente<br />

attribuibili alla lisciviazione sembrano poco rilevanti, ad eccezione del verificarsi di condizioni<br />

pedologiche (terreni sciolti od organici), climatiche (elevate precipitazioni) e idrologiche (ridotta<br />

soggiacenza) del tutto particolari.<br />

Come già ricordato, la seconda possibilità che il fosforo ha per migrare dal terreno è<br />

costituita dal deflusso superficiale (run-off). Si deve notare però che risulta particolarmente difficile<br />

distinguere il contributo dello scorrimento superficiale, che dovrebbe riguardare solo forme solubili<br />

dell’elemento, da quello determinato dal processo erosivo vero e proprio che interessa invece il<br />

trasporto di particolato associato a forme di nutriente meno disponibili per le piante, in<br />

considerazione del fatto che i due fenomeni appaiono non del tutto indipendenti. E’ stato infatti<br />

dimostrato che il contenuto di fosforo solubile nelle acque di scorrimento superficiale é<br />

inversamente correlato con la concentrazione dei solidi sospesi. La spiegazione di tale<br />

comportamento risiede nella già ricordata capacità di adsorbimento specifico dei fosfati posseduta<br />

dalle particelle più fini del terreno (sedimenti argillosi), che risultando più facilmente erodibili,<br />

costituiscono spesso la frazione granulometrica prevalente asportata dal run-off.<br />

1.3 - La struttura del progetto<br />

Le direttrici operative lungo le quali si è sviluppato il progetto possono essere<br />

considerate distinte anche se funzionali e complementari rispetto agli obiettivi di ricerca; in<br />

particolare le attività svolte hanno riguardato: la raccolta delle informazioni pregresse, lo studio<br />

idrologico del comprensorio, il monitoraggio ambientale, la caratterizzazione dei sistemi<br />

colturali presenti, la valutazione di comportamenti alternativi, il ricorso alla modellistica<br />

ambientale. Tali tematiche risultano intimamente connesse con la natura dei fenomeni indagati e<br />

costituiscono presupposti cognitivi indispensabili alla formulazione di risposte adeguate ai<br />

quesiti di ricerca affrontati.<br />

In particolare, la raccolta delle informazioni già prodotte nel corso di precedenti<br />

ricerche e dei dati a diverso titolo rilevati nel comprensorio ha costituito un passo doveroso e<br />

necessario a contestualizzare più efficacemente i risultati ottenuti, consentendone una<br />

interpretazione più corretta e compiuta; inoltre le evidenze emerse nel corso della presente<br />

ricerca sono state organizzate all’interno di un data-base geografico così da renderne più agevole<br />

la consultazione, contribuendo ad accrescere significativamente il patrimonio delle conoscenze<br />

raccolte all’interno dell’area.<br />

7


Lo studio dei complessi meccanismi idrologici e idrogeologici che regolano la<br />

circolazione dell’acqua è risultato funzionale a chiarire il bilancio idrico del comprensorio e a<br />

tentare una quantificazione dei carichi di nutriente veicolati verso il lago. La decisione di<br />

realizzare un esteso lavoro di monitoraggio ambientale è nata, oltre che dalla volontà di<br />

pervenire ad una valutazione della dinamica dei fenomeni indagati, anche dalla necessità di<br />

verificare i contributi delle possibili sorgenti di nutriente, al fine di correlare la qualità e la<br />

quantità delle emissioni con le diverse modalità di conduzione agronomica del comprensorio.<br />

La valutazione dei modelli produttivi adottati e la sperimentazione di soluzioni<br />

alternative a quelle finora praticate ha costituito una premessa importante nel tentativo di<br />

orientare le scelte degli agricoltori verso sistemi colturali progressivamente più sostenibili.<br />

Infine, il ricorso alla modellistica ambientale è risultato prezioso nel valutare possibili<br />

scenari di riferimento e per formulare ipotesi plausibili riguardo alle dinamiche spazio-temporali<br />

dei fenomeni indagati.<br />

8


2 - L’area di riferimento<br />

I temi di ricerca affrontati presentano notevoli difficoltà derivanti dalla complessità dei<br />

fenomeni considerati (come anticipato nel capitolo precedente), ma anche dall’importanza delle<br />

interazioni che si instaurano con le condizioni ambientali presenti all’interno del comprensorio<br />

oggetto dello studio. È dunque necessario, anche al fine di chiarire per quanto possibile le<br />

dinamiche e i meccanismi che regolano i processi di interesse, ricostruire un quadro esauriente<br />

delle caratteristiche (fisiche, climatiche, idrologiche, pedologiche, ecc.) specifiche dell’area, così<br />

da poter valutare l’incidenza di quelle particolari condizioni che possono giocare, a livello locale,<br />

un ruolo significativo sull’evoluzione delle problematiche indagate.<br />

Anche da questo punto di vista, però, l’acquisizione di conoscenze adeguatamente<br />

complete e sufficientemente approfondite si presenta tutt’altro che agevole. Infatti, se è vero che<br />

il bacino idrografico del lago di Massaciuccoli è stato oggetto sin dal primo dopoguerra di<br />

numerosi studi, che costituiscono senz’altro una preziosa e utile fonte di informazioni, è anche<br />

vero che le particolari caratteristiche di assetto del territorio che qui si riscontrano fanno, di<br />

questo comprensorio, una realtà particolarmente complessa e mutevole, in cui al normale<br />

evolversi delle condizioni naturali (soprattutto pedologiche ed idrologiche) si è sovrapposto il<br />

deciso operato dell’uomo nel modificare profondamente lo stato originario, contribuendo ad<br />

innescare “nuovi” equilibri significativamente più instabili e complessi.<br />

In questo capitolo si riporta quindi una sintesi della letteratura più significativa ed<br />

affidabile sui principali aspetti che caratterizzano il territorio del bacino del Lago di<br />

Massaciuccoli la cui conoscenza potrà risultare funzionale anche per la discussione dei risultati<br />

riportati nei capitoli successivi; per maggiori dettagli sull’argomento si rimanda invece all’esame<br />

della bibliografia riportata alla fine del capitolo.<br />

2.1 - L’organizzazione del comprensorio<br />

Il bacino del lago di Massaciuccoli si estende nell’area costiera compresa tra la foce del<br />

fiume Serchio a sud e quella del fiume Camaiore a nord, approssimativamente a 10 km dalla città<br />

di Pisa; il suo centro si trova a 43 49’ 59.5’ di latitudine N e 10 19’ 50.7’ di longitudine E.<br />

Dal punto di vista amministrativo, il territorio del bacino ricade nelle province di Lucca<br />

(comuni di Massarosa, Viareggio, una piccola parte dei comuni di Lucca e Camaiore,<br />

comprendenti i centri abitati di Quiesa, Bozzano, Massaciuccoli, Piano del Quercione, Piano di<br />

Mommio, Montramito e Torre del Lago) e Pisa (comune di Vecchiano, con i centri abitati di<br />

9


Vecchiano, Nodica e <strong>Migliarino</strong>). La popolazione residente si aggira intorno ai 46700 abitanti<br />

(Allegretti et al., 2002; Pagni et al., 2004).<br />

La competenza amministrativa sul bacino idrogeologico del lago di Massaciuccoli è<br />

esclusiva dell’Autorità di Bacino del Fiume Serchio e larga parte di questi comprensorio è<br />

inclusa nel <strong>Parco</strong> <strong>Regionale</strong> <strong>Migliarino</strong>-<strong>San</strong> Rossore-Massaciuccoli, all’interno del quale si<br />

trovano diverse aree protette di valenza nazionale e internazionale (Autorità del Bacino del<br />

Fiume Serchio, 2007). In particolare, oltre allo specchio lacustre ed alle aree palustri contermini,<br />

sono quasi totalmente comprese nel territorio del <strong>Parco</strong> le bonifiche di Vecchiano, Massaciuccoli<br />

Pisano e Quiesa ed una parte della bonifica di Massarosa.<br />

Sul bacino idrografico insistono due impianti di depurazione relativi agli abitati di<br />

<strong>Migliarino</strong> (ca. 4250 AE) e Vecchiano (ca. 8500 AE), che scaricano rispettivamente nel fosso<br />

Depuratore e nel canale Barra-Barretta. Gli scarichi degli impianti di depurazione dei comuni di<br />

Massarosa e Viareggio sono stati recentemente collettati fuori del bacino idrografico,<br />

rispettivamente nella Gora di Stiava e nel canale Burlamacca a valle delle porte Vinciane.<br />

Oltre ai due impianti di depurazione delle acque, all’interno del bacino idrografico<br />

esistono tre discariche di RSU oggi dismesse: la discarica “Il Feo”, che si trova a nord-ovest<br />

della zona industriale di <strong>Migliarino</strong>, la discarica detta “Le Carbonaie”, situata a nord-ovest della<br />

cava SISA e a circa 1.5 km dal lago e la discarica di Pioppogatto, nei pressi dell’idrovora di<br />

Portovecchio. La prima è attualmente sotto monitoraggio da parte dell’ARPAT, Dipartimento<br />

provinciale di Pisa e, al momento, non è previsto alcun intervento di bonifica poiché si ritiene<br />

che il sito non costituisca più una sorgente di contaminazione. Per quanto riguarda la discarica<br />

“Le Carbonaie” è stato attuato recentemente il <strong>completa</strong>mento del progetto di bonifica, in seguito<br />

al riscontro di elevate concentrazioni di cloruri, di COD e di alcuni metalli pesanti (ferro, nichel,<br />

ecc.) nelle acque sotterranee e superficiali in area limitrofa al sito. Nel caso della discarica di<br />

Pioppogatto la prevista bonifica è tuttora in atto.<br />

Per quanto concerne lo sviluppo delle attività economiche nei pressi di <strong>Migliarino</strong><br />

Pisano, è presente, sin dagli anni ‘60, un’area industriale di una certa rilevanza, attualmente in<br />

ulteriore espansione, situata tra l’autostrada e il confine del <strong>Parco</strong>, in cui sono presenti attività di<br />

tipo prevalentemente manifatturiero.<br />

Per quanto riguarda l’esercizio dell’agricoltura oltre il 40% del comprensorio risulta<br />

continuativamente coltivato a testimonianza dell’importanza che tale l’attività riveste sul<br />

territorio; le maggiori informazioni disponibili interessano però le sole aziende ricadenti<br />

all’interno del <strong>Parco</strong> <strong>Regionale</strong> <strong>Migliarino</strong> - <strong>San</strong> Rossore - Massaciuccoli oggetto in un recente<br />

passato di diversi studi e ricerche svolti su commissione ed in collaborazione con lo stesso Ente.<br />

10


Le aziende censite nelle differenti occasioni di indagine sono state circa una sessantina, per lo<br />

più di dimensioni medio-grandi, orientate verso ordinamenti produttivi cerealicolo-industriali,<br />

con una netta predominanza della coltivazione del mais, seguito dai cereali a paglia e dal<br />

girasole, pur essendo rilevabili realtà circoscritte, ma significative, in cui prevalgono invece<br />

l’orticoltura e l’olivicoltura.<br />

Il bacino è attraversato da vie di comunicazione di interesse nazionale quali:<br />

l’autostrada Genova-Rosignano, l’autostrada Firenze-mare, l’autostrada Lucca-Viareggio, la<br />

statale Aurelia, le linee ferroviarie Genova-Pisa e Lucca-Viareggio, oltre che dalla viabilità<br />

minore e locale.<br />

2.2 - Orografia, caratteri fisici e climatici<br />

Il bacino idrografico del Lago di Massaciuccoli (così come delimitato dall’Autorità di<br />

Bacino del Fiume Serchio, 2007) si estende su una superficie pari a 114 km 2 ed è limitato a nord<br />

dal Canale Burlamacca-Gora di Stiava, ad est dai rilievi dei Monti d’Oltre Serchio-Monti di<br />

Massarosa, a sud dal Fiume Serchio e ad ovest dal Mar Ligure (Fig. 2.1). Dal punto di vista<br />

orografico si tratta di un dominio allungato in direzione N/NO-S/SE al centro del quale si trova il<br />

lago di Massaciuccoli, pensile su di un’ampia depressione le cui quote della superficie<br />

topografica variano da circa 6 m a -3 m sul livello del medio mare. Un sistema arginale della<br />

lunghezza di circa 16 km e altezza compresa tra 0.5-0.6 m s.l.m, limita il lago e l’adiacente<br />

Padule di Massaciuccoli, costituito da un’area umida residuale di circa 15 km 2 (Autorità di<br />

Bacino del Fiume Serchio, 2007). La presenza sui rilievi di litotipi calcarei alternati a marne e di<br />

litotipi arenacei con strutture tettoniche che favoriscono il drenaggio delle acque di infiltrazione<br />

verso il lago e l’inversione del deflusso delle acque sotterranee lungo la costa nel periodo estivo,<br />

comportano la non corrispondenza tra bacino idrografico e bacino idrogeologico, per cui<br />

quest’ultimo risulta esteso per circa 170 km 2 e limitato a nord dal Fiume Camaiore (Fig. 2.2;<br />

Autorità di Bacino del Fiume Serchio, 2007).<br />

Il territorio adiacente al lago è stato oggetto di bonifica sin da tempi storici con<br />

interventi idraulici di maggiore rilevanza eseguiti tra gli anni ‘20 e ‘40 del secolo scorso, con la<br />

tecnica della bonifica per sollevamento sostanzialmente basata sull’impiego di un adeguato<br />

numero di pompe idrovore. Le aree bonificate ed i relativi impianti e manufatti sono gestiti, dal<br />

1997, dal Consorzio di Bonifica Versilia-Massaciuccoli (Tedesco, 2006).<br />

Il processo di bonifica è stato ed è la causa sostanziale della subsidenza nelle aree<br />

limitrofe al lago caratterizzate da terreni particolarmente torbosi in cui sono stati registrati<br />

11


abbassamenti del piano di campagna anche superiori a 3 m negli ultimi 65 anni ( rispetto alle<br />

quote rilevate nel 1935), con una velocità media di abbassamento per alcune aree fino a 3.9<br />

cm/anno. Il funzionamento della rete di scolo (primaria e secondaria) e degli impianti idrovori fu<br />

progettato in modo da garantire una soggiacenza delle acque della falda freatica pari ad 1.5 m dal<br />

piano di campagna (Giannecchini, comunicazione personale), onde consentire il normale<br />

svolgimento di tutte le principali operazioni agricole nelle aree bonificate.<br />

Dal punto di vista fisiografico si possono distinguere, da ovest verso est, le seguenti<br />

unità morfologiche (Federici 1993; Autorità di Bacino del Fiume Serchio, 2007):<br />

- una fascia litoranea, costituita da sabbie marine recenti, che giunge fino ad una larghezza di<br />

700 m, e da una serie di cordoni dunari attestati su quote medie di 2 m s.l.m.;<br />

- una fascia interna depressa, costituita da terreni di natura argilloso-torbosa, compresa tra le<br />

quote di 1 m e -3 m s.l.m., in cui ricadono il lago e le paludi circostanti;<br />

- una fascia pedemontana, a quota media di circa 6 m s.l.m., costituita da depositi di conoide in<br />

eteropia con alluvioni recenti, sviluppata prevalentemente nella parte settentrionale del bacino;<br />

- una fascia collinare e montana a NE, definita dalla terminazione meridionale delle Alpi<br />

Apuane, costituita da rocce prevalentemente calcaree, arenacee e argillitiche, la cui cima<br />

principale è rappresentata dal monte Ghilardona (465 m s.l.m.).<br />

Secondo la classificazione climatica di Köppen il clima dell’area di studio è compreso<br />

nella categoria ‘Csa’, che indica un clima Mediterraneo con estate secca ed inverno mite. La<br />

temperatura media si aggira intorno ai 15 °C, con minime medie invernali di circa 7 °C (nei mesi<br />

di Dicembre e Gennaio) e massime medie estive intorno ai 22 °C (nel mese di Luglio), registrate<br />

nella stazione meteorologica di Viareggio del Servizio Idrologico <strong>Regionale</strong>, nel periodo di<br />

riferimento 1980-2002.<br />

Le precipitazioni medie annuali raggiungono valori che variano da 1025 mm, per la già<br />

citata stazione di Viareggio, a 921 mm, per la stazione ARSIA di Metato, situata fuori dal bacino<br />

idrologico del lago, ma rappresentativa della porzione meridionale del bacino stesso; una<br />

situazione diversa si osserva sui Monti d’Oltre Serchio e Massarosa, dove le precipitazioni<br />

raggiungono anche i 2000 mm annui. La piovosità presenta l’andamento tipico del clima<br />

mediterraneo, con massimi di precipitazioni in autunno e in primavera; il mese più piovoso è<br />

quello di Novembre, mentre Luglio si segnala come il mese più siccitoso. Il diagramma di<br />

Walter & Lieth, mette in relazione le precipitazioni e le temperature medie mensili (queste<br />

ultime in scala doppia), evidenziando la durata e l’entità del periodo secco (Fig. 2.3), che si<br />

estende da Maggio ad Agosto, mentre l’intervallo più critico si verifica nel periodo compreso tra<br />

Luglio e Agosto.<br />

12


Fig. 2.1 - Bacino del Lago di Massaciuccoli.<br />

13


Fig. 2.2 - Modello digitale del terreno derivante dal rilievo LIDAR (il bacino idrografico è delimitato<br />

dalla linea verde, quello idrogeologico dalla linea rossa; da Autorità di Bacino del Fiume Serchio,<br />

2007).<br />

14


P ( m m )<br />

160<br />

140<br />

120<br />

100<br />

80<br />

60<br />

40<br />

20<br />

80<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

T x 2 ( °C )<br />

0<br />

G F M A M G L A S O N D<br />

0<br />

P<br />

Tx2<br />

Fig. 2.3 - Diagramma di Walter & Lieth per la stazione meteo ARSIA di Metato (periodo 1989-2007).<br />

Per una migliore caratterizzazione del bacino idrologico dell’area di studio, sono state<br />

acquisite ed elaborate le serie temporali relative ai dati pluviometrici delle stazioni di Torre del<br />

Lago e di Viareggio del Servizio Idrologico della Regione Toscana (Fig. 2.4 e Tab. 2.1) che<br />

costituiscono le serie temporali più lunghe presenti nel dominio di studio (Autorità di Bacino del<br />

Fiume Serchio, 2007). I dati disponibili, consistenti nelle precipitazioni e nei giorni di pioggia<br />

mensili, per la stazione di Viareggio sono riferiti al periodo 1921-1941 e 1951-2009, mentre<br />

quelli della stazione di Torre del Lago al periodo 1954-2009. I dataset in questione sono<br />

incompleti per alcuni mesi o addirittura anni (per la stazione di Viareggio mancano<br />

<strong>completa</strong>mente gli anni dal 1942 al 1950): è stato quindi necessario ricostruire le serie temporali<br />

attraverso processi di analisi statistica seguendo i metodi descritti in Allen et al. (1998) e<br />

utilizzando anche i dati della stazione di Metato.<br />

Tale analisi statistica permette di ricavare i valori di precipitazione mancanti di una<br />

stazione mediante l’ausilio di una seconda stazione di riferimento, che possiede l’intera serie di<br />

dati, una volta verificata l’omogeneità delle serie appartenenti alle due stazioni, applicando<br />

un’appropriata analisi di regressione. Per le serie storiche di dati pluviometrici mensili così<br />

ricostruite si è effettuata l’analisi statistica descrittiva al fine di caratterizzare l’andamento delle<br />

precipitazioni nell’intervallo temporale investigato. Si è inoltre valutata l’intensità della pioggia<br />

definita come il rapporto fra la pioggia caduta nel periodo e il numero di giorni piovosi. Il<br />

dettaglio delle elaborazioni effettuate è riportato nell’Allegato 1.<br />

15


In sintesi, le precipitazioni cumulate annue misurate alla stazione di Viareggio sono<br />

superiori rispetto a quelle della stazione di Torre del Lago. Le medie delle precipitazioni annue,<br />

per entrambe le stazioni, mostrano il minimo a Luglio (25.6 mm e 19.0 mm di precipitazione<br />

media rispettivamente per la stazione di Viareggio e di Torre del Lago) e il massimo tra Ottobre<br />

e Novembre (con una media di 130 mm e 120 mm rispettivamente per la stazione di Viareggio e<br />

di Torre del Lago). Luglio è il mese con il minor numero di giorni piovosi (con un valore medio<br />

di 2 giorni, misurato in entrambe le stazioni) mentre Novembre è statisticamente il mese con più<br />

giorni di pioggia (con una media di 10 giorni di precipitazione in entrambe le stazioni). La media<br />

annua dei giorni piovosi per tutta la serie dei dati è maggiore alla stazione di Viareggio (86.2<br />

giorni/anno) rispetto a quella di Torre del Lago (83.9 giorni di pioggia/anno). L’intensità di<br />

pioggia media annua è maggiore per la stazione di Viareggio: 11.2 mm/giorno contro 10.7<br />

mm/giorno di Torre del Lago.<br />

Per la stazione di Viareggio è rilevabile una diminuzione della cumulata annua delle<br />

precipitazioni a partire dal 1966, che si fa più marcata dal 1976; tale diminuzione è massima per<br />

la media 1980-2009 e pari a circa 65.6 mm/anno rispetto alla media 1921-1959 scelta come<br />

valore di riferimento. La stazione di Torre del Lago non mostra invece un evidente trend<br />

discendente, per cui è sostanzialmente stabile. L’intensità annua di pioggia mostra invece una<br />

stabilità temporale per la stagione di Viareggio e un lieve incremento per quella di Torre del<br />

Lago (dal valore medio di 10.4 mm/giorno relativo alla serie 1954 – 1983 al valore 10.8<br />

mm/giorno per la media 1980-2009).<br />

Esaminando invece i trend per il solo periodo estivo (Giugno, Luglio, Agosto e<br />

Settembre), per la stazione di Viareggio è evidente un aumento delle precipitazioni estive<br />

(compreso tra 35 e 58 mm), mentre relativamente alla stazione di Torre del Lago anche in questo<br />

caso siamo in presenza di una sostanziale stabilità. Per quanto riguarda l’intensità di pioggia nel<br />

periodo estivo, gli ultimi trenta anni vedono un aumento di circa 1 mm/giorno per entrambe le<br />

stazioni.<br />

Nella Tabella 2.2 e nel grafico di Figura 2.5 è riportato l’andamento delle pluviometrie<br />

alla stazione di Torre del Lago e di Vecchiano nel periodo di interesse del presente progetto.<br />

Riguardo alla serie temporale disponibile (costituita da 56 dati) le cumulate annue relative al<br />

2008 ed al 2009 per la stazione di Torre del Lago si posizionano rispettivamente al 5° ed al 16°<br />

posto degli anni più umidi. Di contro le cumulate relative al periodo estivo si posizionano<br />

rispettivamente al 18° e 17° posto nella serie.<br />

16


Fig. 2.4 - Stazioni meteoclimatiche nel dominio di studio e nelle aree contermini.<br />

17


Tab. 2.1 - Caratteristiche delle stazioni pluviometriche nel dominio di studio.<br />

Precipitazioni (mm) Torre del Lago Vecchiano<br />

Cumulata 2008 1166 911<br />

Cumulata 2009 1019 920<br />

Tab. 2.2 - Precipitazioni cumulate annue nel 2008 e nel 2009 alle stazioni di Vecchiano e Torre del Lago.<br />

300<br />

250<br />

Precipitazioni (mm)<br />

200<br />

150<br />

100<br />

Vecchiano<br />

Torre del Lago<br />

50<br />

0<br />

agosto<br />

settembr<br />

ottobre<br />

novembr<br />

dicembre<br />

gennaio<br />

febbraio<br />

marzo<br />

aprile<br />

maggio<br />

giugno<br />

luglio<br />

agosto<br />

settembr<br />

ottobre<br />

novembr<br />

dicembre<br />

gennaio<br />

febbraio<br />

marzo<br />

aprile<br />

maggio<br />

giugno<br />

luglio<br />

agosto<br />

settembr<br />

ottobre<br />

novembr<br />

dicembre<br />

2007 2008 2009<br />

Periodo (mesi)<br />

Fig. 2.5 - Precipitazioni cumulate mensili alla stazione di Vecchiano e di Torre del Lago.<br />

2.3 - Inquadramento geologico e geomorfologico<br />

Sotto il profilo geologico l’area su cui insiste il bacino è parte del graben di Viareggio<br />

la cui formazione e riempimento hanno inizio nel Miocene superiore (Pascucci, 2005).<br />

Tralasciando la descrizione della evoluzione geologica, non oggetto di questo studio e per la cui<br />

trattazione si rimanda a Pascucci (2005), Antonioli et al. (2000), Federici e Mazzanti (1995),<br />

18


Federici (1993), Bossio et al. (1993), Blanc (1953), ecc., nel presente capitolo si vuole fornire<br />

una sintesi dell’assetto geomorfologico e stratigrafico del dominio di studio, che, per semplicità,<br />

può essere suddiviso in un settore collinare/montuoso ed in un settore di pianura.<br />

Nel primo settore (Fig. 2.6) affiorano le formazioni della Falda Toscana, delle Unità<br />

Liguri e Subliguri, la Successione Toscana Metamorfica e l’Unità di Massa, mentre il settore di<br />

pianura è costituito da sedimenti alluvionali e lacustri, che, spostandosi verso il mare, sono<br />

limitati da depositi sabbiosi. I rilievi possono esser ulteriormente distinti in un settore<br />

meridionale, dove affiorano prevalentemente formazioni carbonatiche della Falda Toscana<br />

(costituite da Calcare Massiccio, Calcari Selciferi, Maiolica, etc.), ed in un settore settentrionale,<br />

dove sono predominanti le formazioni argillitiche e marnose delle Successioni Liguri e<br />

Subliguri, che poggiano con un contatto per faglia a basso angolo sopra la formazione arenacea<br />

del Macigno. Nella parte settentrionale del bacino idrogeologico i termini basali della Falda<br />

Toscana poggiano sulle formazioni dell’Unità di Massa, rappresentate dal Verrucano Auct.<br />

Per quanto riguarda la pianura, il graben di Viareggio è riempito da circa 2500 m di<br />

sedimenti: a partire dal Pleistocene le variazioni eustatiche del livello del mare in combinazione<br />

con l’attività tettonica hanno portato a alterne fasi a prevalente sedimentazione continentale e<br />

marina che hanno favorito la progradazione della pianura e definito l’assetto morfologico<br />

dell’area così come conosciuto in epoca storica. Nella Figura 6 è riportata una sezione<br />

schematica est-ovest attraverso il bacino del lago di Massaciuccoli. Sulla base della geologia di<br />

superficie è possibile individuare una zona di raccordo tra la pianura ed i rilievi definita da una<br />

serie di coni di deiezione fluviale olocenici-pleistocenici (bn b ). Questi depositi alluvionali sono<br />

granulometricamente eterogenei e sono costituiti da alternanze di argille, limi, limi sabbiosi,<br />

sabbie e ghiaie. La zona di raccordo passa verso ovest ad una fascia interna depressa, estesa<br />

all’incirca fino all’altezza dell’asse autostradale Genova-Rosignano. Rispetto alla posizione del<br />

lago di Massaciuccoli (che occupa pressappoco la parte centrale del bacino nella quale sono in<br />

deposizione sedimenti lacustri) la distribuzione dei sedimenti sull’asse nord-sud presenta un<br />

andamento simmetrico (Fig. 2.7). Dai depositi alluvionali della conoide del Fiume Serchio al<br />

limite sud del bacino, si passa verso nord a depositi argilloso-torbosi, quindi, nelle parti più<br />

depresse, a torbe ed ai depositi lacustri. Allo stesso modo, a nord del lago si passa dai depositi<br />

lacustri nuovamente a depositi torbosi, quindi argilloso-torbosi ed infine alle alluvioni della<br />

conoide del fiume Camaiore. A limitare la parte centrale depressa si trova la fascia dei cordoni<br />

sabbiosi, allineati lungo la linea di costa, che termina con depositi di spiaggia attuali di<br />

estensione piuttosto limitata.<br />

19


B<br />

A<br />

D<br />

C<br />

Fig. 2.6 - Inquadramento geologico del dominio di studio (da Autorità di Bacino del Fiume Serchio,<br />

2007).<br />

20


A<br />

B<br />

Fig. 2.7 - Sezione schematica est-ovest del bacino del Lago di Massaciuccoli. ACC: Unità di Canetolo (Argille e Calcari); ds(S1): sabbie di dune costiere; e(C1):<br />

depositi lacustri e palustri; tb(p): torbe e terreni di colmata; bn b : depositi alluvionali sabbiosi prevalenti; AL(C2): limi ed argille; GHs: ghiaie e sabbie; S(S2):<br />

sabbie e sabbie limose; AL(C3): limi ed argille; SGH(S3): sabbie e ghiaie; AL(C4): limi ed argille; GC(g): ghiaie e conglomerati (da Carmignani et al., in<br />

stampa).<br />

21


Di particolare interesse è la ricostruzione della stratigrafia del sottosuolo della pianura<br />

costituita, nella parte centrale del dominio di studio, da un’alternanza di livelli sabbiosi e<br />

argillosi che passano, verso nord, a un orizzonte indifferenziato di ghiaie di origine alluvionale,<br />

base degli stessi sedimenti argillosi e sabbiosi. In dettaglio dall’alto verso il basso stratigrafico,<br />

al di sotto del terreno agrario, si individuano (Autorità di Bacino del Fiume Serchio, 2007;<br />

Spandre e Meriggi, 1997; Federici e Mazzanti, 1995; Federici, 1993):<br />

- torbe “superiori” in eteropia con argille torbose. Costituiscono il deposito superficiale della<br />

parte centrale del bacino ed hanno uno spessore variabile da 1-2 m in corrispondenza di Torre<br />

del Lago, fino ad un massimo di 10 m nella parte orientale del bacino;<br />

- sabbie silicee. Formano un livello continuo, costituito da sabbie con grado di addensamento<br />

variabile nelle quali sono presenti locali intercalazioni di depositi continentali limoso-argillosi,<br />

fino alla profondità di circa 25-30 m. Lo spessore è massimo a partire dal depocentro del bacino<br />

verso la linea di costa, mentre si riduce a circa 3 m ai piedi dei rilievi. Le sabbie silicee sono<br />

separate dai depositi superficiali da un livello di sabbie eoliche alle quali si interpone,<br />

localmente, un livello calcareo (Spandre e Meriggi, 1997);<br />

- argille lacustri e torbe “inferiori”. Si ritrovano nei sondaggi da -27 m a -61 m s.l.m. nella parte<br />

centrale della pianura, mentre nella parte orientale sono presenti da -13 a -70 m s.l.m.;<br />

- nella parte centrale del bacino a queste segue un modesto livello di sabbie (4-6 m tra -61 e -84<br />

m s.l.m) denominato sabbie marine inferiori, che poggiano sulle argille continentali inferiori (-75<br />

e -86 m s.l.m. nei pressi di Viareggio e tra -75 e -90 m s.l.m. a Massarosa), alla cui base si<br />

trovano sabbie, ciottoli e ghiaie marine;<br />

- chiude la successione conosciuta direttamente un livello di argille cineree alla cui base (circa -<br />

130/150 m dal piano campagna) si trovano ciottoli, ghiaie e conglomerati.<br />

2.4 - Inquadramento idrologico ed idrogeologico<br />

L’assetto idrologico ed idrogeologico del bacino è stato profondamente modificato dalla<br />

realizzazione di numerose attività antropiche (tra cui si ricordano le escavazioni di torba e di<br />

sabbia silicea) e dalla ricordata bonifica idraulica, che, generando subsidenza, ha reso pensile il<br />

lago e le aree palustri contermini rispetto alle aree bonificate; in sintesi, la circolazione delle<br />

acque superficiali è prevalentemente regolata dalle sistemazioni idrauliche realizzate nel bacino.<br />

Assetto idrologico. Dei corsi d’acqua fluenti dai rilievi (Fig. 2.8) solo due giungono direttamente<br />

nel lago, mentre i restanti recapitano o nell’area palustre o nei sottobacini di bonifica dove le<br />

22


acque sono convogliate attraverso il reticolo di drenaggio agli impianti idrovori e quindi<br />

sollevate nel lago o nell’area palustre. Il recapito delle acque del lago in mare è infine complicato<br />

dalla conformazione e dalla funzionalità del sistema mare-laguna costiera. La suddivisione<br />

fisiografica citata nel capitolo 2.1 ben si adatta anche alla discussione di dettaglio dell’assetto<br />

idrologico/idrogeologico del dominio di studio.<br />

La parte settentrionale del settore dei rilievi è caratterizzata dalla presenza di numerosi<br />

corsi d’acqua, legata all’affioramento di rocce a bassa permeabilità prevalentemente arenacee ed<br />

argillitiche della Formazione del Macigno e delle Unità Liguri e Subliguri, che scendono verso la<br />

pianura. Tuttavia, le portate di questi corsi d’acqua, a regime torrentizio, sono generalmente<br />

modeste e legate alle precipitazioni o alla presenza di emergenze sorgive con portate spesso<br />

limitate. I torrenti Farabola e Gora di Stiava, raccolgono la gran parte delle acque di questi corsi<br />

d’acqua e le convogliano al mare una volta defluiti nel Canale Burlamacca. A sud della Gora di<br />

Stiava, i torrenti, che scendendo dai rilievi non confluiscono in essa, ma recapitano nell’area<br />

palustre direttamente o attraverso l’Idrovora Beatrice. Tra questi il principale è il Rio di Bozzano<br />

alimentato dalla sorgente Fontana. Gli unici corsi d’acqua che confluiscono direttamente nel lago<br />

sono il Rio delle Tre Gore ed il Bagnaia 2.<br />

La zona meridionale dei rilievi è invece caratterizzata dall’assenza di un reticolo<br />

idrografico sviluppato, per la presenza di rocce carbonatiche. Ai piedi dei rilievi corrono la Fossa<br />

Nuova (o Allacciante di Massaciuccoli), la Fossa di Radicata e l’Allacciante di Vecchiano che<br />

raccolgono il modesto ruscellamento superficiale conferendolo, rispettivamente nel lago la prima<br />

e nel Canale Barra-Barretta le altre due (Autorità di Bacino del Fiume Serchio, 2007).<br />

Come più volte ricordato, l’elemento idrologico principale dell’area di studio è quindi<br />

costituito dal lago di Massaciuccoli, esteso per circa 7 km 2 e con profondità variabili tra 1.0 e 2.5<br />

m (Amos et al., 2004). Fanno eccezione, nella zona a NNO del lago, aree a profondità variabile<br />

tra i 20 e 25 metri, che in passato venivano utilizzate per l’estrazione di torba e sabbia silicea,<br />

attività cessate ormai da circa 20 anni. Considerando quindi una massa d’acqua di spessore<br />

variabile tra 1.5 e 2 m ed una estensione di 7 km 2 , nel lago è immagazzinato un volume d’acqua<br />

compreso tra 10.5 e 14.0 Mm 3 .<br />

Il Canale Burlamacca è il principale emissario naturale del lago: in esso si immettono<br />

inoltre, prima della confluenza con la Gora di Stiava, i canali Malfante, Le Venti e Le Quindici.<br />

Il Canale Burlamacca recapita nel porto di Viareggio un volume medio annuo di acqua stimato in<br />

circa 35 Mm 3 /anno (Autorità di Bacino del Fiume Serchio, 2007). L’altro emissario, il Canale<br />

della Bufalina, è stato recentemente riattivato ed il suo funzionamento, legato all’accensione di<br />

una idrovora, è intermittente in dipendenza del superamento del battente idraulico del lago della<br />

23


quota +0.40 m s.l.m. (Autorità di Bacino del Fiume Serchio, 2007). Escludendo eventi estremi, il<br />

battente idraulico del lago oscilla nel corso dell’anno idrologico medio tra quote comprese tra<br />

+0.7 m s.l.m. e -0.5 m s.l.m., minimo che può essere raggiunto alla fine del periodo estivo (Fig.<br />

2.9). Studiati (1957) riporta la variazione del livello idrometrico del lago compresa tra +0.7 m e -<br />

0.25 m sl.m.m.<br />

Dalle Figure 2.10 e 2.11 è possibile osservare che il bacino lacustre non risente<br />

direttamente delle variazioni legate alle oscillazioni mareali; di contro, ne risente il deflusso dal<br />

lago verso il mare, essendo regolato dalle differenze di quota tra il battente idraulico del lago e il<br />

livello del mare. In generale, il battente idraulico del lago è governato dalle precipitazioni e dai<br />

volumi di acqua immessi nel lago dalle bonifiche (Spandre e Meriggi, 1997). Il fatto che, come è<br />

possibile osservare anche dai grafici di Figura 9 relativi ai diversi mesi dell’anno 2008, il<br />

battente idraulico del lago sia per lunghi periodi dell’anno a quote inferiori al livello del medio<br />

mare comporta l’ingressione di acqua salina verso il lago, sicuramente attraverso il Canale<br />

Burlamacca (Autorità di Bacino, 2007; Conti, 2006; Spandre e Meriggi, 1997). Per tale motivo<br />

nel XVIII secolo furono realizzate le Porte Vinciane, il cui obiettivo era quello di impedire<br />

l’ingresso di acqua di mare nel bacino. L’ingressione di acque salse è riportata anche in Tedesco<br />

(2006), dove si cita un evento di ingressione verificatosi nel 1921 a causa di un<br />

malfunzionamento delle Porte Vinciane. Essendo il funzionamento di tale opera idraulica<br />

insoddisfacente, è stata progettata una nuova barriera posta poco a monte dell’esistente,<br />

attualmente in fase di ultimazione (Autorità di Bacino del Fiume Serchio, 2009).<br />

Di particolare interesse è lo studio di Spandre e Meriggi (1997) sulle vie di circolazione<br />

preferenziali seguite dalle acque all’interno del sistema palustre, il quale riporta alcune tra le rare<br />

misure quantitative/semi-quantitative effettuate in passato nell’area; gli autori suddividono<br />

l’intervallo di osservazione in un periodo umido (Dicembre ‘94 - Maggio ‘95) ed in un periodo<br />

secco (Giugno ‘95 - Agosto ‘95).<br />

Nel primo periodo individuano due sistemi di circolazione: il Canale Burlamacca ed il<br />

Canale Le Venti convogliano verso S. Rocchino le acque della parte orientale del lago, delle<br />

bonifiche e del reticolo a nord del lago; il Fosso Le Quindici convoglia invece verso mare le<br />

acque provenienti dal bordo occidentale del lago e dalle bonifiche di Vecchiano e Massaciuccoli.<br />

Parte delle acque derivanti da queste ultime bonifiche defluisce inoltre attraverso il Canale Le<br />

Venti. Sempre nel primo periodo, in assenza di precipitazioni, individuano una risalita di acque<br />

salate dal mare attraverso il Canale Burlamacca fino al laghetto di <strong>San</strong> Rocchino, mentre la<br />

risalita attraverso il Fosso Le Quindici è ritenuta trascurabile per la presenza di una soglia<br />

idraulica. Secondo questo schema il laghetto di <strong>San</strong> Rocchino, la cui profondità raggiunge circa<br />

24


25 m (Autorità di Bacino del Fiume Serchio, 2007) costituisce il serbatoio in cui si stratificano e<br />

immagazzinano le acque salmastre, più dense e pesanti delle acque del lago. Le osservazioni<br />

compiute trovano conferma nel successivo periodo secco, ad eccezione del deflusso dal lago<br />

verso il mare attraverso il Canale Burlamacca ed il Fosso Le Venti che risulta praticamente<br />

assente.<br />

In sintesi, il Fosso Le Venti è individuato quale principale vettore di massa dal lago<br />

verso il mare e viceversa nei due periodi considerati. L’esistenza delle opere di bonifica<br />

condiziona notevolmente l’assetto idrografico nell’area contermine al lago, assetto che può<br />

essere schematizzato attraverso la definizione di tre elementi:<br />

- il bacino lacustre pensile;<br />

- la rete di canali di acque alte, dove il battente idraulico è circa alla stessa quota di<br />

quello del lago;<br />

- la rete di canali di acque basse, posti a quote più basse del lago, che costituiscono il<br />

sistema di drenaggio delle bonifiche, le cui acque defluiscono verso gli impianti idrovori e da<br />

questi sono sollevate nei canali di acque alte.<br />

Ciascuna bonifica è identificata da un sottobacino alla cui chiusura è sempre presente un<br />

impianto idrovoro (Fig. 2.8): compresi tra la Gora di Stiava ed il lago sono i sottobacini di<br />

Massarosa (Idrovore Beatrice e Pioppogatto), Portovecchio (Idrovora di Portovecchio) e Quiesa<br />

(Idrovora di Quiesa); a sud si trovano invece i sottobacini di Vecchiano (Idrovora di Vecchiano)<br />

e del Massaciuccoli Pisano (Idrovora di Massaciuccoli). Al limite meridionale del bacino è<br />

presente invece un’area a scolo naturale (comprendente gli abitati di Vecchiano, Nodica e<br />

<strong>Migliarino</strong>) che, attraverso il Canale Separatore, recapita le acque nel Canale Barra-Barretta;<br />

contermine a quest’area si trova un ulteriore sottobacino a scolo meccanico direttamente verso il<br />

Fiume Serchio. Il Canale Barra-Barretta drena l’estrema parte meridionale del bacino sino<br />

all’altezza della confluenza con il Canale Separatore, e, correndo poi pensile e arginato sulla<br />

campagna, raccoglie le acque delle idrovore di Vecchiano e Massaciuccoli per poi defluire nel<br />

lago.<br />

Il Canale Barra-Barretta è ritenuto il principale percorso che le sorgenti di<br />

contaminazione organica e di particolato sospeso seguono per raggiungere il lago.<br />

Nell’area della duna costiera la circolazione delle acque superficiali è regolata da una<br />

fitta rete di canali che convogliano le acque verso il Canale Burlamacca, il Canale della Bufalina,<br />

o direttamente nel padule a ridosso degli abitati di Torre del Lago e di Viareggio.<br />

25


Fig. 2.8 - Andamento del reticolo idrografico principale.<br />

26


Livello massimo di guardia ( + 0.40 m s.z.i.)<br />

0.8<br />

0.7<br />

0.6<br />

0.5<br />

0.4<br />

0.3<br />

0.2<br />

0.1<br />

0<br />

-0.1<br />

Livello idrometrico del lago in m s.l.m.<br />

2000<br />

2001<br />

2002<br />

2003<br />

2004<br />

2005<br />

2006<br />

2007<br />

2008<br />

2009<br />

-0.2<br />

Livello minimo di guardia ( - 0.30 m s.z.i.)<br />

-0.3<br />

-0.4<br />

-0.5<br />

-0.6<br />

01-gen<br />

15-gen<br />

29-gen<br />

12-feb<br />

26-feb<br />

12-mar<br />

26-mar<br />

09-apr<br />

23-apr<br />

07-mag<br />

21-mag<br />

04-giu<br />

18-giu<br />

02-lug<br />

16-lug<br />

30-lug<br />

13-ago<br />

27-ago<br />

10-set<br />

24-set<br />

08-ott<br />

22-ott<br />

05-nov<br />

19-nov<br />

03-dic<br />

17-dic<br />

31-dic<br />

Giorni<br />

Fig. 2.9 - Livelli idrometrici rilevati alla stazione di Torre del Lago per il periodo 2000-2009.<br />

Livello minimo<br />

anno m s.z.i.<br />

2000 -0.20<br />

2001 -0.25<br />

2002 -0.18<br />

2003 -0.51<br />

2004 -0.35<br />

2005 -0.37<br />

2006 -0.48<br />

2007 -0.36<br />

2008 -0.30<br />

2009 -0.45<br />

Infine, Franceschi (1997) stima il volume medio annuo sollevato dalle idrovore a sud<br />

della Gora di Stiava, nel periodo 1991-1995, in circa 55 Mm 3 /anno sulla base di calcoli che<br />

tengono conto delle ore di funzionamento delle pompe alla portata nominale. Attualmente il<br />

Consorzio di Bonifica della Versilia-Massaciuccoli sta effettuando un’analisi dei consumi<br />

elettrici delle pompe per giungere ad una stima più affidabile della precedente (Giannecchini,<br />

comunicazione personale).<br />

Nel periodo estivo, alla necessità di drenaggio delle acque sotterranee si aggiunge<br />

l’esigenza di irrigare le aree coltivate per cui gli stessi dreni (canali di acque basse) sono<br />

utilizzati per l’esercizio dell’irrigazione. In particolare, esiste una concessione per il prelievo di<br />

325 l/s, per otto ore al giorno per cinque mesi l’anno, dal canale Barra-Barretta per l’irrigazione<br />

della parte meridionale del bacino del lago. A nord del lago, in assenza di concessioni regolate,<br />

alcune derivazioni a carattere “consuetudinario” servono le colture irrigue dei sottobacini di<br />

Massarosa, Portovecchio e Quiesa. Nella zona della duna costiera, sono assenti derivazioni di<br />

acque superficiali e l’area è servita da prelievi di acque sotterranee.<br />

Al fine di ridurre il deficit idrico del lago, la Provincia di Pisa ha posto in essere nel 1996<br />

una derivazione dal Fiume Serchio, all’altezza del Ponte di Pontasserchio (nel Comune di<br />

Vecchiano), pari a 250 l/s, il cui esercizio è attivo nella stagione estiva dalle ore 14 alle ore 22<br />

(D’Aiuto, comunicazione personale).<br />

27


Fig. 2.10 - Andamento mensile del battente idraulico del lago (Torre del Lago) rispetto al battente<br />

idraulico misurato alla stazione Viareggio 2 nei mesi di Gennaio, Febbraio e Marzo.<br />

28


Fig. 2.11 - Andamento mensile del battente idraulico del lago (Torre del Lago) rispetto al battente<br />

idraulico misurato alla stazione Viareggio 2 nei mesi di Aprile, Maggio e Giugno.<br />

La Provincia di Pisa nel Novembre 2005 ha verificato il funzionamento della stessa<br />

valutando una funzionalità dell’opera ridotta del 25% rispetto alla data di inizio esercizio; gli<br />

stessi tecnici della Provincia riportano interessanti valutazioni sull’andamento dei deflussi nei<br />

29


canali Barra-Barretta, Separatore e Allacciante di Vecchiano del sistema della bonifica a sud del<br />

bacino di Massaciuccoli. In particolare pongono in relazione il battente idraulico di tali canali<br />

alle portate immesse dalle bonifiche di Vecchiano e Massaciuccoli nel Canale Barra-Barretta:<br />

parte del volume idrico sollevato andrebbe ad invasare i canali sopra citati per poi defluire in<br />

direzione lago all’abbassarsi del battente idraulico.<br />

Assetto idrogeologico. La caratterizzazione idrogeologica del dominio di studio assume notevole<br />

importanza per la definizione delle relazioni idrauliche e delle interazioni tra acque superficiali<br />

ed acque sotterranee. Anche in questo caso per la discussione del quadro conoscitivo può essere<br />

utilizzata la suddivisione dell’area di studio in un settore collinare-montuoso ed in uno<br />

pianeggiante.<br />

Dal punto di vista idrogeologico la Regione Toscana ha ricompreso la parte dei rilievi<br />

presenti nel bacino in studio in cui affiorano formazioni carbonatiche nel Corpo Idrico<br />

Sotterraneo Significativo delle Alpi Apuane e dei Monti d’Oltre Serchio. Sulla base di<br />

considerazioni strutturali ed idrogeologiche queste formazioni sono in continuità idraulica anche<br />

con area di ricarica al di fuori del bacino idrogeologico in s.s. (Masini, 1960; Centro di<br />

Geotecnologie, 2007). Questa continuità idraulica si manifesta, ad es., nelle importanti portate<br />

delle sorgenti di Montramito (circa 180 l/s) e, in passato, Bottaccio di Stiava (portate variabili tra<br />

432 e 33 l/s; Studio Nolledi, 2003), la cui area di alimentazione è ritenuta trovarsi a est del<br />

bacino tra M. Vallimona, Loppeglia, S. Martino in Freddana e M. Rondinaio. Inoltre, la presenza<br />

di estese formazioni carbonatiche ad elevata permeabilità, situate al margine meridionale,<br />

permette scambi tra il bacino del Fiume Serchio ed il bacino in esame. Lo schema idrogeologico<br />

generale in questo settore è quello ipotizzato già in Baldacci et al. (1994) e prevede la presenza<br />

di un aquiclude definito dalle formazioni a bassa permeabilità dell’Unità di Massa (Verrucano<br />

Auct.) che limita a letto un acquifero basale costituito dalle formazioni carbonatiche Triassiche e<br />

Giurassiche della Falda Toscana. Questo è confinato da un livello a bassa permeabilità costituito<br />

dalle formazioni delle Marne a Posydonomia e dei Diaspri, sulle quali si imposta l’acquifero<br />

costituito dalla Maiolica e dai membri più permeabili della Scaglia. Un ulteriore livello<br />

confinante a tetto della idrostruttura lo definiscono le formazioni delle Unità Liguri e Subliguri.<br />

Per maggiori dettagli sull’assetto idrostrutturale dei rilievi si rimanda a Centro di Geotecnologie<br />

(2007).<br />

L’Autorità di Bacino del Fiume Serchio (2007) riporta la presenza di circa 66 sorgenti,<br />

gran parte delle quali captate per l’alimentazione del servizio idrico pubblico (Tab. 2.3). Di<br />

queste, solo cinque attualmente hanno portata superiore ai 10 l/s (Il Fontanone di Bozzano, Villa<br />

30


Spinola e le emergenze di Montramito) per una portata complessiva pari a circa 380 l/s. E’<br />

comunque da rilevare che le acque di gran parte di queste sorgenti, ad eccezione delle sorgenti di<br />

Quiesa (che alimentano vari corsi d’acqua che confluiscono nel Rio delle Tre Gore) e del<br />

Paduletto (Vecchiano), oggi non defluirebbero direttamente nel lago, ma nelle zone di bonifica.<br />

Circa l’area sorgiva del Paduletto, in una nota dell’Ufficio Speciale del Genio Civile per il<br />

Servizio Idrografico – Pisa (1963) si cita la presenza di tre emergenze, delle quali la sorgente<br />

Fontanaccia alimentava i Fossi Barra e Barretta; la portata di quest’ultima, misurata in data 21<br />

Ottobre 1962, quindi in un periodo a ridosso della magra estiva, fu determinata in circa 16 l/s,<br />

ovvero 1/10 di quanto derivante dalla captazione, realizzata dal Comune di Pisa, della Sorgente<br />

Barretta per mezzo di due pozzi. Ne deriva che se, secondo i dati di letteratura, attualmente i<br />

volumi sorgivi fluenti nello specchio lacustre sono pari a 150 l/s (sorgente di Villa Spinola),<br />

quelli potenzialmente defluenti nello specchio lacustre ammonterebbero a circa 400 l/s, ovvero<br />

12 Mm 3 /anno.<br />

Tab. 2.3 - Emergenze sorgive nel bacino idrogeologico di Massaciuccoli (da Autorità di Bacino del<br />

Fiume Serchio, 2007).<br />

Circa l’assetto idrostratigrafico della pianura, in letteratura (Autorità di Bacino del<br />

Fiume Serchio, 2007; Cortopassi, 2002; Spandre e Meriggi, 1997; AQUATER, 1980) è ben nota<br />

la presenza di un acquifero superficiale localizzato nelle sabbie marine affioranti o sottostanti i<br />

livelli argilloso-torbosi, di spessore da pochi metri lungo il limite pedemontano a 30-35 m<br />

procedendo verso la linea di costa, con caratteristiche di permeabilità relativa da media a elevata<br />

31


(Fig. 2.7). Questo acquifero, è limitato a letto da un livello continuo di argille e limi a bassa<br />

permeabilità relativa, che, ragionevolmente, ne costituisce l’aquiclude. Al di sotto del predetto<br />

livello argilloso si ritrova un acquifero confinato in ghiaie. Laddove le torbe presentano uno<br />

spessore rilevante Spandre e Meriggi (1997) riportano caratteristiche di quasi artesianità per<br />

l’acquifero; gli stessi Autori ritengono che un sottile strato di limi e argille intercalato in alcune<br />

zone del bacino e soprattutto al di sotto del lago possa isolare le acque superficiali da quelle<br />

sotterranee.<br />

In Autorità di Bacino del Fiume Serchio (2007) è riportato l’andamento del campo di<br />

moto delle acque sotterranee rilevato in due periodi di magra (Agosto 2003 e Settembre 2004) ed<br />

in un periodo di morbida (Aprile 2004). Gli elementi caratterizzanti il campo di moto delle acque<br />

sotterranee rilevato sono costituiti da:<br />

- la presenza di un alto freatimetrico, che origina uno spartiacque sotterraneo in corrispondenza<br />

della fascia costituita dai cordoni dunali sabbiosi, rappresentando pertanto una barriera idraulica<br />

nei confronti dell’ingressione di acqua marina nella falda (Studio Nolledi, 2003);<br />

- la ricarica dell’acquifero freatico effettuata lungo l’area pedemontana;<br />

- la ricarica effettuata dal Fiume Serchio, soprattutto nel periodo di morbida, nel tratto compreso<br />

tra Nodica e <strong>Migliarino</strong>;<br />

- la presenza di un limite a flusso nullo in corrispondenza del Fiume Camaiore, che sembra<br />

indicare l’assenza di scambi tra questo e l’acquifero freatico;<br />

- la presenza di limitati emungimenti concentrati in determinate aree del bacino.<br />

Il Fiume Serchio, che limita il bacino a sud, pur non interagendo direttamente con il<br />

reticolo idrografico superficiale, è in connessione con le acque della falda freatica drenandola e<br />

ricaricandola in diversi periodi dell’anno in diverse porzioni dell’asta fluviale, e costituisce un<br />

ulteriore elemento idrologico del sistema in studio.<br />

Di contro, le suddette cartografie non hanno dettaglio sufficiente a delineare i rapporti<br />

tra le acque superficiali del bacino lacustre e le acque sotterranee della falda freatica. Studio<br />

Nolledi (2003) sostiene che nelle aree di bonifica il sistema converge verso alcune depressioni<br />

piezometriche connesse con il funzionamento delle idrovore; in conseguenza di ciò si determina<br />

un richiamo di acque sotterranee dai corpi idrici di acque alte (lago e canali di acque alte). In<br />

AQUATER (1980), invece, si ritiene che la presenza di una barriera impermeabile artificiale,<br />

presumibilmente l’arginatura, impedisca gli scambi tra lago e falda. È da rilevare infine che in<br />

letteratura sono quasi assenti, ad eccezione di quelle citate, informazioni sulle relazioni tra le<br />

acque superficiali del bacino lacustre e del reticolo di bonifica e le acque sotterranee della falda<br />

freatica.<br />

32


L’acquifero freatico è nelle zone contermini al lago soggetto a salinizzazione. Se già in<br />

AQUATER (1980), Marchisio e D’Onofrio (1997) e Autorità di Bacino del Fiume Serchio<br />

(2007) si riteneva poco probabile una comunicazione specchio lacustre e mare attraverso la<br />

falda, Spandre e Meriggi (1997) riferiscono questa salinizzazione alla risalita delle acque<br />

salmastre attraverso il Canale Burlamacca e quindi ad un loro passaggio nell’acquifero dal<br />

laghetto di <strong>San</strong> Rocchino. Di contro, escludono un passaggio diretto di acque salmastre dal fondo<br />

del lago all’acquifero. Geotecno (1975), AQUATER (1980) e Studio Nolledi (2003) non<br />

escludono comunque la presenza di corpi idrici sotterranei relitti a salinità più elevata, legati alla<br />

genesi del sistema in analisi, con parziale miscelazione con acque dolci.<br />

La carta della conducibilità elettrica delle acque superficiali e sotterranee (Fig. 2.12)<br />

presentata dall’Autorità di Bacino del Fiume Serchio (2007), oltre a suggerire le relazioni<br />

esistenti tra le acque superficiali del bacino lacustre e le acque sotterranee dell’acquifero freatico,<br />

pone in evidenza l’importanza delle ex-cave di sabbia silicea ad ovest di Viareggio quali punti di<br />

immagazzinamento e distribuzione di acque a salinità elevata.<br />

Fig. 2.12 - Carta della conducibilità elettrica delle acque superficiali e sotterranee (da Autorità di<br />

Bacino del Fiume Serchio, 2007).<br />

33


E’ documentata la presenza del cuneo salino lungo la costa solo nelle aree comprese tra<br />

Torre del Lago e Lido di Camaiore; è quindi evidente come l’acquifero presente nella duna<br />

costiera sia limitato a ovest da un potenziale fronte salino e ad est da una salinizzazione in atto,<br />

che è anche causa di salinizzazione dell’acquifero nell’entroterra. Già in AQUATER (1980) si<br />

evidenzia come sia assolutamente da evitare il pompaggio in zona dunale per non compromettere<br />

la funzione di barriera idraulica esercitata dalla lente di acqua dolce nella duna costiera. In<br />

Studio Nolledi (2003) si riporta infine la possibilità che l’aumento di salinità nel lago vada ad<br />

ostacolare la flocculazione dei colloidi sospesi, aggravando i processi di eutrofizzazione in corso<br />

ed il caso dell’Idrovora della Sassaia, a nord della Gora di Stiava, che, favorendo la risalita di<br />

acque salmastre lungo i canali, fin dagli anni ‘70 fu identificata come una delle cause principali<br />

dell’area di crisi della bonifica di Viareggio – Massarosa.<br />

Il bilancio idrico del Bacino del Lago di Massaciuccoli. Analizzando la letteratura<br />

sull’argomento di cui all’oggetto, appare evidente l’assenza di dati quantitativi affidabili e<br />

recenti circa le portate delle sorgenti, le portate emunte dai sistemi di bonifica, le portate in<br />

transito attraverso sezioni di torrenti o canali verso il lago e/o verso il mare nei diversi periodi<br />

dell’anno. Se spesso sono reperibili numerosi dati per il periodo precedente la seconda guerra<br />

mondiale e immediatamente successivo, a partire dagli anni ‘70-’80, nonostante i numerosi studi<br />

effettuati, gran parte dei dati reperibili è a carattere squisitamente qualitativo. Disponendo solo di<br />

dati relativi ad un intervallo temporale non adeguatamente esteso, o in <strong>completa</strong> assenza degli<br />

stessi, è praticamente impossibile validare il bilancio idrico/idrologico del bacino in studio con<br />

margini di sufficiente attendibilità, qualunque sia la metodologia con cui questo venga realizzato.<br />

I bilanci realizzati in passato sono infatti alquanto variabili a seconda della metodologia<br />

e dell’epoca dello studio effettuato: in Franceschi (1997) si riportano i risultati di quattro studi<br />

effettuati tra il 1973 ed il 1990 in cui si evidenziano valori variabili tra 56 Mm 3 /anno (Regione<br />

Toscana, 1973) e 41.6 Mm 3 /anno (Duchi et al., 1990); AQUATER (1980) presenta i risultati di<br />

uno studio di modellistica numerica al fine della definizione del bilancio idrico effettuato sul<br />

bacino di Massaciuccoli in stato stazionario dividendo l’anno idrologico in un periodo di<br />

morbida ed in un periodo di magra. I risultati di tale studio sono riportati in Tabella 2.4 e riferiti<br />

ai termini di ricarica e recapito dell’acquifero freatico. E’ evidente che i dati presentati, seppure<br />

offrano una modalità innovativa, per il tempo, di determinazione dei termini di ingresso e uscita<br />

del bilancio, appaiono parziali e di scarso utilizzo, quando anche non discutibili nei valori<br />

proposti. In Autorità di Bacino del Fiume Serchio (2007) è riportato in dettaglio lo studio per la<br />

definizione del bilancio idrico. Gli Autori di tale studio concludono che il deficit idrico attuale<br />

34


del bacino del Lago di Massaciuccoli corrisponde ad un valore compreso tra 30 e 35 Mm 3 /anno.<br />

Definiscono inoltre il volume d’acqua minimo vitale per il bacino in circa 69.7 Mm 3 /anno.<br />

Periodo<br />

Magra (l/s) Morbida (l/s)<br />

Ricarica pedemontana 873 873<br />

Ricarica legata alle precipitazioni 0 673<br />

Ricarica irrigua 31 0<br />

Da Lago di Massaciuccoli verso Burlamacca 50 30<br />

Drenaggio acquifero da parte del Serchio 138 224<br />

Alimentazione acquifero da parte del Serchio 40 7<br />

Infiltrazione lungo Canale Burlamacca 82 57<br />

Recapito a mare dell’acquifero costiero 40 208<br />

Prelievi civili 170 170<br />

Prelievi industriali 49.5 49.5<br />

Scambi connessi con la bonifica 754 1057<br />

Tab. 2.4 - Valori di ricarica e recapito per l’acquifero freatico del bacino di Massaciuccoli (da<br />

AQUATER, 1980).<br />

2.5 - La pedologia e i terreni agrari<br />

Da un punto di vista pedologico, il comprensorio di studio appare disomogeneo,<br />

risentendo, nella porzione meridionale e settentrionale, rispettivamente dell’influenza delle<br />

alluvioni del Serchio e del fiume Camaiore, mentre nella sua porzione centrale soprattutto<br />

dell’influenza del sistema lacustre. Negli estremi nord e sud del bacino i terreni sono infatti di<br />

natura alluvionale, a tessitura franco-sabbiosa, mentre allontanandosi dall’asse fluviale ed<br />

avvicinandosi al lago diminuisce la componente sabbiosa e si ritrovano terreni a tessitura francoargillosa<br />

e progressivamente idromorfi e torbosi, originatisi in seno al sistema lacustre stesso,<br />

nelle epoche precedenti alla bonifica.<br />

Per la descrizione delle principali caratteristiche agronomiche si è fatto riferimento in<br />

parte al lavoro di Scagnozzi e Levi-Minzi, (1997) e principalmente allo studio di Silvestri et al.<br />

(2003), entrambi consistiti in estensive campagne di campionamento dei terreni agrari, il primo<br />

relativo ai sotto-bacini di bonifica di Vecchiano e Massaciuccoli ed il secondo ad un’area più<br />

ampia comprendente le Tenute Storiche del <strong>Parco</strong> di S. Rossore-<strong>Migliarino</strong>-Massaciuccoli.<br />

Tuttavia la superficie complessiva investita dai due studi, non copre l’intero bacino del lago;<br />

dalle indagini rimangono infatti esclusi il sottobacino di Massarosa e parte del sottobacino a<br />

drenaggio naturale (esclusa l’area agricola di <strong>Migliarino</strong>) che si trova lungo il fiume Serchio.<br />

Nella porzione sud del bacino (sotto-bacini di bonifica di Vecchiano e Massaciuccoli e<br />

area agricola di <strong>Migliarino</strong>), secondo gli studi citati, la maggior parte dei terreni più meridionali,<br />

risulta di tessitura sabbioso-franca, limoso-franca o franca; si tratta quindi di terreni<br />

35


tendenzialmente sciolti. Decisamente meno rappresentati risultano i terreni più pesanti, limoargilloso-franchi<br />

ed argilloso-franchi; la reazione è generalmente da neutra a sub-alcalina.<br />

Avvicinandosi al lago, il contenuto di argilla progressivamente aumenta e si incontrano terreni<br />

alluvionali profondi e piuttosto eterogenei, con prevalenza, dapprima, di terreni franchi, seguiti<br />

da terreni limo-argilloso-franchi ed argilloso-franchi e, quindi, da terreni tipicamente torbosi, in<br />

cui il contenuto di argilla diminuisce di nuovo all’aumentare del contenuto di sostanza organica<br />

evidenziando tessiture apparentemente più sciolte (sabbioso-franca e franco-sabbiosa). Questi<br />

terreni hanno una reazione da sub-alcalina a sub-acida, con una discreta presenza di terreni acidi<br />

laddove la concentrazione di sostanza organica è più elevata.<br />

Esiste quindi un netto gradiente di concentrazione di sostanza organica, crescente in<br />

direzione sud-nord: si passa infatti da dotazioni del tutto usuali, collocate nell’intervallo 1.5-3%,<br />

nelle alluvioni lungo il Serchio a percentuali intorno al 5-10% nella porzione centrale del<br />

comprensorio ed a valori superiori al 10%, nella fascia limitrofa al lago, che consentono di<br />

collocare a pieno titolo questi ultimi suoli nella categoria degli organici (Fig. 2.13). Tali valori<br />

sono tipici di terreni sviluppati su torbe eutrofiche di pianura evolute in condizioni di clima<br />

temperato-mediterraneo.<br />

Dal punto di vista della dotazione in elementi nutritivi si nota che il contenuto di azoto<br />

totale è sostanzialmente legato alla dotazione di sostanza organica, ed inevitabilmente mostra lo<br />

stesso andamento spaziale, con valori da elevati (1-5‰) a decisamente elevati (>5‰), nell’area<br />

caratterizzata dai suoli torbosi e dotazioni nella norma (1-1.5‰) o anche deficitarie (0.5-1‰)<br />

nell’area più meridionale.<br />

Per quanto riguarda il fosforo, si registra in generale una insufficienza (P < 10 ppm) o<br />

limitata disponibilità (10 ppm < P < 20 ppm) dell’elemento nei suoli acidi (metodo Bray-Kurtz),<br />

mentre nei terreni neutri o sub-alcalini (metodo Olsen) le concentrazioni diventano più elevate<br />

facendo segnare, in diversi casi, valori corrispondenti a classi di soddisfacente dotazione (20<br />

ppm < P < 25 ppm) a addirittura superiori (P > 25 ppm).<br />

36


Fig. 2.13 - Distribuzione spaziale della sostanza organica nei suoli dei sottobacini a sud del lago.<br />

Circa invece il territorio della porzione nord del bacino, lo studio di Silvestri et al.<br />

(2003) ha indagato l’area agricola dei sottobacini di Portovecchio e Quiesa per una superficie<br />

pari a 317 ha. In entrambi i suddetti comprensori i suoli presentano una sostanziale omogenità<br />

delle classi di granulometria con una forte prevalenza di suoli sabbioso-franchi (ed in secondo<br />

luogo franchi) e solo in minima parte di franchi-sabbioso-argillosi. Anche in questo caso, per<br />

quanto riguarda la sostanza organica del terreno si osserva un gradiente crescente avvicinandosi<br />

al lago, fino a raggiungere valori paragonabili a quelli riscontrati in precedenza (Fig. 2.14).<br />

La reazione dei suoli segue lo stesso trend passando da alcalina a sub-acida e ad acida<br />

nelle immediate prossimità del lago ed anche per quanto riguarda le dotazioni di azoto sono<br />

valide le stesse considerazioni fatte per i suoli collocati immediatamente a sud del lago.<br />

Relativamente al fosforo nei suoli acidi e sub-acidi (metodo Bray-Kurtz) si registrano ancora<br />

condizioni di scarsa (P < 10 ppm) o limitata dotazione (10 ppm < P < 20 ppm), mentre nei terreni<br />

neutri o sub-alcalini l’elemento risulta più disponibile in relazione proprio diversa reazione del<br />

terreno (metodo Olsen).<br />

37


Fig. 2.14 - Distribuzione spaziale della sostanza organica nei suoli dei sottobacini di Portovecchio e<br />

Quiesa.<br />

38


3 - Le attività svolte<br />

Come appare evidente dalla trattazione riportata nel precedente capitolo il comprensorio<br />

di riferimento risulta vasto e variegato presentando, sia dal punto di vista idrologico che sotto il<br />

profilo dell’organizzazione del territorio, caratteristiche decisamente eterogenee. Preso atto di<br />

quanto sopra, in considerazione del preminente interesse agricolo del progetto di ricerca si è però<br />

deciso di privilegiare soprattutto la parte meridionale del bacino idrografico del Lago -<br />

decisamente la più coltivata all’interno del bacino stesso - scegliendo di concentrarvi la maggior<br />

parte degli sforzi cognitivi ed analitici che altrimenti sarebbero stati diluiti su una superficie<br />

eccessivamente vasta.<br />

Come in precedenza accennato, l’area è identificabile con tre sottobacini: le due<br />

bonifiche a scolo meccanico di Vecchiano e di Massaciuccoli ed il sottobacino a scolo naturale<br />

del canale Separatore, che assieme vanno a costituire quello che era il territorio di competenza<br />

dell’ex Consorzio di Bonifica di Massaciuccoli. Inoltre, la zona meridionale è stata da sempre<br />

considerata la più critica per la conservazione degli equilibri naturali del lago e – molto spesso -<br />

quella maggiormente responsabile dei fenomeni di alterazione ambientale eventualmente<br />

riconducibili all’esercizio dell’agricoltura.<br />

Per realizzare una valutazione dei fenomeni indagati riferibile all’intero bacino del lago<br />

è stato quindi necessario operare un’estrapolazione dei dati effettivamente rilevati. Questa<br />

operazione di trasposizione è tutt’altro che esente da limiti, presupponendo - inevitabilmente -<br />

l’esistenza di una sostanziale identità fra la struttura ed il funzionamento dei sistemi colturali<br />

presenti all’interno dell’area indagata e quelli esistenti nell’intero comprensorio di riferimento.<br />

Di contro, se è vero che l’adozione di un tale procedimento introduce inevitabilmente alcuni<br />

elementi di incertezza nell’estendere all’intero bacino considerazioni formulate sulla base di<br />

rilievi riferiti solo ad una porzione dello stesso, occorre anche considerare che la base<br />

conoscitiva utilizzata nello studio appare oggettivamente assai estesa e presumibilmente molto<br />

rappresentativa dell’universo indagato; inoltre, le differenze ambientali (clima, terreno, capacità<br />

tecniche ed economiche dell’agricoltore, ecc.) seppure talvolta non trascurabili, non sembrano<br />

tali da produrre difformità significative nella natura dei fenomeni indagati.<br />

A conferma di quanto detto si può esaminare la tabella 3.1 che è stata costruita<br />

utilizzando i dati disponibili all’inizio della ricerca, derivati da conoscenze pregresse e dai<br />

risultati del Progetto UE Corine Land-Cover relativo all’anno 2000.<br />

Appare evidente che l’incidenza della superficie agricola nel caso dell’area meridionale<br />

risulta decisamente più elevata (quasi doppia) rispetto a quella rilevata negli altri comprensori.<br />

39


Inoltre dall’esame dei dati si ricava che la superficie agricola utilizzata presente nella porzione<br />

meridionale costituisce oltre il 38% ed oltre il 50% delle superfici coltivate complessivamente<br />

presenti, rispettivamente, all’interno dei confini idrogeologici e idrografici del bacino del lago,<br />

dimostrando quindi di possedere dimensioni adeguate a rappresentare il ventaglio delle tipologie<br />

agricole riscontrabili nel comprensorio.<br />

comprensorio superficie territoriale superficie agricola incidenza (%)<br />

(ha)<br />

(ha)<br />

bacino idrogeologico 15368 6864 44.7<br />

bacino idrografico 11430 5151 45.1<br />

area meridionale 3045 2628 86.3<br />

Tab. 3.1 - Dimensioni territoriali ed agricole dei comprensori di riferimento<br />

hanno riguardato:<br />

Ciò premesso, in estrema sintesi le attività svolte nel corso del biennio di progetto<br />

- il monitoraggio quantitativo delle acque superficiali e sotterranee al fine di una migliore<br />

comprensione dell’andamento dei deflussi delle acque e di una revisione del bilancio<br />

idrologico del lago;<br />

- il monitoraggio qualitativo delle acque superficiali e sotterranee (queste ultime<br />

limitatamente ad una campagna di prelievi) al fine di individuare le possibili sorgenti di<br />

nutrienti e il contributo che poteva essere associato alle diverse zone dell’area<br />

meridionale;<br />

- le tipologie agricole e l’uso del suolo al fine di caratterizzare i modelli di produzione<br />

agricola, di descriverne l’evoluzione subita nel corso degli ultimi anni e di verificarne la<br />

correttezza agronomica;<br />

- i consumi idrici delle colture al fine di definire l’entità dei consumi di acqua in<br />

agricoltura, valutarne il livello di efficienza e verificare l’utilità di possibili scenari<br />

alternativi;<br />

- la sperimentazione in campo di comportamenti tecnici alternativi a quelli usualmente<br />

adottati dagli agricoltori del comprensorio al fine di valutarne l’efficacia agronomica, la<br />

convenienza economica e la percorribilità in termini di organizzazione aziendale.<br />

3.1 - Il monitoraggio quantitativo delle acque superficiali e sotterranee<br />

Nella letteratura pregressa (Spandre e Meriggi, 1997, e Franceschi, 1997) si pone<br />

l’attenzione sulla necessità di quantificare i volumi conferiti al lago dagli impianti idrovori e<br />

40


dall’area a scolo naturale e di un monitoraggio omogeneo e continuo nel tempo che permetta il<br />

controllo delle variabili idrologiche del sistema si da poter mettere in atto azioni di risanamento<br />

efficaci. Le attività svolte nel presente progetto hanno avuto pertanto l’obiettivo non solo di<br />

ottenere dati attendibili basati sulla misura diretta delle variabili idrologiche, ma anche di<br />

preparare elaborazioni che, oltre a fornire risultati per il presente progetto, vadano a costituire<br />

strumenti per la successiva gestione delle acque nell’area studiata. Le attività sinteticamente<br />

descritte in questo capitolo sono estesamente discusse nell’Allegato 2, mentre i principali<br />

risultati sono riportati nel Capitolo 4.1.<br />

I principali obiettivi dell’analisi idrologica/idrogeologica sono stati quelli di:<br />

- fornire delle stime dei volumi di acqua conferiti dalle bonifiche al sistema lago e dei flussi in<br />

transito nel tempo in alcuni sottobacini del dominio di studio al fine di permettere valutazioni<br />

sulla massa di fosforo conferita al lago e sulla sua provenienza;<br />

- valutare il bilancio idrico del lago nel periodo di maggiore stress, ovvero nel periodo estivo;<br />

- restituire dati necessari alla valutazione della congruenza della fornitura irrigua con i reali<br />

bisogni delle colture.<br />

Al fine di raggiungere gli obiettivi sopra elencati si sono svolte una serie di attività atte<br />

a raccogliere dati diretti ed indiretti sulle variabili del ciclo idrologico. Queste sono consistite:<br />

- nella raccolta di dati pregressi;<br />

- in osservazioni di campagna;<br />

- nel rilievo delle correntometrie di alcuni corsi d’acqua per la determinazione delle portate;<br />

- nel rilievo del campo di moto delle acque sotterranee dell’acquifero superficiale;<br />

- nella definizione del modello concettuale idrologico del sistema delle acque superficiali e<br />

sotterranee;<br />

- nella elaborazione dei dati raccolti per mezzo di analisi idrologiche e tecniche di modellistica<br />

numerica del flusso delle acque sotterranee.<br />

Nel corso del progetto sono stati quindi reperiti i seguenti dati pregressi:<br />

- andamento del reticolo idrografico georiferito (Consorzio di Bonifica Versilia-Massaciuccoli);<br />

- rilievo LIDAR del territorio del Bacino di Massaciuccoli (Autorità di Bacino del Fiume<br />

Serchio);<br />

- serie storiche idrologiche (Autorità di Bacino del Fiume Serchio e Servizio Idrologico<br />

<strong>Regionale</strong>);<br />

- banca dati georiferita dei pozzi (Provincia di Pisa e Provincia di Lucca);<br />

- stratigrafie presenti nel dominio di studio (Provincia di Pisa, Provincia di Lucca e SIRA);<br />

- banca dati georiferita delle sorgenti (Autorità di Bacino del Fiume Serchio);<br />

41


- cartografia geologica georiferita (Regione Toscana);<br />

- informazioni sulle portate sollevate dalle idrovore nel tempo (Franceschi, 1997);<br />

- portate immesse dagli impianti di depurazione di <strong>Migliarino</strong> e Vecchiano nel reticolo<br />

idrografico (Acque Ingegneria Spa).<br />

A questi dati si sono quindi aggiunti i dati derivanti dalle attività svolte nel corso del<br />

progetto. Osservazioni dirette sono state effettuate per la verifica della rete di deflusso e della sua<br />

funzionalità (Fig 3.1), con particolare attenzione alla presenza di acqua nei canali ed alla<br />

direzione di deflusso, ove rilevabile, nei vari mesi del monitoraggio.<br />

Circa l’acquisizione delle portate, le sezioni monitorate sono state scelte sulla base della<br />

disposizione dei punti di campionamento delle acque superficiali (si veda il paragrafo 3.2) e<br />

definendo sottobacini che fossero significativi dei diversi assetti colturali su diversi tipi di suolo<br />

per la definizione dei bilanci idrologici e dei relativi bilanci di massa. Le sezioni monitorate sono<br />

state individuate, ove possibile, in corrispondenza di tratti di canale rettilinei a monte e a valle<br />

della sezione, con geometria regolare, vegetazione poco sviluppata, assenza di brusche variazioni<br />

o ostacoli sul fondale.<br />

Per la determinazione dei deflussi nei canali, a causa delle basse velocità raggiunte dalle<br />

acque superficiali nei periodi non piovosi, non è stato possibile utilizzare un comune<br />

correntometro ad elica (come ad es. in Spandre e Meriggi, 1997). Si è quindi optato per un<br />

correntometro elettromagnetico (Flow Sensor Nautilus C 2000; OTT Messtechnik GmbH, 2008a)<br />

nel caso del primo monitoraggio (10-11 luglio 2008) e successivamente per un sistema di<br />

acquisizione ADC (Acoustic Digital Current Meter; OTT Messtechnik GmbH, 2008b) per<br />

l’esecuzione dei rilievi seguenti (effettuati nel periodo settembre 2008 - novembre 2009). Queste<br />

tipologie di strumenti permettono di misurare velocità di deflusso fino a 10 -3 m/s. In particolare,<br />

per l’esecuzione delle misure sono state seguite le raccomandazioni della norma ISO:748<br />

Measurement of liquid flow in open channels - Velocity area methods (2007). In Figura 3.2 sono<br />

riportate le sezioni alle quali sono state effettuate le misure correntometriche.<br />

42


Fig. 3.1 - Andamento del reticolo idrografico del settore meridionale del bacino di Massaciuccoli (da Consorzio di Bonifica Versilia-Massaciuccoli) e punti di osservazione<br />

43


Fig. 3.2 - Andamento del reticolo idrografico del settore meridionale del bacino di Massaciuccoli (da Consorzio di Bonifica Versilia-Massaciuccoli) e sezioni correntometriche.<br />

44


Sulla base dei dati presenti negli archivi reperiti circa i pozzi presenti nell’area di studio,<br />

e di un controllo effettuato in campagna circa la reale possibilità di utilizzo per il monitoraggio,<br />

sono stati acquisiti più di 40 punti d’acqua relativi all’acquifero superficiale (Fig. 3.3) e si è<br />

proceduto alla realizzazione di 6 campagne freatimetriche utilizzando un freatimetro BFK<br />

(PASI) per la definizione dell’andamento della falda superficiale. Le campagne di monitoraggio<br />

sono state eseguite in data:<br />

- 29 giugno - 1 luglio 2008<br />

- 28-30 ottobre 2008<br />

- 22 giugno - 15 luglio 2009<br />

- 3-6 agosto 2009<br />

- 15-16 ottobre 2009<br />

- 17-18 novembre 2009.<br />

In particolare in corrispondenza delle campagne del 22 giugno - 15 luglio 2009 e di<br />

agosto 2009 sono state eseguite anche determinazioni dei parametri di conducibilità elettrica, pH<br />

e ossigeno disciolto. Nella campagna del 22 giugno - 15 luglio 2009, svolta in collaborazione con<br />

ARPAT Toscana ed i Dipartimenti ARPAT di Pisa e Lucca, è stato infine effettuato il<br />

monitoraggio qualitativo di una serie di punti relativi alle acque dell’acquifero superficiale su<br />

tutto il bacino (Fig. 3.4). In tale occasione, sono state inoltre eseguite alcune prove di pozzo per<br />

la determinazione dei parametri idrodinamici dell’acquifero superficiale.<br />

Tutti i dati acquisiti con le metodologie precedentemente illustrate sono stati elaborati<br />

per mezzo di analisi idrologiche e modelli numerici del flusso delle acque sotterranee al fine di<br />

definire:<br />

- i volumi conferiti dalle idrovore e dall’area a scolo naturale al lago;<br />

- i bilanci idrologici dei sottobacini di bonifica e di porzioni degli stessi.<br />

I volumi di acqua conferiti al lago dalle idrovore o direttamente dal Canale Barra-<br />

Barretta sono essenzialmente costituiti da due termini:<br />

- un termine relativo al ruscellamento superficiale, di rilevante importanza in terreni a bassa<br />

permeabilità e nei periodi subito successivi alle precipitazioni (generalmente 48-72 ore);<br />

- un termine denominato deflusso di base, relativo all’alimentazione dei canali da parte della<br />

falda acquifera superficiale e di rilevante importanza nei periodi successivi alle precipitazioni ed<br />

in aree con reticolo di dreni ben sviluppato come nel caso del dominio geografico in analisi.<br />

45


Fig. 3.3 – Carta dei pozzi e punti d’acqua monitorati per la definizione del campo di moto delle acque sotterranee.<br />

46


Fig. 3.4 - Monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee effettuato in collaborazione con ARPAT nei mesi di Giugno-Luglio 2009.<br />

47


E’ stato pertanto necessario individuare i due termini definendo mensilmente per<br />

ciascun bacino il coefficiente di deflusso superficiale, ovvero il rapporto tra i volumi di acqua<br />

ruscellati superficialmente e le piogge cadute sul bacino, ed il deflusso di base, utilizzando nel<br />

primo caso tecniche di analisi idrologica e nel secondo un modello numerico del flusso delle<br />

acque sotterranee.<br />

La prima analisi ha riguardato l’individuazione, per ciascun sottobacino della bonifica<br />

meridionale, di porzioni rappresentative chiuse ad una sezione correntometrica alla quale sono<br />

state effettuate più misure di portata. A ciascuna di queste porzioni per mezzo del metodo Curve<br />

Number (SCS, 1972), validato utilizzando semplici relazioni analitiche tra le portate misurate e<br />

le precipitazioni, si è stimato il coefficiente di deflusso superficiale. Le porzioni scelte,<br />

considerate rappresentative di tutto il sottobacino in cui sono incluse, sono raffigurate in Figura<br />

3.5 a/b/c/d. I coefficienti di deflusso ottenuti sono stati utilizzati per valutare i volumi di acqua<br />

ruscellati superficialmente nelle porzioni in analisi, nei sottobacini di bonifica e nell’area a scolo<br />

naturale. Il termine relativo al deflusso di base è stato quantificato implementando un modello<br />

numerico del flusso dell’acquifero superficiale per mezzo del codice numerico MODFLOW-<br />

2000 (Harbaugh et al., 2000).<br />

Infine, sulla base dei dati ottenuti dalle elaborazioni e dei dati reperiti attraverso la<br />

letteratura è stato preparato un bilancio idrologico per un periodo estivo medio di 100 giorni del<br />

Lago di Massaciuccoli e delle aree palustri contermini. I dati meteorologici utilizzati sono<br />

relativi al decennio 2000-2009. Per ogni anno si è valutata la perdita di volume di acqua dal<br />

bacino lacustre partendo da un livello del lago pari a 0 m s.l.m. fino al raggiungimento del<br />

minimo battente idraulico nell’anno idrologico investigato; i valori ottenuti sono stati mediati sul<br />

periodo decennale considerando campo di variazione del 10% rispetto al valore delle perdite<br />

riferite alla stagione estiva nel periodo considerato.<br />

48


a b<br />

c d<br />

Fig. 3.5 - a) Porzione del sottobacino di Vecchiano chiusa alla sezione FLAS1; b) porzione del sottobacino di Vecchiano chiusa alla sezione FLAS14; c) porzione del sottobacino di Massaciuccoli chiusa alla sezione FLAS8; d)<br />

porzione dell’area a scolo naturale chiusa alla sezione FLAS16.<br />

49


3.2 - Il monitoraggio qualitativo delle acque superficiali<br />

Il reticolo superficiale delle acque del bacino è stato sottoposto a campionamento al fine di<br />

consentire una adeguata caratterizzazione delle condizioni di contaminazione da fosforo secondo<br />

uno schema distribuito che consentisse di monitorare l’intera area meridionale.<br />

Sono stati identificati in tutto 14 punti di campionamento (in corrispondenza di altrettanti<br />

canali) nei tre sotto-bacini dell’area meridionale (Fig. 3.6) scelti e posizionati in modo tale che<br />

rispondessero a tre criteri principali: (i) isolare il contributo delle eventuali sorgenti puntiformi di<br />

fosforo, (ii) tracciare il percorso del nutriente fino al lago, (iii) discriminare, per quanto possibile, gli<br />

apporti dei diversi sistemi culturali che insistono sul bacino.<br />

Fig. 3.6 - Collocazione dei 14 punti di campionamento nell’area di studio.<br />

50


I punti identificati sono quindi i seguenti:<br />

• due punti in corrispondenza degli scarichi dei depuratori di <strong>Migliarino</strong> (AS2) e di Vecchiano<br />

(AS5), ricadenti, il primo, nel sottobacino di Vecchiano e l’altro nel sottobacino a scolo<br />

naturale;<br />

• due punti localizzati all’entrata ed all’uscita dell’idrovora di Vecchiano (rispettivamente AS12<br />

e AS11), allo scopo di isolare un possibile effetto sulla speciazione del fosforo dovuto<br />

all’azione delle idrovore (ad es. risolubilizzazione del fosforo precipitato o desorbimento);<br />

• un punto localizzato all’entrata dell’idrovora di Massaciuccoli (AS9);<br />

• due punti posti a monte e a valle della zona industriale di <strong>Migliarino</strong> (AS3 e AS6),<br />

rispettivamente sulla Traversagnola e sul fosso Gorello, allo scopo di isolare eventuali<br />

sorgenti di inquinamento puntiforme presenti all’interno di quest’area;<br />

• i restanti sette, collocati lungo il fosso delle Bugie (AS1), il canale Separatore (AS4), il fosso<br />

Reale (AS7), il collettore di Vecchiano (AS14 e AS13), il collettore di Massaciuccoli (AS8) e<br />

il canale Barra (AS10), che drenano acque provenienti da zone prevalentemente agricole.<br />

Fig. 3.7 - Collocazione dei 7 punti di campionamento nel lago e i suoi immissari\emissari.<br />

51


I 14 punti sono stati campionati a cadenza mensile; tale frequenza è stata considerata il<br />

miglior compromesso tra le risorse disponibili e la necessità di pervenire ad un monitoraggio<br />

discontinuo, ma temporalmente rappresentativo dei fenomeni di interesse. Ai 14 appena descritti<br />

sono stati aggiunti 7 punti per includere nel monitoraggio anche lo specchio d’acqua del lago e i<br />

principali canali a questo idrograficamente connessi (Fig. 3.7), con lo scopo di caratterizzare<br />

meglio l’idrochimica dell’intero sistema lacustre. Questi sono stati localizzati uno nel centro del<br />

lago (L15) e gli altri sei alla foce dei principali immissari/emissari e precisamente: lungo la<br />

Fossa Nuova (L2), il Fosso Le Quindici (L18), i Canali Burlamacca (L7), la Barra (L12), il<br />

canale che riceve le acque dall’idrovora di Quiesa (L6) ed uno sito a nord-ovest nelle vicinanze<br />

di Torre del Lago (L9); questi 7 punti sono stati campionati a cadenza bimestrale.<br />

Nel corso dell’anno di monitoraggio i 14 punti di campionamento originari sono stati<br />

portati a 16, con l’aggiunta di un punto sul canale Separatore (AS15) ed uno subito a valle del<br />

depuratore di <strong>Migliarino</strong> (AS16) nel canale Barra-Barretta, nel tentativo di correlare più<br />

correttamente le zone di pertinenze con il chimismo delle acque.<br />

La campagna di monitoraggio è iniziata a febbraio 2008 e si è conclusa a febbraio 2009,<br />

per un totale di 12 campionamenti ed oltre 200 campioni analizzati. Per il prelievo dei campioni<br />

d’acqua è stato utilizzato come campionatore una bottiglia a strappo, realizzato fissando ad un’asta<br />

una bottiglia in polietilene (PE) da 1 litro munita di tappo di gomma estraibile che veniva calata<br />

chiusa alla profondità di campionamento (circa 10 cm dalla superficie per i canali, circa 30 cm per il<br />

lago) ed aperta manualmente. Il prelievo dei campioni nei canali è stato fatto dalle sponde, mentre<br />

per il lago è stato effettuato da una imbarcazione. Ad ogni sito campionato, la bottiglia e il tappo<br />

sono stati ripetutamente avvinati con l’acqua del campione stesso, al fine di evitare possibili<br />

contaminazioni tra i vari campioni prelevati. Più aliquote da 1 litro sono state prelevate per formare<br />

un campione medio di circa 5 litri. Questo campione composito è stato poi utilizzato per le analisi di<br />

campo o imbottigliato, filtrato e/o acidificato per le analisi di laboratorio nelle bottiglie etichettate e<br />

pretrattate come mostrato in Tabella 3.2.<br />

Le bottiglie, eccetto quelle per l’analisi del carbonio totale disciolto (DOC) e del carbonio<br />

organico totale (TOC) sono state avvinate più volte e poi riempite all’orlo per evitare il contatto con<br />

l’aria. I contenitori in vetro per le analisi relative al TOC e DOC sono stati lavati con una soluzione<br />

di acido solforico diluito e messi in stufa a 500°C per 4 ore, con lo scopo di eliminare qualsiasi<br />

residuo di carbonio organico. La filtrazione è stata effettuata mediante l’impiego di membrane<br />

filtranti monouso in acetato di cellulosa (porosità 0.45 µm) applicabili a siringhe. Ogni aliquota di<br />

campione prelevata è stata mantenuta in frigoriferi portatili ad una temperatura tra 2° e 6°C e<br />

successivamente conservata in frigo a 4°C prima di essere analizzata.<br />

52


Per ogni campionamento è stata realizzata una scheda in cui sono state riportate data e ora<br />

di campionamento, nome e codice del sito, coordinate geografiche, condizioni meteorologiche ed<br />

eventuali osservazioni supplementari.<br />

Su tutti i campioni è stata effettuata in campo l’analisi dei seguenti parametri chimicofisici:<br />

temperatura dell’aria e dell’acqua, pH, conducibilità, ossigeno disciolto, alcalinità, colore,<br />

odore e, nel caso delle acque del lago, profondità del disco Secchi. Per i canali sono stati usati un<br />

pHmetro ed un conducimetro portatili (Oakton-Eutech Instruments), mentre per il lago è stata<br />

utilizzata una sonda multiparametrica (OCEAN-SEVEN). Per l’ossigeno disciolto è stato usato in<br />

entrambi i casi un ossimetro portatile (AQUALYTIC ® ).<br />

I parametri chimici analizzati in laboratorio invece sono stati i seguenti: calcio (Ca 2+ ),<br />

magnesio (Mg 2+ ), sodio (Na + ), potassio (K + ), cloro (Cl - ), solfati ( SO ), bromo (Br - ), azoto<br />

ammoniacale (N- NH ), azoto nitrico (N- NO ), azoto nitroso (N- NO ), fosforo ortofosfato (P-<br />

+<br />

4<br />

-<br />

3<br />

---<br />

PO<br />

4<br />

), boro (B), fosforo totale (P tot), azoto totale (N tot), carbonio organico disciolto (DOC),<br />

carbonio organico totale (TOC), fosforo biodisponibile (P bio), clorofilla a (Chla) e Solidi Totali<br />

Sospesi (TSS).<br />

Specie Contenitore Aliquota minima di Procedure di stabilizzazione<br />

campione<br />

Ca ++ , Mg ++ Plastica 50 ml Filtrare a 0.45 e acidificare con<br />

HCl (1:1)<br />

Na + , K + , Cl - ,SO -- 4 , Plastica 125 ml Tal quale, refrigerare a 4°C<br />

NO - 3 , Br - , B<br />

NO - ---<br />

2 , PO 4 Vetro 100 ml Filtrare<br />

+<br />

NH4<br />

Vetro 50 ml Tal quale<br />

P tot, N tot, TOC Vetro 100 ml Acidificare con H 2 SO 4 1:1<br />

DOC Vetro 50 ml Filtrare e acidificare con H 2 SO 4<br />

1:1<br />

P biodisponibile Plastica 1000 ml Tal quale<br />

Clorofilla Plastica 1000 ml Tal quale<br />

Tab. 3.2 - Conservazione e pretrattamento del campione<br />

Di seguito vengono schematicamente riportati i metodi usati per le analisi chimiche<br />

eseguite, i rispettivi limiti di rilevabilità strumentale e la precisione dell’analisi (Tab. 3.3).<br />

La qualità dei dati analitici ottenuti è stata verificata tramite il bilancio ionico, che si<br />

basa sul principio di elettroneutralità delle soluzioni secondo cui, al termine di ogni analisi, si<br />

dovrebbe ottenere teoricamente l’uguaglianza tra la somma dei cationi e quella degli anioni,<br />

principali, espressi in eq/l o meq/l.<br />

-<br />

2<br />

--<br />

4<br />

53


specie metodo Strumento LD<br />

(mg/L)*<br />

Ca ++<br />

Mg ++<br />

Na +<br />

K +<br />

--<br />

SO 4<br />

-<br />

NO 3<br />

Cromatografia<br />

Ionica a<br />

soppressione<br />

chimica con<br />

rivelatore a cella<br />

conduttimetrica<br />

Cromatografo ionico mod. Dx- 600<br />

Colonna ION PAC AS4A<br />

come sopra Cromatografo ionico mod.Dx-100<br />

colonna ION PAC CS12A<br />

0.003<br />

0.0005<br />

0.002<br />

0.005<br />

0.35<br />

0.035<br />

0.11<br />

precisione<br />

Cl - Potenziometria Potenziografo “Methrom Herisau E536” 0.035 2.5%<br />

+<br />

NH Potenziometria Elettrodo a membrana “ISE” 0.01 5%<br />

4<br />

-<br />

NO Colorimetria Spettrofotometro UV-VIS “Perkin Elmer Lambda<br />

2<br />

1”<br />

0.4%<br />

6%<br />

4%<br />

10%<br />

1%<br />

1.5%<br />

3%<br />

0.01 2%<br />

3-<br />

PO Colorimetria Spettrofotometro UV-VIS “Perkin Elmer Lambda 1” 0.003 2%<br />

4<br />

B Colorimetria Spettrofotometro UV-VIS “Perkin Elmer Lambda 1” 0.03 2%<br />

P tot Colorimetria Spettrofotometro “Hach DR/2000” 0.05 5%<br />

N tot Colorimetria Spettrofotometro “Hach DR/2000” 1.25 10%<br />

TOC Colorimetria Spettrofotometro “Hach DR/2000” 6.5 13%<br />

DOC Colorimetria Spettrofotometro “Hach DR/2000” 6.5 13%<br />

Pbio Colorimetria Spettrofotometro “Hach DR/2000” 0.003 2%<br />

Tab. 3.3 - Tecniche e strumentazione utilizzate nelle analisi di laboratorio e relativo livello di precisione<br />

*LD: limite di detezione<br />

L’equazione di bilancio più comunemente usata in letteratura è la seguente:<br />

CBE = (∑ + - ∑ - )/(∑ + + ∑ - )·100<br />

dove:<br />

CBE = charge balance error (errore di bilanciamento delle cariche)<br />

∑ + =somma cationi in meq l -1<br />

Σ - = somma anioni in meq l -1<br />

L’analisi è stata considerata accettabile con un CBE ≤ 5%, in caso di valori eccedenti la<br />

soglia l’analisi è stata ripetuta fino al soddisfacimento questa condizione.<br />

Riguardo al campionamento dei terreni i punti di prelievo sono stati scelti facendo<br />

riferimento alla caratterizzazione di suoli già esistente, tenendo principalmente conto della<br />

distribuzione del contenuto in sostanza organica (Figg. 2.11 e 2.12). Per ogni sito è stata<br />

prelevata una carota di 60 cm, suddivisa in 2 sub-campioni: 0 a 30 cm e 30 a 60 cm. Il primo è<br />

da considerare rappresentativo delle condizioni di terreno lavorato, mentre il secondo fornisce<br />

indicazioni sullo strato che non ha subito inversioni meccaniche.<br />

54


I campioni sono stati prelevati con una sonda, dai bordi taglienti, di 15 cm di diametro.<br />

Ogni campione, vagliato a 2 mm, è stato fatto seccare a temperatura ambiente in laboratorio e<br />

omogeneizzato. Un sub-campione è stato prelevato per l’esecuzione delle analisi<br />

granulometriche (metodo USDA), mentre la parte restante è stata macinata e utilizzate per le<br />

determinazioni delle specie chimiche: carbonio totale e azoto totale mediante analizzatore<br />

elementare (EA1112 Thermo), composizione chimica totale dei maggiori (Ca, Na, Al, Si, K, Ti,<br />

Fe, Mn, P e Mg) mediante XRF, P assimilabile (metodi Olsen e Bray-Kurzt), pH (metodo<br />

potenziometrico), conducibilità (conducimetro), sostanza organica (Walkey-Black). Inoltre su<br />

ogni campione sono state effettuate le misure di umidità a 105%, perdita in peso a 550°C<br />

(LOI950) e 950°C (LOI950).<br />

3.3 - Le tipologie agricole e l’uso del suolo<br />

La caratterizzazione dei sistemi colturali adottati dagli agricoltori costituisce un<br />

presupposto indispensabile per l’individuazione di comportamenti agronomici più o meno<br />

sostenibili e rappresenta un elemento conoscitivo estremamente importante per la formulazione<br />

di proposte correttive in grado di razionalizzare l’esercizio dell’attività agricola. Solo<br />

un’approfondita conoscenza di tutti gli aspetti coinvolti (scelta delle colture e della loro<br />

successione, tecniche colturali, allevamenti, ecc.) può infatti permettere di analizzare la reale<br />

efficienza tecnico-economica dei processi produttivi in atto, consentendo di avanzare proposte<br />

capaci di razionalizzare il comportamento degli agricoltori.<br />

Purtroppo la cronica mancanza di dati riguardo alle modalità di gestione agricola del<br />

territorio, poco aggiornati e soprattutto riferiti a comprensori molto estesi ed eterogenei, limita<br />

fortemente la possibilità di procedere ad un’analisi critica dei modelli agricoli presenti. Si è reso<br />

quindi indispensabile, per caratterizzare adeguatamente l’area di studio, ricorrere al contatto<br />

diretto con gli agricoltori al fine di reperire da questi tutte le informazioni necessarie. Certamente<br />

tale scelta non è esente né da limiti metodologici (veridicità delle dichiarazioni degli intervistati),<br />

né da difficoltà pratiche (laboriosità nel contattare gli interessati, scarsa disponibilità alla<br />

collaborazione, tempi lunghi per il <strong>completa</strong>mento dell’indagine, ecc.), ma rimane lo strumento<br />

più efficace per definire compiutamente strutture e funzioni delle aziende agricole interessate.<br />

Ricerche simili sono già state svolte in passato sul territorio agricolo ricadente nei<br />

confini del <strong>Parco</strong> <strong>Regionale</strong> <strong>Migliarino</strong> - <strong>San</strong> Rossore - Massaciuccoli che risulta in parte<br />

sovrapposto al comprensorio di studio. Due prime indagini sono state condotte nel corso degli<br />

55


anni ’90 da un gruppo di lavoro misto che vedeva la partecipazione di ricercatori di diversa<br />

formazione afferenti al Centro Interdipartimentale di Ricerche Agro-Ambientali “E. Avanzi”<br />

dell’Università di Pisa; una terza indagine, finanziata dal Ministero dell’Università e della<br />

Ricerca (MIUR), è stata svolta invece nel corso del biennio 2004-2005 dal personale del<br />

Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema (DAGA) dello stesso ateneo<br />

(http://www.unirc.it/agripark/index.php). Allo scopo di aggiornare e di integrare le precedenti<br />

indagini si è quindi ritenuto opportuno procedere all’effettuazione di una nuova fase censuaria<br />

limitata ad un campione di 23 aziende, di differenti dimensioni, che erano state intervistate anche<br />

nelle precedenti occasioni.<br />

Allo scopo è stato predisposto e somministrato un questionario adeguatamente sintetico<br />

(Allegato 3), ma sufficiente a caratterizzare le scelte tecniche degli agricoltori ed elaborato in<br />

modo che tenesse in debita considerazione la struttura dei questionari utilizzati in precedenza, al<br />

fine di rendere possibile la comparazione con le informazioni già raccolte. In particolare, il<br />

documento proposto alle aziende è stato articolato in due parti: la prima finalizzata alla raccolta<br />

di informazioni di carattere generale quali la forma di possesso, il tipo di conduzione,<br />

l’estensione della SAU, la potenza delle macchine agricole possedute, l’eventuale ricorso al<br />

contoterzismo, l’incidenza della superficie irrigua e dei relativi metodi irrigui, la ripartizione<br />

colturale, i livelli di resa, presenza o meno di bestiame, la destinazione delle deiezioni. La<br />

seconda parte è stata invece dedicata alla descrizione dei modelli produttivi e mirava a<br />

determinare il ricorso ai mezzi tecnici (in primo luogo concimi e acqua irrigua, ecc.), l’impiego<br />

delle macchine, le modalità di conduzione degli allevamenti, ecc.<br />

I dati raccolti sono stati inseriti in un database relazionale, strutturato in modo tale da<br />

contenere anche le informazioni dei censimenti precedenti. Ad ogni azienda è stato assegnato<br />

così un codice numerico univoco, composto da due parti una che permette di risalire al nome<br />

dell’impresa contattata e una che fa riferimento all’anno in cui è stata effettuata l’intervista. Le<br />

informazioni raccolte sono state organizzate, sulla base della struttura del questionario, in tabelle<br />

separate ma collegabili dinamicamente ogniqualvolta necessario, grazie alla chiave primaria<br />

costituita dal codice aziendale.<br />

I dati raccolti sono stati poi elaborati secondo due modalità principali: la prima tesa a<br />

valutare come siano mutate le scelte degli agricoltori e quali siano le dinamiche descritte nel<br />

corso di questo ultimo ventennio, la seconda finalizzata invece ad analizzare criticamente la<br />

correttezza agronomica del comportamento degli agricoltori, evidenziando gli eventuali punti di<br />

forza e di debolezza dei modelli produttivi adottati.<br />

56


Per quanto riguarda la prima modalità di elaborazione delle informazioni si è operato un<br />

confronto fra i dati ottenuti nella prima metà degli anni 90’ e l’attuale assetto delle aziende del<br />

comprensorio; in mancanza di riferimenti successivi (per l’anno 2009) la comparazione è stata<br />

comunque effettuata utilizzando i dati dell’indagine 2004-2005, onde non ridurre eccessivamente<br />

la dimensione del campione trattato. In considerazione della diversa struttura dei questionari<br />

utilizzati, è stato necessario limitare l’analisi ai dati effettivamente confrontabili fra loro quali: le<br />

superfici aziendali, la potenza totale delle macchine agricole, l’ordinamento colturale, la durata<br />

degli avvicendamenti, l’incidenza delle superfici irrigue, il livello di fertilizzazione, l’età e il<br />

titolo di studio del conduttore.<br />

Si è anche proceduto al confronto diacronico dei bilanci apparenti dell’azoto e del<br />

fosforo nei diversi periodi di riferimento, e ciò al fine di verificare la rispondenza delle dosi di<br />

concime distribuite rispetto alle rese effettivamente conseguite dalle colture, evidenziando<br />

eventuali cambiamenti fatti registrare dagli agricoltori nell’arco di tempo abbracciato dalle<br />

indagini. In particolare, il bilancio apparente dei nutrienti risulta dal calcolo delle differenze fra<br />

gli apporti effettuati con le concimazioni e la stima delle asportazioni operate dalla coltura,<br />

queste ultime calcolate sulla base del contenuto percentuale del nutriente nella pianta intera o<br />

nel solo prodotto utile, secondo le equazioni riportate di seguito:<br />

∆N (kg di N /ha anno) = (FN · Ti) - (R · CN)<br />

∆P (kg di P 2 O 5 /ha anno) = (FP · Ti) - (R · CP)<br />

dove:<br />

∆N e ∆P = deficit/surplus di nutriente (azoto o fosforo), FN e FP = fertilizzazione azotata o<br />

fosforica (kg/ha del formulato commerciale), Ti = titolo del formulato commerciale in azoto o<br />

anidride fosforica (%), R = resa annuale della coltura espressa come biomassa epigea o come<br />

prodotto utile (kg), CN e CP = contenuto percentuale in azoto o in anidride fosforica della<br />

biomassa epigea o del prodotto utile (%).<br />

Al riguardo è necessario ricordare che, trattandosi di una metodologia teorica di calcolo,<br />

di fatto trascura alcune importanti voci in entrata ed in uscita del nutriente dal sistema suolopianta-atmosfera<br />

(nell’equazione utilizzata ad es. mancano le componenti relative al ciclo biogeochimico<br />

“naturale” dell’elemento considerato), ma il bilancio apparente dei nutrienti<br />

principali fornisce tuttavia un’indicazione preziosa riguardo al potenziale surplus o deficit di<br />

fertilizzazione che si determina in relazione alle rese ottenute ed è stato quindi ritenuto un<br />

57


elemento importante nella valutazione della correttezza agronomica delle scelte operate<br />

dall'agricoltore.<br />

Relativamente poi alla scelta di considerare le asportazioni operate dalla pianta intera o<br />

dal solo prodotto utile, diventa importante definire l’orizzonte temporale cui si fa riferimento: in<br />

un’ottica di lungo periodo, infatti, si può presumere che gli elementi nutritivi presenti nei residui<br />

di raccolta risultino <strong>completa</strong>mente disponibili per le colture successive, mentre prendendo in<br />

considerazione bilanci di breve periodo non può ritenersi <strong>completa</strong>to il processo di<br />

mineralizzazione delle porzioni di pianta lasciate sul terreno e quindi appare più corretto<br />

considerare le asportazione dell’intera biomassa epigea. Quest’ultima è stata l’opzione da noi<br />

prescelta, preferendo adottare un criterio di maggior prudenza riguardo alla conservazione delle<br />

riserve naturali di elementi nutritivi presenti nel suolo. Se tale scelta può condurre ad una<br />

parziale sovrastima del valore effettivo delle asportazioni, da un punto di vista agronomico può<br />

considerarsi la più corretta, in considerazione del fatto che la disponibilità di tali quantità di<br />

nutrienti risulta effettivamente indispensabile alla coltura per il raggiungimento dei livelli di resa<br />

registrati. I calcoli effettuati hanno fatto riferimento ai dati di resa e ai livelli di concimazione<br />

dichiarati dagli agricoltori nel corso delle diverse indagini censuarie, redigendo il bilancio<br />

apparente di azoto e fosforo sia per coltura che per azienda. Per quanto riguarda invece i<br />

contenuti percentuali di nutriente (Tab. 3.4) si è fatto riferimento ai dati presenti in letteratura<br />

Silvestri e Accogli (2003).<br />

coltura CN CP<br />

% di N % di P 2 O 5<br />

frumento duro 2.60 1.00<br />

frumento tenero 2.55 1.00<br />

orzo 2.33 0.97<br />

mais 2.40 0.90<br />

barbietola 0.40 0.20<br />

girasole 4.40 1.90<br />

soia 6.29 2.00<br />

pomodoro 0.25 0.10<br />

melone 0.43 0.18<br />

cocomero 0.25 0.22<br />

patata 0.40 0.20<br />

spinacio 0.40 0.22<br />

cavolo 0.50 0.25<br />

bietola 0.60 0.30<br />

rape 0.30 0.15<br />

medica 2.70 0.60<br />

olivo 2.00 1.00<br />

Tab. 3.4 - Principali colture incluse nel calcolo del bilancio apparente e relativi contenuti percentuali in<br />

azoto e fosforo relativi alla pianta intera (CN e CP)<br />

58


Prima di procedere al calcolo del bilancio è stato effettuato un controllo di congruità sui<br />

dati disponibili e quelli ritenuti non affidabili sono stati esclusi dall’analisi. Per questo motivo<br />

non è stato possibile ricostruire il bilancio apparente per tutte le aziende e per tutte le colture<br />

censite; le valutazioni sono quindi ristrette alle specie principali che comunque coprono la<br />

maggior parte della SAU del campione (dal 70 al 98% a seconda dell’indagine) e possono quindi<br />

essere considerati ampiamente rappresentative del comportamento degli agricoltori.<br />

Per quanto riguarda invece la seconda modalità di elaborazione delle informazioni<br />

l’analisi si è concentrata sulla congruità delle decisioni prese degli agricoltori in merito alla<br />

definizione dell’avvicendamento, alle modalità di lavorazioni del terreno e alla pratica della<br />

concimazione. Sono stati quindi oggetto di valutazione, attraverso il calcolo di specifici indici<br />

sintetici, la durata e la composizione dell’avvicendamento (AVV), l’attrezzo e la profondità di<br />

lavorazione del terreno (LAV), le dosi unitarie di nutrienti apportati con le concimazioni<br />

(DOSE_N e DOSE_P) e i bilanci apparenti degli stessi (BIL_N e BIL_P); in più per il fosforo è<br />

stata valutata la rispondenza fra livelli di concimazione adottati e dotazione naturale dei terreni<br />

(CONT_P).<br />

Ciascun indice è stato calcolato separatamente per ciascun avvicendamento e/o per<br />

ciascuna coltura e successivamente ponderato sulla base della superficie che la successione e/o la<br />

specie coltivata occupava rispetto alla SAU complessiva dell’azienda in modo da ottenere un<br />

valore riassuntivo del comportamento dell’agricoltore, costituendo ciascuno un’unita decisionale<br />

indipendente. Il dettaglio dei calcoli è riportato nella tabella 3.5.<br />

Per quanto riguarda invece l’uso dell’acqua in considerazione della sostanziale<br />

omogeneità delle decisioni assunte dagli agricoltori nella gestione dell’irrigazione in azienda, ma<br />

soprattutto del minor dettaglio delle informazioni disponibili, si rimanda alle valutazioni espresse<br />

sul consumo di acqua da parte del settore agricolo (4.4).<br />

Infine allo scopo di verificare, almeno in parte, le informazioni forniteci dagli<br />

agricoltori e di avere la possibilità di correlare i dati di copertura vegetale con i risultati del<br />

monitoraggio ambientale (descritti di seguito) si è proceduto ad effettuare due campagne di uso<br />

del suolo nel corso della primavera-estate degli anni 2008 e 2009. I rilievi sono stati eseguiti<br />

mediante sopralluoghi diretti sugli appezzamenti presenti all’interno del comprensorio di studio e<br />

conseguente riconoscimento a vista delle specie in vegetazione e/o di quelle appena raccolte<br />

tramite l’identificazione dei residui colturali. Oltre alle superfici dedicate alle colture, sono state<br />

censite le superfici coperte da vegetazione naturale e quelle occupate da abitati e da altri<br />

manufatti (viabilità, aree produttive e industriali).<br />

59


indici<br />

descrizione<br />

AVV [(Σ t i + (0.5 . f i ) + (0.2 . g i ) + (0.1 . s i )] . 5 / n) / SAU az<br />

dove t è il numero di tipi di coltura (depauperanti, miglioratrici, preparatrici) diversi, f è<br />

il numero delle famiglie diverse fra i tipi uguali, g è il numero di generi diversi fra le<br />

famiglie uguali, s è il numero di specie diverse fra i generi uguali; i varia da 1 a n, con n<br />

corrispondente ai termini dell’avvicendamento (n max = 5), SAU az è la SAU aziendale<br />

LAV (Σ t . i s i ) / SAU az<br />

dove t è la tipologia della lavorazione per ogni coltura (1 = non lavorazione,<br />

lavorazione minima; 2 = discissura; 3 = aratura leggera, aratura a due strati; 4 = aratura<br />

profonda e fresatura), s è la superficie interessata, i sono le colture presenti in azienda,<br />

SAU az è la SAU aziendale<br />

.<br />

DOSE_N (Σ N i s i ) / SAU az<br />

dove N sono i kg/ha di azoto distribuiti ad una coltura, s è la superficie interessata, i<br />

sono le colture presenti in azienda, SAU az è la SAU aziendale<br />

.<br />

DOSE_P (Σ P i s i ) / SAU az<br />

dove P i sono i kg/ha di anidride fosforica distribuiti ad una coltura, s è la superficie<br />

interessata, i sono le colture presenti in azienda, SAU az è la SAU aziendale<br />

.<br />

BIL_N (Σ ∆N i s i ) / SAU az<br />

dove ∆N i sono i kg/ha di azoto derivati dalla differenza apporti – asportazioni per<br />

ciascuna coltura, s è la superficie interessata, i sono le colture presenti in azienda,<br />

SAU az è la SAU aziendale<br />

.<br />

BIL_P (Σ ∆P i s i ) / SAU az<br />

dove ∆P i sono i kg/ha di anidride fosforica derivati dalla differenza apporti –<br />

asportazioni per ciascuna coltura, i sono le colture presenti in azienda, SAU az è la SAU<br />

aziendale<br />

CONT_P [((Σ P i / 25) . s i ) / SAU az ] / [((Σ C P / S P ) . s p ) / SM az ]<br />

P i sono i kg/ha di anidride fosforica distribuiti ad una coltura, s è la superficie<br />

interessata, i sono le colture presenti in azienda, SAU az è la SAU aziendale, CP è il<br />

contenuto in fosforo assimilabile, SP è la soglia di sufficienza in fosforo assimilabile<br />

(10 ppm con il metodo Olsen, 20 ppm con il metodo Bray-Kurzt), s P è la superficie di<br />

terreno corrispondente al campionamento considerato, SM az è la superficie aziendale<br />

monitorata<br />

Tab. 3.5 - Modalità di calcolo e range di variabilità degli indici sintetici utilizzati per la valutazione<br />

critica del modelli agricoli attualmente adottati dagli agricoltori<br />

Tutte le superfici rilevate sono state classificate secondo la legenda del progetto<br />

CORINE land cover 2000 (http://www.clc2000.sinanet.apat.it/), sviluppata fino al quinto livello<br />

di approfondimento, e digitalizzate tramite il software GIS (ArcGIS 9.2 - ESRI).<br />

A scopo di confronto, è stato inoltre utilizzato, previa digitalizzazione, un rilievo di uso<br />

del suolo effettuato nel 2005 nell’ambito della già ricordata ricerca realizzata dal Dipartimento di<br />

Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema dell’Università di Pisa. Sebbene tale<br />

campionamento non copra l’intera superficie di interesse, e sia riferito alle sole superfici<br />

agricole, ha fornito tuttavia interessanti informazioni aggiuntive sui cambiamenti di destinazione<br />

colturale nel comprensorio.<br />

60


3.4 - I consumi idrici delle colture agrarie<br />

La stima dei consumi idrici in agricoltura all’interno del comprensorio di studio è stata<br />

perseguita attraverso la determinazione del fabbisogno irriguo delle colture, definito come il<br />

volume d’acqua che è necessario somministrare al terreno per ripristinarne le condizioni di<br />

umidità ottimali per la pianta, al netto delle precipitazioni e degli apporti di falda. Per calcolare i<br />

fabbisogni irrigui è necessario dunque conoscere le superfici irrigate (cioè il tipo di coltura e la<br />

rispettiva porzione di SAU effettivamente soggetta ad irrigazione) e i metodi irrigui adottati, al<br />

fine di valutare l’efficienza di uso dell’acqua.<br />

Una volta ottenuta una stima del fabbisogno irriguo si può considerare che questo<br />

corrisponda, in linea di massima, ai prelievi irrigui realmente operati; tuttavia, anche in questo<br />

caso, occorre accettare alcune approssimazioni. In primo luogo è necessario supporre che<br />

l’agricoltore tenda a soddisfare <strong>completa</strong>mente i fabbisogni massimi delle colture e non si<br />

discosti significativamente da tali quantitativi; ma mentre il ricorso a volumi superiori risultando<br />

alla fine antieconomico appare poco probabile, la decisione di impiegare volumi inferiori ai<br />

fabbisogni massimi potrebbe, in teoria, trovare credito almeno quando le disponibilità idriche si<br />

dimostrassero limitate.<br />

Un secondo problema, in verità assai conosciuto, è costituito dalla difficoltà di<br />

quantificare le componenti relative agli apporti naturali che vanno sottratte ai fabbisogni totali<br />

dalla pianta; mentre gli apporti derivanti dalle precipitazioni possono essere valutati con una<br />

certa facilità a partire dai dati delle capannine meteorologiche presenti sul territorio, più<br />

problematico risulta quantificare gli apporti provenienti dalle acque di falda, che, seppur<br />

eterogenei per entità e durata, non possono essere ignorati nel comprensorio in esame, in<br />

considerazione della bassa soggiacenza dei terreni (in buona parte posti al di sotto del livello del<br />

mare).<br />

Del resto il ricorso all’evapotraspirazione massima (ETM) per la stima dei fabbisogni<br />

totali di una singola specie, presupporrebbe l’assoluta assenza di ogni tipo di stress (idrico,<br />

nutrizionale, patologico, ecc.) per l’intera durata del ciclo colturale, dal momento che in<br />

corrispondenza di qualunque condizione sub-ottimale la pianta reagirebbe diminuendo il proprio<br />

tasso evapotraspirativo (che risulterebbe quindi più basso di quello massimo).<br />

Da quanto detto, risultano evidenti le difficoltà oggettive di pervenire a stime certe sulla<br />

base dei dati disponibili; valutando i vantaggi e i limiti dei possibili metodi di calcolo, si è deciso<br />

di operare come segue:<br />

61


• stimare, a partire dai dati del censimento delle aziende e di uso del suolo, le superfici<br />

occupate dalle diverse colture;<br />

• definire i fabbisogni irrigui di ogni singola specie;<br />

• quantificare i fabbisogni a livello di comprensorio come prodotto dei fabbisogni unitari di<br />

ogni coltura per le rispettive superfici di pertinenza;<br />

• applicare gli opportuni fattori di correzione relativi alle superfici effettive irrigate,<br />

all’inefficienze nella distribuzione dell’acqua secondo il metodo irriguo adottato, ai contributi<br />

provenienti dalla falda;<br />

• si è deciso invece di non considerare il ricorso “parziale” all’irrigazione (cioè con<br />

reintegri irrigui inferiori rispetto alle effettive necessità del sistema terreno-pianta-atmosfera) da<br />

parte dell’agricoltore, in quanto appare esso poco probabile non essendo la disponibilità di acqua<br />

regolamentata da un consorzio di irrigazione e risultando la sub-irrigazione (che non prevede<br />

costi di esercizio) il metodo più largamente diffuso nel comprensorio.<br />

Per quanto riguarda la determinazione delle diverse colture presenti e delle relative<br />

superfici si rimanda a quanto già esposto nella sezione relativa alla caratterizzazione agricola. I<br />

fabbisogni irrigui (FI) sono invece stati desunti da ricerche pluriennali condotte dall’ARSIA sulla<br />

tecnica irrigua delle colture in Toscana (Tab. 3.6). Per il comparto floro-vivaistico, invece, le<br />

superfici dedicate sono state ricavate dai dati del V° Censimento dell’Agricoltura, mentre i<br />

fabbisogni per ettaro, pur presentando una certa variabilità in relazione alla tipologia di<br />

coltivazione, sono stati stimati sulla base dei valori massimi di consumo riscontrabili fra le<br />

colture protette: fiore reciso con funzionamento della serra per tutto l’anno, opportunamente<br />

concordati con ricercatori del settore (Pardossi, 2008). Anche questa stima deve dunque essere<br />

considerata in eccesso perché una parte non trascurabile delle aziende adotta metodologie di<br />

recupero dell’acqua che riducono fortemente i prelievi di questa per l’irrigazione.<br />

coltura<br />

fabbisogni irrigui (m 3 /ha anno)<br />

cereali estivi (mais) 3500<br />

soia 3200<br />

barbabietola da zucchero 1400<br />

ortive estive 3000<br />

fruttiferi 2200<br />

colture protette (max) 10000<br />

leguminose 1500<br />

girasole 1500<br />

foraggere 2000<br />

olivo 1000<br />

vite 800<br />

vivai 5000<br />

Tab. 3.6 - Fabbisogni irrigui delle colture presenti.<br />

62


Sommando i fabbisogni irrigui delle colture in relazione alla loro diffusione e dividendo<br />

per il totale della SAU censita è stato ricavato il fabbisogno medio ponderato per ettaro. Tale<br />

valore, costruito sulla base dei dati rilevati su gran parte della superficie agricola presente<br />

nell’area meridionale, può essere considerato rappresentativo anche per l’intero comprensorio<br />

vista la sostanziale omogeneità degli ordinamenti colturali di pieno campo rilevati sul territorio;<br />

è stato quindi applicato all’intera SAU ricadente all’interno del bacino idrografico, con la sola<br />

eccezione delle aree dedicate alle colture in serra. Per il settore floro-vivaistico, come anticipato,<br />

si è fatto riferimento al massimo fabbisogno possibile in considerazione della difficoltà di<br />

ottenere una stima affidabile della superficie destinata alle diverse produzioni e dei consumi<br />

idrici relativi.<br />

La somma dei due contributi (fabbisogni irrigui delle colture di pieno campo +<br />

fabbisogni irrigui delle colture protette) ha consentito di ottenere una prima stima dei fabbisogni<br />

potenziali complessivi del comprensorio, che non teneva ancora conto né dell’efficienza dei<br />

sistemi di irrigazione, né del fatto che solo una parte delle superfici risulta effettivamente<br />

irrigata, né degli apporti naturali derivanti dalla falda superficiale. Per ovviare a tali lacune sono<br />

stati quindi introdotti opportuni fattori di correzione, che seppure applicabili solo a livello<br />

consuntivo, permettono comunque di affinare la stima avvicinandola alle condizioni reali.<br />

In particolare, il contributo della falda è stato valutato sulla base di alcuni riferimenti<br />

sperimentali che mettevano a confronto specie in coltura asciutta condotte nel comprensorio ed<br />

in areali limitrofi, ma caratterizzati da un altezza di falda tale da annullare i possibili contributi<br />

da parte delle acque sotterranee. Le differenze di resa registrate, opportunamente trasformate in<br />

volumi di acqua evapotraspirata dalla coltura sulla base dei coefficienti reperibili in letteratura,<br />

hanno consentito di stimare prudenzialmente l’entità degli apporti di falda pari a circa il 30% dei<br />

fabbisogni irrigui totali. In secondo luogo, si è considerata un’efficienza di distribuzione media<br />

dei metodi irrigui pari al 60% per le colture di pieno campo e del 80% per le colture in serra,<br />

valori che in mancanza di dettagliate informazioni sul tipo di impianto, sul suo grado di vetustà,<br />

sulla dislocazione aziendale degli appezzamenti irrigui, possono essere considerate ragionevoli.<br />

Infine, in relazione alla necessità di rapportare i prelievi irrigui alle effettive superfici irrigabili<br />

ricadenti nel bacino idrografico, è stata calcolata la percentuale di SAU irrigabile sia a partire<br />

dagli ultimi dati ISTAT disponibili (2000) relativi ai comuni di Viareggio, Massarosa e<br />

Vecchiano, sia dai dati direttamente rilevati presso le aziende nel corso dell’indagine conoscitiva<br />

del 2009. Nel primo caso la percentuale di superficie irrigabile è risultata di poco superiore al<br />

37%, nel secondo caso invece pari a circa il 32%.<br />

63


Inoltre allo scopo di verificare l’affidabilità delle stime proposte e di valutare gli<br />

effettivi consumi idrici imputabili al settore agricolo sulla base dell’evapotraspirazione reale<br />

operata dalle colture (cioè sulla base del contenuto di umidità presente nel terreno) si è<br />

implementato un modello numerico utilizzando l’ambiente di programmazione Simile (release<br />

Simile v5.2, www.simulistics.com), i cui dettagli di funzionamento sono riportati nell’Allegato<br />

4.<br />

3.5 - La sperimentazione agronomica<br />

Al di là del ricorso a modelli di simulazione, all’impiego di equazioni per la stima di<br />

fenomeni anche complessi eseguiti con sofisticati software statistici e/o geo-informatici, la<br />

ricerca agronomica costituisce ancora lo strumento più efficace ed affidabile per fornire risposte<br />

esaurienti a problemi complessi come quelli trattati in questa sede.<br />

Le risposte che provengono dalle parcelle sperimentali presentano però due difetti<br />

fondamentali che limitano fortemente la loro utilizzabilità e cioè i costi e i tempi necessari per<br />

arrivare ad ottenerle.<br />

Per questi motivi, anche in considerazione delle dimensioni temporali ed economiche<br />

del programma, si è stati costretti a limitare conseguentemente l’allestimento di nuovi dispositivi<br />

sperimentali, ma si è proceduto doverosamente a riconsiderare le sperimentazioni condotte in<br />

passato nella stessa area di studio, al fine di estrarre da tali esperienze tutta la conoscenza<br />

possibile, utile anche al soddisfacimento delle domande di ricerca che caratterizzano questo<br />

progetto. Le esperienze pregresse accumulate nel corso degli anni precedenti da parte sia del<br />

Centro Interdipartimentale di Ricerche Agro-Ambientali “E. Avanzi” dell’Università di Pisa, sia<br />

del Land-Lab della Scuola Superiore S. Anna realizzate all’interno del bacino del lago di<br />

Massaciuccoli (finanziate dall’ARSIA riguardo all’applicazione dell’ex Reg. 2078/92), possono<br />

infatti fornire un utile complemento alle conoscenze raccolte nel corso del biennio di progetto<br />

costituendo un importante supporto scientifico alle proposte da presentare e da discutere con gli<br />

agricoltori.<br />

In sostanza le alternative oggetto di valutazione sperimentale hanno riguardato:<br />

- l’introduzione di tecniche e/o colture diverse rispetto a quelle adottate nel comprensorio di<br />

studio, che però presentano ormai un’efficacia consolidata ed una larga diffusione;<br />

- la valutazione di pacchetti tecnologici integrati, i “sistemi colturali”, costruiti secondo obiettivi<br />

diversificati: massimizzazione del reddito attraverso l’incremento delle rese, massimizzazione<br />

del reddito attraverso la riduzione dei costi di produzione, la ricerca della massima protezione<br />

64


ambientale anche attraverso l’adozione di accorgimenti “attivi”, cioè specificatamente messi in<br />

atto per ridurre l’impatto associabile all’esercizio dell’attività agricola;<br />

- la verifica dell’applicabilità di principi agronomici unanimemente condivisi, ma sovente non<br />

adottati dagli agricoltori per esigenze pratiche, insufficiente conoscenza, semplificazione delle<br />

operazioni aziendali.<br />

Di seguito si riporta una sommaria motivazione e descrizione delle attività svolte<br />

Introduzione di nuove colture. Fra le colture no food sembra rivestire un certo interesse la<br />

canapa. Tale coltura potrebbe effettivamente costituire una possibile alternativa agronomica alla<br />

coltivazione del mais in considerazione anche del buon comportamento che la coltura ha fatto<br />

rilevare all’interno del comprensorio in occasione di alcune ricerche preliminari effettuate dal<br />

Dipartimento di Agronomia e gestione dell’Agroecosistema. I vantaggi di una tale scelta possono<br />

sostanzialmente ricondursi al ricorso modesto ad input esterni (concimi e diserbanti) e alla<br />

parziale adattabilità ala coltivazione in asciutta. I problemi della coltura risiedono nella<br />

meccanizzazione delle operazioni di raccolta e nella mancanza di una filiera consolidata per la<br />

produzione di fibra. Un’alternativa al mais meno suggestiva, ma forse più pratica, è<br />

rappresentata dal sorgo da foraggio che dovrebbe adattarsi senza troppi problemi alle condizioni<br />

ambientali e organizzative delle aziende interessate.<br />

Ricorso alla semina su sodo. Questa pratica, ormai divenuta relativamente diffusa sui cereali<br />

autunno-vernini, stenta invece ad affermarsi nella coltivazione delle colture da rinnovo in<br />

relazione alla funzionalità, non sempre soddisfacente, delle macchine utilizzate. Per favorirne<br />

l’adozione si devono quindi scegliere seminatrici più evolute, in grado di risolvere i problemi<br />

incontrati in passato. Si ricorda che la semina su sodo, oltre a limitare le perdite di terreno eroso<br />

e conseguentemente di fosforo associato al articolato sospeso, potrebbe consentire di conseguire<br />

anche un certo risparmio idrico almeno nelle prime fasi di sviluppo della coltura.<br />

Adozione di metodi irrigui più efficienti. La pratica invalsa nel comprensorio di procedere<br />

all’irrigazione attraverso il ritorno dell’acqua nelle scoline con il conseguente innalzamento della<br />

falda costituisce, a livello comprensoriale, un metodo poco efficiente per l’approvvigionamento<br />

idrico. Ma anche laddove si procede con l’irrigazione per aspersione potrebbe risultare<br />

giustificato valutare la convenienza economica e agronomica delle possibilità offerte<br />

dall’irrigazione a goccia anche nelle colture di pieno campo.<br />

65


Valutazione di sistemi colturali alternativi. L’analisi agronomica, ambientale ed economica di<br />

sistemi colturali diversi (convenzionali, low-input e conservativi) può fornire utili spunti di<br />

riflessione nel tentativo di orientare le scelte degli agricoltori verso l’adozione di modelli<br />

produttivi più sostenibili e condivisi, pur comportando una modifica più o meno profonda delle<br />

modalità di organizzazione aziendale e quindi un livello di accettazione diversificato da parte<br />

degli agricoltori.<br />

66


4 - I risultati ottenuti<br />

La complessità e la varietà delle attività svolte nell’ambito del progetto è tale che si è<br />

ritenuto utile, onde favorire la migliore comprensione dei risultati ottenuti, presentare e<br />

commentare separatamente i dati provenienti dai diversi settori di attività. Questa scelta non è<br />

stata adottata allo scopo di sottrarsi alla formulazione di una doverosa sintesi delle indicazioni<br />

scaturite dai singoli “spezzoni” della ricerca (proposta nel capitolo successivo), ma al fine di<br />

mantenere distinti i risultati dalla ricomposizione del quadro unitario delle conoscenze attraverso<br />

la discussione delle ipotesi esplicative.<br />

Tutti i dati raccolti e presentati in questa sede sono stati sottoposti ad un attento<br />

processo di verifica riguardo alla accuratezza e al livello di coerenza e di integrità dei valori<br />

riscontrati, rendendo spesso necessario un allungamento dei tempi occorrenti per l’elaborazione.<br />

In estrema sintesi i risultati presentati attengono a:<br />

- il monitoraggio quantitativo delle acque superficiali e sotterranee;<br />

- il monitoraggio qualitativo delle acque superficiali e sotterranee;<br />

- la caratterizzazione delle tipologie agricole e dell’uso del suolo;<br />

- i consumi irrigui delle colture agrarie<br />

- la sperimentazione agronomica.<br />

4.1 - Il monitoraggio quantitativo delle acque superficiali e sotterranee<br />

I principali risultati conseguiti nel corso delle attività previste dal progetto per quanto<br />

riguarda il monitoraggio della risorsa idrica consistono nella definizione dei bilanci idrologici di<br />

dettaglio dei sottobacini di bonifica di Vecchiano e di Massaciuccoli, nella stima dei volumi di<br />

acqua conferiti al lago dal settore meridionale del bacino di Massaciuccoli ed alla loro<br />

suddivisione in quantitativi legati al ruscellamento superficiale e deflusso di base nell’anno<br />

idrologico 2008-2009 (Luglio 2008-Giugno 2009). Questi risultati, ancorché relativi ad un<br />

intervallo temporale limitato, dimostrano come sia oggi possibile effettuare analisi utili alla<br />

gestione della risorsa idrica basandosi sulla misura e stima diretta delle variabili idrologiche.<br />

Inoltre per giungere a tali stime si ottengono risultati intermedi, che, nel caso in questione<br />

consistono:<br />

- nella definizione dell’andamento dei deflussi superficiali;<br />

- nella definizione del campo di moto delle acque sotterranee;<br />

67


- nella definizione del modello concettuale idrologico del sistema studiato.<br />

Le attività svolte per giungere ai risultati di seguito trattati sono descritte nel Capitolo 3 e<br />

nell’Allegato 2.<br />

I risultati del rilevamento idrologico. All’interno dell’area di studio il funzionamento del sistema<br />

della bonifica, suddiviso nei tre sottobacini, è basato sulla presenza di un fitto reticolo di canali<br />

la cui funzione è quella di:<br />

- raccogliere le acque di ruscellamento superficiale in seguito alle precipitazioni meteoriche;<br />

- drenare le acque sotterranee dell’acquifero superficiale quando queste raggiungano un livello<br />

(carico idraulico) superiore a quello del fondo dei canali.<br />

Il sistema di canali di acque basse convoglia verso il Collettore di Vecchiano ed il<br />

Collettore di Massaciuccoli sia le acque sotterranee drenate, sia quelle superficiali raccolte dal<br />

reticolo di rango inferiore nei periodi di pioggia, che a loro volta vengono sollevate dalle<br />

idrovore dei due sottobacini nel Canale Barra-Barretta. La direzione dei deflussi nel reticolo<br />

idrografico presenta una forte stagionalità legata agli apporti meteorici ed alla presenza di<br />

derivazioni irrigue. Di seguito vengono sinteticamente illustrate le risultanze dell’indagine<br />

compiuta sul reticolo idrografico suddivise per sottobacini di bonifica e canali di acque alte<br />

(Tabella 4.1 e Figg. 4.1 e 4.2).<br />

Il Canale Barra-Barretta principale collettore dell’area a scolo naturale non sempre<br />

defluisce verso il lago; risulta pertanto impossibile quantificare gli apporti al lago dall’area a<br />

scolo naturale tramite misure correntometriche. In particolare il deflusso nel Canale Barra-<br />

Barretta è legato alla relazione tra le precipitazioni meteoriche e l’andamento del battente<br />

idraulico del Lago di Massaciuccoli, con quest’ultimo a governare il sistema in assenza di<br />

precipitazioni. Non si può infine escludere in questo meccanismo un’influenza legata<br />

all’immissione dei quantitativi di acqua pompata dalle idrovore di Vecchiano e di Massaciuccoli<br />

nel Canale Barra-Barretta.<br />

Il Canale Separatore defluisce normalmente nel Canale Barra-Barretta nei momenti in<br />

cui le precipitazioni meteoriche generano ruscellamento superficiale, altrimenti ne costituisce<br />

verosimilmente un bacino laterale.<br />

Nell’area della bonifica di Vecchiano la circolazione delle acque superficiali è alquanto<br />

complessa e presenta una forte stagionalità legata alla presenza delle derivazioni irrigue nel<br />

periodo estivo (Figura 4.2). Per la presenza della adduzione dal Fiume Serchio, le acque derivate<br />

per scopi irrigui dal Canale Barra non sempre sono acque del lago. In particolare con l’abbassarsi<br />

del battente idraulico del lago all’incirca -0.25 m slm buona parte di queste acque derivano dal<br />

68


Fiume Serchio (questo avviene generalmente nel mese di Agosto). La derivazione irrigua<br />

principale è situata presso la chiusa CH1: da questa sono prelevati nel periodo Luglio-Agosto tra<br />

608861 m3 e 1071360 m 3 . Per cui, assumendo che dalle altre chiuse presenti sia derivata una<br />

portata costante pari a 50 l/s si ottiene che dal Canale Barra-Barretta viene immesso un volume<br />

variabile tra 876721 m 3 e 1339200 m 3 nella bonifica di Vecchiano nel periodo Luglio-Agosto.<br />

Sezione Max Min Sezione Max Min<br />

monitorata m 3 /s m 3 /s monitorata m 3 /s m 3 /s<br />

FLAS1 0.145 0 CH10 0.200 0<br />

FLAS2* 0.014 0 CH14 0.004 0.004<br />

FLAS3 0.525 0.000 CH15 0.002 0.002<br />

FLAS4 -0.084 -0.019 CH17 0.005 0.005<br />

FLAS5* 0.029 0.012 DE1 0.116 0<br />

FLAS6 0.224 0.001 FL0/2 0.001 0.001<br />

FLAS7 0.01 0 FL1 0.019 -0.001<br />

FLAS8 0.219 0.008 FL2 0.240 -0.006<br />

FLAS10 -0.372 -0.276 FLAS16 0.155 0.006<br />

FLAS13 2.249 0.031 FL4 -0.147 0.000<br />

FLAS14 0.781 0.011 FL30 0.075 0<br />

FLAS15 -0.061 0.000 FL41 0.005 0.003<br />

FLAS18 -0.251 -0.251 FL52 0.126 0.01<br />

FLAS19 0.201 0.201 FL62 0.008 0.008<br />

FLAS22 0.375 0.375 FLB1 0.103 0.04<br />

CH1 -0.2 0 FLFCL9 0.036 0.036<br />

CH2 0 0 FLRQ 0.319 0.052<br />

CH3 0 0 FLTB 0.009 0<br />

CH4 -0.049 0 FLDX 0.052 0.017<br />

CH7 -0.02 -0.02 FLTAM 0.003 0<br />

Tab. 4.1 - Deflussi massimi e minimi alle sezioni monitorate durante il periodo di indagine. Il segno<br />

negativo indica deflussi NON diretti verso il Lago. Per la posizione delle sezioni monitorate si<br />

confrontino le Figg. 3.1 e 3.2.<br />

Minore complessità presenta il reticolo della bonifica del Massaciuccoli Pisano dove il<br />

Collettore di Massaciuccoli convoglia all’impianto idrovoro tutte le acque del settore<br />

meridionale di questo sottobacino. Un sistema di fossi pressoché parallelo al rilevato arginale<br />

drena la parte subito a sud del lago. Se si escludono i periodi di intense precipitazioni, i volumi<br />

di acqua conferiti dalla Fossa Nuova al Lago di Massaciuccoli sono di modesta entità. Circa i<br />

prelievi irrigui, in totale è immesso nel periodo Luglio-Agosto nella bonifica di Massaciuccoli,<br />

dalla Fossa Nuova e dal Canale Barra-Barretta, un volume di acqua compreso tra 214272 m 3 e<br />

401760 m 3 .<br />

69


Fig. 4.1– Schema di circolazione delle acque superficiali nel periodo della ricarica<br />

70


Fig. 4.2 – Schema della circolazione delle acque superficiali nel periodo estivo<br />

71


I risultati del rilevamento idrogeologico. Nel dominio investigato, grazie all’analisi di numerosi<br />

sondaggi e stratigrafie, è stato possibile individuare due livelli acquiferi definiti da una falda<br />

superficiale (oggetto del presente studio) ed una falda confinata multistrato. Il primo dei due<br />

acquiferi è suddivisibile, effettuando semplificazioni della stratigrafia, in sub-unità<br />

idrostratigrafiche definite da un livello superficiale di torbe e argille torbose con spessore massimo<br />

di circa 10 m nel depocentro del bacino, passante verso sud ad un livello costituito da limi argillosi<br />

e sabbiosi (Fig.4.3). Questi ultimi nel sottosuolo si ritrovano in eteropia con sabbie silicee di<br />

spessore massimo fino a 30-40 m. Il limite inferiore di questo acquifero è costituito da un substrato<br />

argilloso.<br />

La descrizione del campo di moto ottenuta attraverso il rilevamento della superficie<br />

piezometrica concorda in linea generale con quelle già discusse nel Cap. 2.4.2 presentando un alto<br />

freatimetrico in corrispondenza della fascia costituita dai cordoni dunari sabbiosi, due bassi<br />

localizzati rispettivamente in corrispondenza del depocentro della bonifica di Vecchiano e di<br />

Massaciuccoli. Mette inoltre in evidenza il limite di ricarica costituito dal Lago di Massaciuccoli e<br />

dai rilievi orientali. La scarsità di punti disponibili utilizzati per l’interpolazione non permette<br />

comunque di rappresentare le relazioni esistenti tra il reticolo delle acque superficiali e le acque<br />

della falda. Dato il numero di canali di bonifica presenti il problema non è comunque risolvibile<br />

anche attrezzando un congruo numero di piezometri. Per tale motivo si è quindi implementato un<br />

modello numerico del flusso delle acque sotterranee.<br />

72


C<br />

D<br />

m<br />

Legenda<br />

Argille torbose Torbe<br />

Limi argilloso sabbiosi Sabbie e sabbie limose<br />

Argille Ghiaie Depositi di conoide<br />

Scaglia toscana<br />

Sondaggi Faglie<br />

Fig. 4.3 - Sezione idrostratigrafica attraverso il bacino del Lago di Massaciuccoli (la traccia della sezione è riportata in Figura 2.7; da Cannavò,<br />

2009 modificato).<br />

73


Il modello concettuale idrologico. Sulla base dei risultati del rilevamento idrologico ed<br />

idrogeologico sopra esposto si è definito il modello concettuale idrologico del sistema naturale<br />

studiato. Questo è un elaborato di sintesi che permette di schematizzare il funzionamento<br />

idrologico/idrogeologico del sistema, nel quale sono esplicitati qualitativamente i termini del<br />

bilancio idrico utili alla stima dei volumi conferiti dalle idrovore e dall’area a scolo naturale al Lago<br />

(Figura 4.4).<br />

Se le precipitazioni meteoriche (P) costituiscono ovviamente l’apporto principale, in<br />

generale il dominio investigato presenta da Ovest verso Est, in senso orario, importanti limiti di<br />

ricarica sotterranea costituiti da:<br />

- filtrazione di acque sotterranee dall’acquifero sito nella duna costiera verso la bonifica di<br />

Vecchiano (Gw duna-in ) o ad impedire la salinizzazione dell’acquifero sul lato mare (Gw duna-out );<br />

- filtrazione di acque sotterranee dal lago (Gw lago ), pensile ed arginato, sia verso la bonifica<br />

di Vecchiano sia verso la bonifica del Massaciuccoli Pisano;<br />

- filtrazione di acque sotterranee dai rilievi dei Monti d’Oltre Serchio (Gw rilievi ; in parte<br />

drenate dai canali di gronda Fossa Nuova e Allacciante di Vecchiano) verso l’area a scolo naturale e<br />

la bonifica del Massaciuccoli Pisano.<br />

Questi limiti ricaricando l’acquifero superficiale forniscono importanti volumi di acqua<br />

che, una volta drenati dal reticolo di acque basse, vengono poi convogliati alle idrovore, dando<br />

ragione dei volumi pompati nel lago anche durante i periodi di assenza di precipitazioni.<br />

Anche le acque sotterranee del sottobacino a scolo naturale (Gw asn ) passano in parte nel<br />

sottobacino di Vecchiano ed in parte nel sottobacino del Massaciuccoli Pisano, indicando non<br />

coincidenza tra limiti idrologici ed idrogeologici di questi bacini, mentre il Fiume Serchio<br />

costituisce un limite di ricarica/recapito variabile nel tempo (Gw Serchio-in e Gw Serchio-out ), nei diversi<br />

tratti dell’asta fluviale, in dipendenza delle relazioni tra battente e carico idraulico delle acque<br />

sotterranee.<br />

Seppure quantitativamente poco rilevante ai fini del bilancio, la ricarica dell’acquifero<br />

superficiale legata alla filtrazione attraverso il letto del Canale Barra-Barretta, il cui battente<br />

idraulico è per larga parte del suo percorso sopra il piano di campagna, permette scambi limitati tra<br />

il sottobacino di Vecchiano e quello del Massaciuccoli Pisano. Anche la Fossa Nuova, nel tratto in<br />

cui scorre arginata sopra il piano di campagna va a ricaricare (Gw Fossa Nuova ), attraverso il subalveo,<br />

l’acquifero superficiale.<br />

Attraverso il Canale Barra-Barretta (Ir Barra ) e la Fossa Nuova (Ir Fossa Nuova ) si ha inoltre<br />

ricarica irrigua nel periodo estivo verso i sottobacini di Vecchiano e del Massaciuccoli Pisano.<br />

74


Afflussi costanti al sistema sono costituiti dai depuratori di Vecchiano (Sw DEP-Vecchiano ) e <strong>Migliarino</strong><br />

(Sw DEP-<strong>Migliarino</strong> ).<br />

Per quanto riguarda le uscite dal sistema, i termini da considerare corrispondono<br />

esclusivamente all’evapotraspirazione (Etr), ai volumi pompati dalle idrovore nel lago (Qtot idrovore ),<br />

ed alle acque conferite al lago dal Canale Barra-Barretta.<br />

Il bilancio risulterà pertanto verificato dall’eguaglianza delle entrate con le uscite, oppure<br />

da una diminuzione o aumento dell’immagazzinamento (S in /S out ).<br />

I termini così individuati sono stati stimati per mezzo di analisi idrologiche e di un modello<br />

numerico del flusso delle acque sotterranee (come presentato nell’Allegato 2) per quantificare il<br />

bilancio idrico di dettaglio per ciascun sottobacino ed i corrispondenti volumi di acqua pompati<br />

dalle idrovore di Vecchiano e di Massaciuccoli nel lago nel periodo investigato.<br />

75


GwLAGO<br />

GwLAGO<br />

QTOT<br />

(IDROVORE)<br />

IrFOSSA NUOVA<br />

SwBARRA<br />

GwRILIEVI<br />

SIN<br />

S OUT<br />

IRBARRA<br />

GwDUNA - OUT<br />

GwDUNA - IN<br />

Etr<br />

P<br />

GwASN<br />

SwDEP.-Vecchiano<br />

GwSERCHIO - OUT<br />

SWDEP.-<strong>Migliarino</strong><br />

SwSERCHIO<br />

GwSERCHIO - IN<br />

Fig.4.4 - Rappresentazione in pianta del modello concettuale idrologico.<br />

76


Il bilancio idrico dei sottobacini della parte meridionale del Lago di Massaciuccoli. Sulla base<br />

delle indagini effettuate per ciascun sottobacino di bonifica sono stati preparati i bilanci idrici per<br />

l’anno idrologico 2008-2009 (Luglio 2008-Giugno 2009). Tali bilanci sono il risultato di analisi<br />

e stime che comportano approssimazioni e quindi l’introduzione di errori: nel caso in esame i<br />

valori ottenuti sono affidabili considerando un errore pari al 10%.<br />

Per la bonifica di Vecchiano, come si può osservare dalla Tabella 4.2, i volumi in gioco<br />

sono intorno ai 30 Milioni di m 3 ; i termini prevalenti tra le entrate sono costituiti, oltre che dalle<br />

precipitazioni (circa 50%), dalla filtrazione di acque dall’acquifero della duna (circa 22%) e dal<br />

lago (circa 20%); gli altri termini sono compresi tra circa il 4% della ricarica irrigua derivata dal<br />

Canale Barra-Barretta nel periodo estivo e lo 0.03% della ricarica di subalveo operata dal<br />

succitato canale. I due principali contributi, accessori alle precipitazioni, spiegano come i volumi<br />

pompati dalle idrovore (circa 21.8 Mm 3 /anno) possano essere superiori rispetto a quelli delle<br />

precipitazioni meteoriche sul sottobacino (circa 17.6 Mm 3 /anno). E’ inoltre importante rilevare<br />

come solo il 13% (circa 2.9 Mm 3 ) dei volumi pompati dalle idrovore (ed il 16.5% delle<br />

precipitazioni totali) sia costituito da acque superficiali (ruscellamento superficiale e apporti dal<br />

depuratore di <strong>Migliarino</strong>) mentre l’87% (18.9 Mm 3 ) da acque drenate dall’acquifero. I processi<br />

evapotraspirativi determinano il 34% delle perdite totali di acqua.<br />

Entrate m 3 /anno %<br />

Precipitazioni meteoriche 17644161 49.47<br />

Filtrazione acque sotterranee dalla<br />

duna 7721815 21.65<br />

Filtrazione acque sotterranee dal lago 7109304 19.93<br />

Derivazione irrigua da Canale Barra 1296060 3.63<br />

Filtrazione acque sotterranee da area a<br />

scolo naturale 1005518 2.82<br />

Ricarica di subalveo Fiume Serchio 441473 1.24<br />

Depuratore di <strong>Migliarino</strong> 252288 0.71<br />

Infiltrazione acque sotterranee da<br />

bonifica Massaciuccoli 184190 0.52<br />

Ricarica di subalveo Canale Barra 10293 0.03<br />

TOTALE 35665102 100<br />

Uscite m 3 /anno %<br />

Deflusso di base (idrovore) 18970289 56.41<br />

Ruscellamento superficiale (idrovore) 2909358 8.65<br />

Evapotraspirazione 11445986 34.03<br />

Ricarica sotterranea Fiume Serchio 305206 0.91<br />

TOTALE 33630839 100<br />

Entrate-Uscite 2034263 -<br />

Tab. 4.2 - Bilancio idrico per il sottobacino di Vecchiano nel periodo Luglio 2008-Giugno 2009.<br />

77


Il saldo del bilancio è positivo, indicando un aumento nell’immagazzinamento<br />

dell’acquifero superficiale, che è stato confermato dal rilevamento di un reale incremento del<br />

livello del carico idraulico tra fine Giugno 2008 e fine Giugno-inizio Luglio 2009. Su questa<br />

base la stima presenta una differenza tra l’innalzamento simulato e quello misurato pari a circa il<br />

3%, che corrisponde a circa 1 Mm 3 di apporti netti in eccesso. Per questo motivo è ragionevole<br />

ritenere che i volumi conferiti al lago siano sovrastimati con un errore inferiore al 10% della<br />

stima del volume totale sollevato.<br />

Per quanto riguarda il sottobacino del Massaciuccoli Pisano (Tab. 4.3), i volumi in<br />

gioco sono compresi tra 8 e 9 milioni di m3/anno. Gli apporti principali, oltre alle precipitazioni<br />

(5.3 Mm 3 /anno; 63%), sono costituiti dalla filtrazione di acqua sotterranea dal lago (circa 13%) e<br />

da filtrazione di acqua sotterranea dai rilievi e dalla Fossa Nuova (circa 17%). La derivazione<br />

irrigua corrisponde a circa il 4% degli apporti totali (circa 0.3 Mm 3 /anno).<br />

Entrate m 3 /anno %<br />

Precipitazioni meteoriche 5290094 62.90<br />

Filtrazione acque sotterranee dal lago 1098042 13.06<br />

Filtrazione acque sotterranee dai rilievi e<br />

dalla Fossa Nuova 1403909 16.69<br />

Derivazione irrigua 311040 3.70<br />

Filtrazione acque sotterranee dall'area a<br />

scolo naturale 215215 2.56<br />

Filtrazione acque sotterranee dalla<br />

bonifica di Vecchiano 80258 0.95<br />

Ricarica di subalveo Canale Barra 11388 0.14<br />

Totale 8409947 100<br />

Uscite m 3 /anno %<br />

Deflusso di base (idrovore) 4015388 46.32<br />

Ruscellamento superficiale (idrovore) 933659 10.77<br />

Evapotraspirazione 3540942 40.85<br />

Prelievi dal campo pozzi ASA (Paduletto) 178310 2.06<br />

Totale 8668299 100<br />

Entrate-Uscite -258352 -<br />

Tab. 4.3 - Bilancio idrico per il sottobacino del Massaciuccoli Pisano nel periodo Luglio 2008-Giugno<br />

2009.<br />

Il volume totale sollevato dalle idrovore nel lago corrisponde invece a circa 4.9<br />

Mm 3 /anno, di cui l’81% legato al drenaggio delle acque sotterranee e il 19% al ruscellamento<br />

superficiale. Di contro i processi evapotraspirativi ammontano a circa il 41% del totale delle<br />

uscite. Tra le uscite è da rilevare che una quota pro-parte dei volumi emunti dal campo pozzi del<br />

Paduletto è prelevata dall’acquifero superficiale.<br />

78


Il saldo del bilancio è negativo, indicando una diminuzione nell’immagazzinamento<br />

dell’acquifero superficiale; in realtà anche per il sottobacino di Massaciuccoli è stato rilevato un<br />

aumento del livello del carico idraulico tra fine Giugno 2008 e fine Giugno-inizio Luglio 2009.<br />

Su questa base è si valutato un errore tra l’abbassamento stimato e l’innalzamento realmente<br />

misurato della superficie piezometrica pari a circa il 6.6% del totale delle entrate, che<br />

corrisponde a circa 0.6 Mm 3 di apporti netti mancanti. Per questo motivo è ragionevole ritenere<br />

che i volumi conferiti al lago siano sottostimati con un errore non superiore al 10% del volume<br />

totale sollevato.<br />

I volumi conferiti al lago dal settore meridionale del bacino del Lago di Massaciuccoli. Le<br />

elaborazioni dei dati rilevati hanno permesso di stimare l’andamento nel tempo degli apporti al<br />

lago dai due sottobacini di bonifica e dall’area a scolo naturale per l’anno idrologico 2008-2009<br />

(Luglio 2008-Giugno 2009; Tabella 4.4). Nelle successive Figure 4.5, 4.6 e 4.7 sono riportati i<br />

valori dei volumi conferiti al lago su base mensile (Qtot) suddivisi in apporti legati al<br />

ruscellamento superficiale (Q RS) ed al deflusso di base (ovvero al drenaggio delle acque della<br />

falda superficiale, Q DB). Il volume totale conferito al lago dal settore meridionale del bacino del<br />

Massaciuccoli nel periodo investigato è circa 30 Mm 3 : di questi il 73% è da imputarsi alla<br />

bonifica di Vecchiano.<br />

Sottobacino<br />

Qtot<br />

Q RS<br />

Q DB<br />

(m 3 %<br />

/anno)<br />

(m 3 %<br />

/anno) (m 3 /anno)<br />

%<br />

Vecchiano 21627359 72.6 2657070 48.2 18970289 78.2<br />

Massaciuccoli<br />

Pisano<br />

4949047 16.6 933659 16.9 4015388 16.6<br />

Area a scolo<br />

naturale<br />

3193698 10.7 1923749 34.9 1269949 5.2<br />

Totale 29770104 - 5514478 18.5 24255626 81.5<br />

Tab. 4.4 - Confronto tra i volumi di acqua conferiti al lago dai diversi sottobacini del settore meridionale<br />

nel periodo Luglio 2008-Giugno 2009.<br />

Per l’area a scolo naturale (Figura 4.5) il ruscellamento superficiale (circa 19.2<br />

Mm 3 /anno) corrisponde al 60% dei volumi conferiti al Canale Barra-Barretta evidenziando<br />

l’importanza di tale componente nella definizione del deflusso totale. I deflussi totali nei mesi<br />

Maggio, Luglio, Agosto e Settembre essendo inferiori a circa 90000 m 3 , ovvero il volume di<br />

acqua approssimativamente invasato nel canale, danno ragione della totale assenza di apporti al<br />

lago in mancanza di precipitazioni meteoriche. Il volume annuo conferito al lago indica la<br />

presenza di velocità di deflusso medie di pochi mm/s e la possibilità di frequenti inversioni di<br />

deflusso anche nella massa d’acqua (come effettivamente rilevato per mezzo di misure<br />

79


correntometriche) legate sia a rapide variazioni del battente idraulico del lago sia ipoteticamente<br />

ai volumi pompati dalle idrovore nella parte terminale del Canale. I ridotti volumi del deflusso di<br />

base sono invece da porre in relazione con la limitata estensione del reticolo di drenaggio e con il<br />

fatto che in buona parte dell’area a scolo naturale si hanno soggiacenze elevate dal piano<br />

campagna.<br />

Per il sottobacino di Vecchiano nel periodo studiato i volumi conferiti alle idrovore<br />

ammontano a circa 21 Mm 3 , relativi ad un’area drenata pari a 17.34 km 2 , ovvero ad un valore<br />

medio di 1.3 Mm 3 di acqua sollevata per km 2 . Nonostante i valori del coefficiente di deflusso,<br />

stimati attraverso il metodo CN (SCS, 1972) e validati con misure correntometriche, siano bassi<br />

rispetto a quelli dell’area a scolo naturale (ancorché superiori a quelli riportati nel Capitolo 4.3<br />

del presente studio), a causa della maggiore estensione del sottobacino, i volumi di ruscellamento<br />

superficiale conferiti alle idrovore dalla bonifica di Vecchiano sono 2.8 volte superiori rispetto a<br />

quelli che transitano sul Canale Barra-Barretta dall’area a scolo naturale. Questo volume è<br />

comunque notevolmente inferiore rispetto al volume drenato dalle acque sotterranee che<br />

costituisce circa l’88% del volume totale.<br />

Nel sottobacino del Massaciuccoli Pisano i volumi conferiti alle idrovore ammontano a 4.9 Mm 3<br />

per un’area pari a circa 5.20 Km 2 , ovvero a 0.951 milioni di m 3 di acqua sollevata per Km 2 . Il<br />

ruscellamento superficiale giunge a costituire il 19% del volume totale sollevato, ma è sempre<br />

notevolmente inferiore al volume del deflusso di base.<br />

Per entrambe i sottobacini della bonifica il deflusso di base aumenta fino a marzo, indicando<br />

anche il periodo in cui si è raggiunto il massimo relativo della ricarica, mentre la quasi totalità<br />

del ruscellamento superficiale è conferito nei mesi compresi tra Ottobre 2008 e Gennaio 2009.<br />

80


Mesi<br />

Deflusso totale (Q tot) Deflusso di base (Q DB) Ruscellamento superficiale (Q RS) Q RS/Q tot Coefficiente<br />

m3/mese m3/mese m3/mese<br />

(%) di deflusso<br />

2008 Luglio 72874 72874 0 - 0.00<br />

Agosto 21272 21272 0 - 0.00<br />

Settembre 64570 11988 52582 81 0.16<br />

Ottobre 291378 8555 282823 97 0.26<br />

Novembre 670287 80119 590168 88 0.30<br />

Dicembre 321024 167054 153970 48 0.20<br />

2009 Gennaio 486814 191403 295411 61 0.25<br />

Febbraio 371144 199077 172067 46 0.22<br />

Marzo 456268 204480 251789 55 0.24<br />

Aprile 252771 161269 91503 36 0.15<br />

Maggio 102731 102731 0 0 0.00<br />

Giugno 82564 49127 33437 40 0.16<br />

Totale m3/anno 3193698 1269949 1923749 60 -<br />

A<br />

800000<br />

Deflussi (m3/mese)<br />

700000<br />

600000<br />

500000<br />

400000<br />

300000<br />

200000<br />

Q tot<br />

Q DB<br />

Q RS<br />

100000<br />

0<br />

Luglio<br />

Agosto<br />

Settembre<br />

Ottobre<br />

Novembre<br />

Dicembre<br />

Gennaio<br />

Febbraio<br />

Marzo<br />

Aprile<br />

Maggio<br />

Giugno<br />

2008 2009<br />

Periodo (mesi)<br />

B<br />

Fig. 4.5 - A) Volumi conferiti al Lago di Massaciuccoli dall’area a scolo naturale per l’anno idrologico<br />

2008-2009 (Luglio 2008-Giugno 2009). B) Grafico dell’andamento dei deflussi nel tempo<br />

81


Mesi<br />

Deflusso totale (Q tot) Deflusso di base (Q DB) Ruscellamento superficiale (Q RS) Q RS/Q tot Coefficiente<br />

m3/mese m3/mese m3/mese<br />

(%) di deflusso<br />

2008 Luglio 892451 892451 0 - 0.00<br />

Agosto 663315 663315 0 - 0.00<br />

Settembre 679712 657693 22019 3 0.04<br />

Ottobre 1320853 837681 483171 37 0.22<br />

Novembre 2666501 1700824 965677 36 0.23<br />

Dicembre 2427554 2267258 160296 7 0.08<br />

2009 Gennaio 2878668 2371343 507325 18 0.17<br />

Febbraio 2592488 2370830 221658 9 0.14<br />

Marzo 2776609 2569963 206645 7 0.08<br />

Aprile 2164815 2074537 90278 4 0.07<br />

Maggio 1527014 1527014 0 - 0.00<br />

Giugno 1037379 1037379 0 - 0.00<br />

Totale m3/anno 21627359 18970289 2657070 12 -<br />

A<br />

3500000<br />

Deflussi (m3/mese)<br />

3000000<br />

2500000<br />

2000000<br />

1500000<br />

1000000<br />

Q tot<br />

Q DB<br />

Q RS<br />

500000<br />

0<br />

Luglio<br />

Agosto<br />

Settembre<br />

Ottobre<br />

Novembre<br />

Dicembre<br />

Gennaio<br />

Febbraio<br />

Marzo<br />

Aprile<br />

Maggio<br />

Giugno<br />

2008 2009<br />

Periodo (mesi)<br />

B<br />

Fig. 4.6 - A) Volumi conferiti al Lago di Massaciuccoli dalle idrovore del sottobacino di Vecchiano per<br />

l’anno idrologico 2008-2009 (Luglio 2008-Giugno 2009) B) Grafico dell’andamento dei deflussi nel tempo.<br />

82


Mesi<br />

Deflusso totale (Q tot) Deflusso di base (Q DB) Ruscellamento superficiale (Q RS) Q RS/Q tot Coefficiente di<br />

m3/mese m3/mese m3/mese<br />

(%)<br />

deflusso<br />

2008 Luglio 72620 72620 0 - 0.00<br />

Agosto 59527 59527 0 - 0.00<br />

Settembre 59996 53386 6610 11 0.01<br />

Ottobre 183986 96180 87807 48 0.12<br />

Novembre 748106 500880 247226 33 0.20<br />

Dicembre 657586 566299 91287 14 0.16<br />

2009 Gennaio 825442 613820 211622 26 0.27<br />

Febbraio 714102 609072 105029 15 0.22<br />

Marzo 801644 656666 144977 18 0.19<br />

Aprile 458332 423046 35285 8 0.06<br />

Maggio 251004 251004 0 - 0.00<br />

Giugno 116703 112888 3815 3 0.01<br />

Totale m3/anno 4949047 4015388 933659 19 -<br />

A<br />

Deflussi (m3/mese)<br />

900000<br />

800000<br />

700000<br />

600000<br />

500000<br />

400000<br />

300000<br />

200000<br />

100000<br />

0<br />

Q tot<br />

Q DB<br />

Q RS<br />

Luglio<br />

Agosto<br />

Settembre<br />

Ottobre<br />

Novembre<br />

Dicembre<br />

Gennaio<br />

Febbraio<br />

Marzo<br />

Aprile<br />

Maggio<br />

Giugno<br />

2008 2009<br />

Periodo (mesi)<br />

B<br />

Fig. 4.7 - A) Volumi conferiti al Lago di Massaciuccoli dalle idrovore del sottobacino del Massaciuccoli<br />

Pisano per l’anno idrologico 2008-2009 (Luglio 2008-Giugno 2009) B) Grafico dell’andamento dei deflussi<br />

nel tempo.<br />

83


Il bilancio idrico del lago nel periodo estivo. Durante la stagione estiva il battente idraulico del<br />

Lago di Massaciuccoli è costantemente sotto il livello del medio mare, raggiungendo livelli<br />

compresi tra -0.40 e -0.50 m s.l.m. Questo abbassamento è considerato tra le cause principali<br />

dell’intrusione salina lungo il Canale Burlamacca e del peggioramento generale dello stato<br />

ecologico delle acque del lago. Al fine di ottenere una migliore comprensione dei fattori che<br />

determinano questa situazione di stress idrico si è stimato il bilancio idrico per il sistema lago-area<br />

palustre relativo ad una stagione secca della durata media di 100 giorni per l’anno idrologico medio<br />

2000-2009. Nel periodo considerato si è registrato un abbassamento medio del lago nella stagione<br />

estiva pari a-0.34 m s.l.m, mentre le perdite nette giornaliere sono pari a 0.0042 m/giorno (ovvero a<br />

0.97 m 3 /giorno). Il bilancio idrico del lago elaborato si riferisce al periodo estivo inteso come il<br />

periodo compreso tra il momento in cui il battente del lago si trova al livello 0 m s.l.m., ed il<br />

momento in cui esso raggiunge il minimo assoluto annuale. E’ riferito alla superficie lacustre ed alla<br />

superficie palustre contigua (ricoperta di vegetazione) per un totale di circa 20 Mm 2 (ripartiti in 10.5<br />

Mm 2 di superfici di acqua libera e 9.5 Mm 2 di superficie palustre). Lo schema concettuale su cui è<br />

basata la presente stima è presentato in Figura 4.8. Gli apporti (A) al sistema lago-area palustre sono<br />

costituti da:<br />

- precipitazioni meteoriche (P);<br />

- apporti dalle idrovore delle bonifiche meridionali (Idrov sud );<br />

- apporti dalle idrovore delle bonifiche settentrionali (Idrov nord );<br />

- ricarica superficiale e sotterranea dai rilievi orientali (Ric ril );<br />

- ricarica per ingresso di acque dal Canale Burlamaca (Sw Burlamacca ).<br />

Le perdite (B) dal sistema considerato sono invece costituite da:<br />

- evaporazione dalla superficie libera del lago (Ev);<br />

- evapotraspirazione dalla vegetazione palustre (Etr);<br />

- perdite per filtrazione verso l’acquifero superficiale delle bonifiche a sud (Gw sud );<br />

- perdite per filtrazione verso l’acquifero superficiale delle bonifiche a nord (Gw nord );<br />

- derivazioni a scopo irriguo (Ir).<br />

La derivazione dei termini del bilancio è discussa nell’Allegato 2<br />

Poiché il termine relativo alle uscite irrigue può variare in dipendenza del battente<br />

idraulico del lago e della presenza della derivazione attiva dal Fiume Serchio (a parità di apertura<br />

delle cateratte), e l’ingresso o meno di acqua dal Canale Burlamacca è di difficile quantificazione, si<br />

sono ipotizzati quattro casi:<br />

(segue)<br />

84


Nord<br />

SwBurlamacca<br />

Etr<br />

P<br />

Ev<br />

Sud<br />

Ir<br />

RicRil<br />

Idrovnord<br />

Δh rispetto allo 0<br />

Idrovsud<br />

Gwnord Gwsud<br />

Fig. 4.8 - Modello concettuale utilizzato per la valutazione del bilancio idrico del Lago di Massaciuccoli nel periodo estivo.<br />

85


- CASO 1: si considera attiva la derivazione dal Fiume Serchio (e quindi una<br />

riduzione delle uscite per l’irrigazione dal lago) e la presenza di afflussi dal Canale<br />

Burlamacca.<br />

- CASO 2: si considera l’assenza della derivazione dal Fiume Serchio e la presenza<br />

di afflussi dal Canale Burlamacca;<br />

- CASO 3: si considera la presenza della derivazione dal Fiume Serchio e l’assenza<br />

di ingressi dal Canale Burlamacca;<br />

- CASO 4: si considerano assenti sia la derivazione dal Fiume Serchio sia gli<br />

ingressi dal Canale Burlamacca.<br />

I risultati ottenuti sono illustrati nella Tabella 4.5 e sono compresi nel campo di<br />

variazione del 10% rispetto al valore delle perdite riferite alla stagione estiva nel periodo<br />

medio 2000-2009. Dalla lettura di questi si evince che nel periodo estivo, gli apporti naturali<br />

costituiscono tra il 18% ed il 22% degli apporti totali, mentre tra il 78% e l’82% è costituito<br />

da acque sollevate dalle idrovore. Per quanto riguarda le perdite, le principali sono dovute a<br />

evapotraspirazione ed evaporazione, che insieme costituiscono tra il 59% ed 61% del totale,<br />

mentre le perdite per filtrazione dal lago verso l’acquifero superficiale costituiscono tra il 27%<br />

ed il 29% e le perdite per irrigazione variano dal 10% al 14%.<br />

Nel bacino si hanno circa 0.16 m 3 /s che invece di essere conferiti al lago sono<br />

derivati per scopi idropotabili dal campo pozzi del Paduletto (Vecchiano) e dalle sorgenti di<br />

Villa Spinola (Massarosa). Sommando questo volume ai quantitativi utilizzati per<br />

l’irrigazione si può stimare che l’impatto sul deficit del bacino lacustre e palustre nel periodo<br />

estivo legato agli usi antropici sia variabile dal 39% al 49% delle perdite totali.<br />

86


CASO 1<br />

(con derivazione da Fiume Serchio e afflussi<br />

da Canale Burlamacca)<br />

CASO 2<br />

(con afflussi da Canale Burlamacca e<br />

senza derivazione da Fiume Serchio e)<br />

A m 3 /s % A m 3 /s %<br />

P 0.183 13 P 0.183 13<br />

Ric ril 0.050 4 Ric ril 0.050 4<br />

SW Burlamacca 0.075 5 SW Burlamacca 0.075 5<br />

Idrov sud 0.403 29 Idrov sud 0.403 29<br />

Idrov nord 0.685 49 Idrov nord 0.685 49<br />

TOTALE 1.396 TOTALE 1.396<br />

B m 3 /s % B m 3 /s %<br />

Ev 0.608 26 Ev 0.608 25<br />

Etr 0.810 35 Etr 0.810 34<br />

Ir 0.225 10 Ir 0.325 14<br />

Gw sud 0.245 11 Gw sud 0.245 10<br />

Gw nord 0.408 18 Gw nord 0.408 17<br />

TOTALE 2.295 TOTALE 2.396<br />

A-B -0.899 A-B -1.000<br />

Derivazioni antropiche m 3 /s Derivazioni antropiche m 3 /s<br />

Irrigazione 0.224 Irrigazione 0.325<br />

Derivazione sorgenti 0.16 Derivazione sorgenti 0.16<br />

Totale 0.384 Totale 0.485<br />

% su A-B 43 % su A-B 49<br />

CASO 3<br />

(con derivazione da Fiume Serchio e assenza<br />

di afflussi da Canale Burlamacca)<br />

CASO 4<br />

(senza derivazione da Fiume Serchio e<br />

assenza di afflussi da Canale Burlamacca)<br />

A m 3 /s % A m 3 /s %<br />

P 0.183 14 P 0.183 14<br />

Ric ril 0.050 4 Ric ril 0.050 4<br />

Idrov sud 0.403 30 Idrov sud 0.403 30<br />

Idrov nord 0.685 52 Idrov nord 0.685 52<br />

TOTALE 1.321 TOTALE 1.321<br />

B m 3 /s % B m 3 /s %<br />

Ev 0.608 26 Ev 0.608 25<br />

Etr 0.810 35 Etr 0.810 34<br />

Ir 0.225 10 Ir 0.325 14<br />

Gw sud 0.245 11 Gw sud 0.245 10<br />

Gw nord 0.408 18 Gw nord 0.408 17<br />

TOTALE 2.295 TOTALE 2.396<br />

A-B -0.974 A-B -1.07<br />

Derivazioni antropiche m 3 /s Derivazioni antropiche m 3 /s<br />

Irrigazione 0.224 Irrigazione 0.325<br />

Derivazione sorgenti 0.16 Derivazione sorgenti 0.16<br />

Totale 0.384 Totale 0.485<br />

% su A-B 39 % su A-B 45<br />

Tab. 4.5 - Bilancio idrico del lago nel periodo estivo.<br />

87


4.2 - Il monitoraggio qualitativo delle acque superficiali<br />

I parametri oggetto di analisi (si veda 3.2) sono discussi suddividendo i dati raccolti<br />

in misure di campo e misure di laboratorio; in seguito si riporta un esempio di modello di<br />

mescolamento. Per ultimo si discutono i dati relativi alla concentrazione del fosforo.<br />

Misure di campo: temperatura, pH, conducibilità. La temperatura delle acque dei canali è<br />

variata in funzione del periodo di campionamento, in accordo con la temperatura dell’aria.<br />

Durante la stagione invernale, la temperatura dell’acqua ha oscillato da un minimo di 5.1 °C a<br />

un massimo di 17.3°C, con un valore mediano di 9.1 °C (Fig. 4.9a) rispetto a un valore di<br />

11.9 °C dell’aria. In primavera la temperatura delle acque è variata da un minimo di 13.8 °C a<br />

28.5 °C; la mediana dei valori misurati era 21.8 rispetto a 26.8 relativa alla temperatura aria<br />

(Fig. 4.9b). In estate la mediana era di 24.8 °C rispetto al corrispondente valore della<br />

temperatura dell’aria (26.7 °C) (Fig. 4.9c). In autunno i valori misurati oscillavano da 6 °C a<br />

23 °C, con un valore mediano di 15.5 °C, prossimo alla mediana calcolata per i valori<br />

registrati in aria, 16.9 °C (Fig. 4.9d). Da sottolineare che in inverno e in autunno i valori<br />

massimi registrati, appartengono alle acque campionate allo scarico del depuratore di<br />

Vecchiano; valori che comunque non sono da considerarsi outlier rispetto al set dei .<br />

Tacqua (°C)<br />

32<br />

30<br />

28<br />

26<br />

24<br />

22<br />

20<br />

18<br />

16<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

32<br />

30<br />

28<br />

26<br />

24<br />

22<br />

20<br />

18<br />

16<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

a<br />

c<br />

Inverno<br />

Mediana<br />

25%-75% percentile<br />

Interv. Non-Outlier<br />

Estate<br />

Primavera<br />

Autunno<br />

Fig. 4.9 - Temperatura mediana stagionale delle acque<br />

b<br />

d<br />

I valori mediani di pH misurati nei periodi invernale, primaverile ed autunnale, non<br />

differiscono significativamente, rientrando nel range dell’errore strumentale, con valori di<br />

7.46, 7.44, 7.33 rispettivamente (Figura 4.10). Durante il periodo estivo invece il valore<br />

88


mediano è risultato pari a 7.73. Il valore di 8.52 registrato in un canale a scolo naturale della<br />

bonifica settentrionale (AS18) è da considerarsi un estremo rispetto ai valori misurati, mentre<br />

il valore di 7.26 misurato nel canale prima dell’Idrovora Beatrice nella bonifica settentrionale<br />

(AS22) è da considerarsi un outlier. In generale i valori di pH registrati durante il periodo<br />

estivo sono significativamente più elevati, in accordo con le temperature maggiori e quindi<br />

con una minore solubilità della CO 2 in acqua.<br />

pH<br />

8.8<br />

8.6<br />

8.4<br />

8.2<br />

8.0<br />

7.8<br />

7.6<br />

7.4<br />

7.2<br />

7.0<br />

6.8<br />

6.6<br />

6.4<br />

6.2<br />

6.0<br />

8.8<br />

8.6<br />

8.4<br />

8.2<br />

8.0<br />

7.8<br />

7.6<br />

7.4<br />

7.2<br />

7.0<br />

6.8<br />

6.6<br />

6.4<br />

6.2<br />

6.0<br />

Mediana<br />

25%-75%<br />

Interv. Non-Outlier<br />

Outlier<br />

Estremi<br />

Inverno<br />

Estate<br />

Primavera<br />

Autunno<br />

Fig. 4.10 – Valori mediani del pH nei diversi peridi di monitoraggio<br />

8000<br />

7000<br />

6000<br />

5000<br />

Conducibilità (uS /cm a 25°C)<br />

4000<br />

3000<br />

2000<br />

1000<br />

0<br />

8000<br />

7000<br />

6000<br />

5000<br />

4000<br />

3000<br />

2000<br />

1000<br />

0<br />

Inverno<br />

Mediana<br />

25%-75%<br />

Interv. Non-Outlier<br />

Outlier<br />

Estate<br />

Primavera<br />

Autunno<br />

Figura 4.11 – Valori mediani della conducibilità elettrica nei diversi<br />

peridi di monitoraggio<br />

89


Il pH misurato nel punto AS14 è risultato tra i più bassi rilevati nell’area di studio<br />

per quasi tutta la campagna di indagine (fanno eccezione i prelievi di giugno, ottobre e<br />

dicembre 2008), mentre il pH misurato nella stazione AS4 è risultato il più elevato nei mesi di<br />

febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno, ottobre 2008.<br />

La conducibilità delle acque è risultata variare tra 840 e 5160 µS/cm durante il<br />

periodo invernale (Figura 4.11), tra 810 e 5730 µS/cm durante il periodo primaverile e tra 900<br />

e 4490 µS/cm durante il periodo estivo. Il valore di 6980 µS/cm registrato nel canale della<br />

bonifica settentrionale (AS24) è un outlier rispetto al set dei campioni analizzati.<br />

Il contenuto di ossigeno disciolto misurato nei vari siti durante l’anno di<br />

monitoraggio è molto variabile sia nel tempo, sia nello spazio. Durante il periodo invernale<br />

non vi sono campioni con ossigeno disciolto < 2 mg/l, eccetto il campione AS1 in febbraio<br />

2008 che aveva livello di ossigeno disciolto uguale a zero. La mediana dei valori misurati in<br />

questo periodo è pari a 6.5 mg/l. Nel periodo primaverile i campioni con ossigeno disciolto <<br />

2 mg/l sono più numerosi: AS14, AS12 e AS13 (aprile 2008), AS1 (maggio 2008), AS 3,<br />

AS7, AS8 (giugno 2008) e AS16 (giugno 2009), mentre il valore mediano è risultato pari a<br />

4.6 mg/l. Il periodo estivo si dimostra il peggiore per quanto riguarda questo parametro e ciò è<br />

da mettere in relazione anche ai livelli molto bassi di acqua nei canali ed al minore<br />

idrodinamismo. Inoltre, come è noto, all’aumentare delle temperature la solubilità<br />

dell’ossigeno in acqua diminuisce. Possono quindi prevalere processi di consumo di ossigeno<br />

legati alla degradazione della materia organica sulla diffusione dell’ossigeno dall’atmosfera e<br />

sulla produzione fotosintetica. In questo periodo, i campioni con livelli < 2 mg/l sono quelli<br />

prelevati nei punti AS8, AS9 e AS3 (agosto) e tutti quelli della campagna di settembre 2008,<br />

eccetto AS7 e AS14. La mediana dei valori misurati nella stagione estiva risulta quindi<br />

nettamente inferiore ai periodi precedenti e pari a 1.8 mg/l. Durante i mesi di ottobre,<br />

novembre e dicembre 2008 la situazione si inverte ed il valore mediano aumenta di nuovo,<br />

risultando pari a 6.7 mg/l; in questo periodo, i campioni che hanno fatto registrare un livello<br />

di ossigeno disciolto inferiore ai 2 mg/l sono soltanto AS3 (ottobre), AS15 e AS16<br />

(novembre).<br />

Idrochimica degli ioni maggiori. Nei siti monitorati durante tutto il periodo di indagine i<br />

principali anioni sono risultati essere HCO 3 - , Cl - e SO 4 -2 ed i principali cationi rilevati sono<br />

stati Ca ++ e Na + . La composizione chimica delle acque in termini di ioni maggiori varia nello<br />

90


spazio e nei vari periodi osservati. La seguente trattazione cercherà, quindi, di mettere in<br />

evidenza le differenze di composizione tra i vari campioni e le variazioni spaziali registrate.<br />

Per individuare la facies idrochimica delle acque si è fatto ricorso ai diagrammi di<br />

classificazione di Langelier-Ludwig (LL).<br />

Le figure 4.12, 4.13, 4.14 e 4.15 illustrano per ogni campione il diagramma LL nei<br />

vari mesi di campionamento. I campioni sono stati suddivisi per comodità tra quelli a sud<br />

della Traversagna: AS1, 2, 3, 4, 5, 6, 15 e 16 ed i restanti a nord.<br />

Per i campioni del settore Sud l’anione predominante è il bicarbonato (Fig. 4.12),<br />

seguito dal cloruro (Fig. 4.13); per quanto riguarda i cationi, il calcio e il sodio sono risultati<br />

essere i principali. Infatti, le acque possono essere classificate come bicarbonato-calciche o<br />

miste, ed in particolare bicarbonato-calciche, bicarbonato-sodiche e cloruro-sodiche. Più in<br />

dettaglio si può osservare che uno stesso sito di campionamento vede variare il suo tipo<br />

chimico nelle diverse stagioni, eccetto alcuni casi particolari in cui la composizione rimane<br />

pressoché costante. Ad esempio le acque prelevate nel punto AS1 (Fig. 4.12) si classificano<br />

sempre come strettamente bicarbonato-calciche, specialmente nel periodo febbraio-maggio, o<br />

miste con prevalenza della componente bicarbonato-Ca, ma occorre ricordare che in questa<br />

sezione non sono stati prelevati campioni nel periodo estivo, per l’assenza di acqua nel canale.<br />

Anche il campione AS2, prelevato presso lo scarico del depuratore di <strong>Migliarino</strong>, presenta<br />

costantemente acque di tipo misto.<br />

Dalla figura 4.13 emerge che in corrispondenza dei prelievi di gennaio, febbraio e<br />

maggio le acque sono risultate per lo più miste con prevalenza di cloruro di sodio, mentre in<br />

marzo, aprile, novembre e dicembre sono ancora di tipo misto, ma con prevalenza di<br />

bicarbonato di sodio. Il campione AS3 presenta in aprile, novembre, dicembre, gennaio e<br />

febbraio 2009 acque di tipo bicarbonato-Ca e miste bicarbonato-Ca in febbraio 2008 e marzo,<br />

mentre da maggio a ottobre di tipo misto clorurato-sodiche. Il campione AS4 caratterizza<br />

un’acqua di tipo bicarbonato-Ca in gennaio, febbraio e marzo aprile, mista bicarbonato-Ca in<br />

agosto e ottobre e mista bicarbonato-solfato-Na a settembre. In maggio e giugno era di tipo<br />

misto cloruro-Na e in novembre misto solfato-clorurato-sodica. Le acque prelevate allo<br />

scarico del depuratore di Vecchiano (AS5) sono costantemente a carbonato di calcio o di<br />

sodio (febbraio, maggio, giugno, agosto, ottobre 2008 e gennaio 2009). Anche le acque<br />

campionate nel canale Barretta a valle del punto precedente (AS16) e nel canale Separatore<br />

(AS 15) a partire da novembre 2008 sono carbonato-calciche. Il campione AS6 passa da<br />

acque di tipo carbonato-calcico nel periodo invernale (gennaio, febbraio e marzo), primaverile<br />

91


(aprile e maggio) e autunnale (novembre e dicembre) ad acque cloruro-sodiche nei mesi<br />

giugno, agosto, settembre e ottobre.<br />

r(Na+K)<br />

mese: 11 mese: 10 mese: 9 mese: 8 mese: 6 mese: 5 mese: 4 mese: 3 mese: 2 mese: 1<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

mese: 12<br />

50<br />

25<br />

0<br />

0 25 50 0 25 50 0 25 50 0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

AS 1<br />

AS 2<br />

AS 3<br />

AS 4<br />

AS 5<br />

AS 6<br />

AS 15<br />

AS 16<br />

rHCO3<br />

Fig. 4.12- Diagramma LL-HCO3 per i campioni a sud della Traversagna<br />

r(Na+K)<br />

mese: 11 mese: 10 mese: 9 mese: 8 mese: 6 mese: 5 mese: 4 mese: 3 mese: 2 mese: 1<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

mese: 12<br />

50<br />

25<br />

0<br />

0 25 50 0 25 50 0 25 50 0 25 50 0 25 50 0 25 50 0 25 50<br />

0 25 50<br />

AS 1<br />

AS 2<br />

AS 3<br />

AS 4<br />

AS 5<br />

AS 6<br />

AS 15<br />

AS 16<br />

rCl<br />

Fig. 4.13 - Diagramma LL-Cl per i campioni a sud della Traversagna<br />

92


(Na+K)<br />

mese: 1<br />

mese: 2<br />

mese: 3<br />

mese: 4<br />

mese: 5<br />

mese: 6<br />

mese: 7<br />

mese: 8<br />

mese: 9<br />

mese:<br />

10<br />

mese:<br />

11<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

mese: 12<br />

50<br />

25<br />

0<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

AS 7<br />

AS 8<br />

AS 9<br />

AS 10<br />

AS 11<br />

AS 12<br />

AS 13<br />

AS 14<br />

rCl<br />

Fig. 4.14 - Diagramma LL-Cl per i campioni a nord della Traversagna<br />

r(Na+K)<br />

mese: 9 mese: 8 mese: 7 mese: 6 mese: 5 mese: 4 mese: 3 mese: 2 mese: 1<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

25<br />

0<br />

50<br />

mese:<br />

10<br />

25<br />

0<br />

50<br />

mese:<br />

11<br />

25<br />

0<br />

mese: 12<br />

50<br />

25<br />

0<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

0 25 50<br />

AS 7<br />

AS 8<br />

AS 9<br />

AS 10<br />

AS 11<br />

AS 12<br />

AS 13<br />

AS 14<br />

rSO4<br />

Fig. 4.15 - Diagramma LL-SO4 per i campioni a nord della Traversagna.<br />

93


I tipi di acque presenti nel settore più settentrionale, a nord della via Traversagna,<br />

sono invece principalmente di tipo clorurato-sodico, solfato-sodico e solfato-calcico (Fig.<br />

4.14 e 4.15).<br />

Bisogna sottolineare che questi sono caratterizzati da una variabilità temporale<br />

maggiore rispetto a quelli della parte meridionale; alcuni infatti passano da acque a solfato ad<br />

acque miste e/o a cloruro. I campioni AS10, AS11, AS12 e AS13 si classificano sempre come<br />

acque a cloruro o miste clorurate. Mentre i campioni AS7, AS8 e AS9 sono acque a solfato o<br />

miste solfatate, eccetto che nei mesi estivi e in ottobre quando passano ad acque cloruratosodiche.<br />

Il campione AS14 presenta un’acqua a solfato nei mesi autunnali e invernali mentre<br />

da marzo a ottobre le acque sono clorurato-sodiche.<br />

Riassumendo, dall’analisi dei dati, emerge una differenziazione del chimismo delle<br />

acque sia spaziale che temporale. In particolare, le due condizioni più diversificate si hanno<br />

nel periodo estivo rispetto a quello invernale. Sia nel periodo invernale sia in quello estivo il<br />

settore più meridionale dell’area di studio, compreso tra la via Traversagna e il Serchio, è<br />

caratterizzato da acque carbonato-calciche, come le acque sotterranee della falda superficiale.<br />

Le acque del settore adiacente al lago, invece, nel periodo invernale, sono cloruro-sodiche nei<br />

pressi dell’idrovora di Vecchiano (AS11), lungo il Collettore di Vecchiano (AS12 e AS13) e<br />

sul canale Barra nei pressi dell’immissione nel lago (AS10), mentre risultano a solfato nel<br />

settore orientale (AS 8, AS 9) e nei punti AS7 e AS14 (vedi la carta schematica di Fig..4.16).<br />

Nel periodo estivo aumenta la componente a cloruro di sodio, tanto che da giugno ad ottobre<br />

tutte le acque in questa zona sono risultate di tipo cloruro-sodico (Fig 4.17).<br />

La diversa composizione stagionale in sali delle acque presenti nella parte<br />

meridionale dell’area di studio e in quella settentrionale è illustrata rispettivamente nelle<br />

Figure 4.18 - 4.19 e 4.20 - 4.21. Le figure 4.18 e 4.19 mettono in luce che il contenuto salino<br />

(TDS) di tutte le acque campionate nei vari periodi, nella zona meridionale, mostra una buona<br />

correlazione lineare con il contenuto di bicarbonato, essendo questo lo ione dominante, e con<br />

il contenuto di cloruri. Diversamente, nella zona settentrionale, la situazione è più complessa<br />

e sottolinea la presenza di diversi tipi chimici che concorrono a costituire la salinità totale, con<br />

un diverso peso nelle diverse stagioni.<br />

94


Fig. 4.16 - Principali tipi chimici rilevati nel periodo invernale<br />

Fig. 4.17 - Principali tipi chimici rilevati nel periodo estivo<br />

95


Risulta evidente dalla figura 4.20, la correlazione del TDS con i cloruri nel periodo<br />

estivo. Nei restanti periodi la situazione è più complessa: il TDS di tali campioni risulta infatti<br />

maggiore in relazione al contenuto di cloruro, ma anche altri ioni contribuiscono al contenuto<br />

salino totale, principalmente i solfati (come risultato dalla classificazione e come messo in<br />

evidenza nella Figura 4.21).<br />

80<br />

70<br />

60<br />

TDS TSS meq/l<br />

50<br />

40<br />

30<br />

TDS<br />

20<br />

Stagione invernale<br />

10<br />

Stagione primaverile<br />

Stagione estiva<br />

Stagione autunnale<br />

0<br />

0 2 4 6 8 10 12 14 16<br />

Alcalinità (meq/l)<br />

Fig. 4.18 - Grafico binario Totale Solidi Disciolti e alcalinità<br />

per i campioni prelevati nella parte meridionale dell’area di<br />

studio (da AS1, AS2, AS3, AS4, AS5, AS6, AS15 e AS16)<br />

Fig. 4.19 - Grafico binario Totale Solidi Disciolti e cloruri<br />

per i campioni prelevati nella parte meridionale dell’area<br />

di studio (da AS1, AS2, AS3, AS4, AS5, AS6, AS15 e AS16)<br />

120<br />

100<br />

TDS<br />

TDS meq/l<br />

80<br />

60<br />

40<br />

Fig. 4.20 - Grafico binario Totale Solidi Disciolti e cloruri<br />

per i campioni prelevati nella parte settentrionale dell’area<br />

di studio (da AS7, AS8, AS9, AS10, AS11, AS12, AS13 e<br />

AS14)<br />

20<br />

Stagione invernale<br />

Stagione primaverile<br />

Stagione estiva<br />

Stagione autunnale<br />

0<br />

0 5 10 15 20 25 30 35 40<br />

SO4 meq<br />

Fig. 4.21 - Grafico binario Totale Solidi Disciolti e cloruri<br />

per i campioni prelevati nella parte settentrionale dell’area<br />

di studio (da AS7, AS8, AS9, AS10, AS11, AS12, AS13 e<br />

AS14)<br />

Modelli di mescolamento. I valori di concentrazione di Cl - e SO -2 4 nelle acque dei canali e del<br />

lago consentono di evidenziare la presenza di mescolamenti tra i diversi corpi d’acqua. Il<br />

confronto tra valori di concentrazione delle diverse specie misurati e dedotti dai modelli di<br />

mescolamento ipotizzati permettono di riconoscere la presenza di processi quali precipitazioni,<br />

96


solubilizzazioni, speciazioni di sostanze che dipendono dalle variazioni di condizioni redox del<br />

sistema.<br />

Un esempio molto significativo è quello riportato in Fig. 4.22 che mostra le relazioni tra<br />

le concentrazioni di Cl - e SO -2 4 misurate nel mese di agosto nei vari canali e nel lago.<br />

1000<br />

900<br />

800<br />

700<br />

SO4 (mg/l)<br />

600<br />

500<br />

Massaciuccoli<br />

Collettore<br />

Idrovora<br />

Vecchiano<br />

Out<br />

Barra<br />

Ponte bonifica<br />

Fossa Nuova<br />

400<br />

300<br />

Fosso Reale<br />

A monte Idrovora<br />

Massaciuccoli<br />

Barra a valle<br />

Idrovore<br />

Centro Lago<br />

200<br />

100<br />

Idrovora<br />

Vecchiano<br />

punto 3<br />

Gorello<br />

Traversagna<br />

Idrovora<br />

Vecchiano Idrovora<br />

punto 1 Vecchiano<br />

punto 2<br />

0<br />

0 200 400 600 800 1000 1200 1400<br />

Cl (mg/l)<br />

Fig. 4.22 - Grafico bivariato Cl vs SO4 per il mese di agosto 2008.<br />

In figura 4.22 sono riportati, tra l’altro, i valori di concentrazione misurati in tre punti<br />

diversi situati lungo il canale Collettore di Vecchiano che conduce all’idrovora di Vecchiano. Il<br />

punto 3 (corrispondente ad AS14) è quello più lontano dall’idrovora, il punto 2 (corrispondente<br />

ad AS13) è intermedio, il punto 1 (corrispondente ad AS12) è immediatamente a monte<br />

dell’idrovora.<br />

Dal punto 3 al punto 2 i cloruri aumentano. Questo fatto esclude che il fosso Reale<br />

(corrispondente ad AS7), per la posizione che ha nel grafico, possa influenzare la chimica del<br />

punto 2. Si può invece pensare che la posizione del punto 2 sia dovuta ad un mescolamento tra<br />

l’acqua del lago ed il punto 3. In tale caso si deve ammettere una riduzione dei solfati (in modo<br />

tale da collocare il punto 2 in una ipotetica linea retta che congiunge il punto 3 e le acque del<br />

lago).<br />

Nelle Tabb. 4.6 e 4.7 sono riportati i risultati del modello di mescolamento ipotizzato tra<br />

lago e punto 3 per ottenere il punto 2, considerando lo ione cloruro come tracciante del processo<br />

(cioè tenendone fisso il valore). La frazione di acque del lago che si dovrebbe mescolare con<br />

97


l’acqua del punto 3 del canale per ottenere il valore di cloruri misurato nel punto 2, è pari al<br />

72%. Come si può vedere dalle Tabelle 4.6 e 4.7, la diminuzione dei solfati rispetto al valore<br />

teorico, deducibile dal modello di mescolamento, è accompagnata da un aumento dell’ammonica<br />

e dei nitriti. Tutto ciò avvalora l’ipotesi dell’esistenza di processi di riduzione dei solfati dovuti<br />

alla presenza di ambienti riducenti. Anche l’alcalinità aumenta in modo significativo rispetto al<br />

valore misurato. Ciò fa pensare ad un processo ben noto in base al quale l’ossidazione della<br />

materia organica avviene a spese dell’ossigeno presente nei solfati. In questo processo<br />

aumentano anche i fosfati sia solubili che totali. In questo caso si dovrebbe avere un importante<br />

aumento della portata. Se 100, in unità arbitrarie, fosse la portata misurata nel punto 3, quella<br />

misurata nel punto 2 dovrebbe essere 357; range del tutto compatibile con le osservazioni<br />

effettuate.<br />

Parametro X Alcalinità Cloruri Solfati Sodio Potassio Calcio Magnesio<br />

ricostruito (mg/l) 0.72 4.04 879 350 488 24 150 88<br />

valore misurato (mg/l) 6.68 879 244 513 19 127 88<br />

differenza percentuale 40 0 -44 4.88 -23 -18 -0.062<br />

errrore (mg/l) 0.05 0.23 60 18 30 1.35 5.95 4.84<br />

Tab. 4.6 - Valore dei componenti maggiori ricostruiti sulla base della frazione X di acqua del lago<br />

supponendo un suo mescolamento con il campione 3 del canale Collettore di Vecchiano.<br />

Parametro X Br N-NH4 N-NO2 P-P04 Ptot<br />

ricostruito (mg/l) 0.72 2.85 0.34 0.006 0.005 0.082<br />

valore misurato (mg/l) 3.02 0.72 0.072 0.36 0.48<br />

differenza percentuale 5.59 53 92 98 83<br />

errrore (mg/l) 0.05 0.20 0.07 0.001 9.87E-04 0.013<br />

Tab. 4.7. - Valore dei nutrienti e del Br ricostruiti sulla base della frazione X di acqua del lago<br />

supponendo un suo mescolamento con il campione 3 del canale dell’Idrovora di Vecchiano<br />

Sulla base dei soli dati di concentrazione, non si può tuttavia escludere un modello<br />

alternativo in base al quale l’end-member non è più il lago, ma la Barra in prossimità della Foce.<br />

I risultati di tale modello di mescolamento sono mostrati nelle Tabelle 4.8 e 4.9.<br />

In questo caso il contributo della Barra sarebbe dell'87%. I processi redox sono però<br />

dello stesso tipo. Tuttavia per quanto si può dedurre dai dati derivanti dal monitoraggio<br />

quantitativo delle acque, il primo modello di mescolamento risulta il più probabile (si veda 4.1).<br />

Nel passaggio dal punto 2 al punto 1 del canale dell’idrovora di Vecchiano la<br />

concentrazione di ioni Cl -<br />

diminuisce, mentre aumenta quella di ioni SO 4 -2 . Una possibile<br />

spiegazione potrebbe essere l'apporto di acque simili in composizione a quelle campionate nel<br />

canale a monte dell’idrovora di Massaciuccoli: infatti il punto 1 è intermedio tra il punto 2 e il<br />

campione sopra citato. Nel mese di agosto la Barra a valle delle idrovore e l’acqua all’uscita<br />

98


dell’idrovora di Vecchiano non sono così distinguibili, a dimostrazione della contiguità dei due<br />

sistemi.<br />

Parametro X Alcalinità Cloruri Solfati Sodio Potassio Calcio Magnesio<br />

ricostruito (mg/l) 0.87 4.3 879 364 488 22 147 88<br />

valore misurato (mg/l) 6.68 879 244 513 19 127 88<br />

differenza percentuale 36 0 -49 5 -16 -15 0<br />

errrore (mg/l) 0.066 0.24 61 20 31 1.3 6.5 5<br />

Tab. 4.8 - Valore dei componenti maggiori ricostruiti sulla base della frazione X di acqua della Barra<br />

alla foce supponendo un suo mescolamento con il campione 3 del canale Collettore di Vecchiano<br />

Parametro X Br N-NH4 N-NO2 P-P04 Ptot<br />

ricostruito (mg/l) 0.87 2.93 0.25 0.040 0.008 0.29<br />

valore misurato (mg/l) 3.02 0.72 0.072 0.36 0.48<br />

differenza percentuale 2.99 66 44 98 39<br />

errrore (mg/l) 0.066 0.21 0.069 0.004 0.0009 0.027<br />

Tab.4.9 - Valore dei nutrienti e del Br ricostruiti sulla base della frazione X di acqua della Barra alla<br />

foce supponendo un suo mescolamento con il campione 3 del canale Collettore di Vecchiano<br />

L’aspetto da evidenziare è comunque l’apporto dell’acqua del lago al Collettore di<br />

Vecchiano, passando dal punto 3 (AS14) al punto 2 (AS13), questo infatti alimenta la falda che a<br />

sua volta alimenta il canale. L’acqua del lago subisce tuttavia importanti modifiche che indicano<br />

una sua interazione con un sistema riducente e ricco di materia organica, la cui ossidazione<br />

avviene a spese dei solfati che fanno segnare una diminuzione di concentrazione. A causa di tale<br />

processo di ossidazione della materia organica si ha anche il rilascio del fosforo sia solubile che<br />

totale.<br />

I fenomeni evidenziati si registrano anche in altri mesi dell’anno come testimoniato dai<br />

vari casi discussi in modo sintetico nell’allegato 5.<br />

Il monitoraggio del fosforo. La tabella 4.10 riporta le statistiche riguardanti i valori di<br />

concentrazione di P-PO 4 calcolate per i vari punti di campionamento.<br />

I campioni AS2 (depuratore di <strong>Migliarino</strong>), AS3 (Traversagna all’altezza del ponte<br />

sull’autostrada), AS5 (depuratore di Vecchiano) e AS16 (Barretta) hanno valori medi e le<br />

mediane più elevate rispetto a tutti gli altri campioni. Da osservare, inoltre, l’aumento del<br />

contenuto di P-PO 4 nel canale che alimenta l’idrovora di Vecchiano passando dal punto più a<br />

monte dell’impianto (AS14, P-PO 4 = 0.018 mg/l) a quello a ridosso dell’idrovora (AS12, P-PO 4<br />

= 0.12 mg/l).<br />

I valori di concentrazione del P-PO 4 misurato nel lago (L15, L9) ed allo sbocco nel lago<br />

del Burlamacca (L7), del canale Le 15 (L18) e della Fossa Nuova (L2) sono invece spesso più<br />

bassi, al di sotto del limite di detezione del metodo analitico. Viceversa il campione della Barra<br />

in prossimità della foce (L12) ha valori di un ordine di grandezza superiore. Tra i canali che<br />

99


sfociano nel lago, quello che presenta le maggiori concentrazioni di P-PO 4 è il Quiesa (L6) che<br />

presenta un elevato grado di contaminazione.<br />

campione P-P04 - medie P-P04 - N P-P04 - 25-Q* P-P04 - mediana P-P04 - 75-Q*<br />

AS1 0.027 8 0.001 0.001 0.006<br />

AS2 1.99 8 1.52 2.21 2.41<br />

AS3 1.61 11 0.30 0.99 3.41<br />

AS4 0.37 11 0.11 0.16 0.61<br />

AS5 0.79 11 0.38 0.40 1.21<br />

AS6 0.18 12 0.050 0.18 0.34<br />

AS7 0.19 12 0.019 0.084 0.19<br />

AS8 0.018 12 0.001 0.013 0.019<br />

AS9 0.11 11 0.048 0.083 0.15<br />

AS10 0.038 11 0.017 0.034 0.066<br />

AS11 0.095 11 0.058 0.083 0.14<br />

AS12 0.12 11 0.054 0.11 0.16<br />

AS13 0.092 11 0.040 0.067 0.13<br />

AS14 0.018 10 0.001 0.015 0.02<br />

L2 0.001 5 0.001 0.001 0.001<br />

L6 0.12 6 0.051 0.087 0.19<br />

L7 0.001 6 0.001 0.001 0.001<br />

L9 0.006 6 0.001 0.001 0.001<br />

L12 0.040 6 0.010 0.035 0.05<br />

L15 0.001 6 0.001 0.001 0.001<br />

L18 0.001 6 0.001 0.001 0.001<br />

AS15 0.22 4 0.072 0.23 0.38<br />

AS16 0.82 4 0.72 0.80 0.92<br />

Tab. 4.10 - Tabella di segmentazione delle statistiche descrittive del P-PO4. I valori sono espressi in mg/l<br />

*=percentile<br />

La concentrazione media del P-PO 4 (0.11 mg/l) in ingresso all’idrovora di<br />

Massaciuccoli (campione AS9) è confrontabile con quella in ingresso all’idrovora di Vecchiano<br />

(0.12 mg/l), mentre la Barra campionata al ponte della Bonifica (campione 10) ha un contenuto<br />

di P-PO 4 di molto inferiore (0.038 mg/l). La tabella 4.11 riporta invece le statistiche di Ptot<br />

calcolate per i vari punti di campionamento.<br />

I valori di Ptot sono superiori a quelli di P-PO 4 e le due quantità sono tra di loro<br />

fortemente correlate (coefficiente di correlazione = 0.87). Se si considera l’intero set di dati la<br />

relazione tra Ptot e P-PO 4 è espressa dalla seguente relazione Ptot=3.63 . P-PO 4 , cioè il contenuto<br />

di Ptot è circa 3-4 volte superiore a quello del P-PO 4 .<br />

100


campione Ptot - media Ptot - N Ptot - 25-Q Ptot - mediana Ptot - 75-Q<br />

AS1 0.34 7 0.11 0.23 0.58<br />

AS2 3.44 7 2.57 3.51 4.51<br />

AS3 1.93 10 0.71 1.22 3.70<br />

AS4 0.85 10 0.28 0.40 1.60<br />

AS5 2.38 11 1.26 1.42 2.73<br />

AS6 0.47 11 0.29 0.46 0.57<br />

AS7 0.62 12 0.27 0.33 0.81<br />

AS8 0.18 12 0.085 0.14 0.26<br />

AS9 0.30 10 0.19 0.28 0.39<br />

AS10 0.33 12 0.14 0.27 0.34<br />

AS11 0.27 12 0.23 0.24 0.33<br />

AS12 0.32 12 0.23 0.28 0.41<br />

AS13 0.29 11 0.14 0.23 0.47<br />

AS14 0.21 11 0.11 0.17 0.22<br />

L2 0.041 5 0.036 0.04 0.05<br />

L6 0.27 6 0.21 0.25 0.32<br />

L7 0.052 5 0.041 0.04 0.064<br />

L9 0.060 5 0.034 0.07 0.086<br />

L12 0.23 6 0.22 0.25 0.28<br />

L15 0.037 5 0.028 0.033 0.044<br />

L18 0.034 5 0.011 0.015 0.048<br />

AS15 0.17 2 0.10 0.17 0.24<br />

AS16 2.40 4 1.03 2.11 3.76<br />

Tab. 4.11 - Tabella di segmentazione delle statistiche descrittive del Ptot. I valori sono espressi in mg/l.<br />

*=percentile<br />

Le concentrazioni maggiori di Ptot sono presenti ancora una volta nei campioni<br />

prelevati all’uscita dei depuratori, nella Traversagna (altezza ponte dell’autostrada) e nella<br />

Barretta. Il punto immediatamente a monte dell’idrovora di Vecchiano (campione AS12) ha una<br />

concentrazione mediana di Ptot pari a 0.32mg/l, quello immediatamente a monte dell’idrovora di<br />

Massaciuccoli (campione 9) ha un valore di 0.30 mg/l e quello della Barra all’altezza del ponte<br />

della Bonifica (campione 10) ha un valore di concentrazione di 0.33 mg/l.<br />

È interessante osservare che i valori di concentrazione di Ptot del centro Lago (L15), di<br />

Torre del Lago (L9) e dello sbocco dei canali Burlamacca (L7) e Le Quindici (L18), si<br />

mantengono inferiori a tutti gli altri, ma sono di un ordine di grandezza superiori ai valori di P-<br />

PO 4 medi calcolati. Per ciò che riguarda il canale di alimentazione della idrovora di Vecchiano si<br />

osserva, anche se in modo molto più limitato, lo stesso andamento evidenziato per P-PO 4 ; in altri<br />

termini i valori di concentrazione di Ptot misurati nei tre punti di prelievo (AS14, AS13 e AS12)<br />

subiscono un lieve incremento passando dal punto AS14 al punto AS12.<br />

101


In tabella 4.12 sono riportati i valori medi, massimi e minimi della concentrazione di P-<br />

PO 4 e di Ptot misurata alle idrovore in alcuni canali (significativi per i loro apporti) che sfociano<br />

direttamente nel lago.<br />

NOME P-P04 - med P-P04 - min P-P04 - max Ptot - med Ptot - min Ptot -max<br />

IDR.MASSACIUCCOLI 0.11 0.0012 0.39 0.30 0.094 0.69<br />

BARRA-PONTE BONIFICA 0.038 0.0010 0.086 0.33 0.10 1.38<br />

IDR.VECCHIANO IN 0.12 0.020 0.29 0.32 0.13 0.63<br />

QUIESA 0.12 0.029 0.28 0.27 0.073 0.51<br />

Tab. 4.12 - Valori medi, massimi e minimi delle concentrazioni di P-PO4 e Ptot misurati alle idrovore ed<br />

alcuni canali monitorati che sfociano direttamente nel lago<br />

.<br />

Le dinamiche del fosforo solubile nel lago, che fanno si che i valori medi, minimi e<br />

massimi siano sempre inferiori ai valori di ingresso misurati, sono complesse. In particolare<br />

occorre considerare il ruolo dell’attività fotosintetica, che sottrae fosforo al sistema, i processi di<br />

precipitazione (formazione di idrossilapatite) e co-precipitazione con minerali di ferro e di<br />

calcio.<br />

4.3 - Le tipologie agricole e l’uso del suolo<br />

I modelli agricoli attuali. Complessivamente sono state censite 23 aziende agricole<br />

corrispondenti ad una superficie aziendale di 2229 ha ed a una SAU (rappresentata dalla somma<br />

delle superfici destinate alle diverse colture, al netto delle tare poderali e con esclusione dei<br />

boschi e delle pinete) di 1436 ha.<br />

Le aziende censite, come risulta anche dalle indagini precedenti, sono per lo più di<br />

dimensioni medio-grandi, con un ordinamento produttivo prevalentemente cerealicoloindustriale<br />

ed una netta predominanza della coltivazione del mais, seguito dal frumento duro e<br />

dagli altri cereali a paglia, pur essendo rilevabili realtà circoscritte, ma significative, in cui<br />

prevalgono invece l’orticoltura o l’olivicoltura.<br />

La SAU risulta essere interamente pianeggiante e presenta quasi esclusivamente<br />

sistemazioni “a scoline” temporanee, ad eccezione di 72 ha interessati dal drenaggio tubolare<br />

presenti nel sotto-bacino di Vecchiano; la manutenzione della rete scolante è generalmente<br />

gestita a livello aziendale.<br />

Circa metà delle aziende è a conduzione diretta; segue, nettamente meno rappresentata,<br />

la ditta individuale con sole 4 aziende ed altrettanti risultano essere gli affittuari.<br />

102


Prevalgono i metodi di coltivazione di tipo convenzionale; nessuna azienda adotta<br />

metodologie di agricoltura biologica e due sole aziende, in passato, avevano aderito all’ex Reg.<br />

2078/92. Poche anche le aziende agrituristiche presenti, di cui una dislocata nel sotto-bacino di<br />

Massaciuccoli ed una a <strong>Migliarino</strong>.<br />

La SAU media delle aziende censite si aggira attorno ai 62 ha; anche se si deve<br />

considerare che nel corso dell’indagine svolta nel 2009 sono state privilegiate le aziende di<br />

maggiore dimensioni avendo potuto considerare un campione meno esteso rispetto alle indagini<br />

precedentemente effettuate.<br />

Per quanto riguarda la meccanizzazione agricola, la potenza media per ettaro di SAU<br />

risulta pari a 5.7 CV/ha. Il ricorso al contoterzismo interessa la maggior parte delle aziende<br />

intervistate (ad esclusione di 3) ed i servizi maggiormente richiesti sono quelli della semina e<br />

della raccolta dei cereali, che vengono effettuati su oltre la metà degli ha censiti.<br />

Fra i comparti colturali prevalgono nettamente i cereali che da soli occupano oltre il<br />

60% della SAU, seguiti dalle colture industriali (12%), dalle ortive (10%) e dalle colture arboree<br />

(8%).<br />

Le due specie più coltivate dalle aziende intervistate sono il mais (46% della SAU) e il<br />

frumento duro (21%), seguiti dal girasole (12%). Fra le ortive prevalgono invece il pomodoro e<br />

lo spinacio che, seppure diffusi su porzioni limitate di superficie (5% della SAU), rivestono<br />

particolare importanza economica ed ambientale. Le foraggere presentano un’estensione<br />

piuttosto limitata pari a 25 ha (poco meno del 2% della SAU) e comprendono quasi<br />

esclusivamente erba medica.<br />

Le arboree occupano complessivamente poco più di 70 ha interamente costituiti da<br />

oliveti presenti nel sotto-bacino di Vecchiano, cui si vanno ad aggiungere circa 40 ha di pioppo<br />

turnato (interamente compresi nella zona di <strong>Migliarino</strong> e del sotto-bacino di Vecchiano).<br />

Nessuna delle aziende campionate ha dichiarato superfici destinate a set-aside.<br />

Le produzioni del mais da granella si aggirano attorno a valori medi di 9.2 t/ha, le rese<br />

più alte sono generalmente ottenute nelle aziende collocate nella porzione nord dell’area di<br />

studio. Il frumento duro fa segnare rese medie superiori alle 4.0 t/ha di cariossidi, mentre il<br />

girasole si attesta attorno alle 3 t/ha di acheni.<br />

Oltre metà della SAU è interessata da avvicendamenti colturali; fra questi il più<br />

frequente è costituito dalla rotazione triennale rinnovo-rinnovo-depauperante (ad es. mais - mais<br />

- frumento), ma significativo si dimostra anche il ricorso all’omosuccessione di mais che<br />

interessa il 28% della superficie coltivata.<br />

103


L’utilizzo dei mezzi tecnici risulta piuttosto eterogeneo nelle diverse aziende censite,<br />

ma per quanto riguarda le lavorazioni del terreno, è frequente il ricorso a cantieri di lavoro<br />

tradizionali, fra cui l’aratura gioca ancora un ruolo preminente.<br />

Il piano di fertilizzazione azotata è formulato, una volta su quattro, sulla base<br />

dell’esperienza del conduttore, mentre nel rimanente 75% dei casi l’agricoltore si avvale di<br />

personale tecnico specializzato che determina le dosi da distribuire sulla base del calcolo teorico<br />

del bilancio dell’azoto. Le concimazioni organiche interessano circa un 20% della SAU, in cui<br />

vengono distribuiti principalmente concimi organici di origine commerciale oppure viene<br />

effettuato lo spargimento del letame bovino; in ogni caso la concimazione organica risulta<br />

sempre associata a quella minerale.<br />

L’irrigazione interessa il 32% della SAU. Il metodo irriguo più diffuso è quello della<br />

sub-irrigazione (63% della superficie irrigua), che consiste nel richiamare l’acqua dal lago verso<br />

le scoline, attraverso il sistema di chiuse descritto in precedenza, grazie al dislivello favorevole<br />

del battente idraulico del lago. Questo sistema è utilizzato principalmente nella porzione<br />

dell’area meridionale compresa tra il lago e la via Traversagna; nelle altre zone sono utilizzati i<br />

sistemi convenzionali, quali l’irrigazione a pioggia (23% della superficie irrigua) e quella goccia<br />

(14% della superficie irrigua). Non è stato possibile invece raccogliere alcuna informazione<br />

attendibile riguardo ai volumi impiegati. Nel 53% dei casi, la scelta del momento dell’intervento<br />

irriguo sembra dettata dall’osservazione di sintomi di stress sulla pianta.<br />

Il settore zootecnico, come suggerisce l’esigua presenza di foraggere, è limitato ed<br />

interessa solo due aziende in cui sono presenti un allevamento di bovini da carne e un<br />

allevamento avicolo industriale.<br />

Il confronto diacronico. Come anticipato in 3.3 i dati raccolti nei censimenti del ‘92 e del ‘96<br />

sono stati raggruppati e considerati unitariamente, sia per aumentare il numero delle aziende<br />

confrontabili, sia perché le informazioni raccolte nel corso delle due indagini sono in parte<br />

complementari. Lo stesso è stato fatto per i dati raccolti nel corso del 2009 che sono stati<br />

integrati con quelli raccolti nell’indagine del 2005. In questo modo è stato possibile operare un<br />

confronto diacronico fra modalità di conduzione passate e presenti delle stesse aziende,<br />

valutando i cambiamenti occorsi nell’arco di oltre un decennio.<br />

Sono state riportate nelle Tabelle 4.13 e 4.14 le variazioni percentuali rispetto al<br />

presente della SAU (costituita dalla somma delle superfici destinate alle diverse colture, al netto<br />

delle tare poderali e con esclusione dei boschi e delle pinete) in termini di ha coltivati e di<br />

numero delle aziende. L’operazione effettuata è stata quella di sottrarre la SAU rilevata nei primi<br />

104


censimenti a quella attuale e di normalizzare le differenze ottenute rispetto alla superficie<br />

aziendale odierna. Una variazione di ±10% del valore della SAU è stata considerata trascurabile,<br />

poiché contenuta all’interno dell’intervallo di errore attribuibile alle dichiarazioni rilasciate dagli<br />

agricoltori.<br />

Nell’arco di tempo considerato il dato medio rimane identico, mentre emergono alcune<br />

differenze nel dato disaggregato. Se infatti la SAU di circa la metà delle aziende rimane<br />

praticamente invariata nell’arco di tempo considerato, si osserva invece come per circa un terzo<br />

delle aziende la SAU aumenti considerevolmente. Sono invece poche le aziende che vedono<br />

contrarre le proprie dimensioni e risultano soprattutto concentrate negli intervalli di variazione<br />

maggiori. Anche in termini di ha le differenze calcolate si distribuiscono in maniera pressoché<br />

analoga a quanto visto in precedenza, facendo emergere come le aziende che hanno subito una<br />

contrazione della SAU siano di dimensioni inferiori alla media (nella classe


in gestione a conduttori più giovani a causa di successione o vendita (Tabb. 4.15 e 4.16). Nel<br />

complesso l’età media è comunque aumentata passando dai 53.5 anni rilevati nel 1993-96 ai 57.4<br />

anni del 2005-09.<br />

Classi n° aziende %<br />

stesso conduttore 9 47<br />

conduttore più giovane 8 42<br />

conduttore più anziano 2 11<br />

Totale 19 100<br />

Tab. 4.15 - Variazione dell’età del conduttore per aziende<br />

Classi ha %<br />

stesso conduttore 443.3 35<br />

conduttore più giovane 574.5 45<br />

conduttore più anziano 255 20<br />

Totale 1272.8 100<br />

Tab. 4.16 - Variazione dell’età del conduttore per ha gestiti<br />

Il quadro relativo al livello di istruzione posseduto dagli agricoltori intervistati nelle due<br />

epoche è piuttosto variegato (Figg. 4.23 e 4.24): i titoli prevalenti nel 1992 e 1996 sono stati il<br />

diploma e la licenza elementare (più del 60% degli intervistati e degli ha del campione); soltanto<br />

il 28% possedeva un titolo di studio attinente alla professione svolta (diploma di perito agrario o<br />

laurea in scienze agrarie). Minoritaria anche la quota dei laureati in altre discipline (6% degli ha<br />

gestiti). Dalle interviste più recenti (2005-2009) relative allo stesso campione di aziende, emerge<br />

invece un quadro diverso caratterizzato da una maggiore incidenza dei laureati in agraria, che<br />

con i periti agrari raggiungono circa il 40% degli intervistati corrispondenti al 30% degli ha<br />

censiti); in leggera diminuzione, ma sempre rilevante (28% degli intervistati e 23% degli ha) la<br />

quota di coloro che hanno conseguito la licenza elementare. Seguono i diplomati e i laureati in<br />

altre discipline (rispettivamente il 19 ed il 16% degli ha).<br />

106


laurea<br />

laurea in agraria<br />

1992-96<br />

licenza elementare<br />

perito agrario<br />

licenza media<br />

diploma<br />

Fig. 4.23 - Ripartizione percentuale dei titoli di studio in termini di ha gestiti nella prima metà degli anni<br />

’90.<br />

2005-09<br />

laurea in agraria<br />

licenza elementare<br />

licenza media<br />

diploma<br />

laurea<br />

perito agrario<br />

Fig. 4.24 - Ripartizione percentuale dei titoli di studio in termini di ha gestiti nel periodo 2005-’09.<br />

Per quanto riguarda la meccanizzazione agricola, la potenza media per ettaro di SAU<br />

nei primi anni 90 risultava pari a circa 4.4 CV/ha, mentre la media attuale dello stesso campione<br />

risulta leggermente superiore ed è pari a 5.4 CV/ha. Tuttavia il dato medio nasconde differenze<br />

significative fra le aziende, la cui meccanizzazione è variata negli anni.<br />

Nelle Tabelle 4.17 e 4.18 sono riportate le differenze in termini di CV/ha tra i due<br />

periodi di indagine. Come si può osservare, a fronte di un certo numero di aziende che non<br />

variano il loro livello di meccanizzazione rispetto alla SAU, ce ne sono altrettante che vedono<br />

107


contrarre il loro parco macchine e quasi lo stesso numero di aziende che invece lo incrementa.<br />

Anche in termini di ha gestiti il quadro appare sostanzialmente identico.<br />

Classi* n° aziende %<br />

+10 0 0.0<br />

Totale 27 100.0<br />

Tab. 4.17 - Variazione della meccanizzazione (CV/ha di SAU) in termini di aziende<br />

Classi* ha %<br />

+10 0 0<br />

Totale 1257.5 100<br />

*calcolate come: CV/ha 05-09 - CV/ha 93-96<br />

Tab. 4.18 - Variazione della meccanizzazione (CV/ha di SAU) in termini di ha<br />

Anche il quadro relativo agli ordinamenti colturali presenta alcune variazioni. Nelle<br />

cross tables (Tabb. 4.19 e 4.20) è possibile rilevare le variazioni degli ordinamenti produttivi dai<br />

primi anni novanta ad oggi per le stesse aziende e le relative superfici. I dati percentuali sono<br />

riferiti alle superfici attuali. Risulta evidente che l’ordinamento oggi prevalente è quello<br />

cerealicolo-industriale che interessa circa il 46% delle superfici, ma soltanto il 27% delle<br />

aziende; sono infatti le aziende di più grandi dimensioni ad adottarlo. Segue poi l’ordinamento di<br />

tipo puramente cerealicolo, con un’incidenza minore in termini di superficie occupata, ma con<br />

eguale importanza in termini di aziende coinvolte. Anche nei primi anni novanta il cerealicoloindustriale<br />

risultava essere tra gli ordinamenti prevalenti, ma con un’incidenza minore (32% in<br />

termini di superfici e 27% in termini di aziende), seguito ancora dall’ordinamento cerealicolo sia<br />

come aziende che come superfici (rispettivamente il 20% e il 12%).<br />

Dal punto di vista della stabilità aziendale (cioè della tendenza dell’azienda a mantenere<br />

o meno lo stesso ordinamento produttivo) si osserva una riduzione degli ordinamenti misti (in<br />

particolare cerealicolo-industriale-ortivo), che rappresentavano in passato ben il 23% delle<br />

aziende ed il 44% della SAU, a vantaggio degli ordinamenti cerealicolo-industriali, cerealicoli o<br />

108


cerealicolo-ortivi, testimoniando una certa contrazione delle colture ortive, per lo meno nelle<br />

aziende che avevano già una specializzazione per colture cerealicole o industriali. Si osserva<br />

invece una sostanziale costanza delle aziende cerealicolo-industriali ed ortive. In quest’ultimo<br />

caso, tutte le aziende che adottavano questo tipo di ordinamento in passato lo hanno mantenuto:<br />

si tratta del 10% del campione e del 4.4% in termini di SAU, essendo, per lo più, aziende di<br />

dimensioni inferiori alla media del comprensorio.<br />

Tra gli ordinamenti misti, rimangono significativi soltanto gli ordinamenti di tipo<br />

cerealicolo-ortivo-foraggero.<br />

Si osserva inoltre la scomparsa degli ordinamenti puramente foraggeri, che<br />

rappresentavano comunque una quota minima del campione (3%) e che, negli anni, sono stati<br />

progressivamente soppiantati dai cerealicolo-foraggeri.<br />

109


% SAU 2009 C I O F C-I C-O C-F I-O F-O misto permanenti set-aside totale<br />

1992-96 CIO COF CIF<br />

C 5.4 0.3 0.0 0.0 1.5 0.0 0.0 0.0 0.0 0 0.0 0 0.0 3.4 10.6<br />

I 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0<br />

O 0.0 0.0 4.4 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 4.38<br />

F 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.7 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.74<br />

C – I 6.1 0.0 0.0 0.0 20.2 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.6 0.0 4.7 0.0 31.6<br />

C – O 0.5 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.47<br />

C – F 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0<br />

I - O 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 1.8 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 1.82<br />

F-O 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.7 0.0 0.0 0.0 0.67<br />

CIO 11.1 0.0 0.0 0.0 23.9 7.7 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 42.7<br />

Misto COF 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.4 0.0 0.0 0.0 0.44<br />

CIF 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 6.3 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 6.27<br />

Permanenti 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.4 0.0 0.37<br />

set-aside 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0<br />

Totale 23.0 0.3 4.4 0.0 45.6 9.5 7.0 0.0 0.0 0.0 1.7 0.0 5.1 3.4 100<br />

Tab. 4.19 – Cross tables relative alla variazione degli ordinamenti produttivi in termini di ha<br />

N° aziende 2009 C I O F C-I C-O C-F I-O F-O misto permanenti set-aside totale<br />

1992-96 CIO COF CIF<br />

C 13.0 3.0 0.0 0.0 3.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 3.0 23.3<br />

I 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0<br />

O 0.0 0.0 10 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 10<br />

F 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 3.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 3.33<br />

C – I 3.0 0.0 0.0 0.0 17.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 3.0 0.0 3.0 0.0 26.7<br />

C – O 3.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 3.33<br />

C – F 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0<br />

I - O 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 3.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 3.33<br />

F-O 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 3.0 0.0 0.0 0.0 3.33<br />

CIO 7.0 0.0 0.0 0.0 7.0 3.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 16.7<br />

Misto COF 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 3.0 0.0 0.0 0.0 3.33<br />

CIF 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 3.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 3.33<br />

Permanenti 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 3.0 0.0 3.33<br />

set-aside 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0<br />

Totale 27.0 3.0 10.0 0.0 27.0 7.0 7.0 0.0 0.0 0.0 10.0 0.0 7.0 3.0 100<br />

C = cerealicolo, I = industriale, O = ortivo, F= foraggero<br />

Tab. 4.20 – Cross tables relative alla variazione degli ordinamenti produttivi in termini di aziende<br />

110


Il dato relativo agli avvicendamenti è stato confrontato su un campione ristretto di<br />

aziende, risultando spesso difficile ricavare, dalle interviste effettuate, un’informazione<br />

attendibile. Al di là delle variazioni di SAU registrate nelle due epoche, è interessante rilevare<br />

che l’incidenza delle rotazioni colturali è leggermente aumentata nel tempo (Tabelle 4.21 e<br />

4.22). Poco più del 60% della SAU del campione è infatti attualmente interessato da sequenze<br />

colturali, fra queste le più frequenti sono costituite dalle rotazioni biennali rinnovo-depauperante<br />

(ad es. girasole o mais - frumento), o triennali rinnovo-rinnovo-depauperante (ad es. mais - mais<br />

- frumento). In passato invece la quota di SAU interessata dall’alternanza delle specie agrarie<br />

raggiungeva il 55% della superficie del campione; preponderanti risultavano le rotazioni biennali<br />

(36%) del tipo rinnovo-depauperante in cui era inserita anche la barbabietola, oggi<br />

<strong>completa</strong>mente scomparsa dal comprensorio.<br />

Da ritenersi positiva è anche la flessione del ricorso all’omosuccessione di mais che<br />

interessa attualmente poco meno del 30% della superficie coltivata, mentre nei primi anni<br />

novanta superava il 40% della SAU. In entrambi le epoche il mais riveste una notevole<br />

importanza anche nella definizione di successioni colturali più complesse; spesso infatti anche le<br />

rotazioni più lunghe (ad es. quadriennali) sono di fatto delle omosuccessioni di mais interrotte<br />

saltuariamente da una coltura depauperante o miglioratrice.<br />

Aumentano anche le colture permanenti (ad es. olivo) che passano da un 2% ad 11%<br />

della superficie del campione.<br />

durata (anni) ha %<br />

1 525 43<br />

2 435 36<br />

3 102 8<br />

4 104 9<br />

5 25 2<br />

fuori rotaz 30 2<br />

Totale 1221 100<br />

Tab. 4.21 – Ripartizione degli avvicendamenti per durata nel 1992<br />

durata (anni) ha %<br />

1 272 27<br />

2 133.5 13<br />

3 366 36<br />

4 108 11<br />

5 25 2<br />

fuori rotaz 114 11<br />

Totale 1018.5 100<br />

Tab. 4.22 – Ripartizione degli avvicendamenti per durata nel 2009<br />

111


Per quanto riguarda l’utilizzo dei mezzi tecnici, il confronto è stato effettuato<br />

assegnando alle lavorazioni i punteggi di merito secondo il metodo già utilizzato per la<br />

valutazione critica (vedi Tabella 3.5); il ricorso alla concimazione è stato confrontato invece<br />

sulla base dei livelli medi unitari di nutriente distribuiti in azienda e del bilancio apparente,<br />

mentre per l’irrigazione, in considerazione della già ricordata scarsa disponibilità di<br />

informazioni, si è ritenuto opportuno limitarsi al confronto delle rispettive superfici irrigue.<br />

Il confronto sulle lavorazioni è stato effettuato soltanto per quelle aziende per le quali è<br />

stato possibile ricostruire l’informazione <strong>completa</strong>, sottraendo, a livello aziendale, i punteggi<br />

attuali a quelli degli anni novanta; differenze positive indicano quindi un aumento<br />

dell’aggressività delle lavorazioni, viceversa i punteggi negativi testimoniano di un<br />

“alleggerimento” dell’intervento meccanico. Dalle differenze dei punteggi (Tabb. 4.23 e 4.24),<br />

emerge una generale tendenza alla riduzione delle lavorazioni, che interessa più di metà delle<br />

aziende ed oltre i due terzi delle superfici. Nel dettaglio, risulta che l’aratura profonda (a 40-50<br />

cm) è stata sostituita dall’aratura più superficiale (35 cm) o da altri tipi di lavorazioni principale.<br />

L’aratura mantiene comunque un ruolo preminente, risultando molto limitato il ricorso alla<br />

discissura o alla lavorazione a due strati.<br />

Diff. punteggio Ha %<br />

-2 46 6<br />

>-1 420 51<br />

>-0.5 90 11<br />

0 108 13<br />

-05 1 10<br />

0 2 20<br />


La fertilizzazione è il mezzo tecnico il cui ricorso appare più pesantemente mutato nel<br />

corso di questi anni. Se si confrontano le dosi (Figg. 4.25 e 4.26), risulta evidente una<br />

diminuzione mediamente di 100 kg/ha di unità di nutriente, sia a carico dell’azoto che del<br />

fosforo. In quest’ultimo caso la riduzione appare assai più rilevante in termini percentuali,<br />

attestandosi attorno al -300%. La causa è da attribuirsi principalmente all’aumento del costo dei<br />

fertilizzanti e, soltanto in parte, ad una mutata strategia di impiego da parte dell’agricoltore.<br />

kg N/ha<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

0001M IG 0002P A S 0003P A S 0004P A S 0005M IG 0006M IG 0012P A S 0073P A S 0078M I G 0034P A S 0033P A S<br />

cod. azienda<br />

1992<br />

2009<br />

Fig. 4.25 - Livelli di concimazione azotata nel 2009 e nel 1992<br />

250<br />

kg P2O5/ha<br />

200<br />

150<br />

100<br />

50<br />

1992<br />

2009<br />

0<br />

0001MIG 0002PAS 0003PAS 0004PAS 0005MIG 0006MIG 0012PAS 0073PAS 0078MIG 0034PAS 0033PAS<br />

cod. azienda<br />

Fig. 4.26 – Livelli di concimazione fosforica (come P 2 O 5 ) nel 2009 e nel 1992<br />

Se questa valutazione viene arricchita alla corrispondente valutazione delle rese<br />

ottenute, determinando il bilancio apparente dei nutrienti, emerge che, mentre le produzioni sono<br />

rimaste per lo più stabili (salvo leggere fluttuazioni), il ridotto ricorso alla fertilizzazione, ha<br />

evidenziato per molte aziende condizioni di pareggio o addirittura di bilancio negativo, sia per<br />

l’azoto che per il fosforo. Mentre in passato quindi i bilanci risultavano spesso eccedenti le reali<br />

necessità delle colture, oggi gli apporti di concimi non riescono sempre a soddisfare le esigenze<br />

nutritive delle colture (Figg. 4.27 e 4.28), anche se la sostanziale tenuta delle rese non induce per<br />

il momento a ipotizzare condizioni di impoverimento dei terreni.<br />

113


kg N/ha<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

0001M IG 0002P AS 0003P A S 0004P A S 0005M IG 0006M I G 0012P A S 0073P A S 0078M I G 0034P A S 0033P AS<br />

cod. azienda<br />

1992-96<br />

2009<br />

Fig. 4.27 – Bilancio apparente dell’azoto nel 2009 e nel 1992.<br />

kg P2O5/ha<br />

150<br />

100<br />

50<br />

0<br />

-50<br />

-100<br />

-150<br />

0001M IG 0002P A S 0003P A S 0004P A S 0005M I G 0006M I G 0012P A S 0073P A S 0078M I G 0034P A S 0033P A S<br />

cod. azienda<br />

1992-96<br />

2009<br />

Fig. 4.28 – Bilancio apparente del fosforo (come P 2 O 5 ) nel 2009 e nel 1992<br />

Per quanto riguarda infine il ricorso all’irrigazione (Tabb. 4.25 e 4.26), la maggior parte<br />

delle aziende del campione comune ai due periodi non fa segnare incrementi a carico delle<br />

proprie superfici irrigue, che invece in alcuni casi subiscono contrazioni significative. Solo<br />

alcune di maggiori dimensioni aziende (14% in numero e 21% come superficie) sembrano<br />

seguire una tendenza contraria, anche se gli incrementi di superficie irrigua in termini sono di<br />

lieve entità.<br />

Classi* ha %<br />

< -100% 0 0<br />

-50% / -100% 270.5 25<br />

-25% / -50% 121.5 11<br />

-10% /- 25% 227 21<br />

± 10% 221 21<br />

10% / 25% 0 0<br />

25% / 50% 223 21<br />

50% / 100% 0 0<br />

> 100% 0 0<br />

Totale 1063 100<br />

Tab. 4.25 – Differenze relative alle superfici irrigue in termini di ha<br />

114


Classi* n° aziende %<br />

< -100% 0 0<br />

-50% / -100% 5 23<br />

-25% / -50% 2 9<br />

-10% /- 25% 4 18<br />

± 10% 8 36<br />

10% / 25% 0 0<br />

25% / 50% 3 14<br />

50% / 100% 0 0<br />

> 100% 0 0<br />

Totale 22 100<br />

*Calcolato come: Sup.irrigua/SAU 09 · 100 - %Sup.irrigua 93 /SAU · 100<br />

Tab. 4.26 – Differenze relative alle superfici irrigue in termini di aziende<br />

L’uso del suolo. Per quanto riguarda l’uso del suolo occorre premettere che, in considerazione<br />

dell’epoca di svolgimento del rilievo (inizio estate), sono sfuggite al censimento le ortive<br />

invernali, prima fra tutte lo spinacio, che tuttavia appaiono largamente presenti negli ordinamenti<br />

colturali come emerge dall’esame dei paragrafi precedenti. Del resto volendo effettuare il<br />

campionamento in un’unica soluzione (al fine di contenere i tempi e i costi) l’epoca prescelta<br />

risultava sicuramente la più indicata per l’individuazione del maggior numero di colture.<br />

Il rilievo di uso del suolo, effettuato nell’estate del 2008 (Fig. 4.29), ha coperto<br />

complessivamente una superficie pari a 3184 ha, l’87% dei quali ricade all’interno delle aziende<br />

agricole, il 12% circa è rappresentato da superfici artificiali (tessuto urbano, aree industriali e<br />

commerciali, ecc.), mentre soltanto l’1% del totale è coperto da vegetazione naturale, a<br />

testimonianza della forte antropizzazione dell’area, ed un altro 1% da corpi d’acqua, costituiti<br />

principalmente da laghetti artificiali a destinazione ricreativa.<br />

Le superfici artificiali sono costituite per la maggior parte dagli abitati di <strong>Migliarino</strong>,<br />

Vecchiano e Nodica e dall’area industriale di <strong>Migliarino</strong>, situata all’incrocio tra la Via Aurelia e<br />

l’autostrada A12; decisamente minore l’importanza della rete viaria e delle case sparse la cui<br />

incidenza si mantiene al di sotto del 3%.<br />

Le superfici naturali o semi-naturali sono costituite principalmente da vegetazione<br />

residuale o da aree riconquistate dalla vegetazione spontanea.<br />

115


Fig. 4.29 - Uso del suolo, secondo il rilievo effettuato nella primavera-estate del 2008<br />

Per quanto riguarda le zone agricole, balza agli occhi la diversa incidenza che le<br />

superfici destinate al mais occupano all’interno dell’area meridionale: nettamente prevalente<br />

nelle aree poste a sud del lago e nelle aree adiacenti a <strong>Migliarino</strong>, decisamente minore nella parte<br />

116


centrale e nel bacino a scolo naturale, dove si riscontra una frantumazione delle superfici in<br />

destinazioni colturali tra le più diverse (dalle colture di pieno campo: mais, frumento, girasole,<br />

alle colture arboree: frutteti, vigneti, oliveti, agli orti di tipo familiare). Tale eterogeneità trova<br />

una spiegazione nelle minori dimensioni che mostrano le aziende prospicienti al canale<br />

Separatore, lasciando presupporre la presenza rilevante di agricoltori hobbisti e part-time.<br />

La SAU corrisponde a circa l’80% della superficie totale; di questa il mais occupa il<br />

38% (949 ha) ed i cereali autunno-vernini il 25% (626 ha), con netta prevalenza del frumento<br />

(tenero e duro). Oltre a queste specie che rappresentano di gran lunga le colture più diffuse<br />

nell’area, solo il girasole (6.4%) e l’olivo (4.3%) superano la soglia dei 100 ha. Tutt’altro che<br />

trascurabile si dimostra l’estensione delle ortive estive che, escludendo orti familiari o<br />

coltivazioni promiscue (presenti soprattutto nell’area caratterizzata da agricoltura di tipo<br />

hobbistico), occupano circa 70 ha (3.0%), costituendo un comparto produttivo importante per il<br />

comprensorio, in considerazione soprattutto del peso economico che rivestono sulla formazione<br />

dei ricavi aziendali.<br />

Significativa appare anche la diffusione delle colture foraggere (6.6% corrispondenti a<br />

92 ha di erba medica e 70 ha di altri prati) in considerazione della limitatissima presenza di<br />

allevamenti animali. Rilevante anche la superficie occupata da pioppete (3.6% pari a 88 ha) che<br />

potrebbe trovare ulteriore sviluppo nell’ipotesi dell’introduzione di coltivazioni da biomassa ad<br />

uso energetico (Short Rotation Forestry).<br />

Infine i 247 ha di incolto pari a poco meno del 10% della SAU sono da considerare una<br />

superficie relativamente elevata alla luce della cancellazione della quota di set-aside<br />

obbligatorio, anche se occorre ricordare che nell’area considerata sono stati stipulati alcuni<br />

contratti di set-aside ventennale, ancora vigenti.<br />

Nel 2009 (Fig. 4.30) la superficie censita è risultata leggermente inferiore rispetto a<br />

quella rilevata l’anno precedente; in particolare la SA (superficie aziendale) e la SAU<br />

assommano rispettivamente a 2372 e 2193 ha. Facendo riferimento alla sola superficie comune<br />

ai due rilievi, la distribuzione delle aree destinate al mais, si è mantenuta sostanzialmente<br />

identica a quella del 2008, coprendo quasi il 40% della SAU. Anche i cereali autunno-vernini<br />

(500 ha circa), rappresentati ancora per la maggior parte da frumento, rimangono vicini al valore<br />

raggiunto nell’anno precedente occupando il 23% del totale.<br />

Le superfici destinate a girasole si mantengono sostanzialmente invariate (7%); le ortive<br />

estive passano dal 3 al 2% della SAU, mentre rimane significativa l’incidenza della superficie<br />

destinata a colture foraggere (intorno al 5%) e ad incolto (intorno al 10%).<br />

117


Fig. 4.30 - Uso del suolo, secondo il rilievo effettuato nella primavera-estate del 2009<br />

Allargando il confronto all’uso del suolo rilevato nel 2005 su un’area ancora più<br />

ristretta rispetto alle precedenti e facendo riferimento, anche in questo caso, alla sola superficie<br />

118


comune ai tre rilievi (pari a circa 1400 ha di SAU), si possono evidenziare alcune possibili<br />

tendenze evolutive nelle scelte colturali praticate dagli agricoltori (Fig. 4.31).<br />

Fig. 4.31 - Uso del suolo, secondo il rilievo effettuato nel 2005<br />

119


In termini generali, emerge una significativa riduzione della coltivazione del mais che<br />

passa dal 60% della SAU del 2005 al 44-45% del 2008-2009, mentre un andamento diverso<br />

sembra descrivere la superficie occupata dai cereali autunno-vernini che incrementa la sua<br />

incidenza percentuale rispetto al 2005 (17% della SAU nel 2005, 24% nel 2008, 20% nel 2009).<br />

In forte crescita relativa è soprattutto il girasole (dal 3% della SAU nel 2005 passa al 9% nel<br />

2008 ed al 13% nel 2009), seppure gli incrementi ettariali siano, in termini assoluti, limitati;<br />

stesso discorso vale anche per le colture foraggere che fanno segnare un andamento simile. Il<br />

comparto dell’orticoltura sembra invece subire una contrazione, passando dal 6% nel 2005<br />

all’1% nel 2008 e 2009. Sostanzialmente stabile invece l’olivicoltura che rimane attorno al 5-6%<br />

della SAU monitorata.<br />

Sovrapponendo i tre strati informativi, è possibile inoltre esplorare i cambiamenti di<br />

destinazione colturale occorsi nel tempo sulle stesse superfici. L’operazione è stata effettuata su<br />

un numero limitato di colture (quelle prevalenti), per facilitare la lettura dei risultati (Tab. 4.27).<br />

Da questo confronto emerge in primo luogo l’elevata incidenza del mais che succede a<br />

se stesso (452 ha corrispondenti al 32% del totale). Anche se gli anni in cui è stato effettuato<br />

l’uso del suolo non sono stati consecutivi (manca il dato del 2006), si può comunque supporre<br />

che questa corrisponda, grosso modo, alla frazione di superficie interessata dall’omosuccessione<br />

di mais. Questo dato è sostanzialmente in accordo con le informazioni ricavate dalle interviste<br />

presso le aziende, secondo le quali la superficie a mais in omosuccessione si aggira intorno al<br />

28% della SAU del campione. Un altro 22% del totale è costituito da mais alternato a girasole o<br />

frumento, a testimonianza dell’incidenza considerevole di avvicendamenti triennali o<br />

quadriennali (sempre in considerazione del buco del 2006) del tipo mais-mais-frumento/girasole<br />

o mais-mais-mais-frumento/girasole, come peraltro emerso anche dalle interviste.<br />

Diversamente dal mais, il girasole non segue mai se stesso, ma è sempre inserito in un<br />

avvicendamento, di preferenza, come si è detto, con mais o frumento. Quest’ultimo, invece,<br />

succede a se stesso su una quota di superficie non del tutto trascurabile (pari 4% della SAU) e,<br />

per il resto si trova essenzialmente accompagnato alle altre due specie citate.<br />

Le altre colture, rappresentate da ortive, erba medica e prati, risultano quasi sempre<br />

inserite in avvicendamenti più o meno diversificati.<br />

120


ha 2005 2008 2009 % complessiva<br />

5 erba medica<br />

11 Frumento erba medica<br />

6 Mais<br />

1 Prato<br />

6 erba medica<br />

frumento<br />

1 frumento<br />

erba medica<br />

1 frumento<br />

mais<br />

2 mais<br />

1 frumento ortive<br />

1 prato<br />

1 prato prato<br />

2.5<br />

1 frumento<br />

erba medica<br />

1 mais<br />

54 frumento<br />

1 girasole frumento<br />

39 mais<br />

6 ortive<br />

9 frumento<br />

9 girasole<br />

girasole<br />

53 mais<br />

23 ortive<br />

frumento<br />

1 frumento<br />

incolto<br />

1 mais<br />

4 frumento<br />

64 mais<br />

mais<br />

8 ortive<br />

8 frumento<br />

2 ortive<br />

ortive<br />

1 prato<br />

2 mais<br />

prato<br />

1 prato<br />

20.4<br />

1 frumento erba medica<br />

11 erba medica<br />

23 frumento<br />

8 girasole<br />

frumento<br />

41 mais<br />

64 frumento<br />

1 ortive<br />

girasole<br />

6 frumento<br />

incolto<br />

18 mais<br />

1 frumento<br />

6 girasole<br />

mais<br />

33 mais<br />

2 ortive<br />

1 frumento ortive<br />

15.2<br />

0 mais erba medica<br />

1 mais frumento<br />

7 incolto<br />

girasole<br />

3 mais<br />

11 frumento<br />

36 incolto<br />

incolto<br />

incolto<br />

12 mais<br />

6 prato<br />

1 frumento<br />

mais<br />

10 mais<br />

1 mais prato<br />

6.3<br />

8 frumento<br />

mais<br />

erba medica<br />

2 girasole<br />

2 girasole frumento<br />

71 mais<br />

121


9 ortive<br />

3 incolto<br />

girasole<br />

3 mais<br />

4 erba medica<br />

1 frumento<br />

incolto<br />

8 incolto<br />

3 mais<br />

26 frumento<br />

13 girasole<br />

13 incolto<br />

mais<br />

452 mais<br />

34 ortive<br />

6 mais ortive<br />

1 mais prato 46.5<br />

1 frumento<br />

frumento<br />

4 mais<br />

Ortive<br />

3 mais<br />

ortive<br />

1 ortive<br />

0.9<br />

2 prato erba medica<br />

Prato<br />

3<br />

1<br />

mais<br />

frumento<br />

mais<br />

frumento<br />

1<br />

1<br />

frumento<br />

mais mais<br />

3 mais prato<br />

1 mais erba medica<br />

11 frumento<br />

54 mais<br />

2 mais<br />

1 ortive<br />

frumento<br />

1 ortive girasole<br />

1 mais<br />

incolto<br />

2 prato<br />

6 frumento<br />

9 mais<br />

8 mais<br />

mais<br />

10 ortive<br />

1 ortive<br />

Altro<br />

1 frumento<br />

ortive<br />

2 ortive<br />

7.7<br />

1414 Totale 100<br />

Tab. 4.27 – Successione delle colture sulle stesse superfici nel 2005 nel 2008 e nel 2009<br />

La valutazione critica dei modelli produttivi attuali. Come descritto in 3.3 la valutazione critica<br />

dei modelli produttivi attuali è stata affidata al calcolo di specifici indici aziendali.<br />

La determinazione dell’indice AVV (Tab. 4.28) dimostra come gli avvicendamenti<br />

adottati nell’ambito delle aziende censite siano da considerare, generalmente, piuttosto<br />

semplificati. Il valore medio del parametro infatti, calcolato come media ponderata delle<br />

superfici investite, risulta pari a 1.7 che testimonia comunque l’esistenza di successioni colturali<br />

seppure semplificate in cui il prodotto fra il valore medio di eterogeneità dell’avvicendamento e<br />

il numero di cicli realizzabili nel corso di dieci anni risulta comunque superiore a 1.<br />

Ciò evidenza la presenza di un minimo grado di eterogeneità colturale e quindi rende<br />

conto dell’adozione di rotazioni da parte degli agricoltori pur trattandosi di scelte sempre<br />

0.5<br />

122


improntate al soddisfacimento di esigenze mercantili e quindi forzatamente ristrette<br />

all’alternanza di pochissime specie.<br />

Passando al dettaglio aziendale si può osservare come ben sei delle 24 aziende<br />

intervistate faccia segnare un AVV = 0 (cioè assoluta mancanza di qualsiasi avvicendamento),<br />

mentre altre tre presentino comunque valori inferiori a uno. Per nove aziende l’AVV risulta<br />

compreso fra 1 e 3, mentre solo le ultime 6 fanno segnare risultati decisamente più elevati (AVV<br />

max = 6.9).<br />

codice azienda AVV Ha<br />

0005MIG09 6.9 3<br />

0033PAS09 5.0 20<br />

0014PAS09 5.0 20<br />

0046MIG09 5.0 2<br />

0049MIG09 5.0 23<br />

0034PAS10 3.8 25<br />

0004PAS09 2.7 29<br />

0011PAS09 2.8 14<br />

0054MIG09 2.5 17<br />

0006MIG09 2.5 10<br />

0055MIG09 2.0 25<br />

0075PAN09 1.5 50<br />

0073PAS09 1.4 105<br />

0002PAS09 1.3 130<br />

0078MIG09 1.3 7<br />

0001MIG09 0.8 43<br />

0012PAS09 0.8 25<br />

0019PAS09 0.3 20<br />

0050PAS09 0.0 28<br />

0073PAS09 0.0 10<br />

0004PAS09 0.0 1<br />

0012PAS09 0.0 20<br />

0003PAS09 0.0 70<br />

0006MIG09 0.0 55<br />

Tab. 4.28 – Valore dell’indice AVV per azienda<br />

La media degli AVV calcolati per ciascuna azienda è pari a 2.1 dunque leggermente<br />

superiore al valore ottenuto come media ponderata sulle superfici (1.7) evidenziando come,<br />

generalmente, le aziende di più grandi dimensioni adottino avvicendamenti più semplificati.<br />

Per quanto riguarda le lavorazioni del terreno (Tab. 4.29) i dati raccolti evidenziano<br />

come le scelte operate in questo settore dagli agricoltori si dimostrino relativamente intensive<br />

tanto che il valore medio dell’indicatore LAV, ponderato sulle superfici interessate, è risultato<br />

pari a 3.9. Il tipo di lavorazione più largamente diffuso nel comprensorio è senz’altro l’aratura a<br />

35-40 cm di profondità.<br />

Anche a<br />

livello aziendale si confermano valori elevati a carico dell’indicatore; si<br />

registrano infatti valori minimi pari a 3 e valori massimi addirittura uguali a 5, a testimonianza<br />

123


della quasi <strong>completa</strong> assenza (almeno nel campione considerato) di metodi di lavorazione ridotta<br />

e/o di semina diretta.<br />

azienda LAV Ha<br />

0004PAS09 3.0 46<br />

0003PAS09 3.0 70<br />

0075PAN09 3.0 60<br />

0065PAS09 3.0 6<br />

0046MIG09 3.0 5<br />

0075PAN09 3.0 8<br />

0002PAS09 3.0 145<br />

0073PAS09 3.6 193<br />

0014PAS09 3.7 45<br />

0006MIG09 3.8 290<br />

0049MIG09 3.8 66<br />

0020PAS09 3.9 20<br />

0001MIG09 4.0 50<br />

0005MIG09 4.0 6<br />

0055MIG09 4.0 98<br />

0011PAS09 4.0 24<br />

0034PAS09 4.1 140<br />

0002PAS09 5.0 45<br />

0012PAS09 5.0 90<br />

0078MIG09 5.0 23<br />

0054MIG09 5.0 20<br />

0033PAS09 5.0 85<br />

0050PAS09 5.0 28<br />

0057MIG09 5.0 30<br />

Tab. 4.29 - Valore dell’indice LAV per azienda<br />

Relativamente alle gestione della concimazione (Tab. 4.30) si può rilevare come i livelli<br />

di nutrienti apportati siano sostanzialmente contenuti: i valori medi ponderati sulle superfici<br />

concimate infatti sono risultati pari a 135 kg/ha di N e a 43 kg/ha di P 2 O 5 . Si tratta di dosi<br />

decisamente contenute alla luce anche degli ordinamenti colturali prevalentemente adottati nelle<br />

aziende e conseguenza di un percorso tecnico e culturale che gli agricoltori hanno compiuto nel<br />

corso degli ultimi anni in conseguenza dell’evoluzione delle conoscenze agronomiche e degli<br />

andamenti dei mercati.<br />

A livello delle singole aziende si riscontrano differenze notevoli; si passa, ad esempio,<br />

da una dose media aziendale minima di 16.9 kg/ha di N ad una dose massima di 240.7.<br />

Complessivamente 8, delle 22 aziende censite, fanno segnare una dose media inferiore ai 100<br />

kg/ha di N, mentre in altri 13 casi gli impieghi medi risultano compresi fra 100 e 200 kg/ha di N;<br />

in unica azienda la dose è risultata superiore ai 200 kg/ha di N. Più omogenea si presenta la<br />

situazione riguardo alla concimazione fosforica: due aziende hanno dichiarato di non effettuare<br />

alcun apporto di nutriente, 8 aziende fanno segnare una dose media inferiore ai 50 kg/ha di P 2 O 5<br />

124


e ben 11 aziende presentano un ricorso alla concimazione fosforica compreso fra 50 e 100 kg/ha<br />

di P 2 O 5 . Solo in un caso la dose media aziendale ha superato di poco i 100 kg/ha di P 2 O 5 .<br />

azienda kg/ha N ha Azienda kg/ha P 2 O 5 ha<br />

0005MIG09 16.9 12 0073PAS09 0.0 114<br />

0003PAS09 40.0 70 0075PAN09 0.0 68<br />

0065PAS09 42.0 6 0005MIG09 18.0 12<br />

0057MIG09 69.2 25 0033PAS09 18.6 85<br />

0004PAS09 77.6 93 0055MIG09 18.8 98<br />

0011PAS09 90.7 29 0049MIG09 23.2 70<br />

0012PAS09 95.6 90 0002PAS09 36.0 190<br />

0054MIG09 97.0 17 0019PAS09 40.0 22<br />

0019PAS09 102.8 22 0006MIG09 45.8 165<br />

0078MIG09 105.1 28 0054MIG09 48.5 17<br />

0033PAS09 106.6 85 0011PAS09 59.2 29<br />

0020PAS09 122.6 20 0034PAS09 59.4 90<br />

0050PAS09 139.0 28 0004PAS09 61.0 93<br />

0034PAS09 141.2 90 0012PAS09 61.3 90<br />

0073PAS09 148.1 114 0065PAS09 64.0 6<br />

0002PAS09 150.4 190 0050PAS09 72.0 28<br />

0049MIG09 151.1 70 0001MIG09 73.3 50<br />

0006MIG09 152.7 165 0003PAS09 75.0 70<br />

0075PAN09 156.9 68 0078MIG09 75.6 28<br />

0014PAS09 168.2 45 0057MIG09 79.5 25<br />

0001MIG09 179.8 50 0014PAS09 93.8 45<br />

0055MIG09 240.7 98 0020PAS09 102.0 20<br />

Tab. 4.30 - Livelli attuali di concimazione fosforica ed azotata per azienda<br />

Le valutazioni diventano ancora più deficitarie passando all’esame dei bilanci apparenti<br />

dei nutrienti (Tab. 4.31); facendo riferimento, come anticipato in sede di descrizione delle<br />

metodologie adottate, alle asportazioni operate dalla pianta intera, i valori medi ponderati sulle<br />

superfici concimate risultano negativi per entrambi i nutrienti: -55 kg/ha di N e -34 kg/ha di<br />

P 2 O 5 . Ciò significa che, almeno negli ultimi anni, le quantità di elementi nutritivi apportate<br />

risultano inferiori alle quantità asportate dalle colture nel corso del loro ciclo biologico, facendo<br />

segnare un saldo negativo di entità non trascurabile.<br />

A livello aziendale 9 aziende su 22 presentano un bilancio azotato di sostanziale<br />

pareggio (-30/+30 kg/ha di N), mentre in 12 casi il passivo apparente dell’azoto risulta di entità<br />

maggiore (cioè più deficitario) di -30 kg/ha di N; solo in un’azienda si è rilevato un surplus<br />

superiore a +30 kg/ha di N. Per il fosforo in 10 casi su 22 si rileva un sostanziale pareggio (-<br />

30/+30 kg/ha di P 2 O 5 ), mentre le aziende in deficit (inferiore a -30 kg/ha di P 2 O 5 ) sono nove,<br />

mentre solo tre quelle che risultano in attivo (+30 kg/ha di P 2 O 5 ).<br />

125


azienda N kg/ha ha azienda P 2 O 5 kg/ha ha<br />

0078MIG09 -388 28 0078MIG09 -109 28<br />

0012PAS09 -319 90 0073PAS09 -94 114<br />

0020PAS09 -105 20 0034PAS09 -86 90<br />

0019PAS09 -103 22 0050PAS09 -77 28<br />

0004PAS09 -92 93 0019PAS09 -61 22<br />

0075PAN09 -70 68 0049MIG09 -54 70<br />

0005MIG09 -65 12 0020PAS09 -48 20<br />

0033PAS09 -60 85 0075PAN09 -39 68<br />

0002PAS09 -56 190 0006MIG09 -39 165<br />

0049MIG09 -54 70 0005MIG09 -13 12<br />

0073PAS09 -49 114 0055MIG09 -4 98<br />

0057MIG09 -45 25 0012PAS09 -4 90<br />

0050PAS09 -29 28 0004PAS09 -2 93<br />

0011PAS09 -28 29 0054MIG09 1 17<br />

0003PAS09 -20 70 0002PAS09 2 190<br />

0034PAS09 -10 90 0011PAS09 9 29<br />

0065PAS09 -5 6 0065PAS09 13 6<br />

0001MIG09 -4 50 0033PAS09 17 85<br />

0006MIG09 22 165 0001MIG09 23 50<br />

0054MIG09 29 17 0003PAS09 44 70<br />

0055MIG09 29 98 0014PAS09 44 45<br />

0014PAS09 60 45 0057MIG09 50 25<br />

Tab. 4.31 - Livelli attuali di concimazione fosforica ed azotata per azienda<br />

Infine si è cercato di valutare la rispondenza fra dosi di concimazione fosforica e<br />

disponibilità naturale dell’elemento sulla base dei dati raccolti in una precedente campagna di<br />

monitoraggio del terreno (Tab. 4.32); i valori medi sono di 17 ppm con il metodo Bray (pH < 7)<br />

e 38 ppm con il metodo Olsen (pH ≥ 7), evidenziando come la disponibilità dell’elemento sembri<br />

legata soprattutto alla reazione del substrato. Una comparazione a livello aziendale delle dosi di<br />

concimazioni impiegate con le rispettive dotazioni dell’elemento nel terreno, non dimostra<br />

l’esistenza di una ricorrente correlazione inversa fra i due indicatori. In quattro aziende su 22 si<br />

rileva infatti una perfetta complementarietà fra i livelli di concimazione fosfatica e la naturale<br />

dotazione dei suoli; una qualche correlazione inversa si osserva ancora per 11 aziende (4 delle<br />

quali sono portate ad utilizzare dosi di concime lievemente più generose rispetto ai contenuti<br />

dell’elemento e 7 invece che tendono a ridurre l’impiego di fosforo al di là delle effettive<br />

disponibilità del nutriente). Per le 6 aziende rimanenti invece sembra che le informazioni sulla<br />

consistenza delle naturali dotazioni non siano tenute in nessun conto nella determinazione delle<br />

dosi di concime fosfatico da applicare: per 3 aziende nettamente in eccesso e per altre tre<br />

altrettanto nettamente in difetto.<br />

126


azienda concimazione azienda dotazione ha<br />

0001MIG09 3.0 0001MIG09 1.0 73<br />

0002PAS09 2.0 0002PAS09 4.0 36<br />

0003PAS09 3.0 0003PAS09 4.0 75<br />

0004PAS09 2.0 0004PAS09 3.0 61<br />

0005MIG09 1.0 0005MIG09 2.0 18<br />

0006MIG09 2.0 0006MIG09 3.0 46<br />

0011PAS09 3.0 0011PAS09 4.0 59<br />

0012PAS09 3.0 0012PAS09 1.0 61<br />

0014PAS09 4.0 0014PAS09 3.0 94<br />

0019PAS09 2.0 0019PAS09 2.0 40<br />

0020PAS09 4.0 0020PAS09 2.0 102<br />

0033PAS09 1.0 0033PAS09 3.0 19<br />

0034PAS09 3.0 0034PAS09 3.0 59<br />

0049MIG09 1.0 0049MIG09 3.0 23<br />

0050PAS09 3.0 0050PAS09 1.0 72<br />

0055MIG09 1.0 0055MIG09 3.0 19<br />

0057MIG09 4.0 0057MIG09 2.0 80<br />

0065PAS09 3.0 0065PAS09 2.0 64<br />

0073PAS09 1.0 0073PAS09 2.0 0<br />

0075PAN09 1.0 0075PAN09 2.0 0<br />

0078MIG09 4.0 0078MIG09 1.0 76<br />

Tab. 4.32 – Raffronto tra i livelli di concimazione fosforica e la dotazione del terreno per le singole<br />

aziende<br />

4.4 - I consumi idrici delle colture agrarie<br />

Metodo sintetico. Il fabbisogno irriguo unitario (FI u ) ponderato per ettaro è stato ottenuto<br />

sommando i fabbisogni irrigui di tutte le colture di pieno campo censite nell’area meridionale in<br />

corrispondenza del rilievo sull’uso del suolo del 2008 e dividendo per il totale della SAU<br />

corrispondente (2567 ha). Tale valore, che può essere considerato rappresentativo per l’intero<br />

comprensorio vista la sostanziale omogeneità degli ordinamenti colturali presenti, è stato quindi<br />

applicato all’intera SAU ricadente nel bacino idrografico, con la sola eccezione delle aree<br />

dedicate alle colture in serra.<br />

Poiché il valore della SAU del bacino idrografico è pari a 5151 ha, di cui però 134 ha<br />

occupati da colture protette (secondo i dati ISTAT del 2000), il volume stagionale di acqua<br />

irrigua utilizzato sulle colture di pieno campo per l’intero comprensorio (V 1 ) risulterà pari al<br />

prodotto del fabbisogno irriguo ponderato (1736 m 3 /ha anno) per la superficie agricola presente<br />

(5017 ha = 5151 ha - 134 ha), pari a 8.71 Mm 3 /ha anno.<br />

A tale quantità sono stati sommati i consumi irrigui stagionali del settore florovivaistico,<br />

finora esclusi dal calcolo (V 2 ), pari al prodotto fra il corrispondente fabbisogno<br />

irriguo massimo (10000 m 3 /ha anno) per la loro estensione (134 ha), pari a 1.34 Mm 3 /ha anno. È<br />

127


utile però ricordare in questi casi il prelievo idrico viene quasi sempre effettuato da pozzi e non<br />

da canali, non andando quindi ad incidere sul deficit idrico estivo del lago.<br />

Il consumo irriguo complessivo per il comprensorio (V t ) si otterrà quindi dalla somma<br />

dei due contributi (V t = V 1 + V 2 ), pari a 10.05 Mm 3 /ha anno (Tab. 4.33).<br />

colture<br />

SAU (ha) FI u (m 3 /ha<br />

anno)<br />

V (Mm 3 / anno)<br />

pieno<br />

5017<br />

campo<br />

1736 8.71<br />

protette 134 10000 1.34<br />

tutte 5151 - 10.05<br />

Tab. 4.33 – Fabbisogni e volumi irrigui ponderati sulla base dell’uso del suolo 2008 e relative superfici<br />

di riferimento<br />

Il valore così calcolato (10.05 Mm 3 /ha anno) costituisce una prima stima dei fabbisogni<br />

irrigui totali del comprensorio, non tenendo conto né dell’efficienza di distribuzione (E d ) dei<br />

sistemi irrigui (pari al rapporto fra il volume di acqua effettivamente utilizzata dalle colture e il<br />

volume di acqua irrigua derivata dalle fonti di approvvigionamento), né del fatto che solo una<br />

parte delle superfici è effettivamente irrigata, né degli apporti naturali derivanti dalla falda<br />

sotterranea. Per ovviare a tali lacune sono stati quindi introdotti opportuni fattori di correzione,<br />

che seppure applicati in maniera generalizzata, consentono comunque di avvicinare la stima alle<br />

condizioni reali, così da poter determinare i volumi stagionali corretti (VC).<br />

Le assunzioni ipotizzate sono le seguenti:<br />

- SAU irrigua pari al 40% della SAU totale, depurata della superficie occupata dalle<br />

colture protette;<br />

- FI u ricalcolato sulla base dei rapporti di superficie occupata dalle sole colture irrigue<br />

(2863 m 3 /ha anno) e al netto degli apporti di falda (stimati pari al 40% del fabbisogno irriguo<br />

unitario);<br />

- prelievi irrigui unitari (PI u ) calcolati al lordo delle inefficienze di irrigazione di consegna<br />

e aziendali (legate alle perdite di acqua che avvengono prima della distribuzione in campo e<br />

dunque indipendenti dal metodo irriguo utilizzato) stimate pari al 20%. Si considera invece che il<br />

fabbisogno irriguo desunto dalle sperimentazioni decennali dell’ARSIA tenga già conto delle<br />

inefficienze di adacquamento legata proprio al rapporto fra l’acqua trattenuta dal terreno e<br />

l’acqua fatta pervenire agli appezzamenti da irrigare.<br />

Come mostrato in Tabella 4.34 il valore stimato per l’intero bacino idrografico è<br />

decisamente più ridotto rispetto al precedente, risultando pari a 5.98 Mm 3 /ha anno.<br />

128


Nell’ipotesi che tutta la superficie irrigua fosse occupata da mais il VC delle colture di<br />

pieno campo risulterebbe pari a 5.27 Mm 3 /anno, mentre se fosse presente una coltura meno<br />

idroesigente, ad es. il girasole, il VC diventerebbe uguale a 2.26 Mm 3 /anno, con una riduzione<br />

percentuale dei consumi idrici pari al 57%.<br />

colture SAU irrigua (ha) FI u (m 3 /ha anno) PI u (m 3 /ha anno) VC (Mm 3 / anno)<br />

Pieno campo 2007 1718 2147 4.309<br />

protette 134 10000 12500 1.675<br />

tutte 2141 - - 5.984<br />

Tab. 4.34 - Procedimento seguito per la stima dei prelievi irrigui<br />

Metodo analitico. Si è poi provveduto ad una stima più analitica dei consumi idrici imputabili<br />

all’agricoltura mediante il ricorso ad un modello di calcolo (allegato 4) che tenesse in<br />

considerazione dei dati sito-specifici relativi alla variabilità spaziale (natura dei terreni, altezza<br />

della falda definita sulla base delle simulazioni prodotte dal modello idrologico) e temporale<br />

(dinamica dello sviluppo della coltura e dei consumi idrici associati alle diverse fasi del ciclo<br />

fenologico, regime effettivo delle precipitazioni) dei fenomeni di interesse.<br />

Le simulazioni hanno riguardato le sole superfici agricole dell’area meridionale che<br />

accoglievano colture in atto nel periodo estivo dell’annata 2008; estensione sostanzialmente<br />

equivalente al valore della SAU totale diminuito delle superfici occupate dai cereali autunnovernini<br />

o incolte. Sull’area così ottenuta si è ipotizzato, per semplicità, la coltivazione di una sola<br />

specie idricamente esigente e molto diffusa nel comprensorio: il mais. Infine si è ritenuto<br />

opportuno suddividere l’area così individuata in due sub-aree in relazione al metodo irriguo<br />

prevalentemente adottato: una sub-area settentrionale (974 ha) in cui è quasi esclusivamente<br />

presente la sub-irrigazione (SUB) ed una sub-area meridionale (254 ha) in cui invece è<br />

decisamente più diffuso il ricorso all’irrigazione per aspersione (RAIN), per una estensione<br />

complessiva di 1219 ha, pari al 46% della SAU complessivamente presente nell’area meridionale<br />

(valore leggermente superiore all’incidenza attribuita nel calcolo precedente alla quota di SAU<br />

irrigua, stimata pari al 40%).<br />

In Tabella 4.35 si riportano i valori di evapotraspirazione effettiva (ETE) simulati anche<br />

in condizioni di rinuncia all’irrigazione e di esclusione degli apporti di falda; da notare che per la<br />

sub-area SUB la rinuncia all’irrigazione è stata simulata attraverso la chiusura delle derivazioni<br />

sul canale della Barra, la cui apertura invece, determinando un conseguente abbassamento della<br />

soggiacenza, consente la pratica della sub-irrigazione.<br />

Dall’esame della tabella si evince come il fabbisogno irriguo teorico per la pianta di<br />

mais, al lordo degli apporti di falda, sia risultato pari a 151 mm/anno nella sub-area RAIN (453 -<br />

129


302 mm) e a 166 mm/anno nell’area SUB (465 - 299 mm). Tali valori risultano sostanzialmente<br />

coerenti con quanto riportato in letteratura secondo cui il cereale estivo abbisognerebbe, al netto<br />

delle quota imputabile alle riserve idriche del terreno, di circa 300-350 mm. Di questi, nel 2008,<br />

188 mm sono stati apportati dalle piogge utili e quindi il consumo irriguo della coltura si<br />

aggirerebbe fra i 112 e i 162 mm, risultando del tutto comparabile con quanto stimato dal<br />

modello.<br />

sub-area derivazioni irrigazione falda ETE tot (Mm 3 ) SAU (ha) ETE media (mm)<br />

RAIN Aperte si si 1.152 254 453<br />

RAIN Aperte no si 0.905 254 356<br />

RAIN Aperte no no 0.769 254 302<br />

SUB Aperte si si 4.528 974 465<br />

SUB Chiuse no si 4.488 974 461<br />

SUB Chiuse no no 2.908 974 299<br />

Tab. 4.35 - Evapotraspirazione effettiva stimata dal modello nelle diverse condizioni considerate<br />

Riguardo alla determinazione dei fabbisogni irrigui effettivi, circa il 35% dei volumi<br />

necessari verrebbe soddisfatto all’interno della sub-area RAIN per approvvigionamento diretto<br />

della pianta dalle acque di falda; tale quota subisce un notevolissimo incremento nella sub-area<br />

SUB arrivando a costituire il 97% del fabbisogno totale. La frazione che in questo caso è<br />

possibile imputare all’irrigazione infatti è solo quella derivante dalla diminuzione della<br />

soggiacenza conseguente l’apertura delle derivazioni sul canale Barra. Tale diminuzione è però<br />

decisamente circoscritta da un punto di vista spaziale interessando solo 126 ha di superficie<br />

investiti da colture a ciclo primaverile-estivo. Anche restringendo il calcolo della quota parte<br />

irrigua alla sola area effettivamente interessata dall’abbassamento della soggiacenza e dunque<br />

dalla sub-irrigazione, il contributo attribuibile alla sub-irrigazione risulterebbe pari a 34 mm, pari<br />

al 20% del fabbisogno irriguo teorico (mentre il rifornimento dalla falda costituirebbe comunque<br />

l’80% del totale).<br />

Tutto ciò evidenzia come le condizioni di bassa soggiacenza caratterizzanti la sub-area<br />

SUB non siano dipendenti dall’apertura delle derivazioni dal canale Barra, la cui chiusura<br />

sembrerebbe comportare perdite significative di produzione solo su una porzione di superficie<br />

relativamente limitata (126 ha), nonostante l’entità tutt’altro che trascurabile delle portate (270<br />

l/s) in uscita dalle derivazioni. Se si calcola il valore dell’efficienza di distribuzione per questa<br />

area (utilizzando per la stima della quota parte utilizzata dalla pianta i risultati delle simulazioni<br />

effettuate sulla coltura del mais), il valore ottenuto risulta inferiore al 10%.<br />

Diverso è il discorso delle derivazioni sulla fossa Nuova che interessano la bonifica del<br />

Massaciuccoli e per le quali non è stato possibile effettuare simulazioni quantitativamente<br />

affidabili sui livelli di soggiacenza raggiunti in regime di derivazioni chiuse, a causa della<br />

130


minore consistenza dei prelievi idrici operati (30-40 l/s). Tuttavia considerazioni di ordine<br />

idrologico (diversa disposizione ed orientazione dei canali di bonifica e ridotte portate osservate<br />

in tali canali durante il periodo estivo a testimonianza di un deflusso di base quasi assente) e<br />

agronomico (forte incidenza di colture a ciclo primaverile-estivo), suggeriscono che l’acqua<br />

derivata dalla fossa Nuova risulti determinante nel mantenere un livello elevato della falda e che<br />

si possa considerare in gran parte utilizzata dalle colture per soddisfare il proprio fabbisogno<br />

evapotraspirativo (E d = 0.6-0.7).<br />

Interessante è anche procedere ad una verifica dei risultati ottenuti trasformando i mm<br />

di ETE in t/ha di granella grazie al ricorso al C et (coefficiente evapotraspirativo) che stabilisce<br />

una relazione lineare fra la quantità di acqua evapotraspirata e la quantità di granella (o di<br />

biomassa totale) prodotta dalla pianta. Nel caso del mais si è utilizzato un C et pari a 475 l per kg<br />

di granella secca.<br />

sub-area derivazioni irrigazione falda granella (t) SAU (ha) resa (t/ha)<br />

RAIN aperte Si si 24261 254 9.54<br />

RAIN aperte no si 19057 254 7.50<br />

RAIN aperte no no 16193 254 6.37<br />

SUB aperte si si 95319 974 9.79<br />

SUB chiuse no si 94480 974 9.70<br />

SUB chiuse no no 61229 974 6.29<br />

Tab. 4.36 - Tonnellate di granella stimate dal modello nei diversi casi considerati<br />

Come si evince dall’esame della Tabella 4.36 i livelli di resa stimati appaiono del tutto<br />

coerenti con i dati raccolti nel corso delle interviste con gli agricoltori (resa media del mais =<br />

9.20 t/ha), tanto che il coefficiente di correlazione (R 2 ) individuato fra le stime del modello e le<br />

rese dichiarate dalle singole aziende è risultato pari a 0.70. Inoltre per verificare l’entità del<br />

risparmio idrico conseguente a scelte colturali orientate verso colture meno idroesigenti si è<br />

proceduto ad eseguire con le modalità descritte in precedenza una simulazione riguardante<br />

l’evapotraspirazione effettiva prodotta sullo stesso comprensorio (Tab. 4.37), da una coltivazione<br />

di girasole che presenta un fabbisogno irriguo teorico significativamente minore rispetto a quello<br />

del mais (-2000 m 3 /ha anno pari ad una riduzione del 57%).<br />

sub-area Derivazioni irrigazione falda ETE tot (Mm 3 ) SAU (ha) ETE media (mm)<br />

RAIN Aperte Si si 1.016 254 400<br />

RAIN Aperte No si 0.909 254 357<br />

RAIN Aperte No no 0.769 254 302<br />

SUB Aperte Si si 3.999 974 411<br />

SUB Chiuse No si 3.972 974 408<br />

SUB Chiuse No no 2.965 974 304<br />

Tab. 4.37 – Valori stimati dal modello di evapotraspirazione effettiva relativi al girasole<br />

131


I risultati ottenuti mostrano come in realtà il risparmio idrico legato alla riduzione dei<br />

volumi stagionali irrigui del girasole rispetto a quelli impiegati per il mais abbia origine diversa<br />

all’interno delle sub-aree. Nella sub-area RAIN infatti il volume stagionale irriguo del mais è<br />

risultato pari a 97.0 mm contro i 33.7 del girasole con un risparmio idrico unitaro pari a 63.2 mm<br />

ed una riduzione del prelievo irriguo (PI u ) di 90.3 mm (considerando una E d pari allo 0.7 con il<br />

metodo per aspersione).<br />

Nella sub-area SUB invece, limitando i calcoli ai 126 ha per i quali l’apertura delle<br />

derivazioni sul canale Barra determina un effettivo innalzamento della falda, il volume<br />

stagionale irriguo del mais è risultato pari a 34.0 mm contro i 22.0 del girasole con un risparmio<br />

idrico pari a 12.0 mm; tale valore si accresce di molto però passando a stimare la riduzione del<br />

prelievo irriguo perché l’E d associabile al metodo per sub-irrigazione impiegato in questa area è<br />

inferiore al 10%, facendo segnare un PI u pari a 240.0 mm.<br />

Passando a conteggiare i m 3 di acqua effettivamente non prelevati (cioè si moltiplicano i<br />

PI u per gli effettivi ha interessati) il risparmio nella sub-area RAIN sarebbe pari a circa 230000<br />

m 3 , mentre nella sub-area SUB a circa 300000 m 3 per un valore complessivo che supera di poco<br />

i 500000 m 3 , su una superficie considerata di 1228 ha. Se adesso estrapolassimo brutalmente tale<br />

valore all’intero comprensorio, applicando proporzionalmente tale risparmio al 46% della SAU<br />

presente nel bacino idrografico (incidenza delle colture a ciclo primaverile-estivo sulla SAU<br />

della sola area meridionale), l’entità della riduzione dei prelievi irrigui assommerebbe a circa 1<br />

Mm 3 /anno. Tale valore potrebbe arrivare a circa 1.4 Mm 3 /anno se si opera una suddivisione della<br />

SAU del bacino idrografico al di fuori dell’area meridionale (2523 ha) in una quota parte<br />

assimilabile alle condizioni SUB (732 ha) e in una quota parte assimilabile alle condizioni RAIN<br />

(1791 ha); percentualmente il risparmio idrico ottenuto rispetto alle stime effettuate per il mais si<br />

aggirerebbe attorno al 50%.<br />

Comparazione sistema sintetico vs sistema analitico. Volendo tentare una comparazione fra i due<br />

metodi di stima (sintetico e analitico) si devono innanzitutto distinguere le stime effettuate per le<br />

due sub-aree.<br />

Per la sub-area RAIN la stima della quota parte imputabile agli apporti di falda è<br />

risultata simile per i due metodi (0.40 con il metodo sintetico e 0.35 con il metodo analitico), ma<br />

decisamente diverso è risultato il valore attribuito al fabbisogno irriguo complessivo (172 mm<br />

con il metodo sintetico contro 97 mm con il metodo analitico). Le ragioni di tale discrepanza<br />

sono da ricercare con tutta probabilità proprio nel diverso percorso seguito per arrivare alla<br />

stima. Nel caso del metodo analitico si fa ricorso al dato medio di un decennio (influenzato<br />

132


quindi da andamenti pluviometrici diversi) ricavato da aree non perfettamente sovrapponibili con<br />

il comprensorio in esame (sia dal punto di vista climatico che pedologico), ma soprattutto frutto<br />

di pratiche aziendali in cui è inevitabile accettare alcune semplificazioni che possono condurre<br />

ad una determinazione prudenziale dei volumi stagionali. Con il metodo analitico, risultato di<br />

calcoli teorici invece, si fa riferimento ad una tecnica irrigua perfetta (e per questo ideale) in cui<br />

il momento dell’intervento, le modalità di distribuzione dell’acqua, l’efficienza di adacquamento<br />

(rapporto fra l’acqua trattenuta dal terreno e quella distribuita), ecc. sono ottimali e conducono<br />

inevitabilmente ad una stima più ottimistica dei fabbisogni irrigui delle colture.<br />

Per la sub-area SUB, invece, oltre alle discrepanze relative alla stima del FI u appena<br />

ricordate, è evidente come la differenza maggiore riguardi proprio la stima della quota parte<br />

attribuibile agli apporti di falda che costituisce oltre il 90% del totale, contro il solito 40%<br />

utilizzato per il metodo della stima sintetica. Del resto le particolari condizioni di soggiacenza<br />

individuabili nella sub-area SUB non sono estensibili all’intero comprensorio ed anche nelle<br />

altre zone dove si pratica la sub-irrigazione non è ragionevole ipotizzare situazioni simili (vedi<br />

quanto detto per le derivazioni sulla fossa Nuova). Di contro i ridottissimi valori di efficienza di<br />

distribuzione riscontrati per questa zona (E d < 0.1), determinando un sensibile incremento dei<br />

valori di prelievo irriguo unitario e consentano un parziale riavvicinamento delle stime che<br />

rimangono comunque distanti fra loro: per le colture di pieno campo si avrebbe infatti un<br />

prelievo irriguo complessivo per l’intero bacino idrografico di 5.27 Mm 3 /anno con il metodo<br />

della stima sintetica, contro 2.67 Mm 3 /anno con il metodo della stima analitica.<br />

Infine si deve tenere conto che le stime effettuate sulla base dell’applicazione<br />

modellistica sono calcolate per l’anno 2008 in cui la quantità di precipitazioni utili registrate nel<br />

corso del ciclo colturale del mais è risultata piuttosto consistente (188 mm) rispetto a quella<br />

registrata, ad esempio nell’annata successiva (2009), con appena 55 mm. Ciò significa che per<br />

ottenere gli stessi livelli produttivi ipotizzati per il 2008 sarebbero stata necessaria nel 2009 una<br />

quota aggiuntiva di acqua irrigua non indifferente, stimabile non inferiore ai 2 Mm 3 /ha anno, che<br />

porterebbe il consumo irriguo complessivo per il bacino idrografico, stimato con il metodo<br />

analitico vicino ai 5 Mm 3 /anno (cioè sostanzialmente simile al risultato ottenuto della stima<br />

sintetica).<br />

4.5 - La sperimentazione agronomica<br />

Come anticipato nel precedente capitolo nel corso dell’annata agraria 2008-2009 sono<br />

state valutate alcune possibili modifiche al comportamento tradizionalmente adottato dagli<br />

133


agricoltori del comprensorio, riguardanti l’introduzione sia di colture, che di tecniche alternative.<br />

In particolare sono state sottoposte a verifica sperimentale :<br />

- la coltivazione della canapa;<br />

- la coltivazione del sorgo;<br />

- la semina diretta;<br />

- l’irrigazione con manichetta.<br />

Canapa. La coltivazione della canapa è stata testata in due distinte aziende del comprensorio:<br />

l’azienda agricola “La Costanza” di Claudio Gioia e l’azienda agricola di Olinto Del Soldato<br />

entrambe situate all’interno del sotto-bacino del Massaciuccoli.<br />

La coltura è stata seminata in entrambi i casi il 7 maggio 2009 utilizzando una<br />

seminatrice da frumento con interfila pari a 15 cm. La dose di seme impiegata è stata di 50 kg/ha<br />

in considerazione anche del livello di germinabilità della semente utilizzata che secondo i test<br />

effettuati in laboratorio si aggirava attorno al 90%. È stata impiegata la varietà “Carmagnola” (cv<br />

monoica).<br />

La lavorazione principale è consistita in un’aratura di media profondità (30 cm) seguita<br />

dai normali passaggi per l’affinamento del terreno. Il ricorso alla concimazione è stato fissato in<br />

150 kg/ha di N, 150 kg/ha di P 2 O 5 e 100 kg/ha di K 2 O, mentre non è stato eseguito alcun<br />

trattamento di difesa della coltura (diserbo incluso), né alcun intervento irriguo, contando solo<br />

sui possibili apporti provenienti dalla falda.<br />

Nell’azienda di Olinto Del Soldato è stata testato anche il comportamento di un<br />

testimone condotto senza alcun apporto di concime (NC).<br />

La raccolta è stata effettuata l’8 ottobre utilizzando una macchina modificata dai<br />

ricercatori del Dipartimento di Agronomia dell’Università di Bologna al fine di consentire una<br />

più efficace raccolta del prodotto che viene sfalciato in tre porzioni (basale, mediana e apicale) e<br />

quindi lasciato sul terreno per essere andanato e facilitarne così un più rapido essiccamento.<br />

L’investimento ottenuto è stato pari a 104 piante/m 2 nell’azienda Gioia, mentre è<br />

risultato significativamente minore nell’azienda Del Soldato (67 piante/m 2 e 72 piante/m 2 nel<br />

testimone non concimato), anche a causa dell’utilizzo di una diversa seminatrice.<br />

I livelli produttivi raggiunti sono da considerare decisamente incoraggianti e dimostrano<br />

senz’altro la buona adattabilità della colture all’ambiente considerato. La produzione di steli<br />

infatti si è attestata attorno alle 16-18 t/ha di sostanza secca con limitate variazioni riguardo al<br />

sito di coltivazione e alla tecnica impiegata. Più variabile invece si è dimostrata la produzione di<br />

seme che ha fatto segnare i valori massimi presso l’azienda Gioia (2.98 t/ha di sostanza secca),<br />

134


mentre più basse sono state le rese rilevate presso l’azienda Del Soldato risultate pari a 1.36 t/ha<br />

di granella secca e addirittura 0.92 t/ha nel testimone non concimato.<br />

Tali risultati sono da mettere in relazione presumibilmente al ritardo nella raccolta che<br />

ha favorito la “sgranatura” dei panicoli, cioè la perdita di semi per deiscenza naturale delle<br />

infruttescenze; tale fenomeno inoltre è stato più rilevante nell’azienda Del Soldato dove la<br />

canapa ha mostrato una maggior precocità sin dalle prime fasi del ciclo colturale.<br />

Sorgo. Anche la coltivazione del sorgo è stata realizzata in due diverse aziende del comprensorio<br />

e precisamente presso l’azienda agricola “Fattoria di <strong>Migliarino</strong>” di Bona Salviati e l’azienda<br />

agricola “Bonifica della Casa Rossa” di Piero Studiati Berni, dove la coltura è stata effettuata sia<br />

su terreno di natura torbosa che su terreno minerale a tessitura franco-argillosa.<br />

La coltura è stata seminata in leggero ritardo rispetto all’epoca tradizionalmente<br />

prescelta per la sua esecuzione; in ambedue le aziende la semina è stata infatti effettuata il 29<br />

maggio utilizzando una seminatrice pneumatica di precisione con interfila di 50 cm. La dose di<br />

seme impiegata è stata approssimativamente di 25 kg/ha in considerazione anche della<br />

destinazione della produzione che era quella foraggera. La varietà impiegata in entrambi i casi è<br />

stata la “Trudan 8”.<br />

La lavorazione principale è consistita in un’aratura leggera (25 cm) seguita dai normali<br />

passaggi per l’affinamento del terreno. Il ricorso alla concimazione è consistito nella<br />

distribuzione alla semina di 50 kg/ha di P 2 O 5 e 50 kg/ha di K 2 O, mentre in copertura sono stati<br />

apportati 100 kg/ha di N. Non è stato eseguito alcun trattamento di diserbo in considerazione<br />

anche della fittezza dell’investimento e della destinazione foraggera della produzione. La<br />

coltivazione è stata condotta in asciutto.<br />

L’investimento ottenuto è risultato pari a 32-35 piante/m 2 nell’azienda Studiati e a 37<br />

piante/m 2 nell’azienda Salviati.<br />

Nell’azienda Studiati il primo sfalcio è stato effettuato a fine agosto così da consentire<br />

lo sfruttamento anche del successivo ricaccio, mentre nell’azienda Salviati invece si è<br />

provveduto alla raccolta del sorgo in un’unica soluzione, alla fine di settembre.<br />

Le produzioni di biomassa registrate sono state in generale piuttosto buone nell’azienda<br />

Studiati risultando pari, sommando le quantità raccolte nei due sfalci, a 26.8 t/ha di sostanza<br />

secca in corrispondenza del terreno minerale e a 22.4 t/ha nel terreno torboso.<br />

Nell’azienda Salviati i livelli produttivi registrati sono stati pari a 17.6 t/ha di sostanza<br />

secca. Si deve però rilevare che in questa azienda il sorgo è andato incontro ad un forte<br />

allettamento che ha costretto a prelevare i campioni di biomassa nelle poche zone ove la piante<br />

135


erano ancora in piedi, penalizzando in parte la corretta valutazione delle capacità produttive della<br />

coltura.<br />

Semina diretta. In considerazione del contributo che la diffusione delle tecniche di<br />

semina diretta può apportare alla riduzione dei problemi di erosione e di trasporto solido, si è<br />

deciso di organizzare anche una giornata dimostrativa, per gli agricoltori del comprensorio,<br />

dedicata al funzionamento di una seminatrice di nuova produzione.<br />

La seminatrice testata è stata il modello SPE 06 dalla Società Semeato S.A. di Passo<br />

Fundo in Brasile, leader sul mercato mondiale ed importata in Italia dall’azienda “Emme-Emme”<br />

di Villa Guardia in provincia di Como.<br />

La SPE 06 è una seminatrice pneumatica per colture da rinnovo in grado di seminare<br />

anche in presenza di copertura vegetale e/o di abbondanti residui colturali. La presenza dei grossi<br />

dischi anteriori infatti consente comunque di operare il taglio del cotico erboso, che viene<br />

successivamente aperto tramite l’azione di due dischi posteriori accoppiati. Dopo la distribuzione<br />

pneumatica del seme, un sistema di dischi orientabili rispetto alla superficie del suolo conclude il<br />

lavoro effettuando la chiusura del solco, senza provocare alcun trascinamento delle particelle del<br />

terreno.<br />

Il breve tempo intercorrente fra l’apertura e la chiusura del solco permette fra l’altro di<br />

ridurre al minimo il rischio di predazione da parte di uccelli o insetti. Dopo il passaggio della<br />

macchina il suolo riassume la sua originaria conformazione, mantenendo sostanzialmente<br />

inalterato il livello di copertura che possedeva, tanto che non sempre risulta agevole ritrovare i<br />

solchi prodotti dalla seminatrice.<br />

La macchina è stata testata presso l’azienda agricola “Bonifica della Casa Rossa” di<br />

Studiati Berni per la semina diretta del mais, sia su un prato di medica preventivamente<br />

disseccato, sia su un prato naturale di graminacee che non era stato sottoposto ad alcun<br />

trattamento chimico o meccanico per il contenimento della vegetazione.<br />

I risultati hanno dimostrato l’efficacia della seminatrice nel consentire la corretta<br />

deposizione del seme nel terreno anche in condizioni difficili, cioè in presenza di un notevole<br />

quantità di mulch organico sulla superficie (né disseccato, né trinciato), ma hanno anche<br />

evidenziato la difficoltà di mantenere regolare la distanza del seme sulla fila a causa delle<br />

asperità presenti sul terreno e dell’altezza intercorrente fra il suolo e l’organo di distribuzione del<br />

seme.<br />

L’investimento ottenuto è infatti risultato in un caso pari a 11.3 piante/m 2 (su prato di<br />

medica disseccato) e a 12.4 piante/m 2 (su prato di graminacee non trattato) e dunque<br />

significativamente più elevato di quello previsto (8.0 semi/m 2 ). Sebbene tale inconveniente possa<br />

136


agionevolmente essere superato grazie ad una migliore conoscenza della macchina ed una<br />

conseguente regolazione, ciò che può risultare più preoccupante è la non trascurabile variabilità<br />

dei dati relativi alle densità di piante emerse; il coefficiente di variabilità calcolato sulla base<br />

delle misure replicate è risultato pari al 9% per il mais seminato su prato di medica disseccato e<br />

al 17% nel caso del mais seminato su un prato di graminacee.<br />

Dal punto di vista produttivo si deve segnalare come l’impossibilità di procedere, dopo<br />

la semina, ad un tempestivo sfalcio delle graminacee a causa del decorso climatico<br />

particolarmente piovoso, abbia determinato il fallimento della coltivazione.<br />

Nel caso invece della semina sul medicaio disseccato le rese ottenute sono tutto<br />

sommato da considerare adeguate attestandosi su 7.6 t/ha di sostanza secca come granella secca e<br />

18.2 t/ha di sostanza secca come biomassa totale. Il basso valore dell’harvest index (41.7%)<br />

conferma i problemi legati all’eccessivo investimento, alla presumibile insufficiente<br />

illuminazione delle piante e dunque all’incapacità per queste di mantenere un adeguato rapporto<br />

fra granella e biomassa prodotte.<br />

Irrigazione a manichetta. Tale tecnica ormai diffusa nella coltivazione degli ortaggi e dei<br />

fruttiferi, potrebbe rivestire un certo interesse anche nell’irrigazione delle specie di grande<br />

coltura, alla luce soprattutto della necessità di ridurre i consumi idrici e di evitare il rilascio dei<br />

nutrienti.<br />

Presso l’azienda agricola “Serchio Vecchio” di Centurione Salviati si è provveduto a<br />

testare l’irrigazione a manichetta sul mais. La percorribilità di questo metodo irriguo è legata alla<br />

possibilità di stendere le manichette con l’ausilio di macchine, in quanto la disposizione dei tubi<br />

fatta a mano risulta economicamente improponibile. Le manichette sono state stese in senso<br />

longitudinale al campo ad una distanza di 1.5 m, cioè disposte alternativamente nell’interfila di<br />

mais (un’interfila si e una no) che era stato seminato alla distanza di 75 cm. In totale sono<br />

occorsi circa 7000 m di manichette per ettaro.<br />

Il mais è stato seminato il 7 aprile 2009 e la stagione irrigua è iniziata il 25 giugno.<br />

Sono stati effettuati 4 interventi irrigui, rispetto ai 6-7 adacquamenti (distanziati fra loro di 8-9<br />

giorni) che venivano usualmente eseguiti con i metodi di irrigazione per aspersione.<br />

Il volume specifico utilizzato per ciascuna adacquata è stato di circa 180-200 m 3 ,<br />

distribuiti nel corso di 8-10 ore di funzionamento dell’impianto.<br />

Le produzione del cereale sono risultate ottime arrivando, nei rilievi parcellari effettuati,<br />

a raggiungere le 12.2 t/ha di granella secca. Il confronto con il mais condotto in coltivazione<br />

137


asciutta ha evidenziato una differenza produttiva a favore dell’irriguo di circa 3.0 t/ha di granella<br />

secca.<br />

Il risparmio di acqua che si realizza attraverso l’adozione dell’irrigazione a manichetta<br />

rispetto a quella per aspersione, è generalmente quantificato in circa il 25% in meno rispetto<br />

all’acqua utilizzata nell’irrigazione a pioggia.<br />

Confronto fra sistemi colturali alternativi. Allo scopo di valutare non più le singole pratiche<br />

alternative, ma l’insieme costituito dal sistema colturale (cosa si coltiva e come lo si coltiva), in<br />

termini di riduzione dei potenziali rischi ambientali, ma anche di percorribilità economica, sono<br />

stati utilizzati (rivisti ed attualizzati) i dati ottenuti nell’ambito di una ricerca, svolta dal Centro<br />

Interdipartimentale di Ricerche Agro-Ambientali “E. Avanzi” dell’Università di Pisa nel<br />

triennio 1996-1999 nel medesimo comprensorio agricolo oggetto di questo studio.<br />

Nel corso della sperimentazione suddetta, erano stati confrontati due avvicendamenti triennali<br />

(mais - mais - soia e mais - mais - frumento duro) condotti secondo tre modalità diverse: il<br />

sistema convenzionale (SC), che faceva riferimento a livelli di input e tecniche colturali<br />

usualmente adottati nel comprensorio, il sistema ridotto (SR), che puntava ad una riduzione<br />

dell’impatto ambientale, attraverso una drastica riduzione del livello di impiego unitario dei<br />

fattori produttivi ed infine il sistema protettivo (SP), che, oltre alla riduzione dell’impiego degli<br />

input perseguita attraverso una riduzione della superficie trattata, prevedeva anche l’adozione di<br />

alcuni accorgimenti agronomici per una riduzione “attiva” dell’impatto ambientale (ad es. la<br />

realizzazione di fasce inerbite) (Tabb. 4.38 e 4.39).<br />

La sperimentazione era condotta in due stazioni distinte, cosicché il primo<br />

avvicendamento (mais - mais - soia) era realizzato presso l’ex-Azienda Agricola Gambini<br />

(Vecchiano, PI), mentre il secondo (mais - mais - frumento duro) era ospitato nell’Azienda<br />

Agricola Salviati (<strong>Migliarino</strong>, PI).<br />

138


Intervento Sistema Mais Soia<br />

Lavorazione principale SC aratura superficiale aratura superficiale<br />

SR lavorazione minima lavorazione minima<br />

SP non lavorazione non lavorazione<br />

Cultivar SC, SR, SP Ibrido FAO 600 Gruppo I<br />

Semina SC, SR, SP 8.3 semi/m 2 50 semi/m 2<br />

Concimazione (kg/ha)<br />

Diserbo chimico<br />

N 280 (200+80)<br />

SC P 2 O 5 140<br />

K 2 O 140<br />

N 170 (120+50)<br />

SR P 2 O 5 90<br />

K 2 O 60<br />

N 170 (120+50)<br />

SP P 2 O 5 90<br />

K 2 O 60<br />

SC pre-emergenza +<br />

post-emergenza<br />

N 30 (60+140)<br />

P 2 O 5 100<br />

K 2 O 100<br />

N 120 (60+60)<br />

P 2 O 5 70<br />

K 2 O 0<br />

N 0<br />

P 2 O 5 80<br />

K 2 O 0<br />

pre-emergenza + postemergenza<br />

SR post-emergenza post-emergenza<br />

SP pre-emergenza localizzata pre-emergenza localizzata<br />

Lavorazioni consecutive SC, SR, SP sarchiatura<br />

sarchiatura<br />

Tab. 4.38 - Principali interventi previsti nella conduzione delle colture presso l’Azienda Agricola<br />

Gambini<br />

Intervento Sistema Mais Frumento duro<br />

Lavorazione principale SC aratura superficiale aratura superficiale<br />

SR lavorazione minima lavorazione minima<br />

SP non lavorazione non lavorazione<br />

Cultivar SC, SR, SP Ibrido FAO 600 Cv. Cirillo<br />

Semina SC, SR, SP 8.3 semi/m 2 400 semi/m 2<br />

Concimazione (kg/ha)<br />

Diserbo chimico<br />

N 280 (200+80)<br />

SC P 2 O 5 140<br />

K 2 O 140<br />

N 170 (120+50)<br />

SR P 2 O 5 90<br />

K 2 O 60<br />

N 170 (120+50)<br />

SP P 2 O 5 90<br />

K 2 O 60<br />

SC pre-emergenza +<br />

post-emergenza<br />

N 200 (60+140)<br />

P 2 O 5 75<br />

K 2 O 0<br />

N 120 (60+60)<br />

P 2 O 5 70<br />

K 2 O 0<br />

N 120 (60+60)<br />

P 2 O 5 70<br />

K 2 O 0<br />

pre-emergenza +<br />

post-emergenza<br />

SR post-emergenza Post-emergenza<br />

SP pre-emergenza localizzata pre-emergenza<br />

Lavorazioni consecutive SC, SR, SP sarchiatura -<br />

Tab. 4.39 - Principali interventi previsti nella conduzione delle colture presso l’Azienda Agricola Salviati<br />

139


Nel caso dell’avvicendamento mais – mais – soia, l’analisi dei dati produttivi del mais<br />

evidenzia come il SC consenta comunque l’ottenimento di livelli di resa più elevati, intorno alle<br />

11.3 t/ha (+11% rispetto al SR pari a 1.12 t/ha e +14% rispetto al SP pari a +1.41 t/ha) e più<br />

stabili nel tempo. Tra i due sistemi colturali alternativi, invece, è possibile rilevare una certa<br />

superiorità a vantaggio del SR (+4% rispetto al SP), ma tale indicazione appare senz’altro meno<br />

univoca della precedente ed in gran parte determinata dal buon risultato registrato nell’annata<br />

1997-98 per il mais che precedeva la soia. I valori medi del biennio relativi alla leguminosa<br />

mostrano invece una minore rispondenza della coltura alle tecniche del SP (- 8% rispetto al SC<br />

pari a -0.25 t/ha e -12% rispetto al SR pari a -0.35 t/ha); in questo caso è il SR a far segnare le<br />

rese maggiori (3.2 t/ha come media biennale.<br />

I valori medi del mais, registrati per l’avvicendamento mais – mais – frumento,<br />

confermano quanto già osservato in precedenza, ossia che l’adozione del SR e del SP hanno<br />

determinato, rispetto al SC (8.7 t/ha), decrementi di resa non trascurabili, rispettivamente pari al<br />

-20% (1.82 t/ha) ed al -22% (2.0 t/ha).<br />

Anche nel caso del frumento l’adozione del SC ha consentito vantaggi di resa<br />

consistenti (+ 26% pari a 0.74 t/ha e +24% pari a 0.69 t/ha nei confronti rispettivamente del SR e<br />

del SP), con rese medie pari a 3.7 t/ha, anche se tale comportamento sembra soprattutto legato al<br />

verificarsi di decorsi stagionali e colturali sfavorevoli che sembrerebbero penalizzare meno la<br />

coltivazione caratterizzata da un maggior ricorso ai fattori produttivi.<br />

I sistemi colturali sono stati posti a confronto anche in termini di bilancio economico,<br />

seppure la necessaria astrazione dalle caratteristiche strutturali dell’azienda, comporta<br />

inevitabilmente la disattenzione dei rapporti esistenti fra impiego di mezzi tecnici e dotazione di<br />

fattori fissi (manodopera, macchine, SAU disponibile ecc.), che tanta importanza possono<br />

rivestire invece sulla formazione del risultato economico <strong>finale</strong>. Gli importi calcolati a prezzi e a<br />

costi del 1999 sono stati attualizzati ad oggi così da consentire una comparazione fra importi di<br />

denaro riferiti ad epoche diverse<br />

Sulla base delle rese registrate nel triennio di sperimentazione, sono stati ricalcolati<br />

costi e ricavi attuali sulla base del tariffario FRIMAT (Federazione <strong>Regionale</strong> delle Imprese di<br />

Meccanizzazione Agricola della Toscana) 2009 e delle informazioni forniteci dalla Cooperativa<br />

dei Produttori Agricoli Val di Serchio e dal Consorzio Agrario Provinciale di Pisa, relativamente<br />

ai costi tecnici e ai prezzi di vendita delle granelle. Il livello del contributo disaccoppiato UE è<br />

stato stimato pari a 425 euro/ha, importo corrispondente alla media dei contributi ricevuti dalle<br />

aziende del comprensorio (Gargini, comunicazione personale).<br />

140


In Figura 4.32 e 4.33 sono riportate le medie delle varie voci di bilancio nel caso<br />

dell’avvicendamento mais – mais - soia e dell’avvicendamento mais – mais - frumento.<br />

2000<br />

1800<br />

1600<br />

1400<br />

1200<br />

euro/ha<br />

1000<br />

800<br />

600<br />

400<br />

200<br />

0<br />

totale costi PLV Ricavi tot. RL<br />

SC SR SP<br />

Fig. 4.32 - Bilancio medio annuale relativo al sistema mais-mais-soia<br />

Come è possibile osservare dalla Figura 4.10 relativa all’avvicendamento mais-maissoia,<br />

si registra un incremento a carico dei costi totali sostenuti con la gestione convenzionale<br />

rispetto alla gestione ridotta ed a quella protettiva (+247 euro/ha, corrispondente a +27% e + 232<br />

euro/ha, corrispondente a +25%), che mostrano costi comparabili fra loro.<br />

Analizzando più in dettaglio i costi colturali, si può rilevare che, per i tre sistemi<br />

colturali considerati, i valori medi dei costi meccanici incidono sul totale in misura lievemente<br />

più marcata nel sistema ridotto (63%) rispetto quanto accade per il SP e il SC (rispettivamente<br />

59% e 56%).<br />

I maggiori costi sostenuti con il SC non risultano compensati dagli incrementi registrati<br />

a carico della PLV; così, mentre i ricavi totali (comprensivi dell’importo unico disaccoppiato<br />

UE) sono ancora a favore del SC, i redditi lordi di quest’ultimo sistema (616 euro/ha) risultano<br />

invece inferiori a quelli del SR (762 euro/ha) e del SP (673 euro/ha), non consentendo di<br />

compensare le maggiori spese sostenute. Il SR si dimostra quindi in assoluto il più vantaggioso,<br />

seguito dal SP e in ultimo dal SC.<br />

141


1600<br />

1400<br />

1200<br />

1000<br />

euro/ha<br />

800<br />

600<br />

400<br />

200<br />

0<br />

totale costi PLV Ricavi tot. RL<br />

SC SP SR<br />

Fig. 4.33 - Bilancio medio annuale relativo al sistema mais-mais-frumento<br />

Anche nel caso dell’avvicendamento mais-mais-frumento (Fig. 4.11), il SR si conferma<br />

essere il più conveniente, ma con un margine minore rispetto al SC (+5% corrispondente a + 17<br />

euro/ha) con un reddito lordo pari a 326 euro/ha. La gestione protettiva si rivela invece la meno<br />

vantaggiosa con un reddito lordo di 254 euro/ha<br />

Il sistema convenzionale si dimostra ancora il più dispendioso, facendo registrare una<br />

differenza media, rispetto ai due sistemi alternativi, pari a + 203 euro/ha (+ 18%). I costi<br />

sostenuti per l’esecuzione delle operazione meccaniche sembrano incidere in misura più marcata<br />

nella gestione ridotta, costituendo il 60% delle spese totali, mentre tale percentuale scende al<br />

58% nel SP ed al 54% nel SC.<br />

È interessante osservare come l’entità dei redditi lordi non comprensivi del contributo<br />

disaccoppiato UE (PLV-costi totali), non sia sufficiente, per nessuno dei tre sistemi colturali<br />

presi in considerazione, a pareggiare i costi di gestione, rendendo decisiva la riscossione<br />

dell’integrazione comunitaria per chiudere il bilancio in attivo. Ciò è vero in maggior misura per<br />

il SC e il SP che chiuderebbero il bilancio, in assenza di contributi UE, con un deficit,<br />

rispettivamente, di -116 euro/ha e -171 euro/ha, mentre il deficit del SR sarebbe di circa -100<br />

euro/ha.<br />

In conclusione, la lettura economica dei risultati produttivi consente di affermare che il<br />

ricorso ai sistemi colturali più intensivi non sempre si traduce in un vantaggio economico<br />

effettivo, poiché gli incrementi di resa ottenibili (e dunque di PLV) risultano spesso vanificati<br />

dalla necessità di sostenere costi maggiori.<br />

142


Se confrontato con i bilanci economici redatti all’epoca della sperimentazione (rivalutati<br />

considerando l’inflazione) (Tabb. 4.40 e 4.41), il bilancio attuale appare assai meno favorevole<br />

per l’agricoltore, facendo registrare un decremento medio dei redditi lordi di -352 euro/ha per<br />

l’avvicendamento mais-mais-soia e -395 euro/ha per quello mais-mais-frumento. Nel SR e, in<br />

seconda battuta, in quello protettivo, tale decremento appare assai più rilevante, principalmente a<br />

causa della scomparsa dei contributi previsti all’epoca dal Reg. 2078/92 per l’agricoltura lowinput,<br />

oggi difficilmente conseguibile dall’agricoltore in considerazione sia dell’esiguità dei<br />

fondi messi a disposizione dall’UE, sia per la maggiore riduzione del ricorso ai fattori produttivi<br />

che viene richiesta.<br />

SC SR SP<br />

diff. Costi (euro/ha) -76 -83 -211<br />

diff PLV (euro/ha) -223 -227 -248<br />

diff ricavi (euro/ha) -352 -532 -540<br />

diff RL (euro/ha) -278 -449 -330<br />

Tab. 4.40 - Differenze fra le voci di bilancio attuali e quelle calcolate nel triennio 1996-1999 per il<br />

sistema mais-mais-soia<br />

SC SR SP<br />

diff. Costi (euro/ha) -31 -28 -123<br />

diff PLV (euro/ha) -270 -180 -196<br />

diff ricavi (euro/ha) -348 -503 -514<br />

diff RL (euro/ha) -317 -476 -391<br />

Tab. 4.41 - Differenze fra le voci di bilancio attuali e quelle calcolate nel triennio 1996-1999 per il<br />

sistema mais-mais-frumento<br />

Occorre inoltre evidenziare che, almeno per quanto riguarda i livelli di impiego unitario<br />

dei fertilizzanti, la gestione ordinaria delle aziende del comprensorio si è avvicinata ormai alle<br />

modalità di gestione previste dal sistema colturale che dieci anni fa era definito ridotto, piuttosto<br />

che a quelle dell’allora sistema convenzionale. Quindi il SR di dieci anni fa è quasi diventato il<br />

SC di oggi. La gestione protettiva invece conserva ancora un suo significato in termini di<br />

protezione ambientale, riducendo il “gap” di convenienza che lo separa dal sistema ridotto: -208<br />

euro/ha nel 1998 e -90 euro/ha nel 2009 per l’avvicendamento mais - mais – soia e -157 euro/ha<br />

nel 1998 e -72 euro/ha nel 2009 per l’avvicendamento mais-mais-frumento.<br />

Inoltre non si può fare a meno di evidenziare come si accresca l’incidenza della PAC sui<br />

ricavi agricoli, rappresentando una componente sempre meno “accessoria” nella formazione del<br />

reddito delle aziende, tanto che in sua assenza non si riuscirebbe a chiudere in attivo alcun<br />

sistema di coltivazione. Tali considerazioni tratteggiano un futuro non roseo per il settore<br />

primario in previsione anche dei cambiamenti cui, a partire dal 2013, saranno sottoposti gli aiuti<br />

in agricoltura.<br />

143


Allo scopo di valutare l’impatto dei sistemi colturali alternativi sull’entità e sulla qualità<br />

dei deflussi superficiali si era proceduto allo studio dei fenomeni di ruscellamento superficiale<br />

che sembrano giocare un ruolo non trascurabile anche negli ambienti caratterizzati da una<br />

giacitura pianeggiante. In questa sede si riportano i rilievi effettuati nella azienda allora di<br />

proprietà Gambini relativamente ad al biennio di sperimentazione 1997-1998 e nell’azienda<br />

Salviati per il solo 1998.<br />

Per la raccolta e la misura del run-off si era fatto ricorso ad apposite vasche collettrici,<br />

poste in numero di tre in prossimità delle fosse camperecce su ciascuna delle parcelle che<br />

ospitava uno dei sistemi colturali alternativi.<br />

Ciascuna vasca consentiva di raccogliere il deflusso superficiale di una porzione di<br />

terreno pari a 2.03 m 2 (1.35 x 1.50 m), che risultava idraulicamente isolata dal resto della<br />

parcella sperimentale grazie all’utilizzo di un telaio metallico, costituito da lamiere<br />

appositamente sagomate ed interrate alla profondità di circa 10 cm nel suolo. All’estremità di<br />

tale dispositivo, infine, era montato un collettore di forma triangolare in grado di convogliare<br />

l’acqua ruscellata in un contenitore di materiale inerte, infossato nel terreno. Poiché in questo<br />

modo veniva intercettata anche l’acqua di pioggia che cadeva entro la superficie della doccia, era<br />

stato necessario predisporre su ciascun appezzamento, un ulteriore dispositivo di raccolta<br />

(“bianco”), costituito dal solo collettore triangolare, allo scopo di poter quantificare (e quindi<br />

separare) il contributo diretto delle precipitazioni (in volume e in sali disciolti) nella formazione<br />

e nella composizione dei deflussi superficiali.<br />

Il movimento del run-off verso i dispositivi di cattura, e quindi il loro funzionamento,<br />

era assicurato dalla pendenza trasversale dei “parcelloni” interessati dalle ricerche, creata<br />

attraverso l’esecuzione delle lavorazioni principali del terreno e stimabile attorno al 2% se<br />

misurata da metà campo fino alla fossa.<br />

Il prelievo dei campioni dai contenitori inerti era effettuato al termine di ciascun evento<br />

piovoso, sempreché la quantità di acqua raccolta presentasse una consistenza significativa ai fini<br />

delle misurazioni e delle determinazioni analitiche da effettuare, altrimenti si attendeva che la<br />

caduta di nuove precipitazioni e quindi la produzione di nuovo run-off consentisse di raggiungere<br />

una soglia utile per l’effettuazione del campionamento. I campioni derivanti da eventi poco<br />

consistenti ed isolati erano scartati.<br />

Dai contenitori, previa misurazione del volume totale di run-off raccolto, venivano<br />

successivamente prelevati campioni destinati alle analisi di laboratorio. La scelta delle variabili<br />

quali-quantitative da misurare privilegiava i parametri presumibilmente più sensibili ai<br />

144


cambiamenti di management agronomico, fra i quali il contenuto in solidi totali e i fosfati<br />

presenti nella frazione liquida.<br />

Le vasche erano state installate dopo la semina (e l’eventuale sarchiatura) del mais e<br />

rimosse solo in prossimità dell’esecuzione delle lavorazioni principali del terreno, rimanendo<br />

funzionanti per un periodo di tempo oscillante fra l’inizio di giugno e la fine di gennaio.<br />

In tutti i casi la porzione di terreno delimitata dalla vasca era “gestita” dal punto di vista<br />

agronomico in maniera del tutto analoga alla parte restante dell’appezzamento, così da rendere le<br />

condizioni del terreno (porosità, scabrezza superficiale, copertura, ecc.) del tutto confrontabili<br />

con quelle realizzatesi al di fuori dell’area campione.<br />

Infine è necessario precisare che i quantitativi di run-off prodotto e di terreno eroso si<br />

riferivano al flusso d’acqua generato ed ai sedimenti trasportati per il breve tratto della lunghezza<br />

delle vasche di raccolta descritte in precedenza (1.5 m). Tali quantitativi non possono essere<br />

considerati come definitivamente persi dal “campo” in quanto, in condizioni reali, poteva<br />

verificarsi una loro, più o meno consistente, “reinfiltrazione” nel terreno e/o “rideposizione” a<br />

causa della maggior lunghezza del tratto da percorrere. I dati raccolti potrebbero dunque tendere<br />

ad una sovrastima piuttosto che ad una sottostima dell’entità dei fenomeni indagati.<br />

Come si può osservare dall’esame della Tabella 4.30 il run-off misurato non differisce<br />

significativamente fra i tre sistemi colturali posti a confronto. Da notare invece come la quantità<br />

di terreno eroso risulti sistematicamente minore sul sistema protettivo, a testimonianza<br />

dell’efficacia delle fasce inerbite di intercettare il sedimento sospeso nel deflusso superficiale.<br />

Riguardo infine alla consistenza delle perdite di fosforo disciolto nelle acque di run-off<br />

(ortofosfati) si deve notare come tali quantità risultino estremamente diversificate nei due anni di<br />

sperimentazione a causa presumibilmente della particolare interazione del regime delle<br />

precipitazioni con gli interventi di management agronomico previsti e con il decorso colturale<br />

del cereale; oltre l’85% del rilascio del fosforo è da imputare infatti ad un unico evento piovoso<br />

registratosi ad inizio settembre.<br />

Per quanto riguarda una stima delle perdite complessive di nutriente occorre considerare<br />

che le perdite associate al trasporto solido dovrebbero risultare abbastanza ridotte (essendo la<br />

concentrazione del P nella fase solida compresa fra l’1 e il 10% del terreno eroso) in<br />

considerazione dei quantitativi esigui di terreno eroso. Significativo potrebbe risultare invece il<br />

contributo del fosforo totale associato al run-off condurrebbe a stime di rilascio di nutriente che<br />

estrapolate sull’anno si potrebbero considerare comprese fra 1 kg di P totale /ha anno (caso più<br />

favorevole) e 2 kg di P totale /ha anno (caso più sfavorevole). Valutazioni sostanzialmente<br />

145


coerenti con i risultati delle simulazioni a suo tempo effettuate tramite l’utilizzo del modello<br />

GLEAMS (1.79 kg di P totale /ha anno).<br />

1997 - ex Gambini Sist. Convenzionale Sist. Ridotto Sist. Protettivo<br />

periodo permanenza vasche VI – XII VI – XII VI – XII<br />

piogge erosive (mm) 198.8 198.8 198.8<br />

run-off (mm) 15.3 17.7 17.8<br />

coefficiente di deflusso (%) 7.7 8.9 9.0<br />

terreno eroso (kg/ha) 306 460 235<br />

ortofosfati nel run-off (g/ha) 72 81 124<br />

1998 - ex Gambini Sist. Convenzionale Sist. Ridotto Sist. Protettivo<br />

periodo permanenza vasche I e VII – XI I e VII – XI I e VII - XI<br />

piogge erosive (mm) 283.6 256.6 256.6<br />

run-off (mm) 29.6 32.0 30.5<br />

coefficiente di deflusso (%) 10.4 11.3 10.8<br />

terreno eroso (kg/ha) 247 245 158<br />

ortofosfati nel run-off (g/ha) 351 405 416<br />

1998 - Salviati Sist. Convenzionale Sist. Ridotto Sist. Protettivo<br />

periodo permanenza vasche I e VII – XI I e VII – XI I e VII - XI<br />

piogge erosive (mm) 251.6 251.6 251.6<br />

run-off (mm) 16.2 16.6 14.4<br />

coefficiente di deflusso (%) 6.5 6.6 5.7<br />

terreno eroso (kg/ha) 500 344 122<br />

ortofosfati nel run-off (g/ha) 791 795 705<br />

Tab. 4.42 - Runoff e ortofosfato misurati nei tre sistemi considerati e relative piogge<br />

146


5 - L’interpretazione dei risultati<br />

In questa sede si tenterà di derivare, dalla messe di dati e di informazioni raccolte, delle<br />

ipotesi che riescano a fornire una spiegazione unitaria ai risultati ottenuti, in modo da chiarire il<br />

funzionamento di un sistema che si presenta estremamente complesso. Sulla base del lavoro fin<br />

qui svolto il gruppo di ricerca ha maturato convinzioni comuni riguardo alla dinamica e alla<br />

consistenza dei fenomeni indagati; certamente è possibile che, alla luce di nuove risultanze<br />

sperimentali, le ipotesi di seguito formulate possano subire parziali modifiche, ma allo stato delle<br />

conoscenze sono quelle maggiormente supportate dagli esiti dei rilievi effettuati e confermate<br />

dalle elaborazioni e/o simulazioni prodotte al fine di verificarne il livello di coerenza<br />

complessiva.<br />

I punti su cui si è focalizzato lo sforzo di interpretazione dei risultati raccolti sono stati,<br />

in conformità con la mission definita nella commessa, la valutazione delle condizioni di<br />

vulnerabilità del comprensorio, le modalità di uso della acqua nel settore agricolo, le<br />

problematiche del rilascio del fosforo. La trattazione dei punti appena ricordati sarà volutamente<br />

sintetica in modo da esporre le ipotesi, esplicative dei fenomeni indagati, senza appesantire<br />

l’esposizione con particolari che potrebbero distrarre dallo sviluppo dei concetti-chiave.<br />

5.1 - Le condizioni di vulnerabilità del lago<br />

Il lago di Massaciuccoli è un corpo d’acqua pensile e quindi soggetto a perdite legate a<br />

questa particolare conformazione, non riscontrabili invece in altri sistemi lacustri. Tali perdite<br />

sono costituite principalmente da:<br />

- la filtrazione delle acque del lago (stimabile attorno ai 7-8 Mm 3 /anno per le sole<br />

bonifiche di Massaciuccoli e Vecchiano) verso l’acquifero superficiale delle aree di<br />

bonifica;<br />

- alle derivazioni aperte sul canale Barra e sulla fossa Nuova nel periodo estivo per<br />

fornire acqua irrigua alle aziende agricole (circa 1 Mm 3 /anno).<br />

Altre perdite, di minore entità e di più difficile quantificazione sono rappresentate da:<br />

- l’uscita di acque dal lago verso la fossa Nuova quando il battente del lago è superiore a<br />

quello del canale;<br />

147


- la distrazione di parte delle acque pompate dalle idrovore di Massaciuccoli e Vecchiano<br />

verso il canale Barra anziché verso il lago nei periodi di scarse precipitazioni (in<br />

relazione alle condizioni idrauliche del canale stesso).<br />

Tali volumi reimmessi all’interno delle bonifiche, oltre a determinare un conseguente<br />

abbassamento del livello del lago, contribuiscono ad accrescere i volumi di acqua che le idrovore<br />

devono pompare per mantenere un adeguato franco di coltivazione nei terreni limitrofi al corpo<br />

d’acqua, con la conseguenza di accrescere i costi della bonifica e soprattutto di esaltare i<br />

fenomeni di interazione acqua-terreno, incrementando il rilascio dei nutrienti.<br />

Si consideri infatti che buona parte dei volumi pompati dalle idrovore sono costituiti da<br />

acque sotterranee drenate dal reticolo delle acque basse; tale frazione che è presente tutto l’anno,<br />

nel periodo estivo arriva a costituire la quasi totalità dell’acqua presente nei canali e quindi la<br />

quasi totalità dell’acqua pompata dalle idrovore, in quanto il deflusso superficiale è assente in<br />

relazione alla scarsità delle precipitazioni.<br />

Per trovare una conferma oggettiva a quanto affermato basta considerare i volumi totali<br />

annualmente pompati dalle idrovore di Vecchiano nel periodo investigato (21.9 Mm 3 /anno) e di<br />

Massaciuccoli (4.95 Mm 3 /anno); tali quantitativi costituiscono la somma dei deflussi di base<br />

(acque di falda drenate dai canali) e dei deflussi superficiali originatasi dalle acque di pioggia<br />

che non sono riuscite ad infiltrarsi nel terreno. L’incidenza dei due contributi è nettamente a<br />

favore del deflusso di base che supera, in ambedue i sottobacini, l’80% del totale (vedi 4.1).<br />

Ciò significa che il funzionamento delle idrovore (per assicurare un minimo franco di<br />

coltivazione) è destinato nel tempo ad accrescersi a causa del progredire dei fenomeni di<br />

subsidenza, che provocheranno inoltre un aumento della quota di acque che si infiltrano dal lago.<br />

Per quanto riguarda le carenze idriche del lago, queste sembrano legate più a problemi<br />

di deficit temporaneo che alle evidenze di un bilancio annuale negativo. È frequente infatti che il<br />

lago torni, nel periodo autunno-invernale, a toccare il livello massimo (+0.40 m s.l.m.m.), mentre<br />

nel periodo estivo si raggiungono spesso livelli decisamente esigui (-0.34 m s.l.m.m. come media<br />

degli anni 2000-2009 con punte di -0.50 m), tali da mettere a rischio la funzionalità dell’intero<br />

ecosistema lacustre.<br />

Del resto i dati relativi all’altezza del battente del lago sono disponibili solo a partire<br />

dall’anno 2000 e sono quindi insufficienti per poter fornire qualsiasi previsione affidabile sul<br />

bilancio idrico del corpo d’acqua negli anni a seguire; ciò che invece si può rilevare è che il<br />

confronto con le misure effettuate oltre 50 anni fa (Studiati, 1957) sembra indicare che allora i<br />

livelli minimi misurati nel periodo estivo risultavano meno drammatici (-0.25 m s.l.m.m.)<br />

148


ispetto a quelli osservati oggi nello stesso periodo dell’anno. Tutto ciò sembra suggerire che il<br />

lago abbia assunto un nuovo stato caratterizzato dall’assenza di andamenti monotoni (almeno per<br />

il periodo monitorato) tali da condurre nel tempo ad una significativa variazione dei volumi di<br />

invaso, che presenta però dinamiche temporali intraannuali tali da rendere difficile il<br />

mantenimento di una rete trofica sufficientemente strutturata.<br />

5.2 - L’impiego dell’acqua in agricoltura<br />

Il ricorso all’irrigazione (si veda 4.3) è gradualmente diminuito all’interno del<br />

comprensorio agricolo del Massaciuccoli, sia per il progressivo peggioramento della qualità delle<br />

acque, sia per i costi che la pratica irrigua inevitabilmente comporta. Ad oggi la quota parte di<br />

superficie irrigua si aggira attorno al 30% della SAU, contro il 50% rilevato nell’indagine svolta<br />

nei primi anni novanta. Sostanziali conferme giungono anche dall’esame dell’ultimo censimento<br />

dell’agricoltura (ISTAT, 2001), nel quale è riportata una quota di superficie irrigata per i comuni<br />

di Viareggio, Massarosa e Vecchiano pari al 37% della SAU.<br />

I consumi irrigui sono quindi diminuiti interessando circa un terzo delle superfici<br />

coltivate: le stime proposte per via sintetica dei quantitativi di acqua complessivamente prelevati<br />

dal settore agricolo all’interno del bacino si aggirano attorno ai 6 Mm 3 /anno, mentre le stime<br />

fornite dall’applicazione del metodo analitico oscillano fra 4.3 e 6.3 Mm 3 /anno a seconda della<br />

piovosità delle annate.<br />

L’ipotesi di sostituire una coltura più idroesigente (mais) con una meno (girasole)<br />

condurrebbe ad un risparmio teorico del consumo irriguo (cioè della quota di acqua<br />

evapotraspirata dalla pianta che ha provenienza irrigua), limitatamente all’area meridionale, pari<br />

a circa 176000 m 3 /anno, corrispondenti a circa 150 m 3 /ha anno (15 mm). Tale valore è<br />

decisamente esiguo se confrontato con i fabbisogni irrigui unitari delle colture (valore medio<br />

ponderato per il comprensorio = 1777 m 3 /ha anno) e trova una spiegazione nelle condizioni di<br />

bassa soggiacenza che interessano la sub-area SUB, pari all’80% dell’estensione dell’area<br />

meridionale (si veda 4.4)<br />

Se si passa invece a valutare il prelievo irriguo (cioè la quantità di acqua derivata dalle<br />

fonti di approvvigionamento), integrando il valore precedente con tutte le perdite conseguenti<br />

alla distribuzione dell’acqua (considerando efficienze di distribuzioni pari a 0.7 per l’irrigazione<br />

a pioggia e a 0.05 per la sub-irrigazione), il risparmio assommerebbe a circa 540000 m 3 /anno<br />

corrispondenti a circa 440 m 3 /ha anno (44 mm), quota questa più significativa della precedente.<br />

149


A livello di bacino quindi il vero problema dell’impiego dell’acqua sembra posto,<br />

piuttosto che dalla consistenza delle superfici irrigate e dalle scelte colturali adottate, dalle<br />

modalità di adduzione/distribuzione dell’acqua (vedi 4.4). Valori di efficienza di distribuzione<br />

inferiori al 10% appaiono decisamente inaccettabili in un comprensorio dove l’acqua costituisce<br />

una risorsa da salvaguardare e dove le condizioni di stress idrico per le colture raramente<br />

diventano estreme.<br />

Infatti si può affermare che nelle aree agricole più vicine al lago (oggetto dei maggiori<br />

fenomeni di subsidenza) le generali condizioni di bassa soggiacenza estiva rendono meno<br />

necessario il ricorso all’irrigazione, che comunque si gioverebbe di metodi diretti di adduzione<br />

dell’acqua alle aziende (tubazioni anziché innalzamento della falda per reingresso dell’acqua<br />

nella rete scolante) così da conseguire un significativo incremento dell’efficienza di impiego<br />

della risorsa. Nelle aree più distali dal lago (aree di <strong>Migliarino</strong> e Nodica) o collocate sopra la<br />

fascia dunare (aree di Torre del Lago e Viareggio) invece, dove diventa più importante<br />

l’incidenza dell’irrigazione sulla nutrizione idrica delle colture, l’esclusivo ricorso a metodi per<br />

aspersione o a goccia determina già condizioni di sufficiente efficienza nell’uso della risorsa. Si<br />

consideri inoltre che in questo caso la fonte di approvvigionamento è spesso costituita da pozzi<br />

che emungendo acqua dall’acquifero sotterraneo (25-30 m di profondità) non vanno a incidere<br />

sul livello del lago nel periodo estivo, anche se influenzano comunque l’equilibrio idrico del<br />

bacino.<br />

Per adesso quindi buona parte dell’acqua sottratta al lago a scopi irrigui (cioè quella<br />

apportata con il metodo della sub-irrigazione) è “perduta” per inefficienza di distribuzione e non<br />

è utilizzata dalle colture come dovrebbe, venendo in gran parte ceduta all’acquifero sotterraneo,<br />

con tempi di ritorno al lago (stimati attraverso il modello idrogeologico) lunghi e sicuramente<br />

eccedenti la fine della stagione estiva. Quindi anche se le inefficienze del metodo irriguo subsuperficiale<br />

non determinano vere e proprie uscite di acqua dal sistema, di fatto contribuiscono<br />

alla formazione del deficit estivo del lago per ritornare allo stesso attraverso il sistema delle<br />

idrovore nel periodo autunno-invernale.<br />

È da dubitare inoltre che l’adozione di colture meno idroesigenti si possa tradurre in una<br />

diversa apertura delle derivazioni presenti sul canale Barra e quindi in un effettivo risparmio<br />

d’acqua dal momento che, attualmente, la loro gestione non sembra rispondere ad alcuna<br />

razionalità d’impiego. Alla luce di quanto esposto la strategia di ridurre i consumi irrigui<br />

attraverso la scelta di colture meno idroesigenti, pur evidenziando una potenziale efficacia,<br />

finirebbe per incidere solo parzialmente sui prelievi irrigui; le perdite dovute all’inefficienza dei<br />

sistemi di adduzione/distribuzione rimarrebbero comunque elevate, costituendo una quota<br />

150


incomprimibile, legata alle scelte operate all’interno del comprensorio più in materia idraulica<br />

che agronomica.<br />

5.3 - Il rilascio del fosforo<br />

Per tentare di chiarire le dinamiche di rilascio del fosforo può essere utile avvalersi di<br />

un modello concettuale classico, frequentemente utilizzato nell’analisi dei problemi di<br />

contaminazione ambientale e cioè quello che disaggrega il fenomeno di interesse in tre<br />

componenti principali: la sorgente (fonte di immissione dell’inquinante), la via critica<br />

(meccanismi di trasporto dell’inquinante) e il bersaglio (comparto ambientale oggetto della<br />

contaminazione).<br />

La sorgente. Per quanto riguarda il primo punto si deve premettere che l’origine del fosforo che<br />

arriva al lago è multipla e che dunque sono attive nel comprensorio più sorgenti del nutriente.<br />

Gran parte del lavoro di ricerca svolto è stato dedicato proprio a caratterizzare la natura<br />

e l’entità di tali sorgenti. Inizialmente l’attenzione si è focalizzata sui depuratori e sui campi<br />

coltivati, cioè sulle due sorgenti reputate maggiormente responsabili dei fenomeni di<br />

contaminazione delle acque superficiali, ipotizzando come principale percorso di migrazione<br />

quello indicato dal deflusso delle acque superficiali.<br />

Relativamente ai due depuratori si stima che i rilasci mediamente operati nel corso di un<br />

anno siano pari a circa 2000 kg di fosforo, di cui circa 1100 kg sottoforma di fosforo solubile.<br />

Tali dati sono il risultato di un anno di monitoraggio (a cadenza mensile) delle concentrazioni<br />

misurate e delle portate in uscita medie dichiarate dall’ente gestore degli impianti.<br />

Per quanto riguarda invece i campi coltivati (si veda 4.5) i riscontri sperimentali e le<br />

simulazioni modellistiche sono concordi nel fissare il livello medio delle perdite nelle acque di<br />

deflusso superficiale attorno a 1-2 kg/ha anno di P, in relazione all’annata e alle scelte<br />

agronomiche operate dall’agricoltore che condurrebbero a valori medi complessivi di 3942<br />

kg/anno di P per la sola area meridionale e a 7727 kg/anno di P per l’intero bacino idrografico.<br />

Sennonché il comprensorio di studio presenta condizioni di assetto idrologico molto<br />

particolari e come già messo in evidenza in 5.1, l’acqua presente nella rete scolante è in realtà in<br />

gran parte acqua sotterranea che riaffiora in seguito all’azione drenante esercitata dai canali di<br />

bonifica sulla falda, nelle condizioni di bassa soggiacenza che caratterizzano l’area di studio.<br />

151


Se dunque le acque sotterranee presentassero anche una minore concentrazione di<br />

fosfati rispetto alle acque superficiali, il loro contributo ai fenomeni di contaminazione del lago<br />

potrebbe essere dello stesso ordine di quello attribuibile all’altro percorso di contaminazione.<br />

Per verificare tale ipotesi è stata effettuata una campagna di monitoraggio delle acque<br />

sotterranee in collaborazione con l’ARPAT - Dipartimento di Firenze nel giugno-luglio 2009 che<br />

ha evidenziato come le concentrazioni di fosfati solubili siano non solo dello stesso ordine di<br />

quelle osservate per le acque superficiali, ma in alcuni casi anche superiori (Figura 5.1).<br />

I meccanismi di contaminazione fosfatica delle acque sotterranee dovevano a questo<br />

punto essere messi in relazione a fenomeni di migrazione verticale dell’elemento e anche se la<br />

contaminazione delle acque sotterranee attraverso la lisciviazione dei fosfati costituisce in<br />

generale un meccanismo relativamente poco importante nella diffusione ambientale del fosforo<br />

(si veda 1.2), in presenza di terreni torbosi e di livelli di soggiacenza, anche solo<br />

temporaneamente ridotti, può assumere dimensioni tutt’altro che trascurabili.<br />

Accettando questa ipotesi quindi, si è dovuto prendere in considerazione un’altra<br />

possibile sorgente di nutriente cioè quella conseguente alla mineralizzazione della sostanza<br />

organica presente nei terreni in considerazione anche della difficoltà che avrebbe il fosforo<br />

distribuito con le concimazioni di raggiungere profondità utili.<br />

Solitamente tale sorgente è valutata come poco rilevante, ma nel contesto di studio<br />

caratterizzato da suoli con tenori di sostanza organica spesso superiori al 10% (e con valori<br />

massimi che raggiungono addirittura il 40%) è stato necessario stimare quello che poteva essere<br />

il contributo derivante dallo svolgimento di questo processo. La sua importanza del resto è<br />

confermata anche dagli evidenti fenomeni di subsidenza rilevabili all’interno del comprensorio<br />

che sono almeno in parte attribuibili proprio alla mineralizzazione del carbonio organico del<br />

terreno con produzione di CO 2 e conseguente abbassamento delle quote.<br />

Le stime effettuate, risultate fra l’altro coerenti con i dati di subsidenza (vedi allegato<br />

5), quantificano il contributo derivante dalla mineralizzazione della sostanza organica in un<br />

intervallo compreso tra 26 e 34 kg di P /ha anno, come media del comprensorio interessato da<br />

suoli interessati da un progressivo abbassamento delle quote.<br />

Le perdite di nutriente dai terreni non sono quindi imputabili esclusivamente alle scelte<br />

operate dagli agricoltori in termini di dose di fertilizzante distribuito, ma anche ai carichi naturali<br />

derivanti dai processi di mineralizzazione di sostanza organica che possono arricchire i flussi di<br />

acque sotterrane che attraversano terreni con caratteristiche umiche.<br />

In realtà, come evidenziato nel capitolo 4, le dosi medie di fertilizzazione fosforica<br />

registrate nel comprensorio sono molto basse (43 kg di P 2 O 5 /ha equivalenti a 19 kg di P/ha),<br />

152


spesso non in grado di compensare le asportazioni operate dalle colture (mediamente i bilanci<br />

apparenti del fosforo risultano negativi: -30 kg di P 2 O 5 /ha corrispondenti a -13 di P/ha) e anche<br />

se ciò non significa che si debbano escludere perdite di P a partire dai concimi distribuiti,<br />

classificherebbe l’agricoltura come un’attività che, complessivamente, sottrae fosforo dal sistema<br />

piuttosto che aggiungerlo.<br />

Del resto le stime degli apporti di fosforo imputabili alla mineralizzazione della<br />

sostanza organica, trasformati in kg di P 2 O 5 /ha anno (da 59 a 78 kg di P 2 O 5 /ha anno), diventano<br />

pari a circa una volta e mezzo i quantitativi medi di fertilizzazione fosforica rilevati nel<br />

comprensorio, dimostrandosi tutt’altro che secondari nella formazione dei carichi potenziali di<br />

nutriente.<br />

Sommando i quantitativi di fosforo presumibilmente liberati dalla mineralizzazione<br />

della sostanza organica con i valori del bilancio apparente del fosforo, si ottiene che la sorgente<br />

di P costituita dai terreni agrari risulterebbe pari a 23 kg di P/ha anno per il sottobacino di<br />

Massaciuccoli e di 16 kg di P/ha anno per il sottobacino di Vecchiano. È bene ricordare che<br />

questa stima è riferita solo alle aree agricole appartenenti alle aziende censite ricadenti<br />

all’interno dei due sottobacini:(1525 ha pari ad oltre l’80% della SAU censita).<br />

In sintesi si può concludere che i terreni costituiscono un’unica sorgente di fosforo<br />

definita dalla risultante degli apporti di fertilizzanti fosfatici distribuiti dagli agricoltori e della<br />

quota di nutriente derivante dai processi di mineralizzazione della sostanza organica. Le due<br />

componenti di fatto diventano indistinguibili e si differenziano soltanto per la diversa tempistica<br />

con cui si costituiscono nel suolo. La quota legata ai fertilizzanti viene fornita in un’unica<br />

soluzione e generalmente incorporata nel terreno, mentre la quota di origine naturale viene<br />

prodotta secondo un ciclo annuale continuo, ma non costante e seppure interessi prevalentemente<br />

lo strato lavorato (più areato) può costituirsi anche a profondità maggiori (anche in condizioni<br />

anaerobiche: si veda 4.2).<br />

Da ciò potrebbe derivare una certa preferenza del fosforo di provenienza antropica per<br />

la migrazione attraverso il deflusso superficiale ed invece una maggiore predisposizione per il<br />

fosforo di origine naturale a spostamenti veicolati dalle acque sotterranee e dalle fluttuazioni dei<br />

livelli di soggiacenza.<br />

Sicuramente esistono anche altre sorgenti di nutriente, basti pensare agli scarichi civili<br />

non collettati di numerose abitazioni presenti nel comprensorio o ai possibili contributi della<br />

zona industriale e commerciale di <strong>Migliarino</strong>; ma al di là dell’utilità di pervenire ad una stima<br />

affidabile dei quantitativi in gioco, si ritiene ragionevole considerare trascurabili, in prima<br />

approssimazione, i contributi di fosforo provenienti da tali fonti di contaminazione.<br />

153


Fig. 5.1 – Valori di concentrazione di P-PO 4 nelle acque sotterranee (campionamento Giugno-Luglio 2009) e andamento della sostanza organica.<br />

154


La via critica. Per quanto riguarda le vie critiche, cioè la natura dei meccanismi di trasporto del<br />

nutriente al lago e la loro efficienza nel realizzare tale migrazione, si è già evidenziato come sia<br />

le acque superficiali che quelle sotterranee possano contribuire al processo di contaminazione del<br />

lago.<br />

Per le acque superficiali è più facile arrivare a quantificare gli apporti che, come già<br />

ricordato, sono stati misurati a scala di campo o all’uscita dell’impianto di depurazione. Per le<br />

acque sotterranee è invece più difficile arrivare a delle stime attendibili in quanto occorrerebbe<br />

effettuare una sperimentazione in ambiente controllato isolando delle porzioni di terreno e<br />

valutandone il comportamento (lisimetri), oppure cercando di ricreare in laboratorio condizioni<br />

vicine a quelle naturali (test in colonna).<br />

In generale si deve attribuire una maggiore importanza, nei rilasci di nutriente di<br />

provenienza antropica, all’interazione con l’andamento climatico (ad esempio una pioggia<br />

intensa caduta poco dopo la distribuzione dei fertilizzanti può determinare da sola oltre il 80%<br />

delle perdite registrate nel corso dell’anno; si veda 4.5), mentre per il rilascio del fosforo di<br />

origine naturale, in considerazione dei tempi più lunghi di costituzione del carico, si ipotizza una<br />

minore dipendenza dalla distribuzione e dall’intensità dei fenomeni meteorici.<br />

Il vero problema però consiste non solo nel determinare la quantità del nutriente in<br />

uscita dall’appezzamento attraverso il vettore delle acque superficiali o quello delle acque<br />

sotterranee, quanto nel riuscire a verificare quale sia l’efficienza (cioè la criticità della via) dei<br />

due meccanismi nel veicolarlo verso la rete scolante e quindi al lago. Non interessa cioè solo<br />

quanto fosforo le acque superficiali e sotterranee riescano a trasportare, ma quale sia la loro<br />

capacità di farlo pervenire ai canali di bonifica che lo recapiteranno al lago (bersaglio),<br />

palesando l’azione di meccanismi di attenuazione della diffusione dell’inquinante più o meno<br />

efficaci.<br />

Il sistema di monitoraggio dei canali di bonifica mantenuto attivo per un anno<br />

sull’intera area meridionale ha confermato la complessità della situazione consentendo in alcuni<br />

casi e attraverso il ricorso ad opportuni modelli di simulazione, di discriminare la natura dei<br />

movimenti e delle trasformazioni subite dal nutriente.<br />

A questo proposito si propongono due esempi. Il primo è tratto dalla porzione<br />

meridionale del sottobacino di Vecchiano (area di <strong>Migliarino</strong>) e considera le sezioni AS1, AS2,<br />

AS15 e AS3 della rete scolante. Tali punti sono connessi secondo lo schema riportato in fig. 5.2a<br />

e evidenziano come sulla base delle portate e delle concentrazioni simultaneamente misurate, in<br />

periodi successivi ad intense precipitazioni, sia possibile verificare l’ipotesi di conservazione di<br />

massa dell’acqua e dei soluti che attraversano le rispettive sezioni.<br />

155


I carichi di soluti (C i ), calcolati come prodotto fra le portate e le corrispondenti<br />

concentrazioni, dimostrano una sostanziale coerenza dei risultati per le specie conservative<br />

(cloruri e sodio) confermata dalla relazione C 3 = C 1 + C 2 + C 15 , mentre nel caso dei fosfati si<br />

evidenzia una riduzione del nutriente (C 3 < C 1 + C 2 + C 15 ) imputabile a processi di sottrazione<br />

alla fase liquida (precipitazione, adsorbimento, organicazione, sedimentazione) subiti<br />

dall’elemento.<br />

a<br />

b<br />

Fig. 5.2 – Sezioni AS1, AS2, AS3 ed AS15 (a) e sezioni AS14 ed AS13 (b)<br />

156


L’altro esempio si riferisce invece alla porzione settentrionale del sottobacino di<br />

Vecchiano ed in particolare all’asse costituito dal canale collettore di Vecchiano, monitorato nei<br />

punti AS14 e AS13 in assenza di precipitazioni significative per la formazione del deflusso<br />

superficiale (fig. 5.2b). In questo caso l’incremento osservato a carico dei cloruri (legato ad un<br />

aumento sia della concentrazione, che della portata) può essere spiegato soltanto con l’ingresso<br />

di acque con un contenuto di cloruri maggiore rispetto a quello misurato in corrispondenza della<br />

sezione precedente, e per questo motivo presumibilmente originarie del lago (le uniche<br />

caratterizzate da una più elevata concentrazione di cloruri).<br />

Anche il carico di fosforo (sia come PO 4 che come P-tot) subisce un incremento<br />

passando da AS14 a AS13, ma poiché le concentrazioni di queste specie nelle acque del lago<br />

risultano molto basse, si deve necessariamente ipotizzare che l’arricchimento di P avvenga<br />

durante l’attraversamento degli strati di terreno antecedente il recapito nel canale (confermando<br />

le ipotesi formulate nel paragrafo precedente circa il possibile contributo al trasporto del P<br />

attribuibile al movimento delle acque sotterranee; si veda 4.2).<br />

Questi esempi dimostrano come nella realtà si assista ad una complessa interazione di<br />

fenomeni chimici (precipitazione, adsorbimento, desorbimento, ecc.), fisici (advezione,<br />

dispersione, ecc.) e biologici (assorbimento algale, organicazione, ecc.) che agiscono<br />

contemporaneamente e/o alternativamente sull’intera rete scolante e che possono giocare un<br />

ruolo determinante sulla criticità della via di contaminazione, attenuandone o esaltandone le<br />

capacità di trasporto.<br />

Ciò significa che tutto il fosforo perduto dall’appezzamento (per deflusso superficiale<br />

e/o per lisciviazione) può non arrivare effettivamente al lago o almeno non arrivarci in tempi<br />

brevi. In questo caso, si assiste ad un continuo incremento del nutriente lungo la rete scolante o<br />

nelle acque di falda che arricchendosi progressivamente finirebbero col fungere da sorgente<br />

secondaria di contaminazione del nutriente.<br />

Il bersaglio. Lo schema di monitoraggio adottato permette la definizione di bersagli intermedi<br />

intesi come sezioni della rete scolante dove è possibile quantificare il carico di fosforo<br />

trasportato. Ad esempio tale operazione è stata effettuata per le sezioni: AS1, AS8, AS14 (Fig.<br />

3.5 a, b, c).<br />

Come è possibile osservare dalla tab. 5.1 i carichi teorici unitari relativi alle tre sezioni<br />

considerate variano tra 1.7 e 4.3 kg di P/ha (di SAU) anno; in realtà mentre AS8 e AS14<br />

presentano valori più simili (1.6-2.6), AS1 fa segnare carichi decisamente più elevati (4.1 kg di<br />

P/ha).<br />

157


La valutazione del quantitativo complessivo di nutriente che giunge al lago (bersaglio<br />

<strong>finale</strong>) è complicata dalla difficoltà di pervenire ad una stima affidabile dell’effettivo<br />

funzionamento delle idrovore e quindi dei volumi pompati annualmente nel corpo d’acqua,<br />

sottolineata già da altri ricercatori e dallo stesso consorzio di bonifica, nonché dei contributi delle<br />

acque che pervengono direttamente al lago (canale Barra, fossa Nuova, Rio delle Tre Gore,<br />

Bagnaia 2).<br />

sezione Qtot Cmed Ptot Cmed PO 4 SAU Ptot Ptot PO 4 PO 4<br />

m 3 /anno mg/l mg/l ha kg/anno kg/ha<br />

anno<br />

kg/anno kg/ha<br />

anno<br />

AS1 988933 0.34 0.03 91 375 4.1 25 0.3<br />

AS8 1701635 0.18 0.02 149 241 1.6 18 0.1<br />

AS14 7052261 0.21 0.02 416 1079 2.6 164 0.4<br />

AS9 4949047 0.30 0.11 500 1026 2.1 360 0.7<br />

AS12 21627359 0.32 0.12 1364 5902 4.3 2203 1.6<br />

Tab. 5.1 - Carichi di fosforo totale e orto fosfato stimati per le sezioni AS1, AS8, AS14 e per i sottobacini<br />

di Vecchiano (AS12) e Massaciuccoli (AS9). Qtot = deflusso totale, QDB = deflusso di base, Cmed =<br />

concentrazioni medie<br />

Per questo motivo si è deciso di limitare la quantificazione dei carichi di fosforo alla<br />

sola area meridionale, utilizzando i dati di pompaggio ottenuti dall’applicazione del modello<br />

idrologico (vedi 4.1 - Il bilancio idrico dei sottobacini della parte meridionale del Lago di<br />

Massaciuccoli) per le idrovore di Vecchiano e Massaciuccoli. A questo proposito si ricorda (si<br />

veda 3.0) che l’area meridionale con i suoi 2628 ha di SAU costituisce oltre il 50% della<br />

superficie agricola presente all’interno del bacino idrografico del lago e dunque costituisce un<br />

campione più che rappresentativo del comportamento dell’intero comprensorio.<br />

Per quanto riguarda invece le concentrazioni associate ai valori di portata, calcolati con<br />

scansione mensile, si è ritenuto più corretto considerare i valori medi dei sottoperiodi idrologici<br />

in cui era possibile suddividere l’anno solare, piuttosto che associare ad ogni valore di portata<br />

simulato il corrispondente valore di concentrazione misurato.<br />

I risultati ottenuti mostrano che il carico di fosforo complessivamente recapitato alle<br />

idrovore per l’anno considerato (luglio 2008-agosto 2009) è di 6928 kg; di cui circa il 15%<br />

dall’idrovora di Massaciuccoli (1026 kg di P/anno) e il rimanente 85% dall’idrovora di<br />

Vecchiano (5902 kg di P/anno). Le ragioni di tali differenze (tab. 5.1) sono da ricercare<br />

nell’entità delle portate rapportate all’unità di superficie piuttosto che nella consistenza delle<br />

concentrazioni di nutrienti che risultano sostanzialmente simili all’uscita dei due sotto-bacini<br />

(AS12 e AS9).<br />

Se si confrontano i carichi teorici di fosforo che caratterizzano le sorgenti e i<br />

quantitativi effettivamente giunti al lago si osserva che l’efficienza dei meccanismi di trasporto<br />

158


isulta significativamente diversa nei due sottobacini: nel sottobacino di Massaciuccoli infatti si<br />

ottiene un’efficienza di circa il 10% (1026/11494 kg di P), mentre nel sottobacino di Vecchiano<br />

il valore è circa doppio (5902/27747 kg di P).<br />

Lo scarto osservato è legato a parecchi fattori quali le già citate differenze a carico delle<br />

portate unitarie, l’apporto di P imputabile al depuratore di <strong>Migliarino</strong> (984 kg di P/anno) che nel<br />

sottobacino di Vecchiano di fatto costituisce un contributo direttamente immesso nella rete<br />

scolante e non conteggiabile nel calcolo dell’efficienza sopra riportato (in quanto non<br />

proveniente dalla “sorgente terreno”), la natura più sciolta di parte dei terreni del sottobacino di<br />

Vecchiano che favorisce fenomeni di trasporto solido e probabilmente risulta meno efficace nei<br />

processi di sottrazione del fosforo durante il suo trasferimento verso il lago.<br />

159


6 – Considerazioni conclusive<br />

La necessità di chiudere la relazione con delle conclusioni per forza di cose sintetiche e<br />

comprensibili, si scontra con il timore di operare un’eccessiva semplificazione dei dati e delle<br />

considerazioni fin qui svolte. Il rischio che il committente, tralasciando di leggere pagine di<br />

concetti non sempre semplici da interpretare, salti alla lettura delle conclusioni, che trovano<br />

ragione di essere proprio in conseguenza di quanto riportato nei capitoli precedenti, esiste e deve<br />

essere sottolineato.<br />

Si prega pertanto chi fosse tentato ad effettuare questa operazione di armarsi di pazienza<br />

e di ripercorrere tutto il cammino fin qui svolto prima di accingersi alla lettura di questo ultimo<br />

capitolo.<br />

Ciò premesso, in estrema sintesi, si può affermare che il comprensorio di studio<br />

presenta alcuni fattori di debolezza catalogabili come fattori strutturali di primo o di secondo tipo<br />

(distinguibili in relazione al livello di modificabilità). Fra i fattori strutturali di primo tipo<br />

(sostanzialmente immodificabili) si possono individuare:<br />

- la natura torbosa dei terreni;<br />

- il continuo abbassamento del piano di campagna nelle bonifiche (subsidenza), che<br />

obbligando ad operare un maggior pompaggio di acqua con le idrovore onde consentire la<br />

conservazione di un minimo franco di coltivazione, finisce col determinare un ulteriore<br />

compattamento del terreno;<br />

- il riciclo delle acque operato dalle idrovore;<br />

- le limitate capacità d’invaso del lago.<br />

Fra i fattori strutturali di secondo tipo (teoricamente modificabili) si annoverano;<br />

- la mancanza di adeguate aree buffer in grado di intercettare i sedimenti e i nutrienti<br />

trasportati dalle acque sollevate dalle idrovore;<br />

- la captazione delle sorgenti dei Monti d’Oltreserchio a fini potabili;<br />

- l’inefficienza di regolazione dei flussi mare/lago attraverso la chiusura/apertura delle<br />

porte Vinciane;<br />

- la presenza dei due depuratori (Vecchiano e <strong>Migliarino</strong>) i cui reflui sono recapitati<br />

direttamente nel lago.<br />

160


L’esistenza di condizioni di stress ambientale intrinseche all’attuale organizzazione del<br />

territorio, a prescindere dall’esercizio di qualsiasi tipo di attività agricola, deve essere tenuta ben<br />

presente nella valutazione delle eventuali responsabilità del settore e costringe a riconsiderare<br />

l’intero comprensorio delle bonifiche come un ecosistema notevolmente fragile e in parte<br />

compromesso proprio a causa della sua stessa natura.<br />

Per quanto riguarda invece la prima delle due principali problematiche affrontate nel<br />

corso della ricerca e cioè il bilancio idrico del lago, è emerso che:<br />

- sulla base dei dati disponibili le carenze idriche del lago sembrano legate più a problemi<br />

di deficit temporaneo che alle conseguenze di un bilancio annuale costantemente<br />

negativo;<br />

- i livelli minimi misurati nel periodo estivo risultano oggi più bassi rispetto a quelli<br />

osservati in passato e suggeriscono quindi di ridurre, per quanto possibile, ogni<br />

distrazione di acqua dal corpo idrico nel periodo secco dell’anno;<br />

- le perdite osservabili sono in parte naturali (evaporazione dalla superficie libera<br />

dell’acqua, evapo-traspirazione dei vegetali), in parte imputabili alla conformazione e al<br />

funzionamento della bonifica (filtrazione verso l’acquifero superficiale, parziale deflusso<br />

delle acque del lago verso la fossa Nuova e il canale Barra) e in parte conseguenza di usi<br />

antropici (derivazioni per l’irrigazione);<br />

- in termini quantitativi i contributi dell’evaporazione e dell’evapotraspirazione<br />

costituiscono assieme attorno al 60% del totale delle perdite registrate nel corso della<br />

stagione secca (100 giorni), l’entità delle filtrazioni verso l’acquifero superficiale è<br />

stimabile attorno al 25-30% e i volumi destinati all’agricoltura risulterebbero pari al<br />

rimanente 10-15%; sostanzialmente trascurabili invece è da considerare la consistenza<br />

dei deflussi delle acque del lago verso i principali canali di bonifica;<br />

- i consumi di acqua da parte dell’agricoltura quindi, pur non risultando particolarmente<br />

rilevanti in termini assoluti, possono risultare significativi in corrispondenza dei già<br />

ricordati periodi di deficit idrico estivo. Risparmi non trascurabili potrebbero essere<br />

conseguiti, in maniera prioritaria, attraverso un miglioramento dei sistemi di adduzione<br />

(tubazioni anziché richiamo dell’acqua attraverso i canali di bonifica) e distribuzione (ad<br />

es. nel passaggio dalla subirrigazione ai metodi per aspersione/goccia), ad oggi<br />

largamente inefficienti. Si consideri, in ogni caso, che tali cambiamenti costringerebbero<br />

comunque gli agricoltori ad operare gli investimenti necessari per adeguarsi all’adozione<br />

delle nuove tecniche irrigue. Le ulteriori economie nell’uso della risorsa idrica che<br />

161


potrebbero derivare dalle modifiche apportate agli ordinamenti colturali nel senso di<br />

privilegiare la diffusione di colture meno idroesigenti o addirittura a ciclo autunnovernino,<br />

sono però subordinate all’adozione delle prima ricordate modifiche della tecnica<br />

irrigua, senza le quali rischierebbero di risultare sostanzialmente vanificate. Inoltre si<br />

deve considerare che i cambiamenti suggeriti a carico delle scelte colturali, se non<br />

sostenuti da adeguate misure compensative in termini finanziari, incontrerebbero la<br />

decisa opposizione degli agricoltori in quanto, al momento, poco sostenibili sul piano<br />

economico.<br />

In relazione al secondo quesito di ricerca affrontato riguardante le modalità<br />

dell’inquinamento da fosforo, si intende puntualizzare che:<br />

- la migrazione del fosforo trae origine sia da attività umane (agricoltura, scarichi civili,<br />

bonifica meccanica, ecc.), sia da fenomeni naturali (mineralizzazione della sostanza<br />

organica, trasporto operato dalle acque superficiali e dalle acque sotterranee, ecc.) che<br />

possono però risultare amplificati proprio dall’esercizio continuato di quelle attività;<br />

- la dispersione ambientale del nutriente è la risultante di processi complessi e in parte<br />

interagenti fra loro, di cui risulterà possibile definire i singoli contributi soltanto avviando<br />

un’accurata sperimentazione di campo e di laboratorio. In linea di massima si ritiene<br />

prevalente, sull’arrivo di carichi di nutriente al lago, il contributo derivante dalla<br />

mineralizzazione della sostanza organica; le ragioni che confermano tale ipotesi sono da<br />

ricercare nella (potenziale) maggiore consistenza dei quantitativi liberati e in una<br />

presumibile preferenza di spostamento attraverso il vettore delle acque sotterranee che<br />

costituiscono la gran parte dei volumi pompati nel lago dalle idrovore. Le perdite legate<br />

alle concimazioni fosforiche hanno carattere di maggiore accidentalità e le loro entità<br />

sono fortemente legate alle modalità di distribuzione dei fertilizzanti e alla possibile<br />

interazione con eventi piovosi significativi occorsi nei giorni immediatamente seguenti.<br />

Gli apporti di fosforo dai depuratori, sebbene non trascurabili in termini quantitativi,<br />

costituiscono un contributo minoritario rispetto ai precedenti, ma in grado di determinare<br />

i valori di concentrazione in nutriente più elevati dell’intero comprensorio. Il fatto che la<br />

consistenza di questo tipo di sorgente sia valutata in termini di immissione nella rete<br />

scolante invece che in termini di carichi di fosforo potenzialmente trasportabili dalle<br />

acque, rende difficile operare una comparazione con i contributi delle sorgenti diffuse,<br />

ma anche ammettendo che il fosforo dei depuratori arrivi al bersaglio senza subire alcuna<br />

forma di attenuazione durante il tragitto, tale quantità costituirebbe circa un terzo di<br />

162


quello complessivamente recapitato al lago a partire dai bacini di Massaciuccoli e<br />

Vecchiano.<br />

Per quanto riguarda il comportamento degli agricoltori questo è da giudicare in generale<br />

come ordinario (cioè “razionale”) rispetto alle condizioni pedo-climatiche, tecnologiche ed<br />

economico-sociali che caratterizzano il comprensorio. Inoltre, grazie alle indagini condotte nel<br />

corso di un decennio, è stato possibile osservare, nel tempo, una progressiva estensivizzazione<br />

delle pratiche colturali adottate ed in particolare una drastica riduzione del ricorso ai concimi<br />

minerali (divenuti troppo costosi rispetto ai prezzi di vendita delle granelle). Non si sono<br />

verificati invece significativi miglioramenti nella consapevolezza dell’uso dell’acqua, in alcuni<br />

casi ancora troppo inefficiente, anche a causa dei metodi di adduzione/distribuzione adottati.<br />

Infine, seppure l’incarico di ricerca ricevuto non prevedesse l’individuazione di specifici<br />

rimedi alle condizioni di sofferenza del lago di Massaciuccoli, si è ritenuto doveroso chiudere il<br />

presente documento con l’indicazione di massima di alcuni dei possibili rimedi da adottare, la<br />

cui condivisibilità però è inevitabilmente subordinata ad una sostanziale accettazione dei risultati<br />

fin qui discussi, su cui i diversi enti competenti sono chiamati ad esprimere il proprio parere.<br />

Premesso che la valutazione di questi interventi (fattibilità, costi, modalità di esecuzione,<br />

benefici attesi, possibili controindicazioni, ecc.) richiederebbe tempi e risorse significativi, oltre<br />

alla definizione di una scala di priorità e di preferenze che competono all’assunzione di una<br />

specifica responsabilità politica, è necessario ricordare che alcune delle cause alla base delle<br />

condizioni di sofferenza del comprensorio sono strutturali e risulta difficile solo pensare di<br />

poterle modificare; ma anche nei casi in cui l’applicabilità delle soluzioni proposte si dimostra<br />

più percorribile, la loro efficacia è legata al livello di integrazione e di complementarietà che<br />

presentano e che deve essere valutata con attenzione.<br />

Per contribuire alla risoluzione dei problemi di sofferenza idrica del lago nel periodo<br />

estivo esistono due tipologie di strategie: ridurre le perdite e/o incrementare le entrate.<br />

Innanzitutto sarebbe auspicabile arrivare ad una gestione più razionale delle derivazioni<br />

dal lago per scopi irrigui che sia in qualche modo relazionata con le effettive esigenze idriche<br />

espresse dalle colture presenti, sia in termini di quantità erogate, che di epoche di distribuzione.<br />

Secondariamente si dovrebbe perseguire una riduzione del prelievo irriguo attraverso un<br />

incremento dell’efficienza di utilizzazione dell’acqua, ad ora inaccettabilmente modesta. Una<br />

possibile soluzione a riguardo consiste nell’adduzione dell’acqua alle aziende attraverso sistemi<br />

e metodi che prevedano l’impiego di tubazioni e la conseguente adozione di modalità di<br />

163


irrigazione più efficienti, quali ad esempio l’irrigazione per aspersione. In questo modo oltre a<br />

realizzare un significativo risparmio nell’uso della risorsa si potrebbe anche quantificare con più<br />

precisione il consumo idrico aziendale e favorire un impiego più consapevole dell’acqua. Inoltre<br />

sono da valutare con attenzione le ulteriori possibilità offerte dall’adozione di metodi irrigui<br />

ancora più efficienti quali l’impiego di manichette anche per le specie di grande coltura, come<br />

dimostrato dalla sperimentazione in campo e già illustrato in 4.5. (cambiamento del sistema di<br />

adduzione e/o del metodo irriguo)<br />

Come visto in precedenza (si veda 4.4) l’adozione di colture meno idroesigenti (ad es. il<br />

girasole) potrebbe consentire il conseguimento di un ulteriore risparmio idrico (1.0-1.5<br />

Mm 3 /anno), solo a patto di operare una diversa modalità di gestione dell’acqua a livello<br />

comprensoriale; da non trascurare infine che una profonda revisione degli ordinamenti colturali<br />

farebbe registrare una sensibile contrazione dei redditi lordi, da quantificare caso per caso, ma<br />

comunque stimabile come non inferiore al 30%.<br />

Per quanto riguarda l’incremento delle entrate idriche, le opportunità possibili sono<br />

costituite dalla restituzione dell’acqua delle sorgenti di Villa Spinola e Paduletto al sistema idrico<br />

del lago che potrebbero costituire un contributo non trascurabile nel periodo di deficit idrico<br />

estivo (stimabile pari ad oltre la metà dei prelievi idrici operati per motivi irrigui).<br />

Altri contributi potrebbero essere costituiti dall’acquedotto agro-industriale di Viareggio<br />

(in fase di avanzata progettazione) o dalla possibilità di utilizzare le acque reflue dei depuratori a<br />

fini irrigui, previo trattamento terziario delle acque.<br />

Le possibilità di ridurre l’apporto di nutriente al lago sono legate invece ad un<br />

contenimento dei rilasci operati dalle sorgenti (rimedi preventivi) e/o ad una riduzione<br />

dell’efficienza dei meccanismi di trasporto (rimedi curativi).<br />

Per quanto riguarda il primo punto gli interventi possibili si configurano in primo luogo<br />

nel collettamento degli scarichi dei depuratori al di fuori del bacino del lago (ad esempio verso il<br />

depuratore di Pisa come fra l’altro già previsto dall’accordo di programma degli enti gestori) o,<br />

in alternativa (in considerazione del deficit idrico estivo del lago), nel sottoporre tali effluenti ad<br />

una depurazione più spinta che conduca ad un drastico abbattimento del livello di nutriente.<br />

In secondo luogo si può tentare di contenere le perdite di fosforo dai campi coltivati non<br />

tanto attraverso una riduzione degli apporti di fertilizzanti (già decisamente ridotti) quanto per<br />

mezzo di una gestione più conservativa dei terreni. Tali accorgimenti dovrebbero essere orientati<br />

ad una riduzione del tasso di mineralizzazione della sostanza organica e/o ad una maggiore<br />

conservazione delle particelle terrose, consistono nell’adozione da parte degli agricoltori di<br />

164


tecniche di lavorazione ridotta, fino alla semina diretta, in sostituzione dell’aratura e nella scelta<br />

di effettuare gli interventi meccanici più a ridosso dell’epoca di semina, prolungando nel tempo<br />

l’azione protettiva esercitata dai residui colturali. Un’altra possibilità è offerta dall’introduzione<br />

di colture poliennali (foraggere, da energia, ecc.) che, determinando una minore frequenza delle<br />

lavorazioni del terreno, consentirebbe ugualmente di ridurre il tasso di mineralizzazione della<br />

sostanza organica. Inoltre potrebbe essere consigliabile introdurre all’interno degli<br />

avvicendamenti colture di copertura in grado di proteggere il terreno nei periodi intercolturali.<br />

Tutte queste opzioni non hanno trovato sino ad ora una positiva accoglienza presso le<br />

aziende agricole del comprensorio, nonostante le sperimentazioni svolte, sia in questa (vedi 4.5)<br />

che in altre occasioni, abbiano dimostrato la percorribilità e, in alcuni casi, la convenienza delle<br />

scelte alternative. A questo riguardo si ritiene indispensabile l’avvio di un processo di<br />

concertazione con gli agricoltori in cui sia possibile effettuare un confronto leale e costruttivo,<br />

individuando e risolvendo eventuali difficoltà tecnico/economiche e definendo gli strumenti<br />

normativi più idonei a favorire la diffusione di tali pratiche.<br />

Per quanto riguarda il secondo punto, cioè l’attenuazione dei meccanismi di trasporto,<br />

occorre premettere che le possibili strategie di mitigazione in gran parte oltrepassano le<br />

competenze degli agricoltori e potrebbero trovare un’efficace applicazione solo a una scala<br />

comprensoriale. A livello aziendale gli accorgimenti potenzialmente più efficaci potrebbero<br />

essere quelli in grado di ridurre il trasporto dei nutrienti dal campo coltivato alle scoline o ai<br />

capifosso, come ad esempio, la costituzione di fasce tampone inerbite o arborate. Tuttavia,<br />

mentre per quanto riguarda l’abbattimento del trasporto solido (si veda 4.5) e dell’azoto<br />

l’efficacia di questi sistemi è ormai comprovata, per quanto riguarda il fosforo sussistono ancora<br />

dubbi riguardo la possibilità di rilasci a lungo termine del nutriente.<br />

Per quanto riguarda invece le strategie applicabili a livello di comprensorio, che<br />

richiamano il coinvolgimenti diretto degli enti gestori del territorio (Autorità di Bacino,<br />

Consorzio di Bonifica, Amministrazioni Provinciali, <strong>Parco</strong> Naturale) e che gli agricoltori<br />

potrebbero però contribuire a costituire e a mantenere funzionanti, magari indirizzando a tale<br />

destinazione la quota parte della superficie aziendale in passato destinata al set-aside<br />

obbligatorio (pari al 10% della SAU aziendale). Fra le opzioni possibili, allo stato attuale delle<br />

conoscenze, si possono citare le constructed wetlands, zone umide artificiali costituite da<br />

superfici di terreno occupate da canne (Phragmites, Typha o altre) che vengono “inondate” con<br />

le acque da trattare. Questi dispositivi, in grado di esercitare anche una funzione naturalistica,<br />

pur essendo efficaci nel sottrarre definitivamente l’azoto (tramite la denitrificazione), trattengono<br />

il fosforo sotto varie forme, con possibilità di rilascio all’alterarsi delle condizioni chimico-<br />

165


fisiche o biologiche del sistema pianta-terreno (es. senescenza), non essendo previsto, di norma,<br />

il taglio e l’asportazione della biomassa.<br />

Un’alternativa altrettanto efficace è rappresentata dai vegetation filters, costituiti<br />

essenzialmente da piantagioni di specie arboree da biomassa (es. pioppo o salice) gestite a turno<br />

breve (2-3 anni) ed irrigate con le acque da “depurare”; questi dispositivi potrebbero consentire<br />

anche di asportare la quota di nutrienti immagazzinata nel legno (tra i 10 e i 20 kg di P/ha anno<br />

per il salice, tra i 7 e i 15 kg di P/ha anno per il pioppo), attraverso la raccolta della biomassa da<br />

destinare ad uso energetico. Tale soluzione inoltre offrirebbe il vantaggio di essere<br />

presumibilmente meglio accettata dagli agricoltori che potrebbero facilmente gestirne la<br />

coltivazione e conseguire una integrazione reddituale dal conferimento/trasformazione delle<br />

produzioni.<br />

Il ricorso alle constructed wetlands, o ai vegetation filters, da soli o associati fra loro,<br />

potrebbe consentire la ricostituzione di aree buffer a protezione del sistema lacustre, attualmente<br />

assenti nella parte meridionale del bacino, la cui collocazione ed estensione dovrebbe essere<br />

attentamente valutata. I vegetation filters inoltre potrebbero essere efficacemente adottati nel<br />

trattamento degli scarichi puntuali dei depuratori di <strong>Migliarino</strong> e Vecchiano, offrendo una<br />

soluzione a basso costo ed a basso input tecnologico al problema del trattamento terziario dei<br />

reflui.<br />

L’adozione di sistemi di depurazione vegetali potrebbe/dovrebbe essere integrata da una<br />

gestione idraulicamente funzionale della rete scolante che consenta il recapito dei volumi da<br />

depurare e garantisca tempi di residenza adeguati rispetto alle esigenze di riduzione dei carichi.<br />

Anche l’opzione del riallagamento di alcune aree, in cui l’agricoltura è divenuta già oggi<br />

difficilmente praticabile a causa della progressiva riduzione del franco di coltivazione, se da un<br />

lato potrebbe consentire di reperire gli spazi utili all’allestimento dei dispositivi prima descritti,<br />

dovrebbe essere valutata con attenzione perché potrebbe determinare, almeno temporaneamente,<br />

rischi di rilascio del fosforo mineralizzato più elevati degli attuali in conseguenza delle mutate<br />

condizioni redox, come risulta da ricerche svolte su analoghe esperienze in ambito europeo<br />

(Meissner et al., 2008).<br />

Al di là di questi interventi, da classificare come strutturali o gestionali a seconda dei<br />

casi, è necessario attribuire una giusta considerazione anche agli interventi di indirizzo, cioè a<br />

quelli che definiscono la prospettiva e i margini entro i quali sono destinate a essere esercitate le<br />

attività umane del prossimo futuro. A questo riguardo risulterebbe quindi importante che il <strong>Parco</strong><br />

e gli altri enti competenti definissero le linee di sviluppo programmatico per il settore agricolo<br />

166


dei prossimi anni, costituendo un sistema di aiuti e di incentivi (anche al fuori dal campo di<br />

applicazione della PAC) destinato a supportare l’affermazione di tali orientamenti, fornendo<br />

adeguati servizi di assistenza tecnica. La scadenza del 2013, anno in cui le attuali regole della<br />

PAC verranno <strong>completa</strong>mente riscritte, le opportunità offerte dall’adozione di nuovi ordinamenti<br />

produttivi aziendali quale ad es. quello delle colture da energia, l’importanza sempre crescente<br />

del ruolo che gli agricoltori possono giocare quali tutori dell’integrità ambientale e operatori<br />

della gestione del territorio, impongono di affrontare un serio lavoro di programmazione<br />

economica ed aziendale che veda la attiva partecipazione di tutte le componenti coinvolte<br />

(agricoltori, amministratori, ricercatori, ambientalisti, ecc.) e che possa consentire di<br />

programmare uno sviluppo integrato dell’intera area.<br />

167


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IV


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V

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