San Sebastiano n. 248 - Luglio - Misericordia di Firenze
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150 anni dall’Unità d’Italia<br />
<strong>San</strong> <strong>Sebastiano</strong> <strong>Luglio</strong> 2011<br />
Astuccio<br />
strumenti chirurgici<br />
- appartenuti a<br />
Fer<strong>di</strong>nando Zannetti -<br />
conservato presso<br />
la Fondazione<br />
Spadolini<br />
Nuova Antologia.<br />
Statistica offre uno strumento importante<br />
per inquadrare la situazione sanitaria alla<br />
fine dell’Ottocento. Il contesto su cui si<br />
venne a innestare la prima Legge <strong>di</strong> <strong>San</strong>ità<br />
Pubblica, infatti, appariva estremamente<br />
eterogeneo: le <strong>di</strong>fferenze tra le varie zone<br />
<strong>di</strong> Italia erano venute alla luce drammaticamente<br />
su piani <strong>di</strong>versi all’indomani dell’Unità,<br />
in quanto <strong>di</strong>verse circostanze <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />
storico avevano con<strong>di</strong>zionato la <strong>di</strong>sponibilità<br />
normativa e l’organizzazione<br />
assistenziale, creando un profondo <strong>di</strong>vario<br />
tra le numerose realtà esistenti. Con<br />
questo nuovo Co<strong>di</strong>ce, veniva ad essere regolato<br />
il <strong>di</strong>ritto dell’in<strong>di</strong>viduo alla <strong>di</strong>fesa<br />
pubblica da quei mali, che erano conseguenze<br />
del modo <strong>di</strong> vivere sociale e l’igiene,<br />
che si realizzava nell’opera <strong>di</strong> un<br />
“grande esercito <strong>di</strong> ufficiali sanitari”, non<br />
era più solo una raccolta <strong>di</strong> norme volte a<br />
preservare dalla malattia, ma una scienza<br />
molto più ampia e trasversale. La riforma<br />
creava una struttura piramidale che, dall’organo<br />
<strong>di</strong>rettivo <strong>di</strong> vertice, inizialmente<br />
affidato a un igienista, affiancato dal Consiglio<br />
Superiore <strong>di</strong> <strong>San</strong>ità, attraverso i me<strong>di</strong>ci<br />
e i Consigli provinciali fino alla larga<br />
base dei condotti, in qualità <strong>di</strong> ufficiali sanitari,<br />
si configurava come una struttura finalizzata<br />
alla gestione della politica sanitaria,<br />
affidata ai veri tecnici della salute.<br />
Igiene e Me<strong>di</strong>cina sociale acquistano un<br />
<strong>di</strong>verso ruolo: gli sviluppi della chimica organica,<br />
della microbiologia e dell’immunologia<br />
aprono nuove strade e inizia anche<br />
un altro capitolo negli sviluppi della<br />
tecnologia me<strong>di</strong>co-chirurgica, per gli sviluppi<br />
dell’anestesia e per le nuove strategie<br />
<strong>di</strong> indagine <strong>di</strong>agnostica.<br />
La situazione sanitaria era, infatti, molto<br />
complessa: a vaiolo, <strong>di</strong>fterite, morbillo,<br />
malattie gastroenteriche, tubercolosi, malaria,<br />
meningite cerebro-spinale epidemica,<br />
febbre puerperale, si aggiungono puntate<br />
epidemiche, che sconvolgono questo<br />
già precario equilibrio e prima fra tutte sarà<br />
la pandemia influenzale del 1918, la<br />
“spagnola”, che falci<strong>di</strong>ò la popolazione<br />
stremata dalla guerra, raggiungendo picchi<br />
<strong>di</strong> mortalità altissimi. In alcune zone<br />
della Toscana, era <strong>di</strong>ffuso il <strong>di</strong>stiroi<strong>di</strong>smo,<br />
dovuto a fattori <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne ambientale e alimentari;<br />
malformazioni congenite ed embriopatie<br />
<strong>di</strong>pendevano dalla <strong>di</strong>ffusione<br />
dell’alcolismo; la normativa sulla vaccinazione<br />
antivaiolosa non riusciva a coprire<br />
efficacemente tutta la popolazione.<br />
Se la Toscana non fu particolarmente colpita<br />
dalla pellagra, che determinava il sovraffollamento<br />
dei manicomi dell’Italia settentrionale,<br />
in Maremma la malaria continuava<br />
a mietere vittime.<br />
Dopo l’epidemia del 1835 e del 1855, tornava<br />
anche il colera, tanto che nel 1911,<br />
in Toscana si registrarono 427 casi; si <strong>di</strong>ffondono<br />
la sifilide ed altre malattie veneree.<br />
Nei primi anni in cui vennero elaborati<br />
dati completi, alla fine del XIX secolo,<br />
le malattie gastroenteriche erano me<strong>di</strong>amente<br />
la causa <strong>di</strong> più del 15 % <strong>di</strong> tutte le<br />
morti: le malattie dell’apparato <strong>di</strong>gerente<br />
decimavano la popolazione infantile, contribuendo<br />
più <strong>di</strong> ogni altra patologia all’abbassamento<br />
della vita me<strong>di</strong>a, anche se<br />
la mortalità dei bambini veniva a calare<br />
nei centri sede <strong>di</strong> ospedale pe<strong>di</strong>atrico.<br />
L’analisi <strong>di</strong> queste malattie va molto al <strong>di</strong> là<br />
del dato puramente quantitativo dell’incidenza<br />
statistica, in quanto apre uno spaccato<br />
drammatico sulle con<strong>di</strong>zioni generali<br />
<strong>di</strong> vita: la loro <strong>di</strong>ffusione era, infatti, conseguenza<br />
dei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> approvvigionamento<br />
<strong>di</strong> cibo e <strong>di</strong> acqua, oltre che delle<br />
abitu<strong>di</strong>ni igieniche e delle infrastrutture<br />
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