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Consiglio Nazionale delle Ricerche<br />

EZIO MARTUSCELLI<br />

LA RICERCA SUI POLIMERI<br />

IN ITALIA<br />

storia, attualità e prospettive in un<br />

contestuale sviluppo industriale<br />

Istituto di Ricerca e Tecnologia delle Materie Plastiche<br />

Arco Felice - Napoli


Ezio Martuscelli è stato allievo di alcuni dei grandi<br />

fondatori della chimica macromolecolare e della<br />

scienza dei polimeri.<br />

Laureatosi in Chimica all’Università di Napoli<br />

nel 1964, egli è ricercatore del CNR dal 1965 e<br />

direttore dell’Istituto di Ricerca e Tecnologia delle<br />

Materie Plastiche sin dal 1973.<br />

E’ autore di oltre 20 brevetti e di circa 500 pubblicazioni<br />

nel campo delle correlazioni tra struttura,<br />

morfologia e proprietà dei polimeri sintetici e naturali.<br />

E’ membro di varie società scientifiche nazionali<br />

ed internazionali e dell’Editorial Board di riviste<br />

scientifiche quali ‘La Chimica Oggi’, ‘Journal of<br />

Polymeric Materials’, ‘Advances in Polymer<br />

Technology’, ‘New Polymeric Materials’.<br />

Nel 1996 ha fondato il periodico scientifico<br />

“Mediterranean Magazine: Science, Training and<br />

Technology”, del quale è editore e direttore responsabile.<br />

Nel 1999 ha pubblicato il suo primo libro “Le<br />

fibre di polimeri naturali nell’evoluzione della<br />

civiltà – le fibre di seta” - edito dal Consiglio<br />

Nazionale delle Ricerche.<br />

Convinto assertore della cooperazione internazionale<br />

quale strumento per lo sviluppo delle nazioni,<br />

l’autore ha fondato – nei primi anni ’80 - il primo<br />

network Euro-Mediterraneo del CNR nel settore<br />

dei polimeri.<br />

E’ responsabile dello ‘Sportello per la<br />

Cooperazione Scientifica e Tecnologica con i Paesi<br />

del Mediterraneo’ e membro della Commissione<br />

Affari Internazionali del CNR.<br />

Partecipa ai lavori del ‘Comitato di Monitoraggio<br />

Euro-Mediterraneo per la cooperazione in Scienza<br />

e Tecnologia’ dell’Unione Europea (UE) su delega<br />

del Ministero dell’Università e della Ricerca<br />

Scientifica Italiano.


La gente sente il bisogno di conoscere il passato, è affamata<br />

di storia, quando la società si rinnova e si proietta piena di<br />

speranze verso il futuro. Invece si disinteressa del passato e<br />

della storia quando ha perso la meta e la speranza.<br />

Francesco Alberoni<br />

Questo libro è dedicato a coloro che hanno rappresentato, al di fuori<br />

della famiglia, un riferimento morale, culturale, scientifico. In <strong>part</strong>icolare:<br />

al prof. Giulio Natta, fondatore della ricerca sui polimeri in Italia;<br />

ai proff. Paolo Corradini e Alfonso Maria Liquori, ai quali devo la mia<br />

formazione di “scientist”;<br />

al prof. Andrew Keller al quale va un caro ed affettuoso ricordo ed il<br />

riconoscimento di avere contribuito allo sviluppo della scienza dei polimeri<br />

nel mondo;<br />

al prof. E. Frank Karasz, grande scienzato ma soprattutto fraterno<br />

amico;<br />

ai miei allievi ai quali vanno le mie scuse per non avere sempre potuto<br />

soddisfare le loro curiosità e aspettative<br />

ai miei collaboratori ai quali va tutta la mia riconoscenza e rispetto di<br />

uomo e scienziato, senza il loro aiuto e supporto non avrei mai potuto<br />

raggiungere i traguardi e gli obiettivi che mi ero prefisso.<br />

Ezio Martuscelli<br />

Ringraziamenti:<br />

L’Autore desidera vivamente ringraziare: Pietro Buono, Diana De Rosa, Anna Esposito,<br />

Salvatore Granata, Enrico Mansi Forlani, Giuseppe Narciso, Marilena Rossano, Pietro<br />

Russo. Senza la loro collaborazione questa opera non si sarebbe potuta realizzare.


INTRODUZIONE<br />

Tra il mondo della Ricerca e quello Industriale si sono attivate, molto<br />

spesso, in Italia, importanti collaborazioni. Il caso più rilevante è rappresentato<br />

dalla “joint venture”, Montecatini – Politecnico di Milano, che<br />

portò alla scoperta del polipropilene, di altri polimeri stereoregolari termoplastici-cristallizzabili,<br />

delle gomme etilene/propilene e al loro sviluppo<br />

ed industrializzazione.<br />

La scoperta del polipropilene isotattico, effettuata da Giulio Natta e dai<br />

suoi collaboratori nel 1954, costituisce l’evento più significativo nella<br />

storia dell’industria chimica italiana.<br />

Le ricerche del gruppo di Natta, sulla catalisi metallo-organica applicata<br />

alle reazioni di polimerizzazione delle -olefine e di altri monomeri<br />

insaturi, favorirono la crescita e il consolidamento, nel nostro paese, di<br />

una robusta rete di Centri ed Istituti (industriali ed accademici) operanti<br />

nel settore della scienza e tecnologia dei polimeri.<br />

In pochi anni, specialmente nel campo della chimica macromolecolare,<br />

si crearono competenze di livello internazionale.<br />

E’ sembrato interessante all’Autore, a quarant’anni dalla costituzione<br />

della prima rete tematica di ricerca attivata dal Consiglio Nazionale delle<br />

Ricerche (CNR), proprio nel campo della chimica macromolecolare,<br />

ricordare, analizzare e discutere, da un punto di vista storico-culturale e<br />

scientifico, i fatti più significativi che portarono a questa importante realizzazione.<br />

La rete ha dato, tra difficoltà di ogni tipo, ragguardevoli risultati,<br />

contribuendo allo sviluppo del settore e fornendo, anche attraverso<br />

una serie di interessanti iniziative (Progetti Finalizzati, Nazionali,<br />

Strategici, ecc.), un rilevante supporto alle industrie di produzione e trasformazione<br />

delle materie plastiche.<br />

L’Autore nello sviluppare quest’analisi si propone, tra l’altro, di individuare<br />

luci ed ombre, punti di forza e punti di debolezza del sistema ita-<br />

1


2<br />

liano della ricerca sui polimeri auspicandosi che tale esercizio possa fornire<br />

utili indicazioni per la elaborazione di una strategia che porti ad un<br />

attenta, oculata ed intelligente rimodulazione della rete degli organi del<br />

CNR.<br />

Questo processo di ristrutturazione, per essere veramente incisivo ed<br />

efficace, deve realizzarsi secondo un’ottica innovativa, che permetta, tra<br />

l’altro, di fornire risposte esaustive alla domanda sempre maggiore di<br />

supporto culturale e scientifico delle aziende che producono, trasformano<br />

ed utilizzano polimeri sintetici e naturali. Inoltre esso deve essere in linea<br />

con le politiche comunitarie, orientate verso la costituzione di una rete di<br />

centri di eccellenza quale condizione pregiudiziale per la creazione di uno<br />

spazio europeo della ricerca, elemento base per uno sviluppo socio-economico<br />

sostenibile e più equilibrato di macroregioni e paesi.


PARTE I<br />

GLI EVENTI CHE HANNO PORTATO<br />

ALLO SVILUPPO DI UNA RETE DI RICERCA<br />

NEL CAMPO DELLA SCIENZA DELLE<br />

MACROMOLECOLE IN ITALIA.<br />

3


CAPITOLO PRIMO<br />

IL CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE SI<br />

AFFERMA QUALE SECONDA RETE DI RICERCA<br />

PUBBLICA DEL PAESE.<br />

Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) fu istituito il 18<br />

Novembre 1923 con decreto regio n. 2895 a firma del re Vittorio<br />

Emanuele, del Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Benito<br />

Mussolini e del Ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Gentile<br />

(figura 1).<br />

Fig. 1: Decreto Istitutivo del CNR del 1923, tratto dal documento originale.<br />

5


Alla sua presidenza fu chiamato il Prof. Vito Volterra, grande matematico<br />

italiano. Guglielmo Marconi (tavola I), l’inventore della radio e<br />

Premio Nobel 1909 per la fisica, fu, in ordine cronologico, il secondo<br />

presidente del CNR. Egli ricoprì questa carica dal 1° gennaio 1928 al 20<br />

luglio del 1937, giorno della sua morte.<br />

Nella tavola II è riportata la fotografia della facciata della sede storica<br />

del CNR, fortemente voluta da Marconi, che fu inaugurata nel novembre<br />

del 1937, quattro mesi dopo la morte del grande scienziato italiano [1].<br />

Alla Presidenza dell’Ente si succedettero personalità del mondo scientifico<br />

quali il Prof. Francesco Giordani, chimico napoletano di grande<br />

fama, il Prof. Gustavo Colonnetti, che rimase come Presidente fino al<br />

1956, il Prof. Giovanni Polvani (Presidente dal 1960 al 1965), il Prof.<br />

Vincenzo Caglioti, chimico di origine calabrese, il Prof. Alessandro<br />

Faedo, il Prof. Ernesto Quagliarello, il Prof. Luigi Rossi Bernardi, il Prof.<br />

Enrico Garaci e il Prof. Lucio Bianco (tabella 1).<br />

Tabella 1<br />

I Presidenti del CNR succedutisi nella carica dalla fondazione<br />

dell'Ente ad oggi<br />

Vito Volterra 1923 - 27<br />

Guglielmo Marconi 1927 - 37<br />

Pietro Badoglio 1937 - 41<br />

Giancarlo Vallauri 1941 - 43<br />

Francesco Giordani 1943 - 44<br />

Gustavo Colonnetti 1944 - 56<br />

Francesco Giordani 1956 - 60<br />

Giovanni Polvani 1960 - 65<br />

Vincenzo Caglioti 1965 - 72<br />

Alessandro Faedo 1972 - 76<br />

Ernesto Quagliarello 1976 - 84<br />

Luigi Rossi Bernardi 1984 - 93<br />

Enrico Garaci 1993 - 97<br />

Lucio Bianco 1997 -<br />

Attraverso il decreto luogotenenziale n. 82 del 1 marzo 1945 (figura 2)<br />

il CNR venne riconosciuto "organo dello stato con personalità giuridica e gestione<br />

autonoma e posto alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri" [2].<br />

6


Dopo la fine della seconda guerra mondiale<br />

"l’attività del CNR consisteva essenzialmente nell’organizzare e finanziare<br />

la ricerca scientifica e tecnologica svolta in larga misura nelle università …..<br />

I ricercatori dipendenti erano pochi, così come pochissimi erano i Centri di<br />

ricerca propri dell’Ente, con rapporti di lavoro a tempo determinato" [2].<br />

Fig. 2: Decreto Luogotenenziale del 1945.<br />

A cavallo degli anni ’60 –‘70 il CNR, a seguito di una serie di ristrutturazioni<br />

e riforme, acquisisce la configurazione che di fatto si è conservata<br />

fino alla fine dell’anno 2000, anno in cui è <strong>part</strong>ita la “grande riforma<br />

dell’Ente”.<br />

I primi Istituti di ricerca afferenti al CNR furono istituiti prima della<br />

seconda guerra mondiale, tra questi rientrava l’Istituto Motori di Napoli,<br />

la cui data di istituzione risale al lontano 1938 [3].<br />

Nel primo dopoguerra, e cioè in una fase temporale definita di “ricostruzione”<br />

del nostro paese e che va dal 1945 al 1955, le risorse per la<br />

ricerca scientifica erano necessariamente modeste. Pertanto il CNR non<br />

ebbe la possibilità di provvedere alla creazione di nuove strutture proprie,<br />

nell’ambito delle quali svolgere ricerche complementari a quelle universitarie<br />

ed industriali.<br />

Nel periodo che va dal 1955 al 1965 l’Italia vive una fase di grande<br />

7


“sviluppo economico”. Purtroppo, contrariamente a quanto avveniva in<br />

altri paesi europei, alla crescita del prodotto interno lordo, all’incremento<br />

di una ricchezza individuale diffusa e ad un netto miglioramento della<br />

qualità della vita, non corrispose una crescita qualitativa e quantitativa<br />

del sistema scientifico nazionale. Di fatto, sulla base di un grave errore di<br />

valutazione strategico-politico, la ricerca scientifica non venne considerata<br />

un fattore di propulsione dell’economia e quindi di sviluppo, anche<br />

sociale, del sistema paese.<br />

Fu solo a <strong>part</strong>ire dai primi anni del decennio 1960-1970 che si comprese,<br />

in tutti i paesi industrializzati, il ruolo della ricerca scientifica ai fini<br />

della crescita produttiva; i governi di questi paesi intuirono pertanto la<br />

necessità di orientare la scienza verso il raggiungimento di obiettivi finalizzati<br />

all’implementazione delle risorse economiche e al miglioramento<br />

della qualità della vita [3].<br />

La necessità di una politica generale della ricerca era da mettere in relazione,<br />

all’epoca, ai seguenti fattori ed eventi:<br />

a) esaurimento degli sforzi post-bellici, per la ricostruzione del paese;<br />

b) saturazione del mercato nazionale;<br />

c) apertura delle frontiere della Comunità Europea che metteva<br />

l’Italia nella necessità di dover competere con paesi tecnologicamente<br />

più avanzati;<br />

d) riconoscimento, dell’importanza di una politica della ricerca finalizzata<br />

all’innovazione tecnologica.<br />

Nel 1961, attraverso un convegno dal titolo “Una politica per la ricerca<br />

scientifica”<br />

"l’allora <strong>part</strong>ito di maggioranza relativa, la Democrazia Cristiana, evidenziava<br />

la necessità di sviluppare la ricerca quale strumento di accelerazione<br />

dello sviluppo tecnologico e al tempo stesso l’esigenza di organizzarla nel<br />

quadro della programmazione economica nazionale" [4].<br />

Questo congresso ebbe una grande ripercussione a livello di governo,<br />

esso infatti determinò l’istituzione (1° dicembre 1962) della carica di<br />

Ministro per il Coordinamento della Ricerca Scientifica e Tecnologica.<br />

Si lanciarono così le basi per un reale coordinamento e per una effettiva<br />

programmazione della ricerca scientifica-tecnologica in Italia, con<br />

l’intento di raggiungere i seguenti obiettivi:<br />

i) aumentare il contenuto tecnologico del sistema produttivo;<br />

ii) espandere il contesto industriale sviluppando prodotti e processi<br />

8


innovativi;<br />

iii) ristrutturare e orientare il sistema ricerca verso lo sviluppo dell’innovazione<br />

tecnologica.<br />

Sulla spinta di una forte dipendenza dell’innovazione dall’estero e di un<br />

elevato deficit della bilancia tecnologica dei pagamenti, il mondo politico<br />

comprese, finalmente, che era necessario sviluppare una efficace rete<br />

scientifica nazionale.<br />

Con la Presidenza di Giovanni Polvani (che va dal 1960 al 1965) <strong>part</strong>ì<br />

la prima e sostanziale riforma del CNR la quale rappresentò una svolta<br />

fondamentale non solo nella vita dell’Ente ma anche per tutta la comunità<br />

scientifica nazionale.<br />

Questa riforma fu resa possibile poiché, come ebbe a dire lo stesso<br />

Polvani,<br />

"il mondo politico si rendeva ormai pienamente conto dell’importanza<br />

assunta dalla ricerca ai fini del progresso economico e sociale del paese".<br />

Questo processo si inseriva in un contesto nazionale caratterizzato da<br />

una<br />

"progressiva presa di coscienza dell’indifferibilità di una politica della scienza<br />

che induce ad avviare iniziative sia verso una politica scientifica, sia verso<br />

un crescente concorso della scienza alla formazione e all’attuazione delle<br />

varie politiche" [3].<br />

Nell’opera dal titolo “La politica scientifica in Italia negli ultimi 40<br />

anni”, che riportava gli atti della "Conferenza Nazionale sulla Ricerca<br />

Scientifica e Tecnologica nei quarant’anni della proclamazione della<br />

Costituzione della Repubblica" (Roma 19-22 Dicembre 1988), in relazione<br />

al concetto di evoluzione di politica della scienza, si leggeva:<br />

"Il ruolo crescente di nuovi procedimenti, il sorgere di settori industrializzati<br />

interamente basati sulla scienza ……, portano a una profonda modificazione<br />

nell’atteggiamento degli ambienti responsabili, sia pubblici che privati,<br />

verso la scienza. Per questi motivi ..... nacque -nel nostro come in altri<br />

paesi- un processo di riflessione su quelli che dovevano essere l’atteggiamento<br />

ed il ruolo dello stato verso la scienza.<br />

Il concetto di politica per la scienza viene così a essere integrato e parzialmente<br />

sostituito da quello di scienza per la politica. […] Nella considerazione<br />

dei benefici che gliene possono derivare, il potere politico tende, …., a<br />

farsi promotore, finanziatore e programmatore della scienza.<br />

Il periodo che va dagli anni 1967-68 a oggi è segnato da una profonda crisi<br />

di obiettivi e di metodi....... Negli ultimi tempi si assiste così al sorgere e<br />

affermarsi di una revisione della nozione di politica scientifica: a questa<br />

9


iconcettualizzazione contribuiscono molte ragioni, ma tra esse sembra fondamentale<br />

quella dell’importanza della ricerca per mantenere e sviluppare,<br />

con quello scientifico, il potenziale tecnico-economico" [4].<br />

La riforma del CNR, fortemente voluta dal Presidente Polvani, rappresentò<br />

un importante passo nella dir<strong>ezio</strong>ne di un concreto rilancio della<br />

politica della ricerca scientifica e tecnologica. Il mondo della politica, per<br />

la prima volta nella storia del nostro paese, chiese ai ricercatori dell’università,<br />

del CNR ed anche a quelli del settore privato di programmare ed<br />

indirizzare la ricerca anche verso obiettivi utili alla soluzione di problematiche<br />

di interesse generale.<br />

Questa politica di rinnovamento della ricerca scientifica italiana, che di<br />

fatto avrebbe poi portato alla creazione di una seconda rete scientifica<br />

pubblica extra universitaria, trovò inizialmente una notevole opposizione<br />

da una <strong>part</strong>e del mondo accademico, teso a difendere i propri privilegi e<br />

a considerare l’università quale unica sede per la ricerca scientifica.<br />

La contestazione studentesca del ‘68 rappresentò un evento di grande<br />

rilevanza per il futuro del CNR. Infatti a seguito di occupazioni di sedi<br />

universitarie e del clima di deterioramento e di conflittualità, creatosi sia<br />

nei rapporti docenti-studenti, ma anche tra docenti, assistenti e ricercatori,<br />

molti scienziati furono spinti a trovare “rifugio” presso strutture esterne<br />

operanti al di fuori dell’ambiente universitario.<br />

Di fatto, nel 1968, sotto la Presidenza di Vincenzo Caglioti, vennero<br />

istituiti un rilevante numero di nuovi organi del CNR.<br />

Questa politica di espansione del CNR rappresentò un fattore positivo<br />

per lo sviluppo di una rete di ricerca extra-universitaria in Italia.<br />

Tuttavia la mancanza di una seria programmazione e l’assenza di interventi<br />

infrastrutturali e finanziari adeguati non ne permisero il consolidamento.<br />

Ciò determinò uno stato di precarietà che si produsse in una endemica<br />

crisi di instabilità e di insicurezza che si è protratta negli anni. Questa<br />

situazione fu ulteriormente aggravata da una serie di interventi disarticolati<br />

tra i quali occorre annoverare l’Intesa di Programma tra il CNR e l’allora<br />

MISM che, firmata nel 1986, (Ministero per gli interventi straordinari<br />

nel Mezzogiorno) portò all’istituzione di altri 36 organi di ricerca nel<br />

Sud d’Italia e all’istituzione di Aree della Ricerca spesso “virtuali”, i cui<br />

costi di gestione e mantenimento hanno di gran lunga superato i pochi<br />

benefici prodotti.<br />

In <strong>part</strong>icolare queste operazioni non tennero in debita considerazione la<br />

10


necessità di:<br />

a) dotare gli organi di ricerca di infrastrutture adeguate per spazio e<br />

sicurezza;<br />

b) realizzare strutture con dimensioni, in termini di addetti alla ricerca,<br />

appropriate al raggiungimento degli obiettivi istituzionali e quindi<br />

idonei a sostenere una dura competizione internazionale;<br />

c) assicurare nel tempo un adeguato flusso di finanziamenti.<br />

Malgrado tutto, si gettarono le basi per la costituzione di una rete scientifica,<br />

intermedia tra quella industriale ed universitaria, di organi diffusi<br />

sul territorio nazionale. Questa rete opportunamente rivisitata e ristrutturata,<br />

potrebbe contribuire al consolidamento di un sistema di ricerca le<br />

cui attività non possono più essere solamente di tipo spontaneo (bottomup),<br />

ma anche e forse soprattutto basate su di un concetto “top-down”.<br />

Un sistema, quindi, che sia incentrato su grandi tematiche di ricerca e di<br />

alta formazione, capace di contribuire anche al “problem solving” di questioni<br />

di <strong>part</strong>icolare rilevanza per lo sviluppo di settori trainanti per il<br />

paese.<br />

La distribuzione geografica degli organi di ricerca del CNR (istituti,<br />

centri ed aree) è evidenziata nella tavola III. Dai dati in essa riportati<br />

(riferiti al 1999) si ricava che l’attività istituzionale dell’ente è svolta da<br />

334 organismi (195 Istituti, 121 Centri e 18 Gruppi di Ricerca) [5].<br />

Il CNR <strong>part</strong>ecipa tra l’altro a circa venti iniziative di tipo consortili per<br />

la realizzazione di progetti i cui obiettivi esplicitano i reali bisogni innovativi<br />

per lo sviluppo del sistema delle imprese, <strong>part</strong>icolarmente di quelle<br />

piccole e medie.<br />

La possibilità di <strong>part</strong>ecipare a Consorzi e Società consortili di ricerca ha<br />

permesso al CNR di dotarsi di uno strumento nuovo, attraverso il quale<br />

perseguire i propri fini istituzionali in associazione con altri soggetti pubblici<br />

e privati, mediante l’istituzione di un’organizzazione comune, dotata<br />

per legge di propria soggettività e di autonomia patrimoniale [5].<br />

Il 30 gennaio 1999 è stato approvato il decreto legislativo n. 19 –<br />

Riordino del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che dava inizio al riordino<br />

ed alla riforma dell’Ente, nonchè alla ristrutturazione di quella che<br />

è la seconda rete di ricerca pubblica italiana.<br />

In base al contenuto del testo del decreto al CNR viene riconosciuto il<br />

ruolo centrale nel contesto degli Enti Pubblici di Ricerca ribadendone<br />

"il carattere generalista e multidisciplinare e confermandone la missione di<br />

promotore e attivatore di ricerca nello stesso tempo" [6].<br />

11


12<br />

Il decreto si caratterizza per i seguenti elementi innovativi:<br />

- semplificazione degli organismi decisionali;<br />

- programmazione pluriennale;<br />

- strumenti normativi finalizzati alla valorizzazione dei risultati delle<br />

ricerche;<br />

- riorganizzazione della rete degli Organi per i quali è prevista una<br />

maggiore autonomia;<br />

- diverse modalità di reclutamento del personale [7].<br />

Il decreto legislativo, così come approvato, delinea un quadro di riferimento<br />

generale che va riempito di contenuti attraverso l’elaborazione sia<br />

dei dispositivi regolamentari che del piano triennale di attività.<br />

Ci si augura che il lavoro intrapreso dai componenti del Consiglio<br />

Direttivo possa dare finalmente al nostro paese un Ente Pubblico di<br />

Ricerca caratterizzato da una rete di organi tali da potere competere in<br />

termini qualitativi e quantitativi con quelli degli atri paesi che fanno <strong>part</strong>e<br />

dell’Unione Europea, in grado cioè di poter contribuire a pieno titolo alla<br />

costruzione di quello che, Philippe Busquin (membro della commissione<br />

europea, responsabile della ricerca – figura 3) definisce come “uno<br />

Spazio Europeo della Ricerca” [8].


Fig. 3: Philippe Busquin - membro della Commissione Europea responsabile della<br />

ricerca.<br />

13


TAVOLA I<br />

Tavola I: Frontespizio del volume pubblicato dal CNR in occasione della giornata di<br />

studio organizzata per celebrare il centenario della scoperta della radio.<br />

E’ visibile la fotografia di Guglielmo Marconi (Roma, 7 Aprile 1995) [Rif. 1].<br />

14


TAVOLA II<br />

Tavola II: La sede storica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il massimo<br />

ente pubblico di ricerca italiano istituito nel 1923. La sede, fortemente voluta da G.<br />

Marconi, fu inaugurata nel novembre 1937.<br />

15


TAVOLA III<br />

Tavola III: Distribuzione geografica degli organi di ricerca del CNR (anno 1999) [Rif. 5].<br />

16


CAPITOLO SECONDO<br />

LO SVILUPPO DELLA CHIMICA INDUSTRIALE E<br />

DELL’INDUSTRIA DELLE PLASTICHE<br />

ITALIANA TRA GLI ANNI ‘50 E ’60.<br />

(La scoperta del polipropilene e<br />

il Premio Nobel a Giulio Natta).<br />

L’industria chimica moderna nasce allorquando, intorno alla seconda<br />

metà del secolo XIX, furono messi a punto una serie di metodologie chimiche<br />

e fisiche capaci di sfruttare i sottoprodotti derivanti dalla distillazione<br />

secca del carbone di origine fossile (la chimica basata su questi<br />

processi fu definita carbochimica).<br />

Un’altra tappa fondamentale per l’industria chimica è rappresentata<br />

dallo sviluppo (a <strong>part</strong>ire dal 1920 in USA) della petrolchimica e dalla relativa<br />

introduzione dei processi di craking.<br />

P. H. Spitz nella prefazione al suo libro “Petrochemicals-the rise of an<br />

industry” scriveva:<br />

"The petrochemical industry is unique in that it experienced an unusually<br />

rapid transition from its birth in the early 1920s to what many people called<br />

“maturity” by the mid-1970s. Between 1940 and 1960, it became one of the<br />

largest industry sectors, providing an astounding variety of chemical intermediates<br />

used for the manufacture of plastics, fibers, synthetic rubber, and<br />

many other end products. The petrochemical industry was to a large extent<br />

“made in America” because it was in the United States that an unusual combination<br />

of circumstances existed at a certain point in time: an abundance of<br />

inexpensive gaseous and liquid petroleum feedstocks, suitable technology, a<br />

large market and an incentive for rapid development, occasioned by military<br />

needs in world war II" [9].<br />

Alcuni significativi aspetti, concernenti le principali tappe e prospettive<br />

della chimica industriale, con <strong>part</strong>icolare riguardo allo sviluppo della<br />

petrolchimica in Italia, furono così descritti da I. Pasquon:<br />

"Nel quarto di secolo che va dal 1930 al 1954 la chimica industriale è stata<br />

interessata da quella che è forse stata la più importante evoluzione della sua<br />

storia: in questo periodo infatti la carbochimica ha visto il suo apogeo (in<br />

Europa), la petrolchimica si è affermata negli USA e, soprattutto, sono stati<br />

introdotti gran <strong>part</strong>e dei prodotti di largo consumo oggi noti….. Questo<br />

17


periodo ha visto nascere in Germania, i processi per la preparazione di gas di<br />

sintesi, mediante “Steam-Reforming” del metano e mediante ossidazione<br />

parziale di combustibili solidi, …... Più tardi vennero messi a punto i processi<br />

per la produzione di acetilene da metano e quelli per la sintesi di aldeidi<br />

e alcoli mediante oxosintesi.<br />

Con l’ausilio di processi carbochimici o petrolchimici vennero preparati i più<br />

importanti monomeri e intermedi della moderna industria chimica (cloruro di<br />

vinile, stirene, acrilonitrile, butadiene, etilene, etanolo da etilene, glicole propilenico,<br />

acido adipico, caprolattame, dodecilbenzene, ….. acido tereftalico<br />

ecc.)" [10].<br />

Tabella 2<br />

I grandi intermedi petrolchimici e/o carbochimici tra il 1930 e il 1954<br />

1930 1942<br />

etanolo da etilene per via umida: USA etilene da idrocarburi liquidi (steam-cracking):<br />

Gran Bretagna<br />

1930 1942-44<br />

etilene da acetilene: Germania<br />

butadiene da n-buteni e n-butano:USA<br />

1930 1943<br />

stirene da etilene benzene:Germania butadiene da acetilene, via butindiolo:<br />

Germania<br />

1930 1943/46<br />

cloruro di vinile da acetilene:Germania alchilbenzene (dodecilbenzene) per detersivi:<br />

Germania, USA<br />

1931 1946<br />

glicol propilenico e ossido di propilene: USA anidride ftalica da o-xilene: USA<br />

1932 1946/50<br />

cloroprene da acetilene: USA ossido di etilene da etilene e aria: USA, Francia<br />

1932 1948<br />

butadiene da acetilene via acetaldeide e etanolo da etilene in fase vapore: USA<br />

aldolo: Germania<br />

1933 1950<br />

anidride maleica da benzene: USA<br />

dimetiltereftalato: USA<br />

1936 1952<br />

acrilonitrile via cianidrina e da acetilene: acido acetico da n-butano: USA<br />

Germania<br />

1936/38 1952<br />

cloruro di vinile da etilene e cloro: USA<br />

acroleina da propilene: USA<br />

1937 1952/54<br />

acido adipico e esametilendiammina: USA fenolo via cumene: USA, Canada<br />

1940 1953<br />

fenolo con il processo Rasching: USA acqua ossigenata via antrachinone: USA<br />

1941<br />

caprolattame: Germania<br />

18


Tabella 3<br />

Le principali Materie Plastiche e Resine scoperte e<br />

commercializzate nel periodo 1932-1954<br />

1930 1941/42<br />

polivinilcloruro (PVC): Germania<br />

resine poliestere sature, insature<br />

e rinforzate: USA<br />

1937 1941<br />

polistirene: Germania<br />

poliuretani a base di poliesteri: Germania<br />

1935/39 1943<br />

resine melamminiche: Svizzera,<br />

siliconi: USA<br />

Germania<br />

1936 1944<br />

poli-isobutilene (Oppanol): Germania politetrafluoroetilene (Teflon): USA<br />

1936 1946<br />

resine acriliche (USA)<br />

resine ABS:USA<br />

1939 1947<br />

alcool polivinilico: Germania (USA) resine epossidiche: Svizzera, USA<br />

1939 1952/54<br />

Polietilene a bassa densità:<br />

resine poliuretaniche espanse flessibili:<br />

Gran Bretagna<br />

Germania USA<br />

I più rilevanti processi petrolchimici e/o carbochimici, finalizzati all’ottenimento<br />

di intermedi, e le principali materie plastiche scoperte tra il<br />

1930 e il 1954 sono riportati, in ordine cronologico, rispettivamente nelle<br />

tabelle 2 e 3 [10].<br />

L’industria chimica (di cui quello delle plastiche è uno dei più importanti<br />

com<strong>part</strong>i) è diventata, per il suo elevato grado di pervasività, uno dei<br />

settori industriali trainanti capace com’è di influenzare lo sviluppo economico<br />

dei paesi e di determinare importanti cambiamenti anche di natura<br />

sociale e di stile di vita.<br />

Il percorso evolutivo dell’industria chimica italiana è stato così delineato<br />

da G. Serravalle:<br />

"Se percorriamo velocemente il cammino della nostra industria chimica,<br />

possiamo individuare un periodo che va dai primi del 1900 fino al 1920, nel<br />

quale l’industria chimica ha un peso molto modesto, quindi un periodo che<br />

va dal 1920 all’inizio del secondo conflitto mondiale in cui l’industria chimica<br />

si sviluppa abbastanza velocemente fondandosi su due elementi a lei<br />

favorevoli: l’alta disponibilità di energia idroelettrica e la politica autarchica<br />

del regime fascista. In questo periodo la Montecatini, società mineraria,<br />

entra in forza nel settore chimico.<br />

19


Dal 1940 al 1950 c’è il periodo della guerra e della ricostruzione …….. ma<br />

il grosso dell’espansione si ha dal 1958 al 1967" [11].<br />

Nell’ultimo periodo citato dal Serravalle (1958-67) la produzione chimica<br />

italiana, crescendo con un tasso annuo pari al 13,4%, si era praticamente<br />

triplicata. Mentre l’industria italiana, nella sua globalità, aveva<br />

registrato solo un raddoppio della sua produzione.<br />

Particolarmente rilevante il tasso di sviluppo, registrato nel periodo<br />

1964-1967 dalla petrolchimica, che si aggirava intorno al 30% annuo<br />

[11].<br />

Gli anni ‘50 e ’60 sono passati alla storia come gli “anni d’oro” della<br />

chimica italiana. In effetti è proprio durante questo periodo, che furono<br />

realizzate, nel nostro paese, grandi imprese industriali alle quali si<br />

accompagnò anche la nascita e lo sviluppo di una moderna rete di ricerca<br />

scientifica e tecnologica sia pubblica (Università ed Enti Pubblici di<br />

Ricerca) che privata.<br />

Di seguito si riportano alcuni degli eventi che hanno maggiormente<br />

contribuito allo sviluppo della chimica italiana (ed in <strong>part</strong>icolare di quella<br />

delle macromolecole) sia a livello industriale che scientifico, relativamente<br />

all’arco temporale sopra individuato [12, 13].<br />

1951 – La SNIA, attraverso una “joint venture” con la Courtaulds,<br />

costituiva la Novaceta, una società finalizzata alla produzione<br />

di fibre a base di acetato di cellulosa.<br />

1952 – Veniva avviato, a Ferrara (Emilia-Romagna) il grande impianto<br />

petrolchimico della Montecatini.<br />

– La Snia entrava nel mercato delle fibre sintetiche con la produzione<br />

di nylon.<br />

– La Montecatini, sulla base di una proposta di Giulio Natta, stipulava<br />

un accordo di collaborazione con Karl Ziegler che prevedeva,<br />

tra l’altro, la formazione di un gruppo di giovani ricercato<br />

ri della Montecatini presso l’Istituto di Muelheim-Ruhr "per studiare<br />

eventuali applicazioni delle sue scoperte nel campo dell’impiego degli<br />

alluminio alchili per produrre bassi polimeri dell’etilene, riferite da Ziegler in<br />

una conferenza all’ACHEMA nel maggio del 1952" [14]. Nella figura 4 è<br />

riprodotta una fotografia, scattata nel Max Planck Institut di<br />

Muelheim nel Maggio del 1953, dove i ricercatori della<br />

Montecatini appaiono insieme a Karl Ziegler e ad alcuni dei suoi<br />

più stretti collaboratori.<br />

20


1953 – Si costituiva l’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI).<br />

– Giulio Natta iniziava, in collaborazione con la Montecatini, le<br />

sue ricerche sulla polimerizzazione stereospecifica delle -olefine<br />

utilizzando i catalizzatori di natura metallorganica sviluppati<br />

da Ziegler per la polimerizzazione dell’etilene.<br />

– La Montecatini, dopo aver acquistato dall’ICI il brevetto per la<br />

produzione di fibre di polietilene-tereftalato, ne iniziava la produzione<br />

presso gli stabilimenti di Ferrara e Casoria (Campania).<br />

– Karl Ziegler, al Max Planck Institut di Muelheim – Rhur, realizzava<br />

per la prima volta, la polimerizzazione a bassa pressione<br />

e a bassa temperatura dell’etilene in presenza di catalizzatori a<br />

base di alluminio alchili e alogenuri di metalli di transizione [14].<br />

– Veniva assegnato ad Herman Staudinger il Premio Nobel per la<br />

chimica.<br />

– Paul John Flory pubblicava il famoso libro dal titolo “Principles<br />

of polymer chemistry” (nel 1974 gli venne conferito il Premio<br />

Nobel per la chimica).<br />

Fig. 4: Max Planck Institut di Muelheim-Rhur (Germania); foto di gruppo scattata nel<br />

Maggio 1953. Da sinistra: R. Magri, P. Chini, K Ziegler, G. Crespi, G. Wilke; dietro:<br />

due chimici tedeschi collaboratori di Ziegler [Rif. 14].<br />

21


1954 – L’Eni, attraverso l’ANIC (Azienda Nazionale Idrogenazione<br />

Combustibili) avviava il grande centro petrolchimico di Ravenna.<br />

– Giovedì 11 marzo, Giulio Natta (figura 5) scopriva il polipropilene<br />

isotattico.<br />

– Giulio Natta, l’11 dicembre, presentava una memoria<br />

all’Accademia Nazionale dei Licei su “Una nuova classe di<br />

polimeri di -olefine aventi ecc<strong>ezio</strong>nali regolarità di struttura”<br />

(figura 6). In relazione a quest’ultimo aspetto egli scriveva:<br />

"Poiché attribuiamo al fenomeno osservato una fondamentale importanza<br />

per la conoscenza di una vasta categoria di macromolecole sintetiche,<br />

di cui si è iniziata una produzione destinata a larghi sviluppi, abbiamo<br />

voluto, per facilitarne la descrizione, assegnare agli atomi di carbonio<br />

asimmetrici aventi eguale configurazione, ap<strong>part</strong>enenti a una catena l’attributo<br />

“isotattici”…….<br />

Inoltre chiameremo “isotattiche” le catene e le molecole che contengono<br />

atomi di carbonio isotattici, chiameremo “isotattici” i polimeri che contengono<br />

molecole isotattiche, e “isotassia” il fenomeno qui descritto<br />

……..............Le poli--olefine, da noi descritte in questa nota, rappresentano<br />

i primi esempi di poliidrocarburi, per i quali sia stata dimostrata<br />

la presenza di ordinamenti strutturali isotattici" [15].<br />

1955 – Il Journal of the American Chemical Society pubblicava la lettera,<br />

“Crystalline high polymers of -olefins” , inviata da Natta<br />

e collaboratori (figura 7).<br />

1956 – La società “Sicedison”, una multinazionale che associava il capitale<br />

nazionale (Edison 60%) con quello internazionale<br />

(Monsanto 40%), avviava la costruzione dello stabilimento<br />

petrolchimico di Mantova (Lombardia).<br />

– Iniziava la costruzione dello stabilimento petrolchimico di<br />

Priolo.<br />

1957 – Presso gli stabilimenti della Montecatini di Ferrara cominciava<br />

la produzione industriale del polipropilene isotattico.<br />

– Presso gli stabilimenti ANIC di Ravenna (Emilia-Romagna)<br />

veniva avviata la produzione di gomme stirene-butadiene.<br />

Questi due eventi rappresentarono di fatto la nascita dell’industria dei<br />

polimeri sintetici italiana.<br />

1958-1959 – La SIR (Società Italiana Resine) iniziava la produzione,<br />

presso gli stabilimenti di Porto Torres (Sardegna), di intermedi<br />

22


organici e sostanze monomeriche per la produzione di polimeri.<br />

– A Ragusa (Sicilia), entravano in esercizio gli impianti per la<br />

produzione di etilene e di polietilene a bassa densità della<br />

Bombrini Parodi.<br />

– L’ENI, in collaborazione con la Wacker, dava luogo alla costituzione<br />

della “Società Chimica Ravenna” finalizzata alla produzione<br />

di intermedi vinilici.<br />

– L’ENI costituiva una nuova società attraverso una “joint venture”,<br />

con la Philips Petroleum Co., denominata Philips Carbon<br />

Black, per la produzione di nero fumo da utilizzare prevalentemente<br />

come additivo per gomme sintetiche.<br />

Fig. 5: Giulio Natta (1903-1970), Professore del Politecnico di Milano, scoprì nel 1954<br />

il polipropilene isotattico. La foto reca la dedica: "Al mio caro allievo e collaboratore<br />

Paolo Corradini, affettuosamente Giulio Natta".<br />

23


24<br />

Fig. 6: Riproduzione della prima pagina del testo della memoria, sul polipropilene isotattico,<br />

presentata da G. Natta nel dicembre del 1954, all’Accademia Nazionale dei<br />

Lincei.


Fig. 7: Riproduzione della prima pagina della lettera all’Editore di JACS sui polimeri<br />

isotattici, spedita nel dicembre 1954 da Giulio Natta e dai suoi collaboratori.<br />

25


1961 – Iniziava, presso gli stabilimenti ANIC di Ravenna, la produzione<br />

di polibutadiene-cis (gomme polibutadieniche).<br />

1962 – Entrava in esercizio lo stabilimento petrolchimico di Gela<br />

(Sicilia).<br />

– Veniva completato lo stabilimento petrolchimico di Mantova<br />

della Sicedison.<br />

– La SNIA iniziava la produzione di fibre acriliche e poliestere.<br />

– A Torviscosa (Friuli-Venezia Giulia) entrava in esercizio un<br />

impianto per la produzione di caprolattame.<br />

1963 – Per le sue ricerche sulla polimerizzazione stereospecifica delle<br />

-olefine veniva conferito a Giulio Natta il Premio Nobel per la<br />

chimica (figura 8). Questo premio fu condiviso con Karl Ziegler,<br />

il grande chimico tedesco, che con il suo gruppo di ricerca, presso<br />

il Max Planck Institut di Mülheim, aveva scoperto i catalizzatori<br />

metallorganici, attraverso il cui utilizzo fu possibile realizza<br />

re la sintesi del polietilene a bassa pressione e a temperatura ambiente.<br />

– Il 26 novembre l’ “United States Patent Office” (USA) rilasciava<br />

il brevetto che riportava il processo e le applicazioni del polipropilene.<br />

Il brevetto era stato depositato a firma di Giulio Natta,<br />

Piero Pino e Giorgio Mazzanti (figura 9).<br />

1965 – Entrava in esercizio, a Brindisi (Puglia), il grande stabilimento<br />

petrolchimico della Montecatini, dove, tra l’altro, venivano<br />

prodotti etilene, polipropilene e polivinil cloruro (PVC).<br />

– Veniva avviata a Pisticci (Basilicata), presso lo stabilimento<br />

ENI, la Produzione di fibre chimiche.<br />

1966 – La Montecatini e la Edison davano luogo alla loro fusione costituendo<br />

la Montedison che diventava il più importante gruppo<br />

chimico privato italiano.<br />

1967 – L’ANIC acquisiva la società ABCD di Ragusa ( Sicilia) consolidando<br />

la propria presenza nel campo della produzione e trasformazione<br />

del polietilene a bassa densità.<br />

1971 – A Manfredonia (Puglia) entrava in produzione lo stabilimento<br />

26


dell’ANIC per la produzione di ammoniaca, urea e caprolattame<br />

(quest’ultimo prodotto era utilizzato per la sintesi del nylon 6).<br />

– Ad Augusta (Sicilia) veniva avviato l’impianto della Liquichimica<br />

nel cui contesto si producevano, tra l’altro, n-paraffine su<br />

licenza della Union Carbide (figura 10) [17].<br />

Fig. 8: Giulio Natta, inventore del polipropilene, accompagnato dal figlio, riceve nel<br />

1963 il Premio Nobel per la Chimica in riconoscimento del contributo alla preparazione<br />

di polimeri isotattici cristallizzabili [Rif. 16].<br />

Intorno alla prima metà degli anni ’50 si osservò un grande sviluppo<br />

dell’industria petrolchimica in Europa e quindi anche in Italia. A <strong>part</strong>ire<br />

dai primi anni ‘60, attraverso i nuovi processi di “steam cracking” della<br />

virgin nafta fu possibile produrre facilmente, e a prezzi relativamente<br />

bassi, sostanze quali l’etilene, il propilene, il butene, il butadiene, il benzene<br />

ed altri aromatici. Queste sostanze, come evidenziato nello schema<br />

riportato nella figura 11, rappresentarono la fonte primaria per la produzione<br />

di importanti prodotti tra i quali grande rilevanza ebbero le plastiche,<br />

gli elastomeri e le fibre sintetiche [9, 10].<br />

27


28<br />

La diffusione della petrolchimica e dei processi di “cracking” contribuì,<br />

mettendo a disposizione dei chimici una grande varietà di intermedi a<br />

basso peso molecolare, alla scoperta e allo sviluppo di una serie di polimeri<br />

di sintesi, caratterizzati da proprietà fortemente innovative. Alcuni<br />

di questi prodotti, che acquisirono una grande importanza commerciale,<br />

sono elencati nella tabella 4.<br />

L’impulso dato dall’industria petrolchimica allo sviluppo dell’industria<br />

dei polimeri venne così messo in risalto da P. H. Spitz nel suo già citato<br />

libro:<br />

"… we have looked at the development of the plastics and synthetic fiber<br />

industries, which owe so much to the availability of reasonably priced, abundant<br />

petrochemicals… All three of these materials [plastiche, fibre sintetiche,<br />

elastomeri e gomme n.d.A.] are very largely based on ethylene, propylene,<br />

butadiene, benzene and xylenes, the key petrochemical “building<br />

blocks” produced respectively, in steam cracking plants and in catalytic<br />

reformers ….. Essential all of the plastics, which have replaced these traditional<br />

materials [materiali derivanti dalla carta, dal legno, dai metalli, dalle<br />

ceramiche e dai vetri, n.d.A.] in many applications, are now made wholly or<br />

in <strong>part</strong>, from petrochemicals" [9].


fig. 9 a)<br />

Fig. 9 a) e b): sono mostrate le prime due pagine del brevetto a firma di G. Natta, P. Pino<br />

e G. Mazzanti, rilasciato in USA nel 1963, concernente la sintesi, le proprietà e le applicazioni<br />

del polipropilene isotattico.<br />

29


30<br />

fig. 9 b)


Fig. 10: L’impianto della Liquichimica di Augusta (Sicilia) per la produzione tra l’altro,<br />

di n-paraffine su licenza della Union Carbide Corporation [Rif. 17].<br />

Tabella 4<br />

I principali polimeri di sintesi scoperti e sviluppati tra il 1955 e il<br />

1989<br />

1957 1964<br />

polietilene ad alta densità (Marlex): copolimeri etilene-acetato di vinile:<br />

USA, Europa<br />

(USA)<br />

1957 1964<br />

poliformaldeide (Delrin): USA poliionomeri (surlyn): USA<br />

1957/61 1970/71<br />

poliuretani a base di poliesteri: poli(tetrametilentereftalato):USA<br />

Germania, USA<br />

1958 1972/74<br />

poliossietilene ad alto p.m.:USA<br />

poliammidi aromatiche (Kevlar,<br />

Nomex): USA<br />

1958 1965/89<br />

policarbonati (Makrolon): Germania<br />

polimeri e copolimeri per<br />

applicazioni speciali; tecnopolimeri;<br />

1962 leghe polimeriche;<br />

polivinilfluoruro: USA<br />

materiali compositi<br />

31


32<br />

Fig. 11: Una “overview” attraverso la quale sono indicati i principali intermedi e prodotti<br />

finiti derivanti dai “petroleum-based raw-materials” [Rif.9].


CAPITOLO TERZO<br />

LO SVILUPPO DELLA CHIMICA<br />

DELLE MACROMOLECOLE.<br />

La catalisi metallorganica, applicata ai polimeri da Ziegler e da Natta,<br />

rappresentò una pietra miliare nello sviluppo della chimica macromolecolare<br />

sintetica. In <strong>part</strong>icolare con la scoperta del polipropilene isotattico<br />

e di altri polimeri stereoregolari, caratterizzati da una elevata regolarità di<br />

struttura sia dal punto di vista sterico-configurazionale che costituzionale,<br />

si dimostrò che l’uomo era capace di realizzare macromolecole aventi<br />

una struttura regolare, confrontabile con quella di prodotti naturali<br />

(proteine, cellulosa, gomma e guttaperca).<br />

Come si evince dai dati della tabella 5 la scoperta della polimerizzazione<br />

stereospecifica, basata sull’utilizzo di catalizzatori “Ziegler- Natta”,<br />

ebbe una grande rilevanza anche nella messa a punto di procedure per la<br />

realizzazione di nuovi elastomeri quali il polibutadiene 1,4 cis, il poliisoprene<br />

1,4 cis ed i copolimeri saturi etilene/propilene. Questi polimeri<br />

hanno trovato largo impiego come gomme sostituendo, in molte applicazioni,<br />

la gomma naturale ed altre gomme sintetiche. Inoltre per le loro<br />

intrinseche proprietà, fortemente innovative, hanno aperto nuovi campi<br />

applicativi nell’ambito dei quali altre gomme più tradizionali non trovavano<br />

impiego.<br />

L’importanza della catalisi metallorganica nella produzione di nuove<br />

gomme sintetiche è stata così messa in risalto da M. Kaufman:<br />

"The advent of stereospecific polymers has caused just as much excitement<br />

in the world of rubbers as it has in plastics. For many years rubber chemist<br />

have been trying to emulate, in a chemical plant, the rubber production of the<br />

natural plant, Hevea Brasiliensis. They knew natural rubber was a polymer<br />

of isoprene. They could make isoprene, but the conversion of one to the<br />

other proved beyond them. The reason, we now know, was their inability to<br />

arrange the isoprene units of the polymer chain in the same way as does the<br />

tree. If the links are connected in a haphazard way a nondescript product is<br />

the result. If they are ordered to a certain pattern, natural rubber is produced.<br />

With selected catalysts the latter result can be achieved, so that the paradoxical<br />

“artificial natural rubber” is not only possible; it is available commercially.<br />

33


Polybutadiene is another such rubber, and, interestingly enough, a combination<br />

of ethylene and propylene is causing quite a stir as a rubber suitable for<br />

tyres" [18].<br />

Tabella 5<br />

Plastiche, elastomeri e fibre realizzati utilizzando la catalisi<br />

Ziegler-Natta e la polimerizzazione stereospecifica<br />

1956/58 1965<br />

polietilene Ziegler ad alta densità: poli(4-metilpentene-1):<br />

USA, Europa<br />

Gran Bretagna<br />

1957 1965<br />

polipropilene isotattico (Moplen,<br />

Meraklon, Moplefan): Italia<br />

polibutene-1:Germania<br />

1958 1964<br />

copolimeri etilene-propilene catalizzatori ad alta resa per<br />

(gomme EP ed EPDM): Italia<br />

polietilene: Belgio<br />

1959/62 1975<br />

poliisoprene 1,4.cis:USA catalizzatori ad alta resa per<br />

polipropilene: Italia<br />

1960/62 1982<br />

polibutadiene 1,4-cis:USA processo Spheripol per la polimerizzazione<br />

del polipropilene<br />

Le formule chimiche e strutturali di alcuni elastomeri prodotti mediante<br />

polimerizzazione stereospecifica, a <strong>part</strong>ire da idrocarburi diolefinici,<br />

sono illustrate nella figura 12 [19].<br />

Con la scoperta della catalisi stereospecifica, la chimica macromolecolare<br />

viene definitivamente elevata a branca, a se stante, della chimica<br />

industriale e dell’ingegneria chimica. Il suo sviluppo determinò l’affermarsi<br />

e il successo dell’industria dei polimeri nel mondo.<br />

Il concetto di macromolecola e di chimica macromolecolare fu introdotto<br />

nel lontano 1920. Infatti fu nel corso di quell’anno che lo scienziato<br />

svedese T. Svedberg (premio Nobel 1926) (figura 13), usando la tecnica<br />

della ultracentrifuga mostrò che le sostanze polimeriche erano costituite<br />

da molecole di grandi dimensioni (macromolecole) e non da aggregati<br />

colloidali di piccole molecole.<br />

34


fig. 12a<br />

Fig. 12: Struttura molecolare di alcuni elastomeri sintetizzati, utilizzando la polimerizzazione<br />

stereospecifica, <strong>part</strong>endo da idrocarburi diolefinici:<br />

a) rappresentazione schematica delle catene dei due stereoisomeri 1,4-cis (sopra) e 1,4-<br />

trans (sotto) del polibutadiene (la conformazione delle macromolecole è mostrata in<br />

proi<strong>ezio</strong>ne su un piano parallelo al loro asse, i tratti neri indicano i doppi legami);<br />

b) rappresentazione schematica dei due stereo isomeri del polibutadiene a concatenamento<br />

1,2 sindiotattico (sopra) e isotattico (sotto).<br />

La conformazione delle catene è in proi<strong>ezio</strong>ne su un piano parallelo al loro asse (risultano<br />

evidenti i doppi legami) [Rif. 19].<br />

35


fig. 12b<br />

Sempre nel 1920, H. Staudinger (il “Grand Father” della moderna<br />

scienza dei polimeri) "proposed that in these materials the atoms were linked not in<br />

blocks or networks but in extremely long chains" [9]. A Staudinger, nel 1953 fu<br />

assegnato, per le sue ricerche sui polimeri, il premio Nobel per la chimica<br />

(figura 14).<br />

Attraverso l’applicazione della tecnica della diffrazione dei raggi X e<br />

dei principi della cristallografia chimica alle sostanze polimeriche naturali<br />

e di sintesi fu possibile, intorno ai primi anni ’20, ad H. Mark, e ad<br />

altri ricercatori, di sviluppare una teoria, basata su dati sperimentali<br />

incontrovertibili ed obiettivi, che suffragava il concetto secondo cui i<br />

polimeri allo stato condensato erano il risultato di aggregati, anche cristallini,<br />

di lunghe molecole lineari ad elevata massa molecolare.<br />

36


Fig. 13: T. Svedberg<br />

(1884-1971), chimicosvedese,<br />

applicò la tecnica<br />

dell’ultracentrifuga<br />

allo studio delle<br />

masse molecolari dei<br />

polimeri naturali e sintetici<br />

(nel 1926 gli fu<br />

conferito il premio<br />

nobel) [Rif. 20].<br />

Fig. 14: Herman<br />

Staudinger (1881-<br />

1965) il “Grand<br />

Father” della moderna<br />

scienza dei polimeri.<br />

Per primo propose<br />

per i polimeri<br />

una struttura macromolecolare<br />

lineare a<br />

catena aperta (nel<br />

1953 gli fu assegnato<br />

il premio Nobel per la<br />

chimica) [Rif. 20].<br />

37


Fig. 15: Herman F. Mark (3<br />

maggio 1895 - 6 aprile 1992)<br />

chimico austriaco [Rif. 21].<br />

Fig. 16: Kurt Otto Heinrich Meyer<br />

(1883-1952) chimico tedesco [Rif.<br />

21].<br />

38


"Acceptance of the “long-chain” theory covering large molecules (instead of<br />

explaining polymers in terms of colloidal micelles) opened up a much better<br />

understanding of both rubbers and plastic materials" [9].<br />

I primi tentativi di raccogliere, in un’unica opera, l’insieme dei dati sperimentali<br />

prodotti al fine di elaborare una ipotesi di razionalizzazione<br />

della chimica macromolecolare risalgono al periodo 1930-1940. Infatti<br />

nel 1930 H. Mark e Kurt H. Meyer (figure 15 e 16) pubblicarono il “Der<br />

Aufbau der hochpolymere Chemie” mentre nel 1940 usciva la prima edizione<br />

del libro “Hochpolymere Chemie”. I volumi II e IV di quest’ultima<br />

serie, dopo una profonda revisione, furono ripubblicati nel 1950.<br />

Fig. 17: Frontespizio del libro di Kurt H. Meyer, “Natural and Synthetic high<br />

Polymers” pubblicato nel 1950 [Rif. 22].<br />

39


Fig. 18: Fotografia di Paul John Flory (1910-1985). Nel 1974 gli fu conferito il premio<br />

Nobel per la chimica [21].<br />

Nella prefazione al volume dal titolo “Natural and Synthetic High<br />

Polymers” Kurt H. Meyer, tra l’altro, ebbe a scrivere:<br />

"During the first decade, macromolecular chemistry, called polymer chemistry<br />

in the United States, became a science in its own right, and in the second<br />

decade it developed at an ever-increasing rate" [22] (figura 17).<br />

La “consacrazione” della chimica dei polimeri a rango di scienza la si<br />

ebbe nel 1953 con la pubblicazione, da <strong>part</strong>e di P. J. Flory (chimico fisico,<br />

collaboratore di Carothers), del libro dal titolo “Principles of Polymer<br />

Chemistry” (figure 18 e 19) [23].<br />

La pubblicazione di questo volume rappresentò il primo tentativo di<br />

ricavare, da una serie molto vasta di lavori pubblicati, dei principi di<br />

carattere generale capaci di interpretare i dati sperimentali prodotti.<br />

40


Fig. 19: Frontespizio del famoso libro, pubblicato da Paul J. Flory nel 1953, dal titolo<br />

“Principles of Polymer Chemistry” [Rif. 23].<br />

Flory, nell’introduzione al suo libro, così ne descriveva gli obiettivi:<br />

"The field of polymer science has grown very large indeed, and it would<br />

scarcely be possible in a single volume to do justice to all the excellent<br />

researches in various branches of the subject …… the author has been gui-<br />

41


ded in his choice of materials by a primary concern with principles. Out of<br />

the vast research effort carried on by many investigators the past twenty<br />

years, and especially during the last decade, certain reasonably well-defined<br />

generalization have emerged … In accordance with this objective, experimental<br />

results have been introduced primarily for illustrative purpose and to<br />

develop the basis for these principles" [23].<br />

A P. J. Flory, per il suo alto contributo allo sviluppo dei principi della<br />

scienza dei polimeri, fu conferito, nel 1974, il premio Nobel per la chimica.<br />

Il grande merito di Flory fu quello di avere applicato per primo i metodi<br />

della termodinamica statistica alle macromolecole dei polimeri considerate<br />

come libere di snodarsi e di fluttuare, assumendo per una determinata<br />

costituzione e configurazione, conformazioni, nello spazio, dipendenti<br />

dalla loro intrinseca flessibilità molecolare in relazione allo stato di<br />

soluzione, di cristallo e di fuso. Flory propose per i polimeri una equazione<br />

di stato, indipendente dal tempo, la cui importanza, per la scienza<br />

dei polimeri, può essere paragonata solo a quella dell’equazione dei gas.<br />

Nella tavola IV è riprodotta una interessante fotografia, scattata ad un<br />

convegno internazionale (intorno ai primi anni ’80), dove i due grandi<br />

della scienza dei polimeri, Herman Mark e Paul J. Flory siedono, l’uno<br />

accanto all’altro in seconda fila (rispettivamente secondo e terzo da<br />

destra). Partecipavano al convegno anche due dei più vicini collaboratori<br />

di Giulio Natta, i proff. Paolo Corradini (primo da destra in seconda<br />

fila) e Piero Pino (primo da destra in prima fila).<br />

La rilevanza che acquisì negli anni la chimica delle macromolecole non<br />

solo dal punto di vista fondamentale ma soprattutto per il determinante<br />

contributo allo sviluppo di industrie operanti in settori quali quello delle<br />

plastiche, delle fibre e dei tessili, della gomma e degli elastomeri, dei<br />

film, delle vernici e rivestimenti e degli adesivi è stata così commentata<br />

nel 1976 da Herman Mark:<br />

"… once the basic concepts of this new branch of chemistry were firmly<br />

established, polymer chemists settled down to useful and practical work:<br />

synthesis of new monomers, quantitative study of the mechanism of polymerisation<br />

processes in bulk, solution, suspension, and emulsion; characterization<br />

of macromolecules in solution on the basis of statistical thermodynamics;<br />

study of the fundamentals of the behaviour in the solid state. The<br />

result was a better understanding of the properties of rubbers, plastics and<br />

fibers" [24].<br />

42


TAVOLA IV<br />

Tavola IV: Alcuni “grandi” della scienza dei polimeri fotografati durante un convegno<br />

internazionale (primi anni ’80). Sono riconoscibili:<br />

- Paolo Corradini (il primo da destra in seconda fila) e Piero Pino (il primo da destra in<br />

prima fila), due dei più stretti collaboratori di Natta.<br />

- Herman Mark e Paul J. Flory (rispettivamente secondo e terzo a <strong>part</strong>ire da destra in<br />

seconda fila).<br />

La fotografia è stata messa gentilmente a disposizione dal prof. P. Corradini.<br />

43


CAPITOLO QUARTO<br />

1961, GIULIO NATTA “INVENTA” IL "CENTRO DI<br />

CHIMICA DELLE MACROMOLECOLE" DEL CNR<br />

Giulio Natta, oltre che un grande ricercatore e scienziato, fu anche un<br />

maestro ed un educatore. Attorno a lui crebbero e si formarono numerosi<br />

giovani i quali, trasferendosi presso centri industriali oppure in laboratori<br />

di enti pubblici ed istituti universitari, diedero luogo a quella che<br />

passò alla storia come la “Scuola Italiana di Chimica Macromolecolare”.<br />

L’esistenza di questa scuola fu riconosciuta, implicitamente, dallo stesso<br />

Natta, quando in un suo articolo su “Science”, scriveva:<br />

"E’ merito della scuola chimica italiana l’aver scoperto e messo in evidenza<br />

l’importanza dei fenomeni di stereoisomeria nel campo delle macromolecole<br />

e le relazioni tra struttura sterica e proprietà degli alti polimeri sintetizzati"<br />

[19].<br />

Natta va ricordato, quindi, non solo per i brillanti risultati delle sue<br />

ricerche, che permisero di sviluppare un nuovo ed avanzato settore della<br />

chimica, ma anche per la capacità che ebbe di fondare una scuola che<br />

"portò la scienza italiana, in questo campo a livelli di alta competitività internazionale"<br />

[25].<br />

Alcuni dei principali collaboratori di Giulio Natta appaiono, nella serie<br />

di fotografie (oramai di grande interesse storico) riprodotte nelle figure<br />

20, 21, 22 e 23 [26].<br />

Negli anni che seguirono la scoperta del polipropilene isotattico (figura<br />

24), molti dei collaboratori di Natta, alcuni dei quali presenti nelle<br />

fotografie di cui sopra, divennero docenti e professori presso varie università<br />

italiane nell’ambito delle quali continuarono la loro attività, costituendo<br />

importanti centri di ricerca sulle macromolecole. In <strong>part</strong>icolare<br />

Piero Pino si trasferì presso l’Università di Pisa, Paolo Corradini, prima<br />

presso l’Università di Cagliari, e poi, nel 1961, presso quella di Napoli,<br />

Italo Pasquon, Lido Porri, Ferdinando Danusso, Mario Farina e Giuseppe<br />

Allegra presso il Politecnico e l’Università di Milano. Altri proseguirono<br />

la loro carriera come ricercatori nell’ambito dei laboratori della<br />

Montecatini e di altre industrie chimiche del settore. Alcuni divennero,<br />

45


Fig. 20: Foto del 1955 che ritrae alcuni dei giovani collaboratori di Giulio Natta che<br />

lavoravano presso il Politecnico di Milano.<br />

In piedi da sinistra: Attilio Palvarini, Paolo Corradini, Mario Ragazzini.<br />

Seduti: Umberto Giannini, Giorgio Gaudiano, Giorgio Mazzanti, Romano Mazzocchi,<br />

Paolo Chini e Ivano Walter Bassi [Rif. 26].<br />

Fig. 21: Il Prof. Giulio Natta con i suoi collaboratori: Italo Pasquon (al centro) e Piero<br />

Pino (a destra) (la foto risale all’autunno del 1963) [Rif. 26].<br />

46


Fig. 22: Il Prof. Giulio Natta in uno dei laboratori del Politecnico di Milano insieme ad alcuni dei suoi collaboratori (Foto scattata alla vigilia<br />

del Nobel nel 1963).<br />

Sono visibili da sinistra: Lido Porri, Piero Pino, Raffaele Ercoli, Enrico Mantica, Ferdinando Danusso, Giulio Natta, Gino Dall’Asta, Mario<br />

Farina [Rif. 26].<br />

47


Fig. 23: Giulio Natta, seduto alla sua scrivania mentre con i collaboratori Paolo<br />

Corradini e Ivano Walter Bassi (esperti di diffrazione dei raggi X e di strutturistica chimica)<br />

osserva il modello del polistirene isotattico [la foto che risale alla fine del 1954<br />

è stata gentilmente concessa dal Prof. Paolo Corradini].<br />

negli anni, manager di alto livello e occuparono importanti posizioni dirigenziali<br />

in enti privati e statali.<br />

Sull’onda dell’entusiasmo suscitato dalla scoperta del polipropilene<br />

isotattico, il CNR istituì, nel 1961, su proposta di Giulio Natta e dei suoi<br />

principali collaboratori, il “Centro Nazionale di Chimica delle<br />

Macromolecole” (CNCM).<br />

Il CNCM fu articolato in otto s<strong>ezio</strong>ni, dislocate presso istituti universitari,<br />

i cui Direttori, molti dei quali già discepoli di Natta, avevano costituito<br />

nuclei di ricerca e di didattica nel campo della chimica e della fisica<br />

delle macromolecole sintetiche e naturali. Le città, le università ed i<br />

direttori delle otto s<strong>ezio</strong>ni del CNCM sono riportati nella tabella 6.<br />

Al CNCM, che rappresentò un elemento di grande innovazione nel<br />

panorama della ricerca pubblica italiana, si deve lo sviluppo e il consolidamento<br />

in Italia della scienza e tecnologia dei polimeri.<br />

Il corso estivo di “Chimica Macromolecolare”, tenutosi a Varenna dal<br />

18 al 30 settembre 1961, sotto gli auspici e con il contributo della<br />

48


Fig. 24: Raffigurazione della macromolecola<br />

del polipropilene isottatico.<br />

Nel cristallo essa assume una conformazione<br />

elicoidale (3/1). Nella figura i cerchi<br />

più grandi e ombreggiati indicano i<br />

gruppi metilici (CH 3 ) mentre quelli più<br />

piccoli e chiari rappresentano i gruppi<br />

CH e CH 2 dello scheletro molecolare.<br />

Fondazione "Francesco Giordani" e del CNR, può essere considerato il<br />

primo evento attraverso il quale si volle sancire la volontà politica di sviluppare,<br />

in Italia, questa importante e nuova branca della ricerca chimica.<br />

Le l<strong>ezio</strong>ni furono tenute da alcuni dei più grandi scienziati ed esperti<br />

internazionali dell’epoca [F. Eirich-USA, A. Keller-GB, M. Szwarc-<br />

USA] e dai Direttori delle s<strong>ezio</strong>ni del CNCM. Al corso, come si evince<br />

dalla fotografia riprodotta nella figura 25, <strong>part</strong>eciparono un gran numero<br />

di ricercatori e docenti italiani. Molti avevano collaborato all’impresa del<br />

polipropilene, altri erano giovani ricercatori afferenti, all’epoca, all’università,<br />

al CNR e a gruppi industriali.<br />

La <strong>part</strong>ecipazione al corso di grosse personalità straniere, in qualità di<br />

docenti (già affermati oppure emergenti) fu fortemente voluta dagli organizzatori<br />

ed in <strong>part</strong>icolare da Giulio Natta, il quale aveva sempre creduto<br />

che la formazione di giovani ricercatori in una nuova branca, quale era<br />

49


50<br />

Fig. 25: Fotografia, di grande interesse storico, scattata durante il corso estivo di “Macromolecular Chemistry” tenutosi a Varenna, Villa<br />

Monastero il 18-30 settembre 1961. Tra gli altri sono riconoscibili: Baccaredda, Claesson, Nasini, Rossi, Pino, Barone, Susa, Ascoli,<br />

Crescenzi, Vecchio, Giusti, Trossarelli, Saini, Mazzei, Moraglio, Breccia, De Chirico, Gechele, Talamini, Vidotto, Pezzin, Vitagliano, Keller,<br />

Bianchi, Butta, Szwarc, Corradini, Pegoraro, Danusso, Zamboni, Mazzarella, Anzuino, Lanzavecchia ed altri (foto gentilmente concessa dal<br />

Prof. G. Pezzin).


Tabella 6<br />

Le otto s<strong>ezio</strong>ni del Centro Nazionale di Chimica delle<br />

Macromolecole con relativi Direttori e sedi.<br />

SEZIONE DIRETTORE SEDE<br />

I - G. Natta Istituto di Chimica Industriale<br />

del Politecnico di Milano.<br />

II - G. Saini Istituto di Chimica Analitica<br />

dell’Università di Torino.<br />

III - A. M. Liquori Istituto di Chimica Fisica<br />

dell’Università di Napoli.<br />

IV - P. Pino Istituto di Chimica Organica<br />

Industriale dell’Università di Pisa.<br />

V - C. Rossi Istituto di Chimica Industriale<br />

dell’Università di Genova.<br />

VI - M. Baccaredda Istituto di Chimica Applicata e<br />

Industriale dell’Università di Pisa.<br />

VII - P. Corradini Istituto di Chimica Generale<br />

dell’Università di Napoli.<br />

VIII - E. Scoffone Istituto di Chimica Organica<br />

dell’Università di Padova.<br />

all’epoca in Italia la chimica macromolecolare e la scienza dei polimeri,<br />

poteva avvenire solo avvalendosi delle conoscenze già sviluppate, consolidate<br />

e maturate in laboratori esteri.<br />

Questa visione di massima apertura al confronto internazionale rappresentò<br />

uno dei modelli di vita di Giulio Natta, scienziato e docente. E’ in<br />

questo contesto che già nel 1953, all’inizio dell’avventura del polipropilene,<br />

Natta aveva spinto la Montecatini ad invitare il “Grand Father”<br />

della scienza moderna dei polimeri, H. Staudinger, a <strong>part</strong>ecipare alla<br />

“Mostra della Tecnica” di Torino del 1953 (figura 26) [27].<br />

Nella sua introduzione al testo delle l<strong>ezio</strong>ni, tenutesi durante il Corso di<br />

Varenna, pubblicato dal CNR nel 1963, G. Natta scriveva:<br />

"Gli argomenti riguardanti i vasti settori della sintesi di macromolecole e<br />

delle proprietà e caratterizzazione di polimeri amorfi e cristallini, si susseguono<br />

nell’ordine tenuto nello svolgimento del Corso, durante il quale argomenti<br />

affini sono stati riuniti in singolari giornate e discussi e completati con<br />

relativi seminari. Desidero esprimere un ringraziamento al Presidente del<br />

Consiglio Nazionale delle Ricerche, Prof. G. Polvani, a tutti coloro che<br />

51


hanno collaborato all’organizzazione del Corso, ai Colleghi del Comitato<br />

Direttivo, ai Docenti stranieri e italiani ed anche ai giovani che hanno <strong>part</strong>ecipato<br />

con grande interesse al Corso stesso ed alle discussioni seguite alle<br />

l<strong>ezio</strong>ni" [28].<br />

Fig. 26: Fotografia scattata durante la "Mostra della tecnica" (Torino 1953).<br />

In essa appare H. Staudinger in visita allo stand della Montecatini [Rif. 27].<br />

Nella figura 27 è riprodotto il frontespizio del sopracitato volume .<br />

L’attività del CNCM era programmata, concordata e discussa da un<br />

Consiglio Direttivo Scientifico, i cui membri erano i Direttori delle 8<br />

S<strong>ezio</strong>ni, e veniva sottoposta a verifica in Convegni che il Centro teneva<br />

annualmente (<strong>part</strong>icolarmente importanti furono quelli di Varenna nel<br />

settembre 1964 e di Ravello nel settembre 1965). Essa, inoltre, era dettagliatamente<br />

documentata da relazioni biennali che venivano pubblicate a<br />

cura del CNR nei “Supplementi” de “La Ricerca Scientifica”.<br />

Molte delle ricerche del CNCM erano svolte con un contributo parziale<br />

dell’Industria. Tale collaborazione si concretizzava nell’utilizzo di <strong>part</strong>icolari<br />

apparecchiature oppure attraverso la <strong>part</strong>ecipazione diretta di<br />

ricercatori industriali che, per <strong>part</strong>icolari periodi e con compiti definiti,<br />

52


Fig. 27: Frontespizio del libro delle l<strong>ezio</strong>ni tenutesi durante il primo corso su<br />

“Macromolecular Chemistry” (Varenna 18-30 settembre 1961).<br />

venivano distaccati presso le sedi di alcune delle s<strong>ezio</strong>ni del Centro.<br />

"Tali contributi, erogati in una forma disinteressata, affiancavano l’Industria<br />

al CNR in una comunità di intenti, all’epoca, estremamente innovativa.<br />

All’attività scientifica delle singole s<strong>ezio</strong>ni <strong>part</strong>ecipavano anche gruppi<br />

accademici afferenti agli istituti universitari, presso cui era locata la s<strong>ezio</strong>ne<br />

stessa. Molto spesso si verificavano collaborazioni che prevedevano la par-<br />

53


tecipazione di più s<strong>ezio</strong>ni e istituti universitari, e questo anche al fine di ottimizzare<br />

l’utilizzo di <strong>part</strong>icolari e più sofisticati metodi o tecniche d’indagine"<br />

[28].<br />

Il CNCM si venne a configurare come una rete tematica nazionale di<br />

ricerca nell’ambito della quale le tre componenti Università-CNR-<br />

Industria spesso si integravano con grande spirito di collaborazione ed<br />

efficienza.<br />

Il programma del CNCM, si articolava nelle seguenti quattro grandi<br />

aree:<br />

a) Processi di sintesi di macromolecole.<br />

b) Trasformazioni chimiche di macromolecole.<br />

c) Struttura e proprietà di sostanze macromolecolari.<br />

d) Polimeri di interesse biologico.<br />

Ogni area era a sua volta suddivisa in un numero discreto di linee di<br />

ricerca.<br />

Nella relazione sull’attività del CNCM, presentata da G. Natta al<br />

Convegno sulla “Chimica delle Macromolecole” (Roma, 12-14 dicembre<br />

1966), si leggeva testualmente:<br />

"E’ da osservare che i criteri di scelta delle linee di ricerca, che formano l’oggetto<br />

del programma del Centro, corrispondono ad opportunità di vario tipo.<br />

Brevemente si può dire che tali linee di ricerca corrispondono da un lato, con<br />

<strong>part</strong>icolare riguardo ai polimeri sintetici, all’approfondimento della conoscenza<br />

di prodotti e di processi che assumono rilevante importanza nell’apparato<br />

produttivo nazionale e sull’attuale fronte internazionale di progresso<br />

dell’industria chimica. Dall’altro lato esse corrispondono, con <strong>part</strong>icolare<br />

riguardo ai polimeri di interesse biologico, al forte incremento degli interessi<br />

che, con il parallelo sviluppo della biologia molecolare, si sono creati<br />

attualmente nei riguardi dei fenomeni biologici primari e vitali, od eventualmente<br />

dei fenomeni ed effetti che assumono rilevanza farmacologica.<br />

In generale un’opportunità nasce anche da quella spinta verso una più libera<br />

indagine di carattere fondamentale che, come sempre nella ricerca, può aprire<br />

in un prossimo futuro le porte più impensate allo sviluppo dei fattori del<br />

progresso" [29].<br />

E’ stupefacente constatare come quello che G. Natta scriveva sia, ancora<br />

oggi, dopo oltre trenta anni, di grande attualità e questo a dimostrazione<br />

della lungimiranza di questo geniale ricercatore e scienziato italiano.<br />

Purtroppo una gravissima malattia, che lo colpì ancora giovane e ne<br />

limitò la sua attività, non gli permise di portare a compimento questo<br />

grande progetto di integrazione tra ricerca pubblica e privata.<br />

Le fotografie, riprodotte nella figura 28, furono scattate durante il con-<br />

54


fig. 28a<br />

Fig. 28: Fotografie scattate durante il Convegno sullo stato di avanzamento delle ricerche<br />

in "Chimica delle macromolecole" organizzato dal CNR (Roma 12-14 dicembre<br />

1966).<br />

a) Sono riconoscibili: Pino, Baccaredda, Rossi, Cerrai, Ferruti, Giusti, Butta, Pegoraro,<br />

Porri, Zambelli, Peggion.<br />

b) Pezzin e Zamboni.<br />

(Le foto sono state gentilmente messe a disposizione dal Prof. G. Pezzin).<br />

55


fig. 28b<br />

vegno sopra citato. In esse sono riconoscibili alcuni ricercatori e docenti<br />

che contribuirono, insieme ad altri, allo sviluppo della chimica macromolecolare<br />

e della scienza dei polimeri nel nostro paese.<br />

56


CAPITOLO QUINTO<br />

DAL CENTRO DI CHIMICA DELLE<br />

MACROMOLECOLE ALLA RETE ATTUALE<br />

DEL CNR NEL CAMPO DELLA<br />

SCIENZA DEI POLIMERI<br />

Intorno alla prima metà degli anni ‘60 iniziò nel nostro paese un dibattito<br />

che vedeva schierati da una <strong>part</strong>e quelli che sostenevano che solo<br />

l’Università dovesse essere considerata sede primaria della ricerca fondamentale<br />

di base e dall’altra <strong>part</strong>e coloro i quali ritenevano che il CNR,<br />

creando dei propri Organi di ricerca distribuiti sul territorio nazionale,<br />

potesse dare luogo ad una rete scientifica e tecnica autonoma<br />

dall’Università e con un ruolo ad essa complementare.<br />

Questa seconda linea in <strong>part</strong>e prevalse, anche se si accettò il principio<br />

di una qualche integrazione con il mondo accademico attraverso la crea-<br />

Fig. 29: Il Prof. Vincenzo Caglioti<br />

(1902-1998).<br />

Durante la sua presidenza furono<br />

gettate le basi per la costituzione<br />

della rete scientifica del CNR.<br />

57


zione dei “Centri” (organi propri del CNR, ma con sede presso<br />

l’Università e ad essa legati attraverso idonee e appropriate convenzioni).<br />

Nel periodo storico che va dal 1964 al 1970 furono istituiti, in <strong>part</strong>icolare<br />

sotto la presidenza del chimico Vincenzo Caglioti (figura 29), una<br />

serie di organi propri del CNR.<br />

Il periodo che va dal 1965 al 1975, vedeva affermarsi, nel nostro paese,<br />

l’idea che la ricerca scientifica e tecnologica necessitava di una strategia<br />

nazionale. Nasceva il concetto di “politica scientifica”.<br />

Paolo Bisogno, che introdusse in Italia il concetto di documentazione<br />

scientifica, in relazione a questa fase storica scriveva:<br />

"...A <strong>part</strong>ire dalla seconda metà degli anni ‘60, quando la necessità di una<br />

presenza non occasionale nella competizione scientifica internazionale ed il<br />

nuovo interesse per l’idea di pianificazione (con nuovi strumenti legislativi,<br />

programmatici ed operativi) dotano per la prima volta il sistema di ricerca<br />

nazionale di una potenzialità fino ad allora sconosciuta" [30].<br />

Cominciò a delinearsi quindi una politica della ricerca che prevedeva<br />

una terza rete scientifica nazionale, “intermedia” tra quella universitaria<br />

e quella industriale, il cui ruolo avrebbe dovuto essere quello di dare<br />

risposte sia a problematiche scientifiche che a domande espresse da aree<br />

produttive.<br />

L’obiettivo era quello di dotare il nostro paese di un sistema di ricerca<br />

integrato, frutto di una politica scientifica in grado di effettuare scelte e<br />

orientamenti in sintonia con le istanze socio-economiche del paese.<br />

E’ in questo contesto che, intorno agli anni ‘67-’68, il “Centro di<br />

Chimica Macromolecolare”, su proposta dell’allora Comitato per le<br />

Scienze Chimiche, fu profondamente rimodulato; le S<strong>ezio</strong>ni furono trasformate<br />

in Organi permanenti del CNR: Istituti, Laboratori e Centri. In<br />

<strong>part</strong>icolare a Milano, la S<strong>ezio</strong>ne I, con sede presso il Politecnico, dove<br />

per lunghi anni aveva svolto la sua attività il Prof. Giulio Natta, fu trasformata<br />

nell’ “Istituto di Chimica Macromolecolare”, le s<strong>ezio</strong>ni di<br />

Genova, di Pisa e di Padova furono trasformate in Centri, mentre a<br />

Napoli, dove operavano, presso l’Istituto di Chimica dell’Università di<br />

Napoli, le due s<strong>ezio</strong>ni del CNCM, la III diretta dal Prof. A.M. Liquori e<br />

la VII diretta dal Prof. P. Corradini, fu istituito il “Laboratorio di Ricerca<br />

su Tecnologia dei Polimeri e Reologia” (LTPR).<br />

Con questa operazione il CNR intese dotarsi di una delle prime reti<br />

nazionali di ricerca, di tipo disciplinare-tematica, operante nel settore<br />

della scienza e tecnologia delle macromolecole. A questa rete afferivano<br />

7 organi (un istituto, un laboratorio e cinque centri) le cui denominazio-<br />

58


Tabella 7<br />

Istituti, laboratori e centri del CNR che, agli inizi degli anni settanta,<br />

operavano nel settore delle macromolecole sintetiche e naturali.<br />

COMITATO ORGANO SEDE<br />

Chimica Istituto di chimica macromolecolare Milano<br />

Chimica Laboratorio di ricerche su tecnologia dei Napoli<br />

polimeri e reologia<br />

Chimica Centro di studi sulla fisica macromolecolare Bologna<br />

Chimica Centro di studi dei processi ionici di Pisa<br />

polimerizzazione e delle proprietà fisiche e<br />

tecnologiche di sistemi macromolecolari<br />

Chimica Centro di studi per le macromolecole Pisa<br />

stereordinate e otticamente attive<br />

Chimica Centro di studi sui biopolimeri Padova<br />

Chimica Centro di studi chimico-fisico di Genova<br />

macromolecole sintetiche e naturali<br />

ni e sedi sono riportate nella tabella 7 [31].<br />

E’ importante sottolineare come nuclei di ricerca attivi nel campo della<br />

ricerca sulle macromolecole si erano formati anche presso le università<br />

italiane. Questi gruppi universitari andarono a costituire quella che può<br />

essere definita la rete accademica del settore.<br />

Un’indicazione circa la consistenza di questo “network” universitario è<br />

possibile ricavarla analizzando la provenienza delle relazioni che furono<br />

presentate al “Convegno sullo Stato di Avanzamento della Ricerca nel<br />

Settore delle Macromolecole per il triennio 1970-73” che, organizzato dal<br />

CNR, si tenne a Padova dal 25 al 26 novembre 1974 (figura 30) [32].<br />

Come si evince dalla tabella 8, una ventina di gruppi di ricerca, attivi<br />

nel campo della chimica e fisica delle macromolecole, erano presenti,<br />

allora, presso varie università italiane.<br />

Negli anni successivi la rete del CNR si rafforzò, ulteriormente, con la<br />

istituzione: nel 1979 dell’Istituto per la chimica e la tecnologia dei materiali<br />

polimerici (con sede presso il di<strong>part</strong>imento di scienze chimiche -<br />

59


Fig. 30: Frontespizio del libro delle relazioni presentate al Convegno sullo stato di<br />

avanzamento della ricerca nel settore delle Macromolecole (triennio 1970-1973),<br />

Padova 25-26 Novembre (1974).<br />

Università di Catania); nel 1993 dell’Istituto per la tecnologia dei materiali<br />

compositi (provvisoriamente collocato presso la facoltà di ingegneria,<br />

Università “Federico II” di Napoli) e sempre nel 1993 dell’Istituto di<br />

ricerca su membrane e modellistica di reattori chimici (presso<br />

60


Tabella 8<br />

Istituti universitari e città dove, nel 1974, erano attivi nuclei di<br />

ricerca operanti nel settore della scienza e tecnologia delle macromolecole.<br />

Istituto Chimico<br />

Bologna<br />

Istituto Chimico G. Ciamician<br />

Bologna<br />

Istituto di Chimica Industriale<br />

Catania<br />

Istituto di Chimica Fisica<br />

Firenze<br />

Istituto di Chimica Industriale<br />

Genova<br />

Istituto di Chimica<br />

Milano<br />

Istituto di Chimica Industriale<br />

Milano<br />

Istituto di Chimica Industriale<br />

Milano<br />

Istituto di Principi di Ingegneria Chimica<br />

Napoli<br />

Istituto Chimico<br />

Napoli<br />

Istituto di Chimica Organica<br />

Padova<br />

Cattedra Principi Ingegneria Chimica<br />

Palermo<br />

Istituto di Chimica Industriale ed Applicata<br />

Pisa<br />

Istituto di Chimica Industriale<br />

Pisa<br />

Istituto di Chimica Organica ed Organica Industriale<br />

Pisa<br />

Istituto Chimico<br />

Roma<br />

Istituto di Chimica Analitica<br />

Torino<br />

Istituto di Chimica<br />

Trieste<br />

Facoltà di Ingegneria<br />

Università<br />

Università<br />

Università<br />

Università<br />

Politecnico<br />

Politecnico<br />

Università<br />

Politecnico<br />

Università<br />

Università<br />

Università<br />

Università<br />

Facoltà di Ingegneria<br />

Università<br />

Università<br />

Università<br />

Università<br />

61


l’Università di Arcavacata di Rende-Cosenza). Nel 1979 il “Laboratorio<br />

di ricerche su tecnologia dei polimeri e reologia” fu trasformato in istituto.<br />

Successivamente, nel 1993, il suo nome fu modificato in “Istituto di<br />

ricerca e tecnologia delle materie plastiche” (IRTeMP).<br />

Nel 1994 il Centro di Genova fu trasformato nell’”Istituto di studi chimico-fisici<br />

di macromolecole sintetiche e naturali”.<br />

La configurazione della rete degli organi del CNR afferente al settore<br />

della chimica e tecnologia dei polimeri è riportata nella tabella 9 dove,<br />

insieme alla denominazione dell’organo, viene indicata la sede, il numero<br />

dei ricercatori e tecnologi e del personale tecnico amministrativo al<br />

1995. Nella tabella è anche riportato il personale in formazione ed i collaboratori<br />

esterni [33].<br />

L’esperienza dell’Istituto Nazionale Coordinamento.<br />

Nel giugno 1996 (ordinanza del CNR n. 13940) veniva attivata la fase<br />

sperimentale, della durata di tre anni, dell’ “Istituto Nazionale di<br />

Coordinamento, di Chimica, Fisica e Tecnologia dei Sistemi<br />

Macromolecolari Sintetici e Naturali (INC-MACRO)” [34].<br />

All’INC-MACRO <strong>part</strong>ecipavano tutti gli organi del CNR, afferenti<br />

all’allora Comitato per le Scienze Chimiche, elencati nella tabella 9.<br />

L’Ordinanza stabiliva che l’INC-MACRO e la relativa struttura di supporto<br />

avessero sede presso l’IRTeMP di Napoli e inoltre, prevedeva l’istituzione<br />

di un Consiglio Direttivo così costituito:<br />

a) PRESIDENTE: Ezio Martuscelli, Direttore dell’Istituto di ricerca e<br />

tecnologia delle materie plastiche - Arco Felice (Napoli).<br />

b) COMPONENTI: i Direttori degli Organi di ricerca del CNR afferenti.<br />

c) UN RAPPRESENTANTE DEL COMITATO NAZIONALE PER LE<br />

SCIENZE CHIMICHE: Paolo Locatelli.<br />

L’ordinanza conteneva in allegato una bozza di statuto di carattere<br />

generale che avrebbe dovuto regolare la costituzione di un Istituto di<br />

Coordinamento Nazionale (INC). I principali aspetti di questo statuto<br />

sono qui di seguito riportati:<br />

“- L’INC ha la funzione, su base sperimentale e temporanea, di coordinare<br />

Istituti e Centri di Studio del CNR che si occupano di tematiche affini.<br />

- Gli Istituti e i Centri afferenti all’INC, mantengono, in piena autonomia e<br />

62


presso le loro Sedi, le attribuzioni e i compiti loro conferiti dai vigenti<br />

ordinamenti del CNR e i relativi finanziamenti.<br />

- L’adesione di Istituti e Centri all’INC viene formulata dai Direttori,<br />

accompagnata dal parere dei rispettivi Consigli Scientifici.<br />

- Il Consiglio di Presidenza, ricevuti i pareri dei Comitati Nazionali di<br />

Consulenza interessati, approva l’attivazione degli INC.<br />

- All’INC sono preposti:<br />

- il Presidente dell’Istituto;<br />

- il Consiglio Direttivo dell’Istituto.<br />

- Il Presidente è designato dal Consiglio di Presidenza fra una terna<br />

proposta dal Consiglio Direttivo dell’Istituto, tra i componenti del<br />

Consiglio Direttivo stesso.<br />

Il mandato di Presidente ha la durata di tre anni.<br />

- Il Presidente dell’INC ha i seguenti compiti:<br />

- rappresenta l’INC nelle sedi nazionali e/o comunitarie e/o internazionali;<br />

- predispone le relazioni sull’attività svolta e da svolgere da <strong>part</strong>e<br />

dell’INC, da sottoporre al Consiglio di Presidenza;<br />

- convoca il Consiglio Direttivo dell’INC, ne stabilisce l’ordine del<br />

giorno e ne presiede le adunanze.<br />

- Il Consiglio Direttivo dell’INC è costituito da:<br />

- il Presidente dell’Istituto di Coordinamento;<br />

- il Direttore di ogni Organo afferente;<br />

- un rappresentante per ogni Comitato Nazionale di Consulenza<br />

interessato, designato dal Consiglio di Presidenza.<br />

- Il Consiglio Direttivo dell’INC:<br />

- predispone programmi comuni di ricerca di interesse degli Organi<br />

<strong>part</strong>ecipanti da proporre in sede nazionale e/o comunitaria e/o<br />

internazionale.<br />

- promuove e coordina l’utilizzo di servizi scientifici e tecnologici<br />

di interesse comune agli Organi <strong>part</strong>ecipanti;<br />

- esprime parere sulla relazioni preventive e consuntive presentate<br />

dal Presidente dell’INC;<br />

- elegge nel proprio seno il Vicepresidente, che sostituisce il<br />

Presidente in caso di assenza o impedimento;<br />

- La struttura di supporto all’INC è allocata, con delibera del Consiglio di<br />

Presidenza, presso uno degli Organi afferenti o altra struttura individuata<br />

dal Consiglio di Presidenza.<br />

- Al termine della fase sperimentale, della durata di tre anni, il Consiglio di<br />

Presidenza delibera in ordine alla prosecuzione dell’attività dell’INC”.<br />

63


Tabella 9<br />

Istituti e centri afferenti alla “rete” scientifica del CNR nel settore della<br />

chimica, fisica e tecnologia dei sistemi polimerici sintetici e naturali (al<br />

1995)<br />

ISTITUTO<br />

PERSONALE E COLLABORATORI<br />

Ricercatori e Tecnici e Totale Collaboratori Personale in<br />

Tecnologi Amministrativi Esterni Formazione<br />

Istituto di chimica delle 19 15 34 8 24<br />

macromolecole<br />

ICM - Milano<br />

Istituto di studi chimico- 8 9 17 3 19<br />

fisici di macromolecole<br />

sintetiche e naturali<br />

IMAG - GENOVA<br />

Istituto di ricerca e tecno- 18 23 41 5 21<br />

logia delle materie plastiche<br />

IRTEMP - Arco Felice - Napoli<br />

Istituto per la chimica e la tecno- 8 6 14 2 8<br />

logia dei materiali polimerici<br />

ICTMP - CATANIA<br />

Istituto per la tecnologia 5 2 7 1 6<br />

dei materiali compositi<br />

ITMC - NAPOLI<br />

Centro di studio per la fisica 8 1 9 9 7<br />

delle macromolecole<br />

CSFM - BOLOGNA<br />

Centro di studio su fotoreat- 4 1 5 8 14<br />

tività e catalisi<br />

CSFC - FERRARA<br />

Centro di studi sui processi 6 2 8 15 16<br />

ionici di polimerizzazione e<br />

proprietà fisiche e tecniche di<br />

sistemi di macromolecole<br />

CSPI - PISA<br />

Centro studi per la sintesi, le 7 1 8 16 19<br />

proprietà fisiche di macromolecole<br />

stereordinate ed<br />

otticamente attive<br />

CSMSOA - PISA<br />

Istituto di ricerca su membrane 4 / 4 / 21<br />

e modellistica di reattori chimici<br />

IRMEC - Arcavata di Rende -<br />

COSENZA<br />

TOTALE 87 60 147 67 155<br />

64


Tabella 10<br />

Elenco dei principali know-how sviluppati presso gli Organi del CNR afferenti<br />

a quella che può essere definita la rete di ricerca nel settore della scienza<br />

e tecnologia dei polimeri.<br />

ISTITUTO<br />

KNOW-HOW<br />

Spettroscopia laser risolta nel tempo. Cinetiche termiche ve-<br />

loci. Spettroscopia ESR e FTIR. Voltametria ciclica. Proprietà<br />

superficiali.<br />

Istituto di chimica delle<br />

macromolecole<br />

ICM - MILANO<br />

Istituto di studi chimicofisici<br />

di macromolecole<br />

sintetiche e naturali<br />

IMAG - GENOVA<br />

Istituto di ricerca e tecnologia<br />

delle materie plastiche<br />

IRTEMP - Arco Felice -<br />

NAPOLI<br />

Istituto per la chimica e la<br />

tecnologia dei materiali<br />

polimerici<br />

ICTMP - CATANIA<br />

Istituto per la tecnologia<br />

dei materiali compositi<br />

ITMC - NAPOLI<br />

Centro di studio per la fisica<br />

delle macromolecole<br />

CSFM - BOLOGNA<br />

Centro di studio su fotoreattività<br />

e catalisi<br />

CSFC - FERRARA<br />

Metodologie di polimerizzazione con catalizzatori organo-<br />

metallici. Metodi di preparazione di conduttori organici.<br />

Preparazione di ritardanti di fiamma per polimeri. Spettroscopia<br />

vibrazionale e caratterizzazione NMR di polimeri<br />

e biopolimeri. Tecniche di diffrattometria a raggi X per<br />

polimeri. Tecniche di analisi in gascromatografia e<br />

spettroscopia di massa.<br />

Caratterizzazione di sistemi polimerici. Caratterizzazione di<br />

cristalli liquidi polimerici. Meccanica statistica dei processi<br />

di rilassamento polimerico. Morfologia di materiali polimerici.<br />

Funzionalizzazione di gomme poliolefiniche. Caratterizzazio-<br />

ne chimico-fisica di polimeri. Tenacizzazione di resine termoplastiche<br />

e termoindurenti. Fenomeni di cristallizzazione dei<br />

polimeri. Trasporto di vapori, gas e liquidi in polimeri. Caratterizzazione<br />

strutturale e morfologica dei polimeri. Polimeri<br />

ad elevata resistenza all’urto. Materiali polimerici biocompatibili.<br />

Riciclo di materiali polimerici. Polimeri per la conservazione<br />

dei beni culturali. Nano - compositi.<br />

Meccanismi di degradazione termica e caratterizzazione strut-<br />

turale di polimeri mediante spettrometria di massa. Determi-<br />

nazione delle reazioni di scambio in miscele polimeriche allo<br />

stato fuso. Sintesi di copolimeri a blocchi. Compatibilizzazione<br />

di miscele di polimeri. Sintesi di polimeri e copolimeri con<br />

proprietà ottiche non lineari.<br />

Assorbimento e permeabilità. Avvolgimento filamentare. For-<br />

matura per compressione. Estrusione di polimeri. CAD/CAM.<br />

Tecnologie per evaporazione di solventi. Degradazione di<br />

polimeri e compositi.<br />

Comportamento termico e biodegradazione di polimeri. Dif-<br />

frattometria con raggi X ad alta temperatura. Metodologia di<br />

preparazione di reattivi supportati su resina. Metodologia di<br />

funzionalizzazione di doppi legami. Metodologia per la sintesi<br />

di compositi biologicamente attivi.<br />

65


Tabella 10<br />

ISTITUTO<br />

Centro di studi sui processi<br />

ionici di polimerizzazione e<br />

proprietà fisiche e tecniche<br />

di sistemi di macromolecole<br />

CSPI - PISA<br />

KNOW-HOW<br />

Metodi di sintesi per policondensazione. Bioprotesi. Metodo-<br />

logie di caratterizzazione di biomateriali. Metodologie di fun-<br />

zionalizzazione in massa. Polimerizzazione su matrice. Poli-<br />

merizzazione ad apertura di anello. Reticolazione termica di<br />

complessi polielettrolitici.<br />

Polimerizzazione stereospecifica di olefine. Funzionalizzazio-<br />

ne di polimeri. Leghe polimeriche e polimeri liquido-cristal-<br />

lini. Catalisi e sintesi asimmetrica. Sintesi organiche regio e<br />

stereoselettive.<br />

Preparazione di membrane. Operazioni a membrana. Reattori<br />

a membrana. Modellistica di reattori chimici.<br />

Centro studi per la sintesi,<br />

le proprietà fisiche di macromolecole<br />

stereordinate<br />

ed otticamente attive<br />

CSMSOA - PISA<br />

Istituto di ricerca su membrane<br />

e modellistica di reattori<br />

chimici<br />

IRMERC - Arcavata di<br />

Rende - COSENZA<br />

Fig. 31: Ri<strong>part</strong>izione delle competenze per tipologia di materiali studiati negli organi<br />

che afferivano all’INC-MACRO (vedi testo).<br />

66


Fig. 32: Ri<strong>part</strong>izione delle competenze per settore di utilizzo negli organi che afferivano<br />

all’INC-MACRO (vedi testo).<br />

Fig. 33: Ri<strong>part</strong>izione delle competenze per settore di trasformazione negli organi che<br />

facevano <strong>part</strong>e all’INC-MACRO (vedi testo).<br />

67


Le caratteristiche più salienti e le potenzialità della “rete” di ricerca del<br />

CNR nel campo della scienza e della tecnologia dei polimeri, si ricavano<br />

dai dati delle tabelle 9 e 10 e dai grafici delle figure 31, 32 e 33.<br />

Esse possono così essere riassunte:<br />

– la rete è caratterizzata dalla presenza di 10 organi (4 istituti e 6 centri),<br />

distribuiti sul territorio nazionale, con un numero totale di addetti<br />

(inteso come permanent-staff) di circa 147 unità (dati riferiti al<br />

1995).<br />

Con la recente assegnazione di nuovi posti, la maggior <strong>part</strong>e derivanti,<br />

per gli Organi del Sud, dall’applicazione dell’Intesa di programma<br />

tra il CNR e il MURST (di cui si parlerà in dettaglio in uno<br />

dei capitoli successivi) il sistema ricerca del CNR nel campo dei<br />

polimeri risulterà sensibilmente potenziato in termini di addetti.<br />

– gli organi si avvalgono di un numero cospicuo di collaboratori<br />

esterni e, inoltre, <strong>part</strong>icolarmente rilevante appare l’attività di formazione<br />

nei confronti di giovani laureandi e laureati (tesi di laurea,<br />

borse post-laurea, ecc.);<br />

– i know-how sviluppati sono molto diversificati e riguardano molti<br />

degli aspetti della scienza e tecnologia dei polimeri attualmente considerati<br />

di grande attualità e importanza anche ai fini di uno sviluppo<br />

applicativo e tecnologico e questo in relazione ai settori di trasformazione,<br />

di utilizzo e alla tipologia dei sistemi oggetto di studio (figure<br />

31, 32 e 33).<br />

La sperimentazione dell’INC-MACRO era stata avviata con l’obiettivo<br />

di incentivare e implementare studi in settori innovativi e avanzati per i<br />

quali un supporto di ricerca di base era considerato essenziale a sviluppi<br />

di know-how suscettibili di essere trasformati in innovazione tecnologica<br />

da <strong>part</strong>e delle industrie del settore. In relazione a quanto sopra erano<br />

state individuate e giudicate prioritarie le seguenti aree tematiche:<br />

1) Sistemi polimerici innovativi:<br />

- sistemi di nuovi catalizzatori e di nuovi iniziatori;<br />

- modifiche di processo, post-reazioni e post-trattamenti.<br />

2) Biopolimeri:<br />

- sintesi, caratterizzazione e attività di macromolecole biologiche;<br />

- sistemi polimerici biocompatibili e biodegradabili.<br />

3) Sistemi polimerici per impieghi speciali:<br />

68


- sintesi, struttura, caratterizzazione e tecnologie di lavorazione;<br />

4) Problemi ambientali nella produzione, trasformazione, impiego e<br />

riciclo di materiali polimerici.<br />

Durante i tre anni di sperimentazione dell’INC-MACRO sono state<br />

individuate ed in <strong>part</strong>e avviate una serie di azioni le più significative delle<br />

quali sono qui di seguito riportate:<br />

- identificazione e sviluppo di tematiche di ricerca strategiche da<br />

inserire in iniziative nazionali ed europee;<br />

- coordinamento di programmi di ricerca con ottimizzazione<br />

dell’impiego di risorse umane e finanziarie;<br />

- attivazione di percorsi formativi per la qualificazione di tecnici e laureati<br />

da inserire nel mondo della produzione;<br />

- individuazione di modalità più incisive e dirette di collaborazione con<br />

il mondo della produzione e della ricerca;<br />

- istituzionalizzazione di contatti e collaborazione con strutture di ricerca<br />

e produttive dei paesi dell’UE e dell’area mediterranea al fine di<br />

favorire la <strong>part</strong>ecipazione degli organi afferenti a programmi comunitari<br />

e internazionali [35, 36].<br />

Di <strong>part</strong>icolare interesse fu considerata la pubblicazione, a cura<br />

dell’INC-MACRO, di un volume contenente un’offerta di supporto<br />

scientifico e tecnologico e di formazione rivolta alle PMI, afferenti al settore<br />

della lavorazione e trasformazione dei polimeri (figura 34).<br />

La fine della fase di sperimentazione dell’INC-MACRO e di altri INC<br />

avviati in altri settori dal CNR venne a coincidere con l’avvio della riforma<br />

dell’Ente ed in <strong>part</strong>icolare con quella <strong>part</strong>e che riguarda la ristrutturazione<br />

della rete scientifica che contempla, tra l’altro, eventuali “accorpamenti”<br />

di organi in “Istituti Nazionali” il cui ruolo e la cui funzione probabilmente<br />

dovranno essere approfonditi e forse meglio chiariti in un<br />

contesto di alta competitività internazionale [37].<br />

Proprio in relazione a quel <strong>part</strong>icolare momento di fervore innovatore<br />

sembrava opportuno avviare una profonda riflessione riguardante gli esiti<br />

della sperimentazione degli INC al fine di contribuire, sulla base di un<br />

triennio di attività, a fornire indicazioni utili, a coloro i quali, facendo<br />

<strong>part</strong>e del “quadro di comando” dell’Ente, dovevano assumersi la responsabilità<br />

di elaborare proposte per un reale rinnovamento della rete scientifica<br />

[38, 39].<br />

69


Purtroppo gli INC sono stati soppressi senza che si siano analizzati gli<br />

aspetti positivi e negativi che questa importante operazione aveva<br />

comunque messo in risalto. E’ probabile che l’esame di questa sperimen-<br />

Fig. 34: Frontespizio del volume pubblicato a cura dell’ INC-MACRO contenente<br />

un’offerta scientifica e tecnologica e di formazione rivolta alle PMI operanti nel<br />

settore della produzione e trasformazione dei polimeri.<br />

70


tazione avrebbe potuto fornire informazioni utili all’operazione di ristrutturazione<br />

della rete scientifica dell’Ente.<br />

71


CAPITOLO SESTO<br />

GLI STRUMENTI CHE HANNO CONTRIBUITO<br />

AL CONSOLIDAMENTO DELLA RETE<br />

DI RICERCA DEL CNR NEL SETTORE<br />

DELLA SCIENZA DEI POLIMERI.<br />

6.1) I Progetti Finalizzati del CNR<br />

Una svolta decisiva nella politica della ricerca del CNR si registrò nell’autunno<br />

del 1972 con l’insediamento dei nuovi comitati nazionali di<br />

consulenza e con l’esame del consuntivo del primo quadriennio di attività<br />

della serie di Organi propri che erano stati istituiti nel periodo 1968-<br />

1969.<br />

Il CNR, sotto forti spinte politiche e critiche al ruolo, che aveva ricoperto<br />

fino ad allora, di principale coordinatore e finanziatore della ricerca<br />

in Italia, decise di dare l’avvio e di gestire programmi di ricerca “finalizzati<br />

ad obiettivi utili al progresso civile e socio-economico del paese”.<br />

Il concetto di finalizzazione era in linea con la tendenza di superare la<br />

classificazione tradizionale della ricerca in "fondamentale" e "applicata"<br />

sostituendola con quella, più moderna e aderente alla realtà dei paesi<br />

industrializzati, di ricerca "libera o spontanea" avente come scopo prioritario<br />

l’avanzamento delle conoscenze (bottom-up approach) e di ricerca<br />

"orientata o finalizzata", i cui obiettivi e priorità scaturivano da un’analisi<br />

delle esigenze nazionali, necessariamente elaborata da organismi<br />

politici (top-down approach).<br />

In questa nuova visione anche una ricerca di base è orientata o finalizzata<br />

se contribuisce all’acquisizione di conoscenze fondamentali e necessarie<br />

alla soluzione di problemi applicativi (problem-solving approach).<br />

Nel 1973 i comitati del CNR, con la collaborazione di esperti dell’industria<br />

pubblica e privata, delle confederazioni del lavoro, del mondo<br />

dell’agricoltura e di enti di ricerca esterni, esaminarono circa 75 proposte<br />

di programmi finalizzati e focalizzarono la loro attenzione su una cinquantina<br />

di esse.<br />

All’assemblea generale del CNR del 28 Gennaio 1975, l’allora<br />

73


Presidente, Prof. Alessandro Faedo, presentando i progetti finalizzati,<br />

annunciò che per ragioni di opportunità essi sarebbero stati suddivisi in<br />

sette grandi raggruppamenti:<br />

Energetica – Nuove Fonti Alimentari – Salute – Ambiente – Didattica<br />

– Tecnologie Industriali – Progressi Culturali.<br />

Con l’approvazione da <strong>part</strong>e del CIPE dei programmi finalizzati proposti<br />

dal CNR, avvenuta il 9/10/1975, nasceva una nuova conc<strong>ezio</strong>ne<br />

della politica della ricerca scientifica in Italia. Per la prima volta infatti il<br />

potere politico acquisiva un ruolo fondamentale nell’indirizzare la ricerca<br />

verso fini e obiettivi più immediati e concreti [40, 41, 42].<br />

Di fronte a questa nuova realtà gli Organi del CNR furono “costretti”<br />

ad un esame critico delle competenze tecnico-scientifiche sviluppatesi al<br />

loro interno e dovettero quindi procedere ad una diversa programmazione<br />

delle attività più congruente con le finalità e gli obiettivi delle linee di<br />

ricerca secondo cui si articolavano i progetti finalizzati proposti dal CNR.<br />

Il 9 Ottobre 1975 il Comitato Interministeriale per la Programmazione<br />

Economica (CIPE) approvò 18 Progetti Finalizzati (PF) (detti poi di<br />

“prima generazione”) i cui titoli, raggruppati per area, sono qui di seguito<br />

riportati:<br />

- Salute dell’Uomo (1. medicina preventiva; 2. virus; 3. biologia della<br />

riproduzione; 4. tecnologie biomediche).<br />

- Biologia e Ambiente (5. conservazione del suolo; 6. oceanografia e<br />

fondi marini; 7. geodinamica; 8. promozione della qualità dell’ambiente).<br />

- Risparmio di Energia e Fonti Alternative (9. energetica).<br />

- Fonti Alimentari (10. miglioramento delle produzioni vegetali per fini<br />

alimentari ed industriali mediante interventi genetici; 11. nuove fonti<br />

proteiche; 12. fitofarmaci e fitoregolatori; 13. conservazione,<br />

trasporto, distribuzione ortofrutticoli a mezzo containers; 14. consolidamento,<br />

sviluppo e conservazione dell’acquacoltura nazionale;<br />

15. difesa delle risorse genetiche delle popolazioni animali; 16. incremento<br />

delle disponibilità alimentari di origine animale; 17. meccanizzazione<br />

agricola).<br />

- Tecnologie Avanzate (18. aiuti alla navigazione e controllo del traffico<br />

aereo).<br />

Successivamente il CIPE, sempre su proposta del CNR, approvò altri<br />

Progetti: “controllo della crescita neoplastica” (gruppo Salute<br />

dell’Uomo); “laser di potenza”; “superconduttività ed informatica"<br />

74


(gruppo Tecnologie Avanzate); “chimica fine e secondaria”; “trasporti”;<br />

“metallurgia”.<br />

Più tardi furono lanciati altri 11 PF detti di seconda generazione i quali<br />

furono elaborati tenendo in considerazione il fatto che l’interscambio fra<br />

utilizzatori e ricercatori (domanda e offerta di ricerca) era cresciuto e pertanto<br />

era possibile perseguire finalità più “mirate” e di più specifica utilizzazione<br />

applicativa. I titoli di questi PF erano:<br />

medicina preventiva e riabilitativa - ingegneria genetica - malattie da<br />

inf<strong>ezio</strong>ne - tecnologie biomediche e sanitarie - oncologia - tecnologie<br />

meccaniche - energetica II - incremento produttività risorse agricole<br />

(IPRA) - struttura ed evoluzione dell’economia italiana - materiali e<br />

dispositivi per l’elettronica a stato solido - organizzazione e funzionamento<br />

pubblica amministrazione.<br />

Il 28 Maggio 1987 il CIPE approvò i PF di “terza generazione” che<br />

riguardavano settori considerati strategici a livello internazionale. Il loro<br />

obiettivo principale era quello di consentire all’industria nazionale di<br />

disporre di nuove e più sofisticate tecnologie che ne aumentassero la<br />

competitività sui mercati internazionali, al fine di ridurre il passivo della<br />

bilancia tecnologica del nostro Paese. Pertanto, tali progetti prevedevano<br />

anche la realizzazione di prototipi, lo studio di sistemi e la formulazione<br />

di proposte organiche di politica e di intervento nel campo delle istituzioni<br />

e dei servizi del sistema produttivo italiano.<br />

Al finanziamento dei Progetti <strong>part</strong>ecipava anche l’industria, coinvolta<br />

direttamente ed attivamente nelle ricerche per un ammontare pari a circa<br />

il 50% del finanziamento pubblico. I titoli dei PF di terza generazione<br />

erano i seguenti:<br />

1. telecomunicazioni; 2. robotica; 3. tecnologie elettroottiche;<br />

4. chimica fine 2; 5. materiali speciali per tecnologie avanzate;<br />

6. tecnologie superconduttive e criogeniche; 7. servizi e strutture per l’internazionalizzazione<br />

delle imprese; 8. sistemi informatici e calcolo<br />

parallelo; 9. biotecnologie e biostrumentazione; 10. edilizia.<br />

Nel settore della Chimica il CNR, su sollecitazione del Comitato di<br />

Consulenza per le Scienze Chimiche e dei rappresentanti dell’industria<br />

chimica italiana, avviò due importanti progetti finalizzati a durata quinquennale:<br />

chimica fine e secondaria (PF CFS) e chimica fine 2 (PF<br />

CF-2).<br />

Le date di inizio di questi progetti furono rispettivamente le seguenti:<br />

75


luglio 1980 e maggio 1989; entrambi furono strutturati in sottoprogetti ed<br />

in tematiche di ricerca [43, 44, 45].<br />

Come si evince dalle figure 35 e 36 argomenti concernenti il settore<br />

della chimica e tecnologia delle macromolecole erano ampiamente presenti<br />

e accorpati in due sottoprogetti denominati “Materiali Polimerici”<br />

(PFCFS) e “Chimica e Tecnologia dei Polimeri” (PFCF-2).<br />

Fig. 35: Configurazione e strutturazione in sottoprogetti del Progetto Finalizzato<br />

“Chimica Fine e Secondaria” del CNR (1980-1984).<br />

L’obiettivo generale che si prefiggeva il PF CFS era quello di contribuire<br />

a ridurre la carenza di ricerca, identificata all’epoca come una delle<br />

cause primarie dello scarso sviluppo e della bassa competitività della chimica<br />

fine e secondaria italiana. Per il raggiungimento di questo obiettivo<br />

le seguenti azioni furono considerate di fondamentale importanza:<br />

a) l’ampliamento e il coordinamento degli interventi di ricerca nel settore;<br />

b) il superamento della situazione di netta separazione tra ricerca universitaria<br />

e CNR da una <strong>part</strong>e e ricerca industriale dall’altra;<br />

c) il coinvolgimento di ricercatori universitari e CNR su ricerche di<br />

76


ase orientate e finalizzate alla risoluzione di problematiche di rilevanza<br />

industriale.<br />

In <strong>part</strong>icolare le finalità del sottoprogetto “Materiali Polimerici” (SMP)<br />

erano:<br />

1) fornire all’industria del settore nuovi strumenti per aumentare e<br />

migliorare la gamma di materiali polimerici atti ad impieghi speciali;<br />

2) contribuire all’innovazione dei processi di produzione e delle tecnologie<br />

di trasformazione sviluppando studi e ricerche per la realizzazione<br />

di materiali ad alto valore aggiunto;<br />

3) sviluppare studi tendenti a nobilitare polimeri tradizionali, che<br />

derivavano da grosse produzioni (Commodities), realizzando nuove<br />

formulazioni e quindi materiali con caratteristiche mirate al tipo di<br />

utilizzo e caratterizzati da un migliore valore del rapporto<br />

costo/prestazioni;<br />

4) raggiungere una più profonda conoscenza delle proprietà dei materiali<br />

polimerici in termini di interazioni microscopiche tra i loro costituenti<br />

fondamentali e in termini di composizione e di struttura.<br />

Il SMP inizialmente fu strutturato secondo le seguenti tematiche di<br />

ricerca:<br />

- Materiali Compositi;<br />

- Sistemi Polimerici: Caratterizzazione e Compatibilizzazione;<br />

- Meccanismi di Degradazione dei Polimeri;<br />

- Membrane e Processi di Separazione;<br />

- Catalisi di Polimerizzazione;<br />

- Nuovi Polimeri e Funzionalizzazione.<br />

Esigenze, collegate ad una nuova domanda di ricerca espressa principalmente<br />

dalle industrie, richiesero una serie di operazioni che portarono<br />

ad una nuova articolazione e configurazione del sottoprogetto al fine di<br />

renderlo più rispondente alle sue finalità. Quindi tenendo in <strong>part</strong>icolare<br />

considerazione i più significativi input provenienti dalle imprese del settore,<br />

si identificarono ed attivarono nuove tematiche e linee di ricerca<br />

volte a creare nuclei operativi misti (Università, CNR, Industria) su temi<br />

di grande impatto applicativo sui quali l’interesse dei ricercatori accademici<br />

era assente o del tutto marginale.<br />

A seguito delle innovazioni e degli aggiustamenti apportati il SMP<br />

77


78<br />

Fig. 36: Configurazione e strutturazione in sottoprogetti e tematiche di ricerca del Progetto Finalizzato “Chimica Fine 2” del CNR (1989-<br />

1993).


acquisì una configurazione ed una articolazione (figura 37) molto più<br />

rispondente alle esigenze nazionali di ricerca del settore con obiettivi che<br />

erano, allora, sicuramente in linea con le tendenze di sviluppo internazionale<br />

della scienza e tecnologia dei materiali polimerici [44].<br />

I primi risultati del PFCFS vennero presentati a Milano il 22 Febbraio<br />

1982 in un convegno tenutosi presso la Camera di Commercio organizzato<br />

in collaborazione con l’ASCHIMICI. La fotografia riportata nella<br />

figura 38 è stata scattata mentre il Direttore del PF, Luciano Caglioti,<br />

teneva la sua conferenza. Al tavolo della Presidenza sono visibili i quattro<br />

responsabili dei sottoprogetti: Vincenzo Carelli, Sergio Carrà, Ezio<br />

Martuscelli e Renato Ugo. Sono altresì presenti alti rappresentanti del<br />

mondo dell’industria, delle associazioni di categoria e della ricerca accademica.<br />

Da un punto di vista più generale il PFCFS e con esso il SMP centrò<br />

una serie di obiettivi; in <strong>part</strong>icolare esso contribuì efficacemente a:<br />

i) superare quella barriera ideologica secondo cui ricercatori accademici<br />

e del CNR non potevano anzi “non dovevano” collaborare con<br />

ricercatori industriali;<br />

ii) modificare la mentalità dei singoli ricercatori accademici (la ricerca<br />

non venne più considerata come un mero fatto culturale avulsa<br />

dal contesto socio-economico del paese);<br />

iii) sviluppare una politica brevettuale praticamente assente all’epoca<br />

nel mondo accademico;<br />

iv) riprendere quella politica di formazione di giovani laureati e tecni<br />

ci, principalmente attraverso l’erogazione di borse di studio da <strong>part</strong>e<br />

di organismi industriali ed enti locali, presupposto fondamentale al<br />

problema del trasferimento delle conoscenze (questi giovani laureati<br />

molto spesso dopo periodi di lavoro presso unità operative accademiche<br />

o del CNR trovarono collocazione nelle stesse industrie<br />

che avevano elargito i fondi per la borsa, travasando così nel<br />

mondo industriale tutto quel “background” conoscitivo e culturale<br />

acquisito; questo processo, legato alle caratteristiche formative<br />

delle strutture di ricerca e alla capacità di programmare le assunzioni<br />

da <strong>part</strong>e delle aziende, rappresentò un modo concreto ed<br />

incisivo di trasferimento delle conoscenze);<br />

v) sel<strong>ezio</strong>nare ed evidenziare una serie di tematiche di ricerca il cui<br />

sviluppo rappresentava un presupposto necessario per gettare le<br />

basi conoscitive e fondamentali su cui poggiare quindi il processo<br />

di innovazione della industria dei polimeri italiana.<br />

79


La collaborazione tra componenti pubbliche e private contribuì ad una<br />

presa di coscienza, specialmente nella media industria, sull’importanza<br />

vitale della ricerca come contributo essenziale all’innovazione tecnologica,<br />

elemento quest’ultimo fondamentale per una maggiore competitività<br />

dell’industria nazionale del settore.<br />

I risultati di quasi tutte le ricerche furono il frutto diretto o indiretto di<br />

“joint action” tra Unità Operative del CNR, delle Università e delle<br />

Industrie. Questo comportò un’evoluzione molto positiva nelle relazioni<br />

tra ricerca pubblica e ricerca industriale permettendo e facilitando quel<br />

processo di trasferimento che spesso rappresentò il presupposto essenziale<br />

per sviluppare interventi successivi di ricerca più finalizzata all’in-<br />

Fig. 37: PFCFS - evoluzione temporale del sottoprogetto “Materiali Polimerici”. Sono<br />

indicati i titoli delle tematiche insieme all’anno di attivazione [Rif. 44].<br />

80


novazione tecnologica in ambiti istituzionalmente diversi da quelli del<br />

progetto finalizzato (ad esempio i Piani Nazionali di Ricerca del MURST<br />

e la legge sulla ricerca applicata).<br />

La durata del PFCFS, fissata nei cinque anni, rappresentò un arco troppo<br />

breve che non permise di sviluppare in pieno tutto l’insieme delle operazioni<br />

ed interventi avviati. Pertanto il rinnovo del progetto, con il varo<br />

di un “secondo” progetto finalizzato sulla chimica fine, sembrò, all’epoca<br />

altamente auspicabile al fine di non vanificare importanti sforzi orga-<br />

Fig. 38: Fotografia scattata durante il convegno, organizzato dal CNR e<br />

dall’ASCHIMICI, dove venivano presentati i “Primi risultati e le prospettive del<br />

PFCFS” (Milano 1982). Al tavolo della Presidenza sono presenti il Direttore del PF.<br />

Luciano Caglioti ed i Direttori dei 4 sottoprogetti Vincenzo Carelli, Sergio Carrà, Ezio<br />

Martuscelli e Renato Ugo insieme a personalità del mondo dell’industria e dell’accademia.<br />

81


nizzativi che avevano coinvolto una grossa <strong>part</strong>e del mondo della cultura<br />

chimica nazionale.<br />

Gli organi di ricerca del CNR afferenti al settore della chimica e tecnologia<br />

delle macromolecole <strong>part</strong>eciparono con grande entusiasmo al<br />

PFCFS (ad esempio l’Istituto di Ricerca e Tecnologia delle Materie<br />

Plastiche –IRTeMP- fu presente con ben otto unità operative coordinate<br />

da ricercatori dell’istituto) contribuendo in maniera rilevante al suo successo<br />

e questo sia in termini di pubblicazioni che di brevetti depositati.<br />

Particolarmente importanti per il futuro furono i contatti che si vennero a<br />

creare con gruppi di ricerca afferenti a industrie del settore.<br />

A distanza di oltre quindici anni è possibile affermare che il PFCFS rappresentò<br />

per gli organi del CNR una svolta di grande rilevanza. In effetti<br />

la massiccia <strong>part</strong>ecipazione a questa importante iniziativa, le collaborazioni<br />

sviluppate e consolidate con il mondo industriale ed accademico<br />

insieme ad un cospicuo finanziamento che si aggiungeva a quelli ordinari,<br />

già all’epoca insufficienti, rappresentò per i ricercatori il primo impatto<br />

con una filosofia di “autofinanziamento” e con un conseguente cambio<br />

di mentalità connessa al fatto che, per poter accedere ai necessari<br />

finanziamenti aggiuntivi, bisognava adeguarsi ad una politica della ricerca,<br />

di tipo prevalentemente “top down”. Questo comportò un adattamento<br />

delle competenze alle esigenze che, sulla base di una programmazione,<br />

vedeva gli interessi generali del sistema paese prevalere sugli interessi<br />

di ricerca dei singoli ricercatori o Istituti nel loro insieme.<br />

Nella figura 39 sono riportati i principali “prodotti” del SPMP suddivisi<br />

per ente e per tipologia (pubblicazioni, comunicazioni a convegni e<br />

brevetti).<br />

A consuntivo, fu possibile concludere che erano stati ottenuti rilevanti<br />

risultati scientifici e tecnologici, importanti sia per quantità che per qualità.<br />

Il Progetto Finalizzato “Chimica Fine-2” (PFCF-2) autorizzato dal<br />

CIPE con delibera del 28 maggio 1987, ebbe inizio nel 1989 concludendosi,<br />

dopo cinque anni di attività, nel 1993.<br />

Il PFCF-2, che rappresentò la naturale prosecuzione, dopo un’interruzione<br />

di quattro anni, del Progetto Finalizzato “Chimica Fine e<br />

Secondaria”, si proponeva le seguenti finalità:<br />

- consolidare e sviluppare gli aspetti positivi del precedente PFCFS;<br />

82


- sviluppare nuovi prodotti, processi e metodologie sostenuti da opportuna<br />

politica brevettuale, rispondenti alle esigenze del mondo imprenditoriale;<br />

- consolidare i gruppi di ricerca in aree avanzate dell’innovazione tecnologica<br />

per favorire la costituzione di “Centri di Eccellenza”;<br />

Il raggiungimento di questi obiettivi prevedeva:<br />

- l’attivazione di temi di ricerca orientati allo sviluppo di nuovi prodotti<br />

e nuove tecnologie;<br />

- lo stimolo alla creazione di gruppi di ricerca capaci di operare in<br />

campi innovativi;<br />

- la promozione dell’attività di formazione e di aggiornamento di giovani<br />

laureati;<br />

- l’incentivazione di rapporti con i gruppi internazionali di ricerca a-<br />

vanzata nel settore.<br />

La strutturazione del PFCF-2 nel suo insieme (sottoprogetti e tematiche<br />

di ricerca) è illustrata nella figura 36. Le tematiche e le corrispondenti<br />

linee di ricerca attivate nell’ambito del Sottoprogetto “Chimica e<br />

Fig. 39: Progetto Finalizzato Chimica Fine e Secondaria del CNR (1980-84). Risultati<br />

relativi al Sottoprogetto Materiali Polimerici (lavori pubblicati, comunicazioni a convegni,<br />

brevetti) suddivisi per ente di ap<strong>part</strong>enenza delle singole unità operative [Rif. 43,<br />

44].<br />

83


Tecnologia dei Polimeri” (SPCTP) con i nominativi dei rispettivi coordinatori<br />

sono indicati nella figura 40.<br />

Al sottoprogetto “Chimica e Tecnologia dei Polimeri” <strong>part</strong>eciparono<br />

ben 89 Unità Operative (fig. 41) [45, 46]. Le ricerche condotte nell’ambito<br />

del questo sottoprogetto si svilupparono secondo due livelli differenziati,<br />

ma interconnessi tra loro. Nel primo livello furono affrontate<br />

problematiche di tipo più fondamentale, speculative e di natura metodologica<br />

finalizzate principalmente allo studio sistematico dell’influenza<br />

dell’insieme di parametri molecolari, strutturali e formulativi sulle caratteristiche<br />

e prestazioni di sistemi polimerici. L’obiettivo era quello di progettare<br />

nuovi materiali con proprietà ed idoneità mirate.<br />

Nel secondo livello il grado di finalizzazione fu notevolmente più spinto,<br />

pertanto gli obiettivi delle ricerche furono più definiti e con una maggiore<br />

capacità di applicazione.<br />

Gli studi condotti contribuirono alla formazione ed allo sviluppo di un<br />

“background” conoscitivo fondamentale e di base, finalizzato principalmente<br />

al supporto di attività di ricerca di riconosciuto interesse applicativo,<br />

elemento decisivo per sviluppare successivi interventi proiettati<br />

verso la realizzazione di materiali e processi innovativi.<br />

Fig. 40: Strutturazione del Sottoprogetto “Chimica e Tecnologia dei Polimeri” del<br />

PFCF-2.<br />

84


Fig. 41: PF-Chimica Fine-2: Unità Operative <strong>part</strong>ecipanti suddivise per sottoprogetto:<br />

il sottoprogetto Chimica e Tecnologia dei Polimeri viene indicato come sottoprogetto<br />

“B” [Rif. 45, 46].<br />

Gli obiettivi raggiunti sono qui di seguito riassunti.<br />

- Si fornirono all’industria della produzione e della trasformazione di<br />

polimeri strumenti caratteristici della Chimica Fine atti ad aumentare e<br />

migliorare la gamma di materiali polimerici per impieghi mirati e speciali.<br />

- Si contribuì all’innovazione dei processi di produzione e delle tecnologie<br />

di trasformazione sviluppando studi e ricerche per la realizzazione<br />

di materiali ad elevato valore aggiunto idonei per applicazioni in nuovi<br />

settori.<br />

- Si svilupparono studi per “nobilitare” polimeri tradizionali, che derivavano<br />

da grosse produzioni, realizzando nuove formulazioni e quindi<br />

materiali con caratteristiche mirate al tipo di utilizzo e caratterizzati da un<br />

migliore valore del rapporto costo/prestazioni.<br />

- Si raggiunse una più profonda conoscenza delle proprietà dei materiali<br />

polimerici a più di un componente (miscele, leghe e compositi) in<br />

85


elazione alle interazioni molecolari tra i loro costituenti fondamentali e<br />

all’influenza combinata di fattori quali la composizione, la struttura<br />

molecolare dei componenti e natura delle fasi e interfasi.<br />

I risultati realizzati nell’ambito del sottoprogetto “Chimica e<br />

Tecnologia dei Polimeri” furono di grande interesse non solo per il com<strong>part</strong>o<br />

delle plastiche ma anche per altri settori industriali. Questo a causa<br />

principalmente dell’utilizzo massiccio, e in applicazioni sempre più sofisticate,<br />

dei materiali polimerici nei più svariati campi d’impiego. I settori<br />

soggetti di maggiore ricaduta, di utilizzo e di trasferimento più o meno<br />

immediato dei risultati furono i seguenti:<br />

- trasporto (auto, navale, spaziale), agricoltura, sanitario, imballaggio e<br />

imballaggio alimentare moderno, farmaceutico, elettronico, elettrotecnico,<br />

telecomunicazione, telematica, edilizio, recupero energetico, meccanico,<br />

biomedico e biotecnologico -.<br />

Alcune delle ricerche condotte nell’ambito del sottoprogetto furono<br />

giudicate di potenziale interesse applicativo. Pertanto i risultati (nuove<br />

procedure e/o nuovi materiali) furono brevettati. In molti casi le ricerche<br />

furono condotte in collaborazione sia con industrie produttrici di polimeri<br />

che con quelle attive nella trasformazione. Questo permise di procedere<br />

ad uno “scale up” e ad una verifica del rapporto costo/prestazioni, al<br />

fine di ottenere un indice idoneo a stabilire se questi nuovi processi e/o<br />

materiali avessero caratteristiche tali da poter “sostituire” quelli già in<br />

fase di utilizzo (figura 42).<br />

Tra i Progetti Finalizzati di terza generazione approvati dal CIPE il 28<br />

Maggio 1987 (figura 43), oltre a quello sulla Chimica Fine-2, figurava,<br />

tra gli altri, anche quello sui “Materiali speciali per Tecnologie avanzate”<br />

PF-MSTA-1, le cui finalità erano quelle di creare ed implementare:<br />

- competenze scientifiche che potessero giovare al settore chimico, fisico,<br />

meccanico, strutturistico, per un avanzamento nella chimica di<br />

preparazione dei nuovi materiali e nella conoscenza della loro struttura<br />

e del loro comportamento in esercizio;<br />

- competenze tecnologiche mirate alle tecniche di produzione e di lavorazione<br />

dei nuovi materiali, fortemente innovative rispetto alle tecnologie<br />

di produzione attualmente impiegate nel Paese;<br />

- attività lavorative altamente qualificate sia nel campo della ricerca<br />

pubblica e privata sia in quello della produzione;<br />

86


- attività industriali per la fabbricazione di prodotti ad alto valore<br />

aggiunto e ad elevate prestazioni.<br />

Il PF-MSTA-1 fu articolato in quattro sottoprogetti: 1) Neoceramici; 2)<br />

Materiali, Processi e Tecnologie di fabbricazione di compositi; 3)<br />

Materiali con <strong>part</strong>icolari proprietà elettriche, elettroniche e magnetiche;<br />

4) Caratterizzazione, proprietà e qualificazione dei materiali.<br />

Anche nel caso del PF-MSTA-1 numerosi gruppi di ricerca afferenti ad<br />

istituti e centri del CNR operanti nel settore della chimica e tecnologia<br />

dei polimeri, <strong>part</strong>eciparono alla sua elaborazione e alla preparazione<br />

dello studio di fattibilità. All’avvio molte unità operative furono finanziate<br />

e presero <strong>part</strong>e attiva alle azioni di ricerca contribuendo al successo<br />

di questo Progetto Finalizzato.<br />

Il PF-MSTA-1, dopo che il CIPE ne aveva approvato lo studio di fattibilità<br />

nel 1987, <strong>part</strong>ì a livello esecutivo nel 1989 per terminare la sua attività<br />

dopo cinque anni, nel 1993.<br />

Gli interessanti risultati raggiunti nell’ambito del PF-MSTA-1 portaro-<br />

Fig. 42: Prototipo di casco protettivo ad alta resistenza all’urto realizzato utilizzando<br />

nuovi materiali poliammidici rinforzati con fibre di vetro e modificati con gomme<br />

(risultato della collaborazione tra unità operative dell’IRTeMP - CNR e della SNIA nell’ambito<br />

del Progetto Finalizzato Chimica Fine e Secondaria del CNR).<br />

87


no il Consiglio di Presidenza del CNR ad approvare lo studio di fattibilità<br />

per un secondo Progetto Finalizzato “Materiali Speciali per<br />

Tecnologie Avanzate” (PF-MSTA-2).<br />

Il PF-MSTA-2 si inserì in un contesto nazionale e internazionale che si<br />

caratterizzava per i seguenti elementi:<br />

√ riduzione del tempo che intercorre fra il completamento della ricerca,<br />

il trasferimento dei risultati, lo sviluppo dell’innovazione e la commercializzazione<br />

del prodotto finito;<br />

√ riorganizzazione dei processi produttivi basati su innovazioni “client<br />

driven” and “customer oriented” [47];<br />

Partendo da queste considerazioni di base il PF MSTA-2 fu articolato<br />

in 6 sottoprogetti ognuno dei quali comprendeva a sua volta un numero<br />

limitato di tematiche e linee di ricerca (figura 44) [47].<br />

La struttura data al PF MSTA-2 rifletteva chiaramente il carattere “orizzontale”<br />

dei materiali i quali rientrano in quelle che comunemente vengono<br />

definite tecnologie diffusive, fondamentali per lo sviluppo dell’industria<br />

manifatturiera nazionale. Il concetto di “diffusività” dei nuovi<br />

materiali veniva ribadito, tra l’altro, anche nel Piano Triennale della<br />

Ricerca del MURST (1994-96) dove si indicavano chiaramente gli obiettivi<br />

prioritari che la ricerca nel campo dei materiali innovativi doveva<br />

prefiggersi.<br />

Lo schema del processo seguito nell’impostazione del PFMSTA-2 è<br />

illustrato nella figura 45 [47].<br />

Seguendo una logica trasversale che ha visto convergere su di un unico<br />

Fig. 43: Elenco dei Progetti Finalizzati del CNR di terza generazione.<br />

88


• Sottoprogetto 1:<br />

• Sottoprogetto 2:<br />

• Sottoprogetto 3:<br />

Materiali ceramici e metallici, relativi compositi,<br />

rivestimenti e trattamenti superficiali<br />

- materiali ceramici monolitici e compositi<br />

- leghe, compositi intermetallici, compositi a<br />

matrice metallica<br />

- rivestimenti e trattamenti superficiali<br />

- vetri, vetroceramici e materiali ibridi inorganici-organici<br />

Innovazione di prodotto e di processo dei materiali<br />

tradizionali<br />

- innovazione di processo nei ceramici industriali<br />

- innovazione di prodotto nei ceramici industriali<br />

- materiali a matrice cementizia modificata con polimeri<br />

Materiali polimerici e relativi compositi<br />

- film polimerici<br />

- compositi finalizzati ad applicazioni speciali ed avanzate<br />

- polimeri compositi ingegneristici<br />

Fig. 44: Alcuni dei sei sottoprogetti, con relative tematiche, secondo cui è stato articolato<br />

il PF-“Materiali Speciali per Tecnologie Avanzate-2”, PF MSTA-2, del CNR [Rif.<br />

47].<br />

obiettivo competenze diversificate ma complementari è stato possibile,<br />

nell’ambito del PF-MSTA-1, realizzare un prototipo di una autovettura<br />

ecologica, denominata “ZIC” (Zero Impact Car) a trazione esclusivamente<br />

elettrica (tavola V). Per la realizzazione di questa autovettura sono<br />

state messe a punto tecnologie innovative che hanno permesso di sviluppare<br />

materiali a base polimerica con prestazioni mirate all’utilizzo.<br />

In <strong>part</strong>icolare sono state studiate le potenzialità di compositi a matrice<br />

termoplastica per la fabbricazione dei pannelli della scocca dell’autovettura,<br />

ottenuti attraverso il processo di lavorazione RTM (Reaction<br />

Transfer Molding). Polimeri termoplastici sono stati utilizzati anche nella<br />

realizzazione dei paraurti e dei vetri. Il contributo dato dai ricercatori<br />

accademici ed industriali, operanti nel campo della scienza e tecnologia<br />

dei polimeri, è stato rilevante ai fini della realizzazione del prototipo di<br />

questa autovettura che è stata definita a ragione: “una concept car innovativa”.<br />

Il ritardo ancora inspiegabile circa l’approvazione di un terzo PF sulla<br />

Chimica dal titolo “Tecnologie Chimiche Innovative” da <strong>part</strong>e del<br />

89


MURST e del CIPE, il cui studio di fattibilità era stato già approvato dal<br />

Consiglio di Presidenza del CNR, lasciò di fatto fuori dai finanziamenti<br />

dei finalizzati una grande <strong>part</strong>e delle ricerche nel settore della scienza<br />

delle macromolecole.<br />

Fortunatamente una discreta aliquota di ricerche finalizzate alla messa<br />

a punto di nuovi processi e prodotti a base di materiali polimerici trovarono<br />

posto nel PF MSTA-2 (figura 44). Numerose unità operative di istituti<br />

e centri del CNR che afferiscono al campo della ricerca chimicamacromolecolare<br />

<strong>part</strong>ecipano attualmente e attivamente al PFMSTA-2.<br />

Pertanto anche questo PF di terza generazione ha contribuito, insieme ai<br />

due sulla chimica, a sviluppare ed innovare profondamente la ricerca nel<br />

campo della scienza e tecnologia dei polimeri in Italia favorendo il consolidamento<br />

della rete di ricerca del CNR in questo settore di grande rilevanza<br />

per il nostro paese.<br />

Fig. 45: Schema del processo seguito nell’impostazione del PF-MSTA-2 del CNR [Rif.<br />

47].<br />

90


6.2) L’intesa CNR-MISM-MURST per il Mezzogiorno quale strumento<br />

per lo sviluppo della rete degli organi del Sud operanti<br />

nel settore della scienza e tecnologia dei polimeri<br />

Il 29 Dicembre 1986 il CIPE approvò il Primo Piano Annuale di attuazione<br />

del Programma Triennale di Sviluppo del Mezzogiorno, comprendente<br />

tra l’altro, l’intesa di programma CNR-Ministero per gli Interventi<br />

Straordinari nel Mezzogiorno (MISM) per una spesa globale di lire 740<br />

miliardi, di cui il 70% a carico del MISM sui fondi della legge n. 64/86<br />

ed il restante 30% a carico degli incrementi di bilancio del CNR [48].<br />

Successivamente, in data 30 Marzo 1988, il CIPE rendeva operativa<br />

l’intesa di programma, sottoscritta dalle <strong>part</strong>i l’8 Marzo 1988, ri<strong>part</strong>endo<br />

tra i contraenti l’onere previsto per il triennio 1988/1990 in ragione di lire<br />

518 miliardi a carico del MISM e di lire 222 miliardi a carico del CNR<br />

[49].<br />

L’intesa CNR-MISM si inseriva in uno scenario che vedeva il Sud<br />

d’Italia fortemente penalizzato, per quanto riguardava la spesa per la<br />

ricerca scientifica e di sviluppo (R&S), rispetto alle altre due macroregioni,<br />

il Centro e il Nord.<br />

Infatti, come si evince dai dati della figura 46 (anno 1987), nelle regioni<br />

del Sud (isole incluse) il settore pubblico (esclusa l’Università) e l’industria<br />

spendevano per R&S rispettivamente una cifra pari a 245,2 (9,2<br />

%) e 466,0 (7,0 %) miliardi di lire.<br />

Nelle regioni del Nord e del Centro Italia queste cifre risultavano essere<br />

le seguenti:<br />

Nord – settore pubblico, 977,4 (37%), industria, 5261,6 (78,6%) miliardi<br />

di lire.<br />

Centro – settore pubblico, 1421,4 (53,8%), industria, 962,3 (14,4 %)<br />

miliardi di lire (50).<br />

Con l’avvio dell’intesa di programma tra il CNR e l’allora MISM si<br />

intendeva ridurre questo profondo divario auspicando inoltre che essa<br />

potesse, attraverso un processo di trascinamento, favorire anche la creazione<br />

e/o il potenziamento di centri di ricerca industriali la cui presenza<br />

nelle regioni meridionali era del tutto marginale sia dal punto di vista<br />

qualitativo che quantitativo.<br />

In effetti altre intese che prevedevano un flusso di fondi al Sud finalizzate<br />

alla riduzione del gap esistente nel settore della R&S tra Nord,<br />

Centro e Sud furono attivate sia per il settore pubblico che industriale.<br />

91


Si ricordano in <strong>part</strong>icolare quella con l’ENEA e quelle con la FIAT e la<br />

SNIA. Alcune hanno avuto successo, altre sono miseramente fallite.<br />

Centri di ricerca industriali furono creati e subito dopo la fine dell’inter-<br />

(SUD)<br />

(NORD)<br />

(CENTRO)<br />

fig. 46a<br />

fig. 46b<br />

(CENTRO)<br />

(SUD)<br />

(NORD)<br />

Fig. 46: Spesa per ricerca scientifica e sviluppo (R&S) in Italia distribuita per macroregioni<br />

(anno 1987):<br />

a) Settore Pubblico (Università esclusa);<br />

b) Industria [Rif. 50].<br />

92


vento abbandonati con grande sperpero di denaro pubblico.<br />

L’obiettivo dell’intesa di programma CNR-MISM era il seguente:<br />

"portare nei prossimi anni gli interventi del CNR nelle regioni meridionali,<br />

che attualmente rappresentano il 18% del complesso degli stanziamenti,<br />

prima al 30% e successivamente al 40%. E’ inoltre prevista la costruzione di<br />

nuove aree e poli di ricerca nel Mezzogiorno" [51].<br />

Purtroppo la realizzazione degli obiettivi che si prefiggeva l’intesa di<br />

programma subì dei ritardi “mostruosi” (si ricorda che essa faceva <strong>part</strong>e<br />

degli interventi straordinari per lo sviluppo del Mezzogiorno) connessi ad<br />

una lenta ed ottusa burocrazia, ma anche ad una serie di eventi tra i quali<br />

la cessazione dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno e la contemporanea<br />

fase di liquidazione del MISM, con gli inevitabili rallentamenti<br />

connessi con la fase transitoria di trasferimento delle competenze al<br />

Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica<br />

(MURST).<br />

Il CIPE su proposta del MURST in data 29/12/1995 approvò la proroga<br />

dell’intesa CNR-MURST al 31/12/1998 e la rimodulazione degli<br />

interventi previsti, fermo restando l’importo complessivo e la ri<strong>part</strong>izione<br />

dello stesso tra le due <strong>part</strong>i contraenti [52].<br />

Purtroppo ancora una volta l’intesa non riuscì a decollare per imprevisti<br />

intralci di natura amministrativa e burocratica pertanto in data<br />

17/12/1998 il Ministro del MURST trasmise al CIPE una proposta di proroga<br />

al 2001 ed una rimodulazione degli interventi previsti per una spesa<br />

complessiva che passava da 740 a 776,87 miliardi di lire.<br />

Il CIPE in data 19/02/1999, tenuto conto che il Comitato Tecnico<br />

Scientifico Aree Depresse aveva espresso il previsto parere nella seduta<br />

del 7 Ottobre 1998 e che nella seduta del 12 Febbraio 1999 la<br />

Commissione per la Ricerca e la Formazione si era espressa favorevolmente<br />

sulla citata proposta presentata dal MURST, deliberò quanto<br />

segue:<br />

"L’intesa di programma fra il Ministero dell’Università e della Ricerca<br />

Scientifica e Tecnologica ed il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) è<br />

prorogata fino alla data del 31 Dicembre 2001.<br />

Il costo complessivo degli interventi in oggetto dell’Intesa ammonta a lire<br />

776,87 miliardi di lire (401,22 milioni di euro) ed è così ri<strong>part</strong>ito: è confermato<br />

l’onere di 518 miliardi di lire (267,52 milioni di euro) a carico del<br />

bilancio dello Stato, già previsto dalle precedenti delibere di approvazione e<br />

proroga dell’Intesa; è incrementato di 9,72 miliardi di lire (5,02 milioni di<br />

euro), per un importo complessivo di 231,72 miliardi di lire(119,67 milioni<br />

di euro), l’onere a carico del bilancio del CNR; l’onere residuo, pari a 27,15<br />

miliardi di lire (14,02 milioni di euro), trova copertura su fondi comunitari".<br />

93


Rispetto ai contenuti della precedente Intesa, la rimodulazione prevedeva:<br />

1. una ridistribuzione sul territorio delle risorse fisiche ed umane del<br />

CNR, tese ad accorparle in grandi aree, preventivamente predisposte, per<br />

le <strong>part</strong>icolari ricerche, cercando di favorire il posizionamento di queste<br />

aree in prossimità od all’interno delle zone universitarie, al fine dell’integrazione<br />

del patrimonio culturale e scientifico nazionale;<br />

2. l’uso, per quanto possibile, di fabbricati esistenti in luogo di procedere<br />

a nuove costruzioni;<br />

3. il completamento di tutte le attività entro il 31 Dicembre 2001.<br />

L’intesa di programma CNR-MURST poteva essere l’occasione per<br />

dotare il Mezzogiorno d’Italia di una qualificata rete scientifica qualora<br />

gli interventi fossero stati programmati in maniera tale da concentrare le<br />

risorse principalmente sugli organi già esistenti al fine di portarli ad una<br />

dimensione credibile in termini di addetti ed infrastrutture. Naturalmente<br />

in maniera contestuale andavano individuate poche aree di grande valenza<br />

scientifica e socio-economica, nell’ambito della quale istituire alcuni<br />

nuovi organi di ricerca anch’essi di dimensioni tali da poter competere a<br />

livello internazionale. Purtroppo si preferì a questo tipo di politica quello<br />

degli interventi a “pioggia” che ha determinato uno sbilanciamento<br />

dell’ente le cui conseguenze saranno, forse, superabili solo in tempi<br />

medio-lunghi.<br />

Il riordino della rete scientifica del CNR, prevista dai nuovi regolamenti<br />

e dalla riforma dell’Ente, qualora fosse orientato seriamente alla<br />

ridefinizione di chiari obiettivi strategici, potrebbe rappresentare una<br />

importante occasione per una rimodulazione che porti ad eliminare alcuni<br />

degli errori commessi e questo anche attraverso la chiusura di quegli<br />

organi che per tipologia di attività e per una marginalità anche geografica,<br />

difficilmente avranno la possibilità di svilupparsi e di essere competitivi<br />

a livello nazionale ed internazionale.<br />

94


6.3) Lo strumento del “Frame Work Programme for Research<br />

and Development” dell'Unione Europea<br />

Fino agli anni '60 l'interesse della Comunità Europea era esclusivamente<br />

rivolto ai settori del carbone, dell'acciaio e dell'energia atomica, in<br />

seguito si è spostato su tutti i settori dell'economia e della vita sociale.<br />

Con il Trattato di Maastricht del 1987, l’Unione Europea (UE) elaborava,<br />

per la prima volta, una politica comunitaria per la ricerca e lo sviluppo<br />

tecnologico, con l’obiettivo di rafforzare la competitività dell'industria<br />

europea e quindi fronteggiare la crescente concorrenza dell'industria<br />

americana e giapponese con <strong>part</strong>icolare riguardo ai settori a più alto<br />

contenuto tecnologico.<br />

Su questa problematica G. Tognon in un articolo dal titolo<br />

“L’insicurezza della ricerca” ha scritto:<br />

"L’Europa vive quello che molti chiamano un “paradosso europeo”: la base<br />

scientifica è soda, la rete delle università e dei laboratori è eccellente, la concentrazione<br />

di cervelli e di tecnici è pressocchè unica al mondo, gli investimenti<br />

globali sono comunque significativi, mentre le posizioni tecnologiche<br />

e industriali non sono soddisfacenti" [53].<br />

I fattori di debolezza del sistema di ricerca dell’UE emergono chiaramente<br />

quando gli andamenti di alcuni indicatori si paragonano con quelli<br />

degli Stati Uniti e del Giappone, che rappresentano i paesi che più di<br />

ogni altro sono in competizione con l’Europa.<br />

Da questo confronto è possibile ricavare importanti elementi conoscitivi,<br />

alcuni dei quali sono qui di seguito riportati.<br />

a) L’UE nel suo insieme investe in R&S una frazione del suo prodotto<br />

interno lordo sensibilmente minore di quella degli USA e del<br />

Giappone (figura 47).<br />

b) Nell’UE, i ricercatori operanti in ambito industriale, così come quelli<br />

attivi in tutti i settori (pubblici e privati), per ogni 1000 lavoratori,<br />

sono notevolmente inferiori a quelli relativi a USA e Giappone (figura<br />

48).<br />

c) Gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica variano notevolmente<br />

da stato a stato e questo sia in termini di valori assoluti che in<br />

frazione percentuale del prodotto interno lordo.<br />

I paesi che investono di più sono la Finlandia, la Germania e la<br />

95


Francia. Investe di meno la Grecia, il Portogallo, la Spagna e l’Italia<br />

(1,03% - anno 1998).<br />

d) Gli investimenti in R&S dei settori privati e quello dei settori pubblici<br />

(organizzazioni di ricerca pubblica e università) relativo all’UE<br />

sono notevolmente inferiori a quelli degli Stati Uniti e del Giappone.<br />

Tale rapporto varia in maniera sensibile da stato a stato (figura 49).<br />

e) I brevetti depositati dai paesi dell’UE, in Europa, negli Stati Uniti e<br />

in Giappone rappresentano rispettivamente solo il 36%, il 9% e il<br />

3% di tutti i brevetti depositati (valori notevolmente più elevati sono<br />

osservati nel caso degli USA e del Giappone) ( figura 50).<br />

f) L’UE presenta, nei settori ad elevata tecnologia, un saldo negativo<br />

degli scambi commerciale con l’ estero (figura 51) [54].<br />

Circa la necessità di implementare la capacità di ricerca scientifica e<br />

tecnologica dell’UE, il Commissario Philippe Busquin ha scritto:<br />

"On 18 January 2000 the European Commission adopted this<br />

Communication “Towards a European Research Area” which is meant to<br />

contribute to the creation of better overall framework conditions for research<br />

in Europe……. In the past, the European Union has concentrated its work<br />

and initiatives on organizing research cooperation between <strong>part</strong>ners from<br />

different countries through a series of successive Framework Programmes.<br />

The success and the impact of such cooperative efforts are not to be underestimated.<br />

It is clear however, that making the most out of the huge research<br />

potential in Europe requires more than the prevision of funds for the support<br />

of these cooperative activities. What is required to ensure a promising future<br />

for research in Europe is the creation of a real European Research<br />

Area……… The European Research Area will not be created by a single<br />

decision; it will rather be the result of a process to which all the relevant<br />

actors have to contribute" [54].<br />

L'UE si è pertanto impegnata ad integrare e rafforzare le attività di<br />

ricerca degli Stati Membri per far fronte ai principali fattori di debolezza<br />

della ricerca europea,tralasciando però di intervenire in settori nei quali<br />

gli stati hanno specifiche competenze e questo in accordo con il principio<br />

di sussidiarietà [54].<br />

Il Programma Quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (PQ)<br />

costituisce la base e lo strumento principale di attuazione della politica<br />

96


comunitaria del settore. Esso definisce gli obiettivi, le priorità e le condizioni<br />

dell'intervento finanziario dell'Unione Europea per un periodo di 5<br />

anni, consentendo, in questo modo, un’efficace programmazione della<br />

politica comunitaria.<br />

Il primo PQ, di durata quinquennale, fu lanciato nel 1983; esso ha rappresentato<br />

il primo tentativo di coordinamento dell'intervento comunitario<br />

in questo settore strategico.<br />

Ad esso hanno fatto seguito i successivi, fino al V attualmente in vigore<br />

dal 1998 con scadenza 2002, che è stato, rispetto a quelli che lo<br />

hanno preceduto, profondamente rimodulato e ristrutturato.<br />

Con il IV PQ (1994 - 98) sono stati ottenuti importanti risultati, costituite<br />

centinaia di reti di ricerca trans-nazionali e prodotti un gran numero<br />

di brevetti [55]. Tutto questo ha rafforzato il tessuto scientifico ed<br />

industriale dei paesi dell'UE, pur restante limitata la capacità di sfruttare<br />

il potenziale economico e commerciale dei know-how raggiunti.<br />

Il V PQ (1998-2002), approvato dal Consiglio Europeo dei Ministri<br />

33<br />

2,8 2.8<br />

2,6 2.6<br />

2,4 2.4<br />

2,2 2.2<br />

EU<br />

Japan<br />

United States<br />

22<br />

1,8 1.8<br />

1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997<br />

Fig. 47: Nel corso degli ultimi 10 anni l’investimento globale dell’Unione Europea in<br />

attività di ricerca ha continuato a ridursi rispetto al suo prodotto interno lordo. Aumenta<br />

il divario con Stati Uniti e Giappone (spese di R&S in % sul PIL) [Rif. 54].<br />

97


8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

Numero di ricercatori nelle imprese su<br />

1000 Number addetti of researchers (operanti in in firms ambito per<br />

1.000<br />

industriale)<br />

labour force,<br />

1997<br />

1997<br />

6.7 6,7<br />

6<br />

9<br />

8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

Numero di ricercatori su1000 addetti<br />

Number (operanti of researchers in tutti i settori) per 1.000<br />

1997 labour o il force, più recente 1997, or anno most recent disponibile year<br />

8,5 8.5<br />

7.4 7,4<br />

5,1 5.1<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

2,5 2.5<br />

EU US JAP<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

EU USA JAP<br />

Fig. 48: L’Unione Europea dispone, rispetto agli Stati Uniti ed al Giappone, di un minor<br />

numero di ricercatori: le imprese europee impiegano inoltre meno ricercatori rispetto<br />

alle loro omologhe statunitensi e giapponesi [Rif. 54].<br />

della Ricerca il 22 dicembre 1998, è basato su di un nuovo approccio<br />

“challenge-led”, secondo cui alla ricerca comunitaria viene conferita la<br />

funzione di contribuire alla risoluzione dei principali problemi con i quali<br />

si dovranno confrontare i paesi europei (l'occupazione, la qualità della<br />

vita, la compatibilità ambientale, la globalizzazione delle conoscenze, la<br />

crescita sostenibile e la promozione della competitività dell'industria<br />

continentale).<br />

Il passaggio dall’impostazione orientata a produrre conoscenza (knowhow<br />

producing) tipica del IV PQ, a quella finalizzata a risolvere i problemi<br />

(problem solving) ha comportato una nuova formulazione dei contenuti<br />

con obiettivi più concreti a breve, medio e lungo termine (Tavola<br />

VI).<br />

La struttura del V PQ è riportata, con le sue funzioni essenziali, nella<br />

Tavola VII [55, 56].<br />

Nella Tavola VIII è illustrata l’evoluzione che hanno subito le aree,<br />

considerate prioritarie nell'ambito della programmazione della ricerca<br />

europea dal 1982 ad oggi, insieme ai relativi stanziamenti.<br />

Tra i settori privilegiati rientrano le tecnologie dell'informazione e<br />

98


Fig. 49: Spesa per investimenti in R&S delle imprese (SIRSI) e del settore pubblico e<br />

delle università (SIRSOP+SIRSUN) in percentuale sul PIL di ogni Stato membro, 1998<br />

o anno più recente. La ri<strong>part</strong>izione della spesa di ricerca fra settore pubblico (organismi<br />

pubblici di ricerca e università) e settore privato varia considerevolmente nei diversi<br />

paesi europei [Rif. 54].<br />

99


delle comunicazioni, le scienze della vita, l’ambiente e l’energia, la cooperazione<br />

internazionale. Negli ultimi anni è emersa l'esigenza di finanziare<br />

nuove tipologie di attività quali la ricerca socio-economica, l'innovazione,<br />

la disseminazione e lo sfruttamento dei risultati al fine di incentivare<br />

ulteriormente la <strong>part</strong>ecipazione delle PMI [57, 58].<br />

I Programmi Quadro dell’UE hanno contribuito ad implementare la<br />

capacità di collocazione internazionale degli organi di ricerca del CNR<br />

afferenti al settore della scienza delle macromolecole sintetiche e naturali,<br />

favorendo la loro attitudine a <strong>part</strong>ecipare a reti tematiche transnazionali<br />

di ricerca e formazione.<br />

Fig. 50: Percentuale di brevetti relativi ai settori ad alta tecnologia depositati per paese<br />

d’origine (1998). Ai paesi europei fa capo solo il 36% dei brevetti depositati<br />

nell’Unione (Ufficio Europeo dei Brevetti - UEB), il 9% di quelli depositati negli Stati<br />

Uniti (Ufficio Statunitense dei Brevetti - USB) ed il 3% di quelli depositati in Giappone<br />

(Ufficio Giapponese dei Brevetti - UGB). Mentre i brevetti, relativi a tali settori e depositati<br />

all’UEB, sono per il 36% di origine statunitense e per il 22% giapponesi [Rif. 54].<br />

100


Fig. 51: Dinamica del saldo degli scambi commerciali di UE, USA e Giappone per<br />

quanto riguarda i prodotti ad alta tecnologia. Il deficit commerciale dell’Unione<br />

Europea, in termini di importazione ed esportazione di prodotti ad alta tecnologia, ha<br />

continuato a peggiorare dal 1987 [Rif. 54].<br />

Attualmente interessanti opportunità sono offerte a questi organismi<br />

dalle azioni previste nel Programma Tematico “Competitive and<br />

Sustainable Growth” del V PQ (Tavola VII).<br />

L’articolazione e gli obiettivi di questo programma tematico sono così<br />

descritti nel riferimento [59]:<br />

"- Key actions oriented to solve clearly identified socio-economic problems<br />

by developing critical technologies and clustering, when appropriate,<br />

projects around strategic common challenges.<br />

Four key actions have been established: 1) Innovative products, processes<br />

and organisation; 2) sustainable mobility and intermodality; 3) land transport<br />

and marine technologies; and 4) new perspectives in aeronautics.<br />

- RTD on generic technologies helping to develop the scientific and technological<br />

base as well as qualified human capital in critical areas, and giving<br />

support to innovation across a range of applications. Three actions have been<br />

established: 1) materials and their production and transformation; 2) new<br />

materials and production technologies in the steel field; and 3) measurements<br />

and testing.<br />

- Support for the more efficient utilisation of existing research infrastructures<br />

to provide an attractive networked environment in the fields<br />

covered by this programme" .<br />

L’insieme delle azioni, interrelazioni e sinergie del programma tematico<br />

“Competitive and Sustainable Growth”, sono schematicamente raffigurate<br />

nella figura 52.<br />

Le possibilità di sviluppare, nell’ambito di questo programma tematico,<br />

attività di ricerche nel settore dei polimeri sono così evidenziate nel già<br />

101


citato riferimento [59]:<br />

"Research on polymers is focused on generic issues, advanced polymers,<br />

and speciality chemicals. The overall aim is to achieve a sustainable polymer<br />

chemistry based on clean synthesis routes and an efficient use of raw<br />

materials and energy. Sustainability, dematerialization and environmental<br />

compatibility are key problems that will be addressed through medium and<br />

long-term research. Polymers were, until now, characterised by large-scale<br />

production. However, industry is demanding more varied polymer grades for<br />

customised products. Research is needed in the frame-work of this trend<br />

towards higher added value materials. There is a clear scope for improvement<br />

in efficiency, selectivity, flexibility and sustainability".<br />

Tutto questo in linea con gli obiettivi generali di sviluppo:<br />

"a) support advanced materials applications needed for improved quality of<br />

life;<br />

b) develop sustainable materials production and transformation technologies,<br />

which can ensure quality, reliability, sustainability and cost-effectiveness<br />

of materials to allow optimum incorporation into new products, especially<br />

in the context of shorter production cycles;<br />

c) improve safety and reliability; and<br />

d) promote the efficient use and reuse of materials" [59].<br />

Fig. 52: Strutturazione del programma tematico “Competitive and Sustainable<br />

Growth”; interrelazioni tra le varie azioni. Quinto Programma Quadro di R&S dell’UE<br />

[Rif. 59].<br />

102


6.4) L’associazione italiana di scienza e tecnologia delle macromolecole<br />

(AIM)<br />

L’AIM fu costituita nel 1975 a San Donato Milanese (MI) ad opera di<br />

un gruppo di ricercatori pubblici e privati e di docenti universitari.<br />

Il primo Consiglio Direttivo risultava essere così composto: Canalini<br />

(Industria), Cesca (Industria), Ciardelli (Università), Giuliani (Industria),<br />

Pezzin (CNR), Russo (CNR), Allegra (Università).<br />

La sua composizione rispecchiava la volontà dell’Assemblea<br />

Costituente di fare dell’AIM un punto di incontro di esperti di diversa<br />

estrazione culturale (Università, Enti Pubblici di Ricerca e Industria).<br />

L’AIM, nei suoi primi 25 anni di vita (Tavola IX), ha svolto una intensa<br />

attività organizzando, in collaborazione con industrie del settore e con<br />

centri di ricerca accademici, un numero rilevante di iniziative, le più<br />

significative delle quali sono qui di seguito riassunte.<br />

- 14 Convegni Italiani di Scienza delle Macromolecole incentrati su<br />

temi culturali, scientifici e tecnologici di grande attualità ed interesse.<br />

- 21 scuole di formazione per giovani ricercatori. La prima organizzata<br />

nel 1979, riguardava la “Cristallizzazione dei polimeri”, l’ultima<br />

della serie i “Materiali polimerici cristallini e liquido cristallini.<br />

- 12 Convegni internazionali [60].<br />

Circa l’attività didattica svolta dall’AIM, Enrico Pedemonte, docente<br />

dell’Università di Genova (uno dei fondatori, insieme ad altri suoi colleghi<br />

genovesi, dell’AIM), ha scritto:<br />

"L’Attività Didattica rappresenta certamente il fiore all’occhiello<br />

dell’Associazione: infatti, mentre la componente congressuale è tutto sommato<br />

confrontabile con quella di altre società, nel settore educativo l’AIM<br />

svolge da sempre una funzione promozionale che non ha riscontro in altri<br />

gruppi culturali.<br />

Sono ormai trascorsi venti anni dalla prima Scuola di Gargnano sulla “cristallizzazione<br />

dei polimeri” (1979) e da allora tutti i temi fondamentali della<br />

scienza della tecnologia delle macromolecole sono stati trattati … .. Tutti i<br />

testi delle ventuno Scuole di Gargnano sono stati raccolti in altrettanti volumi,<br />

che costituiscono una vera e propria enciclopedia di scienza macromolecolare.<br />

….. Accanto ai volumi delle Scuole di Gargnano è doveroso citare<br />

103


i testi didattici “Macromolecole: Scienza e Tecnologia”, due volumi usciti<br />

rispettivamente nel 1983 e nel 1986, che hanno avuto varie ristampe fino al<br />

recentissimo “Fondamenti di Scienza dei Polimeri” edito nel 1998 che raccoglie<br />

in circa 900 pagine tutto ciò che bisogna conoscere in campo macromolecolare……"<br />

[61].<br />

Il ruolo, la funzione e l’importanza che ha avuto l’AIM, nel panorama<br />

della scienza delle macromolecole in Italia, sono stati così evidenziati da<br />

Giuseppe Allegra, che ne fu il primo Presidente (tabella 11):<br />

"Quando nel lontano 1975 un gruppo di amici e colleghi decise di costituire<br />

l’Associazione Italiana di Scienza e Tecnologia delle Macromolecole, non<br />

avrei saputo prevedere tanta futura vitalità per il nuovo Organismo. E’ pur<br />

vero che la Scuola Macromolecolare Italiana già da qualche decennio si era<br />

imposta nel mondo, soprattutto per merito di Natta, dei suoi allievi e di altri<br />

gruppi validissimi, in <strong>part</strong>icolare nelle Università di Genova, Napoli,<br />

Padova, Torino. Ma quando, con gli amici Canalini, Cesca, Ciardelli,<br />

Giuliani, Pezzin e Russo si costituì il primo Consiglio Direttivo<br />

dell’Associazione,…….., credo che nessuno tra noi pensasse a un tal fiorire<br />

di iniziative future, dalle Scuole ai Convegni, dalle Giornate di Studio all’intensa<br />

attività editoriali. Forse, e lo dico con chiaro senso di inadeguatezza<br />

personale, nei primi contatti nazionali e internazionali che avevamo cercato<br />

di allacciare stava già maturando qualcosa di valido; ma soprattutto era valido<br />

il livello culturale della nostra Comunità. E valido resta indiscutibilmente,<br />

nonostante i gravi problemi da cui è afflitta in Italia, e non solo in Italia,<br />

la grande Industria Chimica.<br />

Io sono convinto che, dopo il presente periodo di transizione in cui la tecnologia<br />

dei polimeri si approfondisce e si specializza sempre di più –ad esempio<br />

nelle dir<strong>ezio</strong>ni dei polimeri per usi speciali e dei compositi-, la cultura<br />

macromolecolare italiana riprenderà ad affermarsi anche in campo industriale.<br />

E’ in questa ripresa, io credo, l’AIM avrà una <strong>part</strong>e importante….."<br />

[62].<br />

Al consolidamento della rete nazionale di ricerca sulla scienza e tecnologia<br />

delle macromolecole contribuì l’organizzazione di convegni, seminari<br />

e scuole a carattere internazionale che favorirono la nascita di collaborazioni<br />

tra gruppi di ricerca italiani e stranieri e la formazione di giovani<br />

ricercatori presso università e centri operanti all’estero.<br />

L’insieme di queste azioni determinò un processo di “internazionalizzazione”<br />

a cui si accompagnò, per effetto di un fenomeno di trasferimento<br />

delle conoscenze indotto dal ritorno dei ricercatori formati all’estero,<br />

l’acquisizione di nuove competenze.<br />

Nelle tavole X-XVII è riportata una serie di fotografie scattate durante<br />

alcuni significativi convegni e workshop tenutisi in Italia. In esse sono<br />

104


iconoscibili scienziati di grande fama internazionale a dimostrazione<br />

dell’elevato livello di queste manifestazioni.<br />

La permanenza e la frequentazione di scienziati di grande rinomanza<br />

presso le strutture di ricerca del nostro paese, rappresentarono altri elementi<br />

che contribuirono all’innalzamento culturale e scientifico del<br />

sistema di ricerca italiana nel settore delle macromolecole.<br />

Tabella 11<br />

I nominativi dei Presidenti che si sono succeduti nell’AIM [Rif. 60].<br />

1975-1976 G. Allegra (Politecnico di Milano)<br />

1976-1977 G. Canalini (Anic, S. Donato M.)<br />

1977-1979 M. Farina (Università di Milano)<br />

1979-1981 G. Pezzin (CSFM-CNR, Bologna)<br />

1981-1983 C. Venosta (Montepolimeri, Milano)<br />

1983-1985 F. Ciardelli (Università di Pisa)<br />

1985-1987 T. Simonazzi (Himont, Ferrara)<br />

1987-1989 S. Russo (Università di Sassari)<br />

1989-1991 S. Cesca (Enichem, S. Donato M.)<br />

1991-1993 D. Acierno (Università di Salerno)<br />

1993-1995 A. Casale (Snia, Cerino Laghetto)<br />

1995-1997 G. Camino (Università di Torino)<br />

1997-1999 E. Albizzati (Pirelli Cavi, Milano)<br />

1999-2001 G. Guerra (Università di Salerno)<br />

105


TAVOLA V<br />

Tavola V: L’auto elettrica “Zic”, realizzata in collaborazione con il Centro Ricerche Fiat<br />

nell’ambito del Progetto Finalizzato “Materiali Speciali per Tecnologie Avanzate”, del<br />

CNR.<br />

106


TAVOLA VI<br />

Tavola VI: Evoluzione dei contenuti e degli obiettivi dei Programmi Quadro di ricerca<br />

scientifica e tecnologica dell’UE, che si sono succeduti a <strong>part</strong>ire dal 1983.<br />

107


TAVOLA VII<br />

Tavola VII: Struttura del V Programma Quadro di R&S dell’UE (1998-2002).<br />

108


TAVOLA VIII<br />

Tavola VIII: Variazioni delle priorità di RTD, relative ai vari Programmi Quadro dell’UE.<br />

109


TAVOLA IX<br />

Tavola IX: Frontespizio del numero speciale del bollettino dell’AIM pubblicato per<br />

celebrare i 25 anni dell’associazione.<br />

110


TAVOLA X<br />

Tavola X: Convegno di Reologia (Siena - 13/15/1971) organizzato dalla società italiana<br />

di reologia.<br />

Sono visibili (da destra a sinistra): Rossi, Bianchi, Pedemonte, Turturro (Università di<br />

Genova) e Lauretti (EniChem). La fotografia è stata messa gentilmente a disposizione<br />

dal Prof. E. Pedemonte.<br />

111


TAVOLA XI<br />

Tavola XI: 2 nd Europhisics Conference of the section of macromolecular physics -<br />

Sorrento, 1 - 3 maggio 1974. In prima fila: il primo a sinistra è il prof. P. Corradini; il<br />

terzo è l’autore.<br />

112


TAVOLA XII<br />

Tavola XII: First joint italian - polish seminar on multicomponent polymeric systems - Capri, 16 - 21 ottobre 1979 (organizzato<br />

dall’allora LTPR - CNR (Arco Felice)).<br />

Sono riconoscibili tra molti altri: M. Kryszewski, C. K. L. Davies, T. Pakula, G. Riess, G. Illing, D. Heikens, P. Penczek, A.<br />

Galeski, E. Martuscelli, R. Palumbo, C. Silvestre, G. Ragosta, M. Malinconico, A. Sirigu, R. Greco, G. Maglio, E. Scafora, A.<br />

Botta, E. Mansi Forlani, F. Calandrelli, A. Narebska, M. Pracella.<br />

113


TAVOLA XIII<br />

Tavola XIII: IUPAC - International Symposium on Macromolecules (Firenze, 7-12<br />

dicembre 1980). Cerimonia d’apertura: (da sinistra) P. Pino, R. Sersale, G. Pezzin e F.<br />

Danusso.<br />

114


TAVOLA XIV<br />

Tavola XIV: Macro Iupac - 80, Firenze. Sono Visibili: J. O’ Donnel, F. Ciardelli,<br />

Selegny, Ringsdorf, Hummel et al..<br />

115


TAVOLA XV<br />

Tavola XV: International Symposium on phase relationships and properties of multicomponent<br />

polymer systems - Anacapri (Capri), 30 maggio - 3 giugno 1983 (organizzato dall’IRTeMP-<br />

CNR).<br />

Da sinistra a destra:<br />

E. Pearce, R. Palumbo,J. Higgins, C. Frank, J. Barlow, D. Paul, E. Martuscelli, F. E. Karasz, G.<br />

Eastmond, L. Robeson, J. Aklonis, R. S. Stein, V. Stannett, W. Mackinght, M. Shaw, J. ‘O<br />

Malley, H. Hopfenberg, R. Porter, P. Corradini, I. Sanchez.<br />

116


TAVOLA XVI<br />

a)<br />

Tavola XVI: International workshop on “Future trends in polymer science and technology. Polymers: commodities or specialities”<br />

(organizzato dall’IRTeMP-CNR) (a e b).<br />

Capri - Napoli, Grand Hotel Quisana, 8 - 12 ottobre 1984.<br />

117


TAVOLA XVI<br />

b)<br />

118


TAVOLA XVII<br />

Tavola XVII: The first Ialian - Jordanian conference on “Plastic materials: technology, industry and<br />

environment”. Amman, Jordan 16 - 19 marzo 1998.<br />

Nella foto in basso, da sinistra a destra: D. Acierno, M. Avella, M. Pracella, L. Nicolais, P. Musto, E.<br />

Drioli, G. Audisio, G. Montaudo, E. Martuscelli, G. Ragosta, L. D’Orazio, M. Scandola.<br />

119

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