part a - ezio martuscelli
part a - ezio martuscelli
part a - ezio martuscelli
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Consiglio Nazionale delle Ricerche<br />
EZIO MARTUSCELLI<br />
LA RICERCA SUI POLIMERI<br />
IN ITALIA<br />
storia, attualità e prospettive in un<br />
contestuale sviluppo industriale<br />
Istituto di Ricerca e Tecnologia delle Materie Plastiche<br />
Arco Felice - Napoli
Ezio Martuscelli è stato allievo di alcuni dei grandi<br />
fondatori della chimica macromolecolare e della<br />
scienza dei polimeri.<br />
Laureatosi in Chimica all’Università di Napoli<br />
nel 1964, egli è ricercatore del CNR dal 1965 e<br />
direttore dell’Istituto di Ricerca e Tecnologia delle<br />
Materie Plastiche sin dal 1973.<br />
E’ autore di oltre 20 brevetti e di circa 500 pubblicazioni<br />
nel campo delle correlazioni tra struttura,<br />
morfologia e proprietà dei polimeri sintetici e naturali.<br />
E’ membro di varie società scientifiche nazionali<br />
ed internazionali e dell’Editorial Board di riviste<br />
scientifiche quali ‘La Chimica Oggi’, ‘Journal of<br />
Polymeric Materials’, ‘Advances in Polymer<br />
Technology’, ‘New Polymeric Materials’.<br />
Nel 1996 ha fondato il periodico scientifico<br />
“Mediterranean Magazine: Science, Training and<br />
Technology”, del quale è editore e direttore responsabile.<br />
Nel 1999 ha pubblicato il suo primo libro “Le<br />
fibre di polimeri naturali nell’evoluzione della<br />
civiltà – le fibre di seta” - edito dal Consiglio<br />
Nazionale delle Ricerche.<br />
Convinto assertore della cooperazione internazionale<br />
quale strumento per lo sviluppo delle nazioni,<br />
l’autore ha fondato – nei primi anni ’80 - il primo<br />
network Euro-Mediterraneo del CNR nel settore<br />
dei polimeri.<br />
E’ responsabile dello ‘Sportello per la<br />
Cooperazione Scientifica e Tecnologica con i Paesi<br />
del Mediterraneo’ e membro della Commissione<br />
Affari Internazionali del CNR.<br />
Partecipa ai lavori del ‘Comitato di Monitoraggio<br />
Euro-Mediterraneo per la cooperazione in Scienza<br />
e Tecnologia’ dell’Unione Europea (UE) su delega<br />
del Ministero dell’Università e della Ricerca<br />
Scientifica Italiano.
La gente sente il bisogno di conoscere il passato, è affamata<br />
di storia, quando la società si rinnova e si proietta piena di<br />
speranze verso il futuro. Invece si disinteressa del passato e<br />
della storia quando ha perso la meta e la speranza.<br />
Francesco Alberoni<br />
Questo libro è dedicato a coloro che hanno rappresentato, al di fuori<br />
della famiglia, un riferimento morale, culturale, scientifico. In <strong>part</strong>icolare:<br />
al prof. Giulio Natta, fondatore della ricerca sui polimeri in Italia;<br />
ai proff. Paolo Corradini e Alfonso Maria Liquori, ai quali devo la mia<br />
formazione di “scientist”;<br />
al prof. Andrew Keller al quale va un caro ed affettuoso ricordo ed il<br />
riconoscimento di avere contribuito allo sviluppo della scienza dei polimeri<br />
nel mondo;<br />
al prof. E. Frank Karasz, grande scienzato ma soprattutto fraterno<br />
amico;<br />
ai miei allievi ai quali vanno le mie scuse per non avere sempre potuto<br />
soddisfare le loro curiosità e aspettative<br />
ai miei collaboratori ai quali va tutta la mia riconoscenza e rispetto di<br />
uomo e scienziato, senza il loro aiuto e supporto non avrei mai potuto<br />
raggiungere i traguardi e gli obiettivi che mi ero prefisso.<br />
Ezio Martuscelli<br />
Ringraziamenti:<br />
L’Autore desidera vivamente ringraziare: Pietro Buono, Diana De Rosa, Anna Esposito,<br />
Salvatore Granata, Enrico Mansi Forlani, Giuseppe Narciso, Marilena Rossano, Pietro<br />
Russo. Senza la loro collaborazione questa opera non si sarebbe potuta realizzare.
INTRODUZIONE<br />
Tra il mondo della Ricerca e quello Industriale si sono attivate, molto<br />
spesso, in Italia, importanti collaborazioni. Il caso più rilevante è rappresentato<br />
dalla “joint venture”, Montecatini – Politecnico di Milano, che<br />
portò alla scoperta del polipropilene, di altri polimeri stereoregolari termoplastici-cristallizzabili,<br />
delle gomme etilene/propilene e al loro sviluppo<br />
ed industrializzazione.<br />
La scoperta del polipropilene isotattico, effettuata da Giulio Natta e dai<br />
suoi collaboratori nel 1954, costituisce l’evento più significativo nella<br />
storia dell’industria chimica italiana.<br />
Le ricerche del gruppo di Natta, sulla catalisi metallo-organica applicata<br />
alle reazioni di polimerizzazione delle -olefine e di altri monomeri<br />
insaturi, favorirono la crescita e il consolidamento, nel nostro paese, di<br />
una robusta rete di Centri ed Istituti (industriali ed accademici) operanti<br />
nel settore della scienza e tecnologia dei polimeri.<br />
In pochi anni, specialmente nel campo della chimica macromolecolare,<br />
si crearono competenze di livello internazionale.<br />
E’ sembrato interessante all’Autore, a quarant’anni dalla costituzione<br />
della prima rete tematica di ricerca attivata dal Consiglio Nazionale delle<br />
Ricerche (CNR), proprio nel campo della chimica macromolecolare,<br />
ricordare, analizzare e discutere, da un punto di vista storico-culturale e<br />
scientifico, i fatti più significativi che portarono a questa importante realizzazione.<br />
La rete ha dato, tra difficoltà di ogni tipo, ragguardevoli risultati,<br />
contribuendo allo sviluppo del settore e fornendo, anche attraverso<br />
una serie di interessanti iniziative (Progetti Finalizzati, Nazionali,<br />
Strategici, ecc.), un rilevante supporto alle industrie di produzione e trasformazione<br />
delle materie plastiche.<br />
L’Autore nello sviluppare quest’analisi si propone, tra l’altro, di individuare<br />
luci ed ombre, punti di forza e punti di debolezza del sistema ita-<br />
1
2<br />
liano della ricerca sui polimeri auspicandosi che tale esercizio possa fornire<br />
utili indicazioni per la elaborazione di una strategia che porti ad un<br />
attenta, oculata ed intelligente rimodulazione della rete degli organi del<br />
CNR.<br />
Questo processo di ristrutturazione, per essere veramente incisivo ed<br />
efficace, deve realizzarsi secondo un’ottica innovativa, che permetta, tra<br />
l’altro, di fornire risposte esaustive alla domanda sempre maggiore di<br />
supporto culturale e scientifico delle aziende che producono, trasformano<br />
ed utilizzano polimeri sintetici e naturali. Inoltre esso deve essere in linea<br />
con le politiche comunitarie, orientate verso la costituzione di una rete di<br />
centri di eccellenza quale condizione pregiudiziale per la creazione di uno<br />
spazio europeo della ricerca, elemento base per uno sviluppo socio-economico<br />
sostenibile e più equilibrato di macroregioni e paesi.
PARTE I<br />
GLI EVENTI CHE HANNO PORTATO<br />
ALLO SVILUPPO DI UNA RETE DI RICERCA<br />
NEL CAMPO DELLA SCIENZA DELLE<br />
MACROMOLECOLE IN ITALIA.<br />
3
CAPITOLO PRIMO<br />
IL CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE SI<br />
AFFERMA QUALE SECONDA RETE DI RICERCA<br />
PUBBLICA DEL PAESE.<br />
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) fu istituito il 18<br />
Novembre 1923 con decreto regio n. 2895 a firma del re Vittorio<br />
Emanuele, del Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri Benito<br />
Mussolini e del Ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Gentile<br />
(figura 1).<br />
Fig. 1: Decreto Istitutivo del CNR del 1923, tratto dal documento originale.<br />
5
Alla sua presidenza fu chiamato il Prof. Vito Volterra, grande matematico<br />
italiano. Guglielmo Marconi (tavola I), l’inventore della radio e<br />
Premio Nobel 1909 per la fisica, fu, in ordine cronologico, il secondo<br />
presidente del CNR. Egli ricoprì questa carica dal 1° gennaio 1928 al 20<br />
luglio del 1937, giorno della sua morte.<br />
Nella tavola II è riportata la fotografia della facciata della sede storica<br />
del CNR, fortemente voluta da Marconi, che fu inaugurata nel novembre<br />
del 1937, quattro mesi dopo la morte del grande scienziato italiano [1].<br />
Alla Presidenza dell’Ente si succedettero personalità del mondo scientifico<br />
quali il Prof. Francesco Giordani, chimico napoletano di grande<br />
fama, il Prof. Gustavo Colonnetti, che rimase come Presidente fino al<br />
1956, il Prof. Giovanni Polvani (Presidente dal 1960 al 1965), il Prof.<br />
Vincenzo Caglioti, chimico di origine calabrese, il Prof. Alessandro<br />
Faedo, il Prof. Ernesto Quagliarello, il Prof. Luigi Rossi Bernardi, il Prof.<br />
Enrico Garaci e il Prof. Lucio Bianco (tabella 1).<br />
Tabella 1<br />
I Presidenti del CNR succedutisi nella carica dalla fondazione<br />
dell'Ente ad oggi<br />
Vito Volterra 1923 - 27<br />
Guglielmo Marconi 1927 - 37<br />
Pietro Badoglio 1937 - 41<br />
Giancarlo Vallauri 1941 - 43<br />
Francesco Giordani 1943 - 44<br />
Gustavo Colonnetti 1944 - 56<br />
Francesco Giordani 1956 - 60<br />
Giovanni Polvani 1960 - 65<br />
Vincenzo Caglioti 1965 - 72<br />
Alessandro Faedo 1972 - 76<br />
Ernesto Quagliarello 1976 - 84<br />
Luigi Rossi Bernardi 1984 - 93<br />
Enrico Garaci 1993 - 97<br />
Lucio Bianco 1997 -<br />
Attraverso il decreto luogotenenziale n. 82 del 1 marzo 1945 (figura 2)<br />
il CNR venne riconosciuto "organo dello stato con personalità giuridica e gestione<br />
autonoma e posto alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri" [2].<br />
6
Dopo la fine della seconda guerra mondiale<br />
"l’attività del CNR consisteva essenzialmente nell’organizzare e finanziare<br />
la ricerca scientifica e tecnologica svolta in larga misura nelle università …..<br />
I ricercatori dipendenti erano pochi, così come pochissimi erano i Centri di<br />
ricerca propri dell’Ente, con rapporti di lavoro a tempo determinato" [2].<br />
Fig. 2: Decreto Luogotenenziale del 1945.<br />
A cavallo degli anni ’60 –‘70 il CNR, a seguito di una serie di ristrutturazioni<br />
e riforme, acquisisce la configurazione che di fatto si è conservata<br />
fino alla fine dell’anno 2000, anno in cui è <strong>part</strong>ita la “grande riforma<br />
dell’Ente”.<br />
I primi Istituti di ricerca afferenti al CNR furono istituiti prima della<br />
seconda guerra mondiale, tra questi rientrava l’Istituto Motori di Napoli,<br />
la cui data di istituzione risale al lontano 1938 [3].<br />
Nel primo dopoguerra, e cioè in una fase temporale definita di “ricostruzione”<br />
del nostro paese e che va dal 1945 al 1955, le risorse per la<br />
ricerca scientifica erano necessariamente modeste. Pertanto il CNR non<br />
ebbe la possibilità di provvedere alla creazione di nuove strutture proprie,<br />
nell’ambito delle quali svolgere ricerche complementari a quelle universitarie<br />
ed industriali.<br />
Nel periodo che va dal 1955 al 1965 l’Italia vive una fase di grande<br />
7
“sviluppo economico”. Purtroppo, contrariamente a quanto avveniva in<br />
altri paesi europei, alla crescita del prodotto interno lordo, all’incremento<br />
di una ricchezza individuale diffusa e ad un netto miglioramento della<br />
qualità della vita, non corrispose una crescita qualitativa e quantitativa<br />
del sistema scientifico nazionale. Di fatto, sulla base di un grave errore di<br />
valutazione strategico-politico, la ricerca scientifica non venne considerata<br />
un fattore di propulsione dell’economia e quindi di sviluppo, anche<br />
sociale, del sistema paese.<br />
Fu solo a <strong>part</strong>ire dai primi anni del decennio 1960-1970 che si comprese,<br />
in tutti i paesi industrializzati, il ruolo della ricerca scientifica ai fini<br />
della crescita produttiva; i governi di questi paesi intuirono pertanto la<br />
necessità di orientare la scienza verso il raggiungimento di obiettivi finalizzati<br />
all’implementazione delle risorse economiche e al miglioramento<br />
della qualità della vita [3].<br />
La necessità di una politica generale della ricerca era da mettere in relazione,<br />
all’epoca, ai seguenti fattori ed eventi:<br />
a) esaurimento degli sforzi post-bellici, per la ricostruzione del paese;<br />
b) saturazione del mercato nazionale;<br />
c) apertura delle frontiere della Comunità Europea che metteva<br />
l’Italia nella necessità di dover competere con paesi tecnologicamente<br />
più avanzati;<br />
d) riconoscimento, dell’importanza di una politica della ricerca finalizzata<br />
all’innovazione tecnologica.<br />
Nel 1961, attraverso un convegno dal titolo “Una politica per la ricerca<br />
scientifica”<br />
"l’allora <strong>part</strong>ito di maggioranza relativa, la Democrazia Cristiana, evidenziava<br />
la necessità di sviluppare la ricerca quale strumento di accelerazione<br />
dello sviluppo tecnologico e al tempo stesso l’esigenza di organizzarla nel<br />
quadro della programmazione economica nazionale" [4].<br />
Questo congresso ebbe una grande ripercussione a livello di governo,<br />
esso infatti determinò l’istituzione (1° dicembre 1962) della carica di<br />
Ministro per il Coordinamento della Ricerca Scientifica e Tecnologica.<br />
Si lanciarono così le basi per un reale coordinamento e per una effettiva<br />
programmazione della ricerca scientifica-tecnologica in Italia, con<br />
l’intento di raggiungere i seguenti obiettivi:<br />
i) aumentare il contenuto tecnologico del sistema produttivo;<br />
ii) espandere il contesto industriale sviluppando prodotti e processi<br />
8
innovativi;<br />
iii) ristrutturare e orientare il sistema ricerca verso lo sviluppo dell’innovazione<br />
tecnologica.<br />
Sulla spinta di una forte dipendenza dell’innovazione dall’estero e di un<br />
elevato deficit della bilancia tecnologica dei pagamenti, il mondo politico<br />
comprese, finalmente, che era necessario sviluppare una efficace rete<br />
scientifica nazionale.<br />
Con la Presidenza di Giovanni Polvani (che va dal 1960 al 1965) <strong>part</strong>ì<br />
la prima e sostanziale riforma del CNR la quale rappresentò una svolta<br />
fondamentale non solo nella vita dell’Ente ma anche per tutta la comunità<br />
scientifica nazionale.<br />
Questa riforma fu resa possibile poiché, come ebbe a dire lo stesso<br />
Polvani,<br />
"il mondo politico si rendeva ormai pienamente conto dell’importanza<br />
assunta dalla ricerca ai fini del progresso economico e sociale del paese".<br />
Questo processo si inseriva in un contesto nazionale caratterizzato da<br />
una<br />
"progressiva presa di coscienza dell’indifferibilità di una politica della scienza<br />
che induce ad avviare iniziative sia verso una politica scientifica, sia verso<br />
un crescente concorso della scienza alla formazione e all’attuazione delle<br />
varie politiche" [3].<br />
Nell’opera dal titolo “La politica scientifica in Italia negli ultimi 40<br />
anni”, che riportava gli atti della "Conferenza Nazionale sulla Ricerca<br />
Scientifica e Tecnologica nei quarant’anni della proclamazione della<br />
Costituzione della Repubblica" (Roma 19-22 Dicembre 1988), in relazione<br />
al concetto di evoluzione di politica della scienza, si leggeva:<br />
"Il ruolo crescente di nuovi procedimenti, il sorgere di settori industrializzati<br />
interamente basati sulla scienza ……, portano a una profonda modificazione<br />
nell’atteggiamento degli ambienti responsabili, sia pubblici che privati,<br />
verso la scienza. Per questi motivi ..... nacque -nel nostro come in altri<br />
paesi- un processo di riflessione su quelli che dovevano essere l’atteggiamento<br />
ed il ruolo dello stato verso la scienza.<br />
Il concetto di politica per la scienza viene così a essere integrato e parzialmente<br />
sostituito da quello di scienza per la politica. […] Nella considerazione<br />
dei benefici che gliene possono derivare, il potere politico tende, …., a<br />
farsi promotore, finanziatore e programmatore della scienza.<br />
Il periodo che va dagli anni 1967-68 a oggi è segnato da una profonda crisi<br />
di obiettivi e di metodi....... Negli ultimi tempi si assiste così al sorgere e<br />
affermarsi di una revisione della nozione di politica scientifica: a questa<br />
9
iconcettualizzazione contribuiscono molte ragioni, ma tra esse sembra fondamentale<br />
quella dell’importanza della ricerca per mantenere e sviluppare,<br />
con quello scientifico, il potenziale tecnico-economico" [4].<br />
La riforma del CNR, fortemente voluta dal Presidente Polvani, rappresentò<br />
un importante passo nella dir<strong>ezio</strong>ne di un concreto rilancio della<br />
politica della ricerca scientifica e tecnologica. Il mondo della politica, per<br />
la prima volta nella storia del nostro paese, chiese ai ricercatori dell’università,<br />
del CNR ed anche a quelli del settore privato di programmare ed<br />
indirizzare la ricerca anche verso obiettivi utili alla soluzione di problematiche<br />
di interesse generale.<br />
Questa politica di rinnovamento della ricerca scientifica italiana, che di<br />
fatto avrebbe poi portato alla creazione di una seconda rete scientifica<br />
pubblica extra universitaria, trovò inizialmente una notevole opposizione<br />
da una <strong>part</strong>e del mondo accademico, teso a difendere i propri privilegi e<br />
a considerare l’università quale unica sede per la ricerca scientifica.<br />
La contestazione studentesca del ‘68 rappresentò un evento di grande<br />
rilevanza per il futuro del CNR. Infatti a seguito di occupazioni di sedi<br />
universitarie e del clima di deterioramento e di conflittualità, creatosi sia<br />
nei rapporti docenti-studenti, ma anche tra docenti, assistenti e ricercatori,<br />
molti scienziati furono spinti a trovare “rifugio” presso strutture esterne<br />
operanti al di fuori dell’ambiente universitario.<br />
Di fatto, nel 1968, sotto la Presidenza di Vincenzo Caglioti, vennero<br />
istituiti un rilevante numero di nuovi organi del CNR.<br />
Questa politica di espansione del CNR rappresentò un fattore positivo<br />
per lo sviluppo di una rete di ricerca extra-universitaria in Italia.<br />
Tuttavia la mancanza di una seria programmazione e l’assenza di interventi<br />
infrastrutturali e finanziari adeguati non ne permisero il consolidamento.<br />
Ciò determinò uno stato di precarietà che si produsse in una endemica<br />
crisi di instabilità e di insicurezza che si è protratta negli anni. Questa<br />
situazione fu ulteriormente aggravata da una serie di interventi disarticolati<br />
tra i quali occorre annoverare l’Intesa di Programma tra il CNR e l’allora<br />
MISM che, firmata nel 1986, (Ministero per gli interventi straordinari<br />
nel Mezzogiorno) portò all’istituzione di altri 36 organi di ricerca nel<br />
Sud d’Italia e all’istituzione di Aree della Ricerca spesso “virtuali”, i cui<br />
costi di gestione e mantenimento hanno di gran lunga superato i pochi<br />
benefici prodotti.<br />
In <strong>part</strong>icolare queste operazioni non tennero in debita considerazione la<br />
10
necessità di:<br />
a) dotare gli organi di ricerca di infrastrutture adeguate per spazio e<br />
sicurezza;<br />
b) realizzare strutture con dimensioni, in termini di addetti alla ricerca,<br />
appropriate al raggiungimento degli obiettivi istituzionali e quindi<br />
idonei a sostenere una dura competizione internazionale;<br />
c) assicurare nel tempo un adeguato flusso di finanziamenti.<br />
Malgrado tutto, si gettarono le basi per la costituzione di una rete scientifica,<br />
intermedia tra quella industriale ed universitaria, di organi diffusi<br />
sul territorio nazionale. Questa rete opportunamente rivisitata e ristrutturata,<br />
potrebbe contribuire al consolidamento di un sistema di ricerca le<br />
cui attività non possono più essere solamente di tipo spontaneo (bottomup),<br />
ma anche e forse soprattutto basate su di un concetto “top-down”.<br />
Un sistema, quindi, che sia incentrato su grandi tematiche di ricerca e di<br />
alta formazione, capace di contribuire anche al “problem solving” di questioni<br />
di <strong>part</strong>icolare rilevanza per lo sviluppo di settori trainanti per il<br />
paese.<br />
La distribuzione geografica degli organi di ricerca del CNR (istituti,<br />
centri ed aree) è evidenziata nella tavola III. Dai dati in essa riportati<br />
(riferiti al 1999) si ricava che l’attività istituzionale dell’ente è svolta da<br />
334 organismi (195 Istituti, 121 Centri e 18 Gruppi di Ricerca) [5].<br />
Il CNR <strong>part</strong>ecipa tra l’altro a circa venti iniziative di tipo consortili per<br />
la realizzazione di progetti i cui obiettivi esplicitano i reali bisogni innovativi<br />
per lo sviluppo del sistema delle imprese, <strong>part</strong>icolarmente di quelle<br />
piccole e medie.<br />
La possibilità di <strong>part</strong>ecipare a Consorzi e Società consortili di ricerca ha<br />
permesso al CNR di dotarsi di uno strumento nuovo, attraverso il quale<br />
perseguire i propri fini istituzionali in associazione con altri soggetti pubblici<br />
e privati, mediante l’istituzione di un’organizzazione comune, dotata<br />
per legge di propria soggettività e di autonomia patrimoniale [5].<br />
Il 30 gennaio 1999 è stato approvato il decreto legislativo n. 19 –<br />
Riordino del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che dava inizio al riordino<br />
ed alla riforma dell’Ente, nonchè alla ristrutturazione di quella che<br />
è la seconda rete di ricerca pubblica italiana.<br />
In base al contenuto del testo del decreto al CNR viene riconosciuto il<br />
ruolo centrale nel contesto degli Enti Pubblici di Ricerca ribadendone<br />
"il carattere generalista e multidisciplinare e confermandone la missione di<br />
promotore e attivatore di ricerca nello stesso tempo" [6].<br />
11
12<br />
Il decreto si caratterizza per i seguenti elementi innovativi:<br />
- semplificazione degli organismi decisionali;<br />
- programmazione pluriennale;<br />
- strumenti normativi finalizzati alla valorizzazione dei risultati delle<br />
ricerche;<br />
- riorganizzazione della rete degli Organi per i quali è prevista una<br />
maggiore autonomia;<br />
- diverse modalità di reclutamento del personale [7].<br />
Il decreto legislativo, così come approvato, delinea un quadro di riferimento<br />
generale che va riempito di contenuti attraverso l’elaborazione sia<br />
dei dispositivi regolamentari che del piano triennale di attività.<br />
Ci si augura che il lavoro intrapreso dai componenti del Consiglio<br />
Direttivo possa dare finalmente al nostro paese un Ente Pubblico di<br />
Ricerca caratterizzato da una rete di organi tali da potere competere in<br />
termini qualitativi e quantitativi con quelli degli atri paesi che fanno <strong>part</strong>e<br />
dell’Unione Europea, in grado cioè di poter contribuire a pieno titolo alla<br />
costruzione di quello che, Philippe Busquin (membro della commissione<br />
europea, responsabile della ricerca – figura 3) definisce come “uno<br />
Spazio Europeo della Ricerca” [8].
Fig. 3: Philippe Busquin - membro della Commissione Europea responsabile della<br />
ricerca.<br />
13
TAVOLA I<br />
Tavola I: Frontespizio del volume pubblicato dal CNR in occasione della giornata di<br />
studio organizzata per celebrare il centenario della scoperta della radio.<br />
E’ visibile la fotografia di Guglielmo Marconi (Roma, 7 Aprile 1995) [Rif. 1].<br />
14
TAVOLA II<br />
Tavola II: La sede storica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il massimo<br />
ente pubblico di ricerca italiano istituito nel 1923. La sede, fortemente voluta da G.<br />
Marconi, fu inaugurata nel novembre 1937.<br />
15
TAVOLA III<br />
Tavola III: Distribuzione geografica degli organi di ricerca del CNR (anno 1999) [Rif. 5].<br />
16
CAPITOLO SECONDO<br />
LO SVILUPPO DELLA CHIMICA INDUSTRIALE E<br />
DELL’INDUSTRIA DELLE PLASTICHE<br />
ITALIANA TRA GLI ANNI ‘50 E ’60.<br />
(La scoperta del polipropilene e<br />
il Premio Nobel a Giulio Natta).<br />
L’industria chimica moderna nasce allorquando, intorno alla seconda<br />
metà del secolo XIX, furono messi a punto una serie di metodologie chimiche<br />
e fisiche capaci di sfruttare i sottoprodotti derivanti dalla distillazione<br />
secca del carbone di origine fossile (la chimica basata su questi<br />
processi fu definita carbochimica).<br />
Un’altra tappa fondamentale per l’industria chimica è rappresentata<br />
dallo sviluppo (a <strong>part</strong>ire dal 1920 in USA) della petrolchimica e dalla relativa<br />
introduzione dei processi di craking.<br />
P. H. Spitz nella prefazione al suo libro “Petrochemicals-the rise of an<br />
industry” scriveva:<br />
"The petrochemical industry is unique in that it experienced an unusually<br />
rapid transition from its birth in the early 1920s to what many people called<br />
“maturity” by the mid-1970s. Between 1940 and 1960, it became one of the<br />
largest industry sectors, providing an astounding variety of chemical intermediates<br />
used for the manufacture of plastics, fibers, synthetic rubber, and<br />
many other end products. The petrochemical industry was to a large extent<br />
“made in America” because it was in the United States that an unusual combination<br />
of circumstances existed at a certain point in time: an abundance of<br />
inexpensive gaseous and liquid petroleum feedstocks, suitable technology, a<br />
large market and an incentive for rapid development, occasioned by military<br />
needs in world war II" [9].<br />
Alcuni significativi aspetti, concernenti le principali tappe e prospettive<br />
della chimica industriale, con <strong>part</strong>icolare riguardo allo sviluppo della<br />
petrolchimica in Italia, furono così descritti da I. Pasquon:<br />
"Nel quarto di secolo che va dal 1930 al 1954 la chimica industriale è stata<br />
interessata da quella che è forse stata la più importante evoluzione della sua<br />
storia: in questo periodo infatti la carbochimica ha visto il suo apogeo (in<br />
Europa), la petrolchimica si è affermata negli USA e, soprattutto, sono stati<br />
introdotti gran <strong>part</strong>e dei prodotti di largo consumo oggi noti….. Questo<br />
17
periodo ha visto nascere in Germania, i processi per la preparazione di gas di<br />
sintesi, mediante “Steam-Reforming” del metano e mediante ossidazione<br />
parziale di combustibili solidi, …... Più tardi vennero messi a punto i processi<br />
per la produzione di acetilene da metano e quelli per la sintesi di aldeidi<br />
e alcoli mediante oxosintesi.<br />
Con l’ausilio di processi carbochimici o petrolchimici vennero preparati i più<br />
importanti monomeri e intermedi della moderna industria chimica (cloruro di<br />
vinile, stirene, acrilonitrile, butadiene, etilene, etanolo da etilene, glicole propilenico,<br />
acido adipico, caprolattame, dodecilbenzene, ….. acido tereftalico<br />
ecc.)" [10].<br />
Tabella 2<br />
I grandi intermedi petrolchimici e/o carbochimici tra il 1930 e il 1954<br />
1930 1942<br />
etanolo da etilene per via umida: USA etilene da idrocarburi liquidi (steam-cracking):<br />
Gran Bretagna<br />
1930 1942-44<br />
etilene da acetilene: Germania<br />
butadiene da n-buteni e n-butano:USA<br />
1930 1943<br />
stirene da etilene benzene:Germania butadiene da acetilene, via butindiolo:<br />
Germania<br />
1930 1943/46<br />
cloruro di vinile da acetilene:Germania alchilbenzene (dodecilbenzene) per detersivi:<br />
Germania, USA<br />
1931 1946<br />
glicol propilenico e ossido di propilene: USA anidride ftalica da o-xilene: USA<br />
1932 1946/50<br />
cloroprene da acetilene: USA ossido di etilene da etilene e aria: USA, Francia<br />
1932 1948<br />
butadiene da acetilene via acetaldeide e etanolo da etilene in fase vapore: USA<br />
aldolo: Germania<br />
1933 1950<br />
anidride maleica da benzene: USA<br />
dimetiltereftalato: USA<br />
1936 1952<br />
acrilonitrile via cianidrina e da acetilene: acido acetico da n-butano: USA<br />
Germania<br />
1936/38 1952<br />
cloruro di vinile da etilene e cloro: USA<br />
acroleina da propilene: USA<br />
1937 1952/54<br />
acido adipico e esametilendiammina: USA fenolo via cumene: USA, Canada<br />
1940 1953<br />
fenolo con il processo Rasching: USA acqua ossigenata via antrachinone: USA<br />
1941<br />
caprolattame: Germania<br />
18
Tabella 3<br />
Le principali Materie Plastiche e Resine scoperte e<br />
commercializzate nel periodo 1932-1954<br />
1930 1941/42<br />
polivinilcloruro (PVC): Germania<br />
resine poliestere sature, insature<br />
e rinforzate: USA<br />
1937 1941<br />
polistirene: Germania<br />
poliuretani a base di poliesteri: Germania<br />
1935/39 1943<br />
resine melamminiche: Svizzera,<br />
siliconi: USA<br />
Germania<br />
1936 1944<br />
poli-isobutilene (Oppanol): Germania politetrafluoroetilene (Teflon): USA<br />
1936 1946<br />
resine acriliche (USA)<br />
resine ABS:USA<br />
1939 1947<br />
alcool polivinilico: Germania (USA) resine epossidiche: Svizzera, USA<br />
1939 1952/54<br />
Polietilene a bassa densità:<br />
resine poliuretaniche espanse flessibili:<br />
Gran Bretagna<br />
Germania USA<br />
I più rilevanti processi petrolchimici e/o carbochimici, finalizzati all’ottenimento<br />
di intermedi, e le principali materie plastiche scoperte tra il<br />
1930 e il 1954 sono riportati, in ordine cronologico, rispettivamente nelle<br />
tabelle 2 e 3 [10].<br />
L’industria chimica (di cui quello delle plastiche è uno dei più importanti<br />
com<strong>part</strong>i) è diventata, per il suo elevato grado di pervasività, uno dei<br />
settori industriali trainanti capace com’è di influenzare lo sviluppo economico<br />
dei paesi e di determinare importanti cambiamenti anche di natura<br />
sociale e di stile di vita.<br />
Il percorso evolutivo dell’industria chimica italiana è stato così delineato<br />
da G. Serravalle:<br />
"Se percorriamo velocemente il cammino della nostra industria chimica,<br />
possiamo individuare un periodo che va dai primi del 1900 fino al 1920, nel<br />
quale l’industria chimica ha un peso molto modesto, quindi un periodo che<br />
va dal 1920 all’inizio del secondo conflitto mondiale in cui l’industria chimica<br />
si sviluppa abbastanza velocemente fondandosi su due elementi a lei<br />
favorevoli: l’alta disponibilità di energia idroelettrica e la politica autarchica<br />
del regime fascista. In questo periodo la Montecatini, società mineraria,<br />
entra in forza nel settore chimico.<br />
19
Dal 1940 al 1950 c’è il periodo della guerra e della ricostruzione …….. ma<br />
il grosso dell’espansione si ha dal 1958 al 1967" [11].<br />
Nell’ultimo periodo citato dal Serravalle (1958-67) la produzione chimica<br />
italiana, crescendo con un tasso annuo pari al 13,4%, si era praticamente<br />
triplicata. Mentre l’industria italiana, nella sua globalità, aveva<br />
registrato solo un raddoppio della sua produzione.<br />
Particolarmente rilevante il tasso di sviluppo, registrato nel periodo<br />
1964-1967 dalla petrolchimica, che si aggirava intorno al 30% annuo<br />
[11].<br />
Gli anni ‘50 e ’60 sono passati alla storia come gli “anni d’oro” della<br />
chimica italiana. In effetti è proprio durante questo periodo, che furono<br />
realizzate, nel nostro paese, grandi imprese industriali alle quali si<br />
accompagnò anche la nascita e lo sviluppo di una moderna rete di ricerca<br />
scientifica e tecnologica sia pubblica (Università ed Enti Pubblici di<br />
Ricerca) che privata.<br />
Di seguito si riportano alcuni degli eventi che hanno maggiormente<br />
contribuito allo sviluppo della chimica italiana (ed in <strong>part</strong>icolare di quella<br />
delle macromolecole) sia a livello industriale che scientifico, relativamente<br />
all’arco temporale sopra individuato [12, 13].<br />
1951 – La SNIA, attraverso una “joint venture” con la Courtaulds,<br />
costituiva la Novaceta, una società finalizzata alla produzione<br />
di fibre a base di acetato di cellulosa.<br />
1952 – Veniva avviato, a Ferrara (Emilia-Romagna) il grande impianto<br />
petrolchimico della Montecatini.<br />
– La Snia entrava nel mercato delle fibre sintetiche con la produzione<br />
di nylon.<br />
– La Montecatini, sulla base di una proposta di Giulio Natta, stipulava<br />
un accordo di collaborazione con Karl Ziegler che prevedeva,<br />
tra l’altro, la formazione di un gruppo di giovani ricercato<br />
ri della Montecatini presso l’Istituto di Muelheim-Ruhr "per studiare<br />
eventuali applicazioni delle sue scoperte nel campo dell’impiego degli<br />
alluminio alchili per produrre bassi polimeri dell’etilene, riferite da Ziegler in<br />
una conferenza all’ACHEMA nel maggio del 1952" [14]. Nella figura 4 è<br />
riprodotta una fotografia, scattata nel Max Planck Institut di<br />
Muelheim nel Maggio del 1953, dove i ricercatori della<br />
Montecatini appaiono insieme a Karl Ziegler e ad alcuni dei suoi<br />
più stretti collaboratori.<br />
20
1953 – Si costituiva l’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI).<br />
– Giulio Natta iniziava, in collaborazione con la Montecatini, le<br />
sue ricerche sulla polimerizzazione stereospecifica delle -olefine<br />
utilizzando i catalizzatori di natura metallorganica sviluppati<br />
da Ziegler per la polimerizzazione dell’etilene.<br />
– La Montecatini, dopo aver acquistato dall’ICI il brevetto per la<br />
produzione di fibre di polietilene-tereftalato, ne iniziava la produzione<br />
presso gli stabilimenti di Ferrara e Casoria (Campania).<br />
– Karl Ziegler, al Max Planck Institut di Muelheim – Rhur, realizzava<br />
per la prima volta, la polimerizzazione a bassa pressione<br />
e a bassa temperatura dell’etilene in presenza di catalizzatori a<br />
base di alluminio alchili e alogenuri di metalli di transizione [14].<br />
– Veniva assegnato ad Herman Staudinger il Premio Nobel per la<br />
chimica.<br />
– Paul John Flory pubblicava il famoso libro dal titolo “Principles<br />
of polymer chemistry” (nel 1974 gli venne conferito il Premio<br />
Nobel per la chimica).<br />
Fig. 4: Max Planck Institut di Muelheim-Rhur (Germania); foto di gruppo scattata nel<br />
Maggio 1953. Da sinistra: R. Magri, P. Chini, K Ziegler, G. Crespi, G. Wilke; dietro:<br />
due chimici tedeschi collaboratori di Ziegler [Rif. 14].<br />
21
1954 – L’Eni, attraverso l’ANIC (Azienda Nazionale Idrogenazione<br />
Combustibili) avviava il grande centro petrolchimico di Ravenna.<br />
– Giovedì 11 marzo, Giulio Natta (figura 5) scopriva il polipropilene<br />
isotattico.<br />
– Giulio Natta, l’11 dicembre, presentava una memoria<br />
all’Accademia Nazionale dei Licei su “Una nuova classe di<br />
polimeri di -olefine aventi ecc<strong>ezio</strong>nali regolarità di struttura”<br />
(figura 6). In relazione a quest’ultimo aspetto egli scriveva:<br />
"Poiché attribuiamo al fenomeno osservato una fondamentale importanza<br />
per la conoscenza di una vasta categoria di macromolecole sintetiche,<br />
di cui si è iniziata una produzione destinata a larghi sviluppi, abbiamo<br />
voluto, per facilitarne la descrizione, assegnare agli atomi di carbonio<br />
asimmetrici aventi eguale configurazione, ap<strong>part</strong>enenti a una catena l’attributo<br />
“isotattici”…….<br />
Inoltre chiameremo “isotattiche” le catene e le molecole che contengono<br />
atomi di carbonio isotattici, chiameremo “isotattici” i polimeri che contengono<br />
molecole isotattiche, e “isotassia” il fenomeno qui descritto<br />
……..............Le poli--olefine, da noi descritte in questa nota, rappresentano<br />
i primi esempi di poliidrocarburi, per i quali sia stata dimostrata<br />
la presenza di ordinamenti strutturali isotattici" [15].<br />
1955 – Il Journal of the American Chemical Society pubblicava la lettera,<br />
“Crystalline high polymers of -olefins” , inviata da Natta<br />
e collaboratori (figura 7).<br />
1956 – La società “Sicedison”, una multinazionale che associava il capitale<br />
nazionale (Edison 60%) con quello internazionale<br />
(Monsanto 40%), avviava la costruzione dello stabilimento<br />
petrolchimico di Mantova (Lombardia).<br />
– Iniziava la costruzione dello stabilimento petrolchimico di<br />
Priolo.<br />
1957 – Presso gli stabilimenti della Montecatini di Ferrara cominciava<br />
la produzione industriale del polipropilene isotattico.<br />
– Presso gli stabilimenti ANIC di Ravenna (Emilia-Romagna)<br />
veniva avviata la produzione di gomme stirene-butadiene.<br />
Questi due eventi rappresentarono di fatto la nascita dell’industria dei<br />
polimeri sintetici italiana.<br />
1958-1959 – La SIR (Società Italiana Resine) iniziava la produzione,<br />
presso gli stabilimenti di Porto Torres (Sardegna), di intermedi<br />
22
organici e sostanze monomeriche per la produzione di polimeri.<br />
– A Ragusa (Sicilia), entravano in esercizio gli impianti per la<br />
produzione di etilene e di polietilene a bassa densità della<br />
Bombrini Parodi.<br />
– L’ENI, in collaborazione con la Wacker, dava luogo alla costituzione<br />
della “Società Chimica Ravenna” finalizzata alla produzione<br />
di intermedi vinilici.<br />
– L’ENI costituiva una nuova società attraverso una “joint venture”,<br />
con la Philips Petroleum Co., denominata Philips Carbon<br />
Black, per la produzione di nero fumo da utilizzare prevalentemente<br />
come additivo per gomme sintetiche.<br />
Fig. 5: Giulio Natta (1903-1970), Professore del Politecnico di Milano, scoprì nel 1954<br />
il polipropilene isotattico. La foto reca la dedica: "Al mio caro allievo e collaboratore<br />
Paolo Corradini, affettuosamente Giulio Natta".<br />
23
24<br />
Fig. 6: Riproduzione della prima pagina del testo della memoria, sul polipropilene isotattico,<br />
presentata da G. Natta nel dicembre del 1954, all’Accademia Nazionale dei<br />
Lincei.
Fig. 7: Riproduzione della prima pagina della lettera all’Editore di JACS sui polimeri<br />
isotattici, spedita nel dicembre 1954 da Giulio Natta e dai suoi collaboratori.<br />
25
1961 – Iniziava, presso gli stabilimenti ANIC di Ravenna, la produzione<br />
di polibutadiene-cis (gomme polibutadieniche).<br />
1962 – Entrava in esercizio lo stabilimento petrolchimico di Gela<br />
(Sicilia).<br />
– Veniva completato lo stabilimento petrolchimico di Mantova<br />
della Sicedison.<br />
– La SNIA iniziava la produzione di fibre acriliche e poliestere.<br />
– A Torviscosa (Friuli-Venezia Giulia) entrava in esercizio un<br />
impianto per la produzione di caprolattame.<br />
1963 – Per le sue ricerche sulla polimerizzazione stereospecifica delle<br />
-olefine veniva conferito a Giulio Natta il Premio Nobel per la<br />
chimica (figura 8). Questo premio fu condiviso con Karl Ziegler,<br />
il grande chimico tedesco, che con il suo gruppo di ricerca, presso<br />
il Max Planck Institut di Mülheim, aveva scoperto i catalizzatori<br />
metallorganici, attraverso il cui utilizzo fu possibile realizza<br />
re la sintesi del polietilene a bassa pressione e a temperatura ambiente.<br />
– Il 26 novembre l’ “United States Patent Office” (USA) rilasciava<br />
il brevetto che riportava il processo e le applicazioni del polipropilene.<br />
Il brevetto era stato depositato a firma di Giulio Natta,<br />
Piero Pino e Giorgio Mazzanti (figura 9).<br />
1965 – Entrava in esercizio, a Brindisi (Puglia), il grande stabilimento<br />
petrolchimico della Montecatini, dove, tra l’altro, venivano<br />
prodotti etilene, polipropilene e polivinil cloruro (PVC).<br />
– Veniva avviata a Pisticci (Basilicata), presso lo stabilimento<br />
ENI, la Produzione di fibre chimiche.<br />
1966 – La Montecatini e la Edison davano luogo alla loro fusione costituendo<br />
la Montedison che diventava il più importante gruppo<br />
chimico privato italiano.<br />
1967 – L’ANIC acquisiva la società ABCD di Ragusa ( Sicilia) consolidando<br />
la propria presenza nel campo della produzione e trasformazione<br />
del polietilene a bassa densità.<br />
1971 – A Manfredonia (Puglia) entrava in produzione lo stabilimento<br />
26
dell’ANIC per la produzione di ammoniaca, urea e caprolattame<br />
(quest’ultimo prodotto era utilizzato per la sintesi del nylon 6).<br />
– Ad Augusta (Sicilia) veniva avviato l’impianto della Liquichimica<br />
nel cui contesto si producevano, tra l’altro, n-paraffine su<br />
licenza della Union Carbide (figura 10) [17].<br />
Fig. 8: Giulio Natta, inventore del polipropilene, accompagnato dal figlio, riceve nel<br />
1963 il Premio Nobel per la Chimica in riconoscimento del contributo alla preparazione<br />
di polimeri isotattici cristallizzabili [Rif. 16].<br />
Intorno alla prima metà degli anni ’50 si osservò un grande sviluppo<br />
dell’industria petrolchimica in Europa e quindi anche in Italia. A <strong>part</strong>ire<br />
dai primi anni ‘60, attraverso i nuovi processi di “steam cracking” della<br />
virgin nafta fu possibile produrre facilmente, e a prezzi relativamente<br />
bassi, sostanze quali l’etilene, il propilene, il butene, il butadiene, il benzene<br />
ed altri aromatici. Queste sostanze, come evidenziato nello schema<br />
riportato nella figura 11, rappresentarono la fonte primaria per la produzione<br />
di importanti prodotti tra i quali grande rilevanza ebbero le plastiche,<br />
gli elastomeri e le fibre sintetiche [9, 10].<br />
27
28<br />
La diffusione della petrolchimica e dei processi di “cracking” contribuì,<br />
mettendo a disposizione dei chimici una grande varietà di intermedi a<br />
basso peso molecolare, alla scoperta e allo sviluppo di una serie di polimeri<br />
di sintesi, caratterizzati da proprietà fortemente innovative. Alcuni<br />
di questi prodotti, che acquisirono una grande importanza commerciale,<br />
sono elencati nella tabella 4.<br />
L’impulso dato dall’industria petrolchimica allo sviluppo dell’industria<br />
dei polimeri venne così messo in risalto da P. H. Spitz nel suo già citato<br />
libro:<br />
"… we have looked at the development of the plastics and synthetic fiber<br />
industries, which owe so much to the availability of reasonably priced, abundant<br />
petrochemicals… All three of these materials [plastiche, fibre sintetiche,<br />
elastomeri e gomme n.d.A.] are very largely based on ethylene, propylene,<br />
butadiene, benzene and xylenes, the key petrochemical “building<br />
blocks” produced respectively, in steam cracking plants and in catalytic<br />
reformers ….. Essential all of the plastics, which have replaced these traditional<br />
materials [materiali derivanti dalla carta, dal legno, dai metalli, dalle<br />
ceramiche e dai vetri, n.d.A.] in many applications, are now made wholly or<br />
in <strong>part</strong>, from petrochemicals" [9].
fig. 9 a)<br />
Fig. 9 a) e b): sono mostrate le prime due pagine del brevetto a firma di G. Natta, P. Pino<br />
e G. Mazzanti, rilasciato in USA nel 1963, concernente la sintesi, le proprietà e le applicazioni<br />
del polipropilene isotattico.<br />
29
30<br />
fig. 9 b)
Fig. 10: L’impianto della Liquichimica di Augusta (Sicilia) per la produzione tra l’altro,<br />
di n-paraffine su licenza della Union Carbide Corporation [Rif. 17].<br />
Tabella 4<br />
I principali polimeri di sintesi scoperti e sviluppati tra il 1955 e il<br />
1989<br />
1957 1964<br />
polietilene ad alta densità (Marlex): copolimeri etilene-acetato di vinile:<br />
USA, Europa<br />
(USA)<br />
1957 1964<br />
poliformaldeide (Delrin): USA poliionomeri (surlyn): USA<br />
1957/61 1970/71<br />
poliuretani a base di poliesteri: poli(tetrametilentereftalato):USA<br />
Germania, USA<br />
1958 1972/74<br />
poliossietilene ad alto p.m.:USA<br />
poliammidi aromatiche (Kevlar,<br />
Nomex): USA<br />
1958 1965/89<br />
policarbonati (Makrolon): Germania<br />
polimeri e copolimeri per<br />
applicazioni speciali; tecnopolimeri;<br />
1962 leghe polimeriche;<br />
polivinilfluoruro: USA<br />
materiali compositi<br />
31
32<br />
Fig. 11: Una “overview” attraverso la quale sono indicati i principali intermedi e prodotti<br />
finiti derivanti dai “petroleum-based raw-materials” [Rif.9].
CAPITOLO TERZO<br />
LO SVILUPPO DELLA CHIMICA<br />
DELLE MACROMOLECOLE.<br />
La catalisi metallorganica, applicata ai polimeri da Ziegler e da Natta,<br />
rappresentò una pietra miliare nello sviluppo della chimica macromolecolare<br />
sintetica. In <strong>part</strong>icolare con la scoperta del polipropilene isotattico<br />
e di altri polimeri stereoregolari, caratterizzati da una elevata regolarità di<br />
struttura sia dal punto di vista sterico-configurazionale che costituzionale,<br />
si dimostrò che l’uomo era capace di realizzare macromolecole aventi<br />
una struttura regolare, confrontabile con quella di prodotti naturali<br />
(proteine, cellulosa, gomma e guttaperca).<br />
Come si evince dai dati della tabella 5 la scoperta della polimerizzazione<br />
stereospecifica, basata sull’utilizzo di catalizzatori “Ziegler- Natta”,<br />
ebbe una grande rilevanza anche nella messa a punto di procedure per la<br />
realizzazione di nuovi elastomeri quali il polibutadiene 1,4 cis, il poliisoprene<br />
1,4 cis ed i copolimeri saturi etilene/propilene. Questi polimeri<br />
hanno trovato largo impiego come gomme sostituendo, in molte applicazioni,<br />
la gomma naturale ed altre gomme sintetiche. Inoltre per le loro<br />
intrinseche proprietà, fortemente innovative, hanno aperto nuovi campi<br />
applicativi nell’ambito dei quali altre gomme più tradizionali non trovavano<br />
impiego.<br />
L’importanza della catalisi metallorganica nella produzione di nuove<br />
gomme sintetiche è stata così messa in risalto da M. Kaufman:<br />
"The advent of stereospecific polymers has caused just as much excitement<br />
in the world of rubbers as it has in plastics. For many years rubber chemist<br />
have been trying to emulate, in a chemical plant, the rubber production of the<br />
natural plant, Hevea Brasiliensis. They knew natural rubber was a polymer<br />
of isoprene. They could make isoprene, but the conversion of one to the<br />
other proved beyond them. The reason, we now know, was their inability to<br />
arrange the isoprene units of the polymer chain in the same way as does the<br />
tree. If the links are connected in a haphazard way a nondescript product is<br />
the result. If they are ordered to a certain pattern, natural rubber is produced.<br />
With selected catalysts the latter result can be achieved, so that the paradoxical<br />
“artificial natural rubber” is not only possible; it is available commercially.<br />
33
Polybutadiene is another such rubber, and, interestingly enough, a combination<br />
of ethylene and propylene is causing quite a stir as a rubber suitable for<br />
tyres" [18].<br />
Tabella 5<br />
Plastiche, elastomeri e fibre realizzati utilizzando la catalisi<br />
Ziegler-Natta e la polimerizzazione stereospecifica<br />
1956/58 1965<br />
polietilene Ziegler ad alta densità: poli(4-metilpentene-1):<br />
USA, Europa<br />
Gran Bretagna<br />
1957 1965<br />
polipropilene isotattico (Moplen,<br />
Meraklon, Moplefan): Italia<br />
polibutene-1:Germania<br />
1958 1964<br />
copolimeri etilene-propilene catalizzatori ad alta resa per<br />
(gomme EP ed EPDM): Italia<br />
polietilene: Belgio<br />
1959/62 1975<br />
poliisoprene 1,4.cis:USA catalizzatori ad alta resa per<br />
polipropilene: Italia<br />
1960/62 1982<br />
polibutadiene 1,4-cis:USA processo Spheripol per la polimerizzazione<br />
del polipropilene<br />
Le formule chimiche e strutturali di alcuni elastomeri prodotti mediante<br />
polimerizzazione stereospecifica, a <strong>part</strong>ire da idrocarburi diolefinici,<br />
sono illustrate nella figura 12 [19].<br />
Con la scoperta della catalisi stereospecifica, la chimica macromolecolare<br />
viene definitivamente elevata a branca, a se stante, della chimica<br />
industriale e dell’ingegneria chimica. Il suo sviluppo determinò l’affermarsi<br />
e il successo dell’industria dei polimeri nel mondo.<br />
Il concetto di macromolecola e di chimica macromolecolare fu introdotto<br />
nel lontano 1920. Infatti fu nel corso di quell’anno che lo scienziato<br />
svedese T. Svedberg (premio Nobel 1926) (figura 13), usando la tecnica<br />
della ultracentrifuga mostrò che le sostanze polimeriche erano costituite<br />
da molecole di grandi dimensioni (macromolecole) e non da aggregati<br />
colloidali di piccole molecole.<br />
34
fig. 12a<br />
Fig. 12: Struttura molecolare di alcuni elastomeri sintetizzati, utilizzando la polimerizzazione<br />
stereospecifica, <strong>part</strong>endo da idrocarburi diolefinici:<br />
a) rappresentazione schematica delle catene dei due stereoisomeri 1,4-cis (sopra) e 1,4-<br />
trans (sotto) del polibutadiene (la conformazione delle macromolecole è mostrata in<br />
proi<strong>ezio</strong>ne su un piano parallelo al loro asse, i tratti neri indicano i doppi legami);<br />
b) rappresentazione schematica dei due stereo isomeri del polibutadiene a concatenamento<br />
1,2 sindiotattico (sopra) e isotattico (sotto).<br />
La conformazione delle catene è in proi<strong>ezio</strong>ne su un piano parallelo al loro asse (risultano<br />
evidenti i doppi legami) [Rif. 19].<br />
35
fig. 12b<br />
Sempre nel 1920, H. Staudinger (il “Grand Father” della moderna<br />
scienza dei polimeri) "proposed that in these materials the atoms were linked not in<br />
blocks or networks but in extremely long chains" [9]. A Staudinger, nel 1953 fu<br />
assegnato, per le sue ricerche sui polimeri, il premio Nobel per la chimica<br />
(figura 14).<br />
Attraverso l’applicazione della tecnica della diffrazione dei raggi X e<br />
dei principi della cristallografia chimica alle sostanze polimeriche naturali<br />
e di sintesi fu possibile, intorno ai primi anni ’20, ad H. Mark, e ad<br />
altri ricercatori, di sviluppare una teoria, basata su dati sperimentali<br />
incontrovertibili ed obiettivi, che suffragava il concetto secondo cui i<br />
polimeri allo stato condensato erano il risultato di aggregati, anche cristallini,<br />
di lunghe molecole lineari ad elevata massa molecolare.<br />
36
Fig. 13: T. Svedberg<br />
(1884-1971), chimicosvedese,<br />
applicò la tecnica<br />
dell’ultracentrifuga<br />
allo studio delle<br />
masse molecolari dei<br />
polimeri naturali e sintetici<br />
(nel 1926 gli fu<br />
conferito il premio<br />
nobel) [Rif. 20].<br />
Fig. 14: Herman<br />
Staudinger (1881-<br />
1965) il “Grand<br />
Father” della moderna<br />
scienza dei polimeri.<br />
Per primo propose<br />
per i polimeri<br />
una struttura macromolecolare<br />
lineare a<br />
catena aperta (nel<br />
1953 gli fu assegnato<br />
il premio Nobel per la<br />
chimica) [Rif. 20].<br />
37
Fig. 15: Herman F. Mark (3<br />
maggio 1895 - 6 aprile 1992)<br />
chimico austriaco [Rif. 21].<br />
Fig. 16: Kurt Otto Heinrich Meyer<br />
(1883-1952) chimico tedesco [Rif.<br />
21].<br />
38
"Acceptance of the “long-chain” theory covering large molecules (instead of<br />
explaining polymers in terms of colloidal micelles) opened up a much better<br />
understanding of both rubbers and plastic materials" [9].<br />
I primi tentativi di raccogliere, in un’unica opera, l’insieme dei dati sperimentali<br />
prodotti al fine di elaborare una ipotesi di razionalizzazione<br />
della chimica macromolecolare risalgono al periodo 1930-1940. Infatti<br />
nel 1930 H. Mark e Kurt H. Meyer (figure 15 e 16) pubblicarono il “Der<br />
Aufbau der hochpolymere Chemie” mentre nel 1940 usciva la prima edizione<br />
del libro “Hochpolymere Chemie”. I volumi II e IV di quest’ultima<br />
serie, dopo una profonda revisione, furono ripubblicati nel 1950.<br />
Fig. 17: Frontespizio del libro di Kurt H. Meyer, “Natural and Synthetic high<br />
Polymers” pubblicato nel 1950 [Rif. 22].<br />
39
Fig. 18: Fotografia di Paul John Flory (1910-1985). Nel 1974 gli fu conferito il premio<br />
Nobel per la chimica [21].<br />
Nella prefazione al volume dal titolo “Natural and Synthetic High<br />
Polymers” Kurt H. Meyer, tra l’altro, ebbe a scrivere:<br />
"During the first decade, macromolecular chemistry, called polymer chemistry<br />
in the United States, became a science in its own right, and in the second<br />
decade it developed at an ever-increasing rate" [22] (figura 17).<br />
La “consacrazione” della chimica dei polimeri a rango di scienza la si<br />
ebbe nel 1953 con la pubblicazione, da <strong>part</strong>e di P. J. Flory (chimico fisico,<br />
collaboratore di Carothers), del libro dal titolo “Principles of Polymer<br />
Chemistry” (figure 18 e 19) [23].<br />
La pubblicazione di questo volume rappresentò il primo tentativo di<br />
ricavare, da una serie molto vasta di lavori pubblicati, dei principi di<br />
carattere generale capaci di interpretare i dati sperimentali prodotti.<br />
40
Fig. 19: Frontespizio del famoso libro, pubblicato da Paul J. Flory nel 1953, dal titolo<br />
“Principles of Polymer Chemistry” [Rif. 23].<br />
Flory, nell’introduzione al suo libro, così ne descriveva gli obiettivi:<br />
"The field of polymer science has grown very large indeed, and it would<br />
scarcely be possible in a single volume to do justice to all the excellent<br />
researches in various branches of the subject …… the author has been gui-<br />
41
ded in his choice of materials by a primary concern with principles. Out of<br />
the vast research effort carried on by many investigators the past twenty<br />
years, and especially during the last decade, certain reasonably well-defined<br />
generalization have emerged … In accordance with this objective, experimental<br />
results have been introduced primarily for illustrative purpose and to<br />
develop the basis for these principles" [23].<br />
A P. J. Flory, per il suo alto contributo allo sviluppo dei principi della<br />
scienza dei polimeri, fu conferito, nel 1974, il premio Nobel per la chimica.<br />
Il grande merito di Flory fu quello di avere applicato per primo i metodi<br />
della termodinamica statistica alle macromolecole dei polimeri considerate<br />
come libere di snodarsi e di fluttuare, assumendo per una determinata<br />
costituzione e configurazione, conformazioni, nello spazio, dipendenti<br />
dalla loro intrinseca flessibilità molecolare in relazione allo stato di<br />
soluzione, di cristallo e di fuso. Flory propose per i polimeri una equazione<br />
di stato, indipendente dal tempo, la cui importanza, per la scienza<br />
dei polimeri, può essere paragonata solo a quella dell’equazione dei gas.<br />
Nella tavola IV è riprodotta una interessante fotografia, scattata ad un<br />
convegno internazionale (intorno ai primi anni ’80), dove i due grandi<br />
della scienza dei polimeri, Herman Mark e Paul J. Flory siedono, l’uno<br />
accanto all’altro in seconda fila (rispettivamente secondo e terzo da<br />
destra). Partecipavano al convegno anche due dei più vicini collaboratori<br />
di Giulio Natta, i proff. Paolo Corradini (primo da destra in seconda<br />
fila) e Piero Pino (primo da destra in prima fila).<br />
La rilevanza che acquisì negli anni la chimica delle macromolecole non<br />
solo dal punto di vista fondamentale ma soprattutto per il determinante<br />
contributo allo sviluppo di industrie operanti in settori quali quello delle<br />
plastiche, delle fibre e dei tessili, della gomma e degli elastomeri, dei<br />
film, delle vernici e rivestimenti e degli adesivi è stata così commentata<br />
nel 1976 da Herman Mark:<br />
"… once the basic concepts of this new branch of chemistry were firmly<br />
established, polymer chemists settled down to useful and practical work:<br />
synthesis of new monomers, quantitative study of the mechanism of polymerisation<br />
processes in bulk, solution, suspension, and emulsion; characterization<br />
of macromolecules in solution on the basis of statistical thermodynamics;<br />
study of the fundamentals of the behaviour in the solid state. The<br />
result was a better understanding of the properties of rubbers, plastics and<br />
fibers" [24].<br />
42
TAVOLA IV<br />
Tavola IV: Alcuni “grandi” della scienza dei polimeri fotografati durante un convegno<br />
internazionale (primi anni ’80). Sono riconoscibili:<br />
- Paolo Corradini (il primo da destra in seconda fila) e Piero Pino (il primo da destra in<br />
prima fila), due dei più stretti collaboratori di Natta.<br />
- Herman Mark e Paul J. Flory (rispettivamente secondo e terzo a <strong>part</strong>ire da destra in<br />
seconda fila).<br />
La fotografia è stata messa gentilmente a disposizione dal prof. P. Corradini.<br />
43
CAPITOLO QUARTO<br />
1961, GIULIO NATTA “INVENTA” IL "CENTRO DI<br />
CHIMICA DELLE MACROMOLECOLE" DEL CNR<br />
Giulio Natta, oltre che un grande ricercatore e scienziato, fu anche un<br />
maestro ed un educatore. Attorno a lui crebbero e si formarono numerosi<br />
giovani i quali, trasferendosi presso centri industriali oppure in laboratori<br />
di enti pubblici ed istituti universitari, diedero luogo a quella che<br />
passò alla storia come la “Scuola Italiana di Chimica Macromolecolare”.<br />
L’esistenza di questa scuola fu riconosciuta, implicitamente, dallo stesso<br />
Natta, quando in un suo articolo su “Science”, scriveva:<br />
"E’ merito della scuola chimica italiana l’aver scoperto e messo in evidenza<br />
l’importanza dei fenomeni di stereoisomeria nel campo delle macromolecole<br />
e le relazioni tra struttura sterica e proprietà degli alti polimeri sintetizzati"<br />
[19].<br />
Natta va ricordato, quindi, non solo per i brillanti risultati delle sue<br />
ricerche, che permisero di sviluppare un nuovo ed avanzato settore della<br />
chimica, ma anche per la capacità che ebbe di fondare una scuola che<br />
"portò la scienza italiana, in questo campo a livelli di alta competitività internazionale"<br />
[25].<br />
Alcuni dei principali collaboratori di Giulio Natta appaiono, nella serie<br />
di fotografie (oramai di grande interesse storico) riprodotte nelle figure<br />
20, 21, 22 e 23 [26].<br />
Negli anni che seguirono la scoperta del polipropilene isotattico (figura<br />
24), molti dei collaboratori di Natta, alcuni dei quali presenti nelle<br />
fotografie di cui sopra, divennero docenti e professori presso varie università<br />
italiane nell’ambito delle quali continuarono la loro attività, costituendo<br />
importanti centri di ricerca sulle macromolecole. In <strong>part</strong>icolare<br />
Piero Pino si trasferì presso l’Università di Pisa, Paolo Corradini, prima<br />
presso l’Università di Cagliari, e poi, nel 1961, presso quella di Napoli,<br />
Italo Pasquon, Lido Porri, Ferdinando Danusso, Mario Farina e Giuseppe<br />
Allegra presso il Politecnico e l’Università di Milano. Altri proseguirono<br />
la loro carriera come ricercatori nell’ambito dei laboratori della<br />
Montecatini e di altre industrie chimiche del settore. Alcuni divennero,<br />
45
Fig. 20: Foto del 1955 che ritrae alcuni dei giovani collaboratori di Giulio Natta che<br />
lavoravano presso il Politecnico di Milano.<br />
In piedi da sinistra: Attilio Palvarini, Paolo Corradini, Mario Ragazzini.<br />
Seduti: Umberto Giannini, Giorgio Gaudiano, Giorgio Mazzanti, Romano Mazzocchi,<br />
Paolo Chini e Ivano Walter Bassi [Rif. 26].<br />
Fig. 21: Il Prof. Giulio Natta con i suoi collaboratori: Italo Pasquon (al centro) e Piero<br />
Pino (a destra) (la foto risale all’autunno del 1963) [Rif. 26].<br />
46
Fig. 22: Il Prof. Giulio Natta in uno dei laboratori del Politecnico di Milano insieme ad alcuni dei suoi collaboratori (Foto scattata alla vigilia<br />
del Nobel nel 1963).<br />
Sono visibili da sinistra: Lido Porri, Piero Pino, Raffaele Ercoli, Enrico Mantica, Ferdinando Danusso, Giulio Natta, Gino Dall’Asta, Mario<br />
Farina [Rif. 26].<br />
47
Fig. 23: Giulio Natta, seduto alla sua scrivania mentre con i collaboratori Paolo<br />
Corradini e Ivano Walter Bassi (esperti di diffrazione dei raggi X e di strutturistica chimica)<br />
osserva il modello del polistirene isotattico [la foto che risale alla fine del 1954<br />
è stata gentilmente concessa dal Prof. Paolo Corradini].<br />
negli anni, manager di alto livello e occuparono importanti posizioni dirigenziali<br />
in enti privati e statali.<br />
Sull’onda dell’entusiasmo suscitato dalla scoperta del polipropilene<br />
isotattico, il CNR istituì, nel 1961, su proposta di Giulio Natta e dei suoi<br />
principali collaboratori, il “Centro Nazionale di Chimica delle<br />
Macromolecole” (CNCM).<br />
Il CNCM fu articolato in otto s<strong>ezio</strong>ni, dislocate presso istituti universitari,<br />
i cui Direttori, molti dei quali già discepoli di Natta, avevano costituito<br />
nuclei di ricerca e di didattica nel campo della chimica e della fisica<br />
delle macromolecole sintetiche e naturali. Le città, le università ed i<br />
direttori delle otto s<strong>ezio</strong>ni del CNCM sono riportati nella tabella 6.<br />
Al CNCM, che rappresentò un elemento di grande innovazione nel<br />
panorama della ricerca pubblica italiana, si deve lo sviluppo e il consolidamento<br />
in Italia della scienza e tecnologia dei polimeri.<br />
Il corso estivo di “Chimica Macromolecolare”, tenutosi a Varenna dal<br />
18 al 30 settembre 1961, sotto gli auspici e con il contributo della<br />
48
Fig. 24: Raffigurazione della macromolecola<br />
del polipropilene isottatico.<br />
Nel cristallo essa assume una conformazione<br />
elicoidale (3/1). Nella figura i cerchi<br />
più grandi e ombreggiati indicano i<br />
gruppi metilici (CH 3 ) mentre quelli più<br />
piccoli e chiari rappresentano i gruppi<br />
CH e CH 2 dello scheletro molecolare.<br />
Fondazione "Francesco Giordani" e del CNR, può essere considerato il<br />
primo evento attraverso il quale si volle sancire la volontà politica di sviluppare,<br />
in Italia, questa importante e nuova branca della ricerca chimica.<br />
Le l<strong>ezio</strong>ni furono tenute da alcuni dei più grandi scienziati ed esperti<br />
internazionali dell’epoca [F. Eirich-USA, A. Keller-GB, M. Szwarc-<br />
USA] e dai Direttori delle s<strong>ezio</strong>ni del CNCM. Al corso, come si evince<br />
dalla fotografia riprodotta nella figura 25, <strong>part</strong>eciparono un gran numero<br />
di ricercatori e docenti italiani. Molti avevano collaborato all’impresa del<br />
polipropilene, altri erano giovani ricercatori afferenti, all’epoca, all’università,<br />
al CNR e a gruppi industriali.<br />
La <strong>part</strong>ecipazione al corso di grosse personalità straniere, in qualità di<br />
docenti (già affermati oppure emergenti) fu fortemente voluta dagli organizzatori<br />
ed in <strong>part</strong>icolare da Giulio Natta, il quale aveva sempre creduto<br />
che la formazione di giovani ricercatori in una nuova branca, quale era<br />
49
50<br />
Fig. 25: Fotografia, di grande interesse storico, scattata durante il corso estivo di “Macromolecular Chemistry” tenutosi a Varenna, Villa<br />
Monastero il 18-30 settembre 1961. Tra gli altri sono riconoscibili: Baccaredda, Claesson, Nasini, Rossi, Pino, Barone, Susa, Ascoli,<br />
Crescenzi, Vecchio, Giusti, Trossarelli, Saini, Mazzei, Moraglio, Breccia, De Chirico, Gechele, Talamini, Vidotto, Pezzin, Vitagliano, Keller,<br />
Bianchi, Butta, Szwarc, Corradini, Pegoraro, Danusso, Zamboni, Mazzarella, Anzuino, Lanzavecchia ed altri (foto gentilmente concessa dal<br />
Prof. G. Pezzin).
Tabella 6<br />
Le otto s<strong>ezio</strong>ni del Centro Nazionale di Chimica delle<br />
Macromolecole con relativi Direttori e sedi.<br />
SEZIONE DIRETTORE SEDE<br />
I - G. Natta Istituto di Chimica Industriale<br />
del Politecnico di Milano.<br />
II - G. Saini Istituto di Chimica Analitica<br />
dell’Università di Torino.<br />
III - A. M. Liquori Istituto di Chimica Fisica<br />
dell’Università di Napoli.<br />
IV - P. Pino Istituto di Chimica Organica<br />
Industriale dell’Università di Pisa.<br />
V - C. Rossi Istituto di Chimica Industriale<br />
dell’Università di Genova.<br />
VI - M. Baccaredda Istituto di Chimica Applicata e<br />
Industriale dell’Università di Pisa.<br />
VII - P. Corradini Istituto di Chimica Generale<br />
dell’Università di Napoli.<br />
VIII - E. Scoffone Istituto di Chimica Organica<br />
dell’Università di Padova.<br />
all’epoca in Italia la chimica macromolecolare e la scienza dei polimeri,<br />
poteva avvenire solo avvalendosi delle conoscenze già sviluppate, consolidate<br />
e maturate in laboratori esteri.<br />
Questa visione di massima apertura al confronto internazionale rappresentò<br />
uno dei modelli di vita di Giulio Natta, scienziato e docente. E’ in<br />
questo contesto che già nel 1953, all’inizio dell’avventura del polipropilene,<br />
Natta aveva spinto la Montecatini ad invitare il “Grand Father”<br />
della scienza moderna dei polimeri, H. Staudinger, a <strong>part</strong>ecipare alla<br />
“Mostra della Tecnica” di Torino del 1953 (figura 26) [27].<br />
Nella sua introduzione al testo delle l<strong>ezio</strong>ni, tenutesi durante il Corso di<br />
Varenna, pubblicato dal CNR nel 1963, G. Natta scriveva:<br />
"Gli argomenti riguardanti i vasti settori della sintesi di macromolecole e<br />
delle proprietà e caratterizzazione di polimeri amorfi e cristallini, si susseguono<br />
nell’ordine tenuto nello svolgimento del Corso, durante il quale argomenti<br />
affini sono stati riuniti in singolari giornate e discussi e completati con<br />
relativi seminari. Desidero esprimere un ringraziamento al Presidente del<br />
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Prof. G. Polvani, a tutti coloro che<br />
51
hanno collaborato all’organizzazione del Corso, ai Colleghi del Comitato<br />
Direttivo, ai Docenti stranieri e italiani ed anche ai giovani che hanno <strong>part</strong>ecipato<br />
con grande interesse al Corso stesso ed alle discussioni seguite alle<br />
l<strong>ezio</strong>ni" [28].<br />
Fig. 26: Fotografia scattata durante la "Mostra della tecnica" (Torino 1953).<br />
In essa appare H. Staudinger in visita allo stand della Montecatini [Rif. 27].<br />
Nella figura 27 è riprodotto il frontespizio del sopracitato volume .<br />
L’attività del CNCM era programmata, concordata e discussa da un<br />
Consiglio Direttivo Scientifico, i cui membri erano i Direttori delle 8<br />
S<strong>ezio</strong>ni, e veniva sottoposta a verifica in Convegni che il Centro teneva<br />
annualmente (<strong>part</strong>icolarmente importanti furono quelli di Varenna nel<br />
settembre 1964 e di Ravello nel settembre 1965). Essa, inoltre, era dettagliatamente<br />
documentata da relazioni biennali che venivano pubblicate a<br />
cura del CNR nei “Supplementi” de “La Ricerca Scientifica”.<br />
Molte delle ricerche del CNCM erano svolte con un contributo parziale<br />
dell’Industria. Tale collaborazione si concretizzava nell’utilizzo di <strong>part</strong>icolari<br />
apparecchiature oppure attraverso la <strong>part</strong>ecipazione diretta di<br />
ricercatori industriali che, per <strong>part</strong>icolari periodi e con compiti definiti,<br />
52
Fig. 27: Frontespizio del libro delle l<strong>ezio</strong>ni tenutesi durante il primo corso su<br />
“Macromolecular Chemistry” (Varenna 18-30 settembre 1961).<br />
venivano distaccati presso le sedi di alcune delle s<strong>ezio</strong>ni del Centro.<br />
"Tali contributi, erogati in una forma disinteressata, affiancavano l’Industria<br />
al CNR in una comunità di intenti, all’epoca, estremamente innovativa.<br />
All’attività scientifica delle singole s<strong>ezio</strong>ni <strong>part</strong>ecipavano anche gruppi<br />
accademici afferenti agli istituti universitari, presso cui era locata la s<strong>ezio</strong>ne<br />
stessa. Molto spesso si verificavano collaborazioni che prevedevano la par-<br />
53
tecipazione di più s<strong>ezio</strong>ni e istituti universitari, e questo anche al fine di ottimizzare<br />
l’utilizzo di <strong>part</strong>icolari e più sofisticati metodi o tecniche d’indagine"<br />
[28].<br />
Il CNCM si venne a configurare come una rete tematica nazionale di<br />
ricerca nell’ambito della quale le tre componenti Università-CNR-<br />
Industria spesso si integravano con grande spirito di collaborazione ed<br />
efficienza.<br />
Il programma del CNCM, si articolava nelle seguenti quattro grandi<br />
aree:<br />
a) Processi di sintesi di macromolecole.<br />
b) Trasformazioni chimiche di macromolecole.<br />
c) Struttura e proprietà di sostanze macromolecolari.<br />
d) Polimeri di interesse biologico.<br />
Ogni area era a sua volta suddivisa in un numero discreto di linee di<br />
ricerca.<br />
Nella relazione sull’attività del CNCM, presentata da G. Natta al<br />
Convegno sulla “Chimica delle Macromolecole” (Roma, 12-14 dicembre<br />
1966), si leggeva testualmente:<br />
"E’ da osservare che i criteri di scelta delle linee di ricerca, che formano l’oggetto<br />
del programma del Centro, corrispondono ad opportunità di vario tipo.<br />
Brevemente si può dire che tali linee di ricerca corrispondono da un lato, con<br />
<strong>part</strong>icolare riguardo ai polimeri sintetici, all’approfondimento della conoscenza<br />
di prodotti e di processi che assumono rilevante importanza nell’apparato<br />
produttivo nazionale e sull’attuale fronte internazionale di progresso<br />
dell’industria chimica. Dall’altro lato esse corrispondono, con <strong>part</strong>icolare<br />
riguardo ai polimeri di interesse biologico, al forte incremento degli interessi<br />
che, con il parallelo sviluppo della biologia molecolare, si sono creati<br />
attualmente nei riguardi dei fenomeni biologici primari e vitali, od eventualmente<br />
dei fenomeni ed effetti che assumono rilevanza farmacologica.<br />
In generale un’opportunità nasce anche da quella spinta verso una più libera<br />
indagine di carattere fondamentale che, come sempre nella ricerca, può aprire<br />
in un prossimo futuro le porte più impensate allo sviluppo dei fattori del<br />
progresso" [29].<br />
E’ stupefacente constatare come quello che G. Natta scriveva sia, ancora<br />
oggi, dopo oltre trenta anni, di grande attualità e questo a dimostrazione<br />
della lungimiranza di questo geniale ricercatore e scienziato italiano.<br />
Purtroppo una gravissima malattia, che lo colpì ancora giovane e ne<br />
limitò la sua attività, non gli permise di portare a compimento questo<br />
grande progetto di integrazione tra ricerca pubblica e privata.<br />
Le fotografie, riprodotte nella figura 28, furono scattate durante il con-<br />
54
fig. 28a<br />
Fig. 28: Fotografie scattate durante il Convegno sullo stato di avanzamento delle ricerche<br />
in "Chimica delle macromolecole" organizzato dal CNR (Roma 12-14 dicembre<br />
1966).<br />
a) Sono riconoscibili: Pino, Baccaredda, Rossi, Cerrai, Ferruti, Giusti, Butta, Pegoraro,<br />
Porri, Zambelli, Peggion.<br />
b) Pezzin e Zamboni.<br />
(Le foto sono state gentilmente messe a disposizione dal Prof. G. Pezzin).<br />
55
fig. 28b<br />
vegno sopra citato. In esse sono riconoscibili alcuni ricercatori e docenti<br />
che contribuirono, insieme ad altri, allo sviluppo della chimica macromolecolare<br />
e della scienza dei polimeri nel nostro paese.<br />
56
CAPITOLO QUINTO<br />
DAL CENTRO DI CHIMICA DELLE<br />
MACROMOLECOLE ALLA RETE ATTUALE<br />
DEL CNR NEL CAMPO DELLA<br />
SCIENZA DEI POLIMERI<br />
Intorno alla prima metà degli anni ‘60 iniziò nel nostro paese un dibattito<br />
che vedeva schierati da una <strong>part</strong>e quelli che sostenevano che solo<br />
l’Università dovesse essere considerata sede primaria della ricerca fondamentale<br />
di base e dall’altra <strong>part</strong>e coloro i quali ritenevano che il CNR,<br />
creando dei propri Organi di ricerca distribuiti sul territorio nazionale,<br />
potesse dare luogo ad una rete scientifica e tecnica autonoma<br />
dall’Università e con un ruolo ad essa complementare.<br />
Questa seconda linea in <strong>part</strong>e prevalse, anche se si accettò il principio<br />
di una qualche integrazione con il mondo accademico attraverso la crea-<br />
Fig. 29: Il Prof. Vincenzo Caglioti<br />
(1902-1998).<br />
Durante la sua presidenza furono<br />
gettate le basi per la costituzione<br />
della rete scientifica del CNR.<br />
57
zione dei “Centri” (organi propri del CNR, ma con sede presso<br />
l’Università e ad essa legati attraverso idonee e appropriate convenzioni).<br />
Nel periodo storico che va dal 1964 al 1970 furono istituiti, in <strong>part</strong>icolare<br />
sotto la presidenza del chimico Vincenzo Caglioti (figura 29), una<br />
serie di organi propri del CNR.<br />
Il periodo che va dal 1965 al 1975, vedeva affermarsi, nel nostro paese,<br />
l’idea che la ricerca scientifica e tecnologica necessitava di una strategia<br />
nazionale. Nasceva il concetto di “politica scientifica”.<br />
Paolo Bisogno, che introdusse in Italia il concetto di documentazione<br />
scientifica, in relazione a questa fase storica scriveva:<br />
"...A <strong>part</strong>ire dalla seconda metà degli anni ‘60, quando la necessità di una<br />
presenza non occasionale nella competizione scientifica internazionale ed il<br />
nuovo interesse per l’idea di pianificazione (con nuovi strumenti legislativi,<br />
programmatici ed operativi) dotano per la prima volta il sistema di ricerca<br />
nazionale di una potenzialità fino ad allora sconosciuta" [30].<br />
Cominciò a delinearsi quindi una politica della ricerca che prevedeva<br />
una terza rete scientifica nazionale, “intermedia” tra quella universitaria<br />
e quella industriale, il cui ruolo avrebbe dovuto essere quello di dare<br />
risposte sia a problematiche scientifiche che a domande espresse da aree<br />
produttive.<br />
L’obiettivo era quello di dotare il nostro paese di un sistema di ricerca<br />
integrato, frutto di una politica scientifica in grado di effettuare scelte e<br />
orientamenti in sintonia con le istanze socio-economiche del paese.<br />
E’ in questo contesto che, intorno agli anni ‘67-’68, il “Centro di<br />
Chimica Macromolecolare”, su proposta dell’allora Comitato per le<br />
Scienze Chimiche, fu profondamente rimodulato; le S<strong>ezio</strong>ni furono trasformate<br />
in Organi permanenti del CNR: Istituti, Laboratori e Centri. In<br />
<strong>part</strong>icolare a Milano, la S<strong>ezio</strong>ne I, con sede presso il Politecnico, dove<br />
per lunghi anni aveva svolto la sua attività il Prof. Giulio Natta, fu trasformata<br />
nell’ “Istituto di Chimica Macromolecolare”, le s<strong>ezio</strong>ni di<br />
Genova, di Pisa e di Padova furono trasformate in Centri, mentre a<br />
Napoli, dove operavano, presso l’Istituto di Chimica dell’Università di<br />
Napoli, le due s<strong>ezio</strong>ni del CNCM, la III diretta dal Prof. A.M. Liquori e<br />
la VII diretta dal Prof. P. Corradini, fu istituito il “Laboratorio di Ricerca<br />
su Tecnologia dei Polimeri e Reologia” (LTPR).<br />
Con questa operazione il CNR intese dotarsi di una delle prime reti<br />
nazionali di ricerca, di tipo disciplinare-tematica, operante nel settore<br />
della scienza e tecnologia delle macromolecole. A questa rete afferivano<br />
7 organi (un istituto, un laboratorio e cinque centri) le cui denominazio-<br />
58
Tabella 7<br />
Istituti, laboratori e centri del CNR che, agli inizi degli anni settanta,<br />
operavano nel settore delle macromolecole sintetiche e naturali.<br />
COMITATO ORGANO SEDE<br />
Chimica Istituto di chimica macromolecolare Milano<br />
Chimica Laboratorio di ricerche su tecnologia dei Napoli<br />
polimeri e reologia<br />
Chimica Centro di studi sulla fisica macromolecolare Bologna<br />
Chimica Centro di studi dei processi ionici di Pisa<br />
polimerizzazione e delle proprietà fisiche e<br />
tecnologiche di sistemi macromolecolari<br />
Chimica Centro di studi per le macromolecole Pisa<br />
stereordinate e otticamente attive<br />
Chimica Centro di studi sui biopolimeri Padova<br />
Chimica Centro di studi chimico-fisico di Genova<br />
macromolecole sintetiche e naturali<br />
ni e sedi sono riportate nella tabella 7 [31].<br />
E’ importante sottolineare come nuclei di ricerca attivi nel campo della<br />
ricerca sulle macromolecole si erano formati anche presso le università<br />
italiane. Questi gruppi universitari andarono a costituire quella che può<br />
essere definita la rete accademica del settore.<br />
Un’indicazione circa la consistenza di questo “network” universitario è<br />
possibile ricavarla analizzando la provenienza delle relazioni che furono<br />
presentate al “Convegno sullo Stato di Avanzamento della Ricerca nel<br />
Settore delle Macromolecole per il triennio 1970-73” che, organizzato dal<br />
CNR, si tenne a Padova dal 25 al 26 novembre 1974 (figura 30) [32].<br />
Come si evince dalla tabella 8, una ventina di gruppi di ricerca, attivi<br />
nel campo della chimica e fisica delle macromolecole, erano presenti,<br />
allora, presso varie università italiane.<br />
Negli anni successivi la rete del CNR si rafforzò, ulteriormente, con la<br />
istituzione: nel 1979 dell’Istituto per la chimica e la tecnologia dei materiali<br />
polimerici (con sede presso il di<strong>part</strong>imento di scienze chimiche -<br />
59
Fig. 30: Frontespizio del libro delle relazioni presentate al Convegno sullo stato di<br />
avanzamento della ricerca nel settore delle Macromolecole (triennio 1970-1973),<br />
Padova 25-26 Novembre (1974).<br />
Università di Catania); nel 1993 dell’Istituto per la tecnologia dei materiali<br />
compositi (provvisoriamente collocato presso la facoltà di ingegneria,<br />
Università “Federico II” di Napoli) e sempre nel 1993 dell’Istituto di<br />
ricerca su membrane e modellistica di reattori chimici (presso<br />
60
Tabella 8<br />
Istituti universitari e città dove, nel 1974, erano attivi nuclei di<br />
ricerca operanti nel settore della scienza e tecnologia delle macromolecole.<br />
Istituto Chimico<br />
Bologna<br />
Istituto Chimico G. Ciamician<br />
Bologna<br />
Istituto di Chimica Industriale<br />
Catania<br />
Istituto di Chimica Fisica<br />
Firenze<br />
Istituto di Chimica Industriale<br />
Genova<br />
Istituto di Chimica<br />
Milano<br />
Istituto di Chimica Industriale<br />
Milano<br />
Istituto di Chimica Industriale<br />
Milano<br />
Istituto di Principi di Ingegneria Chimica<br />
Napoli<br />
Istituto Chimico<br />
Napoli<br />
Istituto di Chimica Organica<br />
Padova<br />
Cattedra Principi Ingegneria Chimica<br />
Palermo<br />
Istituto di Chimica Industriale ed Applicata<br />
Pisa<br />
Istituto di Chimica Industriale<br />
Pisa<br />
Istituto di Chimica Organica ed Organica Industriale<br />
Pisa<br />
Istituto Chimico<br />
Roma<br />
Istituto di Chimica Analitica<br />
Torino<br />
Istituto di Chimica<br />
Trieste<br />
Facoltà di Ingegneria<br />
Università<br />
Università<br />
Università<br />
Università<br />
Politecnico<br />
Politecnico<br />
Università<br />
Politecnico<br />
Università<br />
Università<br />
Università<br />
Università<br />
Facoltà di Ingegneria<br />
Università<br />
Università<br />
Università<br />
Università<br />
61
l’Università di Arcavacata di Rende-Cosenza). Nel 1979 il “Laboratorio<br />
di ricerche su tecnologia dei polimeri e reologia” fu trasformato in istituto.<br />
Successivamente, nel 1993, il suo nome fu modificato in “Istituto di<br />
ricerca e tecnologia delle materie plastiche” (IRTeMP).<br />
Nel 1994 il Centro di Genova fu trasformato nell’”Istituto di studi chimico-fisici<br />
di macromolecole sintetiche e naturali”.<br />
La configurazione della rete degli organi del CNR afferente al settore<br />
della chimica e tecnologia dei polimeri è riportata nella tabella 9 dove,<br />
insieme alla denominazione dell’organo, viene indicata la sede, il numero<br />
dei ricercatori e tecnologi e del personale tecnico amministrativo al<br />
1995. Nella tabella è anche riportato il personale in formazione ed i collaboratori<br />
esterni [33].<br />
L’esperienza dell’Istituto Nazionale Coordinamento.<br />
Nel giugno 1996 (ordinanza del CNR n. 13940) veniva attivata la fase<br />
sperimentale, della durata di tre anni, dell’ “Istituto Nazionale di<br />
Coordinamento, di Chimica, Fisica e Tecnologia dei Sistemi<br />
Macromolecolari Sintetici e Naturali (INC-MACRO)” [34].<br />
All’INC-MACRO <strong>part</strong>ecipavano tutti gli organi del CNR, afferenti<br />
all’allora Comitato per le Scienze Chimiche, elencati nella tabella 9.<br />
L’Ordinanza stabiliva che l’INC-MACRO e la relativa struttura di supporto<br />
avessero sede presso l’IRTeMP di Napoli e inoltre, prevedeva l’istituzione<br />
di un Consiglio Direttivo così costituito:<br />
a) PRESIDENTE: Ezio Martuscelli, Direttore dell’Istituto di ricerca e<br />
tecnologia delle materie plastiche - Arco Felice (Napoli).<br />
b) COMPONENTI: i Direttori degli Organi di ricerca del CNR afferenti.<br />
c) UN RAPPRESENTANTE DEL COMITATO NAZIONALE PER LE<br />
SCIENZE CHIMICHE: Paolo Locatelli.<br />
L’ordinanza conteneva in allegato una bozza di statuto di carattere<br />
generale che avrebbe dovuto regolare la costituzione di un Istituto di<br />
Coordinamento Nazionale (INC). I principali aspetti di questo statuto<br />
sono qui di seguito riportati:<br />
“- L’INC ha la funzione, su base sperimentale e temporanea, di coordinare<br />
Istituti e Centri di Studio del CNR che si occupano di tematiche affini.<br />
- Gli Istituti e i Centri afferenti all’INC, mantengono, in piena autonomia e<br />
62
presso le loro Sedi, le attribuzioni e i compiti loro conferiti dai vigenti<br />
ordinamenti del CNR e i relativi finanziamenti.<br />
- L’adesione di Istituti e Centri all’INC viene formulata dai Direttori,<br />
accompagnata dal parere dei rispettivi Consigli Scientifici.<br />
- Il Consiglio di Presidenza, ricevuti i pareri dei Comitati Nazionali di<br />
Consulenza interessati, approva l’attivazione degli INC.<br />
- All’INC sono preposti:<br />
- il Presidente dell’Istituto;<br />
- il Consiglio Direttivo dell’Istituto.<br />
- Il Presidente è designato dal Consiglio di Presidenza fra una terna<br />
proposta dal Consiglio Direttivo dell’Istituto, tra i componenti del<br />
Consiglio Direttivo stesso.<br />
Il mandato di Presidente ha la durata di tre anni.<br />
- Il Presidente dell’INC ha i seguenti compiti:<br />
- rappresenta l’INC nelle sedi nazionali e/o comunitarie e/o internazionali;<br />
- predispone le relazioni sull’attività svolta e da svolgere da <strong>part</strong>e<br />
dell’INC, da sottoporre al Consiglio di Presidenza;<br />
- convoca il Consiglio Direttivo dell’INC, ne stabilisce l’ordine del<br />
giorno e ne presiede le adunanze.<br />
- Il Consiglio Direttivo dell’INC è costituito da:<br />
- il Presidente dell’Istituto di Coordinamento;<br />
- il Direttore di ogni Organo afferente;<br />
- un rappresentante per ogni Comitato Nazionale di Consulenza<br />
interessato, designato dal Consiglio di Presidenza.<br />
- Il Consiglio Direttivo dell’INC:<br />
- predispone programmi comuni di ricerca di interesse degli Organi<br />
<strong>part</strong>ecipanti da proporre in sede nazionale e/o comunitaria e/o<br />
internazionale.<br />
- promuove e coordina l’utilizzo di servizi scientifici e tecnologici<br />
di interesse comune agli Organi <strong>part</strong>ecipanti;<br />
- esprime parere sulla relazioni preventive e consuntive presentate<br />
dal Presidente dell’INC;<br />
- elegge nel proprio seno il Vicepresidente, che sostituisce il<br />
Presidente in caso di assenza o impedimento;<br />
- La struttura di supporto all’INC è allocata, con delibera del Consiglio di<br />
Presidenza, presso uno degli Organi afferenti o altra struttura individuata<br />
dal Consiglio di Presidenza.<br />
- Al termine della fase sperimentale, della durata di tre anni, il Consiglio di<br />
Presidenza delibera in ordine alla prosecuzione dell’attività dell’INC”.<br />
63
Tabella 9<br />
Istituti e centri afferenti alla “rete” scientifica del CNR nel settore della<br />
chimica, fisica e tecnologia dei sistemi polimerici sintetici e naturali (al<br />
1995)<br />
ISTITUTO<br />
PERSONALE E COLLABORATORI<br />
Ricercatori e Tecnici e Totale Collaboratori Personale in<br />
Tecnologi Amministrativi Esterni Formazione<br />
Istituto di chimica delle 19 15 34 8 24<br />
macromolecole<br />
ICM - Milano<br />
Istituto di studi chimico- 8 9 17 3 19<br />
fisici di macromolecole<br />
sintetiche e naturali<br />
IMAG - GENOVA<br />
Istituto di ricerca e tecno- 18 23 41 5 21<br />
logia delle materie plastiche<br />
IRTEMP - Arco Felice - Napoli<br />
Istituto per la chimica e la tecno- 8 6 14 2 8<br />
logia dei materiali polimerici<br />
ICTMP - CATANIA<br />
Istituto per la tecnologia 5 2 7 1 6<br />
dei materiali compositi<br />
ITMC - NAPOLI<br />
Centro di studio per la fisica 8 1 9 9 7<br />
delle macromolecole<br />
CSFM - BOLOGNA<br />
Centro di studio su fotoreat- 4 1 5 8 14<br />
tività e catalisi<br />
CSFC - FERRARA<br />
Centro di studi sui processi 6 2 8 15 16<br />
ionici di polimerizzazione e<br />
proprietà fisiche e tecniche di<br />
sistemi di macromolecole<br />
CSPI - PISA<br />
Centro studi per la sintesi, le 7 1 8 16 19<br />
proprietà fisiche di macromolecole<br />
stereordinate ed<br />
otticamente attive<br />
CSMSOA - PISA<br />
Istituto di ricerca su membrane 4 / 4 / 21<br />
e modellistica di reattori chimici<br />
IRMEC - Arcavata di Rende -<br />
COSENZA<br />
TOTALE 87 60 147 67 155<br />
64
Tabella 10<br />
Elenco dei principali know-how sviluppati presso gli Organi del CNR afferenti<br />
a quella che può essere definita la rete di ricerca nel settore della scienza<br />
e tecnologia dei polimeri.<br />
ISTITUTO<br />
KNOW-HOW<br />
Spettroscopia laser risolta nel tempo. Cinetiche termiche ve-<br />
loci. Spettroscopia ESR e FTIR. Voltametria ciclica. Proprietà<br />
superficiali.<br />
Istituto di chimica delle<br />
macromolecole<br />
ICM - MILANO<br />
Istituto di studi chimicofisici<br />
di macromolecole<br />
sintetiche e naturali<br />
IMAG - GENOVA<br />
Istituto di ricerca e tecnologia<br />
delle materie plastiche<br />
IRTEMP - Arco Felice -<br />
NAPOLI<br />
Istituto per la chimica e la<br />
tecnologia dei materiali<br />
polimerici<br />
ICTMP - CATANIA<br />
Istituto per la tecnologia<br />
dei materiali compositi<br />
ITMC - NAPOLI<br />
Centro di studio per la fisica<br />
delle macromolecole<br />
CSFM - BOLOGNA<br />
Centro di studio su fotoreattività<br />
e catalisi<br />
CSFC - FERRARA<br />
Metodologie di polimerizzazione con catalizzatori organo-<br />
metallici. Metodi di preparazione di conduttori organici.<br />
Preparazione di ritardanti di fiamma per polimeri. Spettroscopia<br />
vibrazionale e caratterizzazione NMR di polimeri<br />
e biopolimeri. Tecniche di diffrattometria a raggi X per<br />
polimeri. Tecniche di analisi in gascromatografia e<br />
spettroscopia di massa.<br />
Caratterizzazione di sistemi polimerici. Caratterizzazione di<br />
cristalli liquidi polimerici. Meccanica statistica dei processi<br />
di rilassamento polimerico. Morfologia di materiali polimerici.<br />
Funzionalizzazione di gomme poliolefiniche. Caratterizzazio-<br />
ne chimico-fisica di polimeri. Tenacizzazione di resine termoplastiche<br />
e termoindurenti. Fenomeni di cristallizzazione dei<br />
polimeri. Trasporto di vapori, gas e liquidi in polimeri. Caratterizzazione<br />
strutturale e morfologica dei polimeri. Polimeri<br />
ad elevata resistenza all’urto. Materiali polimerici biocompatibili.<br />
Riciclo di materiali polimerici. Polimeri per la conservazione<br />
dei beni culturali. Nano - compositi.<br />
Meccanismi di degradazione termica e caratterizzazione strut-<br />
turale di polimeri mediante spettrometria di massa. Determi-<br />
nazione delle reazioni di scambio in miscele polimeriche allo<br />
stato fuso. Sintesi di copolimeri a blocchi. Compatibilizzazione<br />
di miscele di polimeri. Sintesi di polimeri e copolimeri con<br />
proprietà ottiche non lineari.<br />
Assorbimento e permeabilità. Avvolgimento filamentare. For-<br />
matura per compressione. Estrusione di polimeri. CAD/CAM.<br />
Tecnologie per evaporazione di solventi. Degradazione di<br />
polimeri e compositi.<br />
Comportamento termico e biodegradazione di polimeri. Dif-<br />
frattometria con raggi X ad alta temperatura. Metodologia di<br />
preparazione di reattivi supportati su resina. Metodologia di<br />
funzionalizzazione di doppi legami. Metodologia per la sintesi<br />
di compositi biologicamente attivi.<br />
65
Tabella 10<br />
ISTITUTO<br />
Centro di studi sui processi<br />
ionici di polimerizzazione e<br />
proprietà fisiche e tecniche<br />
di sistemi di macromolecole<br />
CSPI - PISA<br />
KNOW-HOW<br />
Metodi di sintesi per policondensazione. Bioprotesi. Metodo-<br />
logie di caratterizzazione di biomateriali. Metodologie di fun-<br />
zionalizzazione in massa. Polimerizzazione su matrice. Poli-<br />
merizzazione ad apertura di anello. Reticolazione termica di<br />
complessi polielettrolitici.<br />
Polimerizzazione stereospecifica di olefine. Funzionalizzazio-<br />
ne di polimeri. Leghe polimeriche e polimeri liquido-cristal-<br />
lini. Catalisi e sintesi asimmetrica. Sintesi organiche regio e<br />
stereoselettive.<br />
Preparazione di membrane. Operazioni a membrana. Reattori<br />
a membrana. Modellistica di reattori chimici.<br />
Centro studi per la sintesi,<br />
le proprietà fisiche di macromolecole<br />
stereordinate<br />
ed otticamente attive<br />
CSMSOA - PISA<br />
Istituto di ricerca su membrane<br />
e modellistica di reattori<br />
chimici<br />
IRMERC - Arcavata di<br />
Rende - COSENZA<br />
Fig. 31: Ri<strong>part</strong>izione delle competenze per tipologia di materiali studiati negli organi<br />
che afferivano all’INC-MACRO (vedi testo).<br />
66
Fig. 32: Ri<strong>part</strong>izione delle competenze per settore di utilizzo negli organi che afferivano<br />
all’INC-MACRO (vedi testo).<br />
Fig. 33: Ri<strong>part</strong>izione delle competenze per settore di trasformazione negli organi che<br />
facevano <strong>part</strong>e all’INC-MACRO (vedi testo).<br />
67
Le caratteristiche più salienti e le potenzialità della “rete” di ricerca del<br />
CNR nel campo della scienza e della tecnologia dei polimeri, si ricavano<br />
dai dati delle tabelle 9 e 10 e dai grafici delle figure 31, 32 e 33.<br />
Esse possono così essere riassunte:<br />
– la rete è caratterizzata dalla presenza di 10 organi (4 istituti e 6 centri),<br />
distribuiti sul territorio nazionale, con un numero totale di addetti<br />
(inteso come permanent-staff) di circa 147 unità (dati riferiti al<br />
1995).<br />
Con la recente assegnazione di nuovi posti, la maggior <strong>part</strong>e derivanti,<br />
per gli Organi del Sud, dall’applicazione dell’Intesa di programma<br />
tra il CNR e il MURST (di cui si parlerà in dettaglio in uno<br />
dei capitoli successivi) il sistema ricerca del CNR nel campo dei<br />
polimeri risulterà sensibilmente potenziato in termini di addetti.<br />
– gli organi si avvalgono di un numero cospicuo di collaboratori<br />
esterni e, inoltre, <strong>part</strong>icolarmente rilevante appare l’attività di formazione<br />
nei confronti di giovani laureandi e laureati (tesi di laurea,<br />
borse post-laurea, ecc.);<br />
– i know-how sviluppati sono molto diversificati e riguardano molti<br />
degli aspetti della scienza e tecnologia dei polimeri attualmente considerati<br />
di grande attualità e importanza anche ai fini di uno sviluppo<br />
applicativo e tecnologico e questo in relazione ai settori di trasformazione,<br />
di utilizzo e alla tipologia dei sistemi oggetto di studio (figure<br />
31, 32 e 33).<br />
La sperimentazione dell’INC-MACRO era stata avviata con l’obiettivo<br />
di incentivare e implementare studi in settori innovativi e avanzati per i<br />
quali un supporto di ricerca di base era considerato essenziale a sviluppi<br />
di know-how suscettibili di essere trasformati in innovazione tecnologica<br />
da <strong>part</strong>e delle industrie del settore. In relazione a quanto sopra erano<br />
state individuate e giudicate prioritarie le seguenti aree tematiche:<br />
1) Sistemi polimerici innovativi:<br />
- sistemi di nuovi catalizzatori e di nuovi iniziatori;<br />
- modifiche di processo, post-reazioni e post-trattamenti.<br />
2) Biopolimeri:<br />
- sintesi, caratterizzazione e attività di macromolecole biologiche;<br />
- sistemi polimerici biocompatibili e biodegradabili.<br />
3) Sistemi polimerici per impieghi speciali:<br />
68
- sintesi, struttura, caratterizzazione e tecnologie di lavorazione;<br />
4) Problemi ambientali nella produzione, trasformazione, impiego e<br />
riciclo di materiali polimerici.<br />
Durante i tre anni di sperimentazione dell’INC-MACRO sono state<br />
individuate ed in <strong>part</strong>e avviate una serie di azioni le più significative delle<br />
quali sono qui di seguito riportate:<br />
- identificazione e sviluppo di tematiche di ricerca strategiche da<br />
inserire in iniziative nazionali ed europee;<br />
- coordinamento di programmi di ricerca con ottimizzazione<br />
dell’impiego di risorse umane e finanziarie;<br />
- attivazione di percorsi formativi per la qualificazione di tecnici e laureati<br />
da inserire nel mondo della produzione;<br />
- individuazione di modalità più incisive e dirette di collaborazione con<br />
il mondo della produzione e della ricerca;<br />
- istituzionalizzazione di contatti e collaborazione con strutture di ricerca<br />
e produttive dei paesi dell’UE e dell’area mediterranea al fine di<br />
favorire la <strong>part</strong>ecipazione degli organi afferenti a programmi comunitari<br />
e internazionali [35, 36].<br />
Di <strong>part</strong>icolare interesse fu considerata la pubblicazione, a cura<br />
dell’INC-MACRO, di un volume contenente un’offerta di supporto<br />
scientifico e tecnologico e di formazione rivolta alle PMI, afferenti al settore<br />
della lavorazione e trasformazione dei polimeri (figura 34).<br />
La fine della fase di sperimentazione dell’INC-MACRO e di altri INC<br />
avviati in altri settori dal CNR venne a coincidere con l’avvio della riforma<br />
dell’Ente ed in <strong>part</strong>icolare con quella <strong>part</strong>e che riguarda la ristrutturazione<br />
della rete scientifica che contempla, tra l’altro, eventuali “accorpamenti”<br />
di organi in “Istituti Nazionali” il cui ruolo e la cui funzione probabilmente<br />
dovranno essere approfonditi e forse meglio chiariti in un<br />
contesto di alta competitività internazionale [37].<br />
Proprio in relazione a quel <strong>part</strong>icolare momento di fervore innovatore<br />
sembrava opportuno avviare una profonda riflessione riguardante gli esiti<br />
della sperimentazione degli INC al fine di contribuire, sulla base di un<br />
triennio di attività, a fornire indicazioni utili, a coloro i quali, facendo<br />
<strong>part</strong>e del “quadro di comando” dell’Ente, dovevano assumersi la responsabilità<br />
di elaborare proposte per un reale rinnovamento della rete scientifica<br />
[38, 39].<br />
69
Purtroppo gli INC sono stati soppressi senza che si siano analizzati gli<br />
aspetti positivi e negativi che questa importante operazione aveva<br />
comunque messo in risalto. E’ probabile che l’esame di questa sperimen-<br />
Fig. 34: Frontespizio del volume pubblicato a cura dell’ INC-MACRO contenente<br />
un’offerta scientifica e tecnologica e di formazione rivolta alle PMI operanti nel<br />
settore della produzione e trasformazione dei polimeri.<br />
70
tazione avrebbe potuto fornire informazioni utili all’operazione di ristrutturazione<br />
della rete scientifica dell’Ente.<br />
71
CAPITOLO SESTO<br />
GLI STRUMENTI CHE HANNO CONTRIBUITO<br />
AL CONSOLIDAMENTO DELLA RETE<br />
DI RICERCA DEL CNR NEL SETTORE<br />
DELLA SCIENZA DEI POLIMERI.<br />
6.1) I Progetti Finalizzati del CNR<br />
Una svolta decisiva nella politica della ricerca del CNR si registrò nell’autunno<br />
del 1972 con l’insediamento dei nuovi comitati nazionali di<br />
consulenza e con l’esame del consuntivo del primo quadriennio di attività<br />
della serie di Organi propri che erano stati istituiti nel periodo 1968-<br />
1969.<br />
Il CNR, sotto forti spinte politiche e critiche al ruolo, che aveva ricoperto<br />
fino ad allora, di principale coordinatore e finanziatore della ricerca<br />
in Italia, decise di dare l’avvio e di gestire programmi di ricerca “finalizzati<br />
ad obiettivi utili al progresso civile e socio-economico del paese”.<br />
Il concetto di finalizzazione era in linea con la tendenza di superare la<br />
classificazione tradizionale della ricerca in "fondamentale" e "applicata"<br />
sostituendola con quella, più moderna e aderente alla realtà dei paesi<br />
industrializzati, di ricerca "libera o spontanea" avente come scopo prioritario<br />
l’avanzamento delle conoscenze (bottom-up approach) e di ricerca<br />
"orientata o finalizzata", i cui obiettivi e priorità scaturivano da un’analisi<br />
delle esigenze nazionali, necessariamente elaborata da organismi<br />
politici (top-down approach).<br />
In questa nuova visione anche una ricerca di base è orientata o finalizzata<br />
se contribuisce all’acquisizione di conoscenze fondamentali e necessarie<br />
alla soluzione di problemi applicativi (problem-solving approach).<br />
Nel 1973 i comitati del CNR, con la collaborazione di esperti dell’industria<br />
pubblica e privata, delle confederazioni del lavoro, del mondo<br />
dell’agricoltura e di enti di ricerca esterni, esaminarono circa 75 proposte<br />
di programmi finalizzati e focalizzarono la loro attenzione su una cinquantina<br />
di esse.<br />
All’assemblea generale del CNR del 28 Gennaio 1975, l’allora<br />
73
Presidente, Prof. Alessandro Faedo, presentando i progetti finalizzati,<br />
annunciò che per ragioni di opportunità essi sarebbero stati suddivisi in<br />
sette grandi raggruppamenti:<br />
Energetica – Nuove Fonti Alimentari – Salute – Ambiente – Didattica<br />
– Tecnologie Industriali – Progressi Culturali.<br />
Con l’approvazione da <strong>part</strong>e del CIPE dei programmi finalizzati proposti<br />
dal CNR, avvenuta il 9/10/1975, nasceva una nuova conc<strong>ezio</strong>ne<br />
della politica della ricerca scientifica in Italia. Per la prima volta infatti il<br />
potere politico acquisiva un ruolo fondamentale nell’indirizzare la ricerca<br />
verso fini e obiettivi più immediati e concreti [40, 41, 42].<br />
Di fronte a questa nuova realtà gli Organi del CNR furono “costretti”<br />
ad un esame critico delle competenze tecnico-scientifiche sviluppatesi al<br />
loro interno e dovettero quindi procedere ad una diversa programmazione<br />
delle attività più congruente con le finalità e gli obiettivi delle linee di<br />
ricerca secondo cui si articolavano i progetti finalizzati proposti dal CNR.<br />
Il 9 Ottobre 1975 il Comitato Interministeriale per la Programmazione<br />
Economica (CIPE) approvò 18 Progetti Finalizzati (PF) (detti poi di<br />
“prima generazione”) i cui titoli, raggruppati per area, sono qui di seguito<br />
riportati:<br />
- Salute dell’Uomo (1. medicina preventiva; 2. virus; 3. biologia della<br />
riproduzione; 4. tecnologie biomediche).<br />
- Biologia e Ambiente (5. conservazione del suolo; 6. oceanografia e<br />
fondi marini; 7. geodinamica; 8. promozione della qualità dell’ambiente).<br />
- Risparmio di Energia e Fonti Alternative (9. energetica).<br />
- Fonti Alimentari (10. miglioramento delle produzioni vegetali per fini<br />
alimentari ed industriali mediante interventi genetici; 11. nuove fonti<br />
proteiche; 12. fitofarmaci e fitoregolatori; 13. conservazione,<br />
trasporto, distribuzione ortofrutticoli a mezzo containers; 14. consolidamento,<br />
sviluppo e conservazione dell’acquacoltura nazionale;<br />
15. difesa delle risorse genetiche delle popolazioni animali; 16. incremento<br />
delle disponibilità alimentari di origine animale; 17. meccanizzazione<br />
agricola).<br />
- Tecnologie Avanzate (18. aiuti alla navigazione e controllo del traffico<br />
aereo).<br />
Successivamente il CIPE, sempre su proposta del CNR, approvò altri<br />
Progetti: “controllo della crescita neoplastica” (gruppo Salute<br />
dell’Uomo); “laser di potenza”; “superconduttività ed informatica"<br />
74
(gruppo Tecnologie Avanzate); “chimica fine e secondaria”; “trasporti”;<br />
“metallurgia”.<br />
Più tardi furono lanciati altri 11 PF detti di seconda generazione i quali<br />
furono elaborati tenendo in considerazione il fatto che l’interscambio fra<br />
utilizzatori e ricercatori (domanda e offerta di ricerca) era cresciuto e pertanto<br />
era possibile perseguire finalità più “mirate” e di più specifica utilizzazione<br />
applicativa. I titoli di questi PF erano:<br />
medicina preventiva e riabilitativa - ingegneria genetica - malattie da<br />
inf<strong>ezio</strong>ne - tecnologie biomediche e sanitarie - oncologia - tecnologie<br />
meccaniche - energetica II - incremento produttività risorse agricole<br />
(IPRA) - struttura ed evoluzione dell’economia italiana - materiali e<br />
dispositivi per l’elettronica a stato solido - organizzazione e funzionamento<br />
pubblica amministrazione.<br />
Il 28 Maggio 1987 il CIPE approvò i PF di “terza generazione” che<br />
riguardavano settori considerati strategici a livello internazionale. Il loro<br />
obiettivo principale era quello di consentire all’industria nazionale di<br />
disporre di nuove e più sofisticate tecnologie che ne aumentassero la<br />
competitività sui mercati internazionali, al fine di ridurre il passivo della<br />
bilancia tecnologica del nostro Paese. Pertanto, tali progetti prevedevano<br />
anche la realizzazione di prototipi, lo studio di sistemi e la formulazione<br />
di proposte organiche di politica e di intervento nel campo delle istituzioni<br />
e dei servizi del sistema produttivo italiano.<br />
Al finanziamento dei Progetti <strong>part</strong>ecipava anche l’industria, coinvolta<br />
direttamente ed attivamente nelle ricerche per un ammontare pari a circa<br />
il 50% del finanziamento pubblico. I titoli dei PF di terza generazione<br />
erano i seguenti:<br />
1. telecomunicazioni; 2. robotica; 3. tecnologie elettroottiche;<br />
4. chimica fine 2; 5. materiali speciali per tecnologie avanzate;<br />
6. tecnologie superconduttive e criogeniche; 7. servizi e strutture per l’internazionalizzazione<br />
delle imprese; 8. sistemi informatici e calcolo<br />
parallelo; 9. biotecnologie e biostrumentazione; 10. edilizia.<br />
Nel settore della Chimica il CNR, su sollecitazione del Comitato di<br />
Consulenza per le Scienze Chimiche e dei rappresentanti dell’industria<br />
chimica italiana, avviò due importanti progetti finalizzati a durata quinquennale:<br />
chimica fine e secondaria (PF CFS) e chimica fine 2 (PF<br />
CF-2).<br />
Le date di inizio di questi progetti furono rispettivamente le seguenti:<br />
75
luglio 1980 e maggio 1989; entrambi furono strutturati in sottoprogetti ed<br />
in tematiche di ricerca [43, 44, 45].<br />
Come si evince dalle figure 35 e 36 argomenti concernenti il settore<br />
della chimica e tecnologia delle macromolecole erano ampiamente presenti<br />
e accorpati in due sottoprogetti denominati “Materiali Polimerici”<br />
(PFCFS) e “Chimica e Tecnologia dei Polimeri” (PFCF-2).<br />
Fig. 35: Configurazione e strutturazione in sottoprogetti del Progetto Finalizzato<br />
“Chimica Fine e Secondaria” del CNR (1980-1984).<br />
L’obiettivo generale che si prefiggeva il PF CFS era quello di contribuire<br />
a ridurre la carenza di ricerca, identificata all’epoca come una delle<br />
cause primarie dello scarso sviluppo e della bassa competitività della chimica<br />
fine e secondaria italiana. Per il raggiungimento di questo obiettivo<br />
le seguenti azioni furono considerate di fondamentale importanza:<br />
a) l’ampliamento e il coordinamento degli interventi di ricerca nel settore;<br />
b) il superamento della situazione di netta separazione tra ricerca universitaria<br />
e CNR da una <strong>part</strong>e e ricerca industriale dall’altra;<br />
c) il coinvolgimento di ricercatori universitari e CNR su ricerche di<br />
76
ase orientate e finalizzate alla risoluzione di problematiche di rilevanza<br />
industriale.<br />
In <strong>part</strong>icolare le finalità del sottoprogetto “Materiali Polimerici” (SMP)<br />
erano:<br />
1) fornire all’industria del settore nuovi strumenti per aumentare e<br />
migliorare la gamma di materiali polimerici atti ad impieghi speciali;<br />
2) contribuire all’innovazione dei processi di produzione e delle tecnologie<br />
di trasformazione sviluppando studi e ricerche per la realizzazione<br />
di materiali ad alto valore aggiunto;<br />
3) sviluppare studi tendenti a nobilitare polimeri tradizionali, che<br />
derivavano da grosse produzioni (Commodities), realizzando nuove<br />
formulazioni e quindi materiali con caratteristiche mirate al tipo di<br />
utilizzo e caratterizzati da un migliore valore del rapporto<br />
costo/prestazioni;<br />
4) raggiungere una più profonda conoscenza delle proprietà dei materiali<br />
polimerici in termini di interazioni microscopiche tra i loro costituenti<br />
fondamentali e in termini di composizione e di struttura.<br />
Il SMP inizialmente fu strutturato secondo le seguenti tematiche di<br />
ricerca:<br />
- Materiali Compositi;<br />
- Sistemi Polimerici: Caratterizzazione e Compatibilizzazione;<br />
- Meccanismi di Degradazione dei Polimeri;<br />
- Membrane e Processi di Separazione;<br />
- Catalisi di Polimerizzazione;<br />
- Nuovi Polimeri e Funzionalizzazione.<br />
Esigenze, collegate ad una nuova domanda di ricerca espressa principalmente<br />
dalle industrie, richiesero una serie di operazioni che portarono<br />
ad una nuova articolazione e configurazione del sottoprogetto al fine di<br />
renderlo più rispondente alle sue finalità. Quindi tenendo in <strong>part</strong>icolare<br />
considerazione i più significativi input provenienti dalle imprese del settore,<br />
si identificarono ed attivarono nuove tematiche e linee di ricerca<br />
volte a creare nuclei operativi misti (Università, CNR, Industria) su temi<br />
di grande impatto applicativo sui quali l’interesse dei ricercatori accademici<br />
era assente o del tutto marginale.<br />
A seguito delle innovazioni e degli aggiustamenti apportati il SMP<br />
77
78<br />
Fig. 36: Configurazione e strutturazione in sottoprogetti e tematiche di ricerca del Progetto Finalizzato “Chimica Fine 2” del CNR (1989-<br />
1993).
acquisì una configurazione ed una articolazione (figura 37) molto più<br />
rispondente alle esigenze nazionali di ricerca del settore con obiettivi che<br />
erano, allora, sicuramente in linea con le tendenze di sviluppo internazionale<br />
della scienza e tecnologia dei materiali polimerici [44].<br />
I primi risultati del PFCFS vennero presentati a Milano il 22 Febbraio<br />
1982 in un convegno tenutosi presso la Camera di Commercio organizzato<br />
in collaborazione con l’ASCHIMICI. La fotografia riportata nella<br />
figura 38 è stata scattata mentre il Direttore del PF, Luciano Caglioti,<br />
teneva la sua conferenza. Al tavolo della Presidenza sono visibili i quattro<br />
responsabili dei sottoprogetti: Vincenzo Carelli, Sergio Carrà, Ezio<br />
Martuscelli e Renato Ugo. Sono altresì presenti alti rappresentanti del<br />
mondo dell’industria, delle associazioni di categoria e della ricerca accademica.<br />
Da un punto di vista più generale il PFCFS e con esso il SMP centrò<br />
una serie di obiettivi; in <strong>part</strong>icolare esso contribuì efficacemente a:<br />
i) superare quella barriera ideologica secondo cui ricercatori accademici<br />
e del CNR non potevano anzi “non dovevano” collaborare con<br />
ricercatori industriali;<br />
ii) modificare la mentalità dei singoli ricercatori accademici (la ricerca<br />
non venne più considerata come un mero fatto culturale avulsa<br />
dal contesto socio-economico del paese);<br />
iii) sviluppare una politica brevettuale praticamente assente all’epoca<br />
nel mondo accademico;<br />
iv) riprendere quella politica di formazione di giovani laureati e tecni<br />
ci, principalmente attraverso l’erogazione di borse di studio da <strong>part</strong>e<br />
di organismi industriali ed enti locali, presupposto fondamentale al<br />
problema del trasferimento delle conoscenze (questi giovani laureati<br />
molto spesso dopo periodi di lavoro presso unità operative accademiche<br />
o del CNR trovarono collocazione nelle stesse industrie<br />
che avevano elargito i fondi per la borsa, travasando così nel<br />
mondo industriale tutto quel “background” conoscitivo e culturale<br />
acquisito; questo processo, legato alle caratteristiche formative<br />
delle strutture di ricerca e alla capacità di programmare le assunzioni<br />
da <strong>part</strong>e delle aziende, rappresentò un modo concreto ed<br />
incisivo di trasferimento delle conoscenze);<br />
v) sel<strong>ezio</strong>nare ed evidenziare una serie di tematiche di ricerca il cui<br />
sviluppo rappresentava un presupposto necessario per gettare le<br />
basi conoscitive e fondamentali su cui poggiare quindi il processo<br />
di innovazione della industria dei polimeri italiana.<br />
79
La collaborazione tra componenti pubbliche e private contribuì ad una<br />
presa di coscienza, specialmente nella media industria, sull’importanza<br />
vitale della ricerca come contributo essenziale all’innovazione tecnologica,<br />
elemento quest’ultimo fondamentale per una maggiore competitività<br />
dell’industria nazionale del settore.<br />
I risultati di quasi tutte le ricerche furono il frutto diretto o indiretto di<br />
“joint action” tra Unità Operative del CNR, delle Università e delle<br />
Industrie. Questo comportò un’evoluzione molto positiva nelle relazioni<br />
tra ricerca pubblica e ricerca industriale permettendo e facilitando quel<br />
processo di trasferimento che spesso rappresentò il presupposto essenziale<br />
per sviluppare interventi successivi di ricerca più finalizzata all’in-<br />
Fig. 37: PFCFS - evoluzione temporale del sottoprogetto “Materiali Polimerici”. Sono<br />
indicati i titoli delle tematiche insieme all’anno di attivazione [Rif. 44].<br />
80
novazione tecnologica in ambiti istituzionalmente diversi da quelli del<br />
progetto finalizzato (ad esempio i Piani Nazionali di Ricerca del MURST<br />
e la legge sulla ricerca applicata).<br />
La durata del PFCFS, fissata nei cinque anni, rappresentò un arco troppo<br />
breve che non permise di sviluppare in pieno tutto l’insieme delle operazioni<br />
ed interventi avviati. Pertanto il rinnovo del progetto, con il varo<br />
di un “secondo” progetto finalizzato sulla chimica fine, sembrò, all’epoca<br />
altamente auspicabile al fine di non vanificare importanti sforzi orga-<br />
Fig. 38: Fotografia scattata durante il convegno, organizzato dal CNR e<br />
dall’ASCHIMICI, dove venivano presentati i “Primi risultati e le prospettive del<br />
PFCFS” (Milano 1982). Al tavolo della Presidenza sono presenti il Direttore del PF.<br />
Luciano Caglioti ed i Direttori dei 4 sottoprogetti Vincenzo Carelli, Sergio Carrà, Ezio<br />
Martuscelli e Renato Ugo insieme a personalità del mondo dell’industria e dell’accademia.<br />
81
nizzativi che avevano coinvolto una grossa <strong>part</strong>e del mondo della cultura<br />
chimica nazionale.<br />
Gli organi di ricerca del CNR afferenti al settore della chimica e tecnologia<br />
delle macromolecole <strong>part</strong>eciparono con grande entusiasmo al<br />
PFCFS (ad esempio l’Istituto di Ricerca e Tecnologia delle Materie<br />
Plastiche –IRTeMP- fu presente con ben otto unità operative coordinate<br />
da ricercatori dell’istituto) contribuendo in maniera rilevante al suo successo<br />
e questo sia in termini di pubblicazioni che di brevetti depositati.<br />
Particolarmente importanti per il futuro furono i contatti che si vennero a<br />
creare con gruppi di ricerca afferenti a industrie del settore.<br />
A distanza di oltre quindici anni è possibile affermare che il PFCFS rappresentò<br />
per gli organi del CNR una svolta di grande rilevanza. In effetti<br />
la massiccia <strong>part</strong>ecipazione a questa importante iniziativa, le collaborazioni<br />
sviluppate e consolidate con il mondo industriale ed accademico<br />
insieme ad un cospicuo finanziamento che si aggiungeva a quelli ordinari,<br />
già all’epoca insufficienti, rappresentò per i ricercatori il primo impatto<br />
con una filosofia di “autofinanziamento” e con un conseguente cambio<br />
di mentalità connessa al fatto che, per poter accedere ai necessari<br />
finanziamenti aggiuntivi, bisognava adeguarsi ad una politica della ricerca,<br />
di tipo prevalentemente “top down”. Questo comportò un adattamento<br />
delle competenze alle esigenze che, sulla base di una programmazione,<br />
vedeva gli interessi generali del sistema paese prevalere sugli interessi<br />
di ricerca dei singoli ricercatori o Istituti nel loro insieme.<br />
Nella figura 39 sono riportati i principali “prodotti” del SPMP suddivisi<br />
per ente e per tipologia (pubblicazioni, comunicazioni a convegni e<br />
brevetti).<br />
A consuntivo, fu possibile concludere che erano stati ottenuti rilevanti<br />
risultati scientifici e tecnologici, importanti sia per quantità che per qualità.<br />
Il Progetto Finalizzato “Chimica Fine-2” (PFCF-2) autorizzato dal<br />
CIPE con delibera del 28 maggio 1987, ebbe inizio nel 1989 concludendosi,<br />
dopo cinque anni di attività, nel 1993.<br />
Il PFCF-2, che rappresentò la naturale prosecuzione, dopo un’interruzione<br />
di quattro anni, del Progetto Finalizzato “Chimica Fine e<br />
Secondaria”, si proponeva le seguenti finalità:<br />
- consolidare e sviluppare gli aspetti positivi del precedente PFCFS;<br />
82
- sviluppare nuovi prodotti, processi e metodologie sostenuti da opportuna<br />
politica brevettuale, rispondenti alle esigenze del mondo imprenditoriale;<br />
- consolidare i gruppi di ricerca in aree avanzate dell’innovazione tecnologica<br />
per favorire la costituzione di “Centri di Eccellenza”;<br />
Il raggiungimento di questi obiettivi prevedeva:<br />
- l’attivazione di temi di ricerca orientati allo sviluppo di nuovi prodotti<br />
e nuove tecnologie;<br />
- lo stimolo alla creazione di gruppi di ricerca capaci di operare in<br />
campi innovativi;<br />
- la promozione dell’attività di formazione e di aggiornamento di giovani<br />
laureati;<br />
- l’incentivazione di rapporti con i gruppi internazionali di ricerca a-<br />
vanzata nel settore.<br />
La strutturazione del PFCF-2 nel suo insieme (sottoprogetti e tematiche<br />
di ricerca) è illustrata nella figura 36. Le tematiche e le corrispondenti<br />
linee di ricerca attivate nell’ambito del Sottoprogetto “Chimica e<br />
Fig. 39: Progetto Finalizzato Chimica Fine e Secondaria del CNR (1980-84). Risultati<br />
relativi al Sottoprogetto Materiali Polimerici (lavori pubblicati, comunicazioni a convegni,<br />
brevetti) suddivisi per ente di ap<strong>part</strong>enenza delle singole unità operative [Rif. 43,<br />
44].<br />
83
Tecnologia dei Polimeri” (SPCTP) con i nominativi dei rispettivi coordinatori<br />
sono indicati nella figura 40.<br />
Al sottoprogetto “Chimica e Tecnologia dei Polimeri” <strong>part</strong>eciparono<br />
ben 89 Unità Operative (fig. 41) [45, 46]. Le ricerche condotte nell’ambito<br />
del questo sottoprogetto si svilupparono secondo due livelli differenziati,<br />
ma interconnessi tra loro. Nel primo livello furono affrontate<br />
problematiche di tipo più fondamentale, speculative e di natura metodologica<br />
finalizzate principalmente allo studio sistematico dell’influenza<br />
dell’insieme di parametri molecolari, strutturali e formulativi sulle caratteristiche<br />
e prestazioni di sistemi polimerici. L’obiettivo era quello di progettare<br />
nuovi materiali con proprietà ed idoneità mirate.<br />
Nel secondo livello il grado di finalizzazione fu notevolmente più spinto,<br />
pertanto gli obiettivi delle ricerche furono più definiti e con una maggiore<br />
capacità di applicazione.<br />
Gli studi condotti contribuirono alla formazione ed allo sviluppo di un<br />
“background” conoscitivo fondamentale e di base, finalizzato principalmente<br />
al supporto di attività di ricerca di riconosciuto interesse applicativo,<br />
elemento decisivo per sviluppare successivi interventi proiettati<br />
verso la realizzazione di materiali e processi innovativi.<br />
Fig. 40: Strutturazione del Sottoprogetto “Chimica e Tecnologia dei Polimeri” del<br />
PFCF-2.<br />
84
Fig. 41: PF-Chimica Fine-2: Unità Operative <strong>part</strong>ecipanti suddivise per sottoprogetto:<br />
il sottoprogetto Chimica e Tecnologia dei Polimeri viene indicato come sottoprogetto<br />
“B” [Rif. 45, 46].<br />
Gli obiettivi raggiunti sono qui di seguito riassunti.<br />
- Si fornirono all’industria della produzione e della trasformazione di<br />
polimeri strumenti caratteristici della Chimica Fine atti ad aumentare e<br />
migliorare la gamma di materiali polimerici per impieghi mirati e speciali.<br />
- Si contribuì all’innovazione dei processi di produzione e delle tecnologie<br />
di trasformazione sviluppando studi e ricerche per la realizzazione<br />
di materiali ad elevato valore aggiunto idonei per applicazioni in nuovi<br />
settori.<br />
- Si svilupparono studi per “nobilitare” polimeri tradizionali, che derivavano<br />
da grosse produzioni, realizzando nuove formulazioni e quindi<br />
materiali con caratteristiche mirate al tipo di utilizzo e caratterizzati da un<br />
migliore valore del rapporto costo/prestazioni.<br />
- Si raggiunse una più profonda conoscenza delle proprietà dei materiali<br />
polimerici a più di un componente (miscele, leghe e compositi) in<br />
85
elazione alle interazioni molecolari tra i loro costituenti fondamentali e<br />
all’influenza combinata di fattori quali la composizione, la struttura<br />
molecolare dei componenti e natura delle fasi e interfasi.<br />
I risultati realizzati nell’ambito del sottoprogetto “Chimica e<br />
Tecnologia dei Polimeri” furono di grande interesse non solo per il com<strong>part</strong>o<br />
delle plastiche ma anche per altri settori industriali. Questo a causa<br />
principalmente dell’utilizzo massiccio, e in applicazioni sempre più sofisticate,<br />
dei materiali polimerici nei più svariati campi d’impiego. I settori<br />
soggetti di maggiore ricaduta, di utilizzo e di trasferimento più o meno<br />
immediato dei risultati furono i seguenti:<br />
- trasporto (auto, navale, spaziale), agricoltura, sanitario, imballaggio e<br />
imballaggio alimentare moderno, farmaceutico, elettronico, elettrotecnico,<br />
telecomunicazione, telematica, edilizio, recupero energetico, meccanico,<br />
biomedico e biotecnologico -.<br />
Alcune delle ricerche condotte nell’ambito del sottoprogetto furono<br />
giudicate di potenziale interesse applicativo. Pertanto i risultati (nuove<br />
procedure e/o nuovi materiali) furono brevettati. In molti casi le ricerche<br />
furono condotte in collaborazione sia con industrie produttrici di polimeri<br />
che con quelle attive nella trasformazione. Questo permise di procedere<br />
ad uno “scale up” e ad una verifica del rapporto costo/prestazioni, al<br />
fine di ottenere un indice idoneo a stabilire se questi nuovi processi e/o<br />
materiali avessero caratteristiche tali da poter “sostituire” quelli già in<br />
fase di utilizzo (figura 42).<br />
Tra i Progetti Finalizzati di terza generazione approvati dal CIPE il 28<br />
Maggio 1987 (figura 43), oltre a quello sulla Chimica Fine-2, figurava,<br />
tra gli altri, anche quello sui “Materiali speciali per Tecnologie avanzate”<br />
PF-MSTA-1, le cui finalità erano quelle di creare ed implementare:<br />
- competenze scientifiche che potessero giovare al settore chimico, fisico,<br />
meccanico, strutturistico, per un avanzamento nella chimica di<br />
preparazione dei nuovi materiali e nella conoscenza della loro struttura<br />
e del loro comportamento in esercizio;<br />
- competenze tecnologiche mirate alle tecniche di produzione e di lavorazione<br />
dei nuovi materiali, fortemente innovative rispetto alle tecnologie<br />
di produzione attualmente impiegate nel Paese;<br />
- attività lavorative altamente qualificate sia nel campo della ricerca<br />
pubblica e privata sia in quello della produzione;<br />
86
- attività industriali per la fabbricazione di prodotti ad alto valore<br />
aggiunto e ad elevate prestazioni.<br />
Il PF-MSTA-1 fu articolato in quattro sottoprogetti: 1) Neoceramici; 2)<br />
Materiali, Processi e Tecnologie di fabbricazione di compositi; 3)<br />
Materiali con <strong>part</strong>icolari proprietà elettriche, elettroniche e magnetiche;<br />
4) Caratterizzazione, proprietà e qualificazione dei materiali.<br />
Anche nel caso del PF-MSTA-1 numerosi gruppi di ricerca afferenti ad<br />
istituti e centri del CNR operanti nel settore della chimica e tecnologia<br />
dei polimeri, <strong>part</strong>eciparono alla sua elaborazione e alla preparazione<br />
dello studio di fattibilità. All’avvio molte unità operative furono finanziate<br />
e presero <strong>part</strong>e attiva alle azioni di ricerca contribuendo al successo<br />
di questo Progetto Finalizzato.<br />
Il PF-MSTA-1, dopo che il CIPE ne aveva approvato lo studio di fattibilità<br />
nel 1987, <strong>part</strong>ì a livello esecutivo nel 1989 per terminare la sua attività<br />
dopo cinque anni, nel 1993.<br />
Gli interessanti risultati raggiunti nell’ambito del PF-MSTA-1 portaro-<br />
Fig. 42: Prototipo di casco protettivo ad alta resistenza all’urto realizzato utilizzando<br />
nuovi materiali poliammidici rinforzati con fibre di vetro e modificati con gomme<br />
(risultato della collaborazione tra unità operative dell’IRTeMP - CNR e della SNIA nell’ambito<br />
del Progetto Finalizzato Chimica Fine e Secondaria del CNR).<br />
87
no il Consiglio di Presidenza del CNR ad approvare lo studio di fattibilità<br />
per un secondo Progetto Finalizzato “Materiali Speciali per<br />
Tecnologie Avanzate” (PF-MSTA-2).<br />
Il PF-MSTA-2 si inserì in un contesto nazionale e internazionale che si<br />
caratterizzava per i seguenti elementi:<br />
√ riduzione del tempo che intercorre fra il completamento della ricerca,<br />
il trasferimento dei risultati, lo sviluppo dell’innovazione e la commercializzazione<br />
del prodotto finito;<br />
√ riorganizzazione dei processi produttivi basati su innovazioni “client<br />
driven” and “customer oriented” [47];<br />
Partendo da queste considerazioni di base il PF MSTA-2 fu articolato<br />
in 6 sottoprogetti ognuno dei quali comprendeva a sua volta un numero<br />
limitato di tematiche e linee di ricerca (figura 44) [47].<br />
La struttura data al PF MSTA-2 rifletteva chiaramente il carattere “orizzontale”<br />
dei materiali i quali rientrano in quelle che comunemente vengono<br />
definite tecnologie diffusive, fondamentali per lo sviluppo dell’industria<br />
manifatturiera nazionale. Il concetto di “diffusività” dei nuovi<br />
materiali veniva ribadito, tra l’altro, anche nel Piano Triennale della<br />
Ricerca del MURST (1994-96) dove si indicavano chiaramente gli obiettivi<br />
prioritari che la ricerca nel campo dei materiali innovativi doveva<br />
prefiggersi.<br />
Lo schema del processo seguito nell’impostazione del PFMSTA-2 è<br />
illustrato nella figura 45 [47].<br />
Seguendo una logica trasversale che ha visto convergere su di un unico<br />
Fig. 43: Elenco dei Progetti Finalizzati del CNR di terza generazione.<br />
88
• Sottoprogetto 1:<br />
• Sottoprogetto 2:<br />
• Sottoprogetto 3:<br />
Materiali ceramici e metallici, relativi compositi,<br />
rivestimenti e trattamenti superficiali<br />
- materiali ceramici monolitici e compositi<br />
- leghe, compositi intermetallici, compositi a<br />
matrice metallica<br />
- rivestimenti e trattamenti superficiali<br />
- vetri, vetroceramici e materiali ibridi inorganici-organici<br />
Innovazione di prodotto e di processo dei materiali<br />
tradizionali<br />
- innovazione di processo nei ceramici industriali<br />
- innovazione di prodotto nei ceramici industriali<br />
- materiali a matrice cementizia modificata con polimeri<br />
Materiali polimerici e relativi compositi<br />
- film polimerici<br />
- compositi finalizzati ad applicazioni speciali ed avanzate<br />
- polimeri compositi ingegneristici<br />
Fig. 44: Alcuni dei sei sottoprogetti, con relative tematiche, secondo cui è stato articolato<br />
il PF-“Materiali Speciali per Tecnologie Avanzate-2”, PF MSTA-2, del CNR [Rif.<br />
47].<br />
obiettivo competenze diversificate ma complementari è stato possibile,<br />
nell’ambito del PF-MSTA-1, realizzare un prototipo di una autovettura<br />
ecologica, denominata “ZIC” (Zero Impact Car) a trazione esclusivamente<br />
elettrica (tavola V). Per la realizzazione di questa autovettura sono<br />
state messe a punto tecnologie innovative che hanno permesso di sviluppare<br />
materiali a base polimerica con prestazioni mirate all’utilizzo.<br />
In <strong>part</strong>icolare sono state studiate le potenzialità di compositi a matrice<br />
termoplastica per la fabbricazione dei pannelli della scocca dell’autovettura,<br />
ottenuti attraverso il processo di lavorazione RTM (Reaction<br />
Transfer Molding). Polimeri termoplastici sono stati utilizzati anche nella<br />
realizzazione dei paraurti e dei vetri. Il contributo dato dai ricercatori<br />
accademici ed industriali, operanti nel campo della scienza e tecnologia<br />
dei polimeri, è stato rilevante ai fini della realizzazione del prototipo di<br />
questa autovettura che è stata definita a ragione: “una concept car innovativa”.<br />
Il ritardo ancora inspiegabile circa l’approvazione di un terzo PF sulla<br />
Chimica dal titolo “Tecnologie Chimiche Innovative” da <strong>part</strong>e del<br />
89
MURST e del CIPE, il cui studio di fattibilità era stato già approvato dal<br />
Consiglio di Presidenza del CNR, lasciò di fatto fuori dai finanziamenti<br />
dei finalizzati una grande <strong>part</strong>e delle ricerche nel settore della scienza<br />
delle macromolecole.<br />
Fortunatamente una discreta aliquota di ricerche finalizzate alla messa<br />
a punto di nuovi processi e prodotti a base di materiali polimerici trovarono<br />
posto nel PF MSTA-2 (figura 44). Numerose unità operative di istituti<br />
e centri del CNR che afferiscono al campo della ricerca chimicamacromolecolare<br />
<strong>part</strong>ecipano attualmente e attivamente al PFMSTA-2.<br />
Pertanto anche questo PF di terza generazione ha contribuito, insieme ai<br />
due sulla chimica, a sviluppare ed innovare profondamente la ricerca nel<br />
campo della scienza e tecnologia dei polimeri in Italia favorendo il consolidamento<br />
della rete di ricerca del CNR in questo settore di grande rilevanza<br />
per il nostro paese.<br />
Fig. 45: Schema del processo seguito nell’impostazione del PF-MSTA-2 del CNR [Rif.<br />
47].<br />
90
6.2) L’intesa CNR-MISM-MURST per il Mezzogiorno quale strumento<br />
per lo sviluppo della rete degli organi del Sud operanti<br />
nel settore della scienza e tecnologia dei polimeri<br />
Il 29 Dicembre 1986 il CIPE approvò il Primo Piano Annuale di attuazione<br />
del Programma Triennale di Sviluppo del Mezzogiorno, comprendente<br />
tra l’altro, l’intesa di programma CNR-Ministero per gli Interventi<br />
Straordinari nel Mezzogiorno (MISM) per una spesa globale di lire 740<br />
miliardi, di cui il 70% a carico del MISM sui fondi della legge n. 64/86<br />
ed il restante 30% a carico degli incrementi di bilancio del CNR [48].<br />
Successivamente, in data 30 Marzo 1988, il CIPE rendeva operativa<br />
l’intesa di programma, sottoscritta dalle <strong>part</strong>i l’8 Marzo 1988, ri<strong>part</strong>endo<br />
tra i contraenti l’onere previsto per il triennio 1988/1990 in ragione di lire<br />
518 miliardi a carico del MISM e di lire 222 miliardi a carico del CNR<br />
[49].<br />
L’intesa CNR-MISM si inseriva in uno scenario che vedeva il Sud<br />
d’Italia fortemente penalizzato, per quanto riguardava la spesa per la<br />
ricerca scientifica e di sviluppo (R&S), rispetto alle altre due macroregioni,<br />
il Centro e il Nord.<br />
Infatti, come si evince dai dati della figura 46 (anno 1987), nelle regioni<br />
del Sud (isole incluse) il settore pubblico (esclusa l’Università) e l’industria<br />
spendevano per R&S rispettivamente una cifra pari a 245,2 (9,2<br />
%) e 466,0 (7,0 %) miliardi di lire.<br />
Nelle regioni del Nord e del Centro Italia queste cifre risultavano essere<br />
le seguenti:<br />
Nord – settore pubblico, 977,4 (37%), industria, 5261,6 (78,6%) miliardi<br />
di lire.<br />
Centro – settore pubblico, 1421,4 (53,8%), industria, 962,3 (14,4 %)<br />
miliardi di lire (50).<br />
Con l’avvio dell’intesa di programma tra il CNR e l’allora MISM si<br />
intendeva ridurre questo profondo divario auspicando inoltre che essa<br />
potesse, attraverso un processo di trascinamento, favorire anche la creazione<br />
e/o il potenziamento di centri di ricerca industriali la cui presenza<br />
nelle regioni meridionali era del tutto marginale sia dal punto di vista<br />
qualitativo che quantitativo.<br />
In effetti altre intese che prevedevano un flusso di fondi al Sud finalizzate<br />
alla riduzione del gap esistente nel settore della R&S tra Nord,<br />
Centro e Sud furono attivate sia per il settore pubblico che industriale.<br />
91
Si ricordano in <strong>part</strong>icolare quella con l’ENEA e quelle con la FIAT e la<br />
SNIA. Alcune hanno avuto successo, altre sono miseramente fallite.<br />
Centri di ricerca industriali furono creati e subito dopo la fine dell’inter-<br />
(SUD)<br />
(NORD)<br />
(CENTRO)<br />
fig. 46a<br />
fig. 46b<br />
(CENTRO)<br />
(SUD)<br />
(NORD)<br />
Fig. 46: Spesa per ricerca scientifica e sviluppo (R&S) in Italia distribuita per macroregioni<br />
(anno 1987):<br />
a) Settore Pubblico (Università esclusa);<br />
b) Industria [Rif. 50].<br />
92
vento abbandonati con grande sperpero di denaro pubblico.<br />
L’obiettivo dell’intesa di programma CNR-MISM era il seguente:<br />
"portare nei prossimi anni gli interventi del CNR nelle regioni meridionali,<br />
che attualmente rappresentano il 18% del complesso degli stanziamenti,<br />
prima al 30% e successivamente al 40%. E’ inoltre prevista la costruzione di<br />
nuove aree e poli di ricerca nel Mezzogiorno" [51].<br />
Purtroppo la realizzazione degli obiettivi che si prefiggeva l’intesa di<br />
programma subì dei ritardi “mostruosi” (si ricorda che essa faceva <strong>part</strong>e<br />
degli interventi straordinari per lo sviluppo del Mezzogiorno) connessi ad<br />
una lenta ed ottusa burocrazia, ma anche ad una serie di eventi tra i quali<br />
la cessazione dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno e la contemporanea<br />
fase di liquidazione del MISM, con gli inevitabili rallentamenti<br />
connessi con la fase transitoria di trasferimento delle competenze al<br />
Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica<br />
(MURST).<br />
Il CIPE su proposta del MURST in data 29/12/1995 approvò la proroga<br />
dell’intesa CNR-MURST al 31/12/1998 e la rimodulazione degli<br />
interventi previsti, fermo restando l’importo complessivo e la ri<strong>part</strong>izione<br />
dello stesso tra le due <strong>part</strong>i contraenti [52].<br />
Purtroppo ancora una volta l’intesa non riuscì a decollare per imprevisti<br />
intralci di natura amministrativa e burocratica pertanto in data<br />
17/12/1998 il Ministro del MURST trasmise al CIPE una proposta di proroga<br />
al 2001 ed una rimodulazione degli interventi previsti per una spesa<br />
complessiva che passava da 740 a 776,87 miliardi di lire.<br />
Il CIPE in data 19/02/1999, tenuto conto che il Comitato Tecnico<br />
Scientifico Aree Depresse aveva espresso il previsto parere nella seduta<br />
del 7 Ottobre 1998 e che nella seduta del 12 Febbraio 1999 la<br />
Commissione per la Ricerca e la Formazione si era espressa favorevolmente<br />
sulla citata proposta presentata dal MURST, deliberò quanto<br />
segue:<br />
"L’intesa di programma fra il Ministero dell’Università e della Ricerca<br />
Scientifica e Tecnologica ed il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) è<br />
prorogata fino alla data del 31 Dicembre 2001.<br />
Il costo complessivo degli interventi in oggetto dell’Intesa ammonta a lire<br />
776,87 miliardi di lire (401,22 milioni di euro) ed è così ri<strong>part</strong>ito: è confermato<br />
l’onere di 518 miliardi di lire (267,52 milioni di euro) a carico del<br />
bilancio dello Stato, già previsto dalle precedenti delibere di approvazione e<br />
proroga dell’Intesa; è incrementato di 9,72 miliardi di lire (5,02 milioni di<br />
euro), per un importo complessivo di 231,72 miliardi di lire(119,67 milioni<br />
di euro), l’onere a carico del bilancio del CNR; l’onere residuo, pari a 27,15<br />
miliardi di lire (14,02 milioni di euro), trova copertura su fondi comunitari".<br />
93
Rispetto ai contenuti della precedente Intesa, la rimodulazione prevedeva:<br />
1. una ridistribuzione sul territorio delle risorse fisiche ed umane del<br />
CNR, tese ad accorparle in grandi aree, preventivamente predisposte, per<br />
le <strong>part</strong>icolari ricerche, cercando di favorire il posizionamento di queste<br />
aree in prossimità od all’interno delle zone universitarie, al fine dell’integrazione<br />
del patrimonio culturale e scientifico nazionale;<br />
2. l’uso, per quanto possibile, di fabbricati esistenti in luogo di procedere<br />
a nuove costruzioni;<br />
3. il completamento di tutte le attività entro il 31 Dicembre 2001.<br />
L’intesa di programma CNR-MURST poteva essere l’occasione per<br />
dotare il Mezzogiorno d’Italia di una qualificata rete scientifica qualora<br />
gli interventi fossero stati programmati in maniera tale da concentrare le<br />
risorse principalmente sugli organi già esistenti al fine di portarli ad una<br />
dimensione credibile in termini di addetti ed infrastrutture. Naturalmente<br />
in maniera contestuale andavano individuate poche aree di grande valenza<br />
scientifica e socio-economica, nell’ambito della quale istituire alcuni<br />
nuovi organi di ricerca anch’essi di dimensioni tali da poter competere a<br />
livello internazionale. Purtroppo si preferì a questo tipo di politica quello<br />
degli interventi a “pioggia” che ha determinato uno sbilanciamento<br />
dell’ente le cui conseguenze saranno, forse, superabili solo in tempi<br />
medio-lunghi.<br />
Il riordino della rete scientifica del CNR, prevista dai nuovi regolamenti<br />
e dalla riforma dell’Ente, qualora fosse orientato seriamente alla<br />
ridefinizione di chiari obiettivi strategici, potrebbe rappresentare una<br />
importante occasione per una rimodulazione che porti ad eliminare alcuni<br />
degli errori commessi e questo anche attraverso la chiusura di quegli<br />
organi che per tipologia di attività e per una marginalità anche geografica,<br />
difficilmente avranno la possibilità di svilupparsi e di essere competitivi<br />
a livello nazionale ed internazionale.<br />
94
6.3) Lo strumento del “Frame Work Programme for Research<br />
and Development” dell'Unione Europea<br />
Fino agli anni '60 l'interesse della Comunità Europea era esclusivamente<br />
rivolto ai settori del carbone, dell'acciaio e dell'energia atomica, in<br />
seguito si è spostato su tutti i settori dell'economia e della vita sociale.<br />
Con il Trattato di Maastricht del 1987, l’Unione Europea (UE) elaborava,<br />
per la prima volta, una politica comunitaria per la ricerca e lo sviluppo<br />
tecnologico, con l’obiettivo di rafforzare la competitività dell'industria<br />
europea e quindi fronteggiare la crescente concorrenza dell'industria<br />
americana e giapponese con <strong>part</strong>icolare riguardo ai settori a più alto<br />
contenuto tecnologico.<br />
Su questa problematica G. Tognon in un articolo dal titolo<br />
“L’insicurezza della ricerca” ha scritto:<br />
"L’Europa vive quello che molti chiamano un “paradosso europeo”: la base<br />
scientifica è soda, la rete delle università e dei laboratori è eccellente, la concentrazione<br />
di cervelli e di tecnici è pressocchè unica al mondo, gli investimenti<br />
globali sono comunque significativi, mentre le posizioni tecnologiche<br />
e industriali non sono soddisfacenti" [53].<br />
I fattori di debolezza del sistema di ricerca dell’UE emergono chiaramente<br />
quando gli andamenti di alcuni indicatori si paragonano con quelli<br />
degli Stati Uniti e del Giappone, che rappresentano i paesi che più di<br />
ogni altro sono in competizione con l’Europa.<br />
Da questo confronto è possibile ricavare importanti elementi conoscitivi,<br />
alcuni dei quali sono qui di seguito riportati.<br />
a) L’UE nel suo insieme investe in R&S una frazione del suo prodotto<br />
interno lordo sensibilmente minore di quella degli USA e del<br />
Giappone (figura 47).<br />
b) Nell’UE, i ricercatori operanti in ambito industriale, così come quelli<br />
attivi in tutti i settori (pubblici e privati), per ogni 1000 lavoratori,<br />
sono notevolmente inferiori a quelli relativi a USA e Giappone (figura<br />
48).<br />
c) Gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica variano notevolmente<br />
da stato a stato e questo sia in termini di valori assoluti che in<br />
frazione percentuale del prodotto interno lordo.<br />
I paesi che investono di più sono la Finlandia, la Germania e la<br />
95
Francia. Investe di meno la Grecia, il Portogallo, la Spagna e l’Italia<br />
(1,03% - anno 1998).<br />
d) Gli investimenti in R&S dei settori privati e quello dei settori pubblici<br />
(organizzazioni di ricerca pubblica e università) relativo all’UE<br />
sono notevolmente inferiori a quelli degli Stati Uniti e del Giappone.<br />
Tale rapporto varia in maniera sensibile da stato a stato (figura 49).<br />
e) I brevetti depositati dai paesi dell’UE, in Europa, negli Stati Uniti e<br />
in Giappone rappresentano rispettivamente solo il 36%, il 9% e il<br />
3% di tutti i brevetti depositati (valori notevolmente più elevati sono<br />
osservati nel caso degli USA e del Giappone) ( figura 50).<br />
f) L’UE presenta, nei settori ad elevata tecnologia, un saldo negativo<br />
degli scambi commerciale con l’ estero (figura 51) [54].<br />
Circa la necessità di implementare la capacità di ricerca scientifica e<br />
tecnologica dell’UE, il Commissario Philippe Busquin ha scritto:<br />
"On 18 January 2000 the European Commission adopted this<br />
Communication “Towards a European Research Area” which is meant to<br />
contribute to the creation of better overall framework conditions for research<br />
in Europe……. In the past, the European Union has concentrated its work<br />
and initiatives on organizing research cooperation between <strong>part</strong>ners from<br />
different countries through a series of successive Framework Programmes.<br />
The success and the impact of such cooperative efforts are not to be underestimated.<br />
It is clear however, that making the most out of the huge research<br />
potential in Europe requires more than the prevision of funds for the support<br />
of these cooperative activities. What is required to ensure a promising future<br />
for research in Europe is the creation of a real European Research<br />
Area……… The European Research Area will not be created by a single<br />
decision; it will rather be the result of a process to which all the relevant<br />
actors have to contribute" [54].<br />
L'UE si è pertanto impegnata ad integrare e rafforzare le attività di<br />
ricerca degli Stati Membri per far fronte ai principali fattori di debolezza<br />
della ricerca europea,tralasciando però di intervenire in settori nei quali<br />
gli stati hanno specifiche competenze e questo in accordo con il principio<br />
di sussidiarietà [54].<br />
Il Programma Quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (PQ)<br />
costituisce la base e lo strumento principale di attuazione della politica<br />
96
comunitaria del settore. Esso definisce gli obiettivi, le priorità e le condizioni<br />
dell'intervento finanziario dell'Unione Europea per un periodo di 5<br />
anni, consentendo, in questo modo, un’efficace programmazione della<br />
politica comunitaria.<br />
Il primo PQ, di durata quinquennale, fu lanciato nel 1983; esso ha rappresentato<br />
il primo tentativo di coordinamento dell'intervento comunitario<br />
in questo settore strategico.<br />
Ad esso hanno fatto seguito i successivi, fino al V attualmente in vigore<br />
dal 1998 con scadenza 2002, che è stato, rispetto a quelli che lo<br />
hanno preceduto, profondamente rimodulato e ristrutturato.<br />
Con il IV PQ (1994 - 98) sono stati ottenuti importanti risultati, costituite<br />
centinaia di reti di ricerca trans-nazionali e prodotti un gran numero<br />
di brevetti [55]. Tutto questo ha rafforzato il tessuto scientifico ed<br />
industriale dei paesi dell'UE, pur restante limitata la capacità di sfruttare<br />
il potenziale economico e commerciale dei know-how raggiunti.<br />
Il V PQ (1998-2002), approvato dal Consiglio Europeo dei Ministri<br />
33<br />
2,8 2.8<br />
2,6 2.6<br />
2,4 2.4<br />
2,2 2.2<br />
EU<br />
Japan<br />
United States<br />
22<br />
1,8 1.8<br />
1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997<br />
Fig. 47: Nel corso degli ultimi 10 anni l’investimento globale dell’Unione Europea in<br />
attività di ricerca ha continuato a ridursi rispetto al suo prodotto interno lordo. Aumenta<br />
il divario con Stati Uniti e Giappone (spese di R&S in % sul PIL) [Rif. 54].<br />
97
8<br />
7<br />
6<br />
5<br />
4<br />
Numero di ricercatori nelle imprese su<br />
1000 Number addetti of researchers (operanti in in firms ambito per<br />
1.000<br />
industriale)<br />
labour force,<br />
1997<br />
1997<br />
6.7 6,7<br />
6<br />
9<br />
8<br />
7<br />
6<br />
5<br />
4<br />
Numero di ricercatori su1000 addetti<br />
Number (operanti of researchers in tutti i settori) per 1.000<br />
1997 labour o il force, più recente 1997, or anno most recent disponibile year<br />
8,5 8.5<br />
7.4 7,4<br />
5,1 5.1<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
2,5 2.5<br />
EU US JAP<br />
3<br />
2<br />
1<br />
0<br />
EU USA JAP<br />
Fig. 48: L’Unione Europea dispone, rispetto agli Stati Uniti ed al Giappone, di un minor<br />
numero di ricercatori: le imprese europee impiegano inoltre meno ricercatori rispetto<br />
alle loro omologhe statunitensi e giapponesi [Rif. 54].<br />
della Ricerca il 22 dicembre 1998, è basato su di un nuovo approccio<br />
“challenge-led”, secondo cui alla ricerca comunitaria viene conferita la<br />
funzione di contribuire alla risoluzione dei principali problemi con i quali<br />
si dovranno confrontare i paesi europei (l'occupazione, la qualità della<br />
vita, la compatibilità ambientale, la globalizzazione delle conoscenze, la<br />
crescita sostenibile e la promozione della competitività dell'industria<br />
continentale).<br />
Il passaggio dall’impostazione orientata a produrre conoscenza (knowhow<br />
producing) tipica del IV PQ, a quella finalizzata a risolvere i problemi<br />
(problem solving) ha comportato una nuova formulazione dei contenuti<br />
con obiettivi più concreti a breve, medio e lungo termine (Tavola<br />
VI).<br />
La struttura del V PQ è riportata, con le sue funzioni essenziali, nella<br />
Tavola VII [55, 56].<br />
Nella Tavola VIII è illustrata l’evoluzione che hanno subito le aree,<br />
considerate prioritarie nell'ambito della programmazione della ricerca<br />
europea dal 1982 ad oggi, insieme ai relativi stanziamenti.<br />
Tra i settori privilegiati rientrano le tecnologie dell'informazione e<br />
98
Fig. 49: Spesa per investimenti in R&S delle imprese (SIRSI) e del settore pubblico e<br />
delle università (SIRSOP+SIRSUN) in percentuale sul PIL di ogni Stato membro, 1998<br />
o anno più recente. La ri<strong>part</strong>izione della spesa di ricerca fra settore pubblico (organismi<br />
pubblici di ricerca e università) e settore privato varia considerevolmente nei diversi<br />
paesi europei [Rif. 54].<br />
99
delle comunicazioni, le scienze della vita, l’ambiente e l’energia, la cooperazione<br />
internazionale. Negli ultimi anni è emersa l'esigenza di finanziare<br />
nuove tipologie di attività quali la ricerca socio-economica, l'innovazione,<br />
la disseminazione e lo sfruttamento dei risultati al fine di incentivare<br />
ulteriormente la <strong>part</strong>ecipazione delle PMI [57, 58].<br />
I Programmi Quadro dell’UE hanno contribuito ad implementare la<br />
capacità di collocazione internazionale degli organi di ricerca del CNR<br />
afferenti al settore della scienza delle macromolecole sintetiche e naturali,<br />
favorendo la loro attitudine a <strong>part</strong>ecipare a reti tematiche transnazionali<br />
di ricerca e formazione.<br />
Fig. 50: Percentuale di brevetti relativi ai settori ad alta tecnologia depositati per paese<br />
d’origine (1998). Ai paesi europei fa capo solo il 36% dei brevetti depositati<br />
nell’Unione (Ufficio Europeo dei Brevetti - UEB), il 9% di quelli depositati negli Stati<br />
Uniti (Ufficio Statunitense dei Brevetti - USB) ed il 3% di quelli depositati in Giappone<br />
(Ufficio Giapponese dei Brevetti - UGB). Mentre i brevetti, relativi a tali settori e depositati<br />
all’UEB, sono per il 36% di origine statunitense e per il 22% giapponesi [Rif. 54].<br />
100
Fig. 51: Dinamica del saldo degli scambi commerciali di UE, USA e Giappone per<br />
quanto riguarda i prodotti ad alta tecnologia. Il deficit commerciale dell’Unione<br />
Europea, in termini di importazione ed esportazione di prodotti ad alta tecnologia, ha<br />
continuato a peggiorare dal 1987 [Rif. 54].<br />
Attualmente interessanti opportunità sono offerte a questi organismi<br />
dalle azioni previste nel Programma Tematico “Competitive and<br />
Sustainable Growth” del V PQ (Tavola VII).<br />
L’articolazione e gli obiettivi di questo programma tematico sono così<br />
descritti nel riferimento [59]:<br />
"- Key actions oriented to solve clearly identified socio-economic problems<br />
by developing critical technologies and clustering, when appropriate,<br />
projects around strategic common challenges.<br />
Four key actions have been established: 1) Innovative products, processes<br />
and organisation; 2) sustainable mobility and intermodality; 3) land transport<br />
and marine technologies; and 4) new perspectives in aeronautics.<br />
- RTD on generic technologies helping to develop the scientific and technological<br />
base as well as qualified human capital in critical areas, and giving<br />
support to innovation across a range of applications. Three actions have been<br />
established: 1) materials and their production and transformation; 2) new<br />
materials and production technologies in the steel field; and 3) measurements<br />
and testing.<br />
- Support for the more efficient utilisation of existing research infrastructures<br />
to provide an attractive networked environment in the fields<br />
covered by this programme" .<br />
L’insieme delle azioni, interrelazioni e sinergie del programma tematico<br />
“Competitive and Sustainable Growth”, sono schematicamente raffigurate<br />
nella figura 52.<br />
Le possibilità di sviluppare, nell’ambito di questo programma tematico,<br />
attività di ricerche nel settore dei polimeri sono così evidenziate nel già<br />
101
citato riferimento [59]:<br />
"Research on polymers is focused on generic issues, advanced polymers,<br />
and speciality chemicals. The overall aim is to achieve a sustainable polymer<br />
chemistry based on clean synthesis routes and an efficient use of raw<br />
materials and energy. Sustainability, dematerialization and environmental<br />
compatibility are key problems that will be addressed through medium and<br />
long-term research. Polymers were, until now, characterised by large-scale<br />
production. However, industry is demanding more varied polymer grades for<br />
customised products. Research is needed in the frame-work of this trend<br />
towards higher added value materials. There is a clear scope for improvement<br />
in efficiency, selectivity, flexibility and sustainability".<br />
Tutto questo in linea con gli obiettivi generali di sviluppo:<br />
"a) support advanced materials applications needed for improved quality of<br />
life;<br />
b) develop sustainable materials production and transformation technologies,<br />
which can ensure quality, reliability, sustainability and cost-effectiveness<br />
of materials to allow optimum incorporation into new products, especially<br />
in the context of shorter production cycles;<br />
c) improve safety and reliability; and<br />
d) promote the efficient use and reuse of materials" [59].<br />
Fig. 52: Strutturazione del programma tematico “Competitive and Sustainable<br />
Growth”; interrelazioni tra le varie azioni. Quinto Programma Quadro di R&S dell’UE<br />
[Rif. 59].<br />
102
6.4) L’associazione italiana di scienza e tecnologia delle macromolecole<br />
(AIM)<br />
L’AIM fu costituita nel 1975 a San Donato Milanese (MI) ad opera di<br />
un gruppo di ricercatori pubblici e privati e di docenti universitari.<br />
Il primo Consiglio Direttivo risultava essere così composto: Canalini<br />
(Industria), Cesca (Industria), Ciardelli (Università), Giuliani (Industria),<br />
Pezzin (CNR), Russo (CNR), Allegra (Università).<br />
La sua composizione rispecchiava la volontà dell’Assemblea<br />
Costituente di fare dell’AIM un punto di incontro di esperti di diversa<br />
estrazione culturale (Università, Enti Pubblici di Ricerca e Industria).<br />
L’AIM, nei suoi primi 25 anni di vita (Tavola IX), ha svolto una intensa<br />
attività organizzando, in collaborazione con industrie del settore e con<br />
centri di ricerca accademici, un numero rilevante di iniziative, le più<br />
significative delle quali sono qui di seguito riassunte.<br />
- 14 Convegni Italiani di Scienza delle Macromolecole incentrati su<br />
temi culturali, scientifici e tecnologici di grande attualità ed interesse.<br />
- 21 scuole di formazione per giovani ricercatori. La prima organizzata<br />
nel 1979, riguardava la “Cristallizzazione dei polimeri”, l’ultima<br />
della serie i “Materiali polimerici cristallini e liquido cristallini.<br />
- 12 Convegni internazionali [60].<br />
Circa l’attività didattica svolta dall’AIM, Enrico Pedemonte, docente<br />
dell’Università di Genova (uno dei fondatori, insieme ad altri suoi colleghi<br />
genovesi, dell’AIM), ha scritto:<br />
"L’Attività Didattica rappresenta certamente il fiore all’occhiello<br />
dell’Associazione: infatti, mentre la componente congressuale è tutto sommato<br />
confrontabile con quella di altre società, nel settore educativo l’AIM<br />
svolge da sempre una funzione promozionale che non ha riscontro in altri<br />
gruppi culturali.<br />
Sono ormai trascorsi venti anni dalla prima Scuola di Gargnano sulla “cristallizzazione<br />
dei polimeri” (1979) e da allora tutti i temi fondamentali della<br />
scienza della tecnologia delle macromolecole sono stati trattati … .. Tutti i<br />
testi delle ventuno Scuole di Gargnano sono stati raccolti in altrettanti volumi,<br />
che costituiscono una vera e propria enciclopedia di scienza macromolecolare.<br />
….. Accanto ai volumi delle Scuole di Gargnano è doveroso citare<br />
103
i testi didattici “Macromolecole: Scienza e Tecnologia”, due volumi usciti<br />
rispettivamente nel 1983 e nel 1986, che hanno avuto varie ristampe fino al<br />
recentissimo “Fondamenti di Scienza dei Polimeri” edito nel 1998 che raccoglie<br />
in circa 900 pagine tutto ciò che bisogna conoscere in campo macromolecolare……"<br />
[61].<br />
Il ruolo, la funzione e l’importanza che ha avuto l’AIM, nel panorama<br />
della scienza delle macromolecole in Italia, sono stati così evidenziati da<br />
Giuseppe Allegra, che ne fu il primo Presidente (tabella 11):<br />
"Quando nel lontano 1975 un gruppo di amici e colleghi decise di costituire<br />
l’Associazione Italiana di Scienza e Tecnologia delle Macromolecole, non<br />
avrei saputo prevedere tanta futura vitalità per il nuovo Organismo. E’ pur<br />
vero che la Scuola Macromolecolare Italiana già da qualche decennio si era<br />
imposta nel mondo, soprattutto per merito di Natta, dei suoi allievi e di altri<br />
gruppi validissimi, in <strong>part</strong>icolare nelle Università di Genova, Napoli,<br />
Padova, Torino. Ma quando, con gli amici Canalini, Cesca, Ciardelli,<br />
Giuliani, Pezzin e Russo si costituì il primo Consiglio Direttivo<br />
dell’Associazione,…….., credo che nessuno tra noi pensasse a un tal fiorire<br />
di iniziative future, dalle Scuole ai Convegni, dalle Giornate di Studio all’intensa<br />
attività editoriali. Forse, e lo dico con chiaro senso di inadeguatezza<br />
personale, nei primi contatti nazionali e internazionali che avevamo cercato<br />
di allacciare stava già maturando qualcosa di valido; ma soprattutto era valido<br />
il livello culturale della nostra Comunità. E valido resta indiscutibilmente,<br />
nonostante i gravi problemi da cui è afflitta in Italia, e non solo in Italia,<br />
la grande Industria Chimica.<br />
Io sono convinto che, dopo il presente periodo di transizione in cui la tecnologia<br />
dei polimeri si approfondisce e si specializza sempre di più –ad esempio<br />
nelle dir<strong>ezio</strong>ni dei polimeri per usi speciali e dei compositi-, la cultura<br />
macromolecolare italiana riprenderà ad affermarsi anche in campo industriale.<br />
E’ in questa ripresa, io credo, l’AIM avrà una <strong>part</strong>e importante….."<br />
[62].<br />
Al consolidamento della rete nazionale di ricerca sulla scienza e tecnologia<br />
delle macromolecole contribuì l’organizzazione di convegni, seminari<br />
e scuole a carattere internazionale che favorirono la nascita di collaborazioni<br />
tra gruppi di ricerca italiani e stranieri e la formazione di giovani<br />
ricercatori presso università e centri operanti all’estero.<br />
L’insieme di queste azioni determinò un processo di “internazionalizzazione”<br />
a cui si accompagnò, per effetto di un fenomeno di trasferimento<br />
delle conoscenze indotto dal ritorno dei ricercatori formati all’estero,<br />
l’acquisizione di nuove competenze.<br />
Nelle tavole X-XVII è riportata una serie di fotografie scattate durante<br />
alcuni significativi convegni e workshop tenutisi in Italia. In esse sono<br />
104
iconoscibili scienziati di grande fama internazionale a dimostrazione<br />
dell’elevato livello di queste manifestazioni.<br />
La permanenza e la frequentazione di scienziati di grande rinomanza<br />
presso le strutture di ricerca del nostro paese, rappresentarono altri elementi<br />
che contribuirono all’innalzamento culturale e scientifico del<br />
sistema di ricerca italiana nel settore delle macromolecole.<br />
Tabella 11<br />
I nominativi dei Presidenti che si sono succeduti nell’AIM [Rif. 60].<br />
1975-1976 G. Allegra (Politecnico di Milano)<br />
1976-1977 G. Canalini (Anic, S. Donato M.)<br />
1977-1979 M. Farina (Università di Milano)<br />
1979-1981 G. Pezzin (CSFM-CNR, Bologna)<br />
1981-1983 C. Venosta (Montepolimeri, Milano)<br />
1983-1985 F. Ciardelli (Università di Pisa)<br />
1985-1987 T. Simonazzi (Himont, Ferrara)<br />
1987-1989 S. Russo (Università di Sassari)<br />
1989-1991 S. Cesca (Enichem, S. Donato M.)<br />
1991-1993 D. Acierno (Università di Salerno)<br />
1993-1995 A. Casale (Snia, Cerino Laghetto)<br />
1995-1997 G. Camino (Università di Torino)<br />
1997-1999 E. Albizzati (Pirelli Cavi, Milano)<br />
1999-2001 G. Guerra (Università di Salerno)<br />
105
TAVOLA V<br />
Tavola V: L’auto elettrica “Zic”, realizzata in collaborazione con il Centro Ricerche Fiat<br />
nell’ambito del Progetto Finalizzato “Materiali Speciali per Tecnologie Avanzate”, del<br />
CNR.<br />
106
TAVOLA VI<br />
Tavola VI: Evoluzione dei contenuti e degli obiettivi dei Programmi Quadro di ricerca<br />
scientifica e tecnologica dell’UE, che si sono succeduti a <strong>part</strong>ire dal 1983.<br />
107
TAVOLA VII<br />
Tavola VII: Struttura del V Programma Quadro di R&S dell’UE (1998-2002).<br />
108
TAVOLA VIII<br />
Tavola VIII: Variazioni delle priorità di RTD, relative ai vari Programmi Quadro dell’UE.<br />
109
TAVOLA IX<br />
Tavola IX: Frontespizio del numero speciale del bollettino dell’AIM pubblicato per<br />
celebrare i 25 anni dell’associazione.<br />
110
TAVOLA X<br />
Tavola X: Convegno di Reologia (Siena - 13/15/1971) organizzato dalla società italiana<br />
di reologia.<br />
Sono visibili (da destra a sinistra): Rossi, Bianchi, Pedemonte, Turturro (Università di<br />
Genova) e Lauretti (EniChem). La fotografia è stata messa gentilmente a disposizione<br />
dal Prof. E. Pedemonte.<br />
111
TAVOLA XI<br />
Tavola XI: 2 nd Europhisics Conference of the section of macromolecular physics -<br />
Sorrento, 1 - 3 maggio 1974. In prima fila: il primo a sinistra è il prof. P. Corradini; il<br />
terzo è l’autore.<br />
112
TAVOLA XII<br />
Tavola XII: First joint italian - polish seminar on multicomponent polymeric systems - Capri, 16 - 21 ottobre 1979 (organizzato<br />
dall’allora LTPR - CNR (Arco Felice)).<br />
Sono riconoscibili tra molti altri: M. Kryszewski, C. K. L. Davies, T. Pakula, G. Riess, G. Illing, D. Heikens, P. Penczek, A.<br />
Galeski, E. Martuscelli, R. Palumbo, C. Silvestre, G. Ragosta, M. Malinconico, A. Sirigu, R. Greco, G. Maglio, E. Scafora, A.<br />
Botta, E. Mansi Forlani, F. Calandrelli, A. Narebska, M. Pracella.<br />
113
TAVOLA XIII<br />
Tavola XIII: IUPAC - International Symposium on Macromolecules (Firenze, 7-12<br />
dicembre 1980). Cerimonia d’apertura: (da sinistra) P. Pino, R. Sersale, G. Pezzin e F.<br />
Danusso.<br />
114
TAVOLA XIV<br />
Tavola XIV: Macro Iupac - 80, Firenze. Sono Visibili: J. O’ Donnel, F. Ciardelli,<br />
Selegny, Ringsdorf, Hummel et al..<br />
115
TAVOLA XV<br />
Tavola XV: International Symposium on phase relationships and properties of multicomponent<br />
polymer systems - Anacapri (Capri), 30 maggio - 3 giugno 1983 (organizzato dall’IRTeMP-<br />
CNR).<br />
Da sinistra a destra:<br />
E. Pearce, R. Palumbo,J. Higgins, C. Frank, J. Barlow, D. Paul, E. Martuscelli, F. E. Karasz, G.<br />
Eastmond, L. Robeson, J. Aklonis, R. S. Stein, V. Stannett, W. Mackinght, M. Shaw, J. ‘O<br />
Malley, H. Hopfenberg, R. Porter, P. Corradini, I. Sanchez.<br />
116
TAVOLA XVI<br />
a)<br />
Tavola XVI: International workshop on “Future trends in polymer science and technology. Polymers: commodities or specialities”<br />
(organizzato dall’IRTeMP-CNR) (a e b).<br />
Capri - Napoli, Grand Hotel Quisana, 8 - 12 ottobre 1984.<br />
117
TAVOLA XVI<br />
b)<br />
118
TAVOLA XVII<br />
Tavola XVII: The first Ialian - Jordanian conference on “Plastic materials: technology, industry and<br />
environment”. Amman, Jordan 16 - 19 marzo 1998.<br />
Nella foto in basso, da sinistra a destra: D. Acierno, M. Avella, M. Pracella, L. Nicolais, P. Musto, E.<br />
Drioli, G. Audisio, G. Montaudo, E. Martuscelli, G. Ragosta, L. D’Orazio, M. Scandola.<br />
119