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programma nazionale di ricerca i coloranti naturali ... - ezio martuscelli

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L’autore ringrazia GENNARO GENTILE, SALVATORE GRANATA, FRANCESCA MANSIFORLANI, che con la loro collaborazione hanno contribuito alla realizzazione del presentevolume.


INDICEPAG.Introduzione al Secondo Volume ............................................................ ICAPITOLO PRIMOL’ARTE DELLA TINTURA DELLA LANA CONCOLORANTI NATURALI: DALLA PREISTORIAALLA SCOPERTA DEI COLORANTI SINTETICI ........................1A) Coloranti <strong>di</strong> origine vegetale usati nella tintura della lana ............ 16A 1 ) Piante dalle quali si estraevano i “rossi” ............................... 16A 2 ) Piante dalle quali si estraevano i “blu” ................................. 33A 3 ) Piante dalle quali si estraevano i neri e i bruni ..................... 44A 4 ) Piante dalle quali si ricavavano i gialli, ver<strong>di</strong>,arancio, noce, cannella e altri colori ....................................... 47B) Materie <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> <strong>di</strong> origine animale usate nellatintura della lana ............................................................................. 79B 1 ) Porpora reale ........................................................................... 79B 2 ) Rossi ......................................................................................... 83C) Blended colours .............................................................................. 92D) L’abbinamento lana-colore in manufatti <strong>di</strong> interesse storico-culturaleed artistico. L’evoluzione del colore neitessili attraverso l’analisi dell’iconografia storica .......................... 94


Riferimenti .......................................................................................... 161CAPITOLO SECONDOCLASSIFICAZIONE DEI COLORANTI NATURALIIMPIEGATI NELLA TINTURA DELLA LANA ERELATIVO RUOLO DEI MORDENTI ........................................ 167A) Classificazione dei <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> in base alla tipologiadel processo tintorio ................................................................167A 1 ) Coloranti <strong>di</strong>retti o sostantivi ...................................................167A 2 ) Coloranti al mordente o aggettivi ...........................................169A 3 ) Coloranti al tino ......................................................................178B) Classificazione dei <strong>coloranti</strong> sulla base della loro strutturachimica ......................................................................................184Riferimenti .......................................................................................... 203CAPITOLO TERZOTECNICHE E METODOLOGIE PER LA IDENTIFI-CAZIONE DEI COLORANTI E DEI MORDENTIIMPIEGATI NELLA TINTURA DI TESSUTI DI INTE-RESSE STORICO-ARTISTICO-CULTURALE .......................... 205A) Meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> analisi dei <strong>coloranti</strong> in tessuti <strong>di</strong> interesse storico-artistico-culturale.................................................................. 207A 1 ) Meto<strong>di</strong> Spettroscopici – Analisi spettrochimiche ................... 207A 1,1 ) Spettroscopia elettronica – Spettrofotometria


UV-VIS in soluzione ..................................................... 209A 1,2 ) Spettroscopia vibrazionale – Spettrofotometriaall’infrarosso (IR) e in trasformata <strong>di</strong> Fourier(FTIR) ........................................................................... 213A 1,3 ) Spettroscopia Raman .................................................... 217A 1,4 ) Tecniche <strong>di</strong> microanalisi: microspettrofotometriain riflessione e in trasmissione e microfluorimetria................................................................... 218A 1,5 ) Spettrofluorimetria ai raggi X e microscopiaelettronica a scansione combinata con la spettroscopiaa <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> energia ai raggi X ............. 220A 2 ) Meto<strong>di</strong> cromatografici ............................................................ 225A 2,1 ) Cromatografia su strato sottile (thin-layerchromatography) (TLC) ............................................... 226A 2,2 ) Cromatografia liquida ad elevate prestazioni(HPLC) ......................................................................... 232A 3 ) Riconoscimento dei <strong>coloranti</strong> me<strong>di</strong>ante processiestrattivi selettivi e successive reazioni chimiche .................. 245Riferimenti 259


INTRODUZIONE AL SECONDO VOLUME DELLACOLLANA DI TRASFERIMENTO E DIFFUSIONEI COLORANTI NATURALI NELLA TINTURA DELLA LANAARTE, STORIA, TECNOLOGIA E “ARCHEO-MATERIALS CHEMISTRY”Il presente volume, il secondo <strong>di</strong> una serie, è parte integrante dellaCollana, e<strong>di</strong>ta dal Consorzio CAMPEC, la quale ha come obiettivo il trasferimentoe la <strong>di</strong>ffusione delle conoscenze acquisite e dei risultati ottenutinell’ambito del Progetto “Nuovi Materiali Polimerici e TecnologieEco-Sostenibili per Preservare, Conservare e Restaurare Tessili ePietra”, co-finanziato dal MIUR [Piano Nazionale – Beni Culturali,D.M. 457/Ric., 05.03 (1998)] *Nel Volume Primo della collana, nel descrivere le relazioni tra proprietàe struttura, è stata analizzata, tra l’altro, la <strong>di</strong>pendenza delle caratteristichetintoriali dalla particolare natura composita e proteica delle fibre <strong>di</strong>lana.Nella presente opera l’Autore, avvalendosi anche <strong>di</strong> una ricca documentazionee <strong>di</strong> una rara iconografia, delinea l’evoluzione, dalla preistoriafino alla scoperta dei primi <strong>coloranti</strong> <strong>di</strong> sintesi, dell’arte della tinturadella lana basata sull’utilizzo dei <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> (<strong>di</strong> origine vegetale oanimale). In particolare vengono messi in risalto, secondo un originaleapproccio integrato, gli aspetti storici, archeologici, tecnologici, industriali,artistici e socioeconomici con prevalente riferimento alle regionidel Me<strong>di</strong>o Oriente, del Me<strong>di</strong>terraneo e dell’Europa.I <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong>, impiegati nel corso dei secoli, sono sud<strong>di</strong>visi inbase al tipo <strong>di</strong> colore che erano capaci <strong>di</strong> conferire alla lana.Inoltre, per ognuno <strong>di</strong> essi, viene in<strong>di</strong>cata l’origine, le tecniche estrattive,il processo <strong>di</strong> tintura e la natura chimica dei mordenti eventualmenteutilizzati. Il meccanismo e il chimismo del processo tintorio sono deluci-* Le finalità della collana sono state ampiamente illustrate nell’antefatto al primo volume[E. Martuscelli, Relazioni Proprietà – Struttura nelle Fibre <strong>di</strong> Lana, CAMPEC –NAPOLI – (2003)].I


IIdati sulla base dei moderni fondamenti della chimica organica. Partendoda antiche ricette tintorie, recuperate dai pochi testi pubblicati sull’argomentonel corso dei secoli e da stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> letteratura che descrivono lemodalità <strong>di</strong> riconoscimento dei <strong>coloranti</strong> utilizzati nella tintura <strong>di</strong> antichitessuti, l’Autore <strong>di</strong>mostra come, applicando i principi <strong>di</strong> quella nuovabranca della scienza, denominata “Archeo-Materials Chemistry”, siastato possibile determinare la natura chimica della materia colorante presentenelle piante o negli animali, identificare le trasformazioni chimicheche portano all’ottenimento delle molecole <strong>di</strong> colorante e la tipologia deilegami in base ai quali queste ultime si legano alle macromolecole proteichecostituenti le fibre <strong>di</strong> lana.Nel volume sono illustrate le più moderne meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> analisi strumentalee chimiche atte al riconoscimento della struttura chimica dei<strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> e dei mordenti presenti in tessuti antichi <strong>di</strong> interessestorico-culturale.Esempi <strong>di</strong> applicazione <strong>di</strong> queste meto<strong>di</strong>che per l’in<strong>di</strong>viduazione deiprincipi <strong>coloranti</strong> usati in antichi reperti tessili ritrovati durante gli scavi<strong>di</strong> Pompei, Ercolano, Scafati e <strong>di</strong> Bakchias (Egitto), sono riportati edescritti nei loro dettagli.Lo sviluppo <strong>di</strong> recenti proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> estrazione dei <strong>coloranti</strong> vegetalie animali e la messa a punto <strong>di</strong> processi <strong>di</strong> tintura, condotti in manieracontrollata, ha permesso <strong>di</strong> verificare i principi chimici che sono alla basedelle vecchie procedure tintorie.Attraverso una accurata analisi basata su reperti archeologici e/o su tessuti<strong>di</strong> grande interesse storico-artistico e culturale e con il supporto <strong>di</strong>una abbondante iconografia, è stato possibile risalire alla tipologia dei<strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> più ampiamente usati nel corso dei secoli nella realizzazione<strong>di</strong> tessuti, tappeti, arazzi, drapperie, ecc.L’opera vuole essere un interessante strumento attraverso la cui letturasia possibile, agli esperti <strong>di</strong> conservazione dei tessuti antichi, ai docenti e<strong>di</strong>scenti <strong>di</strong> corsi e <strong>di</strong> master sui beni culturali, documentarsi sugli aspettistorici, archeologici e tecnologici che riguardano quella che è passata allastoria come Arte della Tintura, attraverso la cui applicazione i maestritintori hanno contribuito, in maniera determinante, alla creazione <strong>di</strong> verie propri capolavori, i “tessuti artistici”, che sono oramai parte integrantedel patrimonio culturale in quanto documenti utili e spesso unici a tramandarela storia <strong>di</strong> popoli e nazioni.


CAPITOLO PRIMOL’ARTE DELLA TINTURA DELLA LANA CONCOLORANTI NATURALI: DALLA PREISTORIAALLA SCOPERTA DEI COLORANTI SINTETICI.La tintura <strong>di</strong> fibre e tessuti ha rappresentato, fin dai tempi remoti, unadelle più interessanti attività creative dell’uomo.L’evoluzione delle tecnologie tintorie, basate sull’impiego <strong>di</strong> <strong>coloranti</strong><strong>naturali</strong>, rappresenta un affascinante capitolo della storia dell’umanità. Imaestri tintori, pur in assenza <strong>di</strong> una base scientifica, svilupparono, attraversoi secoli, sofisticati processi me<strong>di</strong>ante i quali fu possibile produrrevere e proprie opere d’arte (stoffe, costumi, tappeti, arazzi ecc.).«The primitive coloring process must have simply consisted of boiling thedyestuffs in water and then introducing the textile sample to be dyed or colored.Only some <strong>di</strong>rect knowledge about the deying tools and techniques usedby the ancients has survived to the present time. These old techniques werea closely guarded trade secret as they were passed down from father to sonover the centuries» [1].Dalla lettura <strong>di</strong> testi storici e <strong>di</strong> antiche documentazioni, e dall’esamedei pochi reperti archeologici, si ricava che, già alcuni millenni primadell’avvento dell’era cristiana, la tintura dei tessili fosse sviluppata invarie regioni quali: la Cina, l’In<strong>di</strong>a, la Persia, la Mesopotamia, laPalestina, l’Egitto e l’America del centro-sud.Erodoto, Strabone e Plinio hanno scritto che in In<strong>di</strong>a, non solo si praticavala tintura dei tessuti ma anche la stampa.E’ molto probabile che l’arte del tingere le fibre tessili fosse praticata fin dallapreistoria e che sia nata e progre<strong>di</strong>ta con l’evolversi della filatura e della tessitura.«We may never know where the art of dyeing originated or which people werethe first to dye their textiles. It is most probable, …, that this craft was <strong>di</strong>scovere<strong>di</strong>n each geographical region independently. Historical evidence in<strong>di</strong>cates thatin antiquity China, In<strong>di</strong>a, and Persia had established skills for decorating or coloringtextiles. Chinese silk-dyeing, In<strong>di</strong>an cotton-dyeing, Egyptian linen dyeing,and dyeing of wool in Mesopotamia, were all well practiced in antiquity. Tradersand merchants, especially the Phoenicians, had undoubtedly helped spread local1


dyeing techniques, dyestuffs, and dyed cloths from one area to another. Wars andconquests in ancient times, which forced craftsmen to move from one country toanother, had also helped <strong>di</strong>sseminate dyeing techniques» [1].Lo sviluppo della filatura, tessitura e tintura delle fibre e dei tessuti, neipaesi del Me<strong>di</strong>terraneo, nell’antica Mesopotamia e in particolare nelmondo semitico trova, nella Bibbia, una importante fonte <strong>di</strong> notizie.In particolare, rilevanti informazioni relativamente ai processi tintori,sono contenute in quelle parti dell’antico testamento, che coprono unperiodo storico che va dall’esodo degli Ebrei dall’Egitto (1250 a.C.) allacaduta <strong>di</strong> Gerusalemme (586 a.C.); evento, quest’ultimo, che segnò lafine della monarchia e dell’in<strong>di</strong>pendenza politica del popolo ebraico.Nella società semitica le donne avevano un ruolo molto attivo nella produzionedomestica dei tessuti; a titolo esemplificativo vengono qui <strong>di</strong>seguito riportati alcuni passi del libro dei Proverbi (XXXI, 13-25):«Essa, (la madre <strong>di</strong> famiglia-n.d.A.) procuratasi della lana e del lino, li lavoracon le sue mani abili … non fa spegnere durante la notte la sua lucerna,mette mano a lavori utili e le sue <strong>di</strong>ta maneggiano il fuso … Si è fatta unaveste ricamata e il suo vestito è <strong>di</strong> bisso e <strong>di</strong> porpora … Essa fa dei finissimitessuti e li vende, e delle cinture le dà al Cananeo».Tessuti variamente colorati prodotti nelle In<strong>di</strong>e sono citati nel libro <strong>di</strong>Giobbe. In particolare nel Pentateutico è scritto:«Fu fatta una coperta <strong>di</strong> velli <strong>di</strong> montone tinti in rosso, sopra la quale ne fumessa un’altra <strong>di</strong> colore violetto (Esodo cap. XXXVI) … All’ingresso dell’atriofece una tenda con ricami <strong>di</strong> giacinto, <strong>di</strong> porpora, <strong>di</strong> scarlatto e <strong>di</strong>bisso ritorto (Esodo cap. XXXVIII)».Inoltre viene citato un certo Achimase, appartenente alla tribù <strong>di</strong> Dan,che eccelleva per la sua capacità <strong>di</strong> produrre tessuti, anche ricamati, tintiin giacinto, porpora e scarlatto [2].Sempre nella Bibbia (Giosuè VII, 21) si racconta che:«durante la conquista della città <strong>di</strong> Ai, da parte degli Ebrei (c.a. 1400 a.C.,n.d.A.), un certo Acan trovò, insieme con altri oggetti <strong>di</strong> valore, uno splen<strong>di</strong>domantello scarlatto <strong>di</strong> Sineor: l’appropriazione indebita <strong>di</strong> questo mantello costòanzi la vita ad Acan che fu lapidato … e sepolto insieme con il mantello …» [3].Una serie <strong>di</strong> scoperte archeologiche hanno evidenziato che in Palestina,in età pre-cristiana, le attività <strong>di</strong> filatura, tessitura e <strong>di</strong> tintura erano con-2


Fig. 1: Ricostruzione grafica <strong>di</strong> uno stabilimentotintorio ritrovato a Tell BeitMirsim (Israele; ca. 700 a.C.) [Rif. 4].centrate in alcuni centri che si configuravano come dei veri e propri agglomerati<strong>di</strong> natura proto-industriale. Nella località <strong>di</strong> Gezer erano presentimolte tintorie a <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> una fiorente attività tessile che, evidentemente,si avvantaggiava dell’estensivo allevamento <strong>di</strong> ovini nella regionee anche delle possibilità <strong>di</strong> potere commerciare i manufatti stante la suaposizione geografica che la vedeva collocata su una delle più importantivie che collegavano l’Egitto con le regioni a nord della Palestina.La città <strong>di</strong> Migdal-Gad, vicina al lago <strong>di</strong> Tiberiade, per la presenza <strong>di</strong> importantiattività tintorie è passata alla storia con il nome <strong>di</strong> “Magdala dei tintori”.La località <strong>di</strong> Luz, presso Sechem era famosa per la produzione <strong>di</strong> stoffe<strong>di</strong> lana colorate in blu.I resti <strong>di</strong> una trentina <strong>di</strong> officine tintorie (ca. ottavo secolo a.C.), ritrovatia Tell Beit Mirsim, hanno permesso <strong>di</strong> ricostruire la configurazione<strong>di</strong> un tipico laboratorio per la tintura <strong>di</strong> tessuti e fibre in lana (figura 1).Per il bagno <strong>di</strong> tintura venivano usate delle vasche ricavate da grossiblocchi <strong>di</strong> pietra a forma cilindrica (figure 2 e 3) [4, 5].«The dye vats are particularly interesting. Each consists of a large stonecylinder with a flat top, which has a smallish hole in the middle lea<strong>di</strong>ng3


down into a “relatively small and roughly spherical basin, between 30 and 45cm in <strong>di</strong>ameter”. Around the rim of the flat top was chiseled a circular groove,obviously to catch the dye, which ran back into the vat through a connectinghole that could be stopped up by small stone … The top of the vatwas designed wide and flat so as to provide a convenient surface on whichto press the excess dye out of the yarn, just as it was lifted from the vat; theincised channell with its hole lea<strong>di</strong>ng back into the pot would make a veryefficient salvaging mechanism» [5].Fig. 2: Ricostruzione grafica delle vasche in pietra ritrovate nei resti <strong>di</strong> una tintoria dell’anticaIsraele [Rif. 4].Fig. 3: Una delle vasche <strong>di</strong> tintura ritrovate nell’antica città <strong>di</strong> Tell Beit Mirsim (Israele; ca. 700a.C.) (per la sua descrizione vedasi testo) [Rif. 5].4


L’archeologo inglese W. Flinders Petrie così descrisse un complessotintorio (figura 4) scoperto durante gli scavi, in Egitto, dell’antica città <strong>di</strong>Athribis (o<strong>di</strong>erna Shâq):«The two entrances of the dyer’s workshop are the south. One leads to aroom with a large well in the middle, and a bench along the west wall. Thistiles above the bench, probably to receive the splashing of water. North ofthe well was a square pit, about three feet. The sides were of very roughbrickwork, uncemented; and it seems likely it was with lead as a cistern.There are three vats in the bench on the north, and beyond the cistern thebench passes into the vat room, with sixteen vats in the raised bench alongthe sides. These vats are lined with cement and deeply stained. Most of themare black blue with in<strong>di</strong>go, and some are red. In this northern room the roofwas carried by two pillars. To the west was a room, probably for businesswith customers, and giving access by a stairway to the upper storey, nowdestroyed. The great quantity of weaver’s waste found in the rubbish piledagainst the temple, shows that much manufacturing was done in the town;hence large dye-houses would be required» [6].Fig. 4: Pianta dello stabilimento tintorioritrovato ad Athribis, AnticoEgitto [Rif. 5].5


Una delle più antiche evidenze <strong>di</strong> tessuti in lana colorata consiste in unframmento ritrovato nella:«Cave of Treasure at Nahal Mishmar in the Judean desert (Israel). Thesesmall cloths date from the Chalcolithic period (4 th millennium) and arereported to include red, green (possibly intrusive), black and tan or yellow(probably natural colors)» [1].Accurate analisi <strong>di</strong> natura chimica e fisica, effettuate su tessuti ritrovatiin scavi archeologici, in Egitto, hanno permesso <strong>di</strong> concludere che giànel 2500 a.C. gli egiziani fossero a conoscenza delle metodologie relativea processi tintori che essi applicavano principalmente su fibre e tessuti<strong>di</strong> lino e lana. In alcune tombe egiziane sono stati ritrovati dei gomitoli<strong>di</strong> lana, risalenti all’incirca al 2000 a.C., colorati in rosso e blu [7].Il principio colorante, <strong>di</strong> origine vegetale, più usato sembra che venisseestratto dallo zafferano; mentre la ruggine era impiegata come pigmentominerale-inorganico.E’ ben noto che l’ “arte della lana” si sia sviluppata nell’anticaMesopotamia. Questa regione pianeggiante, che si estendeva tra i duefiumi, <strong>di</strong> storica importanza, il Tigri e l’Eufrate, era <strong>di</strong>visa in due <strong>di</strong>stintearee: al Nord la Mesopotamia propriamente detta; al sud la Babilonia (piùtar<strong>di</strong> chiamata Caldea) meno vasta ma più fertile della prima. Il ritrovamentoad Ur (antica città sul fiume Eufrate) <strong>di</strong> alcune tavolette <strong>di</strong> terracotta,risalenti al 2200 a.C. conferma quanto sopra scritto. Infatti questetavolette, coperte <strong>di</strong> scritture, con caratteri cuneiformi, rappresentavanouna specie <strong>di</strong> “giornale” dei tessitori <strong>di</strong> quella città. In esse erano contenuteuna serie <strong>di</strong> notizie che si riferivano ad una “manifattura” finalizzataalla conf<strong>ezio</strong>ne <strong>di</strong> tessuti che venivano indossati principalmente daisacerdoti del Tempio.Il fatto che l’attività tessile occupasse una grande rilevanza nel sistemasocio-economico babilonese si ricava anche dal fatto che, secondo quantoriportato da alcuni storici, i tessitori fossero raggruppati in <strong>di</strong>verse categoriea seconda che trattassero la lana, il lino oppure i processi tintori.Al contrario <strong>di</strong> quanto avveniva nell’antico Egitto dove la tessitura dellino rappresentava la principale attività tessile, nella Mesopotamia erafortemente prevalente, sia in termini qualitativi che quantitativi, l’industrialaniera e tintoria.«Ciò non è dovuto soltanto alla natura del suolo, particolarmente favorevoleall’allevamento dei montoni, ma anche al gusto <strong>di</strong> queste genti, che ben<strong>di</strong>verso da quello degli egizi» [3].6


Il colore delle lane utilizzate nelle antiche manifatture delle città dellaMesopotamia«era senza alcun dubbio molto vario e la ricchezza e la brillantezza delletinte, veramente notevole. Lo hanno rivelato i resti <strong>di</strong> maioliche <strong>di</strong>pinti e gliaffreschi scoperti in varie località» [3].La lana veniva tinta dai Babilonesi allo stato <strong>di</strong> fiocco, quin<strong>di</strong> primadella filatura. I colori più <strong>di</strong>ffusi e <strong>ricerca</strong>ti erano i rossi (in varie tonalità),il blue-porporino e il violetto oro.Secondo F. Brunello è probabile che le varie tonalità <strong>di</strong> giallo fosseroottenute da una materia colorante che si estraeva da una pianta denominata“Saba”, per la quale non è stato possibile risalire alla specie vegetale [3].«La varietà dei colori, unita alla <strong>ricerca</strong>ta finezza dei ricami e alla complessitàdei motivi <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno doveva conferire una straor<strong>di</strong>naria bellezza allevesti babilonesi. Del resto in epoca romana si parla … con ammirazionedegli ornamenti babilonesi. … La progre<strong>di</strong>ta tecnica dei tessitori mesopotamici…, ci induce a pensare che l’industria tessile laniera in quella regionedovette raggiungere nell’antichità uno sviluppo ed una <strong>di</strong>ffusione forsesuperiore a quella che le testimonianze finora pervenuteci ci consentano <strong>di</strong>provare con certezza» [3].Le pratiche tintorie, insieme alle materie <strong>coloranti</strong> impiegate, trovanoampio spazio anche in antichi testi sacri <strong>di</strong> origina ebraica quale ilTalmud <strong>di</strong> Gerusalemme.Nello “Shabbat” è riportato, infatti, che i tintori portavano <strong>di</strong>etro l’orecchio,quale elemento <strong>di</strong> riconoscimento, una banda <strong>di</strong> lana colorata. Iltrattato dello “Shevi’it” contiene ad<strong>di</strong>rittura un intero capitolo de<strong>di</strong>cato aduna s<strong>ezio</strong>ne botanica dove sono descritte le piante dalla quali venivanoricavati i principi <strong>coloranti</strong> usati, all’epoca, per la tintura dei tessuti [1].Fonti storiche ebraiche fanno spesso riferimento ai tre colori “biblici” fondamentali,detti anche “colori sacramentali” (rosso, blu-porpora e rossoporpora)che venivano impiegati per tingere la lana usata nella conf<strong>ezio</strong>nedegli abiti dei sacerdoti e dei tessuti con i quali si usava adornare il tempio.Pare che per conferire alle fibre <strong>di</strong> lana queste colorazioni si facesse usodei principi <strong>coloranti</strong> che si estraevano da un insetto (tola’atha-shanicolorerosso) e da alcuni tipi <strong>di</strong> molluschi (tekhelet e argaman, rispettivamenteper il blu-porpora e per il rosso-porpora) [1].Uno dei più importanti processi <strong>di</strong> tintura della lana, caratteristico dell’areame<strong>di</strong>terranea, era quello basato sull’impiego <strong>di</strong> una materia colorante, la7


porpora, che, come sarà descritto in seguito, si estraeva, me<strong>di</strong>ante un complicatoprocesso, da alcuni molluschi marini, quale il Murex Brandaris [8].Circa la scoperta e la <strong>di</strong>ffusione della porpora, passata alla storia con ilnome <strong>di</strong> “porpora <strong>di</strong> tiro” o “porpora tarantina”, perché la città <strong>di</strong>Taranto rappresentò per molti secoli il maggiore centro <strong>di</strong> produzione elavorazione del me<strong>di</strong>terraneo, F. Brunello ha scritto:«La mitologia, la storia e l’archeologia sono concor<strong>di</strong> nell’attribuirla a Fenici(la scoperta della porpora n.d.A.); secondo Feldhaus invece nel 1600 a.C. sisarebbe estratta la porpora a Creta, mentre i Fenici ne avrebbero iniziatol’impiego solo verso il 1440 a.C.; comunque secondo la tra<strong>di</strong>zione e da testimonianze<strong>di</strong> antichi scritti si vorrebbe che la scoperta sia stata fatta nella città<strong>di</strong> Tiro, che proprio dalla tintura delle vesti con la porpora trasse la sua famae la sua ricchezza» [2].Il processo della tintura delle stoffe <strong>di</strong> lana, secondo quanto riportatodallo storico E. Curtius nella sua “Storia Greca”, pare che sia stato introdottoin Grecia dai Fenici, contemporaneamente al culto <strong>di</strong> Afro<strong>di</strong>te [2].Intorno al VI secolo a.C. erano attive botteghe <strong>di</strong> tintori, dove si praticavala tintura della lana con la porpora <strong>di</strong> Tiro (o tarantina), a Creta, nellaTessalia, a Melibea e in Beozia e lungo la costa del Golfo <strong>di</strong> Corinto.Il processo tintorio dei tessuti <strong>di</strong> lana che utilizzava la porpora, era bennoto ai romani e particolarmente <strong>di</strong>ffuso a Pompei a <strong>di</strong>mostrazione delfatto che intorno all’inizio dell’era cristiana, questa procedura era praticatain molte regioni del bacino del me<strong>di</strong>terraneo.I tessuti tinti con la porpora erano molto costosi,«anzitutto perché era necessario un numero enorme <strong>di</strong> conchiglie per ottenereuna piccola quantità <strong>di</strong> colorante e in secondo luogo perché l’applicazioneera alquanto complessa» [2].Le <strong>di</strong>fficoltà connesse sia la processo estrattivo che a quello applicativo,insieme con l’alto costo favorirono la <strong>ricerca</strong> e lo sviluppo <strong>di</strong> processitintori “imitativi” basati sull’utilizzo <strong>di</strong> materie <strong>coloranti</strong> più facilmentereperibili e più facilmente applicabili sulla lana. Tra questi, molto usatoa Creta, figurava quello basato sull’impiego del principio colorante che siotteneva da un lichene, che cresceva sulle rocce delle coste marine, notocome Oricello (Roccella tinctoria) [9].In epoca greco-romana e nel me<strong>di</strong>oevo, nelle regioni del me<strong>di</strong>terraneole botteghe tintorie più accorsate sembra che fossero quelle condotte damaestri tintori <strong>di</strong> origine ebraica e siriana.8


Stu<strong>di</strong> storico-archeologici hanno <strong>di</strong>mostrato che a Roma, già in età preimperiale,si erano impiantate importanti stabilimenti tintori de<strong>di</strong>catiprincipalmente alla tintura della lana, <strong>di</strong> cui i romani facevano largo usoper il conf<strong>ezio</strong>namento <strong>di</strong> stoffe ed indumenti (in particolare tuniche emantelli).«All’epoca dei primi re doveva già essersi sviluppata una considerevole attivitànel campo delle tinture, se si considera che quando il pacifico e pio reNuma Pompilio creò le prime corporazioni artigiane, i tintori vennero raggruppatiin un Collegium Tinctorium. Questa categoria <strong>di</strong> lavoratori vennepiù tar<strong>di</strong> sud<strong>di</strong>visa in <strong>di</strong>versi gruppi secondo il tipo <strong>di</strong> tintura a cui si de<strong>di</strong>cavano…… i flammari, tintori in aranciato, i violarii, che producevano letinte viola, i crocearii, altrove chiamati crocotarii, che usavano il crocus,ossia lo zafferano … gli spa<strong>di</strong>carii, produttori dei colori bruni ed i carinarii,forse identificabili con i purpuraii, caratterizzati dall’impiego delle conchiglieporporifere, dette in latino anche carnae…» [10].L’industria tintoria era molto sviluppata in Pompei; in una sala tintoriasono state trovate ben 150 tazze con tracce <strong>di</strong> materia colorante [8].Il grande archeologo, Amedeo Maiuri così descriveva la “Bottega delTintore” scoperta durante gli scavi <strong>di</strong> Pompei:«.....; ed ho imboccato il vicolo e la bottega del tintore, deserta <strong>di</strong> operai e <strong>di</strong>avventori, ma con la porta spalancata come per far meglio respirare al frescodella sera, le mura ancora avvampate <strong>di</strong> calore. Le caldaie scoperchiate sembravanoesalare un’ultima fumata <strong>di</strong> vapore lento e greve e all’orlo colorarsi<strong>di</strong> luce giallastra, .…Di contro alle caldaie una batteria <strong>di</strong> anfore e <strong>di</strong> anforoni, un paio <strong>di</strong> dozzinealmeno, ..., <strong>di</strong> creta giallina e <strong>di</strong> creta rosata: ..., non avevano dovuto contenerealtro che polveri, paste e materie <strong>coloranti</strong> per i bisogni dell’officina,o mordenti per il fissaggio, o <strong>di</strong> sgrassanti per il lavaggio degli abiti frusti daritingere, o avevano servito a conservare tinture del bagno già usato.Qualcuno aveva grumi o coaguli incrostati al fondo: una spaccata e aperta amezzo il corpo, presentava il ventre rosato coperto <strong>di</strong> un leggero spolvero <strong>di</strong>giallo oro, forse <strong>di</strong> Croco, il colore <strong>di</strong> gran moda delle vesti femminili d’allora.Bacco insomma aveva ceduto le sue masserizie all’industre Minervaprotettrice <strong>di</strong> fulloni e <strong>di</strong> tintori» (figure 5 e 6) [11-a].Nei rilievi, <strong>di</strong> origine romana (età augustea), riprodotti nelle figure 7 e8 sono raffigurati, rispettivamente, una bottega <strong>di</strong> stoffe con il negozianteche mostra ad un gruppo <strong>di</strong> potenziali acquirenti i tessuti in ven<strong>di</strong>ta e9


Fig. 5: La “Bottega del tintore”così come ritrovata durantegli scavi dell’antica Pompei[Rif. 11-a].Fig. 6: Un’antica scultura raffigurante la DeaMinerva, protettrice dei fulloni e dei tintori (conservatapresso il Museo Capitolino <strong>di</strong> Roma).10


Fig. 7: Rilievo che rappresenta un negoziante <strong>di</strong> stoffe che mostra ad alcuni acquirenti la mercein ven<strong>di</strong>ta. Età augustea, Firenze, Museo degli Uffizi [Rif. 11-b].Fig. 8: Rilievo che rappresenta un negozio <strong>di</strong> cinture e cuscini. In questa ricca bottega il proprietarioillustra ad alcuni acquirenti la qualità dei suoi prodotti. Età augustea. Calco originale,Roma, Museo della Civiltà Romana [Rif. 11-b].11


un negozio <strong>di</strong> cinture , cuscini, tende ecc. dove il proprietario illustra adalcuni clienti la qualità dei suoi prodotti [11-b].Questi rilievi, nella loro elegante forma rappresentativa, lasciano trasparirequanto, per i romani dell’epoca, fosse importante il settore dell’abbigliamentoe del tessile ornamentale e quanta cura essi de<strong>di</strong>casseroalla scelta <strong>di</strong> tessuti che, ovviamente si <strong>di</strong>fferenziavano oltre che per latipologia delle fibre costituenti anche e forse soprattutto per le caratteristichedei colori usati.Si è già scritto che la tintura rappresentava una fase particolarmenteimportante del proce<strong>di</strong>mento globale <strong>di</strong> produzione dei tessuti antichi.Dal processo tintorio <strong>di</strong>pendeva la qualità finale del manufatto,«la varietà della gamma cromatica, l’armonia tra le zone <strong>di</strong> colore nonché ladurata nel tempo dei materiali impiegati nella tessitura» [12].Molti manufatti <strong>di</strong> lana, nonostante i vari fattori <strong>di</strong> degradazione a cui sonostati esposti, hanno spesso conservato, nel tempo, una buona brillantezza e<strong>di</strong>ntensità dei colori. Questo <strong>di</strong>mostra che le tecniche, usate anticamenteerano particolarmente efficaci e che i maestri tintori dovevano essere particolarmenteabili nella manipolazione delle sostanze <strong>coloranti</strong> e profon<strong>di</strong>conoscitori dalle principali variabili che determinavano la buona riuscita <strong>di</strong>un processo <strong>di</strong> tintura, la cui vali<strong>di</strong>tà si misurava, tra l’altro, dalla capacità<strong>di</strong> realizzare una colorazione che doveva durare invariata nel tempo.E’ pur vero però che le fibre <strong>di</strong> lana, rispetto a tutte le altre fibre <strong>naturali</strong>(seta, lino, cotone e canapa) mostrano una maggiore attitu<strong>di</strong>ne tintoriale.«This dyeability is due to its proteinic structure that contains various“docking points” [punti <strong>di</strong> attracco, n.d.A] for the dyes. In contrast, the cellulosicnature of linen makes it less reactive than wool and its relatively densefibers prevent most from penetrating well into its structure. Thus, whileancient wool dyeings show a wide range of colors, the main fast dye [coloresolido, n.d.A.] for linen <strong>di</strong>scovered in archaeological excavations is blue in<strong>di</strong>gotinpigment which can penetrate into the fibers in its soluble form» [1].Le <strong>di</strong>fficoltà principali che si incontrano nella comprensione delle tecnologieutilizzate nell’arte tintoria, in epoche precedenti all’avvento dei<strong>coloranti</strong> sintetici, risiedono nel fatto che le conoscenze e i know-howvenivano tramandati oralmente e <strong>di</strong>rettamente dal maestro all’allievo.Infatti sono conosciute solo poche pubblicazioni che trattano in manieraesaustiva e globale le tecniche usate in perio<strong>di</strong> storici che precedono losviluppo dell’industria tintoria basata sui <strong>coloranti</strong> <strong>di</strong> sintesi.12


Fig. 9: Riproduzione del frontespizio del primo trattato sull’arte tintoria pubblicato a Venezia nel1548 dal veneziano Giovanventura Rosetti [Rif. 12].Tra queste spicca per la sua organicità il “Plictho de Larte de tentoriche insegna tenger pani telle banbasi et sede si per larthe magiore comeper la comune” <strong>di</strong> Giovanventura Rosetti, e<strong>di</strong>to a Venezia nel 1548 (figura9) [12] e il trattato pubblicato in Francia nel 1672 dal Colbert, dal titolo“L’instruction générale pour la teinture de laines de toute nuances epour la culture des drogues et ingré<strong>di</strong>ents q’on employé”.13


Il trasferimento delle conoscenze relative alla tintura dei tessili, da unpaese all’altro, spesso fu determinato da gran<strong>di</strong> eventi (guerre, epidemie,carestie, persecuzioni religiose e/o razziste, ecc.) che videro la migrazione<strong>di</strong> intere popolazioni. Nell’ambito <strong>di</strong> questi fenomeni, maestri e lavoranti,si trasferirono in nuove città e paesi dove introdussero e svilupparonol’arte tintoria.«So much of the history of dyeing is unwritten, with secrets being passedfrom father to son, and kept within community or religious groups such asthe Jews, as specialized trade. Dyeing was such an exact craft that theEnglish often left on the dyeing, except the blues, entirely to “foreigners”,this was especially true at Norwich in 1567 where the Huguenots were theexpert dyers, under the leadership of master dyer Antonye de Pottier» [7].Nel procedere all’analisi <strong>di</strong> un materiale tessile <strong>di</strong> interesse archeologico-storico-artistico-culturale,la determinazione del tipo <strong>di</strong> processo <strong>di</strong>tintura usato, insieme alla conoscenza della natura delle fibre e delle relativetecnologie <strong>di</strong> lavorazione utilizzate, sono essenziali per:- definire lo stato <strong>di</strong> conservazione;- provvedere alla datazione;- stabilire la regione <strong>di</strong> origine;- elaborare un piano mirato e appropriato <strong>di</strong> restauro conservativo [13].In particolare la possibilità <strong>di</strong> potere risalire alle materie <strong>coloranti</strong> e alletecniche tintorie che una volta venivano impiegate permette <strong>di</strong> riprodurleper poterle riapplicare nei processi <strong>di</strong> recupero e restauro dei tessili.Al giorno d’oggi i <strong>coloranti</strong> sintetici hanno sostituito i <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong>nella maggior parte delle tecniche tintorie. Bisogna riconoscere però checon il passare degli anni si nota una certa tendenza all’utilizzo <strong>di</strong> <strong>coloranti</strong><strong>naturali</strong> in particolari e sofisticate nicchie tessili ad alto valore aggiunto.La ragione <strong>di</strong> questo va <strong>ricerca</strong>ta nel fatto che solo attraverso l’impiego<strong>di</strong> <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> è possibile realizzare e produrre«the most subtle colour tones, tones that cannot be reproduced by moderndyes; this overrides the <strong>di</strong>sadvantage that natural dyes are not consistent,batch by batch, and that some colours fade quicker than modern syntheticequivalents … as a modern-day craft, using natural dyes recreates the artistryand tra<strong>di</strong>tional crafts of the silk-dyers who developed the skill thousandsof years ago. This is a challenge to re<strong>di</strong>scover some of the more complicatedmethods that the early dyers employed to colour silk and cloths. To a certainextent what was a good for wool was also for silk, though there are someexceptions, and the bulk of world literature on dyeing concern wool. The14


wool fiber is much thicker and whiskery compared to the silk fibre, however,and is slightly easier to dye» [7].La delucidazione dei processi tintori, impiegati anticamente nella tinturadei tessili, insieme con la loro origine e storia, fornisce significativielementi utili alla conoscenza dello sviluppo della cultura e della tecnologiadall’antichità ai giorni nostri, permettendo altresì <strong>di</strong> tracciare i percorsie le vie attraverso cui le innovazioni si siano <strong>di</strong>ffuse dall’Orienteall’Occidente, dal Sud al Nord del mondo e viceversa.Nel prossimo paragrafo viene riportata una rassegna dei più importantiprincipi <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> usati per la tintura <strong>di</strong> fibre, filati e tessuti <strong>di</strong>lana. Tale rassegna comprende anche la descrizione delle procedure <strong>di</strong>estrazione della materia colorante dagli esemplari del mondo vegetale oanimale e delle tecnologie applicative. Il periodo storico preso in esameè quello che va dalla preistoria alla rivoluzione industriale quando, aseguito della scoperta dei <strong>coloranti</strong> <strong>di</strong> sintesi si ebbe a verificare il processo<strong>di</strong> sostituzione dei <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> con quelli fatti dall’uomo.15


A) Coloranti <strong>di</strong> origine vegetale usati nella tintura della lanaIl mondo vegetale è ricco <strong>di</strong> piante dalle quali, da secoli e secoli, l’uomoè stato capace <strong>di</strong> estrarre, da varie parti (fiori, foglie, ra<strong>di</strong>ci ecc.), principi<strong>coloranti</strong> idonei a conferire alle fibre e ai tessuti <strong>di</strong> lana le più varietinte.Ancora oggi, specialmente nella manifattura <strong>di</strong> tappeti orientali si falargo uso <strong>di</strong> <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> <strong>di</strong> origine vegetale i quali sono punto <strong>di</strong>riferimento per la realizzazione <strong>di</strong> pregiati ed artistici prodotti.Alcune delle più comuni sostanze <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong>-vegetali, allo statonaturale e macinate sono mostrate nella figura 10 [13-b].Le piante dalle quali venivano ricavate le più importanti materie <strong>coloranti</strong>,raggruppate a seconda del colore dei principi attivi, sono qui <strong>di</strong>seguito descritte insieme ai relativi proce<strong>di</strong>menti estrattivi e alle tecniche<strong>di</strong> applicazione che venivano impiegate nei processi <strong>di</strong> tintura. Inoltre,laddove note, sono riportate le strutture chimiche dei <strong>coloranti</strong> estrattimettendone in risalto le funzioni molecolari essenziali all’esplicazionedelle loro caratteristiche <strong>di</strong> interazione con i gruppi reattivi presenti lungole fibre <strong>di</strong> lana [9, 14, 15, 16, 17, 18].A 1 ) Piante dalle quali si estraevano i “rossi”– ALOELe piante <strong>di</strong> Aloe (famiglia delle Liliacee) assomigliano alle agavi, ma,a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> queste, non muoiono dopo la fioritura; presentano fogliecarnose, succulenti, gran<strong>di</strong>, appuntite, munite ai margini <strong>di</strong> grosse spine e<strong>di</strong>sposte in modo da formare un grosso ciuffo (tavola I).Dal succo delle foglie, per evaporazione, si ricavava la materia colorante:un solido amorfo <strong>di</strong> colore bruno. Questo prodotto, usando unappropriata sostanza mordente, veniva usato per colorare la lana in varietonalità che andavano dal rosso al giallo.– BETULA ALBA (BETULA PENDULA)Alberi con corteccia argentea <strong>di</strong>ffusi nelle regioni temperate ed artichedell’emisfero boreale (tavola II).Nel XVIII secolo veniva usato il decotto del legno per produrre su lanacolorazioni rosso brune.– CALCEOLARIAPianta erbacea perenne (Scrophulariaceae) originaria dell’America del16


Fig. 10: Varie tipologie <strong>di</strong> sostanze <strong>coloranti</strong> <strong>di</strong> natura vegetale allo stato naturale e macinateancora oggi impiegate nella tintura della lana usata a sua volta nella manifattura a mano dei tappetiorientali [Rif. 13-b].Sud; usata nel Cile per tingere la lana in colore cremisi (tavola III).– CARTHAMUS TINCTORIUS (CARDO DEI TINTORI)Pianta annuale (originaria dell’In<strong>di</strong>a, fu coltivata in Europa meri<strong>di</strong>onalee in Italia-Romagna) il cui nome deriva dalla voce araba “qurtom”(<strong>di</strong>pingere), già nota agli antichi egizi (ne parlano Aristotele, Teopresto eGaleno). I petali dei fiori del cartamo (tavola IV) contengono due <strong>di</strong>versiprincipi <strong>coloranti</strong>; uno giallo e uno rosso. Nei processi tintori venivausata la materia colorante rossa.Il processo <strong>di</strong> separazione dei due principi consisteva nel porre i fioriessiccati in un sacco <strong>di</strong> tela che veniva agitato in acqua fredda fino a completaestrazione della sostanza colorante gialla. Successivamente i petalivenivano prima trattati con sostanze alcaline (liscive <strong>di</strong> ceneri oppureargilla smettica, detta terra da follone) per solubilizzare il coloranterosso-arancio e quin<strong>di</strong> si aggiungeva del succo <strong>di</strong> limone. La neutralizzazionedella soluzione faceva precipitare il colorante rosso che veniva,dopo opportuni lavaggi, messo in commercio sotto forma <strong>di</strong> pani oppure17


in soluzione. Il cartamo più pregiato sembra che fosse quello provenientedal me<strong>di</strong>o oriente (Egitto e Persia).La sostanza colorante rossa contenuta nei petali dei fiori del cardo deitintori è la cartamina, la cui struttura chimica è qui <strong>di</strong> seguito descritta:CartaminaLa cartamina è a sua volta un derivato ossidrilato del benzal acetofenone(detto Calcone) la cui formula è sotto riportata:CalconeLa cartamina veniva utilizzata per tingere la lana in rosso [1].– COLCHICUM (COLCHICO, ZAFFERANO BASTARDO)Piante bulbose (famiglia delle Liliacee) che presentano fiori senza fustoche si formano <strong>di</strong>rettamente dai bulbo tuberi.I fiori del colchicum sono molto simili a quelli del Crocus (zafferano),per questa ragione questa pianta viene comunemente denominata zafferanobastardo (tavola V). Il principio colorante si estraeva dai petali deifiori.– LAWSONIA ALBA LAM (HENNÉ O ENNA)Pianta arbustacea <strong>di</strong>colitedone (famiglia delle Litracee), originariadella penisola arabica e coltivata in Egitto, in Persia ed in altre regioni18


dell’Africa e dell’Asia minore, in In<strong>di</strong>a e nella Cina del Sud [tavola VI].Il principio colorante, detto Hennè o Alcanna vera, estratto dalle foglie(ovali, oblunghe e fragili) essiccate e ridotte in polvere, è una sostanza <strong>di</strong>colore giallognolo che all’aria assume una colorazione rossastra. Questamateria colorante veniva usata fin da tempi antichissimi come cosmeticoe come colorante <strong>di</strong> fibre tessili.Il principio colorante che si estraeva dalle foglie dell’Henna è un pigmentogiallo, il Lawsone, la cui struttura chimica è qui <strong>di</strong> seguito illustrata:Lawsone: 2-ossi-1,4-naftochinoneOOHO– Legno Rosso (Legno Brasile o Verzino)I legni rossi da tinta si ricavavano da alcune leguminose originariedell’America del Sud, delle Antille e delle In<strong>di</strong>e, appartenenti al genere“Caesalpina”, dal nome del botanico italiano, Andrea Cesalpino. Il“legno rosso brasile” e il “legno pernambuco”, usati nell’industria tintoriaper tingere in rosso, si ricavavano rispettivamente dal CaesalpinaBrasiliensis e Caesalpina Crista (figura 11).«… we must mention “brazil wood”, the natural red dye from the wood ofcaesalpina braziliensis, which is a leuco-compound brazilin forming brazilein,a deep red to brown dye, on exposure to air. It is usually believed tohave been introduced since the <strong>di</strong>scovery of the new world but it was use<strong>di</strong>n the middle ages when it was imported from ceylon and it was know as“brazil” centuries before the <strong>di</strong>scovery of that country» [16].In alcuni testi storici è riportato che Marco Polo, il grande viaggiatore19


Fig. 11: Antica stampa raffiguranteil taglio del legno brasile(da Andrea Thevet, Les Singularitezde la France Antartique,Paris, 1557).veneziano (tre<strong>di</strong>cesimo e inizio secolo quattor<strong>di</strong>cesimo) portò dalla Cinale prime informazioni circa l’impiego della “Caesalpina sappan” qualemateria colorante rossa.Da altre documentazioni si ricava che il legno rosso brasile venivaimportato dai tintori veneziani da Sumatra, Ceylon ed In<strong>di</strong>a, sin dal secolodo<strong>di</strong>cesimo.La tintura al legno rosso era ben conosciuta e praticata da millenni,dalle popolazioni in<strong>di</strong>gene dell’America latina.I legni rossi provenienti dall’oriente, erano largamente usati in Europanel processo tintorio della lana, la quale, prima del passaggio al bagno,veniva mordenzata con allume oppure con cremore <strong>di</strong> tartaro e soluzione<strong>di</strong> cloruro <strong>di</strong> stagno.La materia colorante contenuta nel legno rosso delle cisalpine americanee asiatiche è un leuco-composto, la brasilina, liquido incolore, che<strong>di</strong>venta <strong>di</strong> un coloro rosso intenso o bruno per esposizione all’aria. La20


Fig. 12: Struttura molecolare della Brasilina e della Brasileina.brasileina (C 16 , H 12 , O 4 ) costituisce il prodotto <strong>di</strong> ossidazione della brasilina(C 16 , H 14 , O 5 ).La struttura molecolare <strong>di</strong> queste due sostanze è descritta nella figura 12.La brasilina è estratta dal legno rosso attraverso un processo <strong>di</strong> trattamentocon acqua calda; l’estratto, filtrato e concentrato, viene ossidato(ad esempio con iodato so<strong>di</strong>co) per trasformare la brasilina in brasileina.I processi <strong>di</strong> tintura che utilizzavano il legno brasile necessitavano l’impiego<strong>di</strong> mordenti quali: i sali <strong>di</strong> alluminio, <strong>di</strong> stagno, <strong>di</strong> ferro e <strong>di</strong> sommacco.Come si evince dal confronto delle figure 13-a e 13-b la pre-mordenzaturacon allume induce nei filati <strong>di</strong> lana, tinti con l’estratto del legno brasile,una colorazione rosso-bruna (figura 13-b), notevolmente <strong>di</strong>versa daquella rosso-violetta che si riscontra in filati non pre-trattati con mordente(figura 13-a) [18-a].21


a) b)Fig. 13: Il processo <strong>di</strong> tintura al legno brasile applicata a tessuti <strong>di</strong> lana. Influenza del mordentesulla tonalità del colore.a) Tessuto sottoposto a tintura senza l’ausilio del mordente;b) tessuto pre-mordenzato con allume prima della tintura[Rif. 18-a].La tintura basata sull’impiego del legno della “Caesalpina sappan” eraimpiegata fin da tempi molto lontani in Giappone.In relazione a quanto sopra, nel riferimento [17] è scritto testualmente:«This tree does not grow in Japan but trunks of it were imported in Japanfrom In<strong>di</strong>a as early as 900 B.C.. The wood of the trunk is used for dye. It isfirst chopped fine then boiled, but not in a pan made of iron.A variety of colors can be obtained from this extract by using <strong>di</strong>fferentmordants. For instance, Botan-iro, ashes of roses, is gained with ash extract;Aka-iro, real red, with alum; and wisteria-violet with iron water.Iron water is made as follows: rusted iron is thrown in to a mixture of vinegarand water and is well boiled. It is left for one day and night and then theiron is taken out».Il legno brasile, fino alla scoperta dei <strong>coloranti</strong> sintetici, insieme ad altrilegni rossi, è stato molto usato nella tintura della lana e della seta.La materia colorante che si ricava dai legni rossi viene ancora oggi adoperata,in aggiunta al colore del legno <strong>di</strong> campeggio, per ottenere dei tonirosso-blu e verde-violetto.– LEGNO SANDALOQuesta denominazione comprende legni <strong>di</strong>versi aventi la caratteristicacomune <strong>di</strong> essere profumati.Il principio colorante, che si estraeva, in particolare dal legno del sandalorosso fornito dall’albero, denominato “Pteracarpus santalinus”, che cresce a22


Ceylon, veniva utilizzato per tingere la lana in rosso, dopo un processo <strong>di</strong>mordenzatura al tannino, al cloruro <strong>di</strong> stagno, all’allume o al bicromato.– ORIGANO (ORIGANUM VULGARE)Labiata perenne che cresce spontanea nell’Europa meri<strong>di</strong>onale e centrale(tavola VII). I fiori e le parti terminali venivano usate dagli svedesi pertingere la lana in rosso e purpureo. In Russia (me<strong>di</strong>o-Volga) i fiori secchidell’origano venivano mescolati, in un pestello, con parti eguali <strong>di</strong> foglie<strong>di</strong> melo e fatti fermentare aggiungendo del malto e del lievito. La massacosì ottenuta, allo stato secco, era utilizzata per ottenere tinte cremisi <strong>di</strong>varie tonalità.– REBULNIUMPiante appartenenti alla famiglia delle “Rubiacee” che vivono principalmentenell’America del Sud.Il principio colorante veniva estratto dalle ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> queste piante inmaniera praticamente simile a quanto si usava fare, nelle regioni delme<strong>di</strong>terraneo, del me<strong>di</strong>o-oriente e dell’Europa, con la materia colorantederivante dalla Rubia Tintctorium.Le colorazioni ottenute nella tintura della lana variavano, a secondadella specie <strong>di</strong> pianta utilizzata e della natura chimica del mordente, dauna carminio o rosso mattone (su mordente <strong>di</strong> allume) a un bruno violetto(su mordente <strong>di</strong> ferro). In assenza <strong>di</strong> mordente era possibile produrreuna tonalità rosso-aranciato.– ROCCELLA TINCTORIA (ORICELLO)La “Roccella tinctoria” (cresce sulle rocce delle coste delMe<strong>di</strong>terraneo, dell’Africa Occidentale e Orientale, del Madagascar e <strong>di</strong>altre regioni) appartiene alla famiglia dei Licheni, vegetali risultanti dall’associazionesimbiotica <strong>di</strong> un fungo con un’alga. Nei licheni la funzionedell’alga è quella <strong>di</strong> provvedere alla formazione delle sostanze nutritive,mentre il fungo fornisce l’acqua e i sali minerali (figura 14).Il colorante rosso che si ricavava dalla Roccella tinctoria, noto come“oricello”, è citato nel “Papyrus Holmiensis”, l’antico ricettario egiziano.Plinio (Nat. Hist. XIII, 136) riporta che la tintura all’oricello veniva,all’epoca, praticata nell’isola <strong>di</strong> Creta.«The phycos (sea weed) growing on rocks round the Island of Crete is alsoused for a purple dye; the most approved kind growing on the northern sideof the island, as is the case of the sponges» [dal rif. 16].La tintura all’oricello si sviluppò in Italia a partire dal secolo XIV, sembraad opera del fiorentino Ferro. Fino alla fine del XIX secolo la tintura23


Fig. 14: Disegno della Roccellatinctoria (dalla “HistoriaMuscorum”, (1742) <strong>di</strong> Dellenius)[Rif.18-b].della lana basata sull’estratto dell’oricello compariva in tutti i ricettarieuropei.Il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> tintura prevedeva una prima fase durante la qualel’estratto del vegetale, ancora fresco e con caratteristiche acide, venivatrattato all’aria con una sostanza basica (la potassa, tratta dalle cenerivegetali, l’acqua <strong>di</strong> calce oppure l’urina, che decomponendosi sviluppavaammoniaca). Il processo <strong>di</strong> fermentazione alcalina portava all’ottenimento<strong>di</strong> una soluzione acquosa <strong>di</strong> un colore azzurro-violaceo [9].Trattando questa soluzione con sostanze acide si produceva un precipitato<strong>di</strong> colore rosso; in presenza <strong>di</strong> cloruro ferrico o allume si otteneva,invece, un precipitato rosso bruno o rosso ciliegia.A seconda delle modalità <strong>di</strong> tintura era possibile produrre con l’oricellotessuti <strong>di</strong> lana colorati in malva, in varie tonalità <strong>di</strong> rosso e in arancione;con la tintura all’oricello, più economica e semplice, non era comunquepossibile realizzare tinte con una brillantezza e bellezza delle tonalitàparagonabili a quelle ottenibili con la porpora <strong>di</strong> tiro.Secondo quanto riportato da alcuni testi <strong>di</strong> chimica la Roccella tinctoria«non contiene la sostanza colorante già formata, ma alcuni aci<strong>di</strong> incolori,derivati dell’orcina o affini ad essa, quali l’acido lecanorico o <strong>di</strong>orsellinico,24


a)b)c)Fig. 15: I principali sta<strong>di</strong> che, a partire dall’acido lecanorico, portano alla formazione della -idrossiorceina.27


tate da Ippocrate, Teofrasto, Dioscoride e Plinio.«Plinio racconta delle piantagioni <strong>di</strong> garanza esistenti nel 50 d.C. nelle vicinanze<strong>di</strong> Roma e Dioscoride ricorda la robbia coltivata con molto profitto nei<strong>di</strong>ntorni <strong>di</strong> Ravenna, ove veniva appositamente piantata tra gli olivi. Le tintepiù solide risultavano su materie tessili mordenzate con allume» [10].Sembra che i costumi militari romani, <strong>di</strong> colore rosso vivo, venisserotinti utilizzando la robbia, che a partire dal me<strong>di</strong>oevo fu per molti secoli,e cioè, fino alla scoperta dell’alizarina sintetica, una delle più importantisostanze <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong>.Con lo sviluppo del tessile, a partire dal me<strong>di</strong>oevo, crebbe in Europa larichiesta <strong>di</strong> questo colorante, pertanto la coltivazione della robbia fuintrodotta in vaste aree rurali. L’imperatore <strong>di</strong> Francia, Carlo Magno, previde,nel suo or<strong>di</strong>namento agricolo, la coltivazione <strong>di</strong> questa pianta intutte le regioni dell’impero.«La coltivazione (della garanza in Europa) raggiunse il suo massimo svilupponel <strong>di</strong>ciottesimo secolo, <strong>di</strong>minuì durante le guerre della repubblica e delprimo impero, per riprendere poi vigorosa, quando Luigi Filippo or<strong>di</strong>nò chei pantaloni dell’armata francese venissero tinti con la robbia, specialmentenel Sud della Francia e Olanda, meno in Italia (Sicilia, Toscana), Austria-Ungheria Slesia, nell’Oriente e in America» [19].Nel VII secolo d.C. la robbia veniva coltivata a Saint Denis, vicinoParigi; più tar<strong>di</strong>, nel XIV secolo, si <strong>di</strong>ffuse la coltivazione <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong>robbia proveniente dall’Olanda. Nel 1669, dopo le regolamentazione <strong>di</strong>Colbert, la coltivazione della robbia si sviluppò ulteriormente in Francia,in particolare ad Avignone.Nel XIX secolo, prima della scoperta del primo colorante sintetico, lacoltivazione della robbia era praticata in molti paesi europei. Con la sintesie la industrializzazione dell’alizarina sintetica (1871) il colorantenaturale estratto dalla robbia venne, in pochi anni, sostituito sui mercati<strong>di</strong> tutto il mondo.Nelle ra<strong>di</strong>ci della robbia sono presenti <strong>di</strong>versi <strong>coloranti</strong> in forma <strong>di</strong> glucosi<strong>di</strong>.Questi ultimi, molto <strong>di</strong>ffusi nel mondo vegetale, derivano dallacombinazione <strong>di</strong> idrossicomposti con zuccheri. Se lo zucchero si combinacon una sostanza <strong>di</strong>versa, quest’ultima viene chiamata “aglicone”. Iglucosi<strong>di</strong> sono, in generale, idrolizzati dagli aci<strong>di</strong> minerali dando luogoalla formazione <strong>di</strong> un molecola <strong>di</strong> zucchero ed una <strong>di</strong> aglicone. Di normala reazione <strong>di</strong> idrolisi viene prodotta da un enzima (una proteina) che sitrova, anche se in cellule <strong>di</strong>verse, nella stessa pianta. Quando i tessuti28


vegetali sono sottoposti a macerazione il glucoside viene a contatto conl’enzima; a questo punto parte la reazione <strong>di</strong> idrolisi [20]. Nel caso dellarobbia il principale glucoside è l’acido “ruberitrinico” o “rubiano” cheviene scisso dalla “eritrozina” in glucosio e alizarina. Tra le altre sostanze<strong>coloranti</strong> presenti nella robbia (circa venti) vanno ricordate: la purpurina,la pseudopurpurina, la xantopurpurina, la munistina e la rubia<strong>di</strong>na[19].“… The root (della robbia; n.d.A.) contains the dye in the form of glucosidsin a red layer between the outer rind and the core of woody particles.Hence the actual dye has to be freed from the colouring materials, the mostimportant of which is ruberytrinic acid, which by moistening the glucosid issplit into sugar and alizarin, the actual dye which colours the fibres. It thereforeinvolves a rather complicated treatment and it will be understood thatonce Graebe and Liebermann synthesized alizarin in 1868, the cultivation ofmadder practically <strong>di</strong>sappeared” [16].Le ra<strong>di</strong>ci della rubia tinctorum (cilindriche, lunghe 20-30 cm, spesse1,2 cm) presentano una cuticola <strong>di</strong> colore bruno-rossiccio alla qualesegue uno strato <strong>di</strong> colore giallo. Le ra<strong>di</strong>ci venivano raccolte nel terzoanno quando la sostanza colorante ha raggiunto una percentuale <strong>di</strong> circail 2%.Le ra<strong>di</strong>ci una volta raccolte venivano messe in commercio <strong>di</strong>sseccate emondate oppure macinate. Il principio colorante veniva estratto facendobollire in acqua le ra<strong>di</strong>ci, essiccate e polverizzate.Esemplari <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> robbia, insieme alla polvere del principio coloranteda esse estratto, e alcuni campioni tinti <strong>di</strong> lana grezza sono mostratinelle tavole IX e X e nella figura 16.Impiegando mordenti <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>versa era possibile conferire alla lanavarie tonalità <strong>di</strong> rosso [1].Alcune ricette <strong>di</strong> tintura alla robbia, utili per tingere la lana in rosso granato,descritte nel riferimento [17], sono qui <strong>di</strong> seguito testualmenteriportate.«After three years growth, the long fleshy roots are dug, cleaned and dried,then ground. This is the only red dye for which hard water is recommended.If only soft water is available, add a little slaked lime (calcium hydroxide).Mordants: Different color tones can be achieved with <strong>di</strong>fferent mordants.For lacquer red, use alum: for garnet red, chrome.To prepare the dye: Soak 8 ounces of powdered madder root overnight.Bring to a boil, then imme<strong>di</strong>ately strain through gauze into water for dye.29


To dye wool lacquer red: Immerse alum-mordanted and wetted wool inluke-warm dye bath. Bring slowly to a boil during 1 1/2 hours. Reduce heatat once to 190 degrees Fahrenheit and simmer 45 minutes. Never let the dyebath boil. Cool to permit rinse water add 1/2 ounce (two tablespoons) of mildsoap flakes to each gallon to brighten the color. (Instead of the soap flakes,a handful of bran for each pound of wool in the dye bath itself will also addbrightness).To dye wool garnet red: Imme<strong>di</strong>ately after mordanting with chrome,immerse the wool in the dye bath and keep it covered. Follow the samedyeing <strong>di</strong>rections as for lacquer red».La tintura alla robbia dava un colore solido rosso intenso (denominato“rosso turco”) se il tessuto veniva previamente mordenzato con allume;successivamente vennero utilizzati sali <strong>di</strong> ferro e poi nel XVII secolo sali<strong>di</strong> stagno, con i quali era possibile ottenere tinture rosse, brune e rosa.L’influenza della pre-mordenzatura con allume sulla tinta conferita a tessuti<strong>di</strong> lana trattati con un processo <strong>di</strong> tintura alla robbia naturale viene evidenziatanella figura 17 dove sono messe a confronto tessuti in lana tintiin assenza <strong>di</strong> mordente (figura 17-a) e tessuti pre-trattati, prima della tintura,con allume (figura 17-b) [18-a].Come già scritto, tra i vari principi <strong>coloranti</strong> che si estraevano dallera<strong>di</strong>ci della robbia, l’unico ad avere utilizzo pratico nei processi tintoriera l’alizarina.La presenza della purpurina viene, oggi, sfruttata per <strong>di</strong>stinguere, attraversomisure <strong>di</strong> fluorescenza, il colorante naturale dall’alizarina sintetica(la fluorescenza della purpurina è un intenso giallo-rosso, quella dell’alizarinaun pallido colore viola).La struttura molecolare dell’alizarina e della purupurina sono illustratenella figura 18.30


Fig. 16: In primo piano sono mostrate:a) ra<strong>di</strong>ci essiccate della robbia;b) ra<strong>di</strong>ci polverizzate.Sullo sfondo sono visibili matasse <strong>di</strong> lana <strong>di</strong> un bel colore rosso ruggine ottenuto me<strong>di</strong>ante tinturaalla robbia [Rif. 13-b].31


a) b)Fig. 17: Il processo <strong>di</strong> tintura alla robbia applicata a tessuti <strong>di</strong> lana:a) Tessuto sottoposto a tintura in assenza <strong>di</strong> mordente;b) tessuto pre-mordenzato con allume prima del processo tintorio [Rif. 18-a].Fig. 18: La struttura molecolare dell’alizarina e della purpurina.32


A 2 ) Piante dalle quali si estraevano i “blu”– INDIGOFERA TINCTORIA (INDACO)Il principio colorante, comunemente noto come Indaco, si estraevadalle foglie appartenenti alla pianta denominata “In<strong>di</strong>gofera tinctoria”,una leguminosa originaria dell’In<strong>di</strong>a. Il genere è costituito da circa 300specie; in particolare l’in<strong>di</strong>gofera tinctoria è una pianta tropicale fruticosa,alta all’incirca 1,5 metri, che presenta foglie composte imparipennatee produce fiori riuniti in lunghe infiorescenze a grappoli, le quali <strong>di</strong>partonodall’ascella delle foglie (tavola XI) [22].Il proce<strong>di</strong>mento che veniva impiegato in In<strong>di</strong>a per l’ottenimento dell’indacoè così descritto nel riferimento [22]:«The cut plant is tied into bundles, which are then packed into the fermentingvats and covered with clear fresh water. The vats, which are usuallymade of brick lined with cement, have an area of about 400 square feet andare 3 feet deep, are arranged in two rows, the tops of the bottom or “beatingvats” being generally on a level with the bottoms of the fermenting vats. Thein<strong>di</strong>go plant is allowed to steep till the rapid fermentation, which quickly setsin, has almost ceased, the time required being from 10-15 hours.The liquor, which varies from a pale straw colour to a golden-yellow, is thenrun into the beaters, where it is agitated either by men entering the vats andbeating with oars, or by machinery.The colour of the liquid becomes green, then blue, and, finally, the in<strong>di</strong>goseparates out as flakes, and is precipitated to the bottom of the vats. The in<strong>di</strong>gois allowed to thoroughly settle, when the supernatant liquid is drawn off.The pulpy mass of in<strong>di</strong>go is then boiled with water for some hours to removeimpurities, filtered through woollen or coarse canvas bags, then pressedto remove as much of the moisture as possible, after which it is cut intocubes and finally air-dried».Un’antica fotografia dove sono visibili le attrezzature per l’estrazionedell’indaco nell’isola <strong>di</strong> Giava, è riportata nella figura 19 [23].Le fasi operative, attraverso le quali, partendo dalle foglie dell’In<strong>di</strong>goferatinctoria, veniva prodotto l’indaco sono raffigurate nell’antica stampa francesedel <strong>di</strong>ciottesimo secolo riprodotta nella figura 20 [1].Un tipico processo <strong>di</strong> tintura della lana all’indaco viene così descrittonel riferimento [17]:«A stock solution is made up as follows:4 1/4 ounces powdered in<strong>di</strong>go33


3 ounces so<strong>di</strong>um hydroxide [caustic soda]2 3/4 ounces so<strong>di</strong>um hydrosulfiteMix the powdered in<strong>di</strong>go with the so<strong>di</strong>um hydroxide which has been <strong>di</strong>ssolve<strong>di</strong>n water. Add water to make one gallon and heat to 120 degreesFahrenheit. Stir well and add the so<strong>di</strong>um hydrosulfite slowly. Let stand for30 minutes. The liquid should be clear and yellow, and a drop running on asheet of glass should require about 25 seconds to turn blue. Extra stock solutionmay be kept in a stoppered bottle.The next step: Into a quart jar of water slowly pour one-half ounce ofso<strong>di</strong>um hydrosulfite. Keep the solution tightly stoppered.To dye dark blue. Heat the dye vat to 120 degrees Farehnheit, add one-halfcup of hydrosulfite from the quart jar and let stand 30 minutes. Then add 21/5 quarts of the in<strong>di</strong>go-hydrosulfite stock solution. Let stand 20 minutesbefore entering the wetted wool. For even dyeing, keep the dye bath between120 and 130 degrees Fahrenheit. Keep the wool submerged, stirring it for 30minutes. Without squeezing, hang outside for 30 minutes.Many <strong>di</strong>ps will produce darker shades, so continue with the dye vat andairing until the desired color is obtained.When finished, rinse in a light acetic acid bath, then in hot soap suds andclear water.The reason for the extra stock solution and the quart jar of so<strong>di</strong>um hydrosulfitesolution is to restore the dye vat’s contents to proper consistency. Ifthe vat turns blue, add 3 ounces from the jar of so<strong>di</strong>um hudrosulfite, stir gentlyand let stand 30 minutes before using. Add more in<strong>di</strong>go-hydrosulfitestock if needed» [17].Fig. 19: La produzione dell’indaco nell’isola <strong>di</strong> Giava (Indonesia Arcipelago della Sonda) [Rif. 23].34


Fig. 20: Stampa francese del <strong>di</strong>ciottesimo secolo dove sono raffigurate le varie fasi attraverso lequali, partendo dalle foglie dell’In<strong>di</strong>gofera tinctoria, si otteneva il principio colorante:a) macerazione delle foglie e/o delle piante in acqua;b) macinazione con ruote <strong>di</strong> pietra;c) polverizzazione con pestelli;d) essiccazione al sole;e) essiccazione all’ombra e immagazzinamento in canestri [Rif. 1].La tintura all’indaco sembra che si sia <strong>di</strong>ffusa in Europa, a partire dal XVIsecolo; in particolare essa ebbe un grande sviluppo nella repubblica <strong>di</strong>Venezia. Al contrario l’uso dell’indaco fu contrastato me<strong>di</strong>ante l’emanazione<strong>di</strong> forti <strong>di</strong>vieti in molti paesi, produttori <strong>di</strong> guado (altro colorante vegetaleblu, più avanti descritto), quali l’Inghilterra, la Francia e la Germania [24].«In England woad (il guado n.d.A) was introduced at some early time fromcentral and southern Europe and was cultivated in Somerset and East Angliaduring the eighteenth century. Woad mills coped with the trade. It was alsogrown in Ireland as well as in Yorkshire and Hampshire. While woad supportedthe livehoods of so many people in England there was another plantwhich eventually took more and more of the market despite a lot of protestand denigration of what was infact a superior product. This was in<strong>di</strong>go,In<strong>di</strong>ngofera tinctoria, a member of PEA family (leguminosae) native to theHimalayas. England, France and Germany tried to suppress in<strong>di</strong>go enteringtheir markets by banning its import, but this was unsuccessful and in<strong>di</strong>godyes become dominant» [7].35


Di fatto a partire dal XVII secolo in poi l’indaco fu sempre più largamenteusato, in tutti i paesi europei sostituendo gradualmente il guado(vedasi più avanti) in molti processi <strong>di</strong> tintura con particolare riguardo alcaso della seta e della lana.Nell’In<strong>di</strong>ngofera tinctoria il precursore dell’indaco è un glucosideincolore denominato in<strong>di</strong>cano (indossile--D-glucopiranoside), cheviene idrolizzato dagli enzimi a glucosio e indossile. Quest’ultimasostanza all’aria si ossida dando luogo alla formazione della molecoladel colorante azzurro e cioè l’indaco.Le varie fasi <strong>di</strong> questo processo, insieme alla struttura molecolare delleFig. 21: Le varie fasi del processo chimico che, a partire dall’in<strong>di</strong>cano, portano alla formazione dell’indossilee quin<strong>di</strong> dell’indaco.36


Fig. 22: Schema delle reazioni chimiche che partendo dal glucoside contenuto nelle foglie dell’Isatistinctoria, porta al colorante (l’Indaco).sostanze coinvolte, sono illustrate nella figura 21.– ISATIS TINCTORIA (GUADO)Il guado è un’erba biennale molto comune (famiglia delle Crocifere)che cresce spontaneamente nelle regioni temperate dell’Europa, nell’AsiaSettentrionale e in Oriente. Alta fino ad un metro, presenta fusti eretti efiori <strong>di</strong> colore giallo (tavola XII) [25].Il principio colorante dell’Isatis tinctoria è lo stesso <strong>di</strong> quellodell’In<strong>di</strong>gofera tinctoria e cioè la molecola dell’indossile che per ossidazionesi trasforma nell’indaco. Nelle foglie della pianta del guado l’indossileè presente principalmente come componente <strong>di</strong> un glucosidedenominato “Isatoside” oppure “Isatano”.Questo glucoside, che ha una struttura molecolare <strong>di</strong>versa dall’in<strong>di</strong>cano,il glucoside dell’In<strong>di</strong>gofera tinctoria, per effetto dell’azione dell’enzima“Isatasi”, contenuta nelle cellule dello stesso guado, viene scisso inzucchero e indossile (una sostanza gialla solubile in acqua).Lo schema delle reazioni chimiche che sono alla base della tintura alguado è mostrato nella figura 22 [22].Le fasi del processo <strong>di</strong> trasformazione, attraverso cui era possibile,dalle foglie del guado estrarre e mettere in commercio il principio colorantee quin<strong>di</strong> procedere alle operazione <strong>di</strong> tintura sono così riportate nelriferimento [26]:37


«The woad was grown as a field crop and the leaves were picked in the firstyear. These were then chopped up into a paste by a horse-driven mill, thenmade into balls by hand. Each the size of a “ferthing luv” (a farthing loaf).These were laid out to dry in the sun for about four weeks till they becamehard like wood. The dried woad balls were broken up into a powder, sprinkledwith water and allowed to ferment – this was know as couching. Whenthe couched woad was dry, it was packed into barrels ready for the dyer. Thedyer poured hot water onto the couched woad in a vat and the water wentblack with the in<strong>di</strong>go from the woad.In<strong>di</strong>go, however, is not soluble in water... The dyer had to add bran, togetherwith lime, wood ash or other alkali in order to achieve an alkalinity of 8.5pHto 9pH.After three days fermentation and constant stirring the in<strong>di</strong>go was reduced toits soluble form of leuco-in<strong>di</strong>go. The dyer wetted the cloth and lowered itinto the vat. After soaking for sometime, as the cloth was lifted out, it slowlyturned blue as the air oxi<strong>di</strong>sed the soluble in<strong>di</strong>go. This was done by experienceddyers long before the pH scale or chemistry itself was devised. Thedyer himself could not have explained the process and to a by-stander it waspure magic» [26].Ulteriori dettagli circa i proce<strong>di</strong>menti che venivano impiegati per l’estrazionedella materia colorante dalle foglie del guado e per la tinturadelle fibre tessili possono ricavarsi dal già citato articolo <strong>di</strong> Zvi Koren [1]:«The leaves are round and allowed to ferment in water with the subsequentad<strong>di</strong>tion of an alkaline substance. This alkaline substance could have beenvegetable ashes, decomposed urine (a source of ammonia) and/or limewater.The impurities contained in the dyebaths as a result of the plants used andthe high temperatures of the tropics necessarily imply a rapid and spontaneousfermentation sufficient to reduce the dyestuff to a soluble form. Thisdye solution is able to penetrate the immersed fibers. Subsequently, the textileis removed from the solution and the air-oxi<strong>di</strong>zed insoluble in<strong>di</strong>gotin isformed. The blue dye was also extracted as a powder by striking the surfaceof the reduced yellow-green solution with sticks to hasten the air-oxidationof the substance and its consequent precipitation. The dried residue isthen mostly in<strong>di</strong>gotin powder and it can then be pressed into cakes» [1].La tintura al guado era ben nota presso le antiche civiltà pre-elleniche.Nel me<strong>di</strong>oevo rappresentò una voce importante nell’economia <strong>di</strong> moltipaesi europei.Di fatto fino al secolo <strong>di</strong>ciassettesimo il guado rappresentò, per l’indu-38


stria tessile europea, l’unica fonte <strong>di</strong> blu.Quando i commerci con l’estremo oriente e con l’In<strong>di</strong>a <strong>di</strong>vennero piùrapi<strong>di</strong> e facili; specialmente a seguito delle aperture delle rotte che portavanogrosse navi inglesi, olandesi e portoghesi a fare la spola tra i portieuropei e quelli asiatici, l’indaco <strong>di</strong>venne economicamente più accessibile.Pertanto a cavallo dei secoli XVII e XVIII esso sostituì, anche per lesue tinte più brillanti, sui mercati tintori europei, il guado; e questo in particolarenella tintura delle stoffe <strong>di</strong> seta.Va sottolineato il fatto che il principio colorante dell’In<strong>di</strong>gofera tinctoriae dell’Isatis tinctoria è la molecola dell’indaco, anche se la concentrazionedella materia colorante nell’In<strong>di</strong>gofera tinctoria è <strong>di</strong> circa 10volte maggiore.Una ricetta per tingere la lana in blu e turchino, basata sull’utilizzo delguado (Isatis tinctoria), detto anche pastello, è contenuta nel più anticodocumento <strong>di</strong> arte tintoria, rappresentato dal papiro “Holmiensis”, che risaleal III secolo d.C., attualmente conservato nel Museo Victoria <strong>di</strong> Upsala.F. Brunello ha così trascritto questa complicatissima ricetta:«Taglia le piante <strong>di</strong> pastello (guado n.d.A) e mettile all’ombra dentro ceste.Taglia gli steli a pezzi e lasciali all’aria per un giorno intero. Il mattinoseguente pestali e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>ponili nelle ceste; dopo questa operazione lepiante vengono chiamate “antrace”. In un tino esposto al sole in 15 metrete(=600 litri) poni un talento (=26 chili circa) <strong>di</strong> pastello. Versavi dell’urinafino a coprire il contenuto e lascia al sole. Al giorno seguente pesta le piantenell’urina e continua a far ciò per tre giorni. Per la cottura del pastello:<strong>di</strong>vi<strong>di</strong> il pastello e ciò che resta dell’urina in tre parti, tritura una delle partie introducila in un recipiente e riscalda col fuoco. Ecco come vedrai se ilpastello è cotto: all’ebollizione mescola accuratamente perché non si forminodepositi al fondo. Quando la miscela comincia a fendersi al centro vuol<strong>di</strong>re che il pastello è pronto. Togli il tino dal fuoco che mantenga la miscelatiepida in modo da non lasciarla né raffreddare né riscaldare eccessivamente.Lascia tutto così per tre giorni. Nel frattempo, fa bollire in altro tino urinae saponaria:togli la schiuma e aggiungi la lana precedentemente trattata conmordenti. Dopo che si è imbevuta, strizzala e immergila nel tino contenenteil colorante. Quando ti sembrerà opportuno, ritira la lana, copri il tino eriscalda nuovamente. Metti nel liquido due mine (=gr. 85 circa) <strong>di</strong> oricellopreviamente bollito e privato <strong>di</strong> schiuma. Immergivi la lana tinta. Sciacquain acqua salata e lascia raffreddare. Tingerai in turchino due volte al giorno,al mattino e alla sera, fintanto che il liquido colorante potrà agire» [2].La tintura della lana in turchino, allo stato <strong>di</strong> fiocco o filato, attraverso39


l’utilizzo del guado, era molto comune, in epoca rinascimentale, nellecontrade della Toscana e in particolare a Firenze e Prato.«Tale operazione sul fiocco si effettuava nel tino dove si <strong>di</strong>sponeva unabagno <strong>di</strong> tintura cal<strong>di</strong>ssimo con polvere <strong>di</strong> “guado”.Ogni tino conteneva libbre 25 <strong>di</strong> lana, e la stessa veniva lasciata per la durata<strong>di</strong> 1/8 <strong>di</strong> ora, dopo <strong>di</strong> che, la lana veniva tolta, lavata, messa in una caldaia<strong>di</strong> acqua bollente per 1/8 <strong>di</strong> ora e poi nuovamente messa in un tino da tinta,<strong>di</strong>verso, (per uniformare la tintura), lasciata per 1/8 <strong>di</strong> ora. Infine si passavaall’ultima lavatura» [3].La tintura basata sull’impiego dell’indaco (sia esso ottenutodall’In<strong>di</strong>gofera tinctoria che dall’Isatis tinctoria) era un classico processoal tino; pertanto nel preparare il bagno <strong>di</strong> tintura era <strong>di</strong> fatto necessario:a) sciogliere il colorante in acqua aggiustando opportunamente il pHdella soluzione;b) allontanare l’ossigeno dal bagno e attraverso una reazione <strong>di</strong> riduzionetrasformare l’indaco (insolubile) in indossile (leuco-derivato,solubile in acqua).Anticamente la reazione <strong>di</strong> riduzione avveniva principalmente ad opera<strong>di</strong> batteri che si sviluppavano nel tino contenente l’in<strong>di</strong>gotina, urinainvecchiata, crusca <strong>di</strong> frumento e varie altre sostanze. L’urina, fermentando,sviluppava ammoniaca, la soluzione <strong>di</strong>ventava alcalina, raggiungendovalori del pH utili per avviare il processo <strong>di</strong> tintura, che prevedeval’immersione delle fibre <strong>di</strong> lana nel bagno, dopo che era stata fattaavvenire la reazione <strong>di</strong> riduzione dell’indaco al suo leuco-derivato.L’indossile si legava fortemente e permanentemente alle fibre.Successivamente le fibre venivano estratte dalla soluzione ed esposteall’aria. In queste con<strong>di</strong>zioni l’indossile si riossidava ad indaco e le fibreassumevano una colorazione blu (vedasi figura 23) [27-a].Reiterando il proce<strong>di</strong>mento era possibile conferire alle fibre un coloresempre più intenso e profondo.I passi salienti <strong>di</strong> una recente ricetta, in base alla quale, partendo dall’indaco(naturale) in polvere, è possibile tingere la lana in blu, sono qui<strong>di</strong> seguito riportati:«Materials Needed• 8 oz. of white wool yarn• 2 gallons water40


• 1-2 Tablespoons powdered in<strong>di</strong>gotin• Clear, non-sudsy ammonia• RIT Color Remover- 1 pkg.• Litmus Paper or other pH test system that can read 9 or higherDirections1. Heat water to a little more than lukewarm (100 degrees F. or so). The hotterthe water, the more likely you are to damage the wool, so be careful.2. Add ammonia by the tablespoon until a pH rea<strong>di</strong>ng of 9 appears. Do notmake the dyebath too alkaline or damage to the wool fibers can result.3. Sprinkle 1-2 tablespoons powdered in<strong>di</strong>gotin depen<strong>di</strong>ng on how deep ablue you desire and stir thoroughly. From this point on all stirring of thedyebath should be done slowly and carefully to prevent extra oxygenfrom getting mixed into the solution.4. Sprinkle in one teaspoon of RIT Color Remover and stir, wait five minutesand look for signs of a reduction reaction. These signs include a changein the color of the dyebath, especially a lightening in color, or theappearance of a coppery scum on the top of the bath. If this does notoccur, repeat this step. 2 gallons of dyebath should not require more thanone package of color remover.5. Thoroughly wet the yarn in water before <strong>di</strong>pping. This presoaking will“open” the fibers of the yarn to more rea<strong>di</strong>ly accept the dye, make for amore even color and keep small bubbles of air out of the dyebath. Thewater should be as close to the temperature of the dyebath as possible andtry to support the yarn in several places so that the water weighted wooldoes not get stretched and loose its natural elasticity.6. Carefully <strong>di</strong>p the yarn into the bath and slowly agitate, without makingbubbles or stirring in air for about 30 seconds. Then gently lift the yarnfrom the bath, and let it air for five to ten minutes to re-oxi<strong>di</strong>ze and turnblue. This can happen very quickly and is fascinating to watch. Be carefulwhere the yarn drips as drops of dyebath will leave a stain whereverthey land. After ten minutes, successive quick <strong>di</strong>ps can deepen the color,if desired.7. When done, wash in a soap designed for hand-washable items and rinse yarncarefully and repeatedly until the rinse water runs clear and let dry» [27-b].Nella tavola XIII è riprodotta una antica stampa nella quale sono raffiguratele varie fasi <strong>di</strong> lavorazione necessarie alla produzione (ci si riferiscealla città <strong>di</strong> Ypres, periodo me<strong>di</strong>oevale) <strong>di</strong> panni lana <strong>di</strong> colore azzurro-blu.Dall’esame <strong>di</strong> questa raffigurazione si ricava che la lana veniva tinta alguado, prima della tessitura e della filatura, allo stato <strong>di</strong> fiocco [28-a].41


42Fig. 23: Ancora oggi, nella fabbricazione <strong>di</strong> tappeti orientali, la lana viene tinta in blu turchino utilizzando i <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> vegetali contenuti nel guado e nell’in<strong>di</strong>goferatinctoria, me<strong>di</strong>ante un processo al tino che prevede quale ultimo sta<strong>di</strong>o l’ossidazione all’aria del leuco-composto a colorante.


Fig. 24: Filari <strong>di</strong> aceri nella campagna vicino a Woodstock, Vermont (USA) [Rif. 28-b].43


A 3 ) Piante dalle quali si estraevano i neri e i bruni– ACER RUBRUM (ACERO ROSSO)Appartiene alla famiglia delle “Aceracee”; la corteccia rossa del troncoveniva usata dalle popolazioni in<strong>di</strong>gene della Florida e della Luisiana(USA) per estrarre una materia colorante <strong>di</strong> colore porporina che in presenza<strong>di</strong> solfato <strong>di</strong> ferro, tingeva la lana in nero (figura 24) [28-b].– EMPETRUM NIGRUM (EMPETRO)Pianta appartenente alla famiglia delle Empetracee. Il nome deriva dalgreco En (dentro) e Petros (pietra) a significare che essa cresce dentro lefen<strong>di</strong>ture delle rocce. L’empetro è <strong>di</strong>ffusa nelle zone alpino-boreali, nelletundre e foreste della zona circumpolare, sulle Alpi e Appennini settentrionalie centrali. Questa pianta vegeta bene in terreni aci<strong>di</strong> e ricchi <strong>di</strong>torba (figura 25) [14].Dalla polpa del frutto, costituito da una drupa sferica che a maturazioneassume una colorazione nero bluastra, si estraeva un liquido aventecaratteristiche acide. Questo succo era impiegato per colorare in nero lalana, mordenzata con allume.– JUSSIAEA CAPOROSA CAMB. (IUSSEA)Usata, specialmente nel Brasile, per tingere in nero i tessuti <strong>di</strong> lana.– PUNICA GRANATUM (MELOGRANO)Questa pianta (famiglia delle Punicacee) è originaria dell’AsiaOccidentale (tavola XIV). Plinio la ricorda come “Malum Punicum”.Il frutto è una bacca particolare chiamata “baulastio” con un pericarpo(buccia) coriaceo, sud<strong>di</strong>viso in logge con numerosi semi rossi. La bucciaFig. 25: Il <strong>di</strong>segno mostra le foglie e ifrutti dell’Empetrum nigrum. Il frutto ècostituito da una drupa globosa dalla cuipolpa si estraeva una materia colorante<strong>di</strong> colore rosso impiegata per tingere lalana in nero.44


dei frutti è molto ricca <strong>di</strong> tannini. Dalla corteccia si estraeva una materiacolorante capace <strong>di</strong> tingere la lana in nero in presenza <strong>di</strong> solfato ferroso;questo processo era utilizzato anche in Italia.Secondo i maestri tintori il nero rappresentava la tinta più <strong>di</strong>fficile darealizzare. R. Wizingher riporta, in una sua pubblicazione, una ricettaripresa dal volume “Ars Tintoria Fundamentalis” apparso a Francofortesul Meno nel 1683, nella quale viene illustrato un processo tintorio al tanninocapace <strong>di</strong> tingere la lana in nero.«… è menzionato un colore nero “ottenuto con corteccia d’ontano e limatura<strong>di</strong> ferro, come si trova presso gli arrotini e coltellinai”. Cuocendo si formavail sale ferroso dell’acido tannico contenuto nella corteccia d’ontano; siimmergeva a più riprese la lana in un tale bagno, poi si stendeva all’aria»[29-a].Il proce<strong>di</strong>mento rientrava quin<strong>di</strong> in una meto<strong>di</strong>ca basata sulla preparazione<strong>di</strong> un bagno contenente il tannato ferroso (sale solubile), nel qualeveniva immerso ripetutamente il tessuto <strong>di</strong> lana che successivamente era<strong>di</strong>steso all’aria dove avveniva, per effetto dell’azione dell’ossigeno, laossidazione del sale ferroso a sale ferrico (insolubile).«Ovviamente non si poteva evitare che della polvere <strong>di</strong> ferro penetrasse poila lana. La stessa (polvere <strong>di</strong> ferro n.d.A) non poteva poi essere eliminatacompletamente, nemmeno dopo intensi lavaggi. Il tessuto presentava perciòuna mano dura e veniva in poco tempo deteriorato dalle particelle <strong>di</strong> ferro»[29-a].Il processo, passato alla storia come “Nero al tannino” che sfruttava lacombinazione del ferro con l’acido tannico è la più antica metodologiache sia stata utilizzata dall’uomo per tingere in nero fibre e tessuti.Per la tintura in nero della lana si usavano spesso proce<strong>di</strong>menti moltocomplessi.Alcuni, ad esempio, prevedevano la “sovrammissione <strong>di</strong> tre colori fondamentalipartendo da una base <strong>di</strong> guado (blu) e tingendo successivamentecon robbia e reseda (rosso e giallo)” [24]. Quest’ultima proceduraspesso comportava un indurimento e dei danni alle fibre <strong>di</strong> lana.Nel secolo XVI e XVII, in Italia, i maestri tintori per tingere in nero itessuti e le fibre usavano eseguire una prima tintura <strong>di</strong> fondo con guado(blu) e robbia (rosso) alla quale seguiva un processo <strong>di</strong> sovratintura concampeggio [29-a].45


a)Fig. 26: a) Antica fotografia <strong>di</strong> donne calabresi <strong>di</strong> San Giovanni in fiore (Cs) che indossano tipicicostumi in nero.b) Caratteristica calza <strong>di</strong> lana, conf<strong>ezio</strong>nata tra le mura domestiche, tinta in nero utilizzando unestratto dalla corteccia <strong>di</strong> olmo [Rif. 29-b].b)In provincia <strong>di</strong> Cosenza (Calabria) e in particolare a San Giovanni inFiore, le donne usavano conf<strong>ezio</strong>nare nelle loro case le«”Cozette” ‘ccu taccaglie’, calze <strong>di</strong> lana <strong>di</strong> pecora fermate al ginocchio confili <strong>di</strong> lana attorcigliati o con ritagli <strong>di</strong> stoffa e sostituiti in seguito da elastici.Esse venivano lavorate ai ferri dalle donne, dopo che avevano spelazzata,pettinata (cardata) la lana e ridotta in batuffoli per essere filata al fuso. Ilfilo così ottenuto si tingeva, in casa, <strong>di</strong> nero, <strong>di</strong> blu, <strong>di</strong> grigio, oppure si tingevano<strong>di</strong>rettamente le calze. La tinta nera si estraeva dalla corteccia degliolmi» (figura 26) [29-b].46


A 4 )Piante dalle quali si ricavavano i gialli, ver<strong>di</strong>, arancio,noce, cannella e altri colori– ACER CAMPESTRE (LOPPO, ACERO CAMPESTRE)Albero (altezza 5-6 m, <strong>di</strong>ametro chioma 3-4 m) che cresce in Europa ein Italia; presenta una chioma tondeggiante con foglie pendenti.Alcuni ricettari tintori del XVIII secolo riportano che facendo bollire lalana in presenza <strong>di</strong> pezzetti del legno fresco <strong>di</strong> questa pianta, appartenentealla specie <strong>di</strong> Acero, era possibile conferire alla fibre un colore nocecannella.La scorza veniva usata raramente per tingere in giallastro, usando deibagni aci<strong>di</strong>.– ACER PLATANOIDES (ACERO RICCIO)Albero (altezza 8-10 m, <strong>di</strong>ametro della chioma 4-6 m) a portamentoeretto con foglie a 5 lobi, più spesse <strong>di</strong> quelle dell’Acer pseudoplatanusa cui somiglia, che <strong>di</strong>ventano gialle in autunno (tavola XV). Le foglie <strong>di</strong>questo albero venivano utilizzate nei paesi del nord Europa per tingere itessuti <strong>di</strong> lana in un giallo-limone.– AGRIMONIA EUPATORIA (AGRIMONIA)E’ una pianta appartenente alla famiglia delle Rosacee.Il processo tintorio consisteva nel preparare un decotto con le foglie egli steli raccolti all’inizio della fioritura. Si otteneva una soluzione <strong>di</strong>colore giallo-oro vivace e solida. Con foglie e steli raccolti nel periodo <strong>di</strong>maturità era possibile tingere la lana in colore castoro.Una ricetta per tingere la lana in giallo fine, utilizzando le foglie <strong>di</strong>Agrimonia, descritta nel riferimento [17], prevede le seguenti operazioni:«Mordant: Alum or chrome.To prepare the dye: Boil one peck of chopped leaves and stalks one hour.Strain liquid into bath for dye.To dye: When dye bath is lukewarm, enter mordanted and wetted wool.Slowly bring to a boil and simmer one hour. Rinse well. Dry in shade».– AILANTHUS GLANDULOSA DESF. (AILANTO, SOMMACCO PERSIANO)Albero appartenente alla famiglia delle Simarubacee (altezza 10-20 m,<strong>di</strong>ametro della chioma 7-10 m); presenta foglie composte, imparipennatelunghe 40-60 cm, formate da foglioline verde chiaro, ovali, lanceolatetroncate alla base (tavola XVI). Questa specie (A. glandulosa), originariadella Cina e delle Molucche, fu introdotta in Italia intorno al 1760.Con le foglie <strong>di</strong> questa pianta, si preparava un decotto contenente un47


principio colorante giallo per la tintura della lana.– ALLIUM CEPA (CIPOLLA)La cipolla (Liliacee) è una pianta erbacea, biennale da orto (largamentecoltivata in Italia, originaria delle regioni dell’Asia occidentale), il cuibulbo è costituito da una parte centrale, il girello, dal quale hanno originele tuniche cioè foglie metamorfosate sovrapposte le une alle altre. Letuniche interne sono carnose e ricche <strong>di</strong> sostanze <strong>di</strong> riserva mentre quelleesterne sono sottili e membranose (tavola XVII).Le tuniche più esterne della comune cipolla da cucina venivano utilizzateper tingere la lana in varie tonalità che, a seconda della procedura,andavano dall’arancio-bruciato a quello dell’ottone.Una ricetta tintoria è qui <strong>di</strong> seguito riportata:«Mordant: For burnt orange, alum; for brass color, chrome.To prepare the dye: Boil one pound of skins 30 minutes. Strain liquid intobath for dye.To dye burnt orange: Steep alum-mordanted, wetted wool one hour in hotdye bath. Rinse and dry. To make the color more durable, <strong>di</strong>p the wool twoor three times more in the dye bath, drying it after each <strong>di</strong>pping.To dye brass-color: Imme<strong>di</strong>ately after mordanting with chrome, enter thestill wet wool in the warm dye bath and steep until the desired tone appears.Rinse and dry» [Rif. 17].– ANTHEMISSono piante erbacee rustiche (famiglia delle Compositae) annuali, biennalie perenni, con foglie a lamina profondamente <strong>di</strong>visa e infiorescenzea capolino, simili alla margherite.a) ANTHEMIS COTULA (CAMOMILLA FETIDA)Un processo <strong>di</strong> tintura basato sull’utilizzo delle foglie e dei ramoscelli<strong>di</strong> questa pianta (citato nel trattato sulla tintura pubblicato dal Talier nel1793) veniva usato per tingere in giallo verdastro la lana, sia per tintura<strong>di</strong>retta che dopo mordenzatura con cremore <strong>di</strong> tartaro.b) ANTHEMIS TINCTORIA (CAMOMILLA DEI TINTORI)I fiori <strong>di</strong> questa pianta perenne (tavola XVIII) venivano usati per tingerela lana in giallo.A seconda delle sostanze mordenti impiegate era possibile conferirealla lana una colorazione gialla, cachi oppure oro.Le procedure sono così descritte nel riferimento [17]:“Mordant: For yellow, alum; for khaki, alum plus a second dye bath; forgold-color, chrome.48


To prepare the dye: Chop one peck of flower-heads and boil 30 minutes.Strain liquid into bath for dye.To dye yellow: Enter wetted alum-mordanted wool in cold dye bath; heatslowly and simmer one hour. Rinse well and dry in shade.To dye khaki-color: After 30 minutes of simmering, as for yellow, enteralum-mordanted wool, without rinsing, in a second boiling bath, this onecontaining 1/6 ounce potassium <strong>di</strong>chromate and 1/6 ounce acetic acid.Simmer 10 to 15 minutes. Rinse in soapy water.To dye gold color: Dye soon after mordanting with chrome, while wool isstill wet but after it has cooled. Enter in a cold dye bath, bring to a slow boil,and simmer 30 minutes. Rinse in several clear waters of gradually reducedtemperatures”.– BERBERIS VULGARIS (BERBERO, CRESPINO, SPINA SANTA, ECC.)Il Berberis vulgaris, nome comune Crespino, è un arbusto sempreverde,rustico (famiglia delle Berberidacee) a foglia caduca, in<strong>di</strong>gena dell’Italia,Europa, Asia e Africa Settentrionale (altezza 2-3 m, <strong>di</strong>ametro della chioma1,5-2 m). I fiori sono riuniti in racemi lunghi, le foglie sono ovali,mentre le bacche appaiono rosse a forma ovoidale-cilindrica (tavola XIX).Dalla corteccia delle ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> questo arbusto si estraeva un principiocolorante giallo, noto con il nome <strong>di</strong> “berberina”, che veniva usato pertingere la lana in giallo per tintura <strong>di</strong>retta.La berberina (una base debole, otticamente inattiva, solubile a caldo inacqua) è un alcaloide giallo, molto <strong>di</strong>ffuso nel mondo vegetale, la cuistruttura molecolare è riportata nella figura 27.La berberina cristallizza in aghi gialli, contenenti acqua <strong>di</strong> cristallizzazione;anidra fonde tra i 145-150 °C, una volta sciolta in acqua si trasformain idrossido <strong>di</strong> berberinio.– BETONICA O STACHIS OFFICINALIS (BETONICA, VETTONICA)Pianta (famiglia delle Labiate) che cresce nei boschi e nei pratidell’Europa centrale e meri<strong>di</strong>onale. Presenta foglie ovato-oblunghe, amargini crenati, verde scuro (figura 28).Nel secolo <strong>di</strong>ciottesimo veniva usato il decotto delle sue foglie per tingerela lana in colore muschio-carico.– BIGNONIA CHICA HUMB. (VERMIGLIONE AMERICANO, CHICA)Pianta originaria dell’America Latina (famiglia della Bignonia); ilnome le venne dato in onore dell’Abate Jean Paul Bignon (1662-1743)bibliotecario alla Corte <strong>di</strong> Luigi XIV.Facendo fermentare le foglie secche in acqua si ottiene una sostanza49


Fig. 27: Struttura chimica della berberina; principio colorante giallo che si estrae dalla cortecciadelle ra<strong>di</strong>ci del “berberis vulgaris”.Fig. 28: Il <strong>di</strong>segno mostra la pianta dellaStachys officinalis, denominataBetonica, dalle cui foglie si estraeva uncolorante usato per colorare la lana ingiallo.50


ossa che veniva usata dalle popolazioni in<strong>di</strong>gene per tingere la lana inarancio.– BIXA ORELLANA (ORIANA, URUCÙ ECC.)Albero <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni (famiglia delle Bixacee) originariodell’America del Sud e delle Antille.Il principio colorante si ricavava triturando i piccoli semi <strong>di</strong> colorerosso cupo, insieme alla polpa rossa, vischiosa, che li circonda. Questisemi sono contenuti all’interno dei frutti consistenti in capsule bivalve <strong>di</strong>colore rosso porpora (tavola XX) [30]. La pasta veniva mescolata conacqua e fatta fermentare per 10-15 giorni; dopo filtrazione rimaneva unliquido torbido dal quale per evaporazione si ricavava un residuo che silasciava seccare all’ombra. Il prodotto, così ottenuto, era impiegato in unbagno <strong>di</strong> soda o <strong>di</strong> sapone per tingere la lana in rosso arancio.Di solito la pasta colorante <strong>di</strong> “Oriana” si importava dalla GuianaFrancese. Il relativo processo <strong>di</strong> tintura fu molto usato, in Europa, finoalla scoperta dei <strong>coloranti</strong> <strong>di</strong> sintesi.Il principio colorante della Bixa orellana è la Bixina (estere monometilicodella Norbixina, l’acido bicarbossilico omologo della Crocetina) lacui costituzione chimica è descritta nella figura 29.La bixina, rispetto alla crocetina, il colorante dello zafferano, conferivaalla lana un colore rosso arancio più cupo.– CARPINUS BETULUS (CARPINO BIANCO)Il nome carpino (Betulacee) deriva dalla fusione delle due parole celtiche“car” (legno) e “pin” (testa) in riferimento al fatto che il suo legnoveniva usato per costruire i gioghi per i buoi.Dalla corteccia del Carpinus betulus, detto carpino comune (<strong>di</strong>ffuso inEuropa, Italia, Asia Minore e Persia, altezza fino a 20 m, <strong>di</strong>ametro dellachioma 4-8 m, (tavola XXI)), si estraeva una materia colorante che inalcuni paesi veniva utilizzata per tingere la lana in giallo.Fig. 29: Struttura molecolare della bixina, il principio colorante rosso arancio contenuto nei semie nella polpa dei frutti della Bixa orellana.51


– CERCIS SILIQUASTRUM (ALBERO DI GIUDA)Il Cercis siliquastrum, una leguminosa, il cui nome deriva dal greco“kerkis” (Cercide), è un albero che può raggiungere i 6-7 m <strong>di</strong> altezza conuna circonferenza <strong>di</strong> 2 m (tavola XXII).Questa pianta è chiamata comunemente anche “albero <strong>di</strong> Giuda”, poiché,secondo la leggenda popolare Giuda, uno dei <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> GesùCristo, si impiccò ad un ramo <strong>di</strong> uno <strong>di</strong> questi alberi dopo essere statoassalito dai rimorsi per il suo tra<strong>di</strong>mento.I ramoscelli <strong>di</strong> questa pianta arborea, caratteristica della flora me<strong>di</strong>terranea,tagliuzzati, venivano fatti bollire in acqua e la soluzione usata pertingere la lana in giallo ruggine, sia <strong>di</strong>rettamente che mordenzata con cremore<strong>di</strong> tartaro.– CHLOROPHORA TINCTORIA (LEGNO GIALLO, LEGNO DI CUBA)Albero <strong>di</strong> grande <strong>di</strong>mensione, appartenente alla famiglia delleMoracee, originario delle Antille e dell’America del Sud.Dal suo legno si estraeva una materia colorante usata fino alla grande guerraper tingere la lana in giallo, se mordenzata con allume, sali <strong>di</strong> stagno o cremore<strong>di</strong> tartaro, e in verde se veniva usato come mordente il solfato <strong>di</strong> ferro.Combinando la materia colorante del legno giallo con quella del campeggioera possibile conferire alla lana un colore nero.Un processo <strong>di</strong> tintura della lana, basato sull’utilizzo del principio coloranteestratto dal legno della Chlorophora tinctoria, è qui <strong>di</strong> seguito descritto:«Mordant: For gold-color on wool, chrome; for yellowish tan on wool,alum; …To prepare the dye: Dissolve 1/2 ounce fustic (chlorophora tinctoria,n.d.A.) extract in enough water for the dye bath (4 to 4 1/2 gallons for onepound of wool).To dye wool gold-color: Imme<strong>di</strong>ately after mordanting with chrome, rinsethe wool, squeeze out the water, and immerse in dye bath. Bring to a boil,and simmer half an hour. Rinse thoroughly in several waters and dry inshade.To dye wool or cotton yellowish tan: Wet the mordanted material, immersein dye bath, and bring to a boil. After half an hour of simmering, removethe material, and without rinsing, immerse it in a boiling water bath containing1/6 ounce acetic potassium <strong>di</strong>chromate and 1/6 ounce acid. Boil tenminutes in this, then rinse well and dry in shade» [17].– CROCUS SATIVUS (ZAFFERANO, CROCO)Il genere Crocus comprende più <strong>di</strong> 70 specie <strong>di</strong> piante bulbose, rusticheche fioriscono dall’autunno alla primavera. Il Crocus sativus, comune-52


mente detto zafferano, presenta fiori alti circa 10 cm lilla-porpora, congran<strong>di</strong> stimmi e antere rispettivamente <strong>di</strong> colore rosso-arancio e arancio(tavola XXIII).Questa piccola pianta erbacea, appartenente alla famiglia delleIridacee, era conosciuta per le sue proprietà tintorie dagli antichi popolidella Mesopotamia, dagli Egizi e successivamente dai Greci e daiRomani. Plinio la citava per le sue buone qualità tintorie; essa venne coltivatain Toscana, fin dal secolo tre<strong>di</strong>cesimo.Il principio colorante si estraeva dagli stimmi dei fiori che venivanomessi a <strong>di</strong>gerire in acqua. La soluzione così ottenuta, colorata intensamentein giallo carico, era impiegata, in particolare, per la tintura dellelane da usare nella manifattura dei tappeti.R. J. Forbes relativamente al Crocus sativus scriveva:«… saffron, a beautiful orange-yellow dye extracted from the dried stigmasof the crocus flower, particularly Crocus sativus. L. Pliny tells us somethingabout this “crocus” or “crocum”:“Wild saffron is better than any other. To grow it in Italy is most unprofitable… The prime favourite is that of Cilicia, and in particular of MountCorycus, than that of Mount Olympus in Lycia, and then that of Centuripa inSicily. Some have given second place to the saffron (crocum) of Thera.Nothing is adulterated as much as saffron. A test of purity is whether underthe pressure of the hand it crackles as though brittle; for moist saffron, as saffronis when adulterated, makes no noise. Another test is whether it stingsslightly the face and eyes if after the above test you bring the hand back tothe face”……… Its dye was well-known to the ancient inhabitants of Crete of MiddleMioan II date, the flower grew there and its picking is shown on a famouswall-painting.It … grew in Syria and Egypt. The Phoenicians dyed stuffs with saffron andgave them to the Assyrian king Assurnasirpal as part of their tribute. Its productionin classical times seems to have been localised in the regions mentionedby Pliny» [16].Il principio colorante del Crocus sativus è la crocetina (C 20 H 24 O 4 ) presentein questa pianta come <strong>di</strong>estere del gentiobioso (Crocina).I residui zuccherini si eliminano facilmente per saponificazione inmezzo alcalino; la crocetina, così ottenuta, cristallizza dalla piri<strong>di</strong>na,come sale piri<strong>di</strong>co, dando luogo alla formazione <strong>di</strong> cristalli regolari <strong>di</strong>colore arancio scuro.53


Fig. 30: Struttura molecolare della crocetina, il principio colorante giallo del crocus sativus.La struttura molecolare della crocetina, un acido bicarbossilico contenentelungo la sua catena 4 gruppi metilici laterali e 7 doppi legami C=C,è riportata nella figura 30.La raccolta dello zafferano, che prevedeva particolari attenzioni, èdescritta con tratti magistrali dalla scrittrice israeliana Shifra Horn nelsuo libro dal titolo “La più bella tra le donne”. In particolare questadescrizione viene riportata in quelle parti dell’opera che si riferiscono aquando la madre ricordava alla figlia la sua fanciullezza trascorsa nel piccolovillaggio <strong>di</strong> Zafferana che sorgeva vicino a Tripoli, la capitale dellaLibia, dove il padre Yaaqov Chenach (<strong>di</strong> religione ebraica) possedeva deicampi coltivati a Crocus sativus. Alcuni passi relativi alla raccolta dellozafferano sono qui <strong>di</strong> seguito riportati:«Pochi mesi prima della stagione della raccolta … Chenach era invececalmo e tranquillo.In quel periodo se ne andava in giro per i paesi … chiedendo che gli portasserole fanciulle più piacenti. Gli venivano presentate decine <strong>di</strong> ragazze intenera età e lui chiedeva loro <strong>di</strong> mostrargli i palmi delle mani. Con grandeconcentrazione e precisione Chenach osservava le mani tese, le rigirava frale sue mani gran<strong>di</strong> fissandole con attenzione come se cercasse <strong>di</strong> penetrarenei misteri delle loro linee e svelare il destino delle loro proprietarie. Quandoi suoi occhi erano infine sazi, Chenach accarezzava con grazia la pelle morbidacome la seta …. Misurava poi lo spessore della mano, esaminava il tipo<strong>di</strong> unghie …. Chenach sceglieva in tal modo le giovani più dolci e carinedalle mani bianche e delicate, le <strong>di</strong>ta lunghe e agili. Il suo zafferano … venivaraccolto dalle mani migliori.Nei mesi autunnali, durante la raccolta … Come eteree farfalle, le ragazzevolteggiavano fra i fiori color lillà e li coglievano delicatamente. Dopo chei fiori viola erano stati separati dagli steli ver<strong>di</strong>, le raccoglitrici tagliavanocon l’estremità delle <strong>di</strong>ta e in gran fretta lo stigma del fiore stando beneattente a contare tre stigmi a corolla. … Quando le mani <strong>di</strong> tutte le ragazze54


erano infine <strong>di</strong>ventate arancioni, Chenach raccoglieva da loro gli stigmi, liseccava su setacci morbi<strong>di</strong> fatti <strong>di</strong> crini posti sopra tizzoni ardenti, fino a cheil giusto profumo penetrava nelle sue narici. Raccoglieva poi l’oro arancionein piccoli sacchetti <strong>di</strong> stoffa, che già contenevano fili <strong>di</strong> zafferano e chetuttavia pesavano appena un grammo.Nei giorni successivi alla raccolta, Chenach si vantava che da centomila fioripiantati molto fitti fosse riuscito ad ottenere un chilogrammo <strong>di</strong> zafferanoche costava come l’oro» [32].Qui <strong>di</strong> seguito viene descritto un proce<strong>di</strong>mento per tingere la lana ingiallo, usando la materia colorante estratta dallo zafferano:«Mordant: Alum.To prepare dye: Gently boil four ounces of dried saffron half an hour.Strain liquid into bath for dye.To dye: Immerse mordanted, wetted wool or silk in lukewarm dye bath.Simmer wool gently; steep silk at lower temperature (about 160 degreesFahrenheit) until desired shade is obtained. Rinse carefully and dry in shade»[17].– CYNARA SCOLYMUS (CARCIOFO)Il carciofo è una pianta erbacea, perenne, rizomatosa che cresce spontaneanei paesi dell’area me<strong>di</strong>terranea. Il Cynara scolimus presenta fogliegran<strong>di</strong> e pelose (spinose in alcune varietà) <strong>di</strong> colore verde-grigio sullaparte superiore e bianco-grigiastra in quella inferiore (tavola XXIV).Le foglie del carciofo, seccate e triturate, venivano utilizzate per conferirealla lana, mordenzata con tartrato <strong>di</strong> potassio, un colore giallo caratterizzatoda una buona persistenza.– FUMARIA OFFICINALIS (ERBA FUMARIA)Questa pianta appartiene alla famiglia della Papaveracee. Nel <strong>di</strong>ciottesimosecolo veniva usato il decotto della pianta secca o fresca, coltaprima della fioritura, per tingere la lana in giallo solido.– GARDENIA FLORIDA (GARDENIA)Il nome <strong>di</strong> questi arbusti, dai fiori semprever<strong>di</strong> (famiglia delleRubiacee), deriva da Alexander Garden, me<strong>di</strong>co <strong>naturali</strong>sta vissuto nelsecolo XVIII, originario della Carolina del Sud (USA).Dai bellissimi e profumati fiori bianchi <strong>di</strong> questo arbusto (tavola XXV),opportunamente essiccati, si estraeva una materia colorante, moltoapprezzata e costosa, che veniva usata in Cina e in Europa (intorno allametà del secolo <strong>di</strong>ciannovesimo) per tingere stoffe <strong>di</strong> lana in giallo.55


– GENISTA TINCTORIA (GINESTRA DEI TINTORI)Il nome genista deriva dal celtico “gen” (cespuglio). Le ginestre (famigliadelle Leguminose) comprendono specie con foglie molto piccole efiori pupilianacei dall’aspetto molto vario. La genista tinctoria, notaanche come ginestrella è frequente nei boschi e nei pascoli <strong>di</strong> tutta lapenisola italiana. Ha aspetto polimorfo e si presenta sia come arbusto checome suffrutice prostrato (tavola XXVI).I fiori, <strong>di</strong> colore giallo oro, sono riuniti in racemi terminali dai quali siestraeva una materia colorante usata in molte regioni europee per conferirealla lana una bella tonalità <strong>di</strong> giallo [33].I principi <strong>coloranti</strong> contenuti nella ginestra, la “luteolina” e la “genisteina”sono delle sostanze basiche derivate dal flavone. Le strutturemolecolari del flavone e della genisteina sono illustrate nella figura 31.Il processo <strong>di</strong> tintura alla ginestra prevedeva un pretrattamento dellefibre <strong>di</strong> lana con mordenti (allume o sali <strong>di</strong> cromo).Una procedura per tingere la lana, utilizzando i principi <strong>coloranti</strong> dellaginestra è sotto riportata.«Mordant: Alum or chrome.To prepare the dye: Boil one pound of flowering tops (della ginestra;n.d.A.) one hour, then strain liquid into dye bath. If tops are dried, use morethan a pound.To dye: Enter the mordanted, wetted wool when dye bath is lukewarm.Increase heat slowly and simmer one hour. Rinse well and dry in shade» [17].Sovrapponendo la tintura con la ginestra con quella del guado era possibileconferire alla lana una colorazione verde [16].FlavoneGenisteinaFig. 31: Struttura molecolare della genisteina (a destra), principio colorante giallo contenuto neifiori della ginestra. La genisteina è un derivato del flavone la cui struttura molecolare è mostratain figura (a sinistra).56


– HUMULUS LUPULUS (LUPPOLO)Il nome <strong>di</strong> questa pianta deriva dal greco “humela” e probabilmente dallatino “humus” a in<strong>di</strong>care il suo portamento strisciante. L’Humulus lupulus,comunemente moto come luppolo, cresce spontaneamente in tutte leregioni europee. Nel me<strong>di</strong>oevo il luppolo cominciò ad essere impiegatocome aromatizzante della birra. Questa pianta, <strong>di</strong>oica, perenne, rizomatosa,presenta delle infiorescenze maschili <strong>di</strong> colore giallo a forma <strong>di</strong> pannocchiacon fiori molto piccoli. Le infiorescenze femminili sono amentipenduli ovoidali con i fiori protetti da brattee ver<strong>di</strong> giallastre (tavolaXXVII).Nel <strong>di</strong>ciottesimo secolo il decotto dei gambi fioriti e delle foglie eraimpiegato nell’industria tintoria per conferire alla lana una colorazionecannella.– JUGLANS (NOCE)Il nome Juglans deriva da “Jovisglans” (noce <strong>di</strong> Giove). Il genere comprendeall’incirca quin<strong>di</strong>ci specie <strong>di</strong>ffuse in America, Europa ed Asia.Le Juglans sono alberi decidui i cui frutti sono costituiti da una drupacon un epicarpo ricco <strong>di</strong> tannino, comunemente detto mallo. Il seme, cheè edulo, è racchiuso in un endocarpo legnoso (tavola XXVIII).a) JUGLANS CINEREA (NOCE BIANCO)E’ una pianta alta fino a 10 m, originaria delle regioni nord-orientalidegli Stati Uniti <strong>di</strong> America, presenta foglie gran<strong>di</strong> con rametti appiccicosi.Il mallo dei frutti del noce bianco veniva utilizzato per conferire allalana un colore marrone-rossiccio. Uno dei possibili processi tintori è cosìdescritto nel riferimento [17]:«Butternuts should be gathered from the trees while the hulls are still green.To prepare the dye: Remove the hulls by poun<strong>di</strong>ng them with a hammeragainst a flat stone .… When a peck has been amassed, soak the hulls overnight,then boil one hour and strain liquid into bath for dye.To dye light tan: Wet wool and immerse it when the dye bath is lukewarm.Continue heating slowly to a boil and simmer one hour. Rinse and dry.To dye dark tan: After 30 minutes of simmering, remove wool and, withoutrinsing, put it in a boiling water bath containing 1/6 ounce ferrous sulfate.Simmer 15 minutes. Rinse well and dry in shade».b) – JUGLANS NIGRA (NOCE NERO)Albero <strong>di</strong> grande <strong>di</strong>mensioni (la cui altezza supera anche i 30 m) originariodegli Stati Uniti d’America. In Europa viene allevato per motivi57


ornamentali ma anche per il legname.Il mallo dei frutti del noce nero veniva usato in Nord America per tingerela lana in un colore marrone-scuro e nero. Il processo tintorio basatosull’impiego del noce nero è stato anche usato, dopo la scoperta delleAmeriche, in molti paesi europei.«The nuts are collected while the hulls are still green. Remove the hulls,cover them with water, and store them away from the light until ready foruse. Or, dry them at once and store for future dyeing. Best used on coarsewools.Mordant: None required, but a richer color obtained if one is used.To prepare the dye: Soak 6 quarts of hulls overnight and boil two hoursbefore straining liquid into bath for dye.To dye: Immerse wetted wool when dye bath is lukewarm. Heat to boilingpoint and simmer one hour.To darken the color: Add a few sumac berries and a pinch of copperas (ferroussulfate). The dye bath can be used several times over, each time givinga slightly lighter tone.To obtain black: Dye wool first with in<strong>di</strong>go to get a deep blue. Rinse woolthoroughly, then enter into dye bath of black walnut as for dark brown. Adda handful of sumac berries. Simmer one hour. Leave overnight in dye bath.If not dark enough, next day add more black walnut dye and a pinch of copperas.Heat again to boiling point and simmer until color is right. Rinse thoroughlyand dry in shade» [17].– LYSIMACHIA VULGARIS (LUSIMACHIA)La lusimachia detta anche “mazza d’oro”, è una specie perenne <strong>di</strong>ffusain Europa e in Italia. I fiori gialli sono riuniti in pannocchie terminali. Fuusata, anche se raramente, per tingere <strong>di</strong> giallo la lana.– MEDICAGO SATIVA (ERBA MEDICA)Il noma deriva da “Me<strong>di</strong>a” la regione dell’Asia Minore dove iniziò lacoltivazione <strong>di</strong> questa pianta (famiglia delle Leguminosae) il cui generecomprende molte specie, alcune delle quali crescono spontanee in Italia.L’erba me<strong>di</strong>ca veniva ampiamente coltivata già in età romanica comeforaggio per gli animali.La Me<strong>di</strong>cago sativa era denominata “regina delle foraggere” a causadell’alto contenuto proteico.Dal fieno secco dell’erba me<strong>di</strong>ca, per ebollizione con acqua, venivaestratta una materia colorante <strong>di</strong> colore giallo usata per tingere la lana incolore camoscio.58


Fig. 32: Un magnifico esemplare <strong>di</strong> “Morus alba” (Mont Vernon - Virginia) [Rif. 7].a)b)Fig. 33: a) un bellissimo esemplare <strong>di</strong> “Morus nigra” (Windsor Castle, England);b) infiorescenze e frutti del “Morus nigra”.I frutti, e<strong>di</strong>bili, prima della maturazione, assumono una colorazione rossa; a maturazione <strong>di</strong>ventano<strong>di</strong> colore nero, da cui il nome Gelso nero dato all’albero [Rif. 7].59


– MORUS ALBA (GELSO BIANCO)In generale i gelsi (famiglia delle Moracee) sono alberi molto rustici afoglie decidue originarie dell’Asia. Il Morus alba veniva, e lo è tutt’orain alcune regioni, coltivato principalmente per produrre le foglie che rappresentanol’unico nutrimento per il baco da seta. E’ un albero che puòraggiungere anche i 15 metri <strong>di</strong> altezza; presenta frutti bianchi e leggermenteviolacei (figura 32).Nel secolo XIX il decotto, ottenuto utilizzando le foglie del Morusalba, ad<strong>di</strong>zionato con cloruro tannico e acido cloridrico, veniva utilizzatonell’industria tintoria per conferire alla lana un bellissimo colore giallovivace, resistente alle intemperie e ai lavaggi.Fig. 34: Struttura molecolare dei principi <strong>coloranti</strong> (morina e maclurina) contenuti nel legno delMorus nigra (gelso nero).60


– MORUS NIGRA (GELSO NERO, MORO)Albero, a chioma molto folta (altezza fino a 12 m) originariodell’Armenia e della Persia, coltivato in alcune regioni per i suoi frutticommestibili (figura 33).Alcuni ricettari riportano che nel secolo <strong>di</strong>ciottesimo il decotto, ottenutoimpiegando pezzetti sminuzzati del legno secco del gelso nero, avevala capacità <strong>di</strong> tingere la lana in giallo opaco o giallo oliva. Le tintureeffettuate su lana mordenzata con cremore <strong>di</strong> tartaro e nitrato <strong>di</strong> bismutorisultavano essere particolarmente solide.Le sostanze <strong>coloranti</strong> contenute nel gelso dei tintori sono la morina (underivato del -pirone) e la maclurina (un ossichetone) le cui strutturemolecolari sono delineate nella figura 34.Il colorante più efficace è comunque la morina; infatti la maclurina presentaproprietà tintorie insufficienti e poco stabili.– PASSERINA TINCTORIA (PASSERINA)Il nome deriva dal latino “Passer” (passero), per la particolare forma deisemi che ricordano la testa <strong>di</strong> questo uccello. Sono piccoli arbusti (famigliadelle Thymelaceae) simili a quelle dell’erica. Dalla corteccia <strong>di</strong> questapianta, che cresce nel sud della Francia, in Spagna e in Portogallo, si estraevauna materia colorante che veniva usata per tingere la lana in giallo.– PINUS MARITIMA (PINO MARITTIMO)Albero rustico con tronco retto, altezza anche oltre i 30 m, con un <strong>di</strong>ametrodella chioma che può superare i 6 m. Presenta delle pigne lunghe8 cm allargate alla base e appuntinte all’apice con squame dure e appiattite(tavola XXIX). Dalle pigne, una volta estratti i pinoli, era possibilericavare un decotto capace <strong>di</strong> tingere la lana in colore noce.– POLYGONUM FAGOPYRUM (GRANO SARACENO)E’ una pianta erbacea annuale <strong>di</strong>cotiledone, originaria dell’Asia, ma<strong>di</strong>ffusa nell’Europa del Nord, appartenente alla famiglia delle“Poligonacee” e al gruppo dei cereali. Dai suoi semi si ottiene una farinaper uso alimentare.La pianta del grano saraceno venne usata nel secolo <strong>di</strong>ciottesimo nell’industriatintoria. Dagli steli freschi si ricavava una materia coloranteche era capace <strong>di</strong> tingere la lana in colore tabacco.Il decotto della paglia, usato su lana mordenzata con sale <strong>di</strong> stagno,conferiva alla stessa un colore aranciato-vivace chiamato dai sarti dell’epoca“Caca-Dauphin”.– POLYGONUM HIDROPIPER (PEPE D’ACQUA)Il termine Polygonum deriva dal greco polys (molto) e gónu (ginocchio)61


a in<strong>di</strong>care il fatto che lungo gli steli <strong>di</strong> queste piante (polygonaceae) sonopresenti una serie <strong>di</strong> no<strong>di</strong> (tavola XXX). Il genere è costituito da circa 300specie. La specie che risulta più utile come colorante <strong>di</strong> tessili è laPolygonum hydropiper pianta che presenta un fusto <strong>di</strong> circa 60 cm <strong>di</strong>altezza, con foglie lanceolate contenenti delle ghiandole visibili per trasparenza,il cui secreto ha un sapore che ricorda quello del pepe (dondeil nome comune <strong>di</strong> pepe d’acqua). La pianta contiene un glucoside cheanticamente veniva usato come emostatico. La specie Polygonum bistortaveniva usata anche in farmacologia per l’alto contenuto <strong>di</strong> tannino e <strong>di</strong>acido gallico nel rizoma [15].Secondo quanto riportato da J. e R. Bronson, i quali scrissero all’iniziodel secolo <strong>di</strong>ciottesimo un importante testo sui <strong>coloranti</strong> per il settore tessile,la tintura basata sull’utilizzo della materia colorante contenuta nelPolygonum hydropiper, conferiva alla lana una colorazione gialla cherisultava essere tra le più durevoli [17].Nei processi tintori venivano usate tutte le parti della pianta, eccetto lera<strong>di</strong>ci. Un tipico proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> tintura prevede i seguenti passaggi:«Mordant: For yellow, alum; for gold-color, chrome.To prepare the dye: Soak one peck of the chopped plant for three or fourdays, then bring to a boil. Reduce temperature to about 200 degreesFahrenheit and steep 30 minutes. Strain liquid into bath for dye.To dye: Enter wetted, mordanted wool, bring to a boil and steep the materialone hour in the dye bath. Rinse and dry. With chrome, dye imme<strong>di</strong>ately aftermordanting. For cotton, use alum-tannic acid-alum mordant» [17].– POPULUS (PIOPPO)Il nome sembra che derivi dal latino “Arbor Populi” (albero del popolo).I pioppi (famiglia delle Salicacee) sono piante arboree rustiche confoglie caduche, alterne, semplici, palminervie e dotate <strong>di</strong> un lungo picciuolo.Sono caratterizzate da una crescita rapida anche in terreni umi<strong>di</strong>e salmastri (tavola XXXI).La corteccia e il legno interno del tronco, <strong>di</strong> piante appartenenti a variespecie <strong>di</strong> pioppo, venivano utilizzate per tingere la lana, con metodo<strong>di</strong>retto oppure mordenzata con cremore <strong>di</strong> tartaro o sali <strong>di</strong> alluminio. Aseconda del processo era possibile ottenere varie tonalità <strong>di</strong> colore cheandavano dal giallo-verde, al giallo-noce e alla cannella.Nelle gemme del pioppo è contenuto un colorante, la “Crisina”, underivato del -pirone, la cui struttura molecolare è rappresentata nellafigura 35-a.62


a)b)Fig. 35: Struttura molecolare della crisina, principio colorante contenuto nelle gemme del pioppo,e della galangina, presente nelle ra<strong>di</strong>ci della galanga.Un derivato della crisina, la “galangina” (figura 35-b), contenuto nellera<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> galanga, veniva impiegato per tingere in giallo la lana, opportunamentemordenzata.In alcuni paesi nelle pratiche tintorie veniva usata la materia colorantecontenuta nelle foglie del Populus nigra (pioppo nero). Questa pianta <strong>di</strong>ffusain Europa, Italia (Lombar<strong>di</strong>a) e Asia occidentale (altezza fino a 30m), presenta una chioma piramidale con foglie ovato-triangolari.Particolarmente <strong>ricerca</strong>te erano le foglie della varietà Populus nigra italica,originaria del nostro paese (tavola XXXII). Questa pianta ha una63


chioma colonnare e foglie gran<strong>di</strong> romboidali (figura 36); è spesso utilizzatacome frangivento specialmente nella pianura Padana (per questaragione in Inghilterra è denominata “Lombardy poplar”) [16].La lana, sottoposta ad un processo <strong>di</strong> tintura a base <strong>di</strong> foglie <strong>di</strong> Populusnigra italica acquisiva colorazioni <strong>di</strong>verse a seconda del tipo <strong>di</strong> mordenteimpiegato.Tipiche procedure tintorie sono così riportate nel riferimento [17]:«Mordant: For lime yellow, alum; for golden brown, chrome.To prepare the dye: Chop 1 1/2 pecks of leaves and soak overnight. Heatgradually and boil 45 minutes to an hour. Strain liquid into bath for dye.To dye lime yellow: Enter alum-mordanted, wetted wool into lukewarm dyebath. Heat to boiling point and simmer until color is right. Rinse; dry inshade.To dye golden brown: Soon after mordanting with chrome, enter wet woolinto dye bath. Continue heating and simmer until the desired color is obtained.Rinse well and dry in shade».– PRUNUS ARMENIACA (ALBICOCCO)Il Prunus armeniaca, detto comunemente albicocco, è un albero (famigliadelle Risacee) <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a grandezza, originario della Cina. L’albicoccoera noto e <strong>di</strong>ffuso in Italia e in Europa, già al tempo dell’antica Grecia. Ilnome “Armeniaca” lascia supporre che esso sia stato introdotto in Italiadall’antica Armenia. Lo scrittore latino del secolo IV d.C. Palla<strong>di</strong>oRutilio Tauro Emiliano, nel suo manuale sull’agricoltura (OpusFig. 36 Disegno <strong>di</strong> una foglia del Populus nigra(pioppo nero). Le foglie <strong>di</strong> questa pianta venivanousate per tingere la lana. A seconda dei mordentiusati, era possibile conferire alle fibre tonalità cheandavano dal giallo al marrone.64


Agriculturae), menziona la coltivazione, nei territori vesuviani, delle“Armenie” (tavola XXXIII).L’albicocco presenta un tronco robusto con una ramificazione <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata.Il Prunus armeniaca è il progenitore degli attuali albicocchi, coltivaticome alberi da frutta.Nel ricettario del Talier (1763) è riportata una ricetta che descrive ilprocesso <strong>di</strong> tintura della lana in colore cannella utilizzando il decotto <strong>di</strong>giovani rami <strong>di</strong> albicocco finemente tagliuzzati.– PSYCHOTRIA TINCTORIA (PSICOTRIA)Il genere è costituito da circa 700 specie <strong>di</strong>ffuse principalmente nelleregioni tropicali.Le foglie della Psychotria tinctoria, un piccolo albero (famiglia delleRubiacee), originario del Perù, rappresentavano la materia <strong>di</strong> partenzaper tingere i tessuti <strong>di</strong> lana in colore giallo-oro.– PTERIDIUM AQUILINUM (FELCI)Le piante <strong>di</strong> Pteri<strong>di</strong>um aquilinum, appartenenti ad una delle 250 speciedel genere Pteri<strong>di</strong>um (famiglia delle Pteridacee), sono <strong>di</strong>ffuse in Europa,Asia, Oceania e America e presenti generalmente nel sottobosco delleforeste.Queste felci (crittogame) si caratterizzano per un rizoma allungato,spesso e <strong>di</strong> colore bruno; le fronde, molto lunghe, hanno forma triangolare,in autunno assumono un colore rossastro (tavola XXXIV) [34].I termini Pteri<strong>di</strong>um e aquilinum derivano rispettivamente dal greco(Pteris= felce) e dal latino (aquilinum= come l’aquila).Ai fini tintori si utilizzavano i giovani germogli (tavola XXXIV-c) che venivanoraccolti in primavera. Il processo tintorio prevede le seguenti operazioni:«Best used for dyeing at the “fiddlehead” stage in spring when the youngshoots are still coiled at the tip.Mordant: Alum or chrome.To prepare the dye: Steep one pound of young shoots in hot water for twohours. Strain liquid into bath for dye.To dye yellowish green: Enter mordanted, wetted material into lukewarmdye bath. If wool, simmer one hour. If silk, heat only slightly and hold atabout 160 degrees Fahrenheit for one hour. Rinse and dry» [17].– PUNICA GRANATUM (MELOGRANO, POMOGRANATO)Dalla buccia dei frutti <strong>di</strong> questa pianta i tintori dei paesi arabi che siaffacciano sul me<strong>di</strong>terraneo, e specialmente quelli tunisini, usavano tingerela lana in giallo.65


“In Mesopotamia the yellow dye was extracted as early as 2000 b.C. fromepomegranate by grin<strong>di</strong>ng the rinds and extracting them with water. In Egyptit was in use from 1500 b.C. onwards as finds in tombs proved; in Palestineit was used in dyes and inks” [16].Il principio colorante del Punica granatum è la molecola della granatoninala quale è presente nella sua corteccia sottoforma <strong>di</strong> un alcaloide:la N-metil-granatonina la cui struttura molecolare, caratterizzata dallapresenza <strong>di</strong> due anelli piperi<strong>di</strong>nici condensati, è qui <strong>di</strong> seguito illustrata:CH2CHCH2CH2NCH3C=OCH2CHCH2– PYRUS COMMUNIS (PERO)E’ una pianta da frutto arborea, a foglie caduche (famiglia delleRosacee) largamente coltivata in molte regioni della penisola italiana.Alcuni ritengono che il pero sia originario dell’Asia centro-occidentale(tavola XXXV).Il legno e la scorza dei rami, opportunamente tagliuzzati, venivanoimpiegati per tingere la lana in colore noce.– QUERCUS TINCTORIA (QUERCITRONE)La corteccia <strong>di</strong> questa pianta, originaria del Nord-America, contiene unprincipio colorante giallo, da cui si ricavava la sostanza colorante denominata“Quercetina”, un derivato del flavone, la cui struttura chimica èrappresentata nella figura 37.L’uso <strong>di</strong> questo colorante fu introdotto in Europa nel <strong>di</strong>ciottesimo secolodal tintore americano Bancroft. Il processo tintorio permetteva <strong>di</strong> tingerela lana in un solido colore giallo. In presenza <strong>di</strong> mordenti <strong>di</strong>versi siottenevano tinte che andavano dall’aranciato al giallo-verde, molto resistentialla follatura e dotate <strong>di</strong> una buona soli<strong>di</strong>tà. Alcuni elementi botanicidella Quercus tinctoria sono riprodotti nella figura 38 [35].Una ricetta tintoria per la lana, che utilizzava l’estratto della parte internadella corteccia della quercia nera (Quercus velutina) veniva così ripor-66


Fig. 37: Struttura molecolare della quercetina, principio colorante giallo contenuto nella cortecciadella Quercus tinctoria.Fig. 38: Elementi botanici della Quercustinctoria, dalla cui corteccia si ricava unasostanza colorante che veniva usata pertingere lana in un solido colore giallo[Rif. 35].tata nel riferimento [17]:«Mordant: For buff (colore camoscio; n.d.A.), alum; for gold color, chrome;…To dye buff: Dissolve 1/2 ounce extract in the dye bath. Enter alum-mordantedwetted wool; heat slowly, and simmer 30 minutes. Remove wool and,without rinsing, immerse it in a water bath containing 1/6 ounce potassium67


<strong>di</strong>chromate and 1/6 ounce acetic acid. Simmer 15 minutes. Rinse well anddry.To dye gold color: Dissolve 1/2 ounce extract in the dye bath. Enter wetwool which has just been mordanted with chrome. Heat slowly and simmerone hour. Rinse well and dry».– RESEDA LUTEOLA (ERBA GUADA, GUADERELLA LUTEOLA, RESEDA DEITINTORI ecc.)Piante rustiche (famiglia delle Resedacee) annuali, biennali e perennimolto <strong>di</strong>ffuse nelle regioni del Me<strong>di</strong>terrenao. Il nome, che deriva dal latino“Resecare” (calmare, guarire), fu introdotto da Plinio per evidenziarele particolari proprietà me<strong>di</strong>cantose della reseda. Le piante presentanofoglie interne alterne con fiori, zigomorfi, caratterizzati da petali lobati,riuniti in infiorescenze che emanano un gradevole profumo (tavolaXXXVI) [33, 36].Il principio colorante giallo, che si estraeva anticamente da questa pianta,particolarmente dalle sommità fiorite, era molto usato presso i tintoridella lana e della seta.Il processo tintorio, che prevedeva l’uso <strong>di</strong> sostanze mordenzanti qualil’allume, permetteva <strong>di</strong> ottenere lane, molto soffici, colorate in tinte gialle,belle e stabili.La reseda veniva utilizzata come colorante fin da tempi remoti. Essa eranota a Virgilio come “herba lutea”, a Venezia era conosciuta e citata inalcune documentazioni del XIII secolo come “herba de Pulea”. InToscana veniva chiamata “erba guada”.La materia colorante estratta dalla reseda fu molto usata in Europa finoal secolo XVIII, quando fu gradualmente sostituita con il quercitrone.Anticamente sembra che la tintura alla reseda fosse effettuata esclusivamentedagli ebrei, mentre i cristiani usavano altre tinture. Per questeragioni la reseda veniva anche denominata “erba degli Ebrei”.Alcuni processi tintori della lana basati sull’impiego della Resedaluteola sono qui <strong>di</strong> seguito descritti:«The plant should be gathered when in full flower but before the blossomsfall. If used at once the color will be brighter, but the plant instead may bedried for future dyeing.Mordants: For lemon yellow on wool, alum; for golden yellow, chrome; fororange, alum and tin; …To prepare the dye: Put one pound of plant material in cold water, bring to68


a boil and simmer two hours. Strain into bath for dye. For deeper shades ofyellow, use more plant material.To dye wool lemon yellow: Immerse alum-mordanted, wetted wool in dyebath. Let it simmer 1 1/2 hours. For a richer color, add one ounce of powderedchalk (calcium carbonate) near the end of the period.To dye wool golden yellow or old gold: Mordant wool with chrome and dyeimme<strong>di</strong>ately, placing wet wool in warm dye bath and keeping it submerged.Bring to a boil, and simmer for 1 1/2 hours…» [17].Il principio colorante contenuto nella reseda è la molecola della“Luteolina”, un derivato del flavone, la cui struttura molecolare è descrittanella figura 39.– RHAMNUSArbusti (famiglia delle Ramnacee), il cui nome deriva dal greco“Rhamnos”, <strong>di</strong>ffusi allo stato spontaneo nell’emisfero boreale, in Brasilee nell’Africa meri<strong>di</strong>onale. Sono caratterizzati da fiori ver<strong>di</strong> o verde-giallastro,e frutti che, a maturazione, assumono un bel colore porpora scuroo nero (tavola XXXVII).Il principio colorante più importante del Rhamnus è la “Ramnetina”, underivato del flavone, la cui formula strutturale è riportata nella figura 40.Fig. 39: Struttura molecolare della luteolina, il colorante giallo che si estraeva dalle estremità fioritedella reseda luteola (reseda dei tintori).69


Fig. 40: Struttura molecolare della ramnetina, il principio colorante contenuto in alcune parti delrhamnus.a) RHAMNUS FRANGULA (FRANGOLA)Una ricetta tintoria riportata nel libro delle tinture del Talier (1973)descrive un processo per tingere la lana, mordenzata con cremore <strong>di</strong> tartaroe nitrato <strong>di</strong> bismuto, in colore viola.La materia colorante si ricavava dal succo delle bacche mature. La tintaera comunemente denominata “Prugna <strong>di</strong> Monsieur o Prugna D’Oissel”b) RHAMNUS UTILIS (VERDE DELLA CINA)Dalla corteccia <strong>di</strong> questo arbusto, originario della Cina, si estraeva unprincipio colorante, denominato “Lo-Kao o Verde della Cina”, capace <strong>di</strong>dare delle belle tinte ver<strong>di</strong>, soli<strong>di</strong> e vivaci, alla seta e alla lana.– ROBINIA PSEUDO ACACIA (GAGGIA)Il nome deriva da J. Robin, famoso erborista del Re <strong>di</strong> Francia EnricoIV. I semi <strong>di</strong> questi alberi o arbusti rustici (famiglia delle Leguminose)furono introdotti in Europa nel 1601.La Robinia pseudo acacia (detta anche falsa acacia) originaria delleregioni orientali degli Stati Uniti <strong>di</strong> America, si è <strong>naturali</strong>zzata e <strong>di</strong>ffusaanche in Italia. La pianta raggiunge anche i 20 m <strong>di</strong> altezza con un <strong>di</strong>ametrodella chioma che va dai 4 agli 8 m (tavola XXXVIII).Intorno alla fine del <strong>di</strong>ciottesimo secolo il legno della robinia pseudoacacia veniva usato per tingere la lana, mordenzata al cremore <strong>di</strong> tartaroe nitrato <strong>di</strong> bismuto, in giallo-oro. Con la tintura <strong>di</strong>retta si otteneva unatinta giallo-limone.70


– RUBUS FRUTICOSUS (ROVO DELLE SIEPI, PIANTA DELLE MORE, MORASELVATICA)E’ un arbusto sarmentoso (famiglia delle Rosacee), spontaneo in Italia.I rami, i picciuoli e le foglie sono spinosi. I fiori, riuniti in rami o pannocchie,sono formati da tante piccole drupe, <strong>di</strong> colore nerastro almomento della maturazione (tavola XXXIX).Nel “Plichto” <strong>di</strong> Rosetti viene riportato l’utilizzo delle foglie del rovo,ricche <strong>di</strong> tannino, per mordenzare le fibre. Nel <strong>di</strong>ciottesimo secolo idecotti delle ra<strong>di</strong>ci e delle more venivano impiegati per tingere la lana,mordenzata, in giallo sporco o in giallo rossastro, se trattata con sali <strong>di</strong>stagno.Un processo utilizzato per tingere la lana in grigio chiaro, impiegandoil principio colorante della pianta delle more, viene così descritto nel riferimento[17]:«Young shoot of the common brambles of roadsides and waste places can begathered in the spring for dyeing.Mordant: AlumTo prepare the dye: Boil one pound of young blackberry shoot 45 minutes.Strain liquid into bath for dye.To dye wool: Immerse wool when dye bath is lukewarm, bring to a boil andsimmer one hour. If a darker gray is wanted, lift wool out and add 1/2 ounceiron (ferrous sulfate) to the dye bath. Mix in well; return wool and continuesimmering until the shade desired is obtained. Rinse and dry».– RUTA GRAVEOLENS (RUTA)E’ una pianta perenne (originaria dell’Europa meri<strong>di</strong>onale, spontanea inItalia) appartenente alle Rutacee. Presenta fusti ramificati, foglie <strong>di</strong>visecon segmenti oblunghi o lineari e piccoli fiori <strong>di</strong> colore giallo, riuniti incorimbi (tavola XL). Le foglie e i gambi della ruta, opportunamentepestati in un mortaio e successivamente fatti bollire in acqua, fornivanoun bagno <strong>di</strong> colore verdastro che veniva utilizzato, fin dal Me<strong>di</strong>o-Evo,per tingere la lana in giallo solido.Il principio colorante è presente nella ruta, sotto forma <strong>di</strong> un glucosidedenominato Rutina, (il 3-Rutinoside della Quercitina),la cui composizionechimica è illustrata nella figura 41.– SAMBUCUS NIGRA (SAMBUCO)E’ un arbusto tipico del paesaggio campestre <strong>di</strong> molte regioni71


Fig. 41: La struttura chimica della rutina (un glucoside), il principio colorante giallo presentenelle foglie e nei gambi della ruta graveolens.Fig. 42: Struttura molecolare della ciani<strong>di</strong>na (forma cationica), il principio colorante, grigioazzurro,contenuto come glucoside (crisantemina) nelle bacche del sambuco.dell’Europa (famiglia delle Caprifoliacee). I frutti sono piccole drupelucide <strong>di</strong> colore nero (tavola XLI).Dalle bacche succose <strong>di</strong> questo albero si ricavava un liquido <strong>di</strong> colorenero-violaceo che veniva utilizzato per tingere la lana, mordenzata concremore <strong>di</strong> tartaro, in grigio-azzurro.Le bacche del sambuco contengono la Crisantemina, un monoglucosideche per ebollizione con aci<strong>di</strong> o sotto l’azione <strong>di</strong> enzimi si scinde inzucchero e l’aglicone, noto come ciani<strong>di</strong>na (figura 42).72


Nella crisantemina il residuo dello zucchero è legato in posizione 3.– SENECIO PALUDOSUS (SENECIONE)Gli steli fioriti, appartenenti a questa pianta erbacea (famiglia delleCompositae), vennero usati, anche se raramente, per tingere la lana ingiallo.– SOLIDAGO (VERGA D’ORO)A questo genere appartengono 100 specie erbacee perenni, rustiche. Lepiante sono caratterizzate da piccole infiorescenze a capolino gialle riunitein pannocchie. La “Solidago cana<strong>di</strong>ensis”, che cresce nelle regioninord-orientali dell’America settentrionale (altezza 1-2 m, <strong>di</strong>ametro dellachioma 0.8-1 m), presenta foglie lanceolate finemente dentate e capolinigialli, riuniti in pannocchie che appaiono in estate (tavola XLII).Una tecnica tintoria, basata sull’impiego del solidago cana<strong>di</strong>ensis, ècosì riportata nel riferimento [17]:«Flowering heads of Solidago cana<strong>di</strong>ensis or almost any of the related speciescommon to roadsides and fields can be used; pick when coming intobloom.Mordant: For yellowish tan, alum; for old gold, chrome.To prepare the dye: Place 1 to 1 1/2 pecks of goldenrod flowers in enoughcold water to cover; bring to a boil and boil for one hour or longer to extracttheir color. Strain liquid into bath for dye.To dye yellowish tan: Enter alum mordanted, wetted wool in lukewarm dyebath. Continue heating; simmer one hour. Without rinsing, enter wool into asecond bath, this one containing 1/6 ounce potassium <strong>di</strong>chromate and 1/6ounce acetic acid. Keep wool moving while simmering for 15 minutes.Rinse and dry.To dye old gold: Enter wet wool in lukewarm dye bath as soon as the chromemordanting is finished. Simmer one hour after boiling point is reached.Rinse well; dry in shade».– TAGETES (PUZZOLA)Piante annuali (famiglia delle Compositae) <strong>di</strong> origine messicana afferentia 50 specie <strong>di</strong>verse caratterizzate da fiori <strong>di</strong> colore arancio, rosso ogiallo (tavola XLIII).Come descritto nelle ricette qui <strong>di</strong> seguito riportate nei processi tintoridella lana venivano impiegati, in particolare, i fiori delle tagetes:«Mordant: Alum.To prepare the dye: Cover one peck of fresh flower-heads with cold water.Bring to a boil and boil one hour. A few black walnut hulls boiled with theflowers will deepen the tone of yellow. If dried flower-heads are used, only73


3/4 peck will be needed. Strain liquid into bath for dye.To dye wool yellow: Enter the mordanted, wetted wool in a lukewarm dyebath. Heat to the boiling point and simmer 45 minutes to one hour. Rinse,then dry in shade» [17].– THALICTRUM FLAVUM (RUTA DEI PRATI)Pianta rustica che cresce in Europa e in Italia (famiglia delleRanuncolaceae), presenta fiori lanuginosi <strong>di</strong> colore giallo chiaro riuniti ininfiorescenze compatte.Nel secolo <strong>di</strong>ciottesimo le ra<strong>di</strong>ci e le foglie della Ruta dei prati venneroutilizzate per conferire alla lana un colore giallo.– THAPSIA VILLOSA (TAPSIA, TURBITO FALSO)Fin dall’antichità la corteccia <strong>di</strong> questa ombrellifera, spontanea dell’areame<strong>di</strong>terranea, veniva utilizzata per la tintura in giallo della lana.Nel <strong>di</strong>ciottesimo secolo i tintori spagnoli misero a punto un processobasato sull’impiego delle infiorescenze.– TRIFOLIUM PRATENSE (TRIFOGLIO)Il nome deriva dal latino “Tres” (tre) e “Folium” (foglia); chiaro riferimentoalle foglie composte da tre foglioline della stessa forma e <strong>di</strong>mensione.Dai fiori <strong>di</strong> queste leguminose, che si presentano riuniti in infiorescenzea spiga (tavola XLIV), si estraeva una materia colorante che venivausata in Svezia, sicuramente fino al <strong>di</strong>ciottesimo secolo, per tingere inverde le stoffe <strong>di</strong> lana.Dall’infuso del fieno <strong>di</strong> trifoglio si ricavava una tintura capace <strong>di</strong> tingerela lana, mordenzata con tartrato potassico, in un colore giallo sporcoche tendeva all’olivastro. L’aggiunta <strong>di</strong> una piccola quantità <strong>di</strong> robbiaproduceva una tinta nota come “Carmelite”.– ULEX EUROPAEOUSArbusto provvisto <strong>di</strong> spine (famiglia delle Leguminose), noto come“Ginestrone”.Cresce nelle regioni dell’Europa Occidentale e dell’Africa del Nord. Inprimavera i rami si ricoprono <strong>di</strong> numerosissimi fiori gialli (tavola XLV).Secondo una ricetta riportata dal Talier (1793) il decotto, ottenuto con ifiori freschi del Ginestrone, poteva essere utilizzato per tingere in giallogiunchiglia la lana mordenzata con cremore <strong>di</strong> tartaro.Una esemplificazione delle varie tonalità <strong>di</strong> giallo che possono essere realizzate,sottoponendo filati <strong>di</strong> lana a processi tintori che utilizzano vari <strong>coloranti</strong><strong>naturali</strong>, con o senza mordente (allume), è illustrata nella figura 43 [18-a].74


Fig. 43: Filati <strong>di</strong> lana tinti con <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> gialli; in questa figura sono riportate le tonalitàottenute tingendo la lana con <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> senza mordente (prima colonna) e premordenzandola lana con allume (seconda colonna) [Rif. 18-a].75


Frank Ames, nel suo libro dal titolo “The Kashmir Shawl” (lo scialle delKashmir) descrive una tecnica, impiegata nella regione del Kashmir(famosa per la manifattura <strong>di</strong> pr<strong>ezio</strong>si e variamente colorati scialli inlana) per conferire una tinta gialla sfruttando l’azione dei vapori <strong>di</strong> zolfo.«The fine pale yellow colour of a new shawl is given by means of sulphurfumes. A hole is made in the floor about a foot [30 cm] in <strong>di</strong>ameter and sixinches [15 cm] in depth. Over is placed a small square chimney of poplarwood (legno <strong>di</strong> pioppo; n.d.A.), open of course above. Some lighted charcoalis put in the hole and over is sprinkled a small handful of bruisedsulphur.Around the chimney and about two feet [60 cm] <strong>di</strong>stant from it is placed ahorse of framework about five feet six inches [168 cm] in height upon whichfour shawls are suspended and the external air is further excluded by anotherdrawn over the top. When the sulphur is consumed the shawls are withdrawnand others are subjected the fumes of fresh sulphur. They are kept until thenext day, then washed again in water, dried and pressed several togetherbetween two boards» [37-a].Due bellissimi esemplari <strong>di</strong> scialli del kashmir sono magnificamenteraffigurati nei due <strong>di</strong>pinti mostrati nelle figure 44 e 45 [37-b].76


Fig. 44: Ingres, Madame Riviere, 1805. Olio su tela cm 116 x 81, Parigi, Musée du Louvre.Scialle lungo tessuto nel Kashmir [Rif. 37-b].77


78Fig. 45: Ingres, Madame Panckoucke, 1811. Olio su tela cm 93 x 68, Parigi, Museo del Louvre.Scialle a righe tessuto nel Kashmir [Rif. 37-b].


B) Materie <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong> <strong>di</strong> origine animale usate nellatintura della lanaB 1 ) Porpora realeLa porpora reale è una sostanza colorante il cui precursore si estraevadalla ghiandola ipobranchiale <strong>di</strong> alcuni molluschi gasteropo<strong>di</strong>; in particolareda quelli appartenenti alle specie Murex brandaris, Phyllonotustrunculus, Stramonita haemastoma (tavola XLVI) [38].La porpora reale, detta anche porpora <strong>di</strong> Tiro, era capace <strong>di</strong> conferiretinte soli<strong>di</strong>ssime alle fibre proteiche quali la lana e la seta.P.E. Mac Govern e R.H.Michel nel loro interessante articolo dal titolo“Royal purple dye: its identification by complementary physicochemicaltechniques” scrivono <strong>di</strong> una legenda greca dove la scoperta della porporareale era attribuita ad Ercole.«Accor<strong>di</strong>ng to Greek legend (Julius Pollux, Onomasticon I, 45-49, e<strong>di</strong>tion ofBekker-1846), Royal purple was first <strong>di</strong>scovered by Melkarth (Hercules),king and deity of Tyre, when he and the nymph Tyros were strolling alongthe shores of ancient Phoenicia (modern-day Lebanon) with their dog. Bitinginto a large mollusk, the dog stained its mouth purple, where upon Melkarthdyed a gown with a newfound substance and presented it to his consort» [39].La legenda ha in sé elementi <strong>di</strong> verità se si pensa che i molluschi, molto<strong>di</strong>ffusi nel bacino del me<strong>di</strong>terraneo, in primavera, per accoppiarsi e riprodursi,si spostano in acque poco profonde molto vicine alle spiagge rocciosequali sono appunto quelle del Libano.La porpora, veniva anche utilizzata, come colorante tessile, in paesimolto lontani dal me<strong>di</strong>terraneo: Cina, Giappone, Perù ecc.. Questo <strong>di</strong>mostrache la tecnologia della tintura alla porpora si è sviluppata in<strong>di</strong>pendentementee in tempi <strong>di</strong>versi in popoli che non avevano alcuna possibilità <strong>di</strong>essere in contatto tra loro per un eventuale processo <strong>di</strong> trasferimento.Da fonti storiche si ricava che i Re Assiri e Babilonesi, i Minoici <strong>di</strong>Creta, il Re Salomone, gli alti prelati israeliti e gli Imperatori romaniNerone, Diocleziano, Costantino il Grande e Giustiniano indossasseroabiti tinti in porpora nelle gran<strong>di</strong> occasioni e cerimonie ufficiali. E’ perqueste ragioni che il colorante è passato alla storia con il nome <strong>di</strong>“Porpora Reale”.Il rango sociale, politico ed economico <strong>di</strong> chi vestiva abiti tinti con laporpora era da mettere in relazione soprattutto con il suo elevatissimo79


costo che in peso superava quello dell’oro.Abiti <strong>di</strong> porpora, secondo quanto riportato nel Vangelo secondo Marco,furono fatti indossare a Gesù prima <strong>di</strong> incoronarlo, per <strong>di</strong>leggio, Re deiGiudei, con una corona <strong>di</strong> spine.«Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio e convocaronotutta la corte. Lo rivestirono <strong>di</strong> porpora e, dopo avere intrecciato unacorona <strong>di</strong> spine, gliela misero sul capo. Cominciarono poi a salutarlo: “Salvere dei Giudei” … Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e glirimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo» [Vangelosecondo Marco, V, 15].E’ ormai un dato acquisito che nel me<strong>di</strong>terraneo l’antica città <strong>di</strong> Tirosituata sulla costa Fenicia è stata per lungo tempo il centro più importantedell’industria della porpora.Con la caduta dell’Impero Romano d’Oriente, che venne a coincidere,dopo anni <strong>di</strong> decadenza, con la conquista, nel 1453, <strong>di</strong> Costantinopoli daparte dei turchi, l’industria della porpora in tutte le città del me<strong>di</strong>terraneosubì un drammatico declino anche se, specialmente da parte del Vaticano,sussisteva ancora una certa domanda. Infatti da alcuni documenti si ricavache Papa Paolo II nel 1464 emise un decreto in base al quale imponevaai car<strong>di</strong>nali <strong>di</strong> indossare vesti <strong>di</strong> colore porpora.Le botteghe tintorie in Italia ed in Europa che tingevano con la porpora,intorno al se<strong>di</strong>cesimo secolo, sembra non fossero più in grado <strong>di</strong> riprodurre,tessuti in lana e in seta aventi la classica colorazione violetto-bluastroche caratterizzava gli indumenti tinti in base agli antichi processimessi a punto dai fenici. Questo fenomeno viene documentato attraversola tavola XLVII che riporta il ritratto <strong>di</strong> un car<strong>di</strong>nale (probabilmente ilCar<strong>di</strong>nale Don Fernando Nino ’ <strong>di</strong> Guevara, 1541-1609), effettuato dalgrande pittore El Greco (Domenikos Theoto Kopoulos 1541-1614).Dall’esame del <strong>di</strong>pinto si evince che il colore degli abiti indossati dal car<strong>di</strong>naleaveva una tonalità che virava verso il rosso brillante, molto vicinaa quella usata oggigiorno [38].Lo stesso <strong>di</strong>casi del colore dei paramenti car<strong>di</strong>nalizi <strong>di</strong> Papa Giulio IIcosì come appare nel ritratto del grande pittore veneziano TizianoVecellio (1490-1576) (tavola XLVIII) [40].Il confronto tra il moderno rosso car<strong>di</strong>nalizio imposto dal Vaticano, e lacolorazione blù-violetta che acquisisce un campione <strong>di</strong> lana tinto con porporareale, ad alto grado <strong>di</strong> purificazione, è mostrato nella tavola XLIX [41].Importanti testimonianze circa la caratteristica tonalità blù-violetta80


degli abiti, tinti con porpora, si ricavano analizzando i mosaici dellaChiesa <strong>di</strong> San Vitale in Ravenna, riprodotti nelle tavole L e LI, dove sonorispettivamente rappresentati l’Imperatore Giustiniano I (482-565 d.C.) el’Imperatrice Teodora (sesto secolo d.C.) con il loro seguito <strong>di</strong> cortigiani.Gli abiti indossati sia dall’Imperatore che dall’Imperatrice sono chiaramente<strong>di</strong> colore violetto,«and, because inorganic mosaic stones hardly bleache or change color evenafter 1500 years, we can assume that this was indeed the purple hue usedwhen the Phoenician industry was still active. In another mosaic in SanVitale Jesus Christ also wears a gown of the same color» [38].Durante gli scavi archeologici condotti nel sito libanese <strong>di</strong> “Sarafand”,località che si trova a mezza strada tra le antiche città <strong>di</strong> Tiro e Sidone(situate lungo la costa del mare me<strong>di</strong>terraneo), e in quello <strong>di</strong> Tel Akko(Israele) sono stati ritrovati cocci <strong>di</strong> giare del tre<strong>di</strong>cesimo secolo a.C. contenentiresidui che recentemente Mac Govern e Michel hanno <strong>di</strong>mostratoessere depositi <strong>di</strong> porpora reale (tavola LII).Il processo <strong>di</strong> ottenimento della porpora reale dai molluschi marini,insieme alle operazioni <strong>di</strong> tintura sono stati riportati nella loro interezzae con dovizia <strong>di</strong> particolari, da Plinio il vecchio nella sua famosa HistoriaNaturalis (libro IX, s<strong>ezio</strong>ni 60-65, capitoli XXXVI e XLI) pubblicataintorno alla metà del primo secolo d.C., cioè circa 1500 anni dopo lanascita nel Me<strong>di</strong>terraneo dei primi siti <strong>di</strong> estrazione e <strong>di</strong> produzione dellaporpora [42, 43].Sul metodo usato per recuperare il liquido contenuto nelle ghiandoleipobronchiali dei molluschi marini, J.T. Baker ha scritto:«The source of the dye, at least, is not in doubt. It is described as a small whitish“vein” situated transversely under, but in imme<strong>di</strong>ate contact with, theshell. The best results were obtained working with live animals. The glandsof the larger shell-fish were separated from the rest of the animal, but smallervarieties were crushed whole, shell and all. There is evidence that wherethe gland was removed intact, special instruments were used. Neither Plinythe Elder nor Pliny the Younger described a method for the removal of thegland but they <strong>di</strong>d report that only the gland was used for the dyeing process»[44].A partire dall’inizio del ventesimo secolo furono sviluppati una serie <strong>di</strong>stu<strong>di</strong> tendenti a delucidare gli aspetti chimici connessi a processi <strong>di</strong> trasformazione<strong>di</strong> interesse archeologico. Nacque la “ChimicaArcheologica” <strong>di</strong> cui uno dei primi capitoli fu rappresentato proprio dalla81


porpora reale. L’obiettivo era quello <strong>di</strong> interpretare in chiave scientifica ipassaggi e le fasi, anticamente descritti, che portavano all’ottenimentodel più famoso colorante dell’antichità.Nel 1909 Friedländer <strong>di</strong>mostrò che il principio colorante della porporareale ottenuta a partire da molluschi marini del bacino del Me<strong>di</strong>terraneo(il Murex brandaris, il Murex trunculus, e la Purpura haemastoma) e daspecie caratteristiche <strong>di</strong> altre regioni (Purpura aperta e Nucella(Purpura) lapillus originarie rispettivamente del Golfo Persico edell’Oceano Atlantico) era il 6-6 ' -<strong>di</strong>bromoin<strong>di</strong>gotina, la cui strutturamolecolare è riportata nella figura 46:Fig. 46: Struttura molecolare del principio colorante della porpora <strong>di</strong> Tiro (6,6 I – <strong>di</strong>bromo in<strong>di</strong>gotina).Per i suoi stu<strong>di</strong> Friedländer ha utilizzato circa 1,4 gr <strong>di</strong> composto puro,ricavati da circa 120.000 molluschi.Nel 1955 Bouchilloux e Roche isolarono per la prima volta i precursoridella porpora reale delucidandone anche la struttura chimica. Questistu<strong>di</strong> furono successivamente integrati da una più completa analisi strutturalecondotta dai <strong>ricerca</strong>tori Baker e Sutherland (1968) e Fouquet eBielig (1971).I precursori, sulla base degli stu<strong>di</strong> citati, risultarono essere gli esteri solfatidell’indossile e del bromo-indossile.Nel liquido ipobronchiale <strong>di</strong> alcune specie <strong>di</strong> molluschi è stata riscontrataanche la presenza <strong>di</strong> altre molecole precursori, derivati dell’indossilee del bromo-indossile, contenenti, in posizione 2, gruppi metiltio(-CH 3 S) o metilsolfonici (-SO 2 CH 3 ) (figura 47).Questi stu<strong>di</strong>, insieme ai risultati <strong>di</strong> molti altri autori non citati, hanno82


permesso <strong>di</strong> determinare i passaggi chimici che dai precursori, portanoalla formazione della porpora reale e quin<strong>di</strong> a delucidare il chimismo delprocesso <strong>di</strong> tintura. Lo schema delle possibili reazioni è illustrato, nellasua completezza, nella figura 47 [39, 43].Da questo schema si ricava che la presenza <strong>di</strong> un enzima, la“Purpurase”, provoca l’idrolisi degli esteri solfati dell’indossile e delbromo indossile (processi (I) e (1a)). Successivamente l’indossile sostituitonella posizione 2 (molecola (VI)) subisce un processo ossidativo cheporta alla formazione del composto (VII). Quest’ultima molecola, attraversoun processo <strong>di</strong> natura fotochimica, passando attraverso un prodottointerme<strong>di</strong>o, molecola (VIII), viene convertito nella molecola della porporareale, 6,6'-<strong>di</strong>bromoin<strong>di</strong>gotina (composto (III).La molecola dell’indossile non sostituito in posizione 2, composto (II)viene <strong>di</strong>rettamente trasformato, per ossidazione, nella molecola della porporareale attraverso il percorso (2).Il primo sta<strong>di</strong>o delle procedure <strong>di</strong> tintura alla porpora consisteva nellapreparazione <strong>di</strong> un “tino” contenente un bagno composto da una soluzioneacquosa del leucoderivato (solubile ed incolore) ottenuto quest’ultimoattraverso una reazione <strong>di</strong> riduzione dell’indaco (sta<strong>di</strong>o (3) in figura 47).Le fibre <strong>di</strong> lana immerse in questo bagno assorbivano e legavano, conforti legami, le molecole del leucoderivato. Quin<strong>di</strong> il materiale tessileveniva esposto all’aria dove per effetto dell’azione ossidante dell’ossigenoatmosferico il leucoderivato (incolore) si trasformava nel colorante (laporpora reale) (sta<strong>di</strong>o (3) e composto III in figura 47) producendo unatintura «that is wash-fast and resistant to rubbing» [43].B 2 ) Rossi– CHERMES (GRANA DI CHERMES, KERMES)Il Chermes è un colorante rosso il cui principio si ricava dai corpi essiccatidegli insetti femmina del Kermococcuss vermilio o Coccus ilicis. Leprime testimonianze circa l’impiego del Kermes nel tessile risalgono allapreistoria; infatti in una caverna neolitica francese, sono stati ritrovatiesemplari <strong>di</strong> fibre tessili tinte con questo colorante. Il Kermococcus vermilioè un insetto la cui femmina, priva <strong>di</strong> ali, vive sui rami <strong>di</strong> alcuni alberi,in particolare su quelli <strong>di</strong> un piccolo leccio [noto con il nome <strong>di</strong> quercia <strong>di</strong>chermes (Quercus coccifera)], che cresce spontaneo nell’Europa del sud.L’insetto che esce dall’uovo verso la fine <strong>di</strong> maggio si sviluppa, attac-83


84Fig. 47: I vari sta<strong>di</strong> e processi chimici attraverso i quali i precursori, contenuti nelle ghiandoleipobronchiali dei molluschi marini dai quali si otteneva la porpora reale, venivano trasformatinella molecola del colorante (composto III) e nella sua forma ridotta e solubile: il leuco-derivato(composto IV) [Riff. 39, 43].


cato ai rami, fino a raggiungere, verso il mese <strong>di</strong> marzo dell’anno seguentela forma <strong>di</strong> un grano rosso avente le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> un pisello (tavolaLIII) [45].La procedura, anticamente seguita, per ottenere la materia colorante,nota anche come rosso <strong>di</strong> grana e scarlatto veneziano, era basata sulleseguenti fasi:a) raccolta delle femmine del Kermes vermilio dai rami della Quercuscoccifera durante il periodo della riproduzione;b) uccisione degli insetti me<strong>di</strong>ante immersione in aceto;c) essiccazione dei corpi, che si presentano sottoforma <strong>di</strong> grani <strong>di</strong> colorerosso-marrone e frantumazione allo stato <strong>di</strong> polvere;d) estrazione del colorante usando come solvente acqua e alcool [16].Il chermes è un colorante al mordente; lana e seta venivano tinte dopoessere state mordenzante con allume. Alcune procedure <strong>di</strong> tintura utilizzavanoun bagno costituito da chermes, sali <strong>di</strong> arsenico e fungo commestibile[43].A partire dal secolo se<strong>di</strong>cesimo il chermes subì una forte concorrenzada parte della cocciniglia (vedasi avanti). In effetti la tintura alla cocciniglia,che si caratterizzava per un maggiore potere ricoprente, conferivaalle fibre <strong>di</strong> lana una colorazione più intensa e vivace.Va sottolineato il fatto, però, che con la tintura al chermes, con mordentia base <strong>di</strong> sali <strong>di</strong> stagno o alluminio, si realizzavano colori più soli<strong>di</strong> eduraturi <strong>di</strong> quelli che si ottenevano con i processi a base <strong>di</strong> cocciniglia.A partire dal <strong>di</strong>ciannovesimo secolo il chermes è stato quasi totalmentesostituito dalla robbia.La soluzione acquosa del chermes, in presenza <strong>di</strong> aci<strong>di</strong>, acquisisce uncolore giallo, mentre assume un colore purpureo qualora alla soluzionevengano aggiunte delle basi.Il principio colorante del rosso <strong>di</strong> grana è l’acido chermesico, un antrachinonela cui struttura molecolare è descritta nella figura 48.Nel Kermes è presente, anche se in concentrazione molto bassa(~0.06%), l’acido flavochermesico.A Venezia erano particolarmente apprezzati i tessuti tinti con il “rossograno”.Qui <strong>di</strong> seguito viene trascritta integralmente la ricetta, riportata nel già85


Fig. 48: Struttura molecolare dell’acido chermesico, il principio colorante rosso che si estraevadal Kermococcus vermilio.citato “Plictho de Larte de tintori …” <strong>di</strong> Giovanventura Rossetti, chedescrive le varie operazioni, gli ingre<strong>di</strong>enti e le proporzioni relative alprocesso <strong>di</strong> tintura che veniva effettuato nel secolo XVI a Venezia per tingerela lana con il Kermes.Il brano è scritto in lingua italiana (Toscana) ma permeato da molteparole in <strong>di</strong>aletto veneto.«A volere fare lana de scarlato de colpo de grana. Quando serai per alluminar(mordenzare) la tua lana torrai lire 4 de lume (allume) per ogni dozena(dozina) de lire de lana a peso e lire una e meza de grana (kermes) e fallaboglir do ore e lassela stare nel bagno per spacio de tre hore, e quando le perfar <strong>di</strong> grana e tu la farai molto bene lavare e torrai lire 6 de grana provenzalee lire 4 de grana de Certi o de Corintho, per ogni dozena de lire de peso edoi bigoncioli (doppia misura <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong>: Concio= misura equivale a seisestari= 3,283 litri) de acqua forte (probabilmente una miscela <strong>di</strong> ceneri ecalcina) e metti nella caldara quando lacqua e uno poco piu che tivida (tiepida)messeda (mescola) bene poi metti dentro la lana e falla ben retellare efalla boglir cosi dentro per spacio de un ottavo de hora e poi cavala e fallaben lavar nelle corbe (gran<strong>di</strong> cesti ottenuti dall’intreccio <strong>di</strong> grossi vimini orami <strong>di</strong> castagno, con due manici) come si solita e poi dalli un bagno chiaroche sia sul boglir e quando metti lana falla levar il boglio e poi cavala e haveraibella lana» [24].La tintura al chermes, effettuata sulle fibre mordenzate con allume,conferiva alla lana una colorazione rosso-arancio.La tintura alla grana, come si evince dalla storiografia dell’industriatessile, ha avuto una grande rilevanza in Europa a partire dal basso86


me<strong>di</strong>oevo. La grana rappresentava una materia colorante particolarmenteimportante per la produzione <strong>di</strong> panni pregiati.«L’elevatissimo prezzo <strong>di</strong> alcuni panni <strong>di</strong> lusso me<strong>di</strong>evali, come gli “scarlatti<strong>di</strong> grana” <strong>di</strong>pese proprio dal costo della grana come materia tintoria, mentreil costo del lavoro per la tintura e per la rifinizione rappresentò un elementoassai minore» [Munru, the Me<strong>di</strong>eval Scarlet, in Rif. 46].Da alcuni documenti relativi all’arte <strong>di</strong> Calimala in Firenze, che raggruppavai mercanti de<strong>di</strong>ti alla tintura e alla rifinitura <strong>di</strong> panni lana grezziimportati principalmente dalle Fiandre (città <strong>di</strong> Dovai e Gand) e dalBrabante (città <strong>di</strong> Molines e Bruxelles), si ricava che nel 1301 fu emessodall’Arte <strong>di</strong> Calimala un provve<strong>di</strong>mento legislativo che:«stabilì che i panni “scarlatti” dovevano essere tinti soltanto con la grana,vietando la miscela con altre materie tintorie…Nello statuto della stessa corporazione, compilato nel 1339, il concetto merceologicodei panni “scarlatti” <strong>di</strong>venne più chiaro: i panni chiamati “scarlatti<strong>di</strong> grana” dovevano essere denominati da quel momento in poi, “scarlatti<strong>di</strong> colpo” per <strong>di</strong>stinguerli dai panni che venivano tinti con la mistura <strong>di</strong> granae <strong>di</strong> robbia … chiamati “scarlattini” o “infiammati” o panni <strong>di</strong> “mezzagrana”» [46].Successivamente nel 1369 una deliberazione dei Consoli dell’Arte vietava<strong>di</strong> mettere il vespino o l’oricello nella tintura <strong>di</strong> panni con grana enel 1372 la Corporazione istituì una speciale marchiatura da applicare aipanni tinti con grana.La quantità e il valore della grana impiegata nella tintura <strong>di</strong> scarlatti siricava analizzando i dati riportati nella tabella 1 che si riferiscono in particolarea due panni lana bianchi importati a Firenze dai Calimali intornoai primi decenni del secolo quattor<strong>di</strong>cesimo.Dall’analisi <strong>di</strong> questi dati emerge che il valore della materia colorante (lagrana) usata per la tintura rappresentava il 35-36% dei costi totali [46].Secondo quanto riportato da G. Gargiolli, nel XV secolo la grana venivaimportata a Firenze principalmente dalla Spagna oppure dal Portogallo,in particolare da Cintri un piccolo centro dell’Estremadura [47].Firenze acquisì nel me<strong>di</strong>oevo il primato in Italia dei tessuti in seta e inlana tinti alla grana i quali venivano esportati anche in altri paesi europei.A. Cirillo Mastrocinque, circa la penetrazione delle stoffe fiorentine nelmercato della città <strong>di</strong> Napoli, relativamente alla seconda metà del XVsecolo, scrisse:87


«… i fiorentini sono gli in<strong>di</strong>spensabili fornitori del prodotto <strong>di</strong> lusso, chevanti oltre ad una perfetta lavorazione, un gusto raffinato e preciso nella tinturae nell’ornamentazione. Le botteghe <strong>di</strong> Por Santa Maria forniscono i corre<strong>di</strong>reali <strong>di</strong> tutta Europa e non ultimi quelli <strong>di</strong> Casa d’Aragona … le portedella capitale si spalancarono alle loro abilità <strong>di</strong> artefici e <strong>di</strong> mercanti, lamerce fiorentina entra a Napoli da padrona. E non si tratta solo <strong>di</strong> sete, broccati,velluti, damaschi, ma anche <strong>di</strong> panni lana, poiché non vi sono lavoranti,ma soprattutto apparecchiatori <strong>di</strong> lane più abili dei fiorentini» [48].– COCCINIGLIA DEL FICO D’INDIA (GRANA MESSICANA)Il nome cocciniglia viene dato alle femmine <strong>di</strong> alcuni insetti (succhiatori<strong>di</strong> linfa), <strong>di</strong>ffusi nell’America centrale e del sud, il più noto dei qualiè il Dactylopius Coccus o Coccus Cacti che vive sul Cactus Opunzia[tavola LIV].La materia colorante della cocciniglia, già usata in era pre-colombianaTabella 1Costi delle varie operazioni per la produzione <strong>di</strong> panni lana scarlatti,cioè tinti alla grana relativamente a due <strong>di</strong>stinti panni bianchiimportati dalla città Dovai dai Calimali Fiorentini (~1320).Panno A Panno BCosto dei panni grezzi 70,27 76,04(fiorini x libbra)Quantità <strong>di</strong> grana usata 52 61(libbre)Costo della grana 41,6 48,8(fiorini x libbra)Quantità <strong>di</strong> allume impiegato 50 50(libbre)Costo dell'allume 3,63 3,63(fiorini x libbra)Costo delle operazioni <strong>di</strong> tintura e affettatura 3,4 4,2(fiorini x libbra)Totale costi 118,9 132,67(fiorini x libbra)Incidenza del costo della grana sul totale (%) 35 36,888


Cocciniglia(Coccus cacti)a) b)Fig. 49: Filati <strong>di</strong> lana sottoposti a processo <strong>di</strong> tintura alla Cocciniglia (Coccus Cacti).a) senza mordente;b) dopo mordenzatura con allume [Rif. 18-a].dalle antiche popolazioni americane per colorare la lana in rosso carminio,veniva ricavata attraverso una procedura che prevedeva i seguentipassaggi:i) raccolta delle cocciniglie, dopo l’accoppiamento e comunqueprima della deposizione delle uova, me<strong>di</strong>ante raschiaturadai clado<strong>di</strong> delle opunzie e loro uccisione;ii) essiccazione al sole o in forni e successiva polverizzazione;iii) estrazione me<strong>di</strong>ante acqua bollente (da 1 Kg <strong>di</strong> coccinigliasi ricavavano in me<strong>di</strong>a circa 50 g <strong>di</strong> colorante).La cocciniglia, fu importata in Europa dagli spagnoli, a partire dal1512, data della scoperta del Messico, i quali ne mantennero il monopolioper secoli. La tintura alla cocciniglia, come già precedentemente scritto,anche se gradualmente, per il suo elevatissimo potere tintorio, che nonsi esauriva in un solo bagno e per la brillantezza dei suoi colori, sostituì,in molti paesi la tintura al chermes.La tintura della lana, basata sull’uso della cocciniglia è stata una praticatintoria molto utilizzata fino alla metà del secolo <strong>di</strong>ciannovesimo,quando cioè furono introdotte nel mercato i <strong>coloranti</strong> <strong>di</strong> sintesi.Mordenzando la lana con allume si otteneva una tintura rosso-bluastratendente al violetto (figura 49) [18-a].Nel me<strong>di</strong>oevo prima la tintura al chermes e quin<strong>di</strong> quella alla coccinigliasostituì, in Europa e nel Me<strong>di</strong>terraneo, quella, molto più costosa, alla89


Fig. 50: Struttura chimica dell’acido carminico, il principio colorante rosso che si estraeva dallaCocciniglia (Coccus cacti).porpora. Per ottenere una tonalità <strong>di</strong> violetto più simile a quella indottadalla porpora si usava tingere usando sali mordenti e applicando bagnisuccessivi contenenti anche della robbia.Il principio colorante contenuto nelle cocciniglie è costituito dall’acidocarminico (per cristallizzazione forma aghi regolari <strong>di</strong> colore rosso vivo)la cui struttura molecolare è descritta nella figura 50 [49, 50].– LADDIAE’ una lacca colorata che si ricavava, con opportuni trattamenti, dallagomma lacca. Quest’ultima sostanza deriva dalla secr<strong>ezio</strong>ne cereo-resinosa<strong>di</strong> un insetto “Tachar<strong>di</strong>a Lacca Kerr” che vive sui rami <strong>di</strong> alberi <strong>di</strong>origine orientale (Ficus religiosa, Ficus in<strong>di</strong>ca, Butea frondosa ecc.)[16].Il principio colorante si otteneva attraverso un proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> estrazionecon una soluzione acquosa <strong>di</strong>luita <strong>di</strong> soda alla quale si ad<strong>di</strong>zionavasuccessivamente dell’allume. Colorava in rosso scarlatto la lana.L’analisi <strong>di</strong> vesti e stoffe, ritrovati in sepolcri <strong>di</strong> antiche necropoli, ha<strong>di</strong>mostrato che la pratica tintoria, basata sull’impiego <strong>di</strong> materie <strong>coloranti</strong><strong>di</strong> origine animale estratte da insetti quali la cocciniglia e da molluschimarini era ben nota presso le civiltà precolombiane dell’America del Sud.Il tessuto con decorazioni a scacchi; che appare nella tavola LV è statoritrovato nella necropoli <strong>di</strong> Ancòn [(Perù, periodo Interme<strong>di</strong>o Recente -Orizzonte Recente (900-1476 d.C.)]. I fili <strong>di</strong> lana rossa che lo compongonosono stati tinti con un principio colorante che all’esame è risultato90


essere stato estratto dalla cocciniglia [51], mentre il colorante usato pertingere in rosso la lana <strong>di</strong> lama del tessuto appartenente alla cultura deiParacas (costa meridoniale del Perù), mostrato nella tavola LVI, era statoestratto da una chiocciola <strong>di</strong> mare [52].Il fatto <strong>di</strong> avere ritrovato stoffe colorate praticamente intatte, nelletombe <strong>di</strong> antiche popolazioni (Inca e Nazca) che abitavano nelle vallatedesertiche e lungo le Coste dell’antico Perù e <strong>di</strong> altre regionidell’America Centrale e del Sud <strong>di</strong>pende dalle particolari con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>conservazione caratterizzate da un bassissimo grado <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà e daassenza <strong>di</strong> ossigeno.91


C) Blended coloursDal contenuto dei paragrafi precedenti è possibile concludere, che neiprocessi tintori la realizzazione <strong>di</strong> una “buona” tinta <strong>di</strong>pende dalla combinazioneappropriata e compatibile tra tecnologia utilizzata e natura estato delle fibre o dei tessuti impiegati.L’impiego <strong>di</strong> una unica materia colorante, in alcuni casi, non permette<strong>di</strong> ottenere, in relazione alla tipologia <strong>di</strong> fibra che si intende tingere, particolarie non comuni tonalità.In queste circostanze spesso si ricorre al concetto del “blended colours”basato sul fatto che una determinata tinta può essere conferita al tessutoe/o alle matasse <strong>di</strong> fibre me<strong>di</strong>ante una procedura complessa che vede lasovrapposizione <strong>di</strong> almeno due <strong>di</strong>fferenti processi tintori, che impiegano<strong>coloranti</strong> <strong>di</strong>versi, attraverso la cui combinazione è possibile produrre ilcolore desiderato.Il triangolo dei colori riportato nella figura 51 può essere <strong>di</strong> grandeaiuto nell’in<strong>di</strong>viduare i colori complementari attraverso la cui combinazioneè possibile produrre tonalità <strong>di</strong>verse.Il principio della combinazione <strong>di</strong> più colori è stato ampiamente usatodai maestri tintori nei secoli passati per realizzare tinte non comuni,oppure per sostituire un colorante troppo costoso o <strong>di</strong>fficile da reperiresul mercato.A titolo <strong>di</strong> esemplificazione sono qui <strong>di</strong> seguito ricordati alcuni processibasati sulle considerazioni <strong>di</strong> cui sopra.i) L’in<strong>di</strong>gotina veniva spesso utilizzata insieme alla robbia per produrrevarie tonalità <strong>di</strong> porpora e insieme a <strong>coloranti</strong> gialli per realizzaretonalità <strong>di</strong> verde.ii) Particolari tonalità rosso-violetto erano ottenuti attraverso la combinazionedella tintura alla robbia e ai licheni.iii) Tinte bruno scuro tendenti al nero venivano conferite a fibre e a tessutiutilizzando gusci <strong>di</strong> noce e limatura <strong>di</strong> ferro.iv) Lane tinte in nero venivano ottenute attraverso un proce<strong>di</strong>mentoche prevedeva prima la tintura con indaco (che conferiva alle fibreun colore blu) e successivamente l’immersione in un bagno <strong>di</strong> tinturacontenente malli <strong>di</strong> noce nero (Junglans nigra).92


Una ricetta utile a tingere la lana in arancio e che prevede la combinazione<strong>di</strong> processi <strong>di</strong> tintura basati sull’impiego della reseda e quin<strong>di</strong> dellarobbia o della cocciniglia è così riportata nel riferimento [17]:«Weld, or dyer’s mignonette, is a tall annual herb that is native throughoutthe Me<strong>di</strong>terranean region. It is considered to be of greater antiquity than anyother yellow dye. The color derived from the plant is of great permanence.On wool this dye imparts softness to the texture.The flowers in themselves inconspicuous, are borne in long, very slender,erect spikes. …Mordant: … for orange, alum and tin.To prepare the dye: put one pound of plant material in cold water, bring toa boil and simmer two hours. Strain into bath for dye …To dye wool orange: Madder or cochineal is added to the final dye bath.Mordant wool with alum. Wet it well before immersing it in dye bath ofweld. Simmer one hour. Remove wool in order in add tin (one teaspoon ofstannous chloride) to the dye bath. Stir in well; return wool and simmer onehalf hour longer. Remove wool again and place it in a separate bath containing1/2 ounce of prepared madder or cochineal.Simmer 30 to 15 minutes longer for the desired color. Rinse well and dry inshade» [17].Fig. 51: Triangolo dei colori spesso utilizzato dai tintori per in<strong>di</strong>viduare la coppia <strong>di</strong> colori complementariattraverso la cui combinazione produrre sfumature e tonalità <strong>di</strong>verse.93


D) L’abbinamento lana-colore in manufatti <strong>di</strong> interesse storicoculturaleed artistico. L’evoluzione del colore nei tessili attraversol’analisi dell’ iconografia storicaEsempi <strong>di</strong> utilizzo del colore in manufatti <strong>di</strong> interesse storico-culturalee artistico, che testimoniano <strong>di</strong> quanto profonda fosse la conoscenza delletecnologie della tintura della lana in paesi molto lontani tra loro ed inepoche <strong>di</strong>verse, sono illustrati nella sequenza delle tavole LVII – LXI.In particolare nella tavola LVII sono riprodotti una serie <strong>di</strong> tessili rappresentativi<strong>di</strong> quella che è passata alla storia come “arte copta” [53].«Coptic textiles … provide a source of information about the social classes,daily life, beliefes and customs of the people by whom and for whom theywere woven … The mayor fibres used … were linen and wool …. Dyes werederived for plants animal and mineral sources, the principal dyes being alkanet(red); woad, in<strong>di</strong>go, kermes and sunt berry (blue); saffron, pomegranateand weld (yellow); leaves of the iris plant, berries of the buckthorn plant(green); and minerals such as iron (black). Purple dye was obtained fromshellfish» [53].Nelle tavole LVIII, LIX e LX sono riportati esempi <strong>di</strong> utilizzo del colorein arazzi prodotti tra il XIV e il XVII secolo in alcune delle più famosearazzerie dell’Europa nord-occidentale (Francia e Fiandre) [54, 55].Tappeti <strong>di</strong> origine Me<strong>di</strong>o Orientali, risalenti ai secoli XVI, XVII e XIX,sono riprodotti rispettivamente nelle tavole LXI, LXII, LXIII e LXIV[54, 56].Stupisce la grande maestria relativa all’accostamento <strong>di</strong> colori <strong>di</strong>versi eanche le varie tonalità che i maestri tintori riuscivano a conferire allefibre sfruttando processi <strong>di</strong> sovratintura e anche <strong>di</strong> un attento e mirato utilizzodei mordenti.Uno stu<strong>di</strong>o sistematico circa l’utilizzo dei colori nella manifattura <strong>di</strong>stoffe, tessuti e vestiti e l’evoluzione nel tempo delle tecniche tintorie nelsettore del tessile riesce molto <strong>di</strong>fficile a farsi a causa del fatto che i pochitessuti antichi pervenuteci e conservati nei musei pubblici e privati sonorari ed estremamente fragili;«gli abiti risalenti a prima della fine del XVII sono ben pochi» [57].Informazioni <strong>di</strong> grande rilevanza, circa l’evoluzione della moda e dell’usodei <strong>coloranti</strong> impiegati nella tintura dei vestiti, possono essere ricavate,in via in<strong>di</strong>retta, attraverso le fonti iconografiche (<strong>di</strong>pinti, <strong>di</strong>segni,94


incisioni, miniature, ecc.). In particolare:«i <strong>di</strong>pinti offrono anche l’occasione per affrontare la storia dell’abbigliamentodal punto <strong>di</strong> vista dei colori. “Il panno e il colore fanno l’uomo d’onore”.Il lavoro degli artisti consente <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are il gioco tra i <strong>coloranti</strong>, l’evoluzionedei processi <strong>di</strong> lavorazione, il rapporto con le forme e le situazione<strong>di</strong> impiego, le figure simboliche. I colori dei vestiti offrono una nuova griglia<strong>di</strong> lettura … il colore dei vestiti è uno dei fattori d’interpretazione dellascena sociale: designa funzioni, posizioni, ranghi. Fuori del palazzo <strong>di</strong> giustizia… il giu<strong>di</strong>ce … può vestire la toga nera ma quando …, egli pronunciala sentenza deve vestire solamente la toga rossa» [57].Interessanti in<strong>di</strong>cazioni circa la tipologia dei colori dei vestiti indossatiin epoca romana, anche se in forma frammentaria, si ottengono esaminandole decorazioni pittoriche parietali delle case sepolte dall’eruzionidel Vesuvio (79 d.C.) e recuperate durante gli scavi <strong>di</strong> Pompei edErcolano. Alcune scene pittoriche sono riprodotte nella tavola LXV [58].Dagli affreschi emerge come i vestiti delle donne, in generale molto leggeri,appaiono tinti in varie tonalità che vanno dal verde chiaro, al giallo,al marrone, al rosso, al violetto chiaro, all’azzurro al rosso-scuro (porporino)e al nero. Queste osservazioni, assumendo che i decoratori abbianoriportato fedelmente i colori dei tessuti <strong>di</strong> moda, portano alla conclusioneche all’epoca, a Pompei e nelle regioni dell’Impero Romano, l’industriatintoria avesse già raggiunto un alto contenuto tecnologico.Il fatto che imperatori a alti <strong>di</strong>gnitari <strong>di</strong> corte indossassero, specialmentenelle gran<strong>di</strong> occasioni, vestiti <strong>di</strong> colore porpora <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse tonalità (violetto-blu,rosso scuro e rosso vivo) ottenute impiegando processi tintoriche utilizzavano prima la porpora reale, poi la robbia, il chermes e quin<strong>di</strong>la cocciniglia, trova conferma dalla miniatura mostrata nella tavolaLXVI dove è raffigurato l’Imperatore Ottone III in trono, circondatodalla sua corte (c.a. 1000 d.C.) [59, 60, 61].Nelle tavole LXVII e LXVIII sono riprodotte due miniature del XIIIsecolo. In quella riportata nella tavola LXVII, parte integrante del Co<strong>di</strong>ce“Constitutum camerarii et quattuor provisorum comunis senarum”(Siena archivio <strong>di</strong> Stato), sono raffigurati sei funzionari comunali cheindossano abiti i cui colori vanno dal blu, al porpora, al rosso-arancio, alnero, al verde e al giallo [62-a].La miniatura della tavola LXVIII, tratta dagli “Statuta magistrorumliquaminis civitatis bononiae”, mostra due uomini che osservano la qualità<strong>di</strong> una pezza <strong>di</strong> lana <strong>di</strong> colore rosso. I colori dei loro vestiti vanno dal95


96rosso-arancio e al blu indaco; l’ambiente è abbellito da tappeti e arazzi,appesi alle pareti finemente decorati che appaiono essere <strong>di</strong> pregiata fattura[62-b].Mercanti senesi del quin<strong>di</strong>cesimo secolo, elegantemente vestiti, e labottega <strong>di</strong> un sarto, dove sono esposte stoffe variamente colorate, sonorappresentati rispettivamente nella miniatura e nel <strong>di</strong>segno riportati nelletavole LXIX e LXX [62-b].La bellissima miniatura del quin<strong>di</strong>cesimo secolo (intitolata Il mese <strong>di</strong>aprile), mostrata nella figura 52 è parte integrante <strong>di</strong> un’opera commissionatadal duca Jean de Berry, figlio del re <strong>di</strong> Francia Giovanni il buono(1340-1416) ad illustri miniaturisti (Jaquemart de Hes<strong>di</strong>n et.al.).In questa miniatura sono raffigurati signori e dame dell’aristocrazia coneleganti e sontuosi costumi i quali spiccano per la brillantezza e la varietàdei colori.Le splen<strong>di</strong>de tonalità <strong>di</strong> rossi, azzurri, neri, grigi, gialli ecc. insieme adun raffinato “design” in<strong>di</strong>cano che già all’epoca si fosse sviluppato unconcetto <strong>di</strong> “moda del vestire” caratterizzato da un elevato tasso <strong>di</strong> <strong>ricerca</strong>tezzae <strong>di</strong> eleganza [62-c].L’ampia gamma dei tessuti che venivano utilizzati, insieme alla varietàdei colori delle vesti indossate <strong>di</strong>mostrano come l’arte del colorare e deltessere fosse una attività altamente <strong>di</strong>versificata e <strong>di</strong> grande rilevanzasociale ed economica.Il magnifico ritratto <strong>di</strong> Cosimo dei Me<strong>di</strong>ci, opera <strong>di</strong> Jacopo Carrucci,detto il Pontormo (c.a. metà del quin<strong>di</strong>cesimo secolo) riportato nellatavola LXXI, conferma che i gran<strong>di</strong> “Signori” fiorentini usavano indossarevestiti <strong>di</strong> colore rosso impr<strong>ezio</strong>siti attraverso la tintura alla grana.La varietà e la bellezza dei colori impiegati nella conf<strong>ezio</strong>ni <strong>di</strong> abitifemminili e maschili traspare, con grande veemenza, dai due <strong>di</strong>pintiriprodotti nelle tavole LXXII e LXXIII dove sono raffigurati rispettivamente,la “Deposizione della Croce” (1435) del grande pittore fiammingoRoger Van Der Weyden e l’ “Adorazione dei Magi” (1630 circa) <strong>di</strong>Giovanni Battista Maino [64].La fama acquisita nel mondo dalle botteghe tintorie veneziane vienedocumentata, tra l’altro, attraverso il magnifico <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> Pietro Longhi,La cioccolata del mattino (XVIII secolo), nel quale sono raffigurati alcunigentiluomini e una dama, elegantemente vestiti, mentre gustano unacioccolata in un ambiente adornato da pr<strong>ezio</strong>si drappeggi [TavolaLXXIV] [65-a].Il ritratto del car<strong>di</strong>nale Luis Marìa de Borbòn y Vallabriga, opera del


Fig. 52: Miniatura tratta dal volume Le trés riches heures del Duca de Berry (quin<strong>di</strong>cesimosecolo) dal titolo Il mese <strong>di</strong> aprile [Rif. 62-c].97


98Fig. 53: Francisco Goya, ritratto del car<strong>di</strong>nale Luis Marìa de Borbòn y Vallabriga, 1789-1800circa. Olio su tela, cm 200 x 106, São Paulo, Museu de Arte [Rif. 65-b].


grande pittore spagnolo Francisco Goya (1789-1800 circa) (São Paulo,Museu de Arte) rappresenta una ulteriore conferma dell’impiego <strong>di</strong> <strong>coloranti</strong><strong>naturali</strong> rossi (chermes, cocciniglia o robbia) e <strong>di</strong> costose e complessetecnologie tintorie finalizzate all’ottenimento <strong>di</strong> quello che passeràalla storia <strong>di</strong> “rosso car<strong>di</strong>nalizio” che per causa <strong>di</strong> forza maggiore ebbe asostituire il “porpora car<strong>di</strong>nalizio” (figura 53) [65-b].Le tintorie più affermate, spesso usavano propagandare la loro capacità<strong>di</strong> tingere stoffe, tessuti e fibre <strong>naturali</strong>, me<strong>di</strong>ante cataloghi che illustravano,con campioni materiali, le varie tinte e tonalità che attraverso leloro procedure erano in grado <strong>di</strong> realizzare.Le riproduzioni fotografiche <strong>di</strong> un manuale <strong>di</strong> tintura risalente al 1875,con campioni materiali <strong>di</strong> lana, e <strong>di</strong> un antico campionario realizzato datintori del kashmir sono riportate rispettivamente nelle tavole LXXV [66]e LXXVI [37].Particolarmente interessante è l’antico campionario prodotto dai tintoridel kashmir, specializzati nella tintura dei pr<strong>ezio</strong>si e tipici scialli, per lavarietà delle tinte e tonalità che erano capaci <strong>di</strong> conferire alle fibre <strong>di</strong> lanaa <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> un alto grado <strong>di</strong> conoscenze delle tecnologie tintorie.I tessitori <strong>di</strong> scialli del kashmir utilizzavano, nel conf<strong>ezio</strong>nare i loropregiatissimi prodotti, la lana che si ricavava dai velli <strong>di</strong> capre domestiche.Le ragioni <strong>di</strong> ciò sono così spiegate da F. Ames:«Tra<strong>di</strong>tionally, Kashmir shawl weaving employed a fleece derived from aCentral Asian mountain goat. “This type of goat, probably the most beautifulof all wool producing goats”, wrote S. Turner, England ambassador toTibet in 1783. “I find it superior in beauty to the Angora goat. The colour ofthese animals varies. They have straight horns and are not as tall as the smallestsheep from England. The wool which serves to makes the shawl is extremelyfine and short. It is covered by other long and hard hairs which envelopthe animals and conceive the delicateness of her first dress … In ad<strong>di</strong>tionto being known for the exquisite lustre of the goat’s wool, the Kashmiris famous for its beautiful colours. Pashm (vello <strong>di</strong> capra n.d.A) and naturaldyes are two inseparable entities which, when properly prepared and combined,ra<strong>di</strong>ate remarkably brilliant colours, The whiter and finer the fibre of thewool, and finer the yarn into which it is made, the more easily it receives abright colour. This is one of the main reasons why the goat’s fine white woolis preferable to that of sheep» [37].99


Un bellissimo esemplare <strong>di</strong> capra domestica del kashmir dell’est, originariadella regione montuosa, denominata Ladakh, la cui capitale è lacittà <strong>di</strong> Leh, è mostrato nella tavola LXXVII [37].La tintura delle fibre <strong>naturali</strong> è ancora oggi praticata in molte regioniasiatiche, me<strong>di</strong>o-orientali e del sud del me<strong>di</strong>terraneo con proce<strong>di</strong>menti,che utilizzano <strong>coloranti</strong> <strong>naturali</strong>. I processi tintori e <strong>di</strong> finitura seguiti,specialmente nella produzione <strong>di</strong> tappeti a mano, sono praticamenterimasti inalterati da secoli e secoli [67]. Ciò viene evidenziato confrontandole due miniature mostrate nelle tavole LXXVIII e LXXIX con lepiù recenti riproduzioni fotografiche riportate nelle tavole LXXX eLXXXI.In particolare nelle tavole LXXVIII e LXXIX sono mostrate rispettivamente,un’antica miniatura dell’inizio del XII secolo (conservata pressola biblioteca <strong>di</strong> Digione, Francia), tratta dal “Moral Gregorio Magno”,con lavoranti addetti alla tintura in verde e alla rifinitura dei panni lana[68] e una miniatura, <strong>di</strong> scuola fiamminga del 1400, dove viene raffiguratauna bottega tintoria con artigiani attenti alla tintura in rosso <strong>di</strong> unpanno lana, Altri panni già tinti in marrone e blu sono anche evidenziatia <strong>di</strong>mostrazione del fatto che ci si trova <strong>di</strong> fronte ad una bottega altamente<strong>di</strong>versificata nella tipologia delle tinte da applicare ai tessuti [69].Le attività illustrate nelle due tavole sopra citate non sembrano essere,nella loro essenza molto <strong>di</strong>ssimili da quelle rappresentate nelle tavoleLXXX e LXXXI che mostrano rispettivamente operai <strong>di</strong> un paese dellaPersia addetti alle operazioni <strong>di</strong> tintura, utilizzando gran<strong>di</strong> orci (moltoantichi come <strong>di</strong>mostrato dalle incrostazioni sulla parte interna ed esterna)e filati <strong>di</strong> lana tinti in rosso, posti ad asciugare all’aria.100

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