Battesimo - Parrocchia San Francesco di Lecco
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<strong>Battesimo</strong><br />
- Parliamo ancora un attimo della giustificazione per poi vedere come si attua nella<br />
nostra vita. La giustificazione è l’opera <strong>di</strong> Dio che, nel suo amore, salva l’uomo<br />
peccatore, attraverso Gesù. Questa opera non <strong>di</strong>pende da noi, non è opera nostra, ma<br />
dono <strong>di</strong>vino <strong>di</strong> grazia (gratis), è compiuto da Cristo signore ed è la vittoria sul peccato e<br />
sulla morte. Questo dono, tuttavia, abbiamo visto, ci impegna totalmente o meglio ci<br />
trasforma totalmente rendendoci capaci <strong>di</strong> amare come Gesù, ci mette nel cuore quel<br />
principio <strong>di</strong>vino chiamato “caritas” soprannaturale che trasforma ogni nostra azione e<br />
ci rende capaci <strong>di</strong> amare come Gesù ci ha amati: è lo spirito santo in noi, la stessa vita<br />
del Figlio in noi. Nella giustificazione, inoltre, Dio ci svela la nostra vera identità: essere<br />
figli <strong>di</strong> Dio. Non solo ce la svela ma ne rende possibile l’attuazione, vivere da figli <strong>di</strong> Dio,<br />
cosa che non riuscivamo a vivere a causa del peccato che ci aveva feriti. È dunque una<br />
identità donata. La salvezza è una libertà trasformata e guarita da Dio.<br />
Un primo spunto pratico: quando an<strong>di</strong>amo in chiesa o a messa o preghiamo dovremmo<br />
colme metterci <strong>di</strong> fronte a questo dono immenso che riceviamo e l’atteggiamento<br />
conseguente sarebbe quello <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne. Cogliamo innanzitutto questa “buona<br />
notizia” (= vangelo) quando leggiamo il vangelo o subito pensiamo a cosa dovremmo<br />
fare noi per Dio Siamo ancora incrostati <strong>di</strong> moralismo tanto da non riuscire a cogliere<br />
che la salvezza è quello che lui ha fatto e fa per noi, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> noi, al <strong>di</strong> là della nostra<br />
risposta, o pensiamo ancora che essere cristiani sia fare qualcosa per Dio Riusciamo a<br />
cogliere la <strong>di</strong>fferenza tra il dare la vita per Dio e Dio che dà la vita per noi Tra il<br />
sacrificare la nostra vita a Dio e che Dio sacrifica la sua vita per noi Tra il dovere<br />
seguire Gesù e il fatto che lui è Dio che ha seguito noi fino agli inferi Tra<br />
l’inginocchiarsi davanti a lui e il fatto che lui si è inginocchiato davanti a noi per lavarci<br />
i pie<strong>di</strong> Tra il volerlo servire e il fatto che lui serve noi Tra il sacrificare la nostra<br />
libertà per lui e il fatto che lui si sacrifica per la nostra libertà Assaporiamo questa<br />
buona notizia!<br />
- Questa è la giustificazione: in Cristo Dio nella sua passione si appropria del fallimento<br />
del peccato, della spaccatura creatasi tra uomo e Dio, prende su <strong>di</strong> sé ciò che separa<br />
l’uomo da Dio in modo da annullare la realtà e le conseguenze <strong>di</strong> questa separazione.<br />
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Dal luogo più lontano da Dio (il peccato, il getsemani, gli inferi) il Figlio urla il nome del<br />
padre e porta la sua presenza anche lì, rendendo possibile la salvezza anche lì. Il suo<br />
esser con noi, anche quando noi ci <strong>di</strong>ssociamo da noi stessi, è la salvezza.<br />
Cristo condanna il peccato ma apre a noi la possibilità della comunione con lui. Ora Dio<br />
fa questo dono all’uomo. L’accogliere questo dono da parte dell’uomo si chiama fede.<br />
fede è l’assenso a questo dono, è l’atto stesso del riceverlo. È l’unica cosa che può fare<br />
l’uomo, ci insegna <strong>San</strong> Paolo. Forse non l’unica ma certamente la prima e la più<br />
importante. Fede=ricevere. Il dono non è imposto, deve essere accolto, Dio rispetta la<br />
nostra libertà, non impone la salvezza, non ci salva senza <strong>di</strong> noi, senza la libera scelta <strong>di</strong><br />
accogliere questo dono. Questa accoglienza si chiama a fede. Di pronte al dono della<br />
salvezza è l’unica cosa che possiamo fare (solo dopo vengono la speranza e la carità<br />
cioè l’amare come Dio). Giustificazione e fede sono intimamente legate. Dice <strong>San</strong> Paolo:<br />
siamo giustificati per fede, non per le opere.<br />
- Qual è l’atto concretissimo attraverso il quale la nostra fede accoglie il dono della<br />
giustificazione Il sacramento del battesimo. È il primo e il fondamentale dei<br />
sacramenti, la porta entro la quale entra tutto il resto. È il sacramento della fede. Senza<br />
<strong>di</strong> questo non c’è niente, perché non c’è accoglienza del dono. Fede e battesimo stanno<br />
insieme: la giustificazione è accolta nella fede-battesimo. La fede ha bisogno <strong>di</strong> un rito,<br />
si esprime in un rito. L’uomo ha bisogno dei riti per esprimere e rendere concreto<br />
quello che vive. Il sacramento-rito della fede è il battesimo.<br />
- Il battesimo cristiano è partecipazione alla morte e risurrezione <strong>di</strong> Cristo (Rom 6,3-11):<br />
3 O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo<br />
stati battezzati nella sua morte 4 Per mezzo del battesimo siamo<br />
dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu<br />
risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi<br />
possiamo camminare in una vita nuova. 5 Se infatti siamo stati<br />
completamente uniti a lui (“innestati” = “sumfutoi”) con una morte<br />
simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. 6 Sappiamo<br />
bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse<br />
<strong>di</strong>strutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato.<br />
7 Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato.<br />
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8 Ma se siamo morti con Cristo, cre<strong>di</strong>amo che anche vivremo con lui,<br />
9 sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non<br />
ha più potere su <strong>di</strong> lui. 10 Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al<br />
peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per<br />
Dio. 11 Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per<br />
Dio, in Cristo Gesù.<br />
- Il termine “battesimo” deriva da un verbo greco che significa “immergere, affogare” e<br />
anche “lavare, purificare, <strong>di</strong>struggere”. Il battesimo cristiano è partecipazione alla<br />
morte e risurrezione <strong>di</strong> Cristo. Me<strong>di</strong>ante il battesimo il credente si associa alla<br />
redenzione <strong>di</strong> Cristo e si immerge nel mistero pasquale. Queste partecipazione non è<br />
morale ma ontologica cioè tocca non le nostre azioni ma il nostro essere, le nostre<br />
ra<strong>di</strong>ci. <strong>San</strong> Paolo <strong>di</strong>ce che siamo innestati in Cristo, siamo con-morti con lui, con-sepolti<br />
e con-risorti, una sola cosa con lui. Il battesimo è questo innesto: si prende un<br />
germoglio da una pianta e lo si innesta su una pianta già adulta perché porti frutto: i<br />
due si uniscono e <strong>di</strong>ventano una cosa sola, non per natura ma per grazia.<br />
- Il testo <strong>di</strong> <strong>San</strong> Paolo vuole <strong>di</strong>re essenzialmente queste due cose: la partecipazione reale<br />
(“immersi”) e <strong>di</strong>retta (“innestati”) alla morte-risurrezione <strong>di</strong> Cristo; e che questo<br />
avviene me<strong>di</strong>ante il segno simbolico dell’immersione-emersione nell’acqua che, nella<br />
sua concretezza, è un’immagine della morte e risurrezione <strong>di</strong> Cristo. Scrive san<br />
Ambrogio: “tu fosti immerso e sepolto con Cristo; come Cristo è morto anche tu<br />
provasti la morte; per grazia <strong>di</strong> Cristo tu sei risuscitato. Sei morto non nella realtà del<br />
corpo, ma nella somiglianza; sei stato crocifisso con lui…”.<br />
È fondamentale ricordare che il battesimo non è solo un segno, un simbolo, ma un<br />
segno sacramentale. “Segno” sta a <strong>di</strong>re che utilizza elementi concreti che in sé non<br />
hanno nulla <strong>di</strong> <strong>di</strong>vino (acqua), ma non è solo un segno bensì un segno sacramentale.<br />
“Sacramentale” sta a <strong>di</strong>re che avviene quello che significa. Cioè quello che sta a<br />
significare avviene, il senso avviene per noi oggi! Quin<strong>di</strong> chi viene battezzato, oggi<br />
realmente partecipa alla morte, sepoltura e risurrezione <strong>di</strong> Cristo, si unisce a quella<br />
realtà! Il segno battesimale comunica e fa avvenire oggi quella realtà. Anche io sono<br />
parte <strong>di</strong> questo evento, me ne immergo, c’è un innesto ontologico, formiamo un<br />
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tutt’uno. Ciò che avviene in Cristo avviene talis et qualis in te! Veramente anche tu hai<br />
provato la morte e sei risorto. È un atto effettivo <strong>di</strong> Dio, creativo: nasce una creatura<br />
nuova! Il figlio <strong>di</strong> Dio in te. Prima non c’era e ora c’è. È un inizio reale, un seme nuovo! È<br />
un evento reale.<br />
Questa stessa vita ci è già stata trasmessa nel giorno del nostro<br />
<strong>Battesimo</strong>, quando, “<strong>di</strong>venuti partecipi della morte e risurrezione del<br />
Cristo”, Il fatto che nella maggioranza dei casi il <strong>Battesimo</strong> si riceva da<br />
bambini mette in evidenza che si tratta <strong>di</strong> un dono <strong>di</strong> Dio: nessuno merita<br />
la vita eterna con le proprie forze. La misericor<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Dio, che cancella il<br />
peccato e permette <strong>di</strong> vivere nella propria esistenza “gli stessi sentimenti<br />
<strong>di</strong> Cristo Gesù” (Fil 2,5), viene comunicata all’uomo gratuitamente.<br />
in questo Sacramento si realizza quel grande mistero per cui l’uomo<br />
muore al peccato, è fatto partecipe della vita nuova in Cristo Risorto e<br />
riceve lo stesso Spirito <strong>di</strong> Dio che ha risuscitato Gesù dai morti (cfr Rm<br />
8,11). (Discorso <strong>di</strong> benedetto XVI per la quaresima).<br />
- Il battesimo non è più semplicemente “purificazione dal peccato” ma “<strong>di</strong>struzione del<br />
peccato” e, come alla morte <strong>di</strong> Cristo ne succede la risurrezione, così alla<br />
partecipazione alla morte <strong>di</strong> Cristo segue per il battezzato una vita nuova.<br />
- Scrive leone magno: “l’unione a Cristo è cominciata ad avversarsi in tutti i figli della<br />
chiesa nel mistero della rinascita per la triplice immersione; ma poi si deve avverare<br />
nella vita quello che si è celebrato nel sacramento”. La vita del battezzato è dunque<br />
innestata al mistero pasquale, partecipa del mistero pasquale, è pasqua.<br />
- Il battesimo attua nel presente il progetto originario <strong>di</strong> Dio (che era impossibile<br />
realizzare a causa del peccato). In questo senso svelai il progetto originario <strong>di</strong> Dio<br />
sull’uomo e non “aggiunge” niente <strong>di</strong> nuovo a quanto Dio aveva già pensato… ma<br />
aggiunge moltissimo al mio essere storico cioè peccatore (il peccato fa parte<br />
dell’umanità originalmente ma non “originariamente” cioè è un accidens che è capitato<br />
e poteva non capitare. Per questo si <strong>di</strong>ce che il battesimo è una seconda creazione ma<br />
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anche il “ritorno alla prima creazione”): il battesimo è essenziale alla salvezza! E’ quel<br />
luogo in cui la morte <strong>di</strong> Cristo tocca proprio me.<br />
- Scrive ancora leone magno: “dopo il lavacro del battesimo, l’uomo non è più lo stesso <strong>di</strong><br />
prima, ma il corpo del rigenerato <strong>di</strong>venta la carne <strong>di</strong> Cristo”(!). Non è dunque una<br />
semplice imitazione morale (“cosa farebbe Gesù al mio posto“ Questa domanda è una<br />
cavolata moralistica, solo esteriore!! È come <strong>di</strong>re “io non vi amo ma siccome Gesù vi<br />
ama vi amo anch’io”: chi vorrebbe sentirsi <strong>di</strong>re questa frase Significa che non mi ami<br />
davvero, ma mi ami perché “devi” imitare Gesù!) ma una partecipazione ontologica, io<br />
vengo a coincidere con Cristo! (cioè ti amo davvero! E allora l’altro si sente amato<br />
davvero). Questo “coincidere” è eterno e in<strong>di</strong>ssociabile: si chiama “sigillo” cioè<br />
l’immagine del figlio impressa in noi non può venire mai più cancellata in eterno,<br />
neanche dal peccato più brutto.<br />
- Capite che affermare che il battesimo è solo un segno dell’entrare a fare parte della<br />
società della chiesa è devastante. Un mio professore affermava che l’uomo prima <strong>di</strong><br />
entrare nell’acqua del battesimo e dopo esserne uscito è uguale, cambia solo che ora fa<br />
parte ufficialmente della chiesa: questa idea è eretica e devastante. Invece il battesimo<br />
è una nuova nascita in Cristo. Certo è un dono in germe, in seme. Con la mia morte ciò<br />
che si anticipa nel battesimo si compirà realmente: qui sono “Gianpaolo in Cristo” per<br />
anticipazione, con la morte lo sarò col mio corpo.<br />
- Capite quanto la nostra vita assume valore e significato Per esempio quando<br />
soffriamo! Per questo <strong>San</strong> Paolo osa <strong>di</strong>re: “quando soffro completo nella mia carne<br />
quello che manca alla pasqua <strong>di</strong> Cristo”! perché Cristo vive in me! Mi unisco - in quanto<br />
suo corpo - alla sua pasqua e la mia sofferenza <strong>di</strong>venta redentiva al pari della sua! (cf.<br />
salvifici doloris).<br />
- Questo vuol <strong>di</strong>re quando <strong>di</strong>ciamo che col battesimo <strong>di</strong>ventiamo figli <strong>di</strong> Dio. Non che<br />
siamo come tanti, tantissimi suoi figli, ma che tutti partecipiamo dell’unica natura del<br />
figlio che è quella <strong>di</strong> Gesù Cristo! Capite Per questo la teologia <strong>di</strong>ce che siamo “figli<br />
adottivi” (lo <strong>di</strong>ce <strong>San</strong> Paolo): vuol <strong>di</strong>re che non lo siamo per natura, non ci spetta per<br />
merito, ma lo siamo per grazia, per suo dono! Cioè senza Gesù non è possibile, non<br />
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saremmo figli! È venuto lui a farci partecipi delle sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> figlio, perché si è<br />
abbassato lui se no noi non potremmo! E la salvezza è questa vita nuova.<br />
- Rivestirsi <strong>di</strong> Cristo implica quella trasformazione e conformazione al figlio <strong>di</strong> Dio che è<br />
l’obbiettivo della nostra conversione che ci porti a raggiungere la statura adulta del<br />
Cristo (<strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> benedetto XVI per la quaresima) (perché il battesimo da solo, senza la<br />
nostra libertà non è magico, resta solo un seme): Questo dono gratuito deve essere<br />
sempre ravvivato in ciascuno <strong>di</strong> noi. Imparare ad essere Cristo (senza “come” se no<br />
sarebbe solo un’imitazione esteriore, ma piuttosto “io riconosco che la verità del mio<br />
essere è Cristo ed essere Cristo mi libera, questo mi è donato nel battesimo, io lo<br />
riconosco, ne ringrazio Dio e allora – solo allora – mi impegno anche per convertirmi e<br />
<strong>di</strong>ventare la verità <strong>di</strong> me stesso).<br />
Non mi piace chi <strong>di</strong>ce “devo <strong>di</strong>ventare ciò che sono chiamato ad essere”: non va bene<br />
perché in realtà lo sono già. Non mi piace nemmeno <strong>di</strong>re “devo <strong>di</strong>ventare me stesso”<br />
perché non sei ancora totalmente conforme al tuo essere al figlio amato. Preferisco<br />
<strong>di</strong>re, e mi sembra più giusto, “voglio <strong>di</strong>ventare la verità <strong>di</strong> me stesso” che è essere figlio<br />
<strong>di</strong> Dio, che lo sono già in seme (quin<strong>di</strong> non mi scoraggio perché non è una meta<br />
impossibile), e poi perché sento che <strong>di</strong>ventando quello realizzo veramente me stesso<br />
della realizzazione più vera. Poi, sul piano morale, questo concretamente significa che<br />
io mi realizzo donando la mia vita come il figlio. Ma lo posso fare nella misura in cui<br />
riconosco (e ne godo) che la mia vita mi è stata donata, che ho ricevuto infinito. Allora<br />
non ho paura a fare <strong>di</strong> me un dono. Se devo fare un dono perché i catechisti mi hanno<br />
detto che devo farlo, “per imitare Gesù”, allora ciao! Per questo l’obbiettivo <strong>di</strong> stasera è<br />
riconosce il dono che abbiamo ricevuto nel battesimo e goderne.<br />
Rinnovando le promesse battesimali, riaffermiamo che Cristo è il Signore della nostra<br />
vita, quella vita che Dio ci ha comunicato quando siamo rinati “dall’acqua e dallo Spirito<br />
<strong>San</strong>to”, e riconfermiamo il nostro fermo impegno <strong>di</strong> corrispondere all’azione della Grazia<br />
per essere suoi <strong>di</strong>scepoli (<strong>di</strong>scorso per la quaresima).<br />
- Ultimo spunto da un simbolo che la liturgia del battesimo usa. C’è un nesso tra l’esodo<br />
dall’Egitto, con l’attraversamento del mar rosso, e l’evento pasquale battesimale.<br />
L’esodo significa la fine della schiavitù del peccato ma anche l’inizio della libertà.<br />
Significa che vivere la nostra vita battesimale, cominciare a vivere da figli, è la nostra<br />
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vita vera, libera, è la nostra liberazione. Convertirci riconoscendo <strong>di</strong> essere già figli<br />
(primo passo, non moralistico) e lavorare su <strong>di</strong> noi stessi per aver sempre più in noi “i<br />
sentimenti del figlio <strong>di</strong> Dio” (<strong>San</strong> Paolo) (secondo passo) non è un lavoro gravoso, ma<br />
l’unico lavoro che ci rende liberi, più liberi, sempre più liberi. E non è niente male.<br />
Come l’innesto cresce e si unisce sempre più alla pianta.<br />
L’uomo <strong>di</strong>venta un “uomo nuovo”. Sono “io in Gesù Cristo”: ho il suo spirito, la sua vita,<br />
non per merito ma per grazia. Devo continuamente lavorarci su (conversione<br />
continua) perché subisco ancora le tentazioni <strong>di</strong> non vivere la vita filiale, ma comunque<br />
la ho: Cristo si è unito a me! Lui!<br />
- Qui e solo qui, cioè su questo dono, si fondano le relazione fraterne, cioè tra fratelli. La<br />
vita cristiana della chiesa è dunque essenzialmente vita <strong>di</strong> amore filiale e fraterna (ma<br />
viene prima filiale).<br />
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