Torquato Tasso Dafne e Silvia, Aminta e Tirsi T76 ... - Palumbo Editore
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PARTE SESTA L’età della Controriforma: il Manierismo e la letteratura tardo-rinascimentale (1545-1610)<br />
CAPITOLO III <strong>Tasso</strong> e l’esperienza della follia<br />
<strong>T76</strong> ON LINE<br />
[<strong>Aminta</strong>, atto I,<br />
parte della scena 1ª<br />
e parte della 2ª]<br />
da T. <strong>Tasso</strong>, <strong>Aminta</strong>, ed. critica<br />
a cura di B.T. Sozzi, Liviana,<br />
Padova 1957.<br />
metrica Endecasillabi e settenari liberamente alternati.<br />
92 pur: ancora.<br />
94 menarne: condurre.<br />
98 consiglio: risoluzione; anche ‘atteggiamento’.<br />
<strong>Torquato</strong> <strong>Tasso</strong><br />
<strong>Dafne</strong> e <strong>Silvia</strong>, <strong>Aminta</strong> e <strong>Tirsi</strong><br />
È qui riportata una buona parte del primo atto della favola. Esso è diviso in due scene e concluso da un<br />
coro (cfr. T3, p. 522). Nella prima scena la matura <strong>Dafne</strong>, esperta d’amore, tenta di convincere <strong>Silvia</strong>, giovane<br />
e inesperta, a cedere alle proposte d’amore di <strong>Aminta</strong>; ma questa resiste. Nella seconda scena <strong>Aminta</strong><br />
confida al maturo <strong>Tirsi</strong> il proprio amore per <strong>Silvia</strong>, dichiarandosi disperato per il fatto che la ninfa gli<br />
si nega, e risoluto di uccidersi. Inutilmente <strong>Tirsi</strong> prospetta al giovane amico un modello di amore non eccessivamente<br />
coinvolgente, invitandolo a cogliere, dell’amore, solamente gli aspetti piacevoli, rifiutando<br />
le sofferenze derivanti dalla passione. Della seconda scena è riportato il racconto che <strong>Aminta</strong> fa del proprio<br />
innamoramento.<br />
ATTO PRIMO, SCENA PRIMA<br />
<strong>Dafne</strong>, <strong>Silvia</strong><br />
DAFNE<br />
Vorrai dunque, pur, <strong>Silvia</strong>,<br />
da i piaceri di Venere lontana<br />
menarne tu questa tua giovanezza?<br />
95 Né ’l dolce nome di madre udirai,<br />
né intorno ti vedrai vezzosamente<br />
scherzar i figli pargoletti? Ah, cangia,<br />
cangia, prego, consiglio,<br />
pazzarella che sei.<br />
SILVIA<br />
100 Altri segua i diletti de l’amore,<br />
se pur v’è ne l’amor alcun diletto:<br />
me questa vita giova, e ’l mio trastullo<br />
è la cura de l’arco e de gli strali;<br />
seguir le fere fugaci, e le forti<br />
105 atterrar combattendo; e se non mancano<br />
saette a la faretra o fere al bosco,<br />
non tem’io che a me manchino diporti.<br />
DAFNE<br />
Insipidi diporti veramente,<br />
ed insipida vita; e s’a te piace<br />
110 è sol perché non hai provata l’altra.<br />
Così la gente prima, che già visse<br />
nel mondo ancora semplice ed infante,<br />
stimò dolce bevanda e dolce cibo<br />
l’acqua e le ghiande, ed or l’acqua e le ghiande<br />
115 sono cibo e bevanda d’animali,<br />
poi che s’è posto in uso il grano e l’uva.<br />
Forse, se tu gustassi anco una volta<br />
la millesima parte de le gioie<br />
che gusta un cor amato riamando,<br />
120 diresti, ripentita, sospirando:<br />
“Perduto è tutto il tempo<br />
che in amar non si spende”.<br />
102 me…giova: a me piace questa vita; costrutto latineggiante.<br />
104 fere: belve.<br />
106 saette a la faretra: frecce nel contenitore.<br />
110 l’altra: cioè la vita degli amori.<br />
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]<br />
1<br />
111 la gente prima: gli uomini primitivi.<br />
117-122 Forse se tu almeno (anco = ancora) una volta gustassi<br />
la millesima parte delle gioie che un cuore amato gode<br />
(gusta) riamando, [allora] diresti sospirando, pentita: “Tutto<br />
il tempo che non si spende nell’amare è [tempo] perso”.
PARTE SESTA L’età della Controriforma: il Manierismo e la letteratura tardo-rinascimentale (1545-1610)<br />
CAPITOLO III <strong>Tasso</strong> e l’esperienza della follia<br />
<strong>T76</strong> ON LINE<br />
123-128 O mia giovinezza (etate) fuggita, quante notti solitarie<br />
(vedove), quanti giorni (dì) solitari ho consumato<br />
inutilmente (indarno), che si sarebbero potuti impiegare<br />
in questo atto (uso) [d’amore], il quale più [è] replicato<br />
[e] più è piacevole (soave)!<br />
131 da sezzo: alla fine; quando è troppo tardi.<br />
132-137 <strong>Silvia</strong> riprende alcune delle parole di <strong>Dafne</strong>, negando<br />
la possibilità che a lei possa mai accadere di<br />
pentirsi per aver preferito ai piaceri dell’amore i piaceri<br />
della caccia e i giochi nei boschi. A rendere più efficace<br />
l’argomentazione è qui introdotta la figura<br />
<strong>Torquato</strong> <strong>Tasso</strong> ~ <strong>Dafne</strong> e <strong>Silvia</strong>, <strong>Aminta</strong> e <strong>Tirsi</strong><br />
O mia fuggita etate,<br />
quante vedove notti,<br />
125 quanti dì solitari<br />
ho consumati indarno,<br />
che si poteano impiegar in quest’uso,<br />
il qual più replicato è più soave!<br />
Cangia, cangia consiglio,<br />
130 pazzarella che sei:<br />
ché ’l pentirsi da sezzo nulla giova.<br />
SILVIA<br />
Quando io dirò, pentita, sospirando,<br />
queste parole che tu fingi ed orni<br />
come a te piace, torneranno i fiumi<br />
135 a le lor fonti, e i lupi fuggiranno<br />
da gli agni, e ’l veltro le timide lepri;<br />
amerà l’orso il mare, e ’l delfin l’alpi.<br />
DAFNE<br />
Conosco la ritrosa fanciullezza:<br />
qual tu sei, tal io fui: così portava<br />
140 la vita e ’l volto, e così biondo il crine,<br />
e così vermigliuzza avea la bocca,<br />
e così mista col candor la rosa<br />
ne le guancie pienotte e delicate.<br />
Era il mio sommo gusto (or me n’avveggio,<br />
145 gusto di sciocca) sol tender le reti,<br />
ed invescar le panie, ed aguzzare<br />
il dardo ad una cote, e spiar l’orme<br />
e ’l covil de le fere; e se talora<br />
vedea guatarmi da cupido amante,<br />
150 chinava gli occhi rustica e selvaggia,<br />
piena di sdegno e di vergogna, e m’era<br />
mal grata la mia grazia, e dispiacente<br />
quanto di me piaceva altrui: pur come<br />
fosse mia colpa e mia onta e mio scorno<br />
155 l’esser guardata, amata e desiata.<br />
Ma che non puote il tempo? e che non puote,<br />
servendo, meritando, supplicando,<br />
fare un fedele ed importuno amante?<br />
Fui vinta, io te ’l confesso, e furon l’armi<br />
160 del vincitore umiltà, sofferenza,<br />
pianti, sospiri e dimandar mercede.<br />
Mostrommi l’ombra d’una breve notte<br />
allora quel che ’l lungo corso e ’l lume<br />
di mille giorni non m’avea mostrato;<br />
165 ripresi allor me stessa e la mia cieca<br />
simplicitate, e dissi sospirando:<br />
dell’*ady´naton. Fonti: sorgenti. Agni: agnelli. E ’l veltro…lepri:<br />
e il cane da caccia fuggirà le timide lepri.<br />
Amerà…l’alpi: l’orso amerà il mare e il delfino amerà<br />
i monti.<br />
139 qual tu sei, tal io fui: come tu sei ora [: scontrosa e<br />
contraria all’amore], così ero io.<br />
145-148 sol tender…fere: solamente tendere le reti e rivestire<br />
di vischio le panie [: per catturare gli uccelli], e affilare<br />
(aguzzare) la freccia a una pietra dura (cote), e<br />
cercare (spiar) le orme e la tana degli animali feroci.<br />
149 guatarmi: fissarmi.<br />
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]<br />
2<br />
151-155 e m’era...desiata: e la mia bellezza mi era sgradita<br />
(mal grata), e [mi era] spiacevole tutto ciò di me che<br />
piaceva agli altri: proprio come se l’esser guardata,<br />
amata e desiderata fosse mia colpa e mia vergogna<br />
(onta) e mio danno (scorno).<br />
158 importuno: insistente.<br />
161 mercede: pietà.<br />
162-168 Le tenebre (l’ombra) di una breve notte mi mostrarono<br />
allora quel che il lungo corso e la luce di mille giorni<br />
non mi avevano mostrato; allora rimproverai me stessa e<br />
la mia cieca ingenuità (simplicitate), e dissi sospirando:
PARTE SESTA L’età della Controriforma: il Manierismo e la letteratura tardo-rinascimentale (1545-1610)<br />
CAPITOLO III <strong>Tasso</strong> e l’esperienza della follia<br />
<strong>T76</strong> ON LINE<br />
«Diana (Cinzia), eccoti il corno, eccoti l’arco, dato che<br />
io rinuncio alle tue frecce e alla tua [norma di] vita».<br />
L’esperienza di una notte d’amore ha spinto <strong>Dafne</strong> a<br />
rinunciare alla vita di ninfa boschereccia, seguace di<br />
Diana (chiamata Cinzia dal monte Cinto dove era nata).<br />
170 pur: alla fine; domestichi addomestichi.<br />
174-175 O altri [: altre ninfe e pastorelle] non lo amano? o<br />
egli cambia [atteggiamento verso di te] a causa dell’amore<br />
degli altri? ovvero a causa del tuo odio? La forza<br />
e la sincerità dell’amore di <strong>Aminta</strong> sono testimoniate<br />
dal suo resistere nell’amore verso <strong>Silvia</strong> nonostante le<br />
<strong>Torquato</strong> <strong>Tasso</strong> ~ <strong>Dafne</strong> e <strong>Silvia</strong>, <strong>Aminta</strong> e <strong>Tirsi</strong><br />
“Eccoti, Cinzia, il corno, eccoti l’arco,<br />
ch’io rinunzio i tuoi strali e la tua vita”.<br />
Così spero veder ch’anco il tuo <strong>Aminta</strong><br />
170 pur un giorno domestichi la tua<br />
rozza salvatichezza, ed ammollisca<br />
questo tuo cor di ferro e di macigno.<br />
Forse ch’ei non è bello? o ch’ei non t’ama?<br />
o ch’altri lui non ama? o ch’ei si cambia<br />
175 per l’amor d’altri? over per l’odio tuo?<br />
forse ch’in gentilezza egli ti cede?<br />
Se tu sei figlia di Cidippe, a cui<br />
fu padre il dio di questo nobil fiume,<br />
ed egli è figlio di Silvano, a cui<br />
180 Pane fu padre, il gran dio de’ pastori.<br />
Non è men di te bella, se ti guardi<br />
dentro lo specchio mai d’alcuna fonte,<br />
la candida Amarilli; e pur ei sprezza<br />
le sue dolci lusinghe, e segue i tuoi<br />
185 dispettosi fastidi. Or fingi (e voglia<br />
pur Dio che questo fingere sia vano)<br />
ch’egli, teco sdegnato, al fin procuri<br />
ch’a lui piaccia colei cui tanto ei piace:<br />
qual animo fia il tuo? o con quali occhi<br />
190 il vedrai fatto altrui? fatto felice<br />
ne l’altrui braccia, e te schernir ridendo?<br />
SILVIA<br />
Faccia <strong>Aminta</strong> di sé e de’ suoi amori<br />
quel ch’a lui piace: a me nulla ne cale;<br />
e pur che non sia mio, sia di chi vuole;<br />
195 ma esser non può mio s’io lui non voglio;<br />
né, s’anco egli mio fosse, io sarei sua.<br />
DAFNE<br />
Onde nasce il tuo odio?<br />
SILVIA<br />
DAFNE<br />
Dal suo amore.<br />
Piacevol padre di figlio crudele.<br />
Ma quando mai da i mansueti agnelli<br />
200 nacquer le tigri? o da i bei cigni i corvi?<br />
O me inganni o te stessa.<br />
lusinghe degli amori suscitati in altre e nonostante le<br />
dure ripulse di <strong>Silvia</strong> stessa.<br />
176 forse egli [<strong>Aminta</strong>] è inferiore a te (ti cede) in nobiltà?<br />
178 questo nobil fiume: il Po, sul quale avvenne la prima<br />
rappresentazione dell’<strong>Aminta</strong>.<br />
180 Pane: Pan, la divinità dei boschi e dei pascoli, di origine<br />
antichissima e con caratteri zoomorfi (cioè animaleschi).<br />
183 la candida Amarilli: la bianchissima Amarilli, una innamorata<br />
di <strong>Aminta</strong>. Il colore chiaro della carnagione era<br />
considerato ai tempi di <strong>Tasso</strong> qualità estetica importante<br />
nelle donne. Ei: egli; cioè <strong>Aminta</strong>.<br />
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]<br />
3<br />
185 dispettosi fastidi: insofferenze piene di stizza. Fingi:<br />
immagina.<br />
187 teco…procuri: irritato con te, infine faccia in modo.<br />
188 colei: Amarilli.<br />
189-191 Quale stato d’animo sarebbe (fia) [allora] il tuo?<br />
o con quali occhi lo (il) vedrai diventato (fatto) di un’altra?<br />
diventato felice nelle braccia di un’altra, e schernire<br />
te ridendo?<br />
193 a me nulla ne cale: non me ne importa nulla.<br />
197 Onde: da che cosa.<br />
198 Il *chiasmo sottolinea il rapporto paradossale tra cause<br />
ed effetti.
PARTE SESTA L’età della Controriforma: il Manierismo e la letteratura tardo-rinascimentale (1545-1610)<br />
CAPITOLO III <strong>Tasso</strong> e l’esperienza della follia<br />
<strong>T76</strong> ON LINE<br />
202 che odia la mia onestate: che minaccia la mia castità.<br />
203 mentr’ei volse: finché egli volle.<br />
204-205 egli a te...brama: egli [<strong>Aminta</strong>] desidera per te quel<br />
che desidera per se stesso; cioè desidera l’amore.<br />
<strong>Torquato</strong> <strong>Tasso</strong> ~ <strong>Dafne</strong> e <strong>Silvia</strong>, <strong>Aminta</strong> e <strong>Tirsi</strong><br />
SILVIA<br />
Odio il suo amore<br />
ch’odia la mia onestate, ed amai lui<br />
mentr’ei volse di me quel ch’io voleva.<br />
DAFNE<br />
Tu volevi il tuo peggio: egli a te brama<br />
205 quel ch’a sé brama.<br />
SILVIA<br />
d’altro, se vuoi risposta.<br />
DAFNE<br />
<strong>Dafne</strong>, o taci, o parla<br />
Or guata modi!<br />
guata che dispettosa giovinetta!<br />
Or rispondimi almen: s’altri t’amasse,<br />
gradiresti il suo amore in questa guisa?<br />
SILVIA<br />
210 In questa guisa gradirei ciascuno<br />
insidiator di mia virginitate,<br />
che tu dimandi amante ed io nimico.<br />
DAFNE<br />
Stimi dunque nemico<br />
il monton de l’agnella?<br />
215 de la giovenca il toro?<br />
Stimi dunque nemico<br />
il tortore a la fida tortorella?<br />
Stimi dunque stagione<br />
di nimicizia e d’ira<br />
220 la dolce primavera,<br />
ch’or allegra e ridente<br />
riconsiglia ad amare<br />
il mondo e gli animali<br />
e gli uomini e le donne? e non t’accorgi<br />
225 come tutte le cose<br />
or sono innamorate<br />
d’un amor pien di gioia e di salute?<br />
Mira là quel colombo<br />
con che dolce susurro lusingando<br />
230 bacia la sua compagna.<br />
Odi quell’usignuolo<br />
che va di ramo in ramo<br />
cantando: “Io amo, io amo”; e se non ’l sai,<br />
la biscia lascia il suo veleno e corre<br />
235 cupida al suo amatore;<br />
van le tigri in amore;<br />
206 Or guata modi!: Guarda un po’ che modi!<br />
212 dimandi: chiami.<br />
219 nimicizia: inimicizia.<br />
228-230 Guarda là quel colombo con che dolce sussurro in-<br />
vitandola bacia la sua compagna.<br />
233 se non ’l sai: se non lo sai; sottinteso: ascolta.<br />
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CAPITOLO III <strong>Tasso</strong> e l’esperienza della follia<br />
<strong>T76</strong> ON LINE<br />
237-239 fiera…petto: feroce più di tutti gli animali feroci,<br />
gli [: all’amore] neghi accoglienza nel tuo petto.<br />
241 ancora: anche.<br />
243 iterati abbracciamenti: abbracci ripetuti.<br />
244 marito: l’olmo, al quale la vite è spesso legata.<br />
246 orno: un albero somigliante al frassino. Salce: salice.<br />
247 arde e sospira: brucia e sospira, ovviamente d’amore;<br />
i due verbi sono legati alle tre coppie dei vv. 246-<br />
<strong>Torquato</strong> <strong>Tasso</strong> ~ <strong>Dafne</strong> e <strong>Silvia</strong>, <strong>Aminta</strong> e <strong>Tirsi</strong><br />
ama il leon superbo; e tu sol, fiera<br />
più che tutte le fere,<br />
albergo gli dineghi nel tuo petto.<br />
240 Ma che dico leoni e tigri e serpi,<br />
che pur han sentimento? amano ancora<br />
gli alberi. Veder puoi con quanto affetto<br />
e con quanti iterati abbracciamenti<br />
la vite s’avviticchia al suo marito;<br />
245 l’abete ama l’abete, il pino il pino,<br />
l’orno per l’orno e per la salce il salce,<br />
e l’un per l’altro faggio arde e sospira.<br />
Quella quercia che pare<br />
sì ruvida e selvaggia,<br />
250 sent’anch’ella il potere<br />
de l’amoroso foco; e se tu avessi<br />
spirto e senso d’amore, intenderesti<br />
i suoi muti sospiri. Or tu da meno<br />
esser vuoi de le piante,<br />
255 per non esser amante?<br />
Cangia, cangia consiglio,<br />
pazzarella che sei.<br />
SILVIA<br />
Or su, quando i sospiri<br />
udirò de le piante,<br />
260 io son contenta allora d’esser amante.<br />
DAFNE<br />
Tu prendi a gabbo i miei fidi consigli<br />
e burli mie ragioni? O in amore<br />
sorda non men che sciocca! Ma va pure,<br />
ché verrà tempo che ti pentirai<br />
265 non averli seguiti. […]<br />
ATTO PRIMO, SCENA SECONDA<br />
<strong>Aminta</strong>, <strong>Tirsi</strong><br />
[…]<br />
AMINTA<br />
Essendo io fanciulletto, sì che a pena<br />
giunger potea con la man pargoletta<br />
a corre i frutti da i piegati rami<br />
de gli arboscelli, intrinseco divenni<br />
405 de la più vaga e cara verginella<br />
che mai spiegasse al vento chioma d’oro.<br />
La figliuola conosci di Cidippe<br />
e di Montan, ricchissimo d’armenti,<br />
247.<br />
252 spirto e senso: animo e sensibilità.<br />
255 per non esser amante: pur di non amare.<br />
256-257 C’è ripresa delle stesse parole, per la terza volta<br />
(cfr. i vv. 97-99 e 129-130).<br />
260 son: vale sarò.<br />
261 prendi a gabbo: deridi.<br />
[…]<br />
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]<br />
5<br />
402 la man pargoletta: la mano di bambino; con *ipallage.<br />
403 a corre: a cogliere.<br />
404-406 intrinseco…d’oro: divenni amico (intrinseco) della<br />
fanciulla (verginella) più bella (vaga) e cara che mai<br />
spargesse (spiegasse) al vento i capelli biondi (chioma<br />
d’oro) [: di <strong>Silvia</strong>].<br />
408 ricchissimo d’armenti: proprietario di molte greggi.
PARTE SESTA L’età della Controriforma: il Manierismo e la letteratura tardo-rinascimentale (1545-1610)<br />
CAPITOLO III <strong>Tasso</strong> e l’esperienza della follia<br />
<strong>T76</strong> ON LINE<br />
409 <strong>Silvia</strong>, [che è l’ ]onore delle selve, fuoco (ardor) [: origine<br />
di amore] delle anime? <strong>Silvia</strong>/selve costituiscono<br />
una figura paraetimologica.<br />
413 né fue: né [vi] fu.<br />
414-417 Le [nostre] case (alberghi) erano vicine (congiunti),<br />
ma i [nostri] cuori [erano ancora] più vicini;<br />
la [nostra] età era eguale (conforme), ma il [nostro] modo<br />
di pensare (pensier) [era ancora] più eguale [: c’era<br />
pieno accordo]. L’armonia del rapporto è sottolineata dal<br />
parallelismo ai vv. 414-15 e dal *chiasmo ai vv. 416-17.<br />
418-421 con lei (seco) tendevo con le reti tranelli (insidie)<br />
<strong>Torquato</strong> <strong>Tasso</strong> ~ <strong>Dafne</strong> e <strong>Silvia</strong>, <strong>Aminta</strong> e <strong>Tirsi</strong><br />
<strong>Silvia</strong>, onor de le selve, ardor de l’alme?<br />
410 Di questa parlo, ahi lasso; vissi a questa<br />
così unito alcun tempo, che fra due<br />
tortorelle più fida compagnia<br />
non sarà mai, né fue.<br />
Congiunti eran gli alberghi,<br />
415 ma più congiunti i cori;<br />
conforme era l’etate,<br />
ma ’l pensier più conforme:<br />
seco tendeva insidie con le reti<br />
a i pesci ed a gli augelli, e seguitava<br />
420 i cervi seco e le veloci damme;<br />
e ’l diletto e la preda era commune.<br />
Ma, mentre io fea rapina d’animali,<br />
fui non so come a me stesso rapito.<br />
A poco a poco nacque nel mio petto,<br />
425 non so da qual radice,<br />
com’erba suol che per se stessa germini,<br />
un incognito affetto,<br />
che mi fea desiare<br />
d’esser sempre presente<br />
430 a la mia bella <strong>Silvia</strong>;<br />
e bevea da’ suoi lumi<br />
un’estranea dolcezza,<br />
che lasciava nel fine<br />
un non so che d’amaro;<br />
435 sospirava sovente, e non sapeva<br />
la cagion de’ sospiri.<br />
Così fui prima amante ch’intendessi<br />
che cosa fosse amore.<br />
Ben me n’accorsi al fin; ed in qual modo,<br />
440 ora m’ascolta, e nota.<br />
TIRSI<br />
AMINTA<br />
È da notare.<br />
A l’ombra d’un bel faggio <strong>Silvia</strong> e Filli<br />
sedean un giorno, ed io con loro insieme,<br />
quando un’ape ingegnosa, che cogliendo<br />
sen’ giva il mel per que’ prati fioriti,<br />
445 a le guancie di Fillide volando,<br />
a le guancie vermiglie come rosa,<br />
le morse e le rimorse avidamente:<br />
ch’a la similitudine ingannata<br />
forse un fior le credette. Allora Filli<br />
ai pesci e agli uccelli, e con lei inseguivo (seguitava) i<br />
cervi e le daine veloci; e il divertimento e la preda erano<br />
comuni.<br />
422 fea: facevo.<br />
425 radice: origine.<br />
426 germini: germogli.<br />
427-436 un sentimento (affetto) sconosciuto (incognito)<br />
che mi faceva desiderare di stare sempre accanto (presente)<br />
alla mia bella <strong>Silvia</strong>; e prendevo (bevea = bevevo;<br />
*metafora) dai suoi occhi (lumi) una strana (un’estranea)<br />
dolcezza che lasciava alla fine un qualche co-<br />
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]<br />
6<br />
sa (un non so che) di amaro; sospiravo spesso, e non<br />
sapevo la causa dei [miei] sospiri. La rievocazione dell’innamoramento<br />
presenta un infittirsi dei *settenari, a<br />
rendere lo stato d’animo concitato di <strong>Aminta</strong>.<br />
437 ch’intendessi: di capire.<br />
440 È da notare: È giusto stare attenti; è un’assicurazione<br />
riguardo all’interessamento al racconto del giovane<br />
amico.<br />
443-444 cogliendo…mel: se ne andava cogliendo il miele,<br />
cioè il polline da cui produrre il miele.<br />
448 perché, ingannata dalla somiglianza (a la similitudine).
PARTE SESTA L’età della Controriforma: il Manierismo e la letteratura tardo-rinascimentale (1545-1610)<br />
CAPITOLO III <strong>Tasso</strong> e l’esperienza della follia<br />
<strong>T76</strong> ON LINE<br />
450 impaziente: insofferente.<br />
454 con parole magiche (d’incanti) ti leverò.<br />
458 avolio: avorio.<br />
461 rimorsa: punta; il prefisso ri- ha qui valore intensivo (come<br />
al v. 447).<br />
462 versi: formula magica.<br />
463-467 Oh conseguenze (effetti) meravigliose! [Filli] sentì<br />
subito (tosto) cessare il dolore, e grazie alla (o fosse<br />
la) virtù di quelle parole magiche, o, come credo io, alla<br />
virtù [: il potere positivo] della bocca [di <strong>Silvia</strong>] che<br />
guarisce (sana) [tutto] ciò che tocca.<br />
<strong>Torquato</strong> <strong>Tasso</strong> ~ <strong>Dafne</strong> e <strong>Silvia</strong>, <strong>Aminta</strong> e <strong>Tirsi</strong><br />
450 cominciò lamentarsi, impaziente<br />
de l’acuta puntura;<br />
ma la mia bella <strong>Silvia</strong> disse: “Taci,<br />
taci, non ti lagnar, Filli, perch’io<br />
con parole d’incanti leverotti<br />
455 il dolor de la picciola ferita.<br />
A me insegnò già questo secreto<br />
la saggia Aresia, e n’ebbe per mercede<br />
quel mio corno d’avolio ornato d’oro”.<br />
Così dicendo, avvicinò le labra<br />
460 de la sua bella e dolcissima bocca<br />
a la guancia rimorsa, e con soave<br />
susurro mormorò non so che versi;<br />
Oh mirabili effetti! Sentì tosto<br />
cessar la doglia, o fosse la virtute<br />
465 di que’ magici detti o, com’io credo,<br />
la virtù de la bocca<br />
che sana ciò che tocca.<br />
Io, che sino a quel punto altro non volsi<br />
che ’l soave splendor de gli occhi belli,<br />
470 e le dolci parole, assai più dolci<br />
che ’l mormorar d’un lento fiumicello<br />
che rompa il corso fra minuti sassi,<br />
o che ’l garrir de l’aura infra le frondi,<br />
allor sentii nel cor novo desire<br />
475 d’appressare a la sua questa mia bocca;<br />
e fatto non so come astuto e scaltro<br />
più de l’usato (guarda quanto Amore<br />
aguzza l’intelletto!), mi sovvenne<br />
d’un inganno gentile, co ’l qual io<br />
480 recar potessi a fine il mio talento:<br />
ché fingendo ch’un’ape avesse morso<br />
il mio labro di sotto, incominciai<br />
a lamentarmi di cotal maniera,<br />
che quella medicina che la lingua<br />
485 non richiedeva, il volto richiedeva.<br />
La semplicetta <strong>Silvia</strong>,<br />
pietosa del mio male,<br />
s’offrì di dar aita<br />
a la finta ferita, ahi lasso, e fece<br />
490 più cupa e più mortale<br />
la mia piaga verace,<br />
quando le labra sue<br />
giunse a le labra mie.<br />
Né l’api d’alcun fiore<br />
495 coglion sì dolce il mel ch’allora io colsi<br />
da quelle fresche rose,<br />
468 volsi: volli.<br />
472 che divida (rompa) il [suo] corso fra piccoli (minuti)<br />
sassi.<br />
473 ’l garrir…frondi: il mormorare del vento tra le fronde.<br />
476 astuto e scaltro: *dittologia sinonimica, con valore<br />
rafforzativo.<br />
477 de l’usato: del solito.<br />
478 mi sovvenne: ricordai; in riferimento a una tradizione<br />
letteraria, per cui cfr. la Guida alla lettura.<br />
479-480 co ’l qual…talento: grazie al quale io potessi sod-<br />
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]<br />
7<br />
disfare (recar…a fine) il mio desiderio (talento).<br />
484 quella medicina: il bacio di <strong>Silvia</strong> in accompagnamento<br />
alla formula magica.<br />
486 semplicetta: ingenua.<br />
488 aita: aiuto, cioè ‘soccorso’, con il bacio.<br />
491 piaga verace: ferita vera; in contrapposizione, rafforzata<br />
dal *chiasmo, alla finta ferita del v. 489.<br />
493 giunse: congiunse.<br />
495 coglion: colgono; mel: miele.<br />
496 fresche rose: le labbra di <strong>Silvia</strong>.
PARTE SESTA L’età della Controriforma: il Manierismo e la letteratura tardo-rinascimentale (1545-1610)<br />
CAPITOLO III <strong>Tasso</strong> e l’esperienza della follia<br />
<strong>T76</strong> ON LINE<br />
497-501 sebbene il timore (la temenza) e la vergogna frenassero<br />
(raffrenò) i [miei] baci brucianti (ardenti) [:<br />
appassionati], che il desiderio spingeva a inumidirsi [:<br />
mischiandosi alla bocca di <strong>Silvia</strong>], o [almeno] li fece<br />
(felli) più misurati (lenti) e meno audaci.<br />
504 secreto: misterioso.<br />
508-509 feci in modo (fei sì) che ella [: <strong>Silvia</strong>] vi [: sulle labbra<br />
di <strong>Aminta</strong>] ripeté più volte la magia (l’incanto) [:<br />
bacio e formula di scongiuro].<br />
510-513 Da indi…scoppiasse: Da allora (indi) in poi (in<br />
qua) il desiderio e la sofferenza smaniosa (l’affanno<br />
impaziente) andarono crescendo [in me] in modo tale<br />
che (in guisa…che), non potendo più restar chiuse<br />
(capir) nel petto [: dentro di me], fu inevitabile (fu forza)<br />
che scoppiassero [: che si manifestassero fuori, a<br />
<strong>Torquato</strong> <strong>Tasso</strong> ~ <strong>Dafne</strong> e <strong>Silvia</strong>, <strong>Aminta</strong> e <strong>Tirsi</strong><br />
se ben gli ardenti baci,<br />
che spingeva il desire a inumidirsi,<br />
raffrenò la temenza<br />
500 e la vergogna, o felli<br />
più lenti e meno audaci.<br />
Ma mentre al cor scendeva<br />
quella dolcezza mista<br />
d’un secreto veleno,<br />
505 tal diletto n’avea<br />
che, fingendo ch’ancor non mi passasse<br />
il dolor di quel morso,<br />
fei sì ch’ella più volte<br />
vi replicò l’incanto.<br />
510 Da indi in qua andò in guisa crescendo<br />
il desire e l’affanno impaziente<br />
che, non potendo più capir nel petto,<br />
fu forza che scoppiasse; ed una volta<br />
che in cerchio sedevam ninfe e pastori<br />
515 e facevamo alcuni nostri giuochi,<br />
ché ciascun ne l’orecchio del vicino<br />
mormorando diceva un suo secreto,<br />
“<strong>Silvia</strong>”, le dissi “io per te ardo, e certo<br />
morrò, se non m’aiti”. A quel parlare<br />
520 chinò ella il bel volto, e fuor le venne<br />
un improviso, insolito rossore<br />
che diede segno di vergogna e d’ira;<br />
né ebbi altra risposta che un silenzio,<br />
un silenzio turbato e pien di dure<br />
525 minaccie. Indi si tolse, e più non volle<br />
né vedermi né udirmi. E già tre volte<br />
ha il nudo mietitor tronche le spighe,<br />
ed altretante il verno ha scossi i boschi<br />
de le lor verdi chiome; ed ogni cosa<br />
530 tentata ho per placarla, fuor che morte.<br />
Mi resta sol che per placarla io mora;<br />
e morrò volontier, pur ch’io sia certo<br />
ch’ella o se ne compiaccia o se ne doglia;<br />
né so di tai due cose qual più brami.<br />
535 Ben fora la pietà premio maggiore<br />
a la mia fede, e maggior ricompensa<br />
a la mia morte; ma bramar non deggio<br />
cosa che turbi il bel lume sereno<br />
a gli occhi cari, e affanni quel bel petto.<br />
<strong>Silvia</strong>].<br />
516-517 Si allude qui al “gioco del segreto”, diffuso nel Cinquecento:<br />
«quando si dice qualche motto nell’orecchio<br />
ad una donna, al quale ella dà la risposta forte, et il<br />
maestro del giuoco dapoi [: dopo] chiama uno del cerchio<br />
il quale dalla data risposta indovini quel che colui<br />
abbia potuto sibilare [: sussurrare] nell’orecchio a quella<br />
donna» (Scipione Bargagli, 1572).<br />
518 ardo: brucio [d’amore].<br />
519 se non m’aiti: se non m’aiuti; ovviamente ricambiando<br />
l’amore.<br />
525 si tolse: se ne andò.<br />
526-529 E già tre volte…chiome: sono passati tre anni dalla<br />
rivelazione del proprio amore fatta da <strong>Aminta</strong> a <strong>Silvia</strong>.<br />
Tronche: tagliate. Il verno: l’inverno.<br />
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]<br />
8<br />
532-533 e morirò volentieri, pur di essere certo che ella [:<br />
<strong>Silvia</strong>] o ne sia soddisfatta (o se ne compiaccia) o ne<br />
soffra (o se ne doglia). <strong>Aminta</strong> è pronto a morire, e anzi<br />
felice, ma vorrebbe esser certo di provocare un qualche<br />
sentimento, almeno con la morte, nell’amata.<br />
534 e non so quale di queste (tai = tali) due cose [: che <strong>Silvia</strong><br />
sia contenta o soffra per la sua morte] io desideri<br />
(brami) di più.<br />
535 Ben fora: Sarebbe certamente.<br />
536 fede: fedeltà; nell’amore.<br />
537-539 ma bramar…petto: ma non devo desiderare [nessuna]<br />
cosa che turbi ai cari occhi [di <strong>Silvia</strong>] la bella luminosità<br />
serena e angosci (affanni) quel [suo] bel petto<br />
[: i suoi sentimenti]. Nobile manifestazione dell’amore<br />
di <strong>Aminta</strong>, altruisticamente atteggiato.
PARTE SESTA L’età della Controriforma: il Manierismo e la letteratura tardo-rinascimentale (1545-1610)<br />
CAPITOLO III <strong>Tasso</strong> e l’esperienza della follia<br />
<strong>T76</strong> ON LINE<br />
<strong>Torquato</strong> <strong>Tasso</strong> ~ <strong>Dafne</strong> e <strong>Silvia</strong>, <strong>Aminta</strong> e <strong>Tirsi</strong><br />
guida alla lettura<br />
La metrica e l’espressione delle emozioni<br />
Musicale e seducente già nel suono, la scrittura tassesca sfrutta al<br />
massimo le risorse della metrica, facendone un momento caratterizzante<br />
dello stile e dell’espressione. In particolare nell’<strong>Aminta</strong> (così come<br />
nei *madrigali) la libera alternanza di versi lunghi (*endecasillabi) e<br />
di versi brevi (*settenari) consente l’utilizzabilità di due strumenti<br />
espressivi diversi.<br />
Nella prima e nella seconda scena del primo atto si possono individuare<br />
agevolmente alcune delle leggi che determinano l’alternanza dei<br />
due versi consentiti. All’endecasillabo è affidata spesso una funzione<br />
narrativa e discorsiva; al settenario una funzione lirica. Un esempio<br />
del primo caso è costituito dai vv. 138-191 (tutti endecasillabi), nei<br />
quali <strong>Dafne</strong> rievoca la propria vicenda nel tentativo di convincere <strong>Silvia</strong><br />
a cedere all’amore. Un esempio del secondo caso è costituito dall’esaltazione<br />
appassionata dell’amore, cui la stessa <strong>Dafne</strong> si abbandona<br />
dinanzi alla rigidezza sentimentale di <strong>Silvia</strong>, e cioè dai vv. 213-257,<br />
dove i settenari prevalgono (ventisei su quarantacinque versi). Da questo<br />
esempio si verifica anche la tendenza a disporre i versi di eguale<br />
lunghezza a gruppi, così da sfruttarne appieno il peso ritmico-espres-<br />
La rielaborazione delle fonti<br />
Nell’<strong>Aminta</strong> convergono innumerevoli tradizioni letterarie, classiche e<br />
moderne. <strong>Tasso</strong> le accoglie fondendole in un risultato finale di grande<br />
equilibrio e di innegabile originalità. Decisiva risulta perciò la selezione<br />
delle fonti e la loro finalizzazione all’operazione artistica tassesca.<br />
Tra le fonti classiche spiccano Virgilio (soprattutto le Bucoliche), Ovidio<br />
e Orazio; ma si riscontrano anche riferimenti a Lucrezio, Catullo, Properzio<br />
e ai poeti cristiani (p. es. Claudiano).<br />
Tra le fonti moderne domina l’utilizzazione di Petrarca. I vv. 218-224 si<br />
mostrano debitori di questi petrarcheschi: «L’aria e l’acqua e la terra è d’amor<br />
piena; / ogni animal d’amar si riconsiglia» (CCCX, 7-8). In alcuni casi<br />
Petrarca è il mediatore di una ripresa classica; e si può allora parlare<br />
di una fonte multipla: «All’ombra d’un bel faggio <strong>Silvia</strong> e Filli / sedean un<br />
giorno» (vv. 441-442) dipende dal petrarchesco «Allor mi strinsi all’ombra<br />
d’un bel faggio» (LIV, 7), cui sottostà però il virgiliano «recubans sub<br />
tegmine fagi» [seduto sotto la chioma di un faggio] (Ecl. I, 1).<br />
Una fonte particolarmente significativa è, in riferimento al racconto di<br />
<strong>Aminta</strong> nella seconda scena, quella classica di Achille Tazio (un autore<br />
greco del II sec. d.C.), dal cui romanzo Avventure di Leucippe e Clitofonte<br />
è tratta la scena del bacio rubato. Ecco il brano saliente (nella traduzione<br />
di Q. Cataudella): «Era accaduto che il giorno precedente, verso<br />
mezzogiorno, la fanciulla si fosse messa a suonare la cetra, ed era<br />
esercizi<br />
Comprendere<br />
1<br />
Riassumi il passo in 15 righe.<br />
Analizzare e interpretare<br />
2 Distingui le parti narrative da quelle liriche: a quale metrica<br />
e a quale ritmo diversi fanno ricorso?<br />
3 <strong>Dafne</strong> per convincere <strong>Silvia</strong> ad amare <strong>Aminta</strong> le prospetta inizialmente<br />
le gioie della maternità (vv. 92-99). È questo l’argomento<br />
su cui insiste nel resto del dialogo?<br />
4 Quali piaceri oppone <strong>Silvia</strong> all’amore? In quale punto del<br />
testo tradisce la vera ragione del suo odio per <strong>Aminta</strong>?<br />
5 Ha ragione <strong>Dafne</strong> ad accusare <strong>Silvia</strong> di immaturità? Come<br />
rievoca il proprio passaggio dall’adolescenza alla giovinezza?<br />
sivo (dei ventisei settenari, ben sedici si trovano per esempio tra i primi<br />
venti, inframmezzati da soli quattro endecasillabi).<br />
Ma si deve aggiungere che all’endecasillabo è spesso affidata anche<br />
la funzione di esprimere la freddezza e il distacco; mentre al settenario,<br />
ritmicamente più incalzante, la funzione di rappresentare l’emotività<br />
e la passione. Il trattamento riservato dall’autore a <strong>Silvia</strong> è in tal<br />
senso esemplare. Questa non fa mai uso di settenari fino al momento<br />
in cui, nell’atto quarto, si decide a innamorarsi di <strong>Aminta</strong>, toccata dalla<br />
notizia della morte di lui; a questo punto i settenari divengono il<br />
metro di gran lunga dominante nelle battute affidate alla ninfa. Le due<br />
eccezioni presenti prima di quel momento, ai vv. 258-259, possono essere<br />
forse interpretate come una aggiunta di sarcasmo nei confronti<br />
dell’abbandono di <strong>Dafne</strong> (la quale infatti lamenta che <strong>Silvia</strong> la derida),<br />
come se la fanciulla facesse il verso alla “musica” dell’interlocutrice per<br />
mettere in ridicolo la sua sdolcinatezza.<br />
Una funzione espressiva collegata alle emozioni hanno spesso anche<br />
gli *enjambements, sempre frequenti e significativi nella poesia tassesca.<br />
presente anche Clio, e le sedeva accanto, ed io passeggiavo; e improvvisamente<br />
un’ape, volando chi sa da dove, punse la mano di Clio. E<br />
questa lanciò un grido; e la fanciulla, balzata su e deposta la cetra,<br />
esaminava la ferita e nello stesso tempo le faceva coraggio, dicendole<br />
di non affliggersi, giacché lei le avrebbe fatto cessare il dolore, dicendo<br />
due formule d’incantagione, che aveva appreso da una egiziana, buone<br />
contro le ferite delle vespe e delle api. E intanto pronunciava le formule<br />
magiche, e Clio diceva poco dopo di sentirsi meglio. Quella volta<br />
dunque per caso un’ape o una vespa ronzando mi volò intorno al volto,<br />
ed io metto a profitto la preoccupazione che ciò mi procurava, e,<br />
posta la mano sul volto, fingevo di essere stato punto e di sentire dolore.<br />
La fanciulla allora, fattasi presso, scostava la mia mano e domandava<br />
dove fossi stato punto, ed io: “Al labbro”, dissi. “Ma perché non mi<br />
fai l’incantesimo, o carissima?”. Ed ella si avvicinò, e pose sopra la mia<br />
la sua bocca, allo scopo di operar l’incantesimo, e sussurrava qualche<br />
cosa, sfiorando appena le mie labbra. Ed io lo baciavo in silenzio, soffocando<br />
il rumore dei baci, ed ella, aprendo e chiudendo le labbra, nel<br />
sussurrare le formule d’incantesimo, trasformava l’incantesimo in baci.<br />
Ed io, abbracciatala, la baciavo apertamente, ed ella scostandosi: “Che<br />
fai?” disse. “Anche tu a tua volta operi incantesimi?”. “L’incantatrice bacio”<br />
risposi “perché mi hai guarito dal dolore”».<br />
Quale idea dell’amore difende <strong>Dafne</strong>? Attraverso quale linguaggio?<br />
(vv. 213-255)<br />
Quale realtà dell’amore sperimenta <strong>Aminta</strong>? In quale termine<br />
è espressa la sua ambivalenza?<br />
I sintomi dell’innamoramento descritti da <strong>Aminta</strong> colpiscono<br />
per verità psicologica: perché? Si può dire lo stesso del<br />
suo nobile altruismo di fronte alla durezza della fanciulla?<br />
(vv. 531-639)<br />
Approfondire<br />
9 Collega il testo alle concezioni diverse dell’amore che ispirano<br />
l’<strong>Aminta</strong>.<br />
10 Confrontalo con le Rime per quanto riguarda i temi della natura<br />
e della sensualità (T73 on line, T74 on line, T2, p. 516).<br />
Chiariscine analogie e differenze.<br />
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]<br />
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7<br />
8<br />
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