Tavola Architettonica (Monografia) - La Ritualità - panasur
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LA RITUALITÀ<br />
Riti e rituali, nella storia dell'uomo, sono stati sempre innumerevoli e di varia natura e di diversa origine.<br />
Ma nelle più svariate manifestazioni di ritualità, troveremo sempre un costante rapporto fra l'uomo e<br />
certe forme esteriori. Così possiamo incontrare nello studio della materia le più impensabili<br />
classificazioni di riti; classificazioni che, fra l'altro, possono essere anche oggetto di esame dai vari punti<br />
di vista. C'è chi si è impegnato particolarmente in queste più o meno interessanti e qualche volta<br />
acrobatiche discriminazioni.<br />
<strong>La</strong> scuola sociologica Francese (E. Durkeim) divide ad es. i riti in «positivi e negativi»: i primi<br />
sarebbero quelli che esaltano il principio unificato della vita sociale (vedi: riti sacrificali, riti mimetici, di<br />
espiazione); i secondi invece sarebbero quelli che impediscono il contatto (nocivo) del profano con il<br />
sacro: questi sarebbe ad es. il calendario - ritualmente inteso - come espressione della discriminazione<br />
dei giorni festivi (sacri) da quelli comuni (profani); sarebbero anche le iniziazioni in genere che - dal<br />
punto di vista sociologico - si sostanzierebbero in riti di separazione di alcuni uomini da altri; le pratiche<br />
ascetiche che sarebbero separative (tra l'individuo-singolo, di fronte al resto del gruppo ecc.).<br />
Le altre distinzioni, sono senza fine, e formulate da altre scuole.<br />
Sussistono ancora distinzioni, con differenti valutazioni, fra riti magici e riti religiosi, fra riti<br />
simpatici (o contagiosi, o dannosi) e riti mimetici (es.: imitativi, simbolici, omeopatici); tra riti<br />
indiretti (es.: riti da meccanismi spiritici) e riti diretti (ossia di azione immediata, es.: imprecazione<br />
o benedizione); fra riti manuali (con gesto, azione ecc.) e riti orali (preghiere, canti<br />
ecc.); fra riti di passaggio (del limite, dello stato di vita, della condizione sociale) e riti di<br />
partecipazione (espiatori, lustratori, ecc.).<br />
Particolare attenzione meritano poi i già detti riti di passaggio.<br />
Vi sarebbero fra questi, i riti di iniziazione che comporterebbero a loro volta, tre diversi<br />
momenti, o sotto-riti: la separazione dell'individuo (o del gruppo) dal contesto generale degli<br />
uomini e dei luoghi; il momento di margine ossia di «maturazione» del passaggio;<br />
l'aggregazione al nuovo stato o condizione.<br />
Ma la classificazione non è finita.<br />
Che dire di alcuni riti di partecipazione, primi fra tutti, la preghiera, la consacrazione, il sacrificio<br />
Ed ancora della distinzione più elastica tra riti sacri e riti esecrandi Ed a sua volta, senza fine è la<br />
sub-tipizzazione dei riti di propiziazione: dai riti agrari, a lustratori, agli espiatori ecc.<br />
Se infine da tutte queste classificazioni di ordine generale, passiamo poi alle attribuzioni storiche di<br />
carattere religioso sulla base delle già indicate distinzioni, ci vorrebbero fiumi di inchiostro, per<br />
identificarli, distinguerli, ed ordinarli tutti, questi riti: da quelli pagani ai cattolici apostolici a quelli<br />
ortodossi, dall'anglicano al Buddistico, all'islamico, al taoista, allo scintoista e così via per tutte le più<br />
varie religioni, morte e vive.<br />
Tutto questo susseguirsi di riti mi ha fatto pensare a lungo sulla capziosità, sui molti abbagli ed equivoci<br />
che purtroppo si addensano sul significato vero, autentico del rito, e del fare il rito (che è - come<br />
vedremo - la ritualità).<br />
Il tipo di indagine può insomma essere il più vario e generalmente - per le ricerche da me fatte - la<br />
valutazione si contiene sempre sul piano antropologico o sociologico, o meramente religioso.<br />
Non si va oltre.<br />
Tuttavia, anche attraverso questi tipi di indagine, possiamo dedurre elementi di valutazione utili per la<br />
nostra superiore disamina muratoria.<br />
Si suole infatti ricercare normalmente l'origine del rito in un «gesto spontaneo che ha accompagnato<br />
l'esplosione di un desiderio, l'espressione di un bisogno, la paura di un pericolo; e che una volta
sperimentato efficace, si ripete fedelmente affinché l'effetto si produca ».<br />
In questa concezione, il rito sarebbe una abitudine, una ripetizione che prima o poi produrrà degli effetti.<br />
Ma si suole anche identificare il rito in una norma che stabilisce il modo di svolgimento di una azione<br />
accettata da una comunità che con questa «formula abitudinaria» tende a trovare un mezzo di<br />
comunicazione con quelle che forse con molta semplicità sono chiamate le forze soprannaturali (vedi:<br />
la divinità). C'è ancora chi ha sostenuto (Max Muller) che Rito sarebbe né più né meno che una<br />
trasformazione di antiche usanze e di pratiche magiche; altri lo ha visto come proiezione del simbolo (il<br />
nostro Farina); chi come proiezione del mito (Brinton); chi come semplice sacrificio per porsi in relazione<br />
con gli Dei (Jevons) (Vedi: Ranzoli – Dizionario di Scienze Filosofiche).<br />
Gli antropologi generalmente sono concordi nell'affermare che il rituale è un'azione prescritta,<br />
ripetitiva, ondeggiante dalla rigorosa definizione della forma e della sequenza, alla possibilità di<br />
scegliere tra un numero limitato di azioni. Ma la diversa importanza attribuitiva ai vari aspetti del rituale<br />
ne fa individuare poche classi.<br />
Due di queste sottolineano il carattere simbolico del rituale; l'altra definisce il rituale in termini di<br />
relazione tra i mezzi ed i fini dell'azione.<br />
A secondo dei criteri usati, il termine rituale si applicherebbe principalmente agli atti magici-religiosi, agli<br />
aspetti di quasi tutti i tipi di azione; o ad alcuni altri tipi di azione: la classe più ristretta che limita il<br />
rituale all'azione magica religiosa, sarebbe quella più comunemente usata.<br />
Scrive anzi in proposito M. Douglas: « ... siamo giunti al punto in cui il rituale sostituisce la religione negli<br />
scritti degli antropologi. Esso è usato con precisione e coerenza per indicare le azioni simboliche relative<br />
al sacro».<br />
Ma, tutta questa diversità di conferimenti dottrinari ci spinge, ad un certo punto, ad esaminare il<br />
problema non tanto sulla base di una indagine meramente descrittiva o catalogativa o registrativa di<br />
comportamenti umani attraverso età ed eventi, né ancora su un piano meramente storico, sociologico o<br />
antropologico, poiché questi strumenti di studio ci porterebbero indubbiamente a scoprire dati e cose<br />
certamente interessanti, ma difficilmente risponderebbero al «quesito centrale» che vogliamo<br />
effettivamente porci: ossia quello che attiene alla essenza vera, autentica, del rito e della ritualità,<br />
particolarmente intesi attraverso una indagine di natura che ci ponga poi nella possibilità di tentarne<br />
una traduzione in chiave muratoria.<br />
Orbene - in questo esame - il rito dobbiamo esaminarlo sì partendo dalle espressioni e dagli schemi di<br />
carattere profano, ma in una visione che sia il più possibile aderente alla via esoterica ed iniziatica.<br />
Cominciamo col constatare che il rito non può essere visto come un insieme di regole, di formule, di<br />
prescrizioni, di atti formali, di espressioni solenni, di funzioni.<br />
Questa potrà essere «l'accezione comune» del significato del rito, ma non il rito nella sua «essenzialità».<br />
In una analisi esoterica il rito assume una più alta significazione, sia nella sua essenza, sia<br />
nella sua manifestazione. Io penso che il punto centrale, il nucleo del problema sia di creare un<br />
«rapporto», una relazione, tra rito e realizzazione spirituale.<br />
In altri termini: Che cosa è il rito, il compimento del rito, l'attuazione della <strong>Ritualità</strong>, rispetto alla<br />
«realizzazione spirituale»<br />
Idonea per trarne delle conclusioni nostre ci sembra però la spiegazione che offre il Guenon, il quale nel<br />
porsi il problema del Rito afferma che… «l'azione rituale, nel senso originale della parola, è<br />
quella compiuta o conformemente all'ordine», ed implica di conseguenza ad un livello la coscienza<br />
effettiva di tale conformità; per cui là ove la tradizione non ha subito attenuazione alcuna, qualsiasi<br />
azione ha un carattere propria-mente rituale. È importante osservare - egli aggiunge - che tutto ciò<br />
«presuppone essenzialmente» la conoscenza della solidarietà esistente tra l'ordine cosmico vero e<br />
proprio e l'ordine umano»<br />
Nell'accingerci ora all'esame della ritualità Massonica, per trarne nostre modeste conclusioni, quanto
mai arduo ci appare la identificazione delle fonti di questa nostra ritualità.<br />
H. P. Blavatski osservò che «la Massoneria moderna ed il rituale della Chiesa [Cattolica],<br />
dipendono in linea diretta, dagli gnostici iniziati, dai neoplatonici e dagli Hierofanti rinnegati<br />
dai misteri pagani, di cui perdettero i segreti, che furono conservati invece da coloro che non<br />
accettarono mai compromessi» .<br />
Il Cristianesimo primitivo a sua volta, deriverebbe dalla Massoneria primitiva, costituita dagli Eccletici<br />
Alessandrini, dai Neoplatonici, dai teosofi di Ammonio Sacca.<br />
Lo studio della Blavatski, con le precauzioni opportune, può presentare un certo interesse perché<br />
innumerevoli sono gli esempi da lei riportati a sostegno che le cerimonie, le parole di passo, i riti della<br />
Massoneria e delle religioni (particolarmente della Chiesa Cattolica) sarebbero «copie travestite di puro<br />
paganesimo» e delle scuole iniziatiche antiche.<br />
Ma al di là di queste supposizioni, possiamo affermare altra cosa: ossia che le componenti della <strong>Ritualità</strong><br />
massonica sono - non soltanto di provenienza pagano-misterica - ma di estrazione la più varia.<br />
Nei nostri rituali vi sono confluenze misteriche, cabalistiche, alchemiche, religiose, sacerdotali,<br />
cavalleresche, templari, iniziatiche, ermetiche: tutte collegate sapientemente al passato primordiale<br />
dell'uomo in senso magico, e quindi non con caratterizzazione di culto «passivo», ma con esaltazione<br />
«attiva» di costruzione ed elevazione dello spirito.<br />
Tutta la simbologia e la ritualità massoniche si incentrano nella costruzione del Tempio di Salomone.<br />
I liberi muratori per costruire il Tempio usano tutte le facoltà umane, facoltà le quali come vengono<br />
impiegate alla costruzione di un tempio materiale, così possono, anzi debbono essere pienamente<br />
idonee alla edificazione del «Tempio interiore».<br />
Simbologia e ritualità massonica hanno quindi una fondazione altamente soggettiva ed analogica.<br />
E poiché la Massoneria è un'arte speculativa fondata su un'arte operativa, gli strumenti di lavoro - nella<br />
realtà rituale - diventano strumenti dell'arte del costruire, anche se l'uso di un determinato strumento<br />
(in senso speculativo-spirituale) per essere veramente valido dovrebbe essere non il frutto di una<br />
ripetizione di atti, ma l'effetto di una già acquisita realizzazione interiore (virtù-amore) avvenuta<br />
attraverso la comprensione, ad un certo livello, del valore simbolico degli strumenti stessi.<br />
Ogni fratello quindi, lavorando ritualmente, dovrebbe operare nell'ambito del livello, ossia dello stadio<br />
da lui già realizzato, per la integrazione della catena amore.<br />
A questo punto, però, mi rendo conto che la costruzione da me data alla ritualità - vista non come una<br />
ripetizione più o meno meccanica di atti e come «causa» di elevazione spirituale, bensì come «effetto»<br />
di una già acquisita realizzazione interiore in un certo stadio di coscienza, questa costruzione - dicevo -<br />
può incontrare notevoli implicanze quando la si riporti nell'ambito della ritualità Massonica dei gradi<br />
«simbolici».<br />
Questa constatazione ci induce a considerare che la nostra costruzione potrebbe ritenersi magari più<br />
aderente alla ritualità dei gradi superiori della Massoneria (intendo riferirmi alla Massoneria dei Riti), sol<br />
quando si pensi ad es. al destino esoterico delle colonne del nostro Tempio.<br />
Ma non intendo andare fuori del seminato.<br />
Sento però che possiamo affermare che nel Tempio Massonico, anche la «ritualità» come<br />
espressione di un'arte speculativa fondata su un'arte operativa di strumenti di lavoro - vuoi<br />
ove la si intenda questa ritualità come ripetizione apprenditiva di atti e di effetti interiori, vuoi ove la si<br />
concepisca come uso di simboli i quali comportino un già «compiuto» atto di virtù - trova comunque e<br />
sempre il suo fondamento, per ogni fratello, nel stabilirsi saldamente nel proprio centro di<br />
coscienza, unico idoneo a creare la magica catena d'unione, consentendo che i simboli posti<br />
in azione dal rito ci compenetrino e vivano in noi.<br />
Ma, entriamo ora, in silenzio, nei nostro Tempio.<br />
Tanti simboli sono presenti: dagli strumenti dell'arte alle decorazioni, tutti confluenti alla realizzazione
degli atti rituali.<br />
Sin dall'apertura dei lavori, il M:. V:. fraternamente ci chiama e ci dice: «Assistetemi ad aprirei lavori»,<br />
con ciò significando che non lui soltanto, ma noi, tutti quanti insieme, siamo i «veri protagonisti» del<br />
dramma del lavoro muratorio in senso rituale.<br />
<strong>La</strong> «copertura» è completa: i tegoli sono stati uniti dal fratello copritore, perché il mistero del lavoro<br />
iniziatico si compia in segreto al di là della profanità del mondo esterno.<br />
Tutti i fratelli hanno deposto «fuori» quanto è continuo oggetto dello sguardo critico ed ignorante del<br />
mondo profano.<br />
Il presente, il passato, il futuro sono qui, in un indissolubile rapporto con il G:.A:.D:.U:. il quale,<br />
dal centro dell'esistenza, ha inciso le linee su cui dobbiamo edificare il sacro Tempio.<br />
Il mistero è in noi, ci conquide.<br />
Fuori c'è il campo di battaglia, ma qui il proprio spirito si abbandona ad una fraterna atmosfera.<br />
Ogni parola, ogni suono, ogni passo, ogni movimento è un sublime richiamo: un richiamo dal<br />
microcosmo al macrocosmo e mentre ciascuno di noi, fratello dell'altro, sente di essere chiamato<br />
alla «ricerca di sé medesimo». Sfrondata dagli elementi di contorno, il Tempio nella sua più autentica<br />
essenzialità, abbaglia gli occhi fisici e spirituali dei fratelli.<br />
Ormai l'intero stato di coscienza dei fratelli si è elevato, si è interiorizzato verso il Supremo Architetto,<br />
origine della Saggezza, origine della forza, origine della bellezza.<br />
Il rituale ci rivela che il Maestro è la fonte della luce.<br />
Il Secondo Sorvegliante stando al Meridione marca il sole al suo meridiano, il punto più alto raggiunto in<br />
cielo.<br />
Il Primo Sorvegliante marca invece la fine del giorno, l'ora del tramonto, quando il volere dell'uomo si<br />
ritrae e l'azione tace.<br />
I1 circuito è completo.<br />
<strong>La</strong> relazione tra M:.V:. e Primo Sorvegliante è poi di essenziale rilievo: quest'ultimo guarda ad Oriente,<br />
mentre il Maestro guarda ad Occidente.<br />
II primo si rivolge alla Luce, il secondo alla posizione opposta. I lavori volgono, serenamente, al termine.<br />
Tutto è giusto e perfetto: ed anche la batteria esprime ancora una volta il compimento della<br />
catena d'amore realizzata anche attraverso la corrente di pensiero nella solidarietà, nella<br />
tolleranza, nella comprensione, nella fratellanza, ma soprattutto nell'Amore.<br />
Il rito è compiuto.<br />
Ma l'opera non è finita, perché il Tempio «sempre in costruzione» non è mai ultimato.<br />
Usciamo dalle colonne, in marcia, in senso antiorario, per l'abbattimento del cerchio magico costruito<br />
all'ingresso e per il reinserimento nel mondo profano.<br />
Fuori ci attende la bufera.<br />
Fratelli, lasciamoci in pace.<br />
Irradiamo nel mondo esterno il nostro Amore «accumulato» durante i lavori.<br />
<strong>La</strong> Edificazione del Tempio continua...