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<strong>Specchi</strong> <strong>neri</strong> è il pannello conclusivo di<br />
Nobodaddy’s Kinder (1963), trittico che lo<br />
racchiude insieme a Brand’s Haide (1951)<br />
e Dalla vita di un fauno (1953). La storia<br />
costituisce un raro esempio di incursione<br />
europea nella fantascienza, anticipandone<br />
il filone americano del dopoguerra<br />
atomico. E si potrebbero trovare molti parallelismi<br />
tra queste narrazioni e le tante<br />
di sopravvissuti alla “fine del mondo” di<br />
cui è prodiga la letteratura alta e bassa degli<br />
ultimi anni. Dopo il secondo conflitto<br />
mondiale la parola d’ordine era speranza,<br />
ricostruzione; ma vi fu chi, cosciente della<br />
vastità del disastro, non si illuse sull’attitudine<br />
dell’uomo di essere nemico all’uomo<br />
e al mondo, e tra questi irriducibili<br />
misantropi Schmidt osò distaccarsi, anche<br />
nella vita, dalla società e dalle sue pompe<br />
– tanto più da quelle della società letteraria<br />
– scegliendo una distanza da anacoreta.<br />
Ritroviamo in <strong>Specchi</strong> <strong>neri</strong> il reduce che<br />
registra le sue peregrinazioni, fra i pochi<br />
uomini che la sorte ha assistito, come da<br />
una macabra zattera della Medusa: colto<br />
loico razionale, ateo e spregiudicato, si aggira<br />
in luoghi che fanno parte della privata<br />
geografia dell’autore, e ragiona a freddo<br />
sul passato e sul presente. Il protagonista<br />
percorre un itinerario orientato dagli<br />
incerti della sopravvivenza e dalla ricerca<br />
più o meno consapevole di altri superstiti,<br />
finché nella seconda parte del romanzo,<br />
che raggiunge un ipotetico 1962 – anno<br />
in cui davvero si avrà la crisi atomica –<br />
non incontra la Donna: l’ultima Eva.