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Dispensa Crispi e Giolitti PDF - Istitutocardarelli.it

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SOMMARIO<br />

II 18 febbraio 1861 si riunì a Torino il primo Parlamento<br />

nazionale: un mese dopo esso conferì,<br />

all’unanim<strong>it</strong>à, il t<strong>it</strong>olo di re d’Italia “per volontà<br />

di Dio e della nazione” a V<strong>it</strong>torio Ema-nuele II.<br />

Si trattava di un Parlamento eletto dall’1,9% dei<br />

c<strong>it</strong>tadini.<br />

1) I governi della Destra storica<br />

Dal 1861 al 1876 il governo fu nelle mani di<br />

esponenti della cosiddetta “Destra storica”: rappresentanti<br />

dell’alta borghesia agraria e finanziaria<br />

e dell’aristocrazia imborghes<strong>it</strong>a. In gran<br />

parte si trattava di piemontesi, lombardi, toscani,<br />

emiliani.<br />

La pol<strong>it</strong>ica della Destra si articolò sui seguenti<br />

obiettivi:<br />

• completamento dell’un<strong>it</strong>à nazionale (Veneto<br />

e Lazio);<br />

• amministrazione centralizzata (con prefetti e<br />

sindaci dì nomina regia);<br />

• unificazione legislativa del paese, attraverso<br />

l’estensione delle leggi sabaude a tutta l’Italia;<br />

• creazione di infrastrutture (ferrovie e strade),<br />

pol<strong>it</strong>ica commerciale liberista;<br />

• pol<strong>it</strong>ica fiscale diretta a ridurre il defic<strong>it</strong> del<br />

bilancio statale.<br />

Il completamento dell’un<strong>it</strong>à nazionale avvenne<br />

in due fasi:<br />

a) nel 1866. alleandosi con la Prussia in guerra<br />

con l’Austria, lo stato <strong>it</strong>aliano ottenne il Veneto<br />

(malgrado le sconf<strong>it</strong>te mil<strong>it</strong>ari sub<strong>it</strong>e).<br />

b) Nel 1870, dopo il fallimento di due tentativi<br />

garibaldini, vennero occupati il Lazio e Roma.<br />

Roma divenne la nuova cap<strong>it</strong>ale. La questione<br />

romana era risolta: ma non per il papato, che<br />

considerò la perd<strong>it</strong>a dello Stato della Chiesa un<br />

vero e proprio “scippo” da parte dello stato <strong>it</strong>aliano.<br />

La “Legge delle guarentigie” (garanzie)<br />

varata dal governo <strong>it</strong>aliano non venne riconosciuta<br />

dalla Chiesa, che inv<strong>it</strong>ò i cattolici a disertare<br />

le elezioni pol<strong>it</strong>iche (“non exped<strong>it</strong>” del<br />

papa Pio IX).<br />

Per la riduzione del defic<strong>it</strong> del bilancio statale<br />

(dovuto alle spese di guerra, al fatto che il nuovo<br />

stato si era accollato i defic<strong>it</strong> degli stati preuni-tari,<br />

alle spese per infrastrutture), la scelta<br />

fu di premere, in particolare, sui consumi popolari,<br />

mediante la tassa sul macinato che negli<br />

anni Settanta-Ottanta arrivò a coprire circa un<br />

terzo del defic<strong>it</strong>. Così, furono le classi popolari<br />

a pagare il prezzo più alto del risanamento finanziario,<br />

sia in termini economici, sia in v<strong>it</strong>e<br />

umane (257 i morti durante le rivolte contro la<br />

“tassa sulla miseria”).<br />

Un altro ‘’fronte” che si aprì per il governo fu<br />

quello meridionale: il cosiddetto brigantaggio<br />

(1861-1865) fu la spia del profondo malessere<br />

del Sud, penalizzato dalla pol<strong>it</strong>ica “coloniale”<br />

del governo.<br />

La pol<strong>it</strong>ica liberista, la mancata soluzione del<br />

problema agrario, la dissoluzione dell’eserc<strong>it</strong>o<br />

borbonico, la leva mil<strong>it</strong>are che strappava migliaia<br />

di giovani al lavoro dei campi furono le<br />

cause di una guerra che lo stato <strong>it</strong>aliano condusse<br />

nel Sud impiegando 120 000 soldati (più<br />

le forze di poh-zia) e che portò all’uccisione di<br />

5200 “briganti”.<br />

2) I governi della Sinistra storica<br />

Tra il 1861 ed il 1896 si succedettero ben 33 governi.<br />

Nel 1876, su un progetto di nazionalizzazione<br />

delle ferrovie cadde l’ultimo governo della<br />

Destra. L’esecutivo venne assunto da Agostino<br />

Depretis, che aggregò alla Sinistra presente nel<br />

Parlamento subalpino il gruppo di provenienza<br />

democratica e mazziniana, al quale si unirono<br />

altri esponenti, soprattutto di origine meridionale.<br />

Con i governi della Sinistra crebbe il numero<br />

di esponenti pol<strong>it</strong>ici e di funzionar! dell’amministrazione<br />

statale di origine meridionale. La<br />

base sociale dello stato si allargò, in segu<strong>it</strong>o alla<br />

riforma elettorale del 1882, che portò i votanti<br />

da 600 000 a 2 milioni. Tra le altre riforme, la<br />

legge sull’istruzione (legge Coppino del 1877) e<br />

l’abolizione della tassa sul macinato (1884). La<br />

pol<strong>it</strong>ica riformatrice della Sinistra si fermò qui,<br />

anche perché la precedente contrapposizione<br />

Destra-Sinistra andò sempre più stemperandosi<br />

in una gestione “trasformistica” del Parlamento<br />

e delle maggioranze.


Sul piano economico venne abbandonato il liberismo<br />

dei governi di Destra e si introdusse un<br />

massiccio protezionismo: nel 1887 vennero varate<br />

tariffe doganali dirette a proteggere l’industria siderurgica,<br />

quella del cotone e la grande proprietà<br />

terriera del Sud. Si creò così una saldatura di interessi<br />

tra l’industria del Nord e i grandi latifondisti<br />

del Sud (quello che venne chiamato ‘’blocco agrario-industriale”).<br />

A farne le spese furono i settori<br />

più avanzati dell’agricoltura meridionale (vino,<br />

olio, agrumi...) che verranno inoltre danneggiati<br />

dalla guerra doganale con la Francia (1887-892).<br />

L’emigrazione divenne la classica valvola di sfogo,<br />

soprattutto per i proletari del Sud. Alla tradizionale<br />

emigrazione “pendolare” (stagionale) si aggiunse<br />

una emigrazione defin<strong>it</strong>iva (senza r<strong>it</strong>orno), in particolare<br />

verso le Americhe. La pol<strong>it</strong>ica del governo<br />

Crispì (ex mazziniano), una prima volta dal<br />

1887 al 1891, una seconda dal 1893 al 1896, coniugò<br />

due aspetti: una riforma amministrativa che<br />

introdusse l’elezione dei sindaci e l’allargamento<br />

del voto alle elezioni comunali e provinciali, oltre<br />

al nuovo codice penale, ed una dura repressione<br />

delle lotte popolari, culminata con l’intervento<br />

dell’eserc<strong>it</strong>o contro Ì Fasci siciliani nel 1894 e la<br />

messa fuori legge del Part<strong>it</strong>o socialista. L’ambizione<br />

di fare dell’Italia una grande potenza (sul<br />

modello della Germania, alla cui pol<strong>it</strong>ica <strong>Crispi</strong><br />

si ispirava) portò alla prima avventura coloniale,<br />

fin<strong>it</strong>a tragicamente con la sconf<strong>it</strong>ta di Adua (nel<br />

1896), che provocò la caduta di <strong>Crispi</strong>.<br />

Negli anni Ottanta e Novanta, la cresc<strong>it</strong>a del movimento<br />

operaio portò alla nasc<strong>it</strong>a, in Italia, del<br />

primo Part<strong>it</strong>o socialista, di ispirazione marxista:<br />

il psi, nato al Congresso di Genova nel 1892. È<br />

il primo part<strong>it</strong>o di massa, che raccoglie gli organismi<br />

operai del centro-nord e le associazioni dei<br />

braccianti e salariati agricoli della bassa padana,<br />

frutto della diffusa rete dì cooperative, Leghe di<br />

resistenza, sindacati (nel 1891 era nata a Milano<br />

la prima Camera del lavoro). Un part<strong>it</strong>o che si<br />

origina dalla spaccatura tra socialisti ed anarchici,<br />

la prima di una lunga serie di scissioni della<br />

sinistra.<br />

La crisi di fine secolo, dopo il massacro operato<br />

dalle truppe del generale Bava-Beccaris a Milano<br />

(1898), il tentativo di imporre leggi eccezionali<br />

con Pelloux (1899) e l’uccisione di Umberto I<br />

(1900), aprì la strada ad una nuova “fase pol<strong>it</strong>ica”,<br />

quella dei governi gioliltiani.<br />

3) L’età giolìttiana<br />

Nel 1903 si formò O secondo governo Giol<strong>it</strong>i!<br />

(il primo, nel 1892-93, era caduto per Io scandalo<br />

della Banca romana). Decollo industriale dell’Italia e<br />

nuovi rapporti con il movimento dei lavoratori sono le due<br />

principali “note caratteristiche” dei governi guidati dallo<br />

statista piemontese. Gli anni tra il 1896 ed il 1908 (in<br />

concom<strong>it</strong>anza con una favorevole congiuntura economica<br />

internazionale) furono un periodo di intenso sviluppo economico:<br />

• aumento del redd<strong>it</strong>o prò cap<strong>it</strong>e del 30%;<br />

• tasso annuo di aumento della produzione industriale del<br />

6,7% (il più a<strong>it</strong>o tra i paesi europei).<br />

Forte incremento della produzione di energia elettrica (il<br />

“carbone bianco” di un paese povero dì idro-coke); nasc<strong>it</strong>a<br />

della grande siderurgia (Bagnoli, Piombino, Savona);<br />

formazione di Banche miste (sul modello tedesco: Banca<br />

Commerciale e Cred<strong>it</strong>o Italiano); nuove industrie, elettromeccaniche<br />

ed automobilistiche: nel 1905 nascono 70<br />

imprese automobilistiche, oltre alla FIAT. La pol<strong>it</strong>ica di<br />

Giolhti adottò “due pesi e due misure”: favori e sostegni<br />

alle imprese industriali e mano tesa ai sindacati ed al PSI,<br />

da una parte; sostegno ai grandi agrari e pol<strong>it</strong>ica clientelare<br />

al Sud, dall’altra.<br />

a) <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> continuò la pol<strong>it</strong>ica protezionistica a favore<br />

delle imprese (siderurgiche, cotoniere e zuccheriere), rna<br />

anche a favore dei latifondisti del Sud. mantenendo il dazio<br />

sul grano.<br />

b) Ci fu un’apertura nei confronti del movimento sindacale<br />

e del Part<strong>it</strong>o socialista, che per alcuni anni in Parlamento<br />

appoggiò Gioi<strong>it</strong>ti. Cambiò l’atteggiamento del governo<br />

nei confronti dei confl<strong>it</strong>ti e delle rivendicazioni sindacali.<br />

«Il moto ascendente delle classi popolari si accelera ogni<br />

giorno dì più... perché è comune a tutti i paesi civili e perché<br />

è poggiato sul principio della eguaglianza tra gli uomini»<br />

(Discorso di <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> alla Camera nel 1901). Una pol<strong>it</strong>ica<br />

di caute riforme sociali (nel campo della legislazione<br />

del lavoro), favorevole ad aumenti salariali, nacque dalla<br />

convinzione che l’industria poteva svilupparsi solo in presenza<br />

di una cresc<strong>it</strong>a del mercato interno, cioè de! redd<strong>it</strong>o,<br />

della domanda. e) Una pol<strong>it</strong>ica diversa, invece, al Sud: qui<br />

l’uso spregiudicato dei prefetti, i brogli elettorali, l’appoggio<br />

alle clientele gli valsero l’appellativo di “ministro della<br />

malav<strong>it</strong>a” da parte del giornalista meridionale Gaetano<br />

Salvemini. La guerra di Libia, poi, fatta per accontentare<br />

alcuni gruppi industriali, i settori mil<strong>it</strong>ari, esponenti<br />

della corte e gruppi nazionalisti, segnò la rottura con<br />

Ì socialisti riformisti. Dopo la riforma elettorale del 1912<br />

(che introdusse, di fatto, il suffragio universale maschile)<br />

<strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> puntò a sost<strong>it</strong>uire l’appoggio dei socialisti con<br />

quello dei cattolici: questi, con il patto Gentilonì, tornarono<br />

alla v<strong>it</strong>a pol<strong>it</strong>ica appoggiando i candidati gio-l<strong>it</strong>tiani<br />

alle elezioni, in cambio di formali impegni contro l’introduzione<br />

del divorzio ed a favore delle scuole cattoliche.


Il governo della Destra<br />

Gli orientamenti pol<strong>it</strong>ici e parlamentari<br />

Prima di analizzare la storia del Regno d’Italia nei<br />

decenni compresi tra la realizzazione dell’un<strong>it</strong>à nazionale<br />

e l’esplosione della prima guerra mondiale,<br />

è indispensabile fare alcune precisazioni a propos<strong>it</strong>o<br />

della s<strong>it</strong>uazione pol<strong>it</strong>ica che caratterizzò il paese in<br />

quel cinquantennio.<br />

Per mer<strong>it</strong>o di Cavour, il Regno d’Italia era uno stato<br />

liberale; il potere legislativo era, dunque, nelle mani<br />

di un Parlamento bicamerale, articolato in un Senato<br />

(di nomina regia) e in una Camera dei deputati. È importante<br />

ricordare che il Senato, però, non ebbe mai<br />

grande importanza nella v<strong>it</strong>a pol<strong>it</strong>ica <strong>it</strong>aliana degli<br />

anni compresi tra il 1861 e il 1914: di fatto, esso ratificava<br />

quanto deliberato dalla Camera, che va considerata<br />

il vero organo dal quale venivano prese tutte<br />

le decisioni più importanti. Tale assemblea era eletta<br />

a suffragio cens<strong>it</strong>ario: il Regno d’Italia, dunque, pur<br />

essendo uno stato liberale, non era affatto una democrazia,<br />

dal momento che la maggior parte dei c<strong>it</strong>tadini<br />

non poteva partecipare alla v<strong>it</strong>a dello stato stesso.<br />

Cavour e i suoi successori consideravano il popolo<br />

ignorante, facilmente strumentalizzabile dai neri e dai<br />

rossi, cioè dal clero e dai sovversivi che, con la rivoluzione,<br />

avrebbero voluto distruggere l’ordine sociale<br />

basato sul principio della proprietà.<br />

Il potere, in pratica, era eserc<strong>it</strong>ato da una minoranza<br />

estremamente ristretta: nel 1870, il corpo elettorale<br />

comprendeva meno del 2% della popolazione complessiva<br />

del paese; se poi si considera che molti cattolici,<br />

per protesta nei confronti dell’abolizione del potere<br />

temporale del papa, si astennero dalle votazioni<br />

fino al 1913, si abbassa ulteriormente la percentuale di<br />

quanti, intorno al 1870, partecipavano effettivamente<br />

all’elezione dei deputati. Per indicare la scarsa rappresentativ<strong>it</strong>à<br />

dell’assemblea parla mer<strong>it</strong>are, si indicava<br />

spesso quest’ultima (e il piccolo nucleo di elettori che<br />

essa rappresentava) mediante la formula il paese legale,<br />

cui era contrapposto, invece, il paese reale, che<br />

con il primo, effettivamente, aveva ben pochi agganci<br />

e pochi legami.<br />

Occorre infine ricordare che, sia nel paese sia nel Parlamento,<br />

non esistevano dei veri e propri part<strong>it</strong>i come<br />

quelli moderni; ogni deputato era il rappresentante di<br />

determinati e precisi interessi locali, che i suoi elettori<br />

gli chiedevano di tutelare e difendere in sede parlamentare.<br />

I governi, responsabili di fronte alla Camera,<br />

spesso barattavano il voto di fiducia dei singoli deputati<br />

con favori e promesse di intervento su questioni<br />

che stavano a cuore ad un particolare indivìduo o al<br />

suo collegio elettorale.<br />

Malgrado questa innegabile fluid<strong>it</strong>à della v<strong>it</strong>a parlamentare,<br />

si erano comunque delineati due schieramenti<br />

dì fondo, che vennero chiamati Destra e Sinistra; in<br />

genere, per distinguere la prima dal fascismo e la seconda<br />

dall’orientamento socialista, si usa aggiungere<br />

alle due espressioni l’aggettivo storica, che permette<br />

di capire che siamo pur sempre di fronte a due correnti<br />

del liberalismo tradizionale, e non a realtà ideologìche<br />

affini ai grandi movimenti tipici del xx secolo. Del resto,<br />

si può senza dubbio affermare che le differenze<br />

tra la Destra e la Sinistra storiche si affievolirono con<br />

il passare degli anni: quando, nel 1876, dopo quindici<br />

anni di governo di Destra, il potere cominciò ad essere<br />

eserc<strong>it</strong>ato dalla Sinistra, non vi fu una vera cesura, una<br />

frattura clamorosa e rivoluzionaria con il passato, ma<br />

solo una correzione di rotta, più o meno consistente a<br />

seconda degli amb<strong>it</strong>i e dei campi in cui avvenne l’intervento.<br />

Intanto, in quei medesimi anni, scomparvero i protagonisti<br />

del Risorgimento: Cavour (1861), Mazzini<br />

(1872), V<strong>it</strong>torio Emanuele II e Pio IX (1878), Garibaldi<br />

(1882).<br />

La s<strong>it</strong>uazione economica dei nuovo<br />

stato<br />

I problemi più gravi che i governi della Destra dovettero<br />

affrontare furono di tipo economico e sociale; il<br />

nuovo stato un<strong>it</strong>ario, infatti, era sull’orlo della bancarotta,<br />

a causa dell’enorme defic<strong>it</strong> che caratterizzava le<br />

finanze pubbliche: nel 1862 le entrate dello stato (che<br />

ammontavano a 450 milioni di lire) erano meno della<br />

metà delle usc<strong>it</strong>e.<br />

II pareggio del bilancio divenne l’obiettivo prior<strong>it</strong>ario<br />

dei governi della Destra e fu persegu<strong>it</strong>o con particolare<br />

tenacia da Quintino Sella, che tenne per diversi anni<br />

le redini del Ministero delle Finanze. La s<strong>it</strong>uazione era<br />

notevolmente complicata dal fatto che, per circa dieci<br />

anni, l’Italia non potè ridurre in modo significativo<br />

le spese mil<strong>it</strong>ari, ed anzi si trovò in guerra aperta nel<br />

186ó (contro l’Austria, per l’annessione del Veneto) e<br />

nel 1870 (contro lo Stato Pontificio, per l’annessione<br />

di Roma).<br />

Per coprire il disavanzo di bilancio, i governi furono<br />

costretti a ricorrere a prest<strong>it</strong>i all’estero; ma, nel 1866,<br />

in occasione della guerra contro l’Austria, molti cred<strong>it</strong>ori<br />

chiesero un immediato rimborso, nel timore che<br />

l’Italia non sarebbe più stata in grado di rendere loro<br />

i cap<strong>it</strong>ali ricevuti, né di sostenere gli interessi che si<br />

accumulavano di anno in anno, tanto che, nel perio-


do 1866-1870, essi comprendevano il 31% dell’intera<br />

spesa pubblica <strong>it</strong>aliana. Il 1866 fu in assoluto il più<br />

negativo dei primi quindici e difficili anni dell’Italia<br />

un<strong>it</strong>a: dopo aver sub<strong>it</strong>o le sconf<strong>it</strong>te di Custoza e Lissa,<br />

il governo fu costretto ad ist<strong>it</strong>uire il cosiddetto corso<br />

forzoso, cioè ad emettere carta moneta svalutata, non<br />

convertibile in oro.<br />

Per far fronte al disastro finanziario, i governi della<br />

Destra procedettero allora a massicce vend<strong>it</strong>e di proprietà<br />

demaniali e alla confisca (e all’immediata vend<strong>it</strong>a)<br />

dei beni ecclesiastici. La maggior parte del denaro,<br />

però, non venne da queste operazioni di vend<strong>it</strong>a,<br />

che permisero a numerosi speculatori di acquistare<br />

estese porzioni di terra a prezzi estremamente vantaggiosi;<br />

il peso del risanamento finanziario dello stato,<br />

in ultima analisi, fu scaricato sui c<strong>it</strong>tadini, mediante il<br />

sistematico ricorso alle imposte indirette sui beni di<br />

largo consumo (come gli alcolici, il sale e il tabacco).<br />

Nel dicembre 1868 venne introdotta la più odiosa di<br />

tali imposte, la cosiddetta tassa sul macinato, che<br />

veniva riscossa dai mugnai, quando i contadini portavano<br />

il proprio grano al mulino, ed era versata in<br />

proporzione alla quant<strong>it</strong>à di cereali trasformata in farina.<br />

La gente fece ricorso agli ep<strong>it</strong>eti più infamanti<br />

per definire quella tassa, che venne chiamata imposta<br />

sulla fame e imposta sulla miseria, visto che il pane<br />

era ancora il principale (per non dire unico) alimento<br />

della maggioranza della popolazione. Nei primi mesi<br />

del 1869, la | pianura Padana, soprattutto, fu teatro di<br />

numerosi tumulti diretti contro I l’odiata tassa sul macinato:<br />

in tutta l’Italia, si ebbero 257 morti, 1099 fer<strong>it</strong>i<br />

e 3788 arresti.<br />

Il fenomeno del brigantaggio nell’Italia<br />

meridionale<br />

I disordini contro la tassa sul macinato, nella maggior<br />

parte dei casi, ebbero origine spontanea e furono pure<br />

e semplici esplosioni della collera popolare. Solo in alcuni<br />

casi è documentato il tentativo di qualche gruppo<br />

di democratici e di repubblicani di trasformare il moto<br />

in una rivoluzione diretta contro la monarchia; in altri<br />

contesti, invece, apparvero manifesti che inneggiavano<br />

al papa o addir<strong>it</strong>tura al governo austriaco.<br />

II legame della protesta sociale con i vecchi governi<br />

deposti o con altri avversari del nuovo Regno d’Italia<br />

è ancora più evidente nel Sud, dove la lotta armata<br />

contro lo stato un<strong>it</strong>ario non fu la semplice fiammata<br />

di una stagione, ma durò per circa dieci anni. Occorre<br />

tener presente, per collocare nella giusta luce i fatti,<br />

che i governi della Destra estesero sub<strong>it</strong>o e senza modificazioni,<br />

al resto del paese, la legislazione vigente<br />

nel Regno di Sardegna. A segu<strong>it</strong>o di questa piemontesizzazione,<br />

in un primo tempo erano stati inviati al<br />

Sud moltissimi funzionari originari del Nord, con il<br />

risultato che le popolazioni meridionali non ebbero<br />

affatto l’impressione che si fosse verificato un processo<br />

di unificazione nazionale, ma piuttosto si sentirono<br />

v<strong>it</strong>time di una pura e semplice invasione straniera.<br />

Oltre tutto, dobbiamo ricordare che, tra le nuove leggi<br />

piemontesi esportate al Sud vi erano anche quelle sul<br />

libero scambio e sulla coscrizione obbligatoria, fino<br />

ad allora sconosciuta in Sicilia. L’adozione del liberismo<br />

economico permise l’ingresso nel paese, senza<br />

nessun ostacolo, dei manufatti br<strong>it</strong>annici a basso costo;<br />

nel Sud ciò provocò la rovina di moltissimi artigiani<br />

e la chiusura di tutti gli impianti industriali che<br />

il governo borbonico aveva tentato di attivare. Quanto<br />

alla coscrizione, è stato stimato che, solo in Sicilia,<br />

siano stati 25 000 i giovani che si diedero alla macchia<br />

negli anni immediatamente seguenti il 1861, per<br />

ev<strong>it</strong>are l’odiato servizio mil<strong>it</strong>are obbligatorio.<br />

La protesta contro il governo straniero e contro la<br />

povertà si incanalò ben presto nella direzione della<br />

rivolta armata, che le autor<strong>it</strong>à cercarono di squalificare<br />

facendo sistematico uso del termine brigantaggio.<br />

In pratica, si cercò di presentare come un fenomeno<br />

di criminal<strong>it</strong>à comune quella che, invece, agli occhi<br />

dello storico appare una vera e propria guerra civile<br />

con importanti risvolti di tipo pol<strong>it</strong>ico e sociale. Molte<br />

bande di briganti, infatti, erano appoggiate e finanziate<br />

dal governo borbonico, in esilio a Roma (almeno<br />

fino al 1870); inoltre, per capire le dimensioni del<br />

fenomeno, si tenga presente che lo stato <strong>it</strong>aliano fu<br />

costretto a impiegare nel Sud circa 120 000 soldati<br />

e i propri migliori generali. Secondo i dati ufficiali<br />

forn<strong>it</strong>i nel 1863, dopo circa un anno e mezzo di<br />

guerra, 1038 uomini erano stati trovati in possesso<br />

di armi e fucilati sommariamente, 2413 erano stati<br />

uccisi in combattimento e 2768 erano stati presi<br />

prigionieri. Anche se, per gli anni seguenti, è difficile<br />

fornire delle cifre precise, tutti gli storici concordano<br />

nell’affermare che la lotta al brigantaggio<br />

provocò più v<strong>it</strong>time di tutte le guerre del Risorgimento<br />

prese insieme.


L’Italia nel 1861<br />

Popolazione<br />

Gli ab<strong>it</strong>anti erano 21 777 000 e diventeranno 26 milioni<br />

dopo l’annessione del Veneto e del Lazio.<br />

Alfabetizzazione e scolarizzazione<br />

-II 78% della popolazione era analfabeta (media del<br />

54% in Piemonte, Lombardia, Liguria; del 90% nel<br />

Sud, nelle isole, nello Stato Pontificio).<br />

— Le persone che parlavano la lingua <strong>it</strong>aliana (<strong>it</strong>alofoni)<br />

erano 600 000.<br />

- Gli alunni che frequentavano le scuole superiori erano<br />

27 000 (nel 1864), il 9 per mille dei ragazzi tra gli<br />

11 ed i 18 anni.<br />

-Gli iscr<strong>it</strong>ti all’Univers<strong>it</strong>à erano 6500 (nel 1861).<br />

Agricoltura<br />

-Gli addetti erano il 70% della popolazione attiva<br />

(18% gli addetti all’industria, 12% ai servizi).<br />

- Il 22 % del paese era cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o di terre incolte o paludose;<br />

le montagne erano i 2/3 del terr<strong>it</strong>orio.<br />

- Le rese agricole erano la metà di quelle francesi ed<br />

1/3 di quelle inglesi. Ancora nel 1860 in Lombardia si<br />

poteva trovare l’aratro di legno e la batt<strong>it</strong>ura a mano<br />

del grano.<br />

Urbanizzazione<br />

L’Italia era il paese europeo più ricco di c<strong>it</strong>tà, che<br />

erano soprattutto centri pol<strong>it</strong>ico-amministrativi (infatti,<br />

fino al 1861, 6 c<strong>it</strong>tà erano cap<strong>it</strong>ali di stati, 3 sedi<br />

di organi amministrativi regionali, 80 capoluoghi di<br />

province, 300 sedi vescovili). Le c<strong>it</strong>tà <strong>it</strong>aliane erano,<br />

cioè, luogo di residenza delle classi dirigenti, e non<br />

centri produttivi.<br />

La c<strong>it</strong>tà più popolosa era Napoli, con 447 000 ab<strong>it</strong>anti.<br />

Industrie<br />

II settore cotoniero era presente, soprattutto, in Piemonte,<br />

Lombardia, Salerno; il settore laniero in Piemonte<br />

ed in Veneto. L’industria meccanica era presente<br />

a Genova, con l’Ansaldo, a Torino e a Napoli.<br />

Era invece debole il settore siderurgico, per la scars<strong>it</strong>à<br />

di carbon fossile (nei porti inglesi un quintale di<br />

carbone costava 0,90 lire, nei porti <strong>it</strong>aliani dalle 4 alle<br />

5,50 lire).<br />

Ferrovie<br />

- Nel 1861 esistevano 2100 chilometri di ferrovie (2/3<br />

dei quali in Piemonte e Lombardia).<br />

— La scars<strong>it</strong>à di cap<strong>it</strong>ali e la debolezza del sistema<br />

bancario (poco adatto a mobil<strong>it</strong>are il risparmio nazionale)<br />

favorirono l’afflusso di cap<strong>it</strong>ali stranieri: dopo<br />

il 1856, in Piemonte, alcuni cap<strong>it</strong>ali francesi vennero<br />

invest<strong>it</strong>i nelle costruzioni ferroviarie, mentre la manifattura<br />

cotoniera di Salerno era opera di industriali<br />

svizzeri.<br />

Distacco Nord-Sud<br />

II divario Nord-Sud era maggiore a livello agricolo.<br />

Nel Sud mancavano aziende agricole capi-talistiche,<br />

era scarsamente diffusa la coltura intensiva, gran parte<br />

delle terre erano coltivate a cereali. Il settore industriale<br />

era discretamente sviluppato (specialmente<br />

a Salerno e Napoli), protetto dalle alte barriere doganali.<br />

L’adozione delle tariffe doganali piemontesi<br />

(molto più basse), dopo il 1861, segnò il tracollo di<br />

queste industrie.


Il r<strong>it</strong>ardo dell’industrializzazione<br />

Oltre la mancanza di materie prime (carbone e ferro),<br />

in Italia mancava un mercato nazionale. Perché:<br />

a) nei vari stati pre-un<strong>it</strong>ari esistevano pesi, misure,<br />

monete diverse (dal ducato napoletano, all’oncia siciliana,<br />

allo scudo papale, alla lira piemontese). Questo<br />

era un ostacolo alla circolazione delle merci. Sarebbe<br />

come se oggi ogni regione avesse un codice della strada<br />

diverso;<br />

b] lungo il corso del Po esistevano decine di barriere<br />

doganali (pensiamo agli attuali pedaggi autostradali),<br />

che ostacolavano il trasporto merci ed incidevano sui<br />

costi;<br />

e) nel Regno di Napoli 1600 villaggi su 1800 non avevano<br />

alcuna strada di comunicazione: esistevano solo<br />

100 chilometri di ferrovia in tutto il Sud;<br />

d) la ferrovia che da Milano portava verso l’Italia centrale<br />

si fermava a Bologna.<br />

Il basso redd<strong>it</strong>o della popolazione, ovvero la scarsa<br />

capac<strong>it</strong>à di acquisto, cost<strong>it</strong>uiva un freno pesantissimo<br />

allo sviluppo industriale. Le condizioni ab<strong>it</strong>ative erano<br />

disastrose: a Roma, nei quartieri popolari si ammassavano<br />

fino a 10 persone per stanza; l’Inchiesta<br />

Jacini del 1884 rivelò che al Sud moltissime famiglie<br />

vivevano in grotte, capanne fatte di frasche, cantine.<br />

In Puglia i braccianti a giornata mangiavano pane<br />

nero d’orzo, prodotto 2-3 volte all’anno. I garibaldini,<br />

in Sicilia, si stupirono di trovare persone vest<strong>it</strong>e di<br />

pelli di capra.<br />

Per le famiglie contadine le spese per l’alimentazione<br />

assorbivano fino all’80% del redd<strong>it</strong>o: il che<br />

significa che restava poco da spendere per altre voci<br />

(vest<strong>it</strong>i, utensili, trasporti...). Nelle campagne era diffusa<br />

un’economia di autoconsumo: i contadini filavano<br />

e tessevano i loro ab<strong>it</strong>i di canapa.<br />

I cap<strong>it</strong>ali scarseggiavano e chi aveva denaro preferiva<br />

investirlo nell’acquisto di terre e di t<strong>it</strong>oli di<br />

stato.<br />

II sistema bancario era debole ed aveva scarsa influenza<br />

nel campo industriale. Mancavano le banche<br />

di cred<strong>it</strong>o ordinario, che si erano sviluppate in Francia<br />

e Germania a metà Ottocento. Questo spiega:<br />

a) l’afflusso di cap<strong>it</strong>ali stranieri in Italia. Quattro<br />

delle compagnie ferroviarie erano interamente finanziate<br />

dall’estero. La prima installazione del gas era<br />

frutto di iniziativa straniera; cap<strong>it</strong>ali inglesi erano invest<strong>it</strong>i<br />

nell’industria dello zolfo in Sicilia, così come<br />

buona parte dell’industria tessile e cantieristica era in<br />

mano a stranieri;<br />

b) la mancanza di tecnici. Al Sud proliferavano avvocati<br />

e medici perché “malattie e l<strong>it</strong>i non sarebbero<br />

mancate” (N<strong>it</strong>ti). Nel 1895 Napoli era la prima Univers<strong>it</strong>à<br />

<strong>it</strong>aliana, con 5370 iscr<strong>it</strong>ti, segu<strong>it</strong>a da Torino<br />

(2800) e Roma (2000).<br />

Un<strong>it</strong>à d’Italia o piemontizzazione<br />

Di fronte all’attual<strong>it</strong>à di temi come il decentramento<br />

e il federalismo, può essere utile riflettere sulle modal<strong>it</strong>à<br />

con cui si realizzò l’un<strong>it</strong>à nazionale.<br />

1. Anz<strong>it</strong>utto nel 1859-60 le regioni liberate vennero<br />

annesse al Piemonte: la Lombardia attraverso un<br />

trattato internazionale, le altre mediante plebisc<strong>it</strong>i,<br />

votazioni che in molti casi vennero gest<strong>it</strong>e dai prefetti,<br />

che si attivarono perché tutti andassero a votare<br />

(come in Toscana); il voto era pubblico, e non segreto,<br />

ed i risultati furono ovunque vicini al 99%.<br />

2. V<strong>it</strong>torio Emanuele II volle sottolineare la continu<strong>it</strong>à<br />

della dinastia sabauda e continuò a chiamarsi “II”;<br />

il Parlamento eletto nel 1861, nella dic<strong>it</strong>ura ufficiale,<br />

non venne chiamato prima legislatura, ma ottava.<br />

3. Lo Statuto albertino, concesso da Carlo Alberto ai<br />

sudd<strong>it</strong>i del Regno di Sardegna nel 1848, venne esteso<br />

al nuovo regno.<br />

4. Molte leggi piemontesi vennero applicate all’intero<br />

terr<strong>it</strong>orio nazionale: la legge di Pubblica sicurezza,<br />

i codici penale, civile e di procedura civile; la legge<br />

Casati che disciplinava la pubblica istruzione, elementare,<br />

superiore ed univers<strong>it</strong>aria; la legge relativa<br />

ai Comuni ed alle Province (legge Rattazzi). In particolare<br />

quest’ultima susc<strong>it</strong>ò opposizioni in Toscana ed<br />

in Lombardia, regioni nelle quali esistevano tradizioni<br />

di maggiore autonomia degli Enti locali. La legge


Rattazzi prevedeva che il sindaco fosse di nomina<br />

regia e che le province fossero le circoscrizioni amministrative<br />

più importanti, controllate dai Prefetti,<br />

emanazione<br />

periferica del governo. L’amministrazione, cioè,<br />

risultò fortemente accentrata. Eppure erano state<br />

avanzate altre proposte, favorevoli ad un maggiore<br />

decentramento amministrativo, in particolare la<br />

proposta di Marco Minghetti che prevedeva il suffragio<br />

universale maschile per le elezioni comunali e<br />

provinciali, la creazione di sei Regioni, l’elezione dei<br />

sindaci da parte dei Consigli comunali. Ma questa<br />

proposta fu bocciata.<br />

5. La leva obbligatoria: in Sicilia, sotto i Borbo-ni, il<br />

servizio mil<strong>it</strong>are era volontario.<br />

Alla leva del gennaio 1861 su 72 000 coscr<strong>it</strong>ti previsti<br />

se ne presentarono soltanto 20000. La diserzione,<br />

in molte regioni meridionali, alimentò il fenomeno<br />

del brigantaggio.<br />

6. Si scelse la soluzione di uno stato un<strong>it</strong>ario, anziché<br />

quella di uno stato federale. Eppure in Italia erano<br />

numerose le proposte di tipo federale: da quella del<br />

democratico Cattaneo, a quella del cattolico-liberale<br />

Gioberti, allo stesso progetto elaborato a Plombières<br />

da Cavour e Napoleone III.<br />

7. La proposta di convocare un’Assemblea Cost<strong>it</strong>uente<br />

(maturata nel 1848 e poi riproposta da Mazzini)<br />

non venne accolta. Per decidere se gli <strong>it</strong>aliani<br />

preferivano la Repubblica o la Monarchia bisognerà<br />

aspettare fino al 1946.<br />

8. La pol<strong>it</strong>ica economica liberista, persegu<strong>it</strong>a da<br />

Cavour, diretta a ridurre le barriere doganali, venne<br />

estesa a tutta l’Italia: con il risultato che le industrie<br />

meridionali (quelle cotoniere di Salerno e quelle<br />

meccaniche di Napoli, protette da alte barriere doganali)<br />

vennero fortemente danneggiate dalla concorrenza.<br />

Il trasformismo<br />

Nel 1876, venne finalmente raggiunto il pareggio del<br />

bilancio; per di più, lo stato era riusc<strong>it</strong>o a far in modo<br />

che il paese aumentasse notevolmente il chilometraggio<br />

delle proprie linee ferroviarie, che passarono dai<br />

2000 chilometri del 1861 ai 6208 del 1870. La Destra<br />

storica, pertanto, poteva vantarsi di aver completato<br />

l’un<strong>it</strong>à nazionale (annessione del Veneto e di Roma),<br />

di aver schiacciato il brigantaggio (ormai esaur<strong>it</strong>o,<br />

dopo il 1870) e di aver ev<strong>it</strong>ato il collasso finanziario. I<br />

prezzi di tali successi, tuttavia, erano stati elevatissimi,<br />

in termini sociali. Pertanto, nel 1876, la maggioranza<br />

dei parlamentari sentì il bisogno di un rinnovamento e<br />

accettò persine di allargare la base sociale dello stato.<br />

Nel marzo 1876, dopo la caduta del governo Minghetti,<br />

a presiedere il Consiglio dei Ministri venne<br />

chiamato Agostino Depretis (1813-1887), esponente<br />

della Sinistra moderata, che doveva discutere su una<br />

proposta di legge di nazionalizzazione nelle ferrovie.<br />

Uomo equilibrato e prudente, Depretis non volle assolutamente<br />

dare l’impressione che il suo governo cost<strong>it</strong>uisse<br />

una rivoluzione parlamentare, e quindi cercò<br />

costantemente anche l’appoggio dei deputati della Destra.<br />

La sua linea pol<strong>it</strong>ica, che per certi aspetti ricorda<br />

quella di Cavour nel momento in cui concluse il connubio,<br />

venne sprezzantemente defin<strong>it</strong>a trasformismo<br />

dai suoi cr<strong>it</strong>ici e dai suoi awersari. Depretis, tuttavia,<br />

aveva un suo preciso obiettivo, che non si stancò di<br />

perseguire: egli, prima di tutto, voleva rafforzare il sistema<br />

pol<strong>it</strong>ico <strong>it</strong>aliano, facendo appello a tutte le forze<br />

disponibili a sostenere lo stato liberale e monarchico,<br />

di fronte agli attacchi dei sovversivi repubblicani (e,<br />

più tardi, socialisti) e dei reazionari legati alla Chiesa,<br />

che continuava ad essere nettamente ostile allo stato<br />

un<strong>it</strong>ario usc<strong>it</strong>o dal Risorgimento.<br />

Depretis applicò appieno la sua pol<strong>it</strong>ica trasformista,<br />

finalizzata a costruire un vasto e forte raggruppamento<br />

moderato, dopo aver mantenuto la promessa di<br />

allargare l’elettorato. Nel 1882, infatti, mentre l’età<br />

necessaria per eserc<strong>it</strong>are il dir<strong>it</strong>to di voto venne abbassata<br />

da 25 a 21 anni, fu approvata una riforma in base<br />

alla quale potevano votare tutti coloro che fossero in<br />

possesso della licenza di terza elementare, che di fatto<br />

sost<strong>it</strong>uiva il censo come requis<strong>it</strong>o fondamentale per<br />

poter far parte del corpo elettorale. Quest’ultimo, prima<br />

della riforma del 1882, comprendeva circa 600000<br />

individui; dopo il provvedimento voluto da Depretis,<br />

invece, il numero degli elettori salì a oltre 2 milioni.<br />

Anche se in termini di percentuale siamo ancora<br />

molto lontani da un suffragio di massa (l’elettorato,<br />

infatti, non superava il 7% della popolazione totale),<br />

Depretis temeva che la riforma avrebbe rafforzato i<br />

repubblicani e altri gruppi radicali. Di qui la necess<strong>it</strong>à<br />

di costruire, tram<strong>it</strong>e il trasformismo, una maggioranza<br />

moderata, capace di garantire al paese stabil<strong>it</strong>à sociale<br />

e pol<strong>it</strong>ica.<br />

Agricoltura e industria negli anni<br />

Ottanta<br />

Gli undici anni dominati dalla figura di Depretis furono<br />

molto importanti per lo sviluppo successivo dell’Italia.<br />

Osserviamo in primo luogo che il governo


potè permettersi di abolire alcuni dei provvedimenti<br />

più drastici e impopolari che la Destra era stata costretta<br />

ad adottare nei momenti più cr<strong>it</strong>ici dei difficili<br />

anni Sessanta. Nel 1880 e nel 1883, ad esempio, vennero<br />

rispettivamente abrogati la tassa sul macinato e<br />

il corso forzoso della lira. Il Parlamento, inoltre, nel<br />

1877 incaricò il senatore Stefano Jacini di stendere<br />

un preciso rapporto sulla s<strong>it</strong>uazione delle campagne e<br />

dei contadini della Penisola. L’Inchiesta Jacini venne<br />

conclusa nel 1884 e in 15 volumi portò alla i luce le<br />

drammatiche condizioni di v<strong>it</strong>a della grande maggioranza<br />

del popolo <strong>it</strong>aliano. Al Sud, la piaga più terribile<br />

era la malaria, un<strong>it</strong>a alla denutrizione; i contadini<br />

del Nord, che per nutrirsi avevano spesso sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o il<br />

pane di frumento con la polenta di mais, erano invece<br />

affetti soprattutto dalla pellagra, una malattia dovuta<br />

alla carenza di v<strong>it</strong>amine: nel solo anno 1881 ne furono<br />

segnalati più di centomila casi.<br />

Al Sud, poi, regnava il latifondo, che era coltivato in<br />

modo estensivo da proprietari assenteisti che non facevano<br />

quasi nulla per potenziare la rend<strong>it</strong>a dei propri<br />

terreni. A partire dal 1880, tuttavia, i prof<strong>it</strong>ti di questi<br />

grandi proprietari vennero minacciati dall’arrivo del<br />

grano americano, che risultava meno costoso di quello<br />

europeo. Dal momento che in Italia vigeva ancora<br />

il regime di libero scambio introdotto da Cavour<br />

e confermato dalla Destra, le importazioni di grano<br />

aumentarono notevolmente: mentre negli anni 1871-<br />

1884 il frumento di origine straniera aveva tenuto una<br />

media di 300000 tonnellate, nel 1887 era stata toccata<br />

la punta del milione di tonnellate. I proprietari terrieri<br />

del Sud, dunque, cominciarono a premere sul governo<br />

perché adottasse una pol<strong>it</strong>ica economica di tipo protezionistico.<br />

Anche altri gruppi premevano in questa<br />

direzione, sia pure per motivi diversi; nel cosiddetto<br />

triangolo industriale che aveva i propri vertici in Torino,<br />

Milano e Genova, a partire dal 1880 si era in effetti<br />

sviluppato un nuovo tipo di economia, basata sulla<br />

meccanizzazione delle manifatture e sulla produzione<br />

siderurgica.<br />

Protezionismo ed emigrazione di<br />

massa<br />

Nel periodo 1871-1875, l’Italia importò meno di un<br />

milione di tonnellate di carbone all’anno; nell’epoca<br />

1881-1885, invece, la quota annuale passò a 2,4 milioni.<br />

Certamente, l’industria <strong>it</strong>aliana era ancora insignificante,<br />

se paragonata con quella inglese o con quella<br />

tedesca; tuttavia, già nel 1881, l’Italia era in grado di<br />

fabbricare da sé tutte le attrezzature ferroviarie, tranne<br />

le locomotive. I maggiori progressi vennero compiuti<br />

nell’industria tessile: le importazioni di cotone grezzo,<br />

infatti, triplicarono, mentre la maggior parte delle<br />

manifatture della seta vennero meccanizzate. Nel<br />

1884, il governo prese l’iniziativa di finanziare una<br />

grande acciaieria a Terni, al fine di fabbricare in proprio<br />

il materiale necessario alla costruzione delle navi<br />

da guerra: la produzione nazionale di acciaio, che nel<br />

1881 era stata inferiore alle 4000 tonnellate, raggiunse<br />

nel 1889 le 158000 tonnellate.<br />

Per tutelare il mercato interno dalla concorrenza straniera,<br />

nel 1887 venne abbandonato il libero scambio:<br />

sui manufatti esteri, in pratica, fu applicata una tariffa<br />

doganale che impediva loro di essere compet<strong>it</strong>ivi. A<br />

trarre i maggiori vantaggi da questa svolta protezionistica<br />

furono l’industria del cotone e quella siderurgica.<br />

I più danneggiati, invece, furono gli agricoltori<br />

che, nel Meridione, avevano avuto il coraggio di<br />

investire cap<strong>it</strong>ali nella produzione di agrumi, vino e<br />

olio; destinati all’esportazione, tali prodotti avevano<br />

trovato facile e conveniente collocazione sui mercati<br />

stranieri fino a quando l’Italia aveva tenuto una pol<strong>it</strong>ica<br />

economica liberista. Dopo l’adozione del protezionismo,<br />

finalizzato in ultima analisi a tutelare gli<br />

interessi dell’industria del Nord, un gran numero di<br />

agricoltori meridionali non riuscì più a collocare all’estero<br />

con vantaggio i propri prodotti e, in pratica,<br />

finì sul lastrico. Il protezionismo, inoltre, danneggiò il<br />

Sud in varie altre maniere. Gli <strong>it</strong>aliani residenti nelle<br />

regioni meridionali, infatti, si trovarono praticamente<br />

obbligati ad acquistare solo prodotti nazionali, fabbricati<br />

nelle industrie del Nord, che si servirono del<br />

Meridione come di una specie di mercato coloniale,<br />

ist<strong>it</strong>uendo una relazione di dipendenza simile a quella<br />

che, ad esemr. l’India aveva nei confronti della Gran<br />

Bretagna<br />

Ancora più grave, per certi aspetti, fu la decisione di<br />

estendere il protezionismo anche ai cereali; la nuova<br />

tariffa, che alzava il prezzo del grano straniero e<br />

non lo rendeva più concorrenziale, rispetto a quello<br />

nazionale, avvantaggiò soprattutto i produttori meridionali,<br />

che rappresentavano il ceto di gran lunga<br />

meno dinamico della società <strong>it</strong>aliana. In pratica, tra la<br />

componente più moderna (gli industriali del Nord) e<br />

quella più retriva (i grandi proprietà meridionali) dell’economia<br />

<strong>it</strong>aliana, si creò un. sorta di paradossale<br />

alleanza, che provocò una formidabile accentuazione<br />

del divario tra Nord e Sud del paese.<br />

tanti del Sud, invece, poteva coltivare solo piccoli<br />

appczzamenti capaci appena di garantire la sopravvivenza<br />

di una famiglia, oppure svolgere l’attiv<strong>it</strong>à di<br />

bracciante salariato, in completa balìa dei grandi proprietari<br />

terrieri.<br />

Intorno al 1890, pertanto, cominciò il grande esodo<br />

di emigranti meridionali verso l’America. Negli anni


Settanta, più di centomila <strong>it</strong>aliani erano andati a cercare<br />

lavoro all’estero; la maggior parte di loro, però,<br />

era part<strong>it</strong>a dal Veneto (che era una delle più povere<br />

regioni del Nord), si era diretta verso paesi europei<br />

ed aveva fatto r<strong>it</strong>orno entro breve tempo. Il flusso crescente<br />

di emigranti verso l’America, invece, era cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o<br />

in prevalenza da poveri braccianti meridionali.<br />

Nel quinquennio 1886-1990, la media annuale delle<br />

partenze si aggirava intorno alle 222 000 un<strong>it</strong>à; nei<br />

primi quattordici anni del Novecento, il fenomeno<br />

non solo non mutò di segno, ma addir<strong>it</strong>tura si aggravò<br />

ulteriormente, raggiungendo la propria punta massima<br />

nel 1913, anno che registrò ben 873 000 espatri.<br />

La nasc<strong>it</strong>a del Part<strong>it</strong>o socialista<br />

Dopo la morte di Depretis, nel luglio 1887 divenne<br />

presidente del Consiglio il siciliano Francesco <strong>Crispi</strong><br />

(1818-1901); rispetto al suo predecessore, <strong>Crispi</strong> si<br />

mostrò sub<strong>it</strong>o più animato da una maggiore intransigenza<br />

e dal desiderio di trasformare l’Italia in uno<br />

stato rispettato dalle grandi potenze. Pertanto, <strong>Crispi</strong><br />

decise di tenere per sé anche i Ministeri dell’Interno<br />

e degli Esteri, in modo da poter controllare personalmente<br />

tutti i principali aspetti della v<strong>it</strong>a pol<strong>it</strong>ica. Affascinato<br />

dall’esempio di Bismarck, <strong>Crispi</strong> cercò con<br />

ogni mezzo di rafforzare i poteri del governo, a scap<strong>it</strong>o<br />

del Parlamento, tenendo spesso un comportamento<br />

autor<strong>it</strong>ario che sfiorò la d<strong>it</strong>tatura vera e propria.<br />

In campo internazionale, <strong>Crispi</strong> rafforzò i legami mil<strong>it</strong>ari<br />

dell’Italia con la Germania e, di conseguenza,<br />

entrò in netto contrasto con la Francia; le relazioni tra<br />

Italia e Francia divennero talmente tese che si giunse<br />

ad una sorta di guerra economica tra i due paesi, combattuta<br />

con le armi dell’embargo e della tariffa doganale.<br />

Le esportazioni <strong>it</strong>aliane calarono di circa il 40%,<br />

con gravissime ripercussioni sia al Nord (esportatore<br />

di seta) che al Sud (esportatore di vino e di prodotti<br />

agricoli).<br />

In questo contesto, non meraviglia che siano emersi<br />

movimenti e part<strong>it</strong>i finalizzati a difendere gli interessi<br />

dei lavoratori. Nel 1892, in agosto, a Genova nacque il<br />

Part<strong>it</strong>o socialista, di ispirazione marxista, che ne. giro<br />

di alcuni anni riuscì a trovare adesione di massa sia fra<br />

gli operai della nascente industria sia fra i braccianti<br />

e i contadini (soprattutto al Nord). Nell’immediato, il<br />

PSI non aveva alcun obiettivo e: tipo rivoluzionario,<br />

ed anzi rifiutava esplic<strong>it</strong>amente il modello<br />

basato sulle cospirazioni segrete e i tentativi insurrezionali<br />

Per il momento, il part<strong>it</strong>o degli operai doveva<br />

concentrare tutte le proprie energie in lotte finalizzate<br />

solamente al raggiungimento d: miglioramenti della<br />

v<strong>it</strong>a dei lavoratori.<br />

Il Prologo dello Statuto del nuovo part<strong>it</strong>o, pertanto,<br />

affermava esplic<strong>it</strong>amente che esso voleva impegnarsi<br />

simultaneamente su. 1 fronte sindacale (assegnando<br />

alle Camere del Lavoro il comp<strong>it</strong>o ci<br />

I coordinare le azioni finalizzate a ottenere salari più<br />

elevati e condizioni d: lavoro più umane) e sul fronte<br />

pol<strong>it</strong>ico; in questo secondo campo, però, la meta più<br />

realistica individuata non era la conquista del potere,<br />

bensì L rafforzamento di una rappresentanza parlamentare<br />

che, per via legale, introducesse riforme e<br />

cambiamenti a livello sociale.<br />

L’instaurazione del socialismo sarebbe stata possibile<br />

solo quando la società, nel suo complesso, avesse già<br />

sub<strong>it</strong>o profonde trasformazioni: la rivoluzione, a quel<br />

punto, non sarebbe stata altro che il sigillo finale ad un<br />

mutamento di fatto già avvenuto, per via del tutto pacifica,<br />

nella lunga durata. Il principale leader socialista<br />

<strong>it</strong>aliano che teorizzò questa concezione gradualista fu<br />

Filippo Turati (1857-1932), che fu per diversi decenni<br />

il più prestigioso esponente del nuovo part<strong>it</strong>o. Fino al<br />

1914, la sua posizione cercò di mantenersi equidistante<br />

sia rispetto ai teorici dell’insurrezione improvvisa,<br />

del colpo risolutivo, dei sosten<strong>it</strong>ori dell’idea secondo<br />

cui solo la violenza era creatrice di storia, sia nei<br />

confronti del revisionismo di Bernstein, che in pratica<br />

privava le masse popolari del sogno messianico di<br />

un mondo completamente liberato dall’oppressione e<br />

dallo sfruttamento.<br />

II Movimento operaio in Italia dalla<br />

fondazione delle Società di mutuo<br />

soccorso alla nasc<strong>it</strong>a del Part<strong>it</strong>o socialista<br />

(1848 - 1892)<br />

1. 1848: l’associazione operaia non è più reato. Con la<br />

concessione dello Statuto albertino, nel Regno di Sardegna<br />

nacquero le prime associazioni dei lavoratori, le<br />

Società di mutuo (reciproco) soccorso. Erano associazioni<br />

volontarie, che avevano come scopo l’assistenza<br />

reciproca tra i lavoratori: gli associati versavano una<br />

quota di iscrizione e contributi periodici e ricevevano<br />

dalla società un sussidio in caso di disoccupazione,<br />

invalid<strong>it</strong>à, malattia. Ricordiamo che a quei tempi non<br />

esisteva alcuna forma di assistenza e di previdenza per<br />

i lavoratori (pensione e assistenza san<strong>it</strong>aria, in caso di<br />

malattia e infortuni). Nate sull’esempio delle società<br />

inglesi (friendly societes) e francesi (secours mutuels)<br />

di fine Settecento, esse si diffusero soprattutto in Piemonte,<br />

Liguria, Lombardia e Toscana. Dopo l’un<strong>it</strong>à<br />

nazionale il movimento si estese a tutto il paese. Nel<br />

1872 si contavano circa 1150 società (contro le 450<br />

del 1862). Al Congresso di Roma del 1871 gran parte<br />

delle società erano controllate dai mazziniani.


2. Nel 1870 esistevano in Italia 9000 imprese industriali<br />

con circa 400 000 dipendenti in totale: la<br />

maggioranza dei lavoratori era impiegata in imprese<br />

artigiane; persisteva, specie nel settore tessile, il<br />

lavoro a domicilio; forte era ancora la presenza di<br />

donne e bambini; il lavoro era spesso stagionale e<br />

legato all’attiv<strong>it</strong>à agricola. Non . esisteva ancora un<br />

vero e proprio proletariato di fabbrica. Le categorie<br />

più “sindacalizzate” erano i tipografi, i ferrovieri, gli<br />

addetti all’abbigliamento, gli operai della manifattura<br />

tabacchi<br />

e delle aziende del gas, gli scaricatori dei porti.<br />

Nel 1870 gli orari di lavoro erano in media di 12-<br />

14 ore giornaliere (16 d’estate); non esisteva alcuna<br />

tutela per il lavoro delle donne e dei bambini. Negli<br />

anni Settanta si formò un consistente nucleo di salariati<br />

agricoli, a segu<strong>it</strong>o dei lavori di bonifica nella<br />

bassa Padana: questi braccianti dettero v<strong>it</strong>a a grandi<br />

lotte (nel 1884-85) che presero il nome di la boje<br />

(cioè la pentola bolle e trabocca).<br />

3. Con la Prima Internazionale (1864) e la Comune<br />

di Parigi (1871) si diffuse in Italia il movimento<br />

anarchico, promosso da Michail Baku-nin, che soggiornò<br />

in Italia dal 1864 al 1867. Le sezioni <strong>it</strong>aliane<br />

dell’Internazionale erano 130 con circa 30000 aderenti<br />

nel 1874. Gli anarchici subentrarono ai mazziniani<br />

nel controllo del movimento sindacale. Il<br />

declino dell’influenza mazziniana fu causato dalla<br />

radicalizzazione dello scontro e dalla posizione fortemente<br />

cr<strong>it</strong>ica di Mazzini nei confronti della Comune<br />

di Parigi. Gli anarchici <strong>it</strong>aliani cercarono di<br />

provocare insurrezioni nel 1874 in Emilia e nel 1877<br />

presso Bene-vento (nel Matese). Entrambi i tentativi<br />

fallirono. Mentre perdeva terreno l’anarchismo,<br />

prendeva piede la tendenza socialista. Nel 1881 Andrea<br />

Costa, ex anarchico, fondò il Part<strong>it</strong>o socialista<br />

rivoluzionario diRomagna; nel 1882, in Lombardia,<br />

venne fondato il Part<strong>it</strong>o operaio.<br />

4. Nel 1889 nacque la Lega socialista milanese, su<br />

iniziativa di Filippo Turati e Anna Kuliscioff. Nel<br />

1891 fu fondata a Milano la prima Càmera del lavoro.<br />

Tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli<br />

anni Novanta si svilupparono Leghe di resistenza dei<br />

braccianti e cooperative nella bassa padana.<br />

Nel 1892 si svolse un Congresso da cui nacque il<br />

Part<strong>it</strong>o socialista. Al Congresso parteciparono 200<br />

delegati in rappresentanza di 324 associazioni; 80<br />

dei delegati erano anarchici. Dopo le prime discussioni<br />

in comune, si consumò la rottura tra anarchici<br />

e socialisti: questi ultimi dettero v<strong>it</strong>a al PLI (Part<strong>it</strong>o<br />

dei lavoratori <strong>it</strong>aliani), che l’anno dopo prenderà il<br />

nome di PSLI (Part<strong>it</strong>o socialista dei lavoratori <strong>it</strong>aliani)<br />

per diventare nel1895 PSI (Part<strong>it</strong>o socialista<br />

<strong>it</strong>aliano).<br />

la crisi di fine secolo<br />

Non appena furono note le dimensioni del disastro di<br />

Adua (la più pesante sconf<strong>it</strong>ta sub<strong>it</strong>a da un eserc<strong>it</strong>o coloniale<br />

in Africa) il governo <strong>Crispi</strong> dovette dimettersi<br />

immediatamente. Nel marzo 1896 tornò al potere la<br />

Destra e a capo del governo fu nominato Antonio di<br />

Rudinì (1839-1908) che, come <strong>Crispi</strong>, era convinto che<br />

l’Italia fosse minacciata da un duplice pericolo, proveniente<br />

dai cattolici (ostili al Risorgimento e allo stato<br />

un<strong>it</strong>ario, che aveva abol<strong>it</strong>o il potere temporale del papa)<br />

e dai socialisti. Pertanto, si continuò a r<strong>it</strong>enere che lo<br />

stato dovesse rispondere con la massima decisione ad<br />

ogni segno di sovversione rivoluzionaria, e che ogni<br />

rivendicazione popolare, di qualsiasi genere, dovesse<br />

essere spenta sul nascere con la forza.<br />

Questo principio ispiratore trovò la sua più coerente applicazione<br />

a Milano, nel maggio 1898; quando venne<br />

proclamato lo sciopero generale, per protestare contro<br />

l’aumento del prezzo del pane, le autor<strong>it</strong>à fecero intervenire<br />

l’eserc<strong>it</strong>o. Le truppe, comandate dal generale<br />

Bava-Beccaris. sciolsero con la violenza tutte le dimostrazioni<br />

e gli assembramenti popolari, mentre la c<strong>it</strong>tà<br />

si ricoprì di barricate come nel 1848. Tra il 7 e il 10<br />

maggio 1898, Milano fu teatro di un durissimo scontro<br />

che provocò 82 morti (80 civili e 2 poliziotti), 450 fer<strong>it</strong>i<br />

e migliaia di arresti. Turati (che pure aveva cercato<br />

di placare gli animi dei dimostranti) venne processato<br />

e condannato a dodici anni di carcere. Più di cento<br />

giornali (sia socialisti che cattolici) furono soppressi,<br />

mentre vennero sciolti in numero elevatissimo : gruppi<br />

parrocchiali, le associazioni diocesane, le Camere del<br />

Lavoro e le cooperative operaie. Oltre tutto il re Umberto<br />

I (che aveva sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o V<strong>it</strong>torio Emanuele II nel<br />

1878) si congratulò con Bava-Beccaris e gli conferì<br />

un’alta onorificenza.<br />

Il punto di massima tensione della cosiddetta crisi di<br />

fine secolo fu raggiunto negli anni 1899-1900, quando<br />

il successore di Antonio di Rudinì. generale Luigi Pelloux<br />

(1839-1924), in qual<strong>it</strong>à di Presidente del Consiglio,<br />

presentò alla Camera una serie di<br />

che<br />

proibivano lo sciopero<br />

degli operai addetti a un pubblico servizio, affidavano<br />

ai prefetti \:-. facoltà di sciogliere o di impedire<br />

le riunioni tenute all’aperto, lim<strong>it</strong>avano Li libertà<br />

di stampa e davano all’autor<strong>it</strong>à giudiziaria la possibil<strong>it</strong>à<br />

di sopprimere le associazioni r<strong>it</strong>enute pericolose<br />

per l’ordine e la sicurezza delle stato. Quando fu il<br />

momento di discutere tali proposte di legge in Parlamento,<br />

l’opposizione repubblicana e socialista ricorse<br />

&\Yostruzionis}f>>: ogni deputato che prendeva la parola,<br />

parlava per moltissime ore di segu<strong>it</strong>o, in modo da


<strong>it</strong>ardare il più possibile il momento della votazione.<br />

Per aggirare l’ostacolo dell’ostruzionismo, Pelloux<br />

tentò dapprima di promu.-gare le leggi repressive con<br />

un decreto reale e poi di modificare il regolamento dei<br />

lavori della Camera, ponendo rigidi lim<strong>it</strong>i alla possibil<strong>it</strong>à<br />

di prolungare all’infin<strong>it</strong>o il dibatt<strong>it</strong>o parlamentare.<br />

L’opposizione al governo, a quel punto, si estese fino a<br />

comprendere anche numerosi esponenti della Sinistra<br />

liberale, preoccupati di una invc -luzione pol<strong>it</strong>ica che<br />

stava mettendo in discussione non solo il libero esercizio<br />

dei dir<strong>it</strong>ti del c<strong>it</strong>tadino, ma anche il funzionamento<br />

del sistema parlamentare. Il 3 aprile 1900, 160<br />

deputati (circa un terzo del totale) abbandonarono per<br />

protesta l’aula della Camera. L’es<strong>it</strong>o dello scontro determinato<br />

dalle elezioni del giugno 1900, che videro la<br />

sconf<strong>it</strong>ta dei candidati schieratisi a favore della linea<br />

di Pelloux, secondo il quale la lotta contro il pericolo<br />

rivoluzionario giustificava la radicale alterazione dei<br />

caratteri fondamentali dello stato liberale, mediante<br />

la drastica lim<strong>it</strong>azione delle libertà dei c<strong>it</strong>tadini e, se<br />

necessaria, persine la riduzione al silenzio dell’ist<strong>it</strong>uzione<br />

parlamentare.<br />

Il 29 luglio 1900, l’anarchico Gaetano Bresci uccise<br />

con tre colpi di pistola il re Umberto I; era un atto<br />

gravissimo, ma proprio la risposta dell’intero paese<br />

a quell’attentato dimostrò che i tempi e l’atmosfera<br />

complessiva stavano decisamente cambiando. Mentre<br />

il quotidiano socialista “Avanti!” si dissociò nettamente<br />

dall’accaduto, definendo Bresci «pazzo criminale»,<br />

il nuovo sovrano - V<strong>it</strong>torio Emanuele III - nei<br />

suoi primi discorsi si sforzò di precisare che sarebbe<br />

rimasto fedele allo Statuto albertino e a quella che lui<br />

stesso chiamò la «monarchia liberale». Quanto a Luigi<br />

Albertini - direttore del “Corriere della Sera”, il più<br />

prestigioso quotidiano del tempo - esprimendo l’opinione<br />

della borghesia industriale milanese ribadì che,<br />

nonostante tutte le difficoltà e i pericoli, connessi con<br />

il processo di industrializzazione e con lo sviluppo del<br />

movimento socialista, l’Italia non aveva altra strada<br />

possibile da percorrere, diversa da quella del parlamentarismo:<br />

«La nostra monarchia - scrisse Albertini<br />

sul “Corriere” il 16 j settembre 1900 - o sarà cost<strong>it</strong>uzionale<br />

o non sarà; e alla parola cost<strong>it</strong>uzionale diamo<br />

il significato ampio e largo, il miglior senso liberale».<br />

Il periodo giol<strong>it</strong>tiano<br />

II periodo compreso fra la crisi di fine secolo e l’esplosione<br />

della prima guerra mondiale viene correntemente<br />

chiamato età giol<strong>it</strong>tiana, per il fatto che gli anni<br />

1901-1914 furono dominati dalla figura di Giovanni<br />

<strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> (1842-1928).<br />

Nato nel 1842, <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> aveva compiuto la sua prima<br />

esperienza di governo negli anni difficili dei Fasci siciliani<br />

e della nasc<strong>it</strong>a del movimento socialista. Nella<br />

maggioranza dei deputati e dei ministri (legati strettamente<br />

al mondo dei proprietari terrieri, dei banchieri<br />

e della borghesia imprend<strong>it</strong>oriale), quegli eventi destarono<br />

terrore e panico; fin dai primi anni - Novanta,<br />

invece, <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> capì che il risveglio sociale dei contadini<br />

e degli operai era un dato inev<strong>it</strong>abile della società<br />

moderna.<br />

«Il moto ascendente delle classi popolari - disse <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong><br />

alla Camera, il 4 febbraio 1901 - si accelera ogni<br />

giorno di più, ed è un moto invincibile, perché comune<br />

a tutti i paesi civili e perché poggiato sul principio<br />

dell’eguaglianza tra gli uomini». Poiché era impossibile<br />

ed assurdo opporsi a quel fenomeno, così come<br />

era un’illusione pensare di poterlo fermare con la pura<br />

forza delle armi, facendo ricorso solamente alla repressione<br />

e alle leggi eccezionali, secondo <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> era<br />

indispensabile che lo stato liberale mutasse radicalmente<br />

la propria strategia. Esso doveva cessare di collocarsi<br />

sempre ed unicamente dalla parte dei padroni,<br />

dei signori, perché in tal modo avrebbe ottenuto come<br />

unico risultato l’odio e l’ostil<strong>it</strong>à delle masse popolari,<br />

che avrebbero visto nello stato un nemico.<br />

Secondo <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong>, gli scioperi e le proteste dei lavoratori<br />

non avevano, in sé, nulla di pericoloso e di rivoluzionario;<br />

quindi, finché essi si mantenevano sul piano<br />

della pura e semplice rivendicazione economica, lo<br />

stato non doveva assolutamente intervenire per reprimerli.<br />

Comp<strong>it</strong>o dello stato era di garantire l’ordine, di<br />

ev<strong>it</strong>are che le proteste degenerassero in tumulti armati<br />

o, peggio ancora, in insurrezioni finalizzate a distruggere<br />

l’ordinamento pol<strong>it</strong>ico e a sovvertire l’assetto<br />

sociale. Ma poiché la maggioranza degli scioperi non<br />

aveva affatto tale carattere pol<strong>it</strong>ico, anche quando<br />

erano<br />

diretti dai socialisti, lo stato doveva trattenere l’eserc<strong>it</strong>o<br />

ed ev<strong>it</strong>are l’intervento repressivo; in tal modo,<br />

avrebbe dimostrato di non essere schierato sempre e<br />

solo da una parte, ma di essere l’imparziale garante e<br />

tutore degli interessi di tutti i c<strong>it</strong>tadini.<br />

La collaborazione pol<strong>it</strong>ica con i socialisti riformisti<br />

Per certi aspetti, il ragionamento di <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> può essere<br />

considerato analogo a quello di Cavour; infatti, come<br />

l’artefice pol<strong>it</strong>ico del Risorgimento aveva individuato<br />

nelle riforme la strada migliore per bloccare ogni volontà<br />

rivoluzionaria, così <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> r<strong>it</strong>eneva che favorire<br />

un graduale miglioramento nelle condizioni di v<strong>it</strong>a<br />

dei lavoratori avrebbe spento in loro il sogno uto-pico<br />

di una società del tutto libera da ogni oppressione e<br />

sfruttamento. • <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong>, nella sostanza, era un conservatore:<br />

proprio per questo, però, aveva cap<strong>it</strong>o che non<br />

era più pensabile mantenere l’assetto sociale esisten-


te, basato sulla diseguaglianza economica, senza il<br />

consenso delle masse popolari. Esse, gradualmente,<br />

dovevano convincersi che lo stato non era un loro<br />

nemico e che esso avrebbe potuto aiutarle a raggiungere<br />

concreti e tangibili risultati, capaci di migliorare<br />

davvero le loro condizioni di v<strong>it</strong>a, se esse avessero<br />

rinunciato al progetto di instaurare, per via rivoluzionaria,<br />

la giusta ed egual<strong>it</strong>aria società promessa da<br />

Marx.<br />

Con i socialisti, comunque, <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> ebbe un rapporto<br />

pos<strong>it</strong>ivo e costruttivo; uomini come Turati, infatti,<br />

pur non rinunciando all’utopia che avrebbe dovuto<br />

coronare la fine della storia, non si lasciarono sfuggire<br />

l’opportun<strong>it</strong>à di collaborare con lo stato borghese,<br />

per il miglioramento delle condizioni di v<strong>it</strong>a dei<br />

lavoratori. Gli obiettivi finali, certo, erano opposti:<br />

Turati r<strong>it</strong>eneva che quel dialogo fosse un passo avanti<br />

sulla strada del socialismo, mentre <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> r<strong>it</strong>eneva<br />

che il progressivo inserimento del part<strong>it</strong>o dei lavoratori<br />

nella normale dinamica pol<strong>it</strong>ica e sociale della<br />

società avrebbe infine del tutto spento ogni aspirazione<br />

rivoluzionaria. D’altra parte, sia per <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> sia<br />

per Turati, esistevano nell’immediato le condizioni<br />

ottimali per sostenersi a vicenda e lavorare insieme.<br />

Va precisato che la collaborazione pol<strong>it</strong>ica dei socialisti<br />

non si spinse mai fino alla piena ed ufficiale<br />

assunzione di responsabil<strong>it</strong>à governative: nessun<br />

socialista, quindi, rivestì mai la carica di ministro.<br />

Inoltre, non si deve assolutamente pensare che la linea<br />

gradualista di Turati fosse condivisa da tutto il<br />

Part<strong>it</strong>o; all’interno di esso, restò forte e viva un’ala<br />

rivoluzionaria, che rifiutava ogni dialogo con lo stato<br />

e con la borghesia, ed anzi ricercava esplic<strong>it</strong>amente<br />

lo scontro frontale. Nel 1904 questa corrente ottenne<br />

la maggioranza all’interno del PSI, con il risultato<br />

che, in settembre, si arrivò al primo sciopero generale<br />

su scala nazionale. Lo sciopero venne proclamato<br />

in risposta ad un eccidio di minatori operato dai soldati<br />

in Sardegna, durante una manifestazione (in cui<br />

ci furono tre morti e venti i fer<strong>it</strong>i). Tra i rivoluzionari<br />

si distinse, prima di tutti, Arturo Labriola, che può<br />

essere considerato il più autorevole sosten<strong>it</strong>ore <strong>it</strong>aliano<br />

delle teorie di Sorel; nella sua concezione, lo<br />

sciopero del 1904 doveva essere il primo di una serie<br />

di lotte destinate a temprare il proletariato, in vista<br />

dello scontro finale.<br />

Una simile strategia avrebbe forse potuto avere successo<br />

in un contesto diverso; <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong>, invece, non si<br />

lasciò spaventare affatto dallo sciopero, ordinò all’eserc<strong>it</strong>o<br />

e alla polizia di non intervenire e si lim<strong>it</strong>ò<br />

ad attendere che l’ag<strong>it</strong>azione svanisse da sé.<br />

Momenti cr<strong>it</strong>ici si ebbero anche nel 1907 e nel 1908,<br />

quando scioperarono i braccianti della provincia di<br />

Ferrara e i contadini di Parma. Al Congresso di Firenze<br />

del 1908, comunque, i riformisti ripresero la guida<br />

del PSI, mentre i princìpi del sindacalismo soreliano<br />

(defin<strong>it</strong>o sprezzantemente da Turati «l’età della pietra<br />

del socialismo») vennero considerati incompatibili con<br />

l’indirizzo che il Part<strong>it</strong>o aveva assunto nello Statuto del<br />

1892. Gli scioperi generali vennero defin<strong>it</strong>i metodi di<br />

lotta estremi, a cui si doveva far ricorso solo in s<strong>it</strong>uazioni<br />

eccezionalmente drammatiche; tra le riforme da<br />

ottenere attraverso il costruttivo lavoro parlamentare,<br />

invece, vennero individuate quelle relative al suffragio<br />

universale, ad un’imposta progressiva sui redd<strong>it</strong>i, al<br />

potenziamento dell’istruzione pubblica.<br />

L’ideologia pol<strong>it</strong>ica<br />

Come neo-presidente del Consiglio si trovò a dover affrontare,<br />

prima di tutto, l’ondata di diffuso malcontento<br />

che la pol<strong>it</strong>ica crispina aveva provocato con l’ aumento<br />

dei prezzi. Ed è questo primo confronto con le parti<br />

sociali che evidenzia la ventata di nov<strong>it</strong>à che <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong><br />

porta nel panorama pol<strong>it</strong>ico dei cosiddetti “anni roventi”:<br />

non più repressione autor<strong>it</strong>aria, bensì accettazione<br />

delle proteste e, quindi, degli scioperi purché non violenti<br />

né pol<strong>it</strong>ici (possibil<strong>it</strong>à, fra l’altro, secondo lui ancora<br />

piuttosto remota in quanto le ag<strong>it</strong>azioni nascevano<br />

tutte da disagi di tipo economico). Come da lui stesso<br />

sottolineato in un discorso in Parlamento in mer<strong>it</strong>o allo<br />

scioglimento, in segu<strong>it</strong>o ad uno sciopero, della Camera<br />

del lavoro di Genova, sono da temere massimamente<br />

le proteste violente e disorganiche, effetto di naturale<br />

degenerazione di pacifiche manifestazioni represse con<br />

la forza: «Io poi non temo mai le forze organizzate,<br />

temo assai più le forze disorganiche perché se su di<br />

quelle l’azione del governo si può eserc<strong>it</strong>are leg<strong>it</strong>timamente<br />

e utilmente, contro i moti inorganici non vi<br />

può essere che l’uso della forza». Contro questa sua<br />

apparente coerenza si scagliarono cr<strong>it</strong>ici come Gaetano<br />

Salvemini che sottolinearono come invece nel Mezzogiorno<br />

d’Italia gli scioperi venissero sistematicamente<br />

repressi. L’intellettuale meridionale definì <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> un<br />

“ministro della malav<strong>it</strong>a” proprio per questa sua disattenzione<br />

riguardo ai problemi sociali del Sud,[1] che<br />

avrebbe provocato un’ estensione del fenomeno del<br />

clientelismo di tipo mafioso e camorristico.<br />

In ogni caso resta innegabile la tendenza, sfondo di tutta<br />

la sua attiv<strong>it</strong>à pol<strong>it</strong>ica, di spingere il parlamento ad<br />

occuparsi dei confl<strong>it</strong>ti sociali al fine di comporli tram<strong>it</strong>e<br />

opportune leggi.<br />

Per <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong> infatti, le classi lavoratrici non vanno considerate<br />

come pura opposizione allo stato - come fino<br />

ad allora era avvenuto - ma occorre riconoscere la loro


leg<strong>it</strong>timazione giuridica ed economica. Comp<strong>it</strong>o dello<br />

stato quindi è quello di porsi come mediatore neutrale<br />

tra le parti, poiché lo stato rappresenta le minoranze<br />

ma soprattutto la molt<strong>it</strong>udine di quei lavoratori vessati<br />

fino alla miseria dalla legislazione fiscale e dello strapotere<br />

degli imprend<strong>it</strong>ori nell’industria.<br />

Un aspetto della sua attenzione alle classi popolari<br />

può essere considerata anche la innovazione della<br />

corresponsione di una indenn<strong>it</strong>à ai parlamentari che<br />

sino ad allora avevano svolto la loro funzione a t<strong>it</strong>olo<br />

gratu<strong>it</strong>o. Questo avrebbe consent<strong>it</strong>o, almeno in<br />

linea teorica, una maggiore partecipazione dei meno<br />

abbienti alla carica di rappresentante del popolo.<br />

La guerra di Libia<br />

La guerra <strong>it</strong>alo-turca (nota anche come guerra di Libia<br />

o campagna di Libia), si riferisce ai combattimenti tra<br />

le forze dell’Italia e dell’Impero ottomano tra il 28<br />

settembre 1911 e il 18 ottobre 1912, per la conquista<br />

della Tripol<strong>it</strong>ania e la Cirenaica.<br />

Le ambizioni colonialiste dell’Italia spinsero il Paese<br />

ad impadronirsi delle province ottomane di Tripol<strong>it</strong>ania<br />

e Cirenaica, che assieme al Fezzān sono oggi<br />

note con il nome di Libia, nonché dell’isola di Rodi<br />

e dell’arcipelago del Dodecaneso, s<strong>it</strong>uato nei pressi<br />

dell’Anatolia.<br />

Nel corso di questa guerra, l’Impero ottomano si trovò<br />

gravemente svantaggiato poiché poteva rifornire<br />

il suo piccolo contingente presente in Libia solo attraverso<br />

il Med<strong>it</strong>erraneo. La flotta turca non era certo<br />

in grado di competere con la Regia Marina Italiana,<br />

e Istanbul non fu pertanto in grado di inviare rinforzi<br />

alle province africane.<br />

Sebbene di minore ent<strong>it</strong>à, la guerra cost<strong>it</strong>uì un passo<br />

cruciale verso la Prima guerra mondiale, poiché contribuì<br />

al risveglio dei nazionalismi negli stati balcanici:<br />

vedendo la facil<strong>it</strong>à con cui gli Italiani avevano<br />

sconf<strong>it</strong>to i disorganizzati Turchi ottomani, i membri<br />

della Lega balcanica attaccarono l’Impero ottomano<br />

prima che la guerra con l’Italia fosse fin<strong>it</strong>a.<br />

La guerra <strong>it</strong>alo-turca fu teatro di numerosi progressi<br />

tecnologici usati durante le operazioni mil<strong>it</strong>ari, in<br />

particolare l’aeroplano. Il 23 ottobre 1911, un pilota<br />

<strong>it</strong>aliano (cap<strong>it</strong>ano Carlo Maria Piazza) sorvolò le linee<br />

turche in missione di ricognizione, e il 1° novembre<br />

la prima bomba (grande come un’arancia) lanciata a<br />

mano dall’aria da Giulio Gavotti cadde sulle truppe<br />

turche in Libia.<br />

Importante fu anche l’uso della radio con l’allestimento<br />

del primo servizio regolare di radiotelegrafia campale<br />

mil<strong>it</strong>are su larga scala organizzato dall’arma del<br />

Genio sotto la guida del comandante della compagnia<br />

R.T. Luigi Sacco e con la collaborazione dello stesso<br />

Guglielmo Marconi.<br />

La valutazione pol<strong>it</strong>ico diplomatica<br />

Con l’apertura del canale di Suez (1869) il Med<strong>it</strong>erraneo<br />

aveva riacquistato in parte l’importanza strategica<br />

che aveva perso nel XV e XVI secolo con l’apertura<br />

delle rotte per le Americhe e del capo di Buona Speranza<br />

per collegare l’Estremo Oriente con i mercati<br />

dell’Europa. Di conseguenza era aumentata anche<br />

l’importanza strategica dell’Italia, in quanto potenza<br />

in grado di impedire l’accesso al Med<strong>it</strong>erraneo Occidentale<br />

alle rotte passanti per il canale di Suez. Tuttavia<br />

l’unico modo di garantire questa rilevanza strategica<br />

era quello di avere il controllo, almeno parziale,<br />

dell’Africa Nord-Occidentale.<br />

Quasi tutto il nord Africa era di fatto sotto il controllo<br />

di alcuni stati europei. Nel 1881 la Francia si era<br />

impadron<strong>it</strong>a della Tunisia, nonostante la presenza su<br />

quel terr<strong>it</strong>orio di una numerosa collettiv<strong>it</strong>à <strong>it</strong>aliana, lasciando<br />

quindi la diplomazia <strong>it</strong>aliana davanti al fatto<br />

compiuto. Pertanto l’unico terr<strong>it</strong>orio strategicamente<br />

utilizzabile per chiudere il passaggio fra i due bacini<br />

(Med<strong>it</strong>erraneo Occidentale e Med<strong>it</strong>erraneo Orientale)<br />

restava la Libia, dato che l’Eg<strong>it</strong>to era sotto stretto controllo<br />

br<strong>it</strong>annico, dopo aver stabilizzato l’ area con la<br />

defin<strong>it</strong>iva conquista del Sudan. Nel 1911 l’Italia era<br />

alleata con Germania e Austria-Ungheria nella Triplice<br />

Alleanza, tuttavia manteneva anche ottimi rapporti<br />

diplomatici con Gran Bretagna e Russia, mentre le<br />

relazioni con la Francia erano oscillanti fra la fratern<strong>it</strong>à<br />

latina e le fiammate nazionaliste che, ogni tanto,<br />

rendevano tesi i rapporti fra le due potenze. Invece la<br />

s<strong>it</strong>uazione diplomatica della Turchia era molto meno<br />

brillante, dato che, in perenne contrasto con la Russia,<br />

si stava allontanando dall’alleanza franco-inglese<br />

(1909) per allinearsi con gli Imperi Centrali, trovandosi<br />

per sua disgrazia “in mezzo al guado”.<br />

La s<strong>it</strong>uazione pol<strong>it</strong>ica interna dei due stati rifletteva la<br />

diversa s<strong>it</strong>uazione diplomatica. In Italia il governo era<br />

tenuto da Giovanni <strong>Giol<strong>it</strong>ti</strong>, pol<strong>it</strong>ico discusso, ma sicuramente<br />

abile, che aveva sfruttato una serie di incidenti<br />

minori per avviare una campagna di stampa ostile<br />

alla Turchia, appoggiata dagli ambienti industriali<br />

e finanziari. Invece in Turchia stavano cominciando<br />

i terremoti pol<strong>it</strong>ici che avrebbero portato alla fine del<br />

sultanato ed all’instaurazione della Repubblica di Ke-


mal Atatürk. La rivoluzione dei Giovani Turchi era<br />

avvenuta da soli 2 anni (1908) ed il regime non era<br />

ancora stabilizzato e, soprattutto nei terr<strong>it</strong>ori esterni<br />

alla penisola anatolica (Balcani, Medio Oriente,<br />

Arabia e Nord Africa), erano presenti forti componenti<br />

irredentistiche indigene.<br />

Alceste De Ambris che definì l’invasione <strong>it</strong>aliana “una<br />

guerra di brigantaggio” e da Enrico Leone, economista<br />

e sindacalista rivoluzionario, che scrisse un libro contro<br />

la pol<strong>it</strong>ica di colonizzazione violenta.<br />

Le posizioni <strong>it</strong>aliane sulla guerra<br />

Prima dell’inizio della guerra in Italia si manifestarono<br />

forti correnti interventiste, con una convergenza<br />

di interessi fra la borghesia settentrionale, che<br />

vedeva un intervento come un’occasione per allargare<br />

i mercati per i prodotti agricoli e, soprattutto,<br />

industriali, ed il proletariato agricolo del sud, che<br />

vedeva nella Libia, descr<strong>it</strong>ta come terra generalmente<br />

fertile, un’occasione per ridurre la piaga dell’emigrazione.<br />

Per l’occasione fu addir<strong>it</strong>tura scr<strong>it</strong>ta<br />

una canzone, Tripoli bel suol d’amore[1], che venne<br />

cantata in molti teatri <strong>it</strong>aliani dalla cantante Gea<br />

della Garisenda, il cui nome d’arte era stato coniato<br />

da d’Annunzio, che si presentava sul palcoscenico<br />

vest<strong>it</strong>a unicamente del tricolore, susc<strong>it</strong>ando scandalo<br />

nella società dell’epoca. Proprio nel 1910 veniva<br />

fondato il Part<strong>it</strong>o Nazionalista, con l’appoggio soprattutto<br />

dei futuristi, che vedevano la guerra come<br />

«sola igiene del mondo»[2], anche sotto la spinta<br />

imperialista che soffiava su tutto il mondo europeo<br />

e americano. A questa spinta verso la guerra si aggiunsero<br />

anche voci precedentemente insospettabili,<br />

come il poeta Giovanni Pascoli, che, infiammato<br />

dalla propaganda che circolava in Italia, scrisse,<br />

parlando dell’Italia che «la grande proletaria si è<br />

mossa».<br />

Contrapposti a questi entusiasmi erano sia i dubbi<br />

espressi da Salvemini, che definì la Libia «uno scatolone<br />

di sabbia», sia l’opposizione molto più netta<br />

di alcune correnti dei socialisti, che rifiutavano la<br />

guerra soprattutto per motivi ideologici, capeggiate<br />

da Ben<strong>it</strong>o Mussolini e dall’ala estrema repubblicana<br />

guidata da Pietro Nenni.<br />

Ma l’opposizione più recisa venne dai sindacalisti<br />

rivoluzionari che tentarono di bloccare la guerra<br />

con le dimostrazioni e con lo sciopero generale.<br />

Tutto lo stato maggiore del movimento fu arrestato.<br />

Contrariamente ad un’idea molto diffusa, poche<br />

furono le personal<strong>it</strong>à di questo movimento che si<br />

dichiararono a favore dell’intervento. Fra queste<br />

vi furono Paolo Orano, Arturo Labriola che tuttavia<br />

mutò giudizio rapidamente, e Angelo Oliviero<br />

Olivetti. Sul piano ideologico e pol<strong>it</strong>ico, le piu’ approfond<strong>it</strong>e<br />

analisi contro la guerra furono fatte da

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