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Nuovi scenari e vecchie liturgie del consumo culturale. Cosa accade ...

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previsione e di intervento da parte dei policy maker e degli addetti alla cultura.<br />

L’aumento <strong>del</strong>le sollecitazioni derivanti dalla competizione tra molteplici fattori di<br />

attrattiva ricreativo-<strong>culturale</strong> sempre più alla portata di tutti, la rivoluzione <strong>del</strong>la<br />

“convergenza tecnologica”, la tendenza contemporanea a cambiare stili di vita e stili<br />

di <strong>consumo</strong> con la stessa facilità con cui si mette e smette un abito (Di Nallo, 1997)<br />

contribuiscono a determinare una situazione in cui nei consumatori culturali<br />

convivono tendenze e comportamenti contrastanti, sfaccettati e apparentemente<br />

incongruenti. Anna Lisa Tota parla al riguardo di soggettività pluriappartenenti;<br />

nomadi e molteplici oscilliamo come pendoli indulgendo in comportamenti<br />

apparentemente contradditori che “ci fanno sonnecchiare davanti alla soap<br />

preferita, mentre sfogliamo un catalogo di Man Ray”. Siamo il risultato <strong>del</strong> lavorio<br />

continuo e subissante <strong>del</strong>l’industria <strong>culturale</strong> e <strong>del</strong>l’entertainment, che ci vorrebbe<br />

prevedibili e dipendenti dalle proposte <strong>del</strong> mainstream <strong>culturale</strong>, e di forze uguali e<br />

contrarie interne all’individuo, che si nutrono <strong>del</strong>l’intimo desiderio di distanziarsi dai<br />

consumi di massa; altaleniamo tra il bisogno rincuorante di “possedere” e<br />

condividere le hit di successo (che si tratti di un testo musicale, <strong>del</strong>la mostra<br />

imperdibile, <strong>del</strong> solito blockbuster hollywodiano o <strong>del</strong> monumento simbolo che<br />

campeggia nella copertina <strong>del</strong>le Lonely Planet) e la pulsione ad esplorare nicchie e<br />

terreni impervi in cui far crescere e soddisfare le proprie amabilissime ossessioni.<br />

Subiamo eventi e ricerchiamo esperienze da vivere. Riteniamo la solitudine una<br />

pratica virtuosa e spesso consona alla pratica <strong>culturale</strong>, ma non possiamo fare a<br />

meno degli altri per condividere e ricostruire il senso <strong>del</strong> nostro agire.<br />

Le nuove tecnologie, infine. Per quanto ideologiche possano risultare alcune singole<br />

posizioni o per quanto distanti dal problema possano apparire alcune fasce di utenza<br />

(gli anziani, ad esempio, e tutti quelli che il digital divide esclude) tutti ormai<br />

dobbiamo fare i conti con l’esigenza di mescolare atomi e bit nelle pratiche e nelle<br />

modalità di <strong>consumo</strong> <strong>culturale</strong>. Compriamo libri online su Amazon grazie anche ai<br />

consigli di altri utenti sconosciuti, ma poi amiamo indugiare nelle librerie facendoci<br />

convincere da una copertina o dall’approvazione tacita <strong>del</strong> nostro commesso di<br />

fiducia, scattiamo fotografie in digitale perché sono comode, si possono ritoccare e<br />

non costano praticamente nulla, ma poi crescono esponenzialmente le comunità<br />

online dei paladini <strong>del</strong>la vecchia reflex, i nostalgici <strong>del</strong>la camera oscura. Piccole e<br />

grandi tribù hanno bisogno di nuove nicchie in cui rifugiarsi e dare sfogo alle proprie<br />

singolari crisi di rigetto nei confronti <strong>del</strong> mainstream che avanza e dei tentativi di<br />

omologazione <strong>del</strong> gusto e <strong>del</strong>le pratiche.<br />

A tale proposito Vin Crosbie nel suo blog 1 sostiene che «[…] ognuno di noi come<br />

singolo ascoltatore, lettore, spettatore, visitatore è, ed è sempre stato, un miscuglio<br />

unico di interessi generici e interessi specifici. Sebbene noi possiamo condividere<br />

interessi generici con molte altre persone, abbiamo interessi specifici molto diversi<br />

da ognuna di esse. Siamo un miscuglio unico di interessi generici e specifici».<br />

L’aspetto rilevante è che fino a qualche decennio fa le persone avevano grande<br />

difficoltà ad accedere a media in grado di soddisfare ogni singolo interesse specifico,<br />

ci si accontentava di condividere i principali media di massa che riuscivano a<br />

soddisfare con un certo successo molti dei nostri interessi generici. La discontinuità<br />

attuale – le cui conseguenze stiamo iniziando a leggere anche in termini di<br />

cambiamento <strong>del</strong>le pratiche e dei consumi culturali – riguarda il fatto che ci sono<br />

sempre più media e opportunità di soddisfare bisogni specifici. La frammentazione<br />

al posto <strong>del</strong>l’unità è sicuramente un fattore positivo di arricchimento sociale e<br />

<strong>culturale</strong>, ma complica le cose a chi la deve riconoscere, definire e misurare.<br />

1<br />

“Corante. Rebuilding media”: http://rebuildingmedia.corante.com/<br />

2<br />

Testo tratto da L'arte <strong>del</strong>lo spettatore. Il pubblico <strong>del</strong>la cultura tra bisogni, consumi e tendenze, 2008 Franco Angeli

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