Nuovi scenari e vecchie liturgie del consumo culturale. Cosa accade ...
Nuovi scenari e vecchie liturgie del consumo culturale. Cosa accade ...
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venisse acquistato una sola volta; il Catalogo (con la C maiuscola come in un<br />
racconto di Borges) potrebbe teoricamente diventare infinito, contenere il mondo<br />
stesso.<br />
Nei sistemi tradizionali dove i costi di distribuzione sono elevati, vengono quindi<br />
venduti solo i prodotti più popolari; quando la coda lunga funziona, invece, i gusti<br />
non mainstream (o gli interessi specifici se ci rifacciamo alla definizione di Crosbie)<br />
vengono soddisfatti e aumenta teoricamente la possibilità di scelta. Dico<br />
“teoricamente”, dato che manca ancora un elemento affinché la coda lunga possa<br />
davvero funzionare. Ci si trova infatti in una situazione quasi paradossale di risorse<br />
iperabbondanti, mentre l’economia classica ci ha sempre insegnato a valutare i<br />
comportamenti dei singoli in una logica di scarsità di risorse. Le persone devono<br />
potersi raccapezzare di fronte ad un’offerta praticamente infinita, occorre quindi<br />
attivare dei meccanismi in grado di aiutare e guidare le persone a “scendere giù per<br />
la coda”. Nella coda si trova di tutto e quindi ci possono essere prodotti di nicchia di<br />
indubbio valore, ma anche moltissimo ciarpame. Devono essere presenti dei “filtri”<br />
che consentano ai clienti di distinguere il grano dal loglio, di poter trovare facilmente<br />
e velocemente ciò che interessa, di curiosare e di sperimentare, ma entro margini<br />
tollerabili di rischio. Il meccanismo di filtro più potente, allo stato attuale, sono gli<br />
altri utenti, possibilmente quelli che frequentano la propria stessa nicchia, attraverso<br />
il passaparola. Raccomandazioni, suggerimenti, recensioni, link, rating, classifiche,<br />
blog e community online sono strumenti formidabili, amplificati dalla nuove tecniche<br />
<strong>del</strong> marketing virale, di orientamento nella coda: si sfrutta l’opinione dei<br />
consumatori per fare incontrare offerta e domanda. La cosa interessante è che le<br />
persone messe nella condizione di poter scegliere in presenza di grande varietà e<br />
diversità preferiscono i prodotti culturali non blockbuster, si tratta di una domanda<br />
molto meno influenzata dai prodotti popolari di successo.<br />
Ritornando ad una visione più allargata sui consumi di arte e cultura ci troviamo di<br />
fronte ad una situazione complessa in cui convivono intrecciandosi – cooperando o<br />
facendosi concorrenza – prodotti ed esperienze dominati dalla logica <strong>del</strong> grande<br />
evento, <strong>del</strong>la concentrazione dei mercati, <strong>del</strong>la scarsità di risorse e ambiti nuovi di<br />
scelta in un regime di diversità e abbondanza. Mercati in cui la distribuzione e<br />
l’accesso al prodotto rappresentano spesso un vincolo, altri in cui è un fattore di<br />
sviluppo strategico. L’effetto complessivo sul consumatore e sui consumi culturali è<br />
ancora tutto da valutare: integrazione virtuosa o conseguenze schizofreniche?<br />
Alla luce di quanto detto, la logica <strong>del</strong>la coda lunga nell’ambito dei diversi consumi<br />
culturali diventa interessante per molteplici ordini di motivi:<br />
• consente di leggere da una prospettiva diversa il problema<br />
<strong>del</strong>l’interpretazione dei consumi culturali cumulati,<br />
• pone un interrogativo sulla capacità dei mercati a coda lunga di influenzare i<br />
comportamenti di <strong>consumo</strong> <strong>culturale</strong> nei settori tradizionali,<br />
• permette di formulare ipotesi circa la possibilità di creare code lunghe anche<br />
in settori in cui prevale la logica <strong>del</strong>l’80/20.<br />
Rispetto alla necessità di misurare e interpretare i consumi culturali in una logica<br />
cumulata (si veda nuovamente l’intervento di Dal Pozzolo), allo stato attuale, pur in<br />
mancanza di risposte convincenti, il nuovo <strong>scenari</strong>o dà luogo ad interessanti<br />
riflessioni. Si prenda ad esempio il <strong>consumo</strong> di cinema. La misurazione <strong>del</strong>la<br />
domanda di film nei cinematografi è ormai un indicatore assolutamente parziale e,<br />
se vogliamo, poco interessante se si intende misurare il reale <strong>consumo</strong> di prodotti<br />
<strong>del</strong>l’industria cinematografica e audiovisiva, la spesa effettiva (in termini di tempo e<br />
5<br />
Testo tratto da L'arte <strong>del</strong>lo spettatore. Il pubblico <strong>del</strong>la cultura tra bisogni, consumi e tendenze, 2008 Franco Angeli