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Nuovi scenari e vecchie liturgie del consumo culturale. Cosa accade ...

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esigenze specifiche), quanto la possibilità di condivisione <strong>del</strong>l’esperienza ludica con<br />

un numero idealmente infinito di persone attraverso Internet e la possibilità di<br />

giocare “in rete”.<br />

Da un lato si riscopre un sentimento comunitario – da intendersi però in<br />

un’accezione postmoderna, attribuendo cioè alla comunità, meglio alla tribù, uno<br />

statuto debole di “comunità emozionale” che si nutre di passioni e interessi volubili,<br />

di situazioni cicliche, costituita per scambiare conoscenze e provare sensazioni<br />

insieme ad altri – dall’altro si ricerca la soddisfazione diretta attraverso l’emozione<br />

condivisa con altri o in contiguità con altri. La condivisione, nel sistema dei consumi,<br />

ha che fare con un <strong>del</strong>icato equilibrio tra dimensione privata e dimensione pubblica,<br />

tra il bisogno di intraprendere un percorso di crescita e di soddisfazione individuale<br />

e il desiderio di mettere in circolo i significati che produce, di attribuire una logica<br />

sociale al proprio agire. Sono sempre più presenti nel web le comunità di<br />

discussione e i blog in cui si riportano emozioni e opinioni in merito a esperienze di<br />

natura <strong>culturale</strong>. Recenti studi condotti sul pubblico dei musei 4 mettono in evidenza<br />

come la visita sia frutto di una scelta individuale, ma con forti implicazioni sociorelazionali.<br />

L’attribuzione di senso <strong>del</strong>la visita passa anche attraverso la relazione<br />

con gli altri, non solo perché aiuta a comprendere meglio, ma anche perché rinforza<br />

e conferma l’esperienza che si sta vivendo.<br />

Il concetto di contiguità mi sembra altrettanto interessante perché contribuisce a<br />

spiegare alcune tendenze in atto nei consumi e nelle proposte culturali. Gli individui<br />

sono cioè portati a ricercare la compagnia degli altri, ma non necessariamente<br />

l’interazione e ancora meno la volontà di infrangere l’anonimato. Situazione<br />

piuttosto calzante se si pensa al fenomeno emergente <strong>del</strong>la festivalisation, ovvero la<br />

crescita esponenziale di manifestazioni aventi portata spazio-temporale definita e<br />

limitata, riconducibili a mo<strong>del</strong>li ideativi e organizzativi che riprendono in parte il<br />

concetto e la prassi <strong>del</strong>la festa e <strong>del</strong>la celebrazione, riattualizzati e riproposti<br />

attraverso quel succedaneo contemporaneo che è il festival. Le cause <strong>del</strong>la<br />

festivalisation sono molteplici e non interessa affrontarle in questa sede, quello che<br />

interessa è analizzare un fenomeno recente e tipicamente italiano, lo sviluppo e<br />

l’imporsi dei cosiddetti “festival culturali”, quelle iniziative temporanea pensate per<br />

divulgare in modo serio ma non serioso e spesso spettacolare temi scientifici o<br />

discipline specifiche (si pensi ai Festival <strong>del</strong>la Scienza, <strong>del</strong>la Mente, <strong>del</strong>la Creatività,<br />

<strong>del</strong>la Letteratura, <strong>del</strong>la Filosofia, <strong>del</strong>l’Architettura e <strong>del</strong>l’Economia solo per citarne<br />

alcuni). La ragioni <strong>del</strong> successo di queste iniziative dipendono, a mio parere,<br />

sicuramente dall’avere colmato un vuoto nell’offerta di divulgazione scientifica e<br />

<strong>culturale</strong> e di avere individuato <strong>del</strong>le nicchie (nemmeno troppo piccole) interessate a<br />

partecipare e a farsi coinvolgere, ma anche dalle modalità di fruizione che<br />

consentono di riappropriarsi degli spazi pubblici, di accedere ad una ritualità che<br />

porta a staccarsi, anche se temporaneamente, dalla dimensione <strong>del</strong> quotidiano, di<br />

soddisfare quel bisogno di socialità che si sostanzia nella logica <strong>del</strong>l’emozione<br />

condivisa per prossimità e riconoscimento e non per mimetismo. Alchimia che<br />

sembra funzionare con ancora più esoterica precisione per le tante “notti bianche”,<br />

nuovi rituali festivi urbani, termometro <strong>del</strong>la vitalità di un territorio e dei suoi<br />

abitanti.<br />

Alla luce di questi cambiamenti e nuovi <strong>scenari</strong>, anche il quadro teorico di Bourdieu,<br />

la cui analisi tanta influenza ancora esercita sul pensiero e sull’operato di chi si<br />

occupa di consumi culturali, sembra richiedere un lavoro di riattualizzazione.<br />

Facendosi più sfuggente quella relazione – che prima era immediata e quindi<br />

riconoscibile e dicibile – tra consumatore e <strong>consumo</strong>, la logica distintiva che la<br />

4<br />

Cfr. Alessandro Bollo (a cura di); I pubblici dei musei. Conoscenza e politiche…<br />

8<br />

Testo tratto da L'arte <strong>del</strong>lo spettatore. Il pubblico <strong>del</strong>la cultura tra bisogni, consumi e tendenze, 2008 Franco Angeli

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