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1 - Fondazione Fitzcarraldo

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Seminari Paralleli<br />

2 - Le fondazioni<br />

di origine bancaria,<br />

tra vecchie domande<br />

e nuovi ruoli.<br />

Sintesi del seminario<br />

di Francesca Leon<br />

Responsabile Associazione<br />

Torino Città Capitale Europea<br />

• • • • •<br />

insostenibile. Così questo sistema scoppia e le Fondazioni, neanche volendo, saranno in grado di evitare il peggio”.<br />

Matteo Melley però non se la sente di dare le colpe solo agli altri: “…è stato comodo per le nostre Fondazioni, per<br />

un certo periodo, ereditare il ruolo di principe risorgimentale che erogava con una certa magnanimità le ricchezze<br />

che venivano dalle banche. È più semplice scegliere di dare i soldi e poi disinteressarsi del progetto culturale e delle<br />

sue ricadute sulla comunità, come farebbe uno sponsor in cerca della sola visibilità. Certo, il mondo degli operatori<br />

culturali dovrebbe avvicinarsi alle Fondazioni meno con la mano tesa e più con la logica del progetto da condividere<br />

poiché viviamo in territori che hanno bisogno di essere fermentati dal punto di vista culturale: non basta riempire<br />

le piazze per tre giorni, bisogna chiedersi il giorno dopo cosa quei semi abbiano prodotto”. In generale questa<br />

prospettiva manca tra gli operatori culturali.<br />

Giovanni Vietri vede “nel difetto legislativo di origine delle fondazioni una delle difficoltà dell’oggi, un modello legislativo<br />

che le ha messe in mezzo a due pretese: degli enti locali, che ne nominano il consiglio di indirizzo e dei beneficiari, e<br />

partono dalla considerazione che le fondazioni sono un soggetto pubblico, e dunque maturano altrettanta pretesa ad<br />

avere, anche al di là dei contenuti di merito. Questo intreccio è durato per anni sia nei beneficiari, sia nell’ente erogatore.<br />

Oggi si sta scardinando questo meccanismo, è un difetto che tende ad affievolirsi: tende, ma non è scomparso”.<br />

Per tutti e tre la politica rappresenta un ostacolo allo sviluppo di un rapporto diverso tra mondo della cultura e quello<br />

delle fondazioni poiché la crisi è grave ma la difficoltà di interlocuzione con il partner pubblico è altrettanto grave.<br />

E’ grave per l’assenza di capacità da parte della politica di progettare il futuro, poiché è sempre alla rincorsa del<br />

voto che spesso porta a non fare scelte per il bene comune se queste possono ridurre il consenso. Le Fondazioni<br />

ragionano su tempi lunghi e questa difficoltà di relazione con la politica impone alle fondazioni di scegliere quali<br />

interlocutori possano permettere di raggiungere meglio i propri obbiettivi e gli operatori culturali in questo senso<br />

appaiono un partner privilegiato.<br />

Ma la difficoltà degli operatori culturali di progettare in modo condiviso, di lavorare in rete, benché sia riconosciuta, è causata<br />

anche dallo squilibrio che c’è tra enti forti come le Fondazioni e gli enti locali - che bene o male dialogano tra loro - e la<br />

cronica debolezza dei soggetti operanti nel mondo culturale. Questa porta gli operatori a non essere riconosciuti come<br />

interlocutori né dal mondo politico né da quello delle Fondazioni di origine bancaria, escludendoli nella pratica quotidiana<br />

dai processi che definiscono politiche e strategie di un territorio. E il mancato riconoscimento reciproco della legittimità ad<br />

agire, a chiedere e a dare, non consente di andare oltre alla funzione bancomat che le Fondazioni sentono già superata ed<br />

inadeguata rispetto alle loro ambizioni di contribuire in modo significativo allo sviluppo dei territori di riferimento.

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