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li positivi. Agorà - Comune di Carrara

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AgorÀ n. 9 - ottobre 2011 pagina 22 pagina 23 n. 9 - ottobre 2011 AgorÀun documento d’epoca - 3cenni sulla famig<strong>li</strong>a fabbricottinella storia del marmo<strong>di</strong> antonio bernieriLa terza parte dell’estratto dai“Quaderni <strong>di</strong> Maria Teresa FabbricottiMazzei 1893-1977)” sposa <strong>di</strong> CarloFabbricotti. Il testo è stato scritto dallcompianto storico Antonio BernieriLa memoria delle tre famig<strong>li</strong>e Del Me<strong>di</strong>co, Fabbricotti e Lazzoni,che fecero la storia della città <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, si perde nellanotte del Me<strong>di</strong>oevo, finché esse comparvero nella vita dellacittà e vi si affer marono ag<strong>li</strong> inizi dell’era moderna. Dall’Archivioparrocchiale <strong>di</strong> Mi seg<strong>li</strong>a, borgata a monte <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, si sa che unDomenico Fabbricotti, oriundo da Fabbrico, villaggio nel territorio<strong>di</strong> Reggio Emi<strong>li</strong>a, nel 1519 si trasferì appunto a Miseg<strong>li</strong>a, dove nacqueGiu<strong>li</strong>o, che ivi morì nel maggio 1590.La storia <strong>di</strong> queste tre famig<strong>li</strong>e s’intreccia strettamente con quelladella città <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, che con Massa faceva parte del Marchesatodei Malaspina. <strong>Carrara</strong>, <strong>li</strong>beratasi da tempo dal dominio dei Vescoviconti <strong>di</strong> Luni, si era costituita in <strong>li</strong>bero <strong>Comune</strong>, che subiva tuttavial’influen za delle Signorie delle città <strong>li</strong>mitrofe. Quando RicciardaMalaspina, fig<strong>li</strong>a <strong>di</strong> Antonio Alderano e ultima <strong>di</strong>scendente dellafamig<strong>li</strong>a, si sposò in seconde nozze con Lorenzo Cybo, nobilegenovese, il marchesato passò in possesso <strong>di</strong> questi. Dal CyboRicciarda ebbe due fig<strong>li</strong> maschi: Giu<strong>li</strong>o ed Alberico, che ai tito<strong>li</strong>ere<strong>di</strong>tati dal padre unì quello <strong>di</strong> Marchese <strong>di</strong> Massa e principe <strong>di</strong><strong>Carrara</strong>. Capostipite del ramo Cybo‐Malaspina, Al berico fu unvero signore rinascimentale: umanista <strong>di</strong> valore, poeta e letterato,fu anche un principe riformatore. Ingrandì e abbellì <strong>Carrara</strong>, daiborghi sparsi esistenti creò la città <strong>di</strong> Massa, promosse la stesuradeg<strong>li</strong> Statuta Carrariae, che restarono in vigore per alcuni seco<strong>li</strong>;du rante il periodo della sua Signoria si fondarono i destini dellefamig<strong>li</strong>e Del Me<strong>di</strong>co e Lazzoni che poi, insieme con i Fabbricotti,un secolo dopo raggiunsero l’apogeo delle loro fortune.Il Principato <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> era costituito da un certo numero <strong>di</strong> Vicinanzeo Ville, che costituivano una Comunità <strong>di</strong> Valle: la prima traccia<strong>di</strong> queste istituzioni amministrative si trova in un documentodel 1278 e poi neg<strong>li</strong> Statuti comuna<strong>li</strong> successivi e particolarmentein quel<strong>li</strong> voluti da Alberico nel 1574. Le Vicinanze erano organismisocia<strong>li</strong> fon dati, quanto a <strong>di</strong>ritto interno, sullo Jus sanguinis: i lororapporti col <strong>Comune</strong> erano <strong>di</strong> parità, dato che ogni Vicinanza avevai suoi rappre sentanti nel Consig<strong>li</strong>o Comunale.L’articolo 40 del Libro II deg<strong>li</strong> Statuti <strong>di</strong> Alberico dettava norme,<strong>di</strong>ritti e doveri per la costituzione e il mantenimento dei beni socia<strong>li</strong>delle Vicinanze. A <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto avveniva per i feu<strong>di</strong>, lasciatidal Signore al popolo che esercitava il suo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> uso civico, leVicinanze del Carrarese detenevano la proprietà deg<strong>li</strong> agri (terreni)in colti che costituivano patrimonio pubb<strong>li</strong>co ina<strong>li</strong>enabile.I Fabbricotti si iscrissero alla Vicinanza <strong>di</strong> Miseg<strong>li</strong>a, <strong>di</strong>venendoVicinia pieno titolo, perché <strong>di</strong>vennero proprietari <strong>di</strong> un fondo rustico. Nel1529 un Fabbricotti, che non poteva essere altri se non Domenico,acquistò il terreno. Si era sposato con una donna <strong>di</strong> Miseg<strong>li</strong>a, da cuinacque Giu<strong>li</strong>o nel 1519.L’uso del marmo, a partire dal secolo XIV, si <strong>di</strong>ffondeva dopo lastasi lunghissima del Me<strong>di</strong>oevo, e il desiderio del bello artistico,nelle chiese, nei palazzi signori<strong>li</strong>, nei monumenti celebrativi, era<strong>di</strong>venuto un’esigenza comune. Il marmo <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, bianco statuarioo venato, o il prezioso Calacata insieme con il Bar<strong>di</strong>g<strong>li</strong>o, <strong>di</strong>venne ilmateriale più richiesto per le chiese delle maggiori città d’Ita<strong>li</strong>a nelperiodo del Ri nascimento. Era logico che la popolazione della valle<strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> aumen tasse sia nella città che, come abbiamo visto, erastata ingran<strong>di</strong>ta da Alberico, sia nelle “ville” a monte, dove vivevanoi cavatori che produ cevano i marmi richiesti dai commerciantidella città e dag<strong>li</strong> stessi ar tisti, scultori, architetti, che venivano,come Michelangelo, a sceg<strong>li</strong>ersi i blocchi per le loro opere. DallaLiguria, dall’Emi<strong>li</strong>a e dalla Toscana nuove famig<strong>li</strong>e si spostavano nelbacino <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, dove affioravano le cave, attratte dalle possibi<strong>li</strong>tà<strong>di</strong> guadagnare. Già allora i membri della famig<strong>li</strong>a Fabbricotti sioccupavano della estrazione <strong>di</strong> marmi nelle cave della Vicinanza efabbricavano marmette per pavimenti.Francesco <strong>di</strong> Domenico, della sesta generazione dei Fabbricotti(1686‐1768), decide <strong>di</strong> spostarsi da Miseg<strong>li</strong>a nel villaggio <strong>di</strong> Torano(separato dall’altro paese, da un grosso costone del monte che celai marmi mig<strong>li</strong>ori del Carrarese) e si iscrive alla Vicinanza <strong>di</strong> Toranosposando una ragazza <strong>di</strong> quel villaggio.A Torano convergevano le cave che producevano il mig<strong>li</strong>or marmodel bacino <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>: marmo bianco <strong>di</strong> grana fine e cave che <strong>di</strong>verrannofamose in tutta Europa: il Polvaccio, Poggio Silvestro, ilPianello, Betog<strong>li</strong>. Questo spostamento da Miseg<strong>li</strong>a a Torano fecela fortuna della famig<strong>li</strong>a: l’unione con i Marchetti, per matrimonio,aprì prospettive inaspettate ag<strong>li</strong> intraprendenti Fabbricotti e le duefamig<strong>li</strong>e procede ranno unite per molte generazioni nell’attivitàindustriale.Il nipote <strong>di</strong> Francesco fu il primo <strong>di</strong> cinque fratel<strong>li</strong> e l’unico chelasciò <strong>di</strong>scendenza. Poiché fu il primo a dare consistenza all’aziendapuò essere considerato il capostipite della famig<strong>li</strong>a (1746‐1797).Ma la sua vera gloria fu quella <strong>di</strong> aver dato vita a una grande azien damarmifera e <strong>di</strong> essersi impossessato <strong>di</strong> una grande quantità <strong>di</strong> cave,da solo e insieme con i Marchetti: contese perciò ai Lazzoni una cavaal “Poggio Silvestro” con un processo che durò quasi un secolo.G<strong>li</strong> fu conferito il titolo onorifico <strong>di</strong> “alfiere” da Maria Teresa CyboMalaspina duchessa <strong>di</strong> Massa e <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> e principessa ere<strong>di</strong>taria <strong>di</strong>Modena, quando Francesco Fabbricotti aveva trenta anni.Il grado <strong>di</strong> Alfiere era un titolo onorifico civile e non un gradomi<strong>li</strong>tare e tantomeno un titolo nobi<strong>li</strong>are. Francesco e Domenico DelMe<strong>di</strong>co, fratel<strong>li</strong>, erano stati fatti conti con <strong>di</strong>ploma del 4 agosto 1733da Giuseppe Maria Gonzaga, Duca <strong>di</strong> Guastalla, alla cui famig<strong>li</strong>aap parteneva Ricciarda, madre <strong>di</strong> Maria Teresa.Francesco Andrea Fabbricotti apparteneva ad un altro ceto, adun’altra classe sociale le cui qua<strong>li</strong>tà particolari non derivavanodall’an tico <strong>li</strong>gnaggio, dalla fami<strong>li</strong>arità con le corti d’Europa, comeper i Del Me<strong>di</strong>co ed i Lazzoni o dai servigi resi alla famig<strong>li</strong>a regnantedei Cybo Malaspina in qua<strong>li</strong>tà <strong>di</strong> professionisti, notai, ingegneri o <strong>di</strong>ecclesiastici.I caratteri pecu<strong>li</strong>ari del ceto cui apparteneva Francesco AndreaFabbricotti erano invece l’intraprendenza nell’attività economica, lospi rito d’iniziativa e il senso della concorrenza. Virtù queste propriedella borghesia commerciale ed industriale. Per il suo carattereintrapren dente e per le circostanze storiche durante le qua<strong>li</strong> visse,l’Alfiere Fran cesco fu uno dei protagonisti della storia dell’industriamarmifera e della città <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> durante la seconda metà del XVIIIsecolo. In questo periodo si sviluppa la lotta sociale tra le famig<strong>li</strong>enobi<strong>li</strong> e <strong>di</strong> quanti consideravano identici g<strong>li</strong> interessi delle fortunepersona<strong>li</strong> con quel<strong>li</strong> dello Stato.I fautori della <strong>li</strong>bertà del commercio e dell’industria si scontra vanocon quel<strong>li</strong> che ritenevano necessario frenare ogni <strong>li</strong>bertà e <strong>li</strong>mi tareogni iniziativa: i fautori della <strong>li</strong>bertà economica erano chiamati daiconservatori dello status quo, col soprannome <strong>di</strong> guastanegozi e ritenutiresponsabi<strong>li</strong> della decadenza del commercio.Nel c<strong>li</strong>ma <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssesto del Principato <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong> maturò uno spiritopubb<strong>li</strong>co favorevole ad un cambiamento ra<strong>di</strong>cale della situazioneso ciale. Tale cambiamento si manifesta con il sorgere <strong>di</strong> nuove formed’im presa caratterizzate dalla iniziativa <strong>di</strong> “cavatori impren<strong>di</strong>tori”i qua<strong>li</strong> sollecitano la formazione <strong>di</strong> società <strong>di</strong> escavazione insiemecon i rappre sentanti delle famig<strong>li</strong>e della o<strong>li</strong>garchia, che hannosopratutto funzione <strong>di</strong> finanziatori come i Lazzoni e i Del Me<strong>di</strong>co.Contemporaneamente si assiste ad una continua crescita delle<strong>li</strong>bertà <strong>di</strong> iniziativa commer ciale, la cosidetta “ven<strong>di</strong>ta all’azzardo”,condotta <strong>di</strong>rettamente sui mer cati <strong>di</strong> consumo anche i più lontanidag<strong>li</strong> intraprendenti guastanegozi.I Del Me<strong>di</strong>co e i Lazzoni intervengono in società come socifinanziatori accanto ai Fabbricotti, ai Marchetti ed ai Vanel<strong>li</strong>, giàverso la metà del secolo. Si capisce l’interessamento dei Lazzoniper le cave della vallata <strong>di</strong> Torano: dove le cave <strong>di</strong> Poggio Silvestro,in loca<strong>li</strong>tà Pianello, forni scono i marmi bianchi venati richiestidall’Inghilterra, mercato partico larmente ambito dopo la cadutadel mercato olandese.Man mano che la riva<strong>li</strong>tà tra i Lazzoni e i Del Me<strong>di</strong>co <strong>di</strong>viene piùacuta, entreranno in crisi anche le nuove società <strong>di</strong> cavatori‐impren<strong>di</strong>tori,che cercheranno con successo <strong>di</strong> estromettere dalle società isoci finanziatori.Francesco Fabbricotti è forse il portaban<strong>di</strong>era <strong>di</strong> questa nuova po<strong>li</strong>ticacommerciale.La Duchessa comincia a richiedere le opinioni dei cavatori cir ca lanecessità <strong>di</strong> regolamentare il commercio del marmo per supe rarela crisi che aff<strong>li</strong>ggeva l’industria già da <strong>di</strong>eci anni. Ovviamente lefamig<strong>li</strong>e della o<strong>li</strong>garchia del marmo e tutte le famig<strong>li</strong>e nobi<strong>li</strong>, o comunquefacoltose <strong>di</strong> <strong>Carrara</strong>, erano favorevo<strong>li</strong> ad una regolamentazioneche <strong>li</strong>mitasse il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> commerciare a poche famig<strong>li</strong>e, provviste <strong>di</strong>larghi mezzi per condurre le cave. Ed infatti, accettando il consig<strong>li</strong>odei Del Me<strong>di</strong>co o dei Lazzoni e non accettando invece quello delPresidente della Reggenza, conte Ambrogio Brunetti, che aveva idee<strong>li</strong>bera<strong>li</strong>, la Du chessa Ricciarda aveva vietato, <strong>li</strong>mitando la <strong>li</strong>bertà<strong>di</strong> commercio, a tutti coloro che non fossero possessori <strong>di</strong> cave <strong>di</strong>«potersi ingerire e far negozi <strong>di</strong> marmi <strong>di</strong> qualunque sorta, tanto persé che per interposta persona».Questo <strong>di</strong>vieto alla fine si ritorse contro la classe nobi<strong>li</strong>are per ché icavatori, che erano in società con i membri della o<strong>li</strong>garchia, cercarono<strong>di</strong> espeller<strong>li</strong> e restare padroni delle aziende.In tal modo Francesco Fabbricotti e Marchetti entrano in posses so<strong>di</strong> alcune cave e in seguito l’Alfiere Fabbricotti e i Marchetti dannovita a una azienda che, insieme ad altre analoghe, contribuisce a mo<strong>di</strong>ficaresostanzialmente l’assetto della società carrarese.Il 13 ottobre 1772, otto anni dopo la notificazione con la quale laReggente aveva vietato il commercio dei marmi a coloro che nonfossero possessori <strong>di</strong> cave, la Duchessa Maria Teresa emanò unbando con il quale, constatato che le <strong>di</strong>verse restrizioni, che in altritempi erano state fatte, non avevano prodotto ag<strong>li</strong> amatissimi suoisud<strong>di</strong>ti il go<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> quei profitti e vantaggi che derivano allo stessocommercio dalla sua piena <strong>li</strong>bertà, con particolare riferimento albando <strong>di</strong> Ricciar da del 1764 si ripristinava il regime <strong>di</strong> <strong>li</strong>bertà <strong>di</strong>commercio.Pur senza avere ottenuta l’autorizzazione esp<strong>li</strong>cita a costruirla, Francescoe<strong>di</strong>fica una segheria a Torano, probabilmente a un unico telaioa ugna, come allora si <strong>di</strong>ceva. Ma per la storia <strong>di</strong> Francesco l’iniziativaè importante non tanto per le <strong>di</strong>mensioni ridotte della segheria,quanto per il fatto <strong>di</strong> averla costruita senza autorizzazione,

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