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5 - Società Chimica Italiana

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144X. L’esistenza della nuovafenomenologia dei sali fluorescentid’uranio era stata comunicata daBecquerel (1852-1908) all’Accademiadelle Scienze di Parigi il 24 febbraio1896, un lunedì, mentre la lastra ‘fatale’sui cui un campione non espostoal sole aveva lasciata la sua improntaera stata sviluppata la domenica successiva,il 1° marzo. Il giorno dopo, il2 marzo, il nostro fisico leggeva all’Accademiauna note in cui annunciaval’indipendenza delle radiazionida una previa esposizione dei sali allaluce.[1] Nei primi sei mesi del 1896Becquerel pubblicò otto note sui raggiuranici, poi la cadenza delle comunicazionisi attenuò con una sola comunicazionenel secondo semestre,per poi estinguersi completamentedopo due ultime note nei primi mesidel 1897. Per tutto questo periodo ilfisico parigino fu guidato dall’analogiacon i raggi X, così già in marzoscoprì che i raggi uranici avevano ilpotere di scaricare i corpi carichi dielettricità, ma il fatto più sorprendentefu l’accertamento che le radiazionivenivano emesse anche da un campionedi uranio metallico. [2]Rispetto a questi nuovi ‘raggi’ le reazionidella comunità scientifica nelsuo complesso furono piuttosto modeste.Da una parte i raggi X costituivanoun ‘concorrente’ imbattibile inquanto avevano proprietà più vigorosedei raggi uranici e, al contrario diquesti, non erano un balzano fenomenonaturale, ma potevano essereprodotti e riprodotti in laboratorio.Dall’altra la determinazione della naturacorpuscolare dei raggi catodicidovuta a J.J. Thomson (1856-1940), eannunciata sul PhilosophicalMagazine nell’ottobre 1897, avevaancor più messo in ombra lafenomenologia di Becquerel. Solo inInghilterra, nel 1897, era stata fattaqualche esperienza di conferma delleproprietà ionizzanti dei raggiuranici.[3] E tuttavia la prima, importantescoperta di Sklodowska, la radioattivitàdel torio fu anticipata davantialla Società fisica di Berlino il 4febbraio 1898, circa due mesi primadella note della nostra chimica franco-polacca.La comunicazione era statainviata nella capitale tedesca il 25gennaio da Gerhard C. Schmidt (1865-1949), un fisico che lavorava all’Universitàdi Erlangen e che fino ad allorasi era occupato di temi qualiluminescenza, spettroscopia, scaricheelettriche e raggi catodici.[4]Schmidt propose i suoi risultati nonsolo a Berlino, [5] ma anche a Parigicon una note pubblicata nel maggio1898, [6] quindi all’orizzonte di ricercadi Sklodowska non mancava unabile competitore, che anzi - a scansodi equivoci di priorità - si era spinto apubblicare sugli stessi ComptesRendus, il giornale per eccellenza dellacomunità scientifica parigina.La comunità pariginaUn aspetto della situazione conoscitivadi Sklodowska durante le sue primericerche, che non è stato sufficientementesottolineato dalla letteraturasecondaria, è l’intreccio di relazioniscientifiche e generazionali che trasparedalle comunicazioni diSklodowska (che, ricordiamo, era natanel 1867) e del marito Pierre Curie(1859-1906). Fin dalle indagini preliminariSklodowska utilizzò uno strumentoper misurare correnti debolissime(vide infra) messo a punto daPierre con il fratello Jacques Curie(1855-1941). Nelle tre comunicazionidel 1898 troviamo diversi riferimenti ascienziati francesi che possiamo commentarebrevemente. Nel contributodel 12 aprile sono citati nell’ordine:Henri Moissan (1852-1907), AlfredLacroix (1863-1948), Eugéne AnatoleDemarçay (1852-1904), GeorgesSagnac (1869-1928); i primi tre in nota,il quarto nel testo. # La prima note vennecomunicata all’Accademia daGabriel Lippmann (1845-1921), le duesuccessive dallo scopritore stesso deiraggi uranici Henri Becquerel (1852-1908); entrambi i membri dell’Accademiache abbiamo appena citatoavranno il premio Nobel per la fisica:Lippmann nel 1908 per la messa apunto di un metodo di fotografia acolori (nel 1891); Becquerel nel 1903,insieme ai coniugi Curie. AncheMoissan avrà il suo premio Nobel,questa volta per la chimica, nel 1906,per l’isolamento del fluoro elementare(1886) e per la costruzione di unforno elettrico particolare, utilizzato,tra l’altro, per la preparazione dell’uraniometallico fornito sia aBecquerel, sia a Sklodowska. Lacroix,# In nota viene menzionato anche un certo monsieur Étard, della École Municipale, cheaveva fornito alla nostra chimica i sali e gli ossidi puri utilizzati nelle prove di emissionee nella sintesi della calcolite.geologo e mineralista, diventerà unodegli esponenti più in vista della scuolafrancese. [7] Demarçay, che collaboreràattivamente alle ricerche diSklodowska e Pierre Curie, era un ottimospettroscopista e come moltichimici operanti in questo campo siinteressava al problema delle terrerare, apparentemente inesauribile ecritico per una sistemazione coerentedel sistema periodico; Sagnac avrà ilmomento più alto delle sue ricerchedi fisica fondamentale nel 1913 quandorealizzerà misure ottiche in relazionealla teoria della relatività. Nellacomunicazione del 18 luglio viene citatoin nota G. Bémont, direttore deilaboratori chimici dell’ École Municipale,e nel testo, più volte, Demarçay.Nel terzo contributo, del 26 dicembre,Bémont diventa un co-autore,Demarçay ha un forte rilievo nel testo,e finalmente, viene citato ancheun non-francese, in una nota finale,quando i tre Autori ringraziano l’austriacoEduard Suess (1831-1914),autore famosissimo di operemonumentali di geologia, per l’invioà titre gracieux di 100 kg di residui dilavorazione della pechblenda diJoachimsthal. Sul senso di alcune diqueste citazioni torneremo fra poco,qui sottolineiamo solo la chiusura delmondo scientifico a cui fanno riferimentoSklodowska e Pierre Curie. Nellaboratorio della École Municipale dePhysique et de Chimie Industriellesnon si utilizzarono né pratiche sperimentali,né modelli teorici che nonfossero nati in Francia.Il laboratorio della École Municipalede Physique et de Chimie IndustriellesLa nostra comprensione del contestodi ricerca di Sklodowska e Pierre Curiesarebbe gravemente lacunosa senon tenessimo conto delle condizionimateriali in cui i due sposi-ricercatorisi trovarono ad operare. La strutturafisica del loro laboratorio è entratanella leggenda della ricerca sperimentaleper le condizioni miserabilidell’ambiente messo a loro ‘disposizione’,in particolare per le lunghe, faticosee nocive operazioni di separazionedei nuovi elementi dalla massadi scorie di lavorazione inviate daVienna. Qui possiamo affidarci alla descrizionedella stessa Sklodowska:“A questo scopo [della separazione]eravamo equipaggiati in modo del tuttoCnS - La <strong>Chimica</strong> nella Scuola Novembre - Dicembre 2000

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