cinema>cinemaDi alberto morsianiElettrico, euforico, glamour, di altissima qual<strong>it</strong>à:il Festival d’Oltralpe si conferma, grazie adun’eccezionale edizione, la manifestazioneE’ cinematografica iniziata la realizzazione migliore a livello del grande internazionale. “affresco” Tanti dell’artista americano nellaBiblioteca i temi in gioco: Panizzi. famiglia, Dal 22 adolescenza, giugno il cantiere immigrazione sarà aperto al pubblicoUna edizione che rimarrà indimenticabile,non solo e non tanto perla notevole qual<strong>it</strong>à media dei film,ma per il clima elettrico ed euforico chel’ha accompagnata. Il business non è maistato così elevato come quest’anno (sisono chiusi contratti milionari, ben al disopra degli anni scorsi), e l’eco mediaticasi è arricch<strong>it</strong>a di tutto e di più, dalle idiotedichiarazioni pronazi di Lars Von Trierall’assenza degli autori iraniani osteggiati inpatria. Glamour ovunque, divi a frotte, nottibianche e feste una dietro l’altra. In conclusione,Cannes si è confermata, e di granlunga, la manifestazione più importante delmondo: addir<strong>it</strong>tura, stando lì, tra il Palaise la Croisette, ci si può illudere persinoche il cinema sia l’ombelico del mondo,che sia ancora una cosa importante edecisiva per le sorti dell’uman<strong>it</strong>à. Mentresappiamo benissimo che esso ha persoda tempo la sua central<strong>it</strong>à, è diventatouna modal<strong>it</strong>à di visione tra tante altre, disicuro aggred<strong>it</strong>a da tecnologie assai piùsofisticate e ormai alla portata di tutti.Nondimeno, per una dozzina di giorni ilcinema-cinema celebra a Cannes il suoeffimero trionfo, in un’orgia di autocelebrazionia cui tutti si prestano assai volentieri.Ogni cosa (anche le polemiche) viene amplificataa dismisura. Peccato però che unfestival che ha fatto della tolleranza e dellalibertà di espressione la sua riconosciutabandiera sia caduto in un brutto scivoloneallorché si è affrettato, nonostante lecontr<strong>it</strong>e scuse del colpevole, a bandire persempre l’incauto e indubbiamente in statoconfusionale Von Trier per le sue stoltedichiarazioni antiebraiche. Provvedimentofrancamente poco condivisibile: non si puòcombattere l’intolleranza con una doseuguale di intolleranza.Il cartellone di film, al sol<strong>it</strong>o, è statosterminato. Tra i film in concorso, più del“We Need to Talk About Kevin“; in alto a destra, “Restless“Cannes, il cinema aLE GAMIN AU VELOLE HAVREHARA-KIRIdi Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardennedi Aki Kaurismakidi Takashi MiikeScelti per voiCyril, quasi dodicenne,non ha cheun’idea in testa:r<strong>it</strong>rovare il padreche lo ha abbandonatoin una casafamiglia.Incontraper caso Samantha,parrucchiera, che accetta diaccoglierlo nei weekend. Ma Cyril nonvuole ancora l’amore che Samanthaè disposta a offrirgli, un amore cheinvece è indispensabile per guarirlodalla sua furia distruttiva. Raccontobressoniano di redenzione, in cui laGrazia è impersonata da una parrucchieradi buon cuore.Marcel Marx, bohemien,si è esiliatonella c<strong>it</strong>tà portualedi Le Havre, dovelustra le scarpe:sente di essere piùvicino alla gente sela serve. Abbandonatii sogni di scr<strong>it</strong>tore, vive nel triangolotra bistrot, casa e lavoro. La mogliesi ammala gravemente, ma lui cercadi aiutare un ragazzo clandestino africano.Alla fine, la sua classe umanaverrà ricompensata. Forse il film piùemozionante di tutta Cannes, con la suasemplic<strong>it</strong>à che ridicolizza l’ampollos<strong>it</strong>àdei vari Von Trier/Malick/Sorrentino.Volendo morire inmodo degno, unsamurai privo dimezzi domanda dicommettere unsuicidio r<strong>it</strong>uale nellaresidenza di unclan.Ma dietro ci sta una storia ben piùcomplessa, e soprattutto il desideriodi vendetta.Stupendo racconto di amore, mortee onore del grande Takashi, che siriallaccia alla grande tradizione delfilm di samurai e sforna un’opera dienorme rigore formale e insieme disecca icastic<strong>it</strong>à.[20] - il mese giugno \2011
vinc<strong>it</strong>ore Malick con il suo film dallo stilelisergico e dal contenuto misticheggiante,polpettone concettuale di scarsa profond<strong>it</strong>àma naturalmente osannato da buonaparte della cr<strong>it</strong>ica internazionale per lasua “artistic<strong>it</strong>à”, ci sono piaciuti l’ingleseLynne Ramsay con “We Need to Talk AboutKevin”, racconto del rapporto terrificantetra una madre e un figlio, l’israelianoJoseph Cedar con “Footnote”, esilarantecommedia di un padre e un figlio ingara per un premio, i belgi Jean-Pierree Luc Dardenne con “Le gamin au velo”,bressoniana storia del salvataggio di unragazzo difficile, e soprattutto il finlanedeAki Kaurismaki con il suo meraviglioso “LeHavre” (uno scandalo averlo ignorato neipremi finali), una storia di enorme uman<strong>it</strong>àattorno al tema dell’esilio e del diverso, ilgiapponese Takashi Miike di “Hara Kiri”,raffinatissimo racconto di onore e vendettasamurai, il turco Nuri Bilhge Ceylandi “Once Upon a Time in Anatolia”, v<strong>it</strong>ain una c<strong>it</strong>tadina tra detto e non detto.Nella media il Woody Allen di “Midnight inParis” e il Pedro Almodovar con il noir “Lapiel que hab<strong>it</strong>o”, molto deludenti il PaoloSorrentino con una furbata “americana”sulle orme di Wenders e Lynch ma contema impegnato all’europea, e soprattuttoil polpettone “Melancholia” di Von Trier, chesi salva solo grazie ai riferimenti p<strong>it</strong>toriciperaltro stucchevoli. Altri film che ci sonopiaciuti nella svariate sezioni: “Restless” di GusVan Sant, “Toomelah” di Ivan Sen, “Miss Bala” diGerardo Naranjo, “Arirang” di Kim Ki-Duk, “Horssatan” di Bruno Dumont, “Tatsumi” di Eric Khoo,“Loverboy” di Catalin M<strong>it</strong>ulescu, “Oslo 31 August”di Joachim Trier, “The Murderer” di Na Hong-Jin,“Wu Xia” di Peter Ho-Sun Chan, “Dias de Gracia”di Everardo Gout, “Atmen” di Karl Markovics,“Corpo celeste” di Alice Rohrwacher, “Play” diRuben Ostlund, “Porfirio” di Alejandro Landes,“Take Shelter” di Jeff Nichols, “Snowtown” diJustin Kurzel.l centro del mondoONCE UPON A TIME INANATOLIA di Nuri BilgePLAYdi Ruben OstlundPORFIRIOdi Alejandro LandesIl maggior registaturco descrive lav<strong>it</strong>a in un villaggioche si apparenta aun viaggio notturnoin mezzo alla steppaalla ricerca di uncadavere sepolto.L’impressione è che qualcosa di nuovoe di diverso stia per sorgere dietro ognicollina, nonostante le strade lunghe emonotone del tutto simili. Tra detto enon detto, affiorano sentimenti e sensidi colpa degli smarr<strong>it</strong>i protagonisti. Filmdi tensione e suspense trattenuti, digrande forza espressiva, che ti coinvolgeper gli interi 157’ che dura.Nel centro di Goteborg,un gruppodi ragazzi di coloredai 12 ai 14 annimolesta altri ragazzibianchi. 70 pianifissi per uno straordinariogioco di ruol<strong>it</strong>ra oppressi e oppressori che riposasull’uso della retorica delle gang distrada che adoperano una sottile edelaborata strategia del terrore, senzaricorrere a violenza fisica. Una analisifinissima e anche umoristica che contraddiceogni nostra idea preconcetta,ed insieme uno sguardo cr<strong>it</strong>ico sulleplacide socialdemocrazie del nord.In una c<strong>it</strong>tà alla periferiadell’Amazzonia,Porfirio è un uomoparaplegico ridottoa vendere dei minutidi telefono portatile.Confinato in unmondo ridotto alsuo letto e alla sua carrozzina, costrettoa portare dei pannolini, l’uomo sognadi poter volare. Crudissimo r<strong>it</strong>ratto diun’uman<strong>it</strong>à offesa, una rappresentazionemagistrale della v<strong>it</strong>a misera del Suddel mondo, dove contano solo violenzae sopraffazione, e un ottimo esempiodella rilevanza del cinema latinoamericanoattuale.cinema