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scarp150 - Caritas Torino

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la storiaAntico come l’Italia unitaI tapini e gli insospettabili,c’è un dormitorio a BresciaNei primi decenni dell’Italia unita, mentre lo stato era percerti versi latitante, furono le istituzioni ecclesiastiche a farsicarico dei poveri. Non sono molte le opere caritative, tuttavia,che hanno attraversato i 150 anni di storia unitaria del paese,rimanendo uguali a se stesse, pur rinnovandosi per far fronteai nuovi problemi. Una di queste è il dormitorio della SanVincenzo di Brescia, che da oltre un secolo continuaa ospitare chi vive sulla strada, anche se naturalmentei senza tetto sono profondamente cambiati, da allora.Il ricovero notturno fu inaugurato alla vigilia del Natale 1899con lo scopo di “provvedere ai bisogni della notte semprecattiva consigliera”, di offrire “al tapino, al malato, a chiin cerca di lavoro volge il suo passo errante, un tetto amicoe un buon letto”: così si legge nella relazione di bilanciodel primo decennio di attività. A volerlo fu il presidentedel Circolo della gioventù cattolica di Brescia, tal GiorgioMontini, padre del futuro pontefice Paolo VI, che decise dicondividerne la gestione con la San Vincenzo cittadina.Aperto nella contrada di Sant’Urbano, ai piedi del castelloche sovrasta il cuore della città, l’ostello era “un ampiocamerone, nel quale la luce e l’aria pura... penetranodai grandi e frequenti finestroni”, come scriveva un giornaledel tempo. Ci potevano stare al massimo 12 persone.Esclusivamente uomini.Il posto è rimasto lo stesso. Ma da allora molte cosesono cambiate. Oggi la struttura offre 44 posti letto e dàaccoglienza in media a 350 ospiti l’anno. Dal 1995, poi,all’ospitalità maschile si è affiancata la casa di accoglienzafemminile. Oltre alle camere, ci sono anche una mensa,un piccolo ambulatorio, un guardaroba, una lavanderia,un ufficio di assistenza burocratica. Insomma, da sempliceluogo di caritatevole accoglienza, il dormitorio si è trasformatoin strumento di reinserimento sociale, all’interno di una rete diservizi pubblici e privati.Ma ciò che più conta sono le storie della varia umanitàpassata per questo luogo. I loro volti raccontano la storiasociale di Brescia e del nostro paese. Per rendersene contobasta sfogliare i faldoni dell’archivio e affidarsi ai ricordi, comeha fatto Giuseppe Milanesi, volontario vincenzianodi lungo corso: «Negli anni Cinquanta del Novecentoil dormitorio era semplicemente un ostello per chi arrivavain città e non aveva punti di riferimento. In genere eranocontadini che venivano dalla provincia con la speranzadi diventare operai. Poveri ma non emarginati. I cosiddetti“barboni” arrivano solo tra gli anni Sessanta e Settanta: sonopersone che non lavorano, che vivono di espedienti. Qualcunoaddirittura per scelta, almeno così dice. Sono i senza dimoraideologici, quelli “contro”, che a un certo punto si confondonocon i tossicodipendenti. Gli anni Novanta e i primi anni 2000sono il periodo degli immigrati. E in quei due decenni lapressione si è fatta forte: ogni sera c’era la codafuori dal portone. Ora tutto è cambiato di nuovo. Glistranieri sono diminuiti e non c’è più chi fa la fila.Ma sono comparsi gli “insospettabili”,quelli che non ci si aspetterebbe di trovare qui:persone con disagi psichici che starebberomeglio in servizi psichiatriciperò assenti, lavoratori che hanno persoil posto e spesso anche la famiglia.Persone difficilmente classificabili come“gravemente emarginati”, “barboni,“clochard”, “senza tetto”... Gente normale.Che assomiglia molto di più a quellache veniva qui 50 anni fa. Con unadifferenza: guardano al futuro con moltameno speranza».Rimini, notte d’autunno.È freddo ma Andrea, 44 anni, originariodi Taranto, in Riviera da 15 anni, dorme perstrada, su una panchina. Fermo immagine.Perché è da film la scena che si impone auna ragazza che passa, e vede una torciaumana che si agita, e cerca di spegnersi.Sulla panchina di Andrea – n. 137, dicembre 2009Mi chiamo Filippo, sono nato a Cataniatanti anni fa. Nel 1994 mi trovavo in Inghilterra, a Liverpool,città natale dei Beatles. Ero andato a Liverpool perché avevouna storia con una donna inglese conosciuta in Sicilia,purtroppo però la storia finì male. Appena arrivai cercai subitoun posto per dormire; non avevo soldi neanche per farmiun panino. Scoprii che sotto la stazione c’era la metropolitana,feci un giro e notai una porta, di lì entrava il personale erimaneva aperta giorno e notte: feci una preghiera diringraziamento a Gesù, perché sarei rimasto al riparo dal freddo.Consiglio a tutti il volontariato – numero 129, marzo 2009aprile 2011 <strong>scarp150</strong>.19

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