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scarp de' tenis Il mensile della strada - Caritas Torino

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Un sereno soggiornonel cuore <strong>della</strong> natura più bella,da oltre mezzo secoloal vostro servizio Assistenza alla persona 24 ore su 24ACosta Valle Imagna, in provincia di Bergamo(950 m s.l.m.) ai piedi del monte Resegone,circondato dal verde e dall’incant tevole scenariodellePrealpi Orobie, si trova, in posizionesplendidamente panoramica e tranquilla,il ResidenceHotelPrimula.L’ ’hotel, dotato di ampi spazi comuni, sala ristoranteinterna tipica, sala lettura con caminetto, barcaffetteria, solarium al quarto piano e pineta,vi offre il meglio per le vostre vacanze.Dispone di camere doppie, singole e suite conservizi, TV-sat, cassaforte, telefono diretto,phhon, ascensore, biblioteca, servizzio lavanderia, L’ ’hotel è gestito direttamente dalla famigliaBrumana; mamma Pia, che si occupa <strong>della</strong> cucinavi vizierà con i suoi deliziosi manicaretti.Sara che vi accoglierà al vostro o arrivo in hotel.Andrea, laureato in scienze infermieristiche,responsabile del servizio di assistenza, sempre adisposizione per qualsiasi vostra necessità.Marta, la piccola di casa, iscritta all’istitutoalberghiero, addetta al servizio bar e ad organizzarepasseggiate per farvi ammirare le bellezze <strong>della</strong>nostra natura.<strong>Il</strong> tutto sapientemente diretto da papà Mario.Tuutta la famiglia ed il personale e sarannocostantemente impegnati perché vi sentiate a vostroagio, protetti, in un clima caloroso e sereno.Residence Hotel PrimulaVia XXIV maggio, 10424030 Costa Valle Imagna (Bergamo)Per informazioni:tel. e fax 035.865.277info@primulahotel.itwww.primulahotel.itCARMINTI STAMPATORE ALM MÈ BG 035541662 RIPRODUZIONE VIET TATA


sommario7Cos’èÈ un giornale di <strong>strada</strong> non profit. È un’impresasociale che vuole dar voce e opportunità di reinserimentoa persone senza dimora o emarginate. È un’occasionedi lavoro e un progetto di comunicazione. È il primo passoper recuperare la dignità. In vendita agli inizi del mese.Come leggerciScarp de’ <strong>tenis</strong> è una tribuna per i pensieri e i raccontidi chi vive sulla <strong>strada</strong>. È uno strumento di analisidelle questioni sociali e dei fenomeni di povertà.Nella prima parte, articoli e storie di portata nazionale.Nella sezione Scarp città, spazio alle redazioni locali.Ventuno si occupa di economia solidale, stili di vitae globalizzazione. Infine, Caleidoscopio: vetrinadi appuntamenti, recensioni e rubriche... di <strong>strada</strong>!Dove vanno i vostri 3 euroVendere il giornale significa lavorare, non fareaccattonaggio. <strong>Il</strong> venditore trattiene una quotasul prezzo di copertina. Contributi e ritenute fiscalili prende in carico l’editore. Quantoresta è destinato a progetti di solidarietà.Per contattarcie chiedere di vendereRedazione centrale - milanocooperativa Oltre, via Copernico 1,tel. 02.67.47.90.17fax 02.67.38.91.12 <strong>scarp</strong>@coopoltre.itRedazione torinoassociazione Opportunandavia Sant’Anselmo 21, tel. 011.65.07.306opportunanda@interfree.itRedazione GenovaFondazione Auxilium, via Bozzano 12,tel. 010.52.99.528/544comunicazione@fondazioneauxilium.itRedazione Vicenza<strong>Caritas</strong> Vicenza, Contrà Torretti 38,tel. 0444.304986 - vicenza@<strong>scarp</strong>de<strong>tenis</strong>.netRedazione riminiSettimanale <strong>Il</strong> Ponte, via Cairoli 69,tel 0541.780666 - rimini@<strong>scarp</strong>de<strong>tenis</strong>.netRedazione Firenze<strong>Caritas</strong> Firenze, via De Pucci 2, tel.055.267701addettostampa@caritasfirenze.itRedazione napolicooperativa sociale La Locomotivalargo Donnaregina 12, tel. 081.44.15.07<strong>scarp</strong>denapoli@virgilio.itRedazione CataniaHelp center <strong>Caritas</strong> Cataniapiazza Giovanni XXIII, tel. 095.434495redazione@tele<strong>strada</strong>.itFotoreportagePoveri noi! p.6Scarp Italia<strong>Il</strong> reportageSolidarietà, il valore che resiste alle scosse p.12L’inchiestaMercanti di fantasia p.22L’intervistaSonhora:«Ragazzi riprendetevi il futuro» p.26Scarp cittàMilanoMinori, non costi. La tutela è un diritto p.28In coda! La città in attesa p.32ComoLadri di pere e di biciclette p.37<strong>Torino</strong>San Salvario si incontra in Casa p.38GenovaFiori “tracciabili”, profumo di diritti p.40VicenzaLegami forti. Così si vince la mafia p.44RiminiRimesse in crescita. Non è tutto oro... p.46Firenze«Campo di mercatini. Si deve pur mangiare» p.48NapoliIn tivu vado io. Cioè Nessuno p.50SalernoAmico Trool, si naviga sicuri p.54CataniaAi giovani? Resta l’artigianato p.56Scarp ventunoDossierSono il sindaco e batto moneta... p.60Stili<strong>Il</strong> legno del Papa diventa villaggio p.65CaleidoscopioRubriche e notizie in breve p.69<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong><strong>Il</strong> <strong>mensile</strong> <strong>della</strong> <strong>strada</strong>Da un’idea di Pietro Greppi e da un paio di <strong>scarp</strong>e - anno 17 n. 163 luglio-agosto 2012 - costo di una copia: 3 euroPer abbonarsi a un anno di Scarp: versamento di 30 €c/c postale 37696200 (causale AbbonAmento SCArP De’ tenIS)Redazione di <strong>strada</strong> e giornalistica via Copernico 1, 20125 Milano (lunedì-giovedì 8-12.30 e 14-16.30, venerdì 8-12.30), tel. 02.67.47.90.17, fax 02.67.38.91.12Direttore responsabile Paolo Brivio Redazione Stefano Lampertico, Ettore Sutti, Francesco Chiavarini Segretaria di redazione Sabrina Montanarella Responsabile commercialeMax Montecorboli Redazione di <strong>strada</strong> Antonio Mininni, Lorenzo De Angelis, Tiziana Boniforti, Roberto Guaglianone, Alessandro Pezzoni Sito web Roberto Monevi, Paolo RivaHanno collaborato Aghios, Mario Agostino, Mr. Armonica, Andrea Barolini, Damiano Beltrami, Simona Brambilla, Lorena Cannizzaro, Domenico Capuozzo, Domenico Casale,Salvatore Couchoud, Claudio Corso, Stefania Culurgioni, Umberto D'Amico, Massimo De Filippis, Giuseppe Del Giudice, Maria Di Dato, Franck, Favour, Sergio Gatto, Sissi Geraci,Massimiliano Giaconella, Gianni, Silvia Giavarotti, Gaetano “Toni” Grieco, Alessandra Leardini, Bruno Limone, Stefano Malagoli, Paola Malaspina, Mirco Mazzoli, Mary, MisterX, Emanuele Merafina, Nemesi, Aida Odoardi, Marianna Palma, Daniela Palumbo, Michele Piastrella, Dionisie Pista, Cinzia Rasi, Paolo Riva, Letizia Rossi, Pamela Rossi, CristinaSalviati, Yamada Foto di copertina Ap Photo Foto Fabrizio Villa, Giulia Rocca, Riccardo Gallini, Archivio Scarp Disegni Silva Nesi, Luigi Zetti Progettografico Francesco Camagna e Simona Corvaia Editore Oltre Società Cooperativa, via S. Bernardino 4, 20122 Milano Presidente Luciano GualzettiRegistrazione Tribunale di Milano n. 177 del 16 marzo 1996 Stampa Tiber, via <strong>della</strong> Volta 179, 24124 Brescia. Consentita la riproduzione di testi, fotoe grafici citando la fonte e inviandoci copia. Questo numero è in vendita dal 15 luglio al 16 settembre 2012.Associatoall’UnioneStampaPeriodicaItaliana


PoverinoiVolti che raccontano storie. Intense.Anche se non sempre lineari. Gli ospiti<strong>della</strong> Locanda del Samaritano, centrodi accoglienza <strong>della</strong> <strong>Caritas</strong> diocesanadi Catania (tra loro, alcuni redattoridi <strong>strada</strong> e venditori catanesi di Scarpe Tele<strong>strada</strong>), hanno scelto dimostrare il proprio volto per raccontareche la povertà è condizione di vitadura, ma può fare rima con coraggioe dignità. E può toccare tutti, non solopochi designati. L’obiettivo che li haritratti è di Fabrizio Villa, fotogiornalistasiciliano: i suoi scatti, in un severobianco e nero, ma carichi di empatia,hanno dato vita a una bella mostra,realizzata nella città etnea nella primametà di giugno. E poi sono divenutistampe, vendute per raccogliere fondida devolvere ai servizi <strong>della</strong> <strong>Caritas</strong>per le persone senza dimora.Chi volesse acquistare una delle foto<strong>della</strong> mostra “Poveri noi” puòrivolgersi all’indirizzo:tele<strong>strada</strong>caritas@gmail.comFrancesco (in questa pagina, sopra) ha avuto problemi conla moglie, è stato allontanato da casa. Hanno attraversatoun brutto periodo. Ma ora sono tornati a vivere insieme.LemLem (sotto) proviene dall’Eritrea. Quando è arrivata a Catania, peril permesso di soggiorno, era al terzo mese di gravidanza.Ora si trova in una struttura di accoglienzaRoberto (pagina a destra) ha un passato da marito.Ed è padre di due figli, che purtroppo vede molto poco. Dopola separazione dalla moglie e la perdita del lavoro al supermercato,ha rischiato di finire per <strong>strada</strong>: lo ha salvato Scarp de’ <strong>tenis</strong>.Da quattro anni è redattore e venditore del giornale di <strong>strada</strong>.E ha ricominciato a mettere mattoni nell’edificio del suo futuro6.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012


fotoreportageluglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.7


Poveri noiLuigi (in alto a sinistra) è alla Locanda del Samaritanoda un anno circa. In passato ha avuto problemi di dipendenzada sostanze. Non ha familiari, i vecchi amici hanno ancoraproblemi di dipendenza. Ma lui ci sta provando, a mettersialle spalle i giorni peggiori: oggi vende per la cooperativaSolidaritas il giornale “La Sicilia”Rosario (in alto a destra) ha lavorato per vent’anni inuna fabbrica del nord Italia. Era sposato, ha quattro figli: dopola separazione dalla moglie ha avuto problemi di depressionee ansia, che non gli hanno permesso di continuare a lavorare.Arrivato a Catania, ha dovuto subire una serie di ricoveriin ospedale. La cui assistente sociale ha chiesto l’inserimentoin una struttura <strong>della</strong> <strong>Caritas</strong>. Da otto mesi è in Locanda.E non si arrende: Ha iniziato a lavorare in un’impresa di pulizieTony (a sinistra): una storia come tante, una storiadi separazione, solitudine e povertà. E volontà di ripartire:lavora come venditore di Scarp e di spazi pubblicitari.8.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012Wolf (foto grande a destra): un passato di abbandoni,prima da parte <strong>della</strong> famiglia di origine, poi quellache si era formato da adulto. Viene da un paesino <strong>della</strong> Germania.Ha trascorso un paio d’anni tra il dormitorioe un gruppo appartamento <strong>della</strong> <strong>Caritas</strong> di Catania.Parla poco l’italiano, ma dopo una lunga esperienzacome venditore del nostro giornale di <strong>strada</strong>, vissuta con passione,adesso ha trovato un lavoro come custode di un ostello


fotoreportageluglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.9


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anticameraAforismidi MerafinaIL TEMPO<strong>Il</strong> nostro tempoè cementoI SOGNII sogni sono gratise sono esauritiIO SONOIo non sono nessunoma nessuno è come meI ragazzi <strong>della</strong>torre del faroOltre l’estremo lembodel 21, la fierezza dei fortidorme agganciata al cielo,appesa alla speranzaassimilata dal buio<strong>della</strong> nottedalla luminescenzadelle stelle.Lì sulla “torre”il coraggio dei giustigrida silenzioso le ragioni,nel composto sfidaregli elementi accoglieredisagio e frustrazione,sconforto ed euforia.L’orgoglio logoratodall’attesa,la crudele vaghezzadel futuro,tengono insiemei capi <strong>della</strong> fune.Irriducibili acrobaticamminano nel vuotosenza rete.A voi compagnidi una diversa battagliadico: «Verrà l’aurora,sarà ancora bellae sarà il tempodi rotte fortunate,provvidenziali approdidove gettare l’ancora».Aida OdoardiCome un soffioDipingi la mia vitatemprando con esperienzail chiaroscuro<strong>della</strong> mia esistenza.Esalti il mio candido pensiero,spennelli di vivaci coloriil mio visocon grazia celestiale.Nel mantello <strong>della</strong> nottesai darmi ombraliberando il mio inconsciodalle angosceche lo assillano.Come un soffioil tuo sorrisomi accompagna nel sonno.Attendoun silenzioso risveglio.Cinzia RasiLa giusta <strong>strada</strong>Potremmo percorrerestrade giusteper sconfiggere l’ozioinutile e dannoso,camminare sui sentieridel futuro prosperoe cambiare ciò che non va.Non dobbiamo maiperdere la speranzao scoraggiarci…il tempo ci sarà amicoe, se leali,non ci abbandonerà mai.Chi potrà mai ostacolarela fiduciae la determinazione sesaremo fermi e vogliosi?Sarà un cammino soffertoe tortuoso,ma se saremo costantila giustiziaci renderà merito.Non dobbiamoabbandonarci per paura,paura di fallire,lottare per qualcosanon è mai un fallimento.I nostri cuoririsponderanno a chiunqueci domandi quanto è vivala nostra speranzaper staccarcida vite ormai passate,perse nel tempodell’incoscienza.Se crediamo nel futuro,il rispetto aumenteràcon valori forti e veri.La necessità farà di noil’esempio ricostruitodi novità e meraviglia.Affidarsi a un progettoriscatterà, con l’impegno,chi desideralasciare indietroquella vita passata.Domenico Casaleluglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.11


Balsamo terremotatoL’acetaia di Rivarino,un’importante fontedi sostentamentoper le attività del centrodi accoglienza La Lucciolae del ristorante La Lanternadi Diogene. <strong>Il</strong> sismal’ha compromessa. Ma le duestrutture continuano a operareSolidarietà,il valoreche resistealle scosse12.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012


Viaggio di Scarpnell’Emilia e nellaLombardia feritedal terremoto.Centri diaccoglienza,cooperativesociali, realtàdel terzo settore:anche il non profitrisente deglieffetti del sisma.Ma i suoi attorinon mollanoCi sono due fantasmi in questa storia. <strong>Il</strong> primo, si mormora, ogni tantofa capolino a Villa Chierici, la dimora settecentesca che ospita il Centro Emmanuel,a Carpi. È il fantasma <strong>della</strong> nobile signora che abitò la villa e che, si dice, non l’abbiamai lasciata... <strong>Il</strong> secondo fantasma, invece, è un incubo. Un incubo segnato dalle migliaiadi scosse che hanno mosso la terra di queste parti e che hanno ferito, e continuaa ferire, la “vita normale” di tante persone, quella vissuta nella proprie case, sulposto di lavoro, con i propri affetti.Ecco. Questa “vita normale”, il fantasma del terremoto l’ha spazzata via una priilreportagereportagedi Stefano Lamperticoe Ettore SuttiAttendati, ma indomitiIn alto, la tenda donata da <strong>Caritas</strong>Ambrosiana nel parcheggio davantiagli edifici <strong>della</strong> cooperativa<strong>Il</strong> Nazareno. Molte attività realizzatecon i ragazzi disabili (qui sopra,il teatro) sono state trasferitein capannoni sicuri o tendema volta il 20 maggio. E poi ancora dopopochi giorni. E poi ancora. E ancora. Aqualunque ora del giorno e <strong>della</strong> notte.Sotto il campanile pericolante«Abbiamo paura. E anche se le nostrecase sono ancora lì in piedi e sembranovolerci restare, noi abbiamo paura. Edormiamo in tenda». Chiara Bellardi,nerupsichiatra, responsabile <strong>della</strong> comunicazione<strong>della</strong> cooperativa socialeNazareno di Carpi. È la prima personache incontriamo in questo nostro viaggionel terremoto dell’Emilia. Un percorsodifferente dal solito. Le nostre tappenon sono i centri storici dei paesi distrutti,che altri hanno già raccontato eillustrato. Ma sono i centri <strong>della</strong> solidarietà,le strutture <strong>della</strong> cooperazione sociale,le comunità di accoglienza per disabilie persone vulnerabili. Per vedere,capire e raccontare come il terremoto hasegnato anche queste realtà. E per raccontareanche la straordinaria voglia dirialzarsi, di ricominciare.Chiara è la prima persona che incontriamo.Lavora a Carpi, al Nazareno,il network di cooperative sociali nato nel1989 dall’incontro tra Sergio Zini, attualepresidente, Marco Viola, attuale vicepresidentee direttore, e don Ivo Silingardi,sacerdote attivo da decenni nelcampo del disagio sociale. Lei di formazioneè neuropsichiatra, ma si occupaanche di comunicare le attività del Nazareno.E non solo.Nel cortile, di fronte alla villa cheospita il Centro Emmanuel, serviziodiurno per 25 malati psichici, c’è la grandetenda pneumatica che <strong>Caritas</strong> Ambrosianaha prestato, affinchè alcune attivitàdi sostegno dei disabili gravi possanoessere svolte in sicurezza. «Alcunedelle nostre strutture – spiega Chiara –sono state segnate dal terremoto e sonoancora inagibili. E così abbiamo dovutorisistemare le nostre attività in spazi diversi,trasformandone alcuni». Peresempio nei capannoni antisismici, cheospitano alcune attività <strong>della</strong> cooperativa,sono ammonticchiati divani e armadi.Sono delle famiglie di alcuni ospiti delNazareno che hanno la casa inagibile.Qualche famiglia è addirittura ospitataqui. Provvisoriamente. Fino a quando?«Anche gli uffici di Carpi, dove hannosede il servizio di formazione e inse-luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.13


Solidarietà, il valore che resiste alle scosseL’osteria Lanternadi Diogenenon smettedi sfornarepiatti di qualità.Ma gli avventori,dopo il terremoto,qui sull’arginedel Panaro,sono diminuitirimento lavorativo per persone con disabilitàe per adulti svantaggiati, svoltiper conto del comune di Carpi, sonochiusi. Molte delle attività delle cooperativevengono svolte all’aperto, altre sonostate riallocate in queste due struttureantisismiche».E così nello spazio rubato al magazzinodegli attrezzi e delle macchine perla cura del verde, è stato riadattato un laboratorioper le attività dell’Atelier Manolibera,sorto per avvicinare le personecon disabilità all’esperienza lavorativa.In questo spazio si lavora la carta, si realizzanobomboniere per cerimonia. E faun certo effetto. Fa un certo effetto vederecome queste attività di manualità“pregiata” siano lì, nello stesso capannonea fianco di grandi ceste dove ci sonopezzi per lavatrici e lavastoviglie daassemblare. «Un filone importante delleattività del Nazareno – racconta ancoraChiara – è il progetto di inserimentoUna vita per i piccoli con disagioEmma Lamacchia, neuropsichiatra.Da una sua intuizione è nata, piùdi trent’anni fa, l’esperienza <strong>della</strong>Lucciola, a Rivarino di Modena14.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012lavorativo per persone in situazione didisagio sociale: le attività vanno dallamanutenzione di parchi e giardini a laboratoridi assemblaggio di materialeelettrico».<strong>Il</strong> terremoto segnerà anche questeattività. Non solo le piccole e medie industrie<strong>della</strong> bassa, ma tutto il sistemadell’indotto, cooperazione sociale compresa.«Curiamo la manutenzione delverde – dice Luca Pavarotti, responsabiledi questa parte di attività del Nazareno–. Dopo il terremoto il lavoro è diminuitoe si è modificato. Siamo preoccupati.Gli enti pubblici, per i quali lavoriamo,erano già stretti nella morsa <strong>della</strong>crisi e dei tagli, ora saranno costretti adestinare molte delle risorse a fronteggiarel’emergenza post-terremoto».Anche la Casa delle Farfalle è a rischio.Di per sé, la struttura che ospita lacomunità residenziale per preadolescenti,nella canonica <strong>della</strong> vecchiachiesa di Fossoli, sarebbe anche agibile.Ma è il campanile lì a fianco che il sismaha reso pericolante. E così gli adolescenti<strong>della</strong> comunità residenziale, che eranoospiti nella casa, vedranno allungarsiil tempo delle loro vacanze. «I nostriragazzi ora sono a Cesenatico, in uncampeggio – racconta Franca Miccoli,responsabile <strong>della</strong> comunità –, poi si trasferirannoa Lido degli Scacchi fino asettembre. Poi, non so che succederà...».<strong>Il</strong> terremoto segna il presente e il futuro.Lo rende poco chiaro, nebuloso.«Ma non ci scoraggiamo – prosegueChiara Bellardi – e continueremo a lavorareper le persone più deboli, con sempremaggiore forza. E guardiamo al futurocon serenità». E chissà se il prossi-mo Festival internazionale delle abilitàdifferenti, la grande manifestazione chesi tiene a Carpi dal 1999, organizzataproprio dal Nazareno per puntare i riflettorisulla valorizzazione <strong>della</strong> persona,saprà raccontare con il linguaggiodell’arte, <strong>della</strong> pittura, <strong>della</strong> musica, dell’eccellenzain generale, come si superanoi traumi del terremoto, come sisconfigge la paura, come si può ricominciarea vivere con la serenità nell’animo.Anche quando si è portatori diuna fragilità antecedente alle scosse.Una boa alla quale aggrapparsiColtivare la speranza, anche quandotutti gli edifici in cui vivevi le tue giornatesono dichiarati inagibili, è impresanon da poco. Ma al centro La Lucciola,a Ravarino di Modena, sono abituati aquesto tipo di imprese. Emma Lamacchia,neuropsichiatra, è il direttore diquesto servizio, che da più di trent’annisi occupa di bambini e ragazzi con disabilitàfisiche e psichiche.«I nostri bambini – racconta, mentredal parco, in sicurezza, diamo unosguardo alle crepe degli edifici storici delcentro – hanno una vita molto dura,continuamente, ogni giorno attraversatadalla dolore, dalla precarietà, dal buio.L’unica maniera per aiutarli era quelladi insegnare loro che esiste una vita migliore,che domani può essere più bellodi oggi». Lo insegnano con esperienzeconcrete. Fino a due mesi fa nei locali<strong>della</strong> villa storica e degli edifici circostanti,da poche settimane lì, in mezzoal campo, sotto i tendoni, unico luogosicuro. E alla Lucciola i lavori che coinvolgonoi bambini e i ragazzi sono lavo-


il reportageCiesseviVolontariamo.com, un sitoper chi vuole dare una manori lenti, semplici, lunghi. Che hanno lostesso sapore dell’aceto balsamico invecchiatonell’acetaia, e che è andatoperso. O lo stesso colore <strong>della</strong> lana tosatadalla pecora e trasformata in coperta.O lo stesso profumo delle erbe officinalicoltivate nel grande orto e servite a tavolaal ristorante La Lanterna di Diogene,attività-costola <strong>della</strong> Lucciola, che dà lavoroa uomini e donne, che da ragazzihanno frequentato il centro. «<strong>Il</strong> terremotoha segnato la nostra e la loro vita inmaniera drammatica – osserva EmmaLamacchia –. E segnerà anche il nostrofuturo. Ma non possiamo fermarci. LaLucciola è per i nostri bambini una boadi salvataggio, alla quale aggrapparsisempre». E per fortuna alcuni enti e associazionisi sono prodigati per procurarei prefabbricati necessari ad affrontareil periodo invernale e per coprire lespese di messa in sicurezza degli edificilesionati. L’attività <strong>della</strong> Lucciola, proprionon si deve fermare.Disdette alla LanternaA pochi chilometri di distanza da Ravarinodi Modena, a Bomporto, sull’arginedel Panaro, c’è La Lanterna di Diogene.Si chiama così il ristorante, che è insiemeun sogno e un’opportunità di lavoro.«La Lanterna di Diogene – raccontaGiovanni – è una cooperativa sociale natadai sogni di alcune persone, per darerisposta al desiderio che quasi tuttiesprimono quando devono affrontare ilmondo del lavoro: fare un mestiere chepiace, che dia soddisfazione, insieme apersone con le quali si sta bene. Volevamocostruire un’attività dove potesserolavorare anche persone con problemiÈ on-line il sito terremoto.volontariamo.com, gestito dagli operatoridel Centro di servizio per il volontariato di Modena e dedicato all’emergenzaterremoto. Diverse le sezioni a disposizione dei cittadini: da come donarealle richieste dai territori, alle indicazioni per consegnare il materiale raccolto.Tutte le informazioni vengono costantemente aggiornate dagli operatoridel Centro. «Abbiamo cercato di muoverci rapidamente, come volontariato,perché quello che possiamo fare noi con i volontari è complementare, diversodall’operato <strong>della</strong> Protezione civile – spiega Angelo Morselli, presidentedell’Asvm, associazione che gestisce il Centro di servizi per il volontariatodi Modena –. Ci sono volontari appartenenti alle associazioni del territorio chesi stanno occupando <strong>della</strong> distribuzione dei pasti o dell’animazione nei campi:è necessario riconquistare ora quel senso di comunità che la perdita <strong>della</strong>casa o delle certezze di una vita possono mettere in crisi. È poi fondamentale,per noi – aggiunge il presidente – il raccordo, nell’operare, con la Protezionecivile, per capire le esatte necessità del territorio colpito dal terremoto,e con il Forum del terzo settore di Modena». Per quanto riguarda la presenzadi volontari nei luoghi colpiti dal sisma, il Csv di Modena raccoglie – tramiteil sito – le disponibilità dei singoli cittadini, per poi organizzare la risposta.(sindrome di down, psicosi, paralisi cerebraleinfantile), dove il lavoro fosse costruitoinsieme, cercando di andare incontroagli interessi dei collaboratori.Così abbiamo iniziato a pensare cosa cisarebbe piaciuto fare: coltivare la terra,allevare gli animali, trasformare tuttoquesto in piatti da offrire ai clienti in unaosteria. Nel 2003 sono nate la cooperativa,la fattoria con allevamento di animali(galline, maiali, pecore, conigli) e lacoltivazione di ortaggi e alberi da frutta,un vigneto di trebbiano per la produzionedi aceto balsamico tradizionale diModena. Nel 2006 finalmente abbiamoinaugurato l’osteria, dove tutto quelloche ci dà la terra viene trasformato inCucina, un bel lavoroQui e sopra, ragazzie volontarie <strong>della</strong> Lanternadi Diogene preparanotortelloni, rigorosamentea mano, per il ristorantepiatti da offrire agli avventori. La nostracucina è quella tipica emiliana, semplicee genuina, con sapori ormai dimenticati,un luogo legato alle tradizioni e alloscambio, dove incontrare la diversità.I prodotti che non provengono dalla nostraazienda vengono selezionati traquelli di agricoltori vicini, che con passioneproducono salvaguardando il territorio».Diogene, ad Atene, girava con laLanterna accesa in pieno giorno. Percercare l’uomo autentico. Anche qui,sull’argine del fiiume, la Lanterna èsempre accesa. Per dire che la vita puòessere vista anche con gli occhi di un’altrapersona. Per dire che la vita è più bel-luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.15


il reportagela se si fa un lavoro che piace e dà soddisfazione.E lo si legge, questo, negli occhidi Caterina, mentre racconta comesi fa il tortellone più buono che si sia maiassaggiato, o in quelli di Nicola, mentreaccoglie l’arrivo di un fornitore di vino escarica le casse, pronte per il magazzinoe per essere servite agli avventori. Gli avventori.Già. Sta qui il problema. Dopo ilterremoto sono fioccate le disdette. «Ladomenica successiva alla prima scossa –riassume Giovanni – avevamo tutti i tavoliprenotati, 60 coperti. Uno dopo l’altro,tutti hanno disdetto. Ora, noi nonchiediamo aiuti ma diciamo: venite amangiare da noi». <strong>Il</strong> gruppo Slow Fooddell’Emilia Romagna ha già risposto all’appello.Così come alcuni clienti chesono tornati al ristorante.Mani Tese si riconverteA pochi chilometri di distanza, la tappasuccessiva. Ci aspetta Gaia, al magazzino<strong>della</strong> sede locale dell’ong nazionaleMani Tese, a Massa Finalese. Gli oggettidel mercatino dell’usato, anche qui,hanno lasciato spazio ai generi di primanecessità. Casse di acqua, coperte, lettini,generi di sussistenza. Dove fino a ierisi poteva fiutare l’affare, un mobile anticoda acqusitare con poche centinaiadi euro, un vestito usato poco e ancoraben tenuto, un oggetto di antiquariatoparticolare (finanziando nel contempoprogetti di cooperazione internazionale),oggi c’è altro. Anche lettini e brandesistemate per accogliere famiglie rimastetemporaneamente senza alloggio. Eche, la branda, non l’hanno avuta neppurenei campi allestiti dalla Protezionecivile.Fuori, pronti per l’animazione delLà dove c’era il mercatinoA Massa Finalese, antiquariato, abitie oggetti di Mani Tese han lasciatospazio ai generi di prima necessitàpomeriggio nei campi autogestiti dallapopolazione, ci sono i volontari che sonoarrivati dall’Aquila. «Mani Tese si èimpegnata, in accordo con gli altri enti,per l’animazione nei campi, il supportopsicologico, la cura del gioco per i bambini»,dice Gaia. Secondo lo spirito,quello dello sviluppo dei popoli, che dasempre contraddistingue l’impegnodell’associazione. «Ci siamo cambiatiprovvisariamente l’abito. E il Sud delmondo, almeno per un po’ di tempo, lasciaspazio al servizio per la gente deinostri luoghi, per quelli che erano i nostrivicini di casa che faticavamo a salutare.Qui al magazzino raccogliamo generidi prima necessità e poi li distribuiamocon i volontari nei campi informali,nella tendopoli di Massa Finalese».<strong>Il</strong> capannone rimane un porto di mare.Sempre pronto all'accoglienza. Ci sonoanche le tende arrivate da altri gruppi eassociazioni. La solidarietà non si ferma.Anzi, riparte. Più motivata di prima. .<strong>Il</strong> cuore e i dialetti degli italianiGiornata al magazzino <strong>Caritas</strong>: aiuti da ovunque, distruibuiti tramite i centri d’ascoltodi StefanoMalagoliArrivano un po’ da tutte le parti d’Italia, con furgonistracarichi di merce; facce stanche per lunghi viaggi (ancheda Napoli, in giornata) ma contente di essere a Finale per portaresolidarietà agli emiliani costretti a fare i conti col terremoto.<strong>Il</strong> magazzino <strong>della</strong> Delegazione regionale <strong>Caritas</strong> è attivo daiprimi giorni dopo il sisma nel polo industrialedi Canaletto, alle porte di FinaleEmilia, in un capannone messo a disposizionecon generosità da un privato.Filippo, giovane di Cavezzo che dimostradi voler impiegare bene i suoi 20anni, trascorrendo un periodo <strong>della</strong> suaestate come responsabile nella gestionedel magazzino, spiega come è organizzatoil lavoro. «Qui arrivano merce e aiutida ogni parte: noi accogliamo, siste-miamo, ringraziamo e poi ridistribuiamoquanto la generosità <strong>della</strong> gente portaqua dentro». C’è di tutto: generi alimentariin primis, soprattutto cibo nondeperibile, in scatola e a lunga conservazione;poi prodotti per l’igiene e la cura<strong>della</strong> persona, generi alimentari e nonper la prima infanzia, acqua, tende dacampeggio, giochi e vestiti, davvero tantivestiti che non ci stanno più nel magazzinoe sono ora stivati in un containernel piazzale esterno. Con Filippo, segnostraordinario <strong>della</strong> generosità delterritorio, c’è anche Sandro. «Ho decisodi dare una mano qui al magazzino <strong>Caritas</strong>– spiega –. E lo faccio gratuitamen-luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.17


Solidarietà, valore che resiste alle scossete. Sono in cassa integrazione, per un annoancora. E allora ho deciso di impiegareil mio tempo per chi ha bisogno».<strong>Il</strong> magazzino <strong>della</strong> Delegazione regionaleè a servizio di tutte le <strong>Caritas</strong> parrocchialie delle comunità delle zone colpitedal terremoto. «Qui infatti – continuaFilippo – arrivano soprattutto gli incaricatidelle parrocchie a prelevarequanto serve alle persone che, ad esempio,non fanno riferimento ai campistrutturati <strong>della</strong> Protezione civile; quelliche stanno nelle cosiddette “tendopolispontanee” o che vivono in zone isolatee lontane dai centri più popolosi e chenon hanno voluto lasciare la loro abitazione,adattandosi magari in qualche sistemazionedi fortuna all’esterno, comunquenon troppo distante da casa,per tenerla d’occhio. Saranno poi gli incaricatidelle <strong>Caritas</strong> parrocchiali a distribuirenelle loro zone gli aiuti».Da Bolzano al VesuvioCapita che al magazzino arrivi anchequalche singolo cittadino, benché lastruttura non sia propriamente destinataalla distribuzione diretta degli aiuti. Lerichieste sono le più varie: arriva il padrecol bambino al seguito e se ne va con trematerassi, alcuni giochi e due biciclettinee «se poi vi arriva una piscinetta vengonei prossimi giorni a prenderla…» ;Disoccupati, volontariSandro e Filippo, volontari al magazzino <strong>della</strong> Delegazione regionale <strong>Caritas</strong>a Finale Emilia. Arrivano da Bologna e Cavezzo. Sandro è cassaintegrato,Filippo proprio a causa del terremoto ha perso il lavoro...oppure giunge l’operaio che ha appenafinito di lavorare e passa a chiedere unaborsina per la cena. Per tutti l’indicazioneprincipale è rivolgersi alle <strong>Caritas</strong> parrocchiali,ma l’aiuto è comunque assicurato.Le giornate passano sistemandola merce: dalle 9 fin verso le 13 in mattinata,poi pranzo con i pass <strong>Caritas</strong> alcampo Robinson <strong>della</strong> Protezione civilea Finale e di nuovo in magazzino a sistemarefino alle 19 circa. Ogni tanto arrivala telefonata di Luca Manfredini, il responsabile<strong>della</strong> Delegazione regionale<strong>Caritas</strong>, che annuncia l’arrivo di un “carico”.«Verso le 18 arriva la <strong>Caritas</strong> diocesanadi Napoli». Benissimo: e infatti,mentre ci si prepara per chiudere il magazzino,ecco tre pulmini stracarichi ditutto partiti alle 9 del mattino da sotto ilVesuvio e giunti dopo oltre nove ore diviaggio a Finale: benedetti per questa faticaccia…«Abbiamo fatto il giro dei fornai perprendere il pane fresco di San Sebastianoal Vesuvio e portarlo qui», dice padre Enzo,a capo <strong>della</strong> delegazione partenopea,che porta una ventata di allegria mediterraneaal magazzino. Lo scarico <strong>della</strong>merce è una collaudata e vociante catenadi passamano scandita dai «vabbuò»e dai «sient’amme, faccimme accussi»: inpoco tempo il magazzino si riempie delL’ombra pericolante dei campanili,Nel mantovano circa duemila senza tetto. Nei campi rimasti aperti molte persone che già18.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012Avvicinandoti, nemmeno ti accorgi che Mantovaè stata colpita dal terremoto. La città ti accoglie in tutta la suabellezza; solo i locali sanno che il sisma ha fatto crollare il cupolinodel campanile di Palazzo Ducale. Ma il terremoto hadanneggiato, anche in maniera seria, alcuni edifici storici, cherisultano in parte chiusi o transennati.Una situazione che si è fatta sentire immediatamentesul versante turistico:quasi del tutto vuota, la città, nonostantetutto sia stato messo in sicurezza, epraticamente tutti i luoghi di interessestorico siano visitabili. Ma la paura dinuove scosse sembra avere la meglio.«Nel mantovano – racconta il direttore<strong>della</strong> <strong>Caritas</strong> diocesana, GiordanoCavallari – si registrano danni in un’areaestesa per 60-70 chilometri, da Suzzara aFelonica, a pochi chilometri (ma a norddel Po) da Finale Emilia, uno degli epi-centri. In pratica, due terzi dei comunidel mantovano hanno subito danni didiversa entità. Secondo la Protezione civile,circa 1.800-2mila persone non hannopiù una casa in cui rientrare, e a costorobisogna aggiungere chi ha registratodanni di diversa entità. I più colpiti sonostati gli edifici storici: sono circa 120le chiese con problemi di stabilità. Sonostate chiuse, e con esse le canoniche e inmolti casi gli oratori. Non perché tuttiinagibili, ma in attesa di mettere in sicurezzachiese e campanili, che rischianodi cadere su queste strutture».Centri d’ascolto in azioneLa <strong>Caritas</strong> diocesana di Mantova si è subitomobilitata per mettersi al fianco <strong>della</strong>popolazione in difficoltà. «Abbiamo da


il reportage“cuore grande di Napoli”, che si sommaal “cuore grande degli italiani”. I colori el’esuberanza tutta napoletana erano statipreceduti dalla visita <strong>della</strong> <strong>Caritas</strong> diBolzano: con metodo e precisione tipicamente“austro-ungarici” sono entratie hanno chiesto di cosa c’è bisogno, si sonocomplimentati per l’ordine e la tenutadel magazzino e poi sono ripartiti. Eancora: il passaggio dei vicini e simpaticiromagnoli dalla <strong>Caritas</strong> di San Marino-Montefeltro con Moris, responsabile <strong>Caritas</strong>e capo scout, che insieme a due giovaniin pantaloncini e fazzolettone al collohanno scaricato un pulmino di succhidi frutta, scatolame vario e altre derrate,prima <strong>della</strong> foto per documentare leoperazioni di consegna e <strong>della</strong> partenzaper il ritorno nella Romagna solatìa. E altricarichi giungono da Genova, Cremona,Brescia, Padova...E ancora non è finita. Da Montevarchiil parroco porta con sé alcuni giovanidell’oratorio e qualche animatore e siinforma se per le prossime settimane c’èbisogno di aiuti in termini di presenza fisicaal magazzino. È questo il bello <strong>della</strong>solidarietà: si annulla la differenza tra chidà e chi riceve e ci si rende conto di esserein una determinata situazione, tuttaparticolare, che non tiene conto in alcunmodo di quello che si è, ma solamente diquello che si fa. Per gli altri. .Suzzara«Nel campo problemi sospesi,speriamo almeno nell’edilizia...»La situazione tornando lentamente alla normalità. E,paradossalmente, per alcuni il terremoto può trasformarsi in un’opportunità.L’associazione San Lorenzo di Suzzara, creata dalla diocesi di Mantova edalle parrocchie <strong>della</strong> zona, funge da centro ascolto per quattro comuni(oltre a Suzzara, Pegognaga, Monteggiana e Gonzaga), un bacino di circa40-45 mila abitanti. «Prima del terremoto seguivamo circa il 2% <strong>della</strong>popolazione – spiega il presidente, Bruno Staffoli –. In pratica venivanoda noi circa 400 persone a settimana, con le richieste più varie, e noigarantiamo risposte base: docce, cibo, vestiario e mobili; per tutto il resto(prestiti, assistenza legale e finanziaria) ci appoggiamo ad altri servizipromossi dal centro diocesano. L’utenza media era formata da famigliestraniere, praticamente senza reddito (o con reddito saltuario) con minimodue figli. Ma poi c’è stato il terremoto...».E così, in pratica, spiega Matteo Amati, responsabile del Centro Casadell’associazione, «la stragrande maggioranza delle persone che seguivamosono finite nei campi <strong>della</strong> Protezioni civile e <strong>della</strong> Croce rossa. Noi siamointervenuti nei campi, rispondendo a richieste particolari, soprattutto perquanto riguarda gli alimenti per bambini, il vestiario e l’animazione. Mamolto è nelle mani <strong>della</strong> Protezione civile, che in un certo senso ha preferitogestire tutto da sola». Ora, però, con la chiusura dei campi, il nodo di chinon ha più una casa si aggiunge a quello di chi già non l’aveva. «Di fatto –continua Amati – le persone hanno vissuto un periodo di sospensione deiproblemi. Chiusa la fase <strong>della</strong> prima assistenza, la drammaticità di certesituazioni è tornata a farsi sentire. Chi era in affitto ha difficoltà a reperireuna nuova abitazione. Chi invece viveva in una casa di proprietà si ritrovaeconomicamente destabilizzato. L’unica consolazione è che le aziendeda noi non hanno avuto danni e che, verosimilmente, nella fase del dopoterremoto sarà incentivato il comparto edile, in cui molti nostri assistitipossono sperare di trovare lavoro...».che ne sarà dei vulnerabili?prima presentavano problemi sociali. Sono i più deboli: i comuni da soli non ce la fannoInterventi <strong>Caritas</strong>, ecco come donareGli interventi <strong>della</strong> rete <strong>Caritas</strong> si protrarranno nelle aree terremotate peranni, a sostegno dei bisogni sociali delle comunità.Ecco come donare; indicazioni più precise sui siti internetwww.caritasitaliana.it e www.caritas.it<strong>Caritas</strong> Italiana Causale: Terremoto Nord Italia 2012• c/c postale n. 347013• Banca Popolare Etica, via Parigi 17, RomaIban: IT 29 U 05018 03200 000000011113• UniCredit, via Taranto 49, RomaIban: IT 88 U 02008 05206 000011063119<strong>Caritas</strong> Ambrosiana Causale: Terremoto Emilia Romagna 2012(offerta detraibile o deducibile fiscalmente)• c/c postale n. 13576228 intestato a <strong>Caritas</strong> Ambrosiana ONLUS• Credito Artigiano, intestato a <strong>Caritas</strong> Ambrosiana OnlusIban: IT16P0351201602000000000578subito sfruttato la nostra organizzazione– continua Cavallari –, utilizzando la retedei centri di ascolto e dei servizi di accoglienzadislocati nel territorio. Diocesi eparrocchie si sono unite per promuoverequesti centri, affidati in gestione a onlus.Nello specifico abbiamo mobilitatola San Lorenzo, con base a Suzzara, e laSan Benedetto, con base a Quistello. Inostri operatori e i volontari, essi stessicolpiti dal sisma, si sono subito adoperatiin favore delle persone costrette a lasciarele propria casa. In pratica abbiamoaffiancato, e in alcuni casi ancora lofacciamo, come a Quistello e a San Giacomodelle Segnate, la Protezione civile ela Croce rossa nell’assistenza agli sfollati,andando a colmare eventuali carenzeluglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.19


o richieste di aiuto particolari. <strong>Il</strong> tutto èstato reso possibile dalla grande disponibilitàdi volontari e operatori locali, maanche dall’immediata solidarietà offertada <strong>Caritas</strong> Italiana e dalle altre <strong>Caritas</strong>diocesane e delegazioni regionali d’Italia.Questo ci ha permesso di agire in frettae con le giuste modalità. In pratica abbiamosubito posizionato tensostrutturedi ampie dimensioni in grado di svolgerele funzioni di centro parrocchiale,alcune hanno ospitato i Gres estivi, estiamo valutando il posizionamento dialtre nel territorio. Anche perché i tempidi intervento per la messa in sicurezzadegli edifici appare incerto e, in molti casi,di non breve durata».In balia di se stessi?Terminata la fase dell’emergenza, i diversicampi di accoglienza, anche informali,realizzati nel mantovano stannochiudendo, e le persone senza casa vengonoconcentrate nei due grandi insediamentidi Moglia e SanGiacomo delle Segnate.«Nei campi abbiamo trovatobuona parte dellepersone che già seguivamotramite i nostri centridi ascolto – ragiona Cavallari–: famiglie immigrate,anziani soli o con disabilità,nuclei di italiani monoreddito.Persone in difficoltàe che magari vivevanogià in situazioni abitativeal limite, cui ilRicoveri di fortunaterremoto ha dato la spallatafinale».Quistello, i letti sottoil tendone del tennisPer costoro, è previstoun contributo economicodi 100 euro a persona, finoa un massimo di 600 euro al mese perchi ha la casa inagibile. Soldi che dovrebberoservire a trovare alloggi alternativi.«<strong>Il</strong> rischio – conclude Cavallari – èche una volta superata la fase di primaemergenza queste persone siano lasciatein balia di se stesse, con, in più, il problemaabitativo da risolvere. Per questostiamo lavorando a stretto contatto conle amministrazione locali, anch’esse ingravi difficoltà, per cercare soluzioni sostenibiliper tutti. Compresi i tanti abitantidi queste zone del mantovano chelavoravano nelle aziende di Mirandola,oggi inagibili: le azioni del futuro dovrannodare risposte anche a loro». .il reportageLa storiaElena, che dorme in macchinae fa centro d’ascolto tra le tendeElena ha un sorriso per tutti. E tutti la conoscono nei campitendati che accolgono i terremotati dei comuni di San Benedetto Po,Quistello, San Giacomo delle Segnate, Quingetole e Poggio Rusco, inprovincia di Mantova. «Dobbiamo costringerla a riposarsi – dice l’assessorealle politiche sociali di Quistello, Claudio Crespi –; se fosse per lei sarebbesempre qui al campo». Elena Mossini è la responsabile del centro di ascoltodell’associazione San Benedetto. Anche lei è terremotata: la sua casa hasubito danni ed è costretta a dormire in macchina. Ma lei non sembra darcipeso. «Seguiamo un bacino di circa 20 mila persone – racconta – e giàprima delle scosse assistevamo circa 300 nuclei familiari, per un totale dicirca 900 persone. <strong>Il</strong> 41% delle persone che abbiamo in carico sono italiani:un trend in costante crescita, che non accenna a diminuire».In tre giorni, dopo il terremoto, il centro di ascolto <strong>Caritas</strong> si è trasferitodentro ai campi tendati <strong>della</strong> Protezione civile di Quistello e San Giacomodelle Segnate. «In tutto abbiamo seguito 300 persone nel campo diQuistello, 340 a San Giacomo, 30-40 a San Benedetto e altri 280 a PoggioRusco – continua Elena Mossini –. E stiamo parlando solo delle persone chenon hanno la possibilità di soluzioni abitative alternative! Passata la grandepaura, nei campi sono rimaste le persone più fragili (anziani, famiglie senzareddito o già vulnerabili). Noi ci siamosubito attivati per “coprire” le richiesteche la Protezione civile non era in gradodi affrontare nell’immediato, distribuendoin particolare alimenti e indumenti perbambini o materiale per igiene personale.Poi, grazie al costante rapporto con leassistenti sociali dei comuni interessati,abbiamo iniziato a lavorare sull’ascoltodelle persone, per cercare di individuarepercorsi di uscita dai campi».«A Quistello – spiega l’assessore Crespi –sono rimaste circa 50 persone nel campo(poi chiuso, ndr). Resta il problema <strong>della</strong>zona rossa nel centro storico, tutta chiusaper paura che il campanile crolli sulle case circostanti. Abbiamo stanziato250 mila euro per la messa in sicurezza <strong>della</strong> chiesa e per predisporrecontainer in cui trasferire le attività commerciali del centro storico, ma lasituazione resta difficile. Abbiamo già fatto oltre un migliaio di verifiche eben 250 case (su una popolazione di 5.800 abitanti) risultano inagibili. Se aciò si aggiungono l’inagibilità di comune, biblioteca e scuole, è facile capirela drammaticità <strong>della</strong> situazione. Da soli non ce la possiamo fare».San Giacomo delle Segnate ospita uno dei due campi destinati a restareaperti una volta conclusa la fase <strong>della</strong> prima emergenza. «Finora lasituazione – spiega il vicesindaco, Marzia Bertolasi – è rimasta sottocontrollo. Ora, però, la paura sta lasciando spazio alla disperazione». Tuttoil centro di San Giacomo è zona rossa, anche qui a causa del campanileche incombe su un raggio di 57 metri. Nessuno può rientrare, anche chi hala casa a posto. «<strong>Il</strong> campo è un mondo sospeso – ragiona il vicesindaco –,in qualche modo è un luogo protetto e asettico, che garantisce un letto eil cibo, e soddisfa le necessità. Uscire significa per molti affrontare la realtà,ovvero il fatto di non avere più la casa, o i soldi per metterla in sicurezza, oancora un lavoro (tantissimi nostri concittadini lavorano nelle imprese, oggichiuse, di Mirandola). Noi contiamo 500 persone con case inagibili, tantefamiglie che erano già in difficoltà, tantissimi anziani. E poi dovremorimettere in sesto scuole, servizi, negozi. Collaboriamo con le risorse locali,a cominciare dalla <strong>Caritas</strong>. Ma da soli potremo davvero poco».luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.21


Artigiani e hobbisti: sulla bancarella, la passione di una vitaMercantidi fantasiaViaggio tra i mercatiniestivi: boom,nell’ultimo decennio,di ambulanti chela merce se la fannoda soli, proponendoi prodotti <strong>della</strong> propriacreatività. A chi lo faper hobby interessadi più l’apprezzamentodei visitatori.Ma per molti èun lavoro cui si sacrifical’intera settimana.E sbarcare il lunarioè forse la parte piùdifficile dell’attività...22.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012di Stefania CulurgioniDice, alla gente che passa, di fermarsi per provare i suoi giochini. «Visalva i neuroni – ripete con la erre parigina –, vi fa funzionare le sinapsi! E li ho fattiio, a mano». Ma fa caldo, un caldo d’afa che appiccica i vestiti, che soffoca ogniguizzo di creatività, che spegne la voglia di mettersi alla prova, e così nessuno siferma. I passanti si trascinano con lentezza da una bancarella all’altra, le gettanouno sguardo da pesce affranto, passano oltre. E d’altronde, la fiera di Sinigaglia nonè neanche più quella di una volta, dove oltre alle bici rubate a due soldi trovavipunkabbestia che arrotolavano bracciali, barbuti giovanotti che tagliavano sul momentoborsette di cuoio o ragazze cheinfilavano perline per creare collane. sare, le persone sono troppo passive, perTutto è omologato alle più tradizionali loro è più facile guardare la televisione obancarelle da mercato: vestiti, libri usati,magari qualche pezzo antico d’arre-senza valorizzare il lavoro e la ricercagiocare alla playstation. Passano tuttidamento, ma il tavolino ricoperto di antropologica che c’è dietro, perché iovelluto nero di Marie, a cui sono attaccatele sue creazioni colorate e fatte in te culture. Sa chi si ferma? Solo qualcheper inventarli ho studiato i giochi di tan-ferro, ha sinceramente poche speranze professore che comprende cosa c’è diediattirarsi intorno una certa folla.Non è la clientela giusta, e servirebbeun contesto un po’ più speciale perapprezzare i suoi lavori: «Questi sonogiochi d’ingegno fatti a mano – raccontalei, che ha 45 anni, è originaria di Parigima è venuta in Italia attratta dal Belpaesee dalla sua cultura –, sono fatticon le pinze e sono di ferro. Vedi questo?– dice, mostrando una specie ditriangolo con dei cerchietti intorno –:servono cento movimenti per trovarel’uscita, è come un labirinto, e fa funzionarele sinapsi e i neuroni».Marie è bionda, ha i capelli lunghi,parla italiano con una forte cadenzafrancese, dovrebbe pur fare un certo effetto,ma i suoi occhi tradiscono delusionee amarezza. Vorrei dirglielo, checosì non ha speranze di attirarsi clientela,ma lei mi precede: «Ho imparato dasola e ci metto un’ora per farne uno solo,di questi giochini. Giro tutte le fiere emi impegno moltissimo, ma è moltodifficile perché la gente non vuole pen-


tro, che vale la pena acquistarne un pezzoa pochi euro e giocarci».E questo è tutto: pochi acquirenti epochi euro di guadagno. Ma intantoMarie con la sua bancarella ci deve vivere,perché non ha un altro lavoro:«Riesco giusto a pagarmi le bollette –confida –, ma di fatto posso definirmipovera». E come lei ce ne sono tanti,tante storie e tanti profili diversi, in quelpopolo variegato e inafferrabile di chi fadel proprio artigianato il suo mestiere, ilsuo strumento di sussistenza. Persone,insomma, che non hanno una bottega,ma che vivono vendendo oggetti da lorocreati nei mercatini per <strong>strada</strong>, sfruttandola loro passione e la loro abilità,puntando tutto sull’originalità del prodotto,frutto di fantasia e manualità.Difficile fare una mappaCapire quanti sono in Italia non èun’impresa tanto facile. Numeri precisi,in realtà, non ce ne sono. Una cosa infattiè parlare dei venditori ambulantiche hanno una bancarella e vendonooggetti acquistati dai grossisti, un’altrainvece è parlare di quelli che la merce“se la fanno” da soli, con le loro mani,usando la loro testa, il loro talento, e poila vendono. Entrambe le categorie vivonofacendo le fiere e i mercati. Ma solola seconda crea, inventa, pensa, quasi“partorisce” l’idea di un nuovo oggetl’inchiestaCreartL’orgoglio di Alan l’hobbista:«Lo stipendio “paga” la passione»<strong>Il</strong> suo accento ancora marcatamente americano funziona allaperfezione per insistere con enfasi su un concetto che ripeterà per tuttal’intervista: «Noi non siamo artigiani, anzi noi non li sopportiamo proprio,gli artigiani. Perché si fingono hobbisti creativi e invece sono solocommercianti che comprano gli oggettini dai rivenditori cinesi e li piazzanosul mercato come se fossero i loro». <strong>Il</strong> signor Alan, 69 anni, ex direttoremarketing <strong>della</strong> Levis, è l’inventore di Creart, l’associazione che raccogliequalcosa come 600 iscritti, tutti hobbisti, che partecipano alle sessanta trasagre, fiere e feste di paese sparse ogni anno tra la provincia di Lecco eMilano . «Vorrei spiegare meglio che cosa intendo per hobby – precisaAlan –: un’occupazione che riguarda casalinghe, operai e qualunque altrolavoratore, che la sceglie però come passione. Con lo stipendio primariosi mantiene la passione, insomma, non il contrario: non è la bancarella chefornisce un guadagno per vivere. Chi la vive in questo modo è un cosiddettoartigiano, e non è proprio la categoria che più amiamo...».Creart nacque nel 1997 a Imbersago, paesino sull’Adda lecchese, quandola Pro Loco organizzò un mercatino di antiquariato. Ebbe un enormesuccesso, arrivarono 132 piccoli stand, da lì si decise di portare la“creatività” fuori dal contesto di quella festa a tema. «Gli hobbisti creativifanno di tutto – spiega Alan –: bigiotteria, decoupage, cucito, pizzi, ricami,oggetti in ferro, vetro, borse, dipinti, modellismo, scultura, borse in pelle.Ma li fanno con le loro mani, con la calma e la tranquillità di chi ha giàun reddito e nell’artigianato esprime una passione. Secondo noi, chi dicedi fare l’artigiano e di vivere vendendo le sue creazioni, in realtà le compragià pronte in via Settembrini a Milano (<strong>strada</strong> dove ci sono moltissimigrossisti cinesi di qualunque chincaglieria e oggetto, ndr)». Alan continuaspiegando il motivo di tanto fastidio: «Gli artigiani delle bancarelle fannoconcorrenza sleale ai negozianti, l’hobby invece è creatività, passione,amore non legato al denaro».Agli hobbisti non serve tirare su i soldi per vivere, ma solo quelli chebastano per comprare la materia prima, che serve per ricominciare a creare.C’è chi nel week end tira su 50 euro, chi invece nulla; dipende anchedalla fortuna, ma più che altro alle sagre si partecipa per il gusto di stareinsieme. Come quando, sulla sponde del fiume o tra le colline brianzole,Creart organizza il suo mercatino. Alan lo si trova sempre, con il suo hobbydi organizzare gli hobbisti. E il puntiglio di espellere quelli che scopre nonessere i veri autori dei loro prodotti.to da esporre, sperando che colpiscal’interesse dei passanti e addirittura neapra il portafoglio, convincendoli acomprarla. Ma distinguere le due categorie,sfogliando i dati ufficiali, non è facile:«Sul registro imprese non è possibileindividuare chi tra i venditori ambulantiproduca in modo artigianale glioggetti che vende – spiega AntonellaBarberis <strong>della</strong> Camera di commercio diMilano –; nelle statistiche compaionotutti come commercianti ambulanti.L'unico dato che riusciamo a individuareè quello degli ambulanti che vendonoarticoli di bigiotteria e chincaglieria,attività spesso molto artigianale».Concentrandoci quindi su questidati, ecco che cosa viene fuori: la cittàitaliana in cui se ne sono registrati di piùè la multiculturalissima Palermo con1.453 venditori, seguita da Napoli con941, da Lecce con 712, da Milano con453 e Salerno con 415. Altissima la percentualedi stranieri extracomunitariche si dedicano a questo tipo di commercio;abbastanza complicato capirese si tratti quindi di semplici rivenditorio di veri e propri artigiani.Marco Accornero, segretario generaledell’Unione commercianti <strong>della</strong>provincia di Milano, amplifica il tema,facendo un’ulteriore divisione, introdu-luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.23


cendo una nuova sfumatura nella categoriadegli ambulanti “creativi”.Tra hobbisti e artigiani«Io direi che ne esistono due: gli hobbistie gli artigiani – spiega –. Gli hobbistisono coloro che hanno hobby manuali,fanno ricami, decoupage, dipingono suceramica, trasformano insomma la loroabilità non professionale in uno strumentodi guadagno. Partecipano a sagree mercatini, feste patronali e iniziativedi paese, hanno il loro banchetto e vendonoil frutto del loro lavoro, ma nonhanno una partita Iva. Si tratta per lo piùdi casalinghe, pensionati, persone chehanno già un primo lavoro, ma che usanoquesto per arrotondare». In pratica,queste persone non hanno un’abilitàeccelsa, altrimenti l’avrebbero trasformatanella loro prima, unica e principalefonte di reddito, ma hanno una passionee la sfruttano per farci qualche soldo,ma soprattutto per il piacere diesporne i prodotti. Legalmente, dunque,sono hobbisti, ma in realtà vendonoanche loro e sono un po’ sul filo <strong>della</strong>legalità. «Fanno un po’ di concorren-La carica degli hobbisti nelle fiere di paese:«Bello vendere. Di più ricevere i complimenti»Se piove a dirotto le persone non escono di casa. Se è variabile le personemagari se la rischiano, ma sono sempre sul chi va là, poco propense a rilassarsidavanti a una bancarella, con l’ombrello al gomito e il naso rivolto all’insù.Conoscere la psicologia del passeggiatore da mercatino a un certo puntodiventa fondamentale per chi, come hobbisti e artigiani, vende i propri oggettinelle sagre di paese. Serve a sapere quanti e quali affari ci si può aspettareda una giornata, se gli incassi saranno alti oppure a zero. Anche se questo nonè essenziale per tutti. Vale infatti la distinzione fondamentale: gli hobbisti hannogià un lavoro e usano la bancarella per arrotondare, gli artigiani ci devonocampare. Gli hobbisti magari sono pensionati o casalinghe, a volte operai oimpiegati, con un’abilità che diventa il loro secondo lavoro, ma il primo obiettivoè esporre le proprie creazioni, dare sfogo alla passione; racimolare qualcosa èsolo lo scopo ulteriore. Ben vengano insomma i soldi, ma se non vengono nonmuore nessuno. Tiziana Fedeli abita a Pioltello (Milano) e fa lavoretti di cucito:copertine per bimbi, tovaglie, bavaglini, magliettine. «C’è sempre interesseintorno alla mia bancarella – confessa –, ma le vendite sono basse». FrancaRanzenigo, anche lei di Pioltello, dipinge a mano piastrelle con facce di cani egatti: «Se lo facessi come unica professione non arriverei a pagare le bollette –rivela – ma sono un’hobbista e già è tanto ricevere complimenti. Quando lamanifestazione è bella, è organizzata bene, quando sono venute tante persone,vado a casa contenta». Anna Perelli invece vende vasi di cristallo, bracciali,collanine, anelli, spille. Abita a Canonica d’Adda e ha sempre un buon giro dicuriosi intorno al suo tavolino. «Spesso accade che per tutta la fiera nonsucceda niente, non si venda – dice –. E poi, all’improvviso, all’ultimo momento,qualcuno decide di comprare...».Montascale Stannah.Per le tue scale,scegli il meglio.Siamo gli specialisti dei montascale.Per la tua tranquillità scegli la competenza del n° 1 al mondo,garantita da oltre 500.000 clienti e da più di 16 anni dipresenza in Italia. Amiamo il nostro lavoro e con impegno epassione mettiamo a tua disposizione la nostra esperienza.Progettiamo su misura per te e la tua casa.Per darti il massimo <strong>della</strong> sicurezza, <strong>della</strong> praticità d’uso e deldesign, costruiamo uno a uno i nostri montascale a misura<strong>della</strong> tua casa e delle tue esigenze.800-818000Chiamata gratuitaLun-Sab 8.00/20.00www.sta nnah.itAbbiamo la più ampia gamma di modelli.Solo con noi hai la libertà di scegliere il montascale che più tipiace, tra 7 modelli e 70 diverse combinazioni. Stannah offresoluzioni diverse e personalizzate per tutte le esigenze e tuttele tasche.Abbiamo una garanzia in più: il servizio!Con Stannah hai un’assistenza certa, veloce ed efficace,in tutta Italia. Dal primo contatto a dopo l’installazione, ciimpegniamo a essere sempre al tuo fianco.Persone di cui fidarsi. Dal 1867.


l’inchiestaza agli artigiani veri e propri, che invecehanno la partita Iva – continua Accornero–. E infatti a differenza di questi ultiminon hanno costi d’impresa, nondevono avere un commercialista, vendonoa prezzi più bassi perché tantohanno già un’altra occupazione. Capirequanti sono è molto difficile, molti si registranocome girovaghi».La seconda categoria è invece, appunto,quella degli artigiani che hannosede e partita Iva, e fanno questa attivitàcome unico mestiere. «La sede può ancheessere il garage di casa – continua ilsegretario Accornero –, o uno scantinato,un sottoscala, un seminterrato dovelavorano dal lunedì al venerdì, dallamattina alla sera. È il lavoro che hannoscelto come fonte di sussistenza, si impegnanomolto e nel fine settimana vannoa vendere i loro oggetti in tutta Italia».Un incremento enormePelletteria, bigiotteria, legno, ma anchericami e piccoli restauri: le specializzazionisono tantissime e i luoghi di venditasono tutti quelli che offre l’Italia dellepiazze e delle manifestazioni. Non negozio punti fissi insomma, ma sagre, festedi paese, lungomare in estate emercatini d’inverno. «Negli ultimi diecianni c’è stato un incremento enorme diquesto settore – continua Accornero –,forse perché si sono moltiplicate le occasionicollettive di festa. La crisi peròha colpito anche questi artigiani che, adifferenza degli hobbisti che magari rinuncianoa farlo, non si fermano neanchecon la pioggia, la neve, il vento, il solebattente e non temono le avversità deltempo. Ogni occasione, per loro, è unapossibilità per aumentare il fatturato».Difficile, peraltro, capire a quantoammonti, mediamente, ilgiro d’affari: «Per giustificareuna giornata di venditacon la bancarella devifare almeno 300 euro –spiega Accornero –: sono isoldi per ripagarsi benzina,affitto del marciapiedechiesto dal comune, costidei materiali. Questi artigianicostruiscono gli oggettida lunedì a venerdì ehanno solo sabato e domenicaper venderli. Si capisceche non è una vitafacile...»..La storiaRosi, le ochette e il marciapiede«Si campa anche di segnalibri»Passano centinaia, forse migliaia di persone ogni giorno. E leine vede solo i piedi. Vanno e vengono, aspettano l’autobus, si dirigono versola metro, camminano verso il lavoro, escono per la pausa pranzo, entrano inun bar a prendere un caffè. Piedi veloci, piedi con i tacchi, piedi dentro i sandali,da soli, a quattro a quattro, piedi e caviglie che si evitano, si incrociano, sisfiorano. Rosi (foto sotto) sta sempre nello stesso punto, seduta su unseggiolino da spiaggia, il cappellino blu calato ben oltre la fronte, la testapiegata sul grembo dove tiene il segnalibro su cui lavora. Ha 47 anni,è un’artista di <strong>strada</strong>, vive di pochissime cose e ha un aspetto, diciamo,vissuto. La prenderesti per una clochard che occupa il tempo facendo creazionidi carta, ma quando le parli scopri che ha una casa, due figlie, un compagnoe che occupa lo stesso mezzo metro di marciapiede, nella stessa piazza diMilano, a Cadorna, da 17 anni. <strong>Il</strong> suo lavoro? Fabbricare segnalibri e quadretti.Ogni giorno otto ore, sanza sosta e senza lanciare richiami a chi passa.Semplicemente, chi vuole si ferma, guarda e compra. Tutti gli altri passanodritti, le lanciano uno sguardo perplesso, incuriosito, muto. E lei sta sempre lì,immobile, a disegnare, circondata da uccellini a cui dà il pane: «I miei amici»,confessa. La sua è una storia travagliata e sofferta. Aveva 17 anni quandocominciò a scappare di casa: «Ero giovane, avevo la testa un po’ strana,cercavo la libertà – confida –. Ero un po’ selvatica, diciamo, non andavod’accordo con i miei genitori. Ho preso qualcosa come 107 denunce perscomparsa, mi riprendevano e scappavo di nuovo, speravo di trovare la fortunain qualche modo e invece no, è andata in un altro modo». Rosi, adolescente,nata a Venezia, ha girato vivendo di espedienti, facendo la vita di <strong>strada</strong>.È stata anche aggredita da un uomo che aveva conosciuto per caso e di cui siera fidata: «Vivevo con l’ansia e la paura – rivela –; quando sei giovane fai tantecavolate e non ci si rende conto. La vita di <strong>strada</strong>, chi non la fa, non può capireche cosa significhi». <strong>Il</strong> suo viso, però, ne parla a lungo. Ne parlano la cicatricesul labbro, la pelle segnata dal sole e dalla polvere, le mani ingrossate chelavorano il gesso sui cartoncini. Rosi disegna ochette al chiaro di luna, fiori efarfalle, poi li ricopre con la plastica e li infila nel suo librone, una specie di bookdi opere. «Un giorno, dopo la fuga definitiva, incontrai un madonnaro –continua –. Gli chiesi: caspita, quindi si può disegnare per terra? Lui mi regalòi suoi ultimi colori e mi lasciò a custodire il suo disegno. Feci un sacco di soldicon il disegno di un altro. Io mi misi solo lì a rifinirlo. Ma intanto imparavo».E infatti con gli anni Rosi ha trovato il suo modo per vivere. «Ho scelto Cadornaun po’ per caso, mi piace, è un luogo di passaggio – dice –-. Lavoro dalle 8alle 17.30, ma non ho orario fisso, dipende come vala giornata. Faccio segnalibri, quadretti, cerco diarrangiarmi, dipingo col gesso. In una giornata non c’èuna quota fissa, a volte faccio 30 euro, altre 40, altre 10altre 15, non tutti i giorni sono uguali. Vendo i mieioggetti a 2,50 euro, le persone passano, parlano, siavvicinano, tante le conosco, mi sono fatta degli amici euno di loro mi ha fatto un sito internet, rosedirosi.com».Con i pochi soldi che guadagna, paga le bollette <strong>della</strong>casa comunale in cui vive e mantiene le due figlie,la maggiore delle quali, 22 anni, è partita per Londra.«Mi sono indebitata con le mie amiche per mandarcela –dice – e ora fa la tata, mentre l’altra cerca lavoro». Leiinvece resta a Cadorna, con gruppetti di passeri chesfidano il traffico <strong>della</strong> piazza per beccarle il pane dallemani, e uno zaino di colori, di libri, di disegni. .luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>. .25


«Ragazzi, insiemeriprendetevi il futuro»Disco di svolta dei Sonhora: più rock, più sociale, appello alla condivisionedi Daniela PalumboFratelli in tourLa copertina di La storia parte da qui,nuovo disco dei Sohnora.A destra una bella immaginedei fratelli Fainello, veronesi.Per seguire il tour dei Sohnora:www.sonhoraofficial.comwww.facebook.com/sonhora26.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012Sono giovani, sono carini, hanno successo. Ricetta facile: per uno o dueanni spesso funziona. Ma loro resistono da più tempo, esattamente dal 2008, annodell’esordio sanremese, segno che sotto la veste patinata c’è qualcosa di più. I Sonohrasono famosi non solo in Italia, ma anche in America Latina. E in Giappone. Ifratelli Luca e Diego Fainello sono di Verona, hanno rispettivamente 30 e 26 anni e sonoal loro terzo album di inediti. Un album storico, almeno stando al titolo: La storiaparte da qui. Con questo disco i Sonohra tracciano una linea di confine fra ciò che erano– un duo per teenager – e ciò che vogliono essere, da oggi in poi.«Per noi inizia una nuova era – racconta Luca, il maggiore dei fratelli, autore deitesti –. Dal punto di vista musicale siamo andati verso un suono più rock, con sonoritàpiù energiche e potenti, più decise, meno stereotipate. Oggi facciamo molta piùsperimentazione di ieri, d’altronde dalnostro esordio a Sanremo siamo cresciutie abbiamo acquisito una maggiochispesso sono in casa, o magari sono lecolpa che è difficile da estirpare. Gli orrematurità musicale, abbiamo voglia di persone più vicine, quelle di cui ti fidi, glisperimentare strade diverse. E adesso è il insospettabili. Le vittime restano tali permomento giusto per ripartire».sempre se non si trova il coraggio di parlare,di denunciare. Solo così si ha la pos-Anche dal punto di vista dei testi,non ci sono più solo amore e libertà... sibilità di rinascere. Non c’è altra via perQuesto album ci rappresenta nella musicae nelle tematiche, l’abbiamo fortevamofar emergere l’urgenza di parlaretornare a vivere. Con <strong>Il</strong> cielo è tuo volementevoluto, infatti l’abbiamo prodottoin proprio, noi e Carlo Cantini che ci Tu hai scritto anche il Re del nul-per non restare vittime per sempre.segue dall’inizio. La collaborazione di la...grandi autori (Ruggeri, Finardi, oltre a É una canzone contro i reality televisiviRoberta Di Lorenzo, e al bravissimo rapperMicheal Adrian), ci ha dato forza per stanti. Perché questo è un tempo fatto diche attecchiscono come piante infe-rompere con gli schemi e certe traiettoriedel passato, e fra l’altro è un onore per gazzi, li illudono che sia facile arrivare alillusioni, c’è chi specula sui sogni dei ra-noi. I testi di questo album affrontano successo. Vendono sogni a buon mercato,spacciano la notorietà per tutti, maanche tematiche sociali ma non potrebbeessere altrimenti, non ci si può voltaredall’altra parte, fare finta di niente. Abnitii tempi in cui giravano tanti soldi e cicosì fanno loro del male. Inoltre, sono fibiamoparlato di ciò che ci colpisce di si arricchiva in fretta nel mondo dellopiù.spettacolo. Forse era così prima, ma laAvete affrontato il tema degli abusisui minori con una canzone dove questo ambiente. <strong>Il</strong> re del nulla è coluicrisi ha toccato pesantemente anchesollecitate le vittime a parlare, a che diventa famoso perché va in tv, madenunciare, per far uscire allo scopertogli orchi...mese e nessuno si ricorda più di lui. Bru-senza nessun merito. Tempo qualcheIo ho conosciuto una ragazza che aveva ciato. Per arrivare al successo occorronovissuto questo terrificante dramma. Non invece tanta gavetta, tanti no, tante portesbattute in faccia, altro che facile! I rea-riesci più a venirne fuori. A vivere normalmente.Ti porti dentro un senso di lity rappresentano per tanti giovani una


l’intervistafronti <strong>della</strong> politica e dell’economia riguarditutti. Però che senso ha parlarciaddosso e smettere di investire nel futuro?Noi pensiamo che la forza dell’uomo,dei giovani, sia proprio quella di riprendersiin mano il futuro attraverso laforza dei singoli individui che si mettonoe lavorano insieme per il bene comune:avere uno scopo condiviso fa bene all’animoumano. È quello che abbiamoscritto insieme a Eugenio Finardi e RobertaDi Lorenzo nel brano La storiaparte da qui.Fra i vostri fan ci sono ragazzi cosiddetti“di seconda generazione”,figli di stranieri (ancora) senza cittadinanzanel nostro paese, pur essendovimagari nati. Da che partestanno i Sonohra?Non abbiamo dubbi: noi siamo per dareloro la cittadinanza italiana, sono italiania tutti gli effetti. Siamo un paesevecchio, lo dicono le statistiche e allora,a maggior ragione, perché rifiutare il futuro?<strong>Il</strong> nostro paese su certi temi dimostradi essere arretrato. Nelle altre nazioniè da tempo così, perché chi arriva inun paese che non è il suo vuole solo unfuturo; noi invece lo neghiamo. È ingiusto.Oltre che antistorico, perché loro costruisconoanche il nostro domani..La storiaPrimi passi nei locali del Gardaoggi collaborazioni internazionaliLa storia parte da qui (Sony Music) è il nuovo discodei Sonohra. I fratelli Fainello suonavano insieme da quando eranogiovanissimi, avendo partecipato a numerosi concorsi musicali e maturatouna lunga esperienza (nonostante la giovane età) live, in particolare neilocali del lago di Garda. In quegli anni, Luca e Diego si sono appassionatialla musica pop rock degli anni Settanta e Ottanta, con una specialepredilezione per il blues storico.La storia parte da qui è annunciato come l’album di svolta verso unamaturità musicale più compiuta. L’album è composto da undici brani, settein italiano e quattro in inglese, che trattano d’amore e di temi sociali, comela violenza sui minori e la crisi di valori <strong>della</strong> società.<strong>Il</strong> nuovo lavoro dei due veronesi, che sulla pagina di Facebook annotano 322mila fans, è stato masterizzato nei celebri Sterling Sound Studios di NewYork da Ted Jensen, che ha lavorato con artisti come i Police, Norah Jones eMadonna. <strong>Il</strong> duo veronese ha lavorato al disco con artisti di lungaesperienza: la star del panorama folk internazionale Hevia, e poi EnricoRuggeri, Eugenio Finardi, Roberta Di Lorenzo, la band americana deiSecondhand Serenade e il rapper Michael Adrian.L’album contiene: Moonrise, <strong>Il</strong> cielo è tuo, Liars, <strong>Il</strong> re del nulla, Ciò che vuoi,The night is ours, Nuda fino all’eternità, La storia parte da qui, Si chiamalibertà, It’s much too late, L’amante di Lady Chat, Andromeda, The sky is yours.scorciatoia. Vuoi diventare famoso indue giorni? Basta andare in tv.Voi la gavetta l’avete fatta?Sì, suoniamo da tanti anni. Siamo statiin posti piccoli e piccolissimi, con pocosuccesso e qualche umiliazione, ma siamostati anche fortunati, non c’è dubbio.Sanremo ci ha aperto le porte ma per restarea galla devi avere del talento, insiemealla fortuna. La gavetta ti insegna adare valore alla tua passione, che noncrolla di fronte agli insuccessi.Litigate spesso tu e Diego per lamusica?A volte, come tutti i fratelli. Ma d’altraparte a sanare in fretta i dissapori ci aiutaproprio il fatto di essere fratelli, di avereperseguito per anni la stessa passione.Poi in fondo ci completiamo: Diego curagli arrangiamenti musicali, io faccio itesti. I ruoli distinti aiutano.La crisi economica, il lavoro, la politica.Dove li collocate nelle vostrecanzoni?Noi parliamo ai ragazzi e alle ragazze disperanza. Non una speranza insensata,vaga. Pensiamo che il disagio nei conluglio- agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.27


milanoTempo di crisi e tagli, gli interventi per ragazzi in stato di disagiosi fanno “leggeri”. Ingiusto e irrazionale: denuncia <strong>Caritas</strong>-CncaMinori, non costila tutela è un dirittoMilanoTutti in coda! Viaggionella città che aspettaComoLadri di pere e biciclette,si ruba per sopravvivere<strong>Torino</strong>La Casa del quartiere,San Salvario ha un centroGenovaCrisi nelle serre in Riviera:diritti dai fiori “tracciabili”VicenzaLegami sociali fortiper vincere le mafieRiminiRimesse in aumento,ma non è tutto oro...FirenzeCampare di mercatini,si deve pur mangiareNapoliIn tv ci vado io.Vale a dire NessunoSalernoAmico Trool, i minoripossono navigare sicuriCataniaGiovani senza lavoro,resta l’artigianato...28.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012di Ettore SuttiMario è un bimbo disabile di 8 anni, che non ha una presenza educativache lo sostenga durante le ore scolastiche. Questo perché la riforma Gelmini hatagliato i posti degli insegnanti di sostegno, per favorire un risparmio di costi. Maquanto costa alla società rinunciare a una risorsa che lavora non solo sul singoloalunno, ma sull’intero gruppo classe, per incidere su fragilità e insicurezze?Ahmed non ha grandi prospettive per il futuro, perché quando compirà 18 anni nessunopiu paghera per lui la retta che gli garantisce alloggio, vito e accompagnamentoeducativo nella comunità dove è ospite. Ahmed sta ancora studiando (gli ospitidelle comunità non vanno tutti a lavorare a 16 anni): che possibilità può avere di trovareun alloggio e un reddito che gli permettano di finire gli studi? La comunità do-ve è ospitato, in autonomia, ha approntatoun progetto di accompagnamento partenza, nella corsa <strong>della</strong> vita. E cosìper i ragazzi come lui, che rappresentanoil futuro del nostro paese ma di cui lo minore, e il futuro del nostro paese, di-viene da chiedersi: può la tutela di unstato, dopo averne garantito magari per pendere solo dalla disponibilità di risorseeconomiche?anni il mantenimento, sembra dimenticarsi.«Noi crediamo che la tutela del minoreServia e una bambina egiziana di 9 anni, debba essere un bene di tutti – spiega ilche vive con la mamma affetta da disturbipsichiatrici: un ricovero in una cotasAmbrosiana, Matteo Zappa – e ciòresponsabile del servizio minori di Carimunitapotrebbe sollevarle temporaneamenteda un compito troppo gravolitacomune, a cui istituzioni e societa ci-chiede l’assunzione di una responsabiso,ma il comune in cui risiede non disponedei fondi necessari per attivare trarsi. A maggior ragione in questo parvilenon possono assolutamente sot-l’inserimento.ticolare momento storico, nella quotidianitadel lavoro sociale ed educativo,Giulia ha 4 anni e due genitori che hannoperso casa e lavoro. Da giorni dorme siamo di fronte alla difficolta di comein macchina con la famiglia: non c’é un tradurre in scelte concrete questo “dovere”di tutela del minore, a causa diluogo che possa accoglierli insieme. I genitori,spaventati dall’idea che i servizi molteplici fattori tra cui emerge, consociali possano separarli dalla figlia, preferisconoandare avanti così, piuttosto sponibili».grande evidenza, quello delle risorse di-che chiedere aiuto.Maria, 14 anni, è spesso sola, perché la Non si parla solo di “sfigati”madre, unico genitore, riesce a procurarsisolo lavoretti occasionali senza ora-<strong>Caritas</strong>, in giugno, ha dedicato un con-Ma chi sono i minori sotto tutela?ri, e nel paese in cui vive non ci sono luoghiper il tempo extrascolastico a cui lei ma <strong>della</strong> loro tutela. «Parliamo – contivegno,insieme a Cnca Lombardia, al te-possa accedere gratuitamente. Così è nua Zappa – di ragazzini provenienti dacostretta a passare tanto tempo sola e a famiglie non in grado di adempiere aiimparare ad autogestirsi.propri doveri genitoriali. Questo non significanecessariamente famiglia mal-Mario, Ahmed, Giulia e Maria: bambinicome tutti gli altri, ma svantaggiati, in trattante: ci sono casi di abuso e mal-


<strong>scarp</strong>milano<strong>Il</strong> progettoArtemide, con le neo-mammeLa nascita di un figlio e i suoi primi anni di vitarappresentano una fase critica, in cui le famiglie sono esposte da unpunto di vista sia socio-economico, sia psicologico e relazionale. Parteda qui il progetto Artemide, nato dalla collaborazione tra <strong>Caritas</strong>Ambrosiana e le cooperative del consorzio Farsi Prossimo. <strong>Il</strong> progetto hal’obiettivo di sostenere e accompagnare nuclei familiari in difficoltà neiprimi anni di vita dei loro figli, attivando collaborazioni con le <strong>Caritas</strong>parrocchiali, i centri di ascolto e le reti di volontariato dei territori.É rivolto a genitori, in particolare madri, con figli da 0 a 3 anni che hannoproblemi economici, sociali o relazionali e che hanno bisogno di unsupporto e di un accompagnamento. Artemide risponde alle necessitàdelle neo-mamme e delle famiglie, attraverso la progettazione e larealizzazione di percorsi individualizzati e integrati di aiuto, l’attivazionee lo sviluppo di reti di prossimità tra famiglie che abitano nello stessoterritorio. <strong>Il</strong> progetto offre alle famiglie, in particolare alle madri,la possibilità di ricevere aiuti materiali, incontrare operatori professionalicon cui poter condividere le proprie difficoltà e con i quali progettarepercorsi concreti per rispondere ai bisogni e affrontare i problemi.Accanto al lavoro individuale, è offerta alle mamme la possibilitàdi partecipare a gruppi di sostegno tra mamme e a incontri tra famigliein cui viene favorito lo scambio di competenze ed esperienze relativeall’essere genitori e alla cura dei bambini. Questo contribuiscea diminuire il rischio di isolamento e dà la possibilità di non affrontareda soli l’avventura del diventare genitori.trattamenti, ma nella grande maggioranzaci si trova di fronte a un’incuriaconseguente alla fragilità che caratterizzauno o due dei genitori, magari permotivi di salute o a causa <strong>della</strong> perditadel lavoro. C’è poi tutto un capitolo cheriguarda le famiglie monoparentali (inmassima parte mamme con bambini) ele loro difficoltà a trovare luoghi protettie vigilati dove lasciare i propri figli durantele ore di lavoro, oltre al capitolo deiminori stranieri non accompagnati.Credo sia importante sottolineare che inItalia esiste un diritto alla tutela che dovrebbeessere garantito. Dico dovrebbe,perchè a causa del continuo taglio dellerisorse da parte dello stato, non semprequesto è possibile. Ma uno stato che nonsi preoccupa dei propri figli più fragilinon è uno stato lungimirante, perchènon è in grado di garantirsi un futuro».Sempre meno fondi disponibili<strong>Il</strong> diritto alla tutela, e dunque il doverea garantirne l’esigibilità, è una responsabilitàpubblica, cioè dello stato.luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.29


<strong>scarp</strong>milanoQuesto significa che potenziare o depotenziarequesto settore di interventi èuna responsabilità politica ben precisa.«<strong>Il</strong> problema dei fondi nel corso deglianni si sta facendo sempre più sentire– continua Zappa –, al punto che alcunescelte (leggi lo sviluppo dell’affidofamiliare, strumento assolutamente efficace,sia chiaro) spesso sono motivatedalla carenza di fondi pubblici, anzichéda una convinzione educativa: l’affido,per esempio, garantisce costi molto minoririspetto a una comunità di accoglienza.Ma un progetto di affido non significaparcheggiare un minore in unafamiglia e lavarsene le mani, bensì costruirgliattorno un progetto in grado diintervenire anche e soprattutto sulla famigliadi origine, per favorire il rientro. Epoi ci sono casi per cui l’affido non funzionao non basta, e si devono aprire leporte delle comunità».Leggerezza senza progettiNelle comunità di accoglienza glistandard qualitativi e quantitativi sonocresciuti moltissimo durante gli anni. Ei costi per i comuni sono bloccati da anni,ma stanno diventando sempre piùinsostenibili, per le casse esangui deglienti locali. «Dato l’affievolirsi dei trasferimentidallo stato – conclude Zappa –l’invio in comunità di un minore, a menoche ci sia un provvedimento da partedel tribunale, rischia di non essere attivato.Oggi sempre più si assiste a interventi“leggeri”, la cui leggerezza non èdettata dalla progettualità, ma dalla necessitàdi spendere poco. Quello che serveè invece riaffermare l’importanza dilavorare sulla tutela, per garantire dirittiadeguati a tutti e, cosa altrettanto importante,affrontare spese sociali minoriin futuro, quando i ragazzi avrannoraggiunto la maggiore età. Interventi diqualità su un minore e la sua famiglia richiedonocosti importanti, ma hannospesso esiti positivi in tempi medio-brevi.Intervenire in maniera “leggera” esenza le dovute figure professionali significafar affondare l’intervento, con ilrisultato che il minore è costretto a rimanerein comunità fino al compimento<strong>della</strong> maggiore età, con maggiori oneriper il comune e più fatiche per lui. Occorreridefinire le priorità e le garanzieessenziali. E rendere effettivo per ognibambino e ragazzo il diritto a una buonacrescita». .L’interventoMarelli (Cnca): «Non ci arrendiamo,si tratta del futuro dei nostri figli»«Quando parliamo di tutela parliamo di diritto esigibile. E dovremmoparlare di diritto esigibile e di tutela dei minori non solo quando ci si trovadi fronte a un provvedimento da parte di un tribunale, ma pensare a un sistemadi politiche sociali che sia in grado di prendersi cura anche <strong>della</strong> famigliad’origine, sostenendo percorsi di autonomia. Non bisogna arrivare, comesuccede spesso oggi, quando la situazione è compromessa». É un fiumein piena, Liviana Marelli, coordinatrice dell’area infanzia, adolescenza e famigliedel Coordinamento nazionale comunità d’accoglienza (Cnca). «Si deve parlaredi un insieme di politiche e di azioni in grado di rendere esigibile il dirittoda parte del minore di crescere in famiglia, a partire dalla propria, così comeè sancito dalla legge 149 del 2001 e dalla convenzione di New York, ratificatadall’Italia e quindi legge anch’essa».<strong>Il</strong> ragionamento non fa una piega: non si deve parlare solo di interventiriparativi, occorre invece ragionare su come rendere disponibile azioni garantiteper tutti. «Non dobbiamo commettere l’errore di credere – continua Marelli –che questi interventi riguardino solo i figli di qualcun altro. Sono tutti figli nostri,<strong>della</strong> comunità locale. Dobbiamo essere in grado di garantire a loro,e quindi anche a noi, un mondo e una società attenta ai bisogni dei bambini.In quest’ottica tutto ciò che ruota attorno al mondo dei bambini – la scuola,la famiglia – deve essere visto come qualcosa da tutelare e proteggere. Unasocietà che si dice civile deve partire da questa assunzione di responsabilità».Quello che accade oggi è però che sempre più spesso la tutela viene vistacome il compito di qualcuno: il tribunale, i servizi sociali, il comune... «Significapartire con il piede sbagliato – prosegue Marelli –, perché senza una chiarapresa di posizione e un’assunzione di responsabilità da parte <strong>della</strong> società civilequelli che dovrebbero essere diritti garantiti diventano non chiaramentedefinibili. Insisto: la tutela va garantita dallo stato e dalla sue diramazioni.Perché lo stato siamo noi e che società può essere quella che si dimenticadei propri figli? Bisogna evitare storture come quelle che accadono oggiin Lombardia dove, con l’introduzione dei voucher e <strong>della</strong> dote, viene menola titolarità pubblica dell’intervento. Perché se è vero che la libera scelta èun valore, è altrettanto vero che, per essere tale, deve essere “accompagnata”e ragionata. Saltare a piè pari presa in carico e corresponsabilità è assurdoanche sul versante economico: gli interventi riparativi costano sempre di più».Quella che occorre, insomma, è un’inversione di tendenza. «Se noi pensiamoalle politiche sociali come a un semplice costo – dice ancora Marelli –, alloraè evidente che l’unica soluzione, soprattutto in tempi di crisi, è tagliare econtenere la spesa. Noi partiamo dal presupposto contrario, nella convinzioneche l’Italia può crescere solo se cresce l’entità e la qualità del welfare.Riducendo le politiche sociali a costo, a elemosina, ad assistenzialismo, si negail diritto. Perché l’assistenzialismo si basa sulla discrezionalità di chi assiste:ti garantisco quanto posso e finché posso a patto che curi chi voglio ioe con questi metodi. Non è la <strong>strada</strong> da percorrere: o si decide insieme conla compartecipazione o non esiste via d’uscita. Perché il sociale è motore disviluppo e crescita. La povertà minorile in italia è tra le più alte in Europa:combatterla potrebbe diventare una misura economica fondamentale.Comuni e Anci si stanno muovendo bene, ma la loro voce resta inascoltata».L’importate, dunque è non confondere l’elemosina con il diritto di cittadinanza.«La mancata definizione dei livelli essenziali di assistenza – conclude Marelli –permette impunemente che questo avvenga. Se nulla è garantito, ognuno faquello che vuole. Su questo punto si deve giocare la battaglia da parte <strong>della</strong>società civile e del terzo settore, che devono essere in grado di fare rete suquesti temi, nella convinzione che sono una priorità per il paese».luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.31


In coda!La città in attesaViaggio tra i serpentoni che ogni giorno si snodano a Milano.Viaggiatori, golosi, poveri, modaioli: c’è un tempo per aspettaredi Simona Brambilla foto di Giulia RoccaFile per tutti i gustiIn queste pagine, in senso orario: codaper le partenze alla Stazione Centrale,coda fuori dalla mensa dei poveri,code per le mostre a Palazzo Reale.Pagina successiva, dall’alto in basso:Milano in coda lungo i Navigli,per i saldi, in gelateria32.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012Una grande città del nord Italia: Milano. Tanta gente, tante storie, tanterealtà: persone di diverso livello sociale, di età, gusti, bisogni, interessi, origini etnichedifferenti. Poi tutti finiscono accomunati: prima o poi si sta in attesa. Volontariamente,oppure costretti dalle circostanze, si aspetta, ci si mette in fila con pazienza,si attende il proprio turno. Lo si fa per mangiare, quando l’unico pasto disponibileè offerto dalle mense cosiddette “dei poveri”. E allora già di buon mattino,donne e uomini, di varie età, da soli o in compagnia, si prenotano un posto peril pranzo, attendendo con pazienza e dignità. Giovani immigrati, ma anche padri separatiitaliani, disoccupati o donne sole senza dimora, la cui vita ruota attorno agliappuntamenti e ai luoghi <strong>della</strong> sopravvivenzaquotidiana: mense, appunto, epoi docce, dormitori, centri d’ascolto.Sempre in attesa del proprio turno. E diuna svolta. Che tarda amanifestarsi.Ma in coda c’è ancheuna Milano agli antipodi:quella di chi si fa attrarredal luccichio <strong>della</strong> moda“conquistare” – l’oggetto dei propri sogni,soprattutto nel periodo dei saldi. Ibisogni sono apparentemente diversi,non legati all’indigenza materiale, maforse a qualche vuoto interiore da riempirecon gesti di acquisto impersonale.È anonimo anche nascondersi equasi scomparire in una folla il sabatosera, in piena movida lungo il Naviglio.di massa, ansioso di È la “Milano da bere”, fatta non solo diostentare una falsa ricchezza.Sono tutti coloro,specialmente giovani egiovanissimi, che restanoore in fila per lo shopping,pur di acquistare – meglio,discoteche e pub, ma anche di tantagente che si riversa sulle strade, in cercaforse del calore e <strong>della</strong> vicinanza dialtre persone, anche sconosciuti.Code e attese sono uno dei volti –paradossale, ma concretissimo – <strong>della</strong>


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<strong>scarp</strong>milanoGLI ATTI DI VANDALISMOSONO AGGRESSIONI,E TU SEI LA VITTIMA.IL VANDALISMO SUI TRENI CI COSTA OGNI ANNO 12 MILIONI DI EURONON RESTIAMO A GUARDAREINFO E SEGNALAZIONI NUMERO VERDE 800.500.005 WWW.TRENORD.IT


<strong>scarp</strong>milanosolitudine esistenziale che imperversain una grande città: spesso file anonimesi srotolano come “non luoghi” chedanno l’illusione di poter vincere la solitudine,almeno per il periodo diun’attesa, che spesso si ripete sempreuguale a se stessa.Invece quando Milano si svuota,nella stagione estiva e nei periodi di festa,aumentano le code per partire, comealla stazione, ma anche quelle deituristi, in fila davanti a musei, teatri egelaterie. Volti nuovi popolano strade epiazze durante l’estate, persone checercano di cogliere il meglio di unacittà che è anche fatta di arte, cultura ecibo. Una città che sa suscitare interessi,passioni, momenti di leggerezza edolcezza, per i quali vale la pena fareun po’ di attesa.Questi aspetti diversi e contrastantidi Milano, sono visti con gli occhi diuna giovane fotografa ipo-udente. GiuliaRocca, appassionata di arti visive,cinema e fotografia, a partire da unadisabilità ha trovato le forme più appropriateper esprimere il suo riccomondo interiore. Certamente osservarela realtà che la circonda, e raccontarlaattraverso immagini, rappresentaper lei un canale privilegiato di comunicazione.Quello di Giulia è unosguardo particolare, capace di coglierecon attenzione tutto quello che spessonoi lasciamo sciogliere nell’indifferenzadi una quotidianità frettolosa..luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.35


<strong>Il</strong> disagio mentale, la <strong>strada</strong>. L’approdo in Casa <strong>della</strong> carità. Ora la svoltaAnni di sigarette scroccate,Pablo sorride e cambia vitadi Paolo RivaDURANTE L'ULTIMAVISITA, PRIMA DI LASCIARE LA CASA DELLA CARITÀ, Pablo ha sorriso quandola psichiatra gli ha chiesto da quanto tempo ormai abitasse in via Brambilla.«Tre mesi – ha risposto –, ma loro mi prendono in giro e dicono cinque anni». Isuoi problemi di salute mentale, evidentemente, non gli consentivano di ricordarela data precisa del suo arrivo mentre gli educatori, ai quali si era rivolto, cel’avevano bene in mente. Era il gennaio 2007, e fino a quel momento Pablo avevaabitato stabilmente in piazza Argentina, a Milano, su corso Buenos Aires, pochipassi da piazzale Loreto. Era un homeless classico, sempre vestito di nero, ormaiavvezzo alla vita di <strong>strada</strong>. Da un lato, in quello che era diventato pian pianoil suo quartiere, era riuscito a stabilire una rete di relazioni con i suoi “vicini di casa”;dall’altro però faceva fatica a farsi aiutare dai servizi sociali.La Casa <strong>della</strong> carità entrò in contatto con lui grazie all’unità di <strong>strada</strong> serale“Diogene”. Dopo averlo conosciuto, gli operatori del progetto, pensato proprioper senza dimora con disturbi psichiatrici, in collaborazione con Novo Millennio,<strong>Caritas</strong> Ambrosiana e le aziende ospedaliere San Gerardo di Monza e Niguarda Ca’Granda, decisero che la Casa potesse essere una buona soluzione, dopo un ricoveroproprio a Niguarda. Così Pablo ha preso posto nella prima stanza dell’accoglienzamaschile, quella subito accanto all’ufficioSta meglio, identità ricostruita:ora è in una comunità più adattaai suoi problemi. E le due sorellegià si informano per fargli visitain collaborazione con36.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012storie di via brambilladegli educatori. E ci è rimasto per cinque anni.Anche se non parlava molto, gli altri ospiti, i volontarie gli operatori hanno instaurato un buonrapporto con lui e con il suo modo – spudorato,ma irresistibile – di farsi offrire sigarette. Tante, matutte ricambiate da un ampio sorriso un po' ruffianoe da un grazie pronunciato con l’inconfondibile accento portoghese. Pablo,infatti, diceva di venire dal Brasile, ma a dimostrarlo non c’era nessun documento.Solo la sua parola, secondo la quale, tra l’altro, avrebbe avuto 18 anni, quandoin realtà era chiaro a tutti che ne aveva almeno il doppio.Insieme agli educatori e all’area diritti <strong>della</strong> Casa <strong>della</strong> carità è così cominciatoun paziente lavoro per ricostruire la sua identità, conclusosi effettivamente alconsolato brasiliano di Milano. Una volta scoperti il suo vero cognome e la sua veraetà, ci si è poi impegnati per il permesso di soggiorno, la carta di identità e latessera sanitaria. Passaggi burocratici faticosi, ma tutti portati a termine, mesedopo mese. Nel frattempo, il rapporto di Pablo con le persone <strong>della</strong> Casa è cresciuto,così come si è mantenuto anche quello con due anziane sorelle che, abitandopoco distanti da piazza Argentina, lo avevano conosciuto quando ancorastava in <strong>strada</strong> e hanno continuato a fargli visita anche in via Brambilla, fino almese scorso. A metà giugno, infatti, Pablo ha salutato tutti e ha cambiato nuovamenteresidenza. Ora vive in una comunità riabilitativa a San Colombano al Lambro,più adatta alle sue esigenze e con una maggiore assistenza specifica. E già ledue sorelle sue amiche si sono informate per andarlo a trovare. .


latitudine comoComo si impoverisce. Picco di richieste al dormitorio. E pure di furtarelli...Ladri di pere e di biciclette,si ruba per sbarcare il lunario...di Salvatore CouchoudU«La povertà è in forte ascesa daoltre tre anni – dice il direttoredi <strong>Caritas</strong> –, il problema è chenon si scorgono vie d’uscita»Via Giovio 42 Comotel. 340/3476581NA GIOVANE MAMMA COLTA IN FLAGRANTE DAL FRUTTIVENDOLO mentre ruba una confezionedi pere per il suo bambino. Un papà che si fa cogliere con le mani nelsacco mentre “preleva” un videogioco destinato al figlio. Un supermercato –la Coop di via Giussani – che tiene sotto chiave lo zafferano, divenuto ormaimerce costantemente nel mirino di improbabili clienti dalle mani leste. Checosa succede a Como, florida città del turismo e del tessile, che ancora nel2007 contava appena una dozzina di clochard dai volti noti e addirittura popolari,tutti o quasi “estranei al sistema” e forse proprio per questo “integrati”,sia pure a modo loro e non senza difficoltà, nel gioco dei sottili equilibri<strong>della</strong> realtà urbana?Nelle cronache locali si rincorrono notizie di furtarelli da disperati, di raggiria danno di anziani, di reati sospesi tra l’emergenza e l’improvvisazione, eche in ogni caso preoccupano – più che le forze dell’ordine – sociologi, psicoterapeutie operatori del terzo settore. Si va dal furto di rame nei cimiteri alsaccheggio delle cassette delle elemosine nelle chiese, per non parlare dell’impennatadelle rapine in farmacia – anche con miseri bottini, dell’ordine dipoche decine di euro – e dei furti di biciclette, sullo sfondo di una Como chesi popola ogni giorno di più di senza dimora, dipadri e madri di famiglia che chiedono l’elemosinadi fronte alle chiese e sotto i porticati (vincendoa fatica la vergogna dell’essere riconosciuti),di giovani disposti ad accettare qualsiasilavoro pur di rimediare non più di qualche spicciolo.«La povertà a Como è in forte ascesa da almenotre anni – afferma il direttore <strong>della</strong> <strong>Caritas</strong> diocesana, Roberto Bernasconi–, ma a preoccupare di più è la totale assenza di prospettive di uscita daquesta realtà. E i segnali che provengono dal mondo produttivo sono a dirpoco allarmanti, visto che l’ex Falck (ora Cagiva) di Dongo, la Sisme di Olgiatee la Pontelambro stanno chiudendo i battenti, e che alcune realtà <strong>della</strong> bassaValtellina sono più in crisi che mai. Ci sarà pure un motivo se le richieste diaccesso al dormitorio comunale sono più che raddoppiate nel corso dell’ultimosemestre, e se la fila di coloro che si recano alle mense <strong>della</strong> <strong>Caritas</strong> si allungaa un ritmo impressionante, minacciando di far andare in corto circuitoil sistema. E si tratta di un’aggiunta tutta italiana delle presenze, come quasitutti italiani sono i disperati coinvolti negli episodi di microcriminalità».Difficile indicare strade per arginare il fenomeno, anche perché quando sigiunge a rischiare la galera per sbarcare il lunario vuol dire che si è prossimi alpunto di non-ritorno. «Ma la crisi ha anche un risvolto positivo, nello specificoil netto incremento dei cammini di solidarietà – conclude Barnasconi –.Non aumentano solo i fatti di cronaca nera o forse grigia, ma anche la generosità,la collaborazione reciproca, la consapevolezza che insieme si vince». .luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.37


torinoDa due anni “La Casa del quartiere” è diventata un puntodi riferimento per abitanti e associazioni. E senza dimora...San Salvariosi incontra in CasaAmoreAmo mia figliacon le lacrime,ricordoil suo sguardo,il suo visocome fosse il paradiso.L’amoreverso la moglieè svanitoin un attimo.Consapevoledi un sognoche per oraè svanito,mia figlia,mia moglie,speranza che tuttonon sia perduto.MassimilianoGiaconelladi Aghios e GianniIn via Morgari 14, a <strong>Torino</strong>, nel bel mezzo del quartiere multietnico diSan Salvario, nel settembre 2010 nasceva “La Casa del Quartiere”. Una struttura(foto a destra) dotata di spazi all’aperto e al chiuso che permettono di svolgere attivitàculturali e sociali: convegni, dibattiti, proiezioni, balli, corsi e mostre. Di fatto,“La Casa del Quartiere” è un contenitore in grado di accogliere e mettere in retele diverse associazioni che animano San Salvario. Sono più di 50 i gruppi e le associazioniche, con varia frequenza, “usano” la Casa per le loro attività.«La nostra “Casa” – racconta il direttore, Roberto Arnaudo – è nata in seguitoalla necessità, da parte delle associazioni che facevano parte dell’Agenzia per losviluppo di San Salvario, di reperire spazi adatti per svolgere le proprie attività.Grazie al contributo <strong>della</strong> FondazioneVodafone e del comune di <strong>Torino</strong>, sonostati ristrutturati gli ex bagni pub-in questi due anni, ma resta ancoraeccoci qua... Tanta <strong>strada</strong> è stata fattablici che sorgevano in via Morgari. Ed tanto lavoro da fare»All’inizio fu l’Agenzia per lo sviluppo locale«Nata con soldi pubblici, cammina da sola»La Casa del Quartiere è diretta emanazione dell’Agenzia per lo sviluppo localedi San Salvario. «Quando San Salvario diventa oggetto di flussi migratori perindividui perlopiù maschi, poveri e soli – spiega il direttore <strong>della</strong> Casa,Giovanni Arnaudo – il quartiere, che offre alloggi a prezzi bassi, si trasformarapidamente in area “difficile” per la sua multietnicità. Per questa ragionenasce nel 1999 l’idea del progetto, e nel 2003 si forma l’Agenzia,organizzazione non profit con l’obiettivo di migliorare la qualità <strong>della</strong> vitain tutti i suoi aspetti: vi aderiscono una ventina tra associazioni ed enti(parrocchie, comitati spontanei, associazioni di promozione sociale come“Opportunanda”, associazioni culturali come il “Caffè Baretti”). Nasceun tavolo per discutere in maniera democratica progetti e iniziative a livellolocale». L’agenzia si occupa di riqualificare lo spazio pubblico e privato,rilanciare San Salvario come quartiere dei giovani, incentivare lo sviluppoeconomico e commerciale (insediamento di nuove imprese e riqualificazionedi attività commerciali e artigiane rare ed etniche), promuovere lo svilupposociale. E infine si impegna nella valorizzazione delle vocazioni culturali delquartiere. «Tra i principali interventi di miglioramento nel quartiere – concludeArnaudo – mi piace ricordare i piani di recupero di immobili di Via Nizza, perla ristrutturazione dei luoghi comuni, i contributi economici a chi aprivaattività commerciali da via Nizza a corso Marconi e, in ambito culturale,le iniziative in <strong>strada</strong>, i festival e la nascita <strong>della</strong> Casa del Quartiere, sortadalla ristrutturazione degli ex bagni pubblici di via Morgari. Quando è natal’Agenzia era il comune che finanziava, ora non più. Per il 70% si autofinanzia,per il resto i tipi di finanziamento variano a seconda dei progetti».Valentina e Gheorghe Mateciuc38.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012


<strong>scarp</strong>torinoLo spettacolo“Orazio”, viaggio nella follia«C’è umanità dietro la fragilità»Come siete organizzati?Poco per volta siamo cresciuti, strutturandociin base alle esigenze del quartiere.Oggi possiamo contare su tre dipendentipart time, che si occupano diorganizzazione e logistica e che occupanoun ufficio al primo piano. Si trattadell’unico spazio con un uso esclusivo:tutti gli altri vengono utilizzati alternativamentedalle associazioni inbase alle proprie necessità. <strong>Il</strong> bar, apertotutti i giorni dalle 9 alle 24, compresisabato e domenica, è stato dato ingestione a una cooperativa sociale, chesi preoccupa di servire il pranzo e gliaperitivi serali. Per aprire il luogo il piùpossibile al quartiere, dentro la Casa siorganizzano anche feste di compleannoe di comunità. Gli appuntamenticon gruppi filippini, marocchini, ecuadoregnie senegalesi stanno ormai diventandouna costante.Quante persone frequentano la Casadel Quartiere?L’accesso è libero e la Casa è frequentatada tutti. Le persone che frequentanoregolarmente i corsi sono alcunecentinaia, ma durante le iniziative piùpopolari i partecipanti si contano a migliaia.Sono tante le giovani famiglieche trovano nella Casa del Quartiereun posto ideale e acogliente per trascorreregiornate e serate in compagniadei propri bambini.La Casa del Quartiere è frequentataanche da persone senza dimora...La nostra intenzione è tenere aperte leporte a tutti, senza discriminare nessuno.Quello che cerchiamo di fare èsalvaguardare, per quanto possibile,l’accessibilità. Resta il fatto che siamoun’associazione che gestisce spazi eOrazio, spettacolo di e con Luca Vonella (Teatro a Canone)è la testimonianza di un viaggio nella psichiatria, nel disagio mentale enei sentimenti, raccolta dalla viva voce di coloro che certe storie le hannovissute da protagonisti. Luca Vonella ci ha parlato del suo modo di fareun teatro diverso dal solito, in quanto itinerante, una sorta di viaggioattraverso un mondo che al contempo spaventa e affascina: il mondo<strong>della</strong> “follia”. Per realizzare la sua performance, Luca ha scelto la <strong>strada</strong>del confronto diretto, arrivando a vivere per 45 giorni in una comunitàper disabili psichici.Come sei entrato in contatto col mondo del disagio psichico?Mi ha sempre interessato questo mondo a sé, con le fragilità e i vissutiche lo delimitano e lo caratterizzano. Volevo esplorarlo, raccogliere storiee sensazioni di persone che hanno la voglia di raccontarsi.Per fare questo hai scelto la <strong>strada</strong> <strong>della</strong> convivenza. Come è statoil primo impatto?Agli inizi percepivo diffidenza nei miei confronti, al contempo temevodi rompere il loro equilibrio, per altro già fragile. Con il passare dei giorni,superata la diffidenza iniziale, sono stato accettato. Aggiungerei che,alla fine dell’esperienza, con alcuni di loro sono nate delle amicizie.Come si sono rapportate con te queste persone?Inizialmente sentivo la loro paura di essere giudicate, mi hanno spintoad abbassare le mie difese, a mettermi in discussione; dopo cena parlavocon loro, vita e lavoro si mescolavano. Ne ero affascinato.I manicomi sono cosa del passato: perché tenere viva la memoria?Sarebbe ovvio rispondere che certi orrori non devono andare dimenticati,perché non si ripetano in futuro. Riguardo ai manicomi, provo una stranasensazione: non riesco a immaginarmi come erano; non ne ho visto,fortunatamente, uno in esercizio. Oggi i centri psichiatrici sono belli,addirittura attraenti con parchi enormi, alberi immensi. Eppure quandoerano manicomi certo sono stati teatro di orrori, ma anche di momentidi grande umanità. Ricordo una storia raccontata da un ex infermiera:a una ricoverata nacque un bambino che non vide mai più perché le futolto. La cosa bella di quell’evento fu che il momento di gioia <strong>della</strong> nascitavenne condiviso da tutte le persone all’epoca presenti.Perché la scelta del teatro itinerante?Non mi ci sono avvicinato per passione; per me il teatro è un viaggioe uno strumento per confrontarsi con nuove diversità, nuovi vissuti. Perperfezionarmi faccio formazione con altri attori attraverso spettacoliuniversitari, nei licei e con persone soggette ad handicap. In futuroho in programma spettacoli sui No Tav, Occupy Wall Street, su storielegate al sociale e sul capolarato.INFO www.teatroacanone.itMister X e Nemesinon abbiamo strumenti per mettere inatto interventi sociali. Quindi quandola situazione diventa difficoltosa a causadi presenze eccessive o comportamentisopra le righe siamo costretti adintervenire per consentire l’uso <strong>della</strong>struttura a tutti.<strong>Il</strong> quartiere come ha accolto unastruttura come la vostra?Molto bene, anche perchè si sentiva lanecessità di uno spazio pubblico conservizi e attività per le persone. Da partenostra ci siamo impegnati a trattaretutti allo stesso modo, senza privilegiaresigle più importanti rispetto ad altre.E questo lavoro sta dando frutti. .luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.39


genovaCrisi nella Riviera di Ponente. Una via d’uscita c’è: ridare valoreai piccoli produttori locali, contro le storture del mercato globaleFiori “tracciabili”,profumo di dirittiUn primato in discussioneLa produzione floricola di Sanremo hamantenuto una sorta di monopolio suimercati europei (Gran Bretagna, Norvegia,persino Finlandia e Turchia) praticamentedagli anni Trenta sino aglianni Sessanta, anche grazie allo sviluppodelle reti di trasporto e dell’economiain generale. Nei decenni successivi,i primi fenomeni di delocalizzazioneproduttiva hanno portato un aumento<strong>della</strong> concorrenza, con un progressivorafforzamento del ruolo dell’Olanda, sinoa che, negli anni Novanta, con la globalizzazionedei mercati e delle merci,hanno fatto la loro comparsa i paesi invia di sviluppo (Kenya, Etiopia, Zambia,Uganda), ma anche paesi come Israelee, in America Latina, Ecuador e Colombia.Queste realtà, caratterizzate dacondizioni climatiche favorevoli e, soprattutto,da un bassissimo costo <strong>della</strong>manodopera, in poco tempo sono riuscitea raggiungere e a superare le posizionidei concorrenti europei, erodendiPaola MalaspinaAvventurandosi da Genova verso la Riviera di Ponente, lungo le tortuosecurve <strong>della</strong> via Aurelia, si apre alla vista, nei pressi di Sanremo, un panorama inconsuetoe ricco di suggestione: una piccola città incuneata nel golfo, e alle sue spallele colline digradanti sul mare, coperte di vegetazione tropicale. Palme, cactus ecespugli fitti di fiori si succedono tra serre e grandi cisterne d’acqua sui particolariterreni in pendenza (in lingua locale, “fasce”), che il lavoro paziente dei coltivatori hareso negli anni più produttivi di sterminate pianure. Siamo proprio nel cuore delmondo floro-vivaistico, nel luogo che, per eccellenza, ospita la miglior produzionedi fiori e piante. «Eppure – spiega Cristiano Calvi, presidente del movimento “Fiorie diritti” – lo scenario nel tempo è molto cambiato. Anche se noi liguri, e non solonoi, fatichiamo a capirlo».Cristiano segue da diversi anni ilprogetto di “Fiori di diritti”, un’idea nataall’interno di Bottega Solidale, per promuoverela cultura <strong>della</strong> sostenibilità, Attimosociale e ambientale, nel consumo difiori e piante.40.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012In un attimola tempesta,in un attimola quiete.Attimo con te,attimi con me.In un attimo,il mio per te,palpiti,in un attimoper tuttoil tempo,per questonostro amore.Franckdone evidenti quote di mercato. In questoscenario, le produzioni <strong>della</strong> nostraRiviera, riconducibili per lo più a impresedi grandi tradizioni e conoscenze,ma di piccolissime dimensioni, rischianodi restare schiacciate; a lorosvantaggio, infatti, gioca anche la crisiglobale, con l’impennata dei costi delgasolio, indispensabile per il funzionamentodelle serre.Una perdita per tutti«Uno scenario del genere sembra configurareuna perdita collettiva, un dannoper tutti – commenta Calvi –. Ci perde,innanzitutto, il sistema di produzionelocale <strong>della</strong> Riviera di Ponente: semprepiù serre e vivai sono costretti a chiuderei battenti. Nella maggior parte dei ca-


<strong>scarp</strong>genovaMercato miliardario<strong>Il</strong> Kenya è leaderIn Italia esistono circa 20 milaoperatori nel settore <strong>della</strong>produzione floro-vivaistica. Diquesti, circa 6 mila si trovano neldistretto <strong>della</strong> Riviera di Ponente.L’Italia non è solo produttrice difiori, ma anche importatrice. Oltre13 mila tonnellate di fiori arrivanodall’estero, per un valore di circa72 milioni di euro all’anno,principalmente da Kenya, Ecuador,Colombia, anche se spesso sonoprima transitati in Olanda.<strong>Il</strong> consumo di fiori recisi nell’Ueè stimato intorno ai 13 miliardidi euro annui. I più importantimercati: Germania, Regno Unito,Francia e Italia. <strong>Il</strong> consumo procapite nei mercati più importati èintorno ai 30-50 euro l’anno.Nel mondo, 550 mila ettaridi terreno sono destinati alleproduzioni di piante e fiori, per unvalore che raggiunge quasi 25miliardi di euro e coinvolge circa160 mila aziende.<strong>Il</strong> paese leader per produzione edesportazione è il Kenya: nel 2010ha esportato fiori per 254 milionidi dollari, corrispondenti a 77.029tonnellate di fiori recisi, di cui1.424 tonnellate sono rose..Bisogno di tutela e qualitàLavoratrice in una serradel Kenya. La campagna“Fiori e diritti” intendesensibilizzare i consumatorisui problemi ambientalie la violazione dei diritti umaniche avviene nelle serredi tanti paesi del mondosi il terreno, pazientemente coltivato peranni, viene riconvertito ad area edificabilee utilizzato come superficie per costruirenuovi palazzi. Al valore agricolosi sostituisce quello immobiliare, di piùfacile e immediato realizzo, specie intempi di crisi».La perdita che ne consegue non è dapoco, dal punto di vista ambientale enon solo: si genera una crisi dell’occupazionelocale, sia per il lavoro dipendenteche per la piccola imprenditoriaa carattere familiare, storicamente protagonista<strong>della</strong> produzione floristica<strong>della</strong> Riviera.«Ma il danno non è solo tra le muradi casa nostra – aggiunge Calvi –. I grandinumeri dei concorrenti d’Africa e d’Americadevono indurci a riflettere, perchéin questi paesi il costo <strong>della</strong> manodoperapuò essere anche quindici volteinferiore a quello dei paesi europei, afronte di un costo sociale e ambientaleesorbitante».La produzione di fiori in paesi delSud del mondo, infatti, ha spesso graviimplicazioni ambientali e socioeconomiche:è causa di danni ecologici irreparabili,soprattutto per quanto riguardal’uso dei pesticidi e la contaminazionedell’acqua, nei numerosi passaggichimici (anche fino a 80!) dal trattamentosul suolo sino all’impacchettamentodel fiore. A questo va aggiuntol’enorme consumo di acqua per irrigazione,con cui si sottraggono risorse idrichealle popolazioni locali in territoritalvolta tendenzialmente aridi. Sul versante<strong>della</strong> tutela del lavoro le cose nonvanno meglio: i lavoratori delle serre, inlarga misura donne e bambini, lavoranoin condizioni di sostanziale schiavitùsino a 80 ore alla settimana. Molteplicisono i casi di molestie sessuali e licenziamentiarbitrari a danno dei lavoratorie risulta esclusa qualunque forma ditutela, dall’assistenza sanitaria alla libertàdi aderire a un sindacato.«Noi crediamo – spiega Calvi – cheuno sviluppo con un impatto del generenon può proseguire indisturbato.Proprio su questo il movimento “Fiori ediritti” vuole intervenire. <strong>Il</strong> nostro primoimpegno è diffondere la conoscenza diqueste realtà tra i consumatori. Comeper il mercato del cacao o del caffè, incui si è andata sviluppando negli anniuna coscienza critica di consumo, cosìnoi vorremmo fare per i fiori».Uno strumento: la certificazioneLe iniziative, in questo senso, non mancano,perché “Fiori e diritti” è già datempo operante con progetti di sensibilizzazionee informazione. Oltre a campagnemirate in vista di festività (San Valentinoe la Festa <strong>della</strong> mamma), “Fiori ediritti” ha avviato un laboratorio dal titolo“Fiori di cotone”, una sorta di incontroin cui l’attività manuale (si realizzanofiori con stoffe e materiali di recupero)diventa occasione per informarsie confrontarsi sul tema.«<strong>Il</strong> nostro intento non è certo disincentivareil consumo di fiori, specie inun momento di crisi come l’attuale –spiega Calvi –; piuttosto, intendiamosensibilizzare il consumatore e proporglidi provare a informarsi sulla provenienzadei propri acquisti. L’unica rispostaall’attuale crisi locale del settore èvalorizzare i produttori attenti all’impattodel loro lavoro, premiandoli conuna certificazione socio-ambientale adhoc, che dia conto <strong>della</strong> tracciabilità <strong>della</strong>filiera. I consumatori ormai hannouna coscienza critica e sapranno premiarecon le loro scelte gli operatori virtuosi.Ma perché questo sia possibile,occorre che tutti, a partire dalle associazionidi categoria, siano motivati ad agirein questa direzione, anziché puntaresulle delocalizzazioni».La direzione di marcia proposta daCristiano Calvi è difficile, ma già tracciata:«Esistono produzioni storiche, altamentespecializzate, nelle quali i floricoltori<strong>della</strong> Riviera non hanno mai cessatodi primeggiare. Basta pensare al ranuncolodi Sanremo, così come allaginestra, al ruscus o alla mimosa».In tutte queste piante, coltivate dapiù di cent’anni, esistono ancora competenze,storie di cose e di persone diraccontare. È giusto che anche i consumatoripossano venire a conoscerle. Èuna <strong>strada</strong> difficile ma appare, ormai,come l’unica percorribile .luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.41


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vicenzaDa un campo di lavoro all’impegno permanente controla cultura e la presenza delle mafie: è la scelta di Alessandro«Legami forti, cosìsi vince la mafia»di Cristina Salviati44.La scorsa estate un gruppo di giovani, su invito <strong>della</strong> <strong>Caritas</strong> diocesanavicentina, ha partecipato al campo “I cento passi”, soggiorno di lavoro a CascinaCaccia, nei pressi di <strong>Torino</strong>, un bene confiscato alla criminalità organizzata,dove l’associazione Acmos lavora per restituire parte di quello che ogni giornola mafia toglie a tutta la società. Del gruppo faceva parte anche AlessandroScaggion, che da quell’esperienza è tornato cambiato, in profondità: oggi partecipaal coordinamento giovani <strong>della</strong> <strong>Caritas</strong> e si è iscritto a Libera, sezione di Vicenza.A fine agosto, Alessandro tornerà a Cascina Caccia, stavolta come accompagnatore,e in redazione, a Scarp, abbiamo cercato di capire le ragioni profondedel suo impegno. «<strong>Il</strong> mio percorso personale – racconta Alessandro – mi ha por-tato, fino a un paio di anni fa, a trascurareil mio ruolo di cittadino. Mi informavo,leggevo molto, ma mi mancava finta di niente, o rimboccarsi le mani-io a dover fare una scelta: sapere e farela voglia di spendermi in prima personae la consapevolezza che solo dallacamicia».che? Intanto ho slacciato i polsini dell’impegnodel singolo la società trae la Cosa significa per te preparare ilspinta a uno sviluppo nella giustizia. campo a Cascina Caccia?Mi sono trovato a chiedermi: che tracciavuoi lasciare nella vita delle altre servizio di volontariato. Quello che miQuesto tipo di esperienze non sono unpersone, soprattutto di quel famoso guida è la volontà di far crescere intornoa me la consapevolezza dei mezzi“prossimo” che non conosci? Ho cominciatoad avvicinare alcune realtà che ogni persona ha per cambiareper capire; poi è capitata questa possibilità:un campo di volontariato in cui mi sento di aiutare qualcuno in parti-l’ambiente e la società in cui vive. Nonsi faceva anche formazione. Era la mia colare o di rispondere a un bisognooccasione, con mia moglie l’abbiamo non soddisfatto. Lo faccio perché vorreicontribuire alla costruzione di uncolta al volo».Da lì è cominciata la scoperta di alcunestorie: di ragazzi che sono divennoentrato a far parte <strong>della</strong> Commis-posto più accogliente dove vivere. Sotatiamici, di cittadini esemplari che sione giovani, percorsi di condivisionequalcuno si ostina a chiamare eroi. e stili di vita di <strong>Caritas</strong>. Tentando di«Approfondire la conoscenza delle storiedi chi ha dato la vita per il nostro tive ideate: tra queste rientra il campopartecipare il più possibile alle inizia-paese mi ha fatto piangere – prosegue di agosto, che quest’anno abbiamoAlessandro – : perché alla fine è solo chiamato “Tu da che parte stai”. Hoquestione di scelte. Si sceglie di scioglierenell’acido un bimbo solo perché gio a Palermo con studenti di alcunepartecipato come educatore a un viag-è il figlio di un clan rivale, si sceglie di scuole superiori di Vicenza e dell’Altotrucidare un giudice con il tritolo solo Vicentino attraverso un percorso di legalità.Un’esperienza unica, forte,perché fa il suo mestiere, si sceglie dinon piegarsi al pizzo perché “Un’intera emozionante, grazie ai luoghi che abbiamovisitato e soprattutto grazie alcittà che paga il pizzo è una città senzadignità”. Allora mi sono trovato anche gruppo di persone con cui ho potuto<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012condividere l’esperienza. Con alcuniamici stiamo cominciando a proporredelle iniziative di “cittadinanza attiva”,per una costituenda associazione aPojana Maggiore, dove abito.Riguardo al problema <strong>della</strong> mafia inItalia, quali sono le tue speranze, letue aspettative?Parlare di mafia in Italia sembra unabarzelletta. Una di quelle che sannotutti e non fanno più ridere, così quandola si sente non la si ascolta, anzi sitende a mettere da parte chi ancora laracconta. Credo che il primo problemache dovremmo affrontare riguardo alleorganizzazioni criminali sia quello didiffondere la consapevolezza che è untema che tocca chiunque e che non c’èpiù un singolo angolo del Belpaese che


<strong>scarp</strong>vicenzasi possa dire mafia-esente. D’altro cantoci sono esperienze magnifiche chesono nate dopo il 1992 in tutta Italia.Parlo di Libera in tutte le sue moltepliciforme e connotazioni, ma soprattuttodi progetti come Addiopizzo, nato aPalermo e che si sta diffondendo in altrecittà e regioni. Credo che a vent’annidalle stragi che hanno segnato unospartiacque nella risposta <strong>della</strong> gentealla mafia, abbiamo una grande occasioneper riprendere in mano il tema alivello personale e come società nelsuo complesso.E tu, hai obiettivi concreti?Ho imparato ad amare il rapporto coni miei coetanei e con i ragazzi più giovani,quindi vorrei tentare di svilupparepercorsi di legalità più incisivi e attuali.Nei nostri territori il problemadelle organizzazioni mafiose è legatosoprattutto alla sfera imprenditoriale,nel ramo immobiliare in particolare,oltre al traffico di stupefacenti. Mi piacerebbecreare sinergie con le associazioniimprenditoriali per fare in modoche siano loro i primi a capire che nonsi guadagna facendo affari con la criminalitàorganizzata.Nel paese del torinese dove abitavala famiglia di mafiosi a cui sono staticonfiscati i beni, la gente era piùche affezionata a loro e li rimpiange.Sono persone che fanno paura, mahanno fascino e sono amate. ComeCittadinanza attivaAlessandro Scaggion, in mezzocon il piccone in mano,al lavoro durante il campo di lavoro“I Cento passi” a Cascina CacciaLuca Bassanese musica Scarp:«Storie e canzoni che commuovono»Per la seconda volta il cantautore vicentino Luca Bassaneseha dedicato un concerto a Scarp de’ Tenis. Nella verde cornice di Madonna deiPrati, a Brendola, Luca ha saputo entusiasmare e commuovere il pubblicoanimando storie vicentine alternate ad altre internazionali di homeless,tratte dal nostro <strong>mensile</strong>. Ogni storia era accompagnata da una canzone.<strong>Il</strong> reading si è tenuto il 14 giugno per un pubblico tutto speciale. Scarp, infatti,comincerà a vendere anche a Brendola, complici i volontari <strong>della</strong> <strong>Caritas</strong> chehanno richiesto aiuto per E., papà ghanese in grave difficoltà economica, perchési trova a dover crescere da solo tre figlioletti, tutti affetti da autismo. Lacomunità del luogo si è stretta intorno ai volontari e il progetto è partito a giugno,con E. protagonista come venditore. Con Luca Bassanese si è rinnovata unabella collaborazione, che forse, grazie alla sensibilità del giovane cantautore,produrrà nuovi interessanti appuntamenti.si combatte contro tutto questo?La mafia è forte dove manca lo stato,cioè dove mancano servizi, sicurezza,quindi diritti. In una società improntataall’individualismo come la nostramanca quella rete di legami che permettedi sopperire a certe mancanze,di curare la solitudine, e credo che icollaboratori di Scarp siano i primi apoterlo testimoniare. Quindi direi checostruire una società dai legami forti,in cui si riconosca nell’altro quel prossimoa cui regalare tempo e attenzione,nel rispetto dei diritti di tutti, sia laprima forma di antimafia sociale. Nessunamafia può controllare un territoriose non gode <strong>della</strong> benevolenza deicittadini, per questo le organizzazionicercano di formarsi un cordone di approvazionetentando di stare “vicino”alla gente comune.E spesso ci riescono...Certo. Ma c’è una differenza fondamentaletra il comportamento delle organizzazionicriminali e quello di unasocietà sana: la società deve garantireche ogni cittadino possa essere il più liberopossibile, mentre le organizzazionidispensano come favori quelli chesono diritti, creando un circolo di sudditanzae omertà. In quel paesino il capostipite<strong>della</strong> famiglia Belfiore distribuivaformaggi e latte in cambio dell’assensosilenzioso del borgo. D’altraparte è stato tra i mandanti dell’omicidiodel giudice Bruno Caccia e gestivacon la ‘ndrina dei Belfiore lo spaccio distupefacenti. Ma allora è auspicabileavere del formaggio fresco tutti i giorni,se il prezzo sono il silenzio e la consapevolezzadi vivere in un paese “a legalitàlimitata”? .luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.45


iminiNel 2011, nonostante la crisi, più denaro inviato dai migrantinei paesi d’origine. Ma la ragione, in certi casi, non è positivaRimesse in crescita,non è tutto oro...di Alessandra LeardiniCome è cambiata la vita dei migranti che vivono in Italia da quando èscoppiata la crisi economica? Cambiano le abitudini? Come resistono i migranti allacrisi? Si scappa dall’Italia? Scappano loro? Scappano i soldi?Come avveniva per gli italiani emigrati all’estero nei decenni passati, anche inuovi migranti avvertono la necessità di spedire alle proprie famiglie tutto quelloche è possibile racimolare dai propri stipendi in terra straniera. E, a guardare i datidelle rimesse che ogni anno partono dall’Italia per i paesi d’origine dei lavoratori oimprenditori immigrati, si tratta di una mole di denaro sempre più consistente. Nel2011, dal Belpaese sono partiti ben 7,4 miliardi di euro, il 12,5% in più rispetto alAumentano le rimesseMa qual è la situazione per gli immigrati<strong>della</strong> nostra provincia? Dal Riminese,sempre nel 2011, sono partiti oltre34 milioni di euro, cifra che colloca laprovincia romagnola nella parte medio-alta<strong>della</strong> classifica (al 36° posto).Rispetto all’anno precedente, quandodai “riminesi d’adozione” erano stati inviatinei paesi d’origine 29 milioni di euro(il 5% in più del 2009), si tratta di unbel salto in avanti, pari al 15,7%. <strong>Il</strong> paeseche nel 2011 ha ricevuto di più è laRomania (18%), seguita da Senegal(14,8) e Ucraina (8,3).Per le rimesse e i lavoratori che le inviano,dunque, sembra non esserci crisi.In realtà, Luciano Marzi, responsabiledel Servizio immigrazione <strong>della</strong> <strong>Caritas</strong>diocesana, aiuta a leggere i dati ancheda un’altra angolazione. Assai pocofelice per le famiglie: «Nell’ultimo anno– spiega l’operatore – un maggiore numerodi famiglie, soprattutto rumene,46.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 20122010, lo 0,5% del Pil nazionale. La cifra che mediamente ogni straniero invia, am-monta a oltre 1.600 euro l’anno controi 1.552 del 2010. I dati, diffusi dalla fondazione“Leone Moressa” di Mestre, cheanalizza i flussi monetari transitati per icanali di intermediazione regolare (istitutidi credito e agenzie di trasferimentocontanti), mostrano quindi un quadropositivo e in crescita.si sono dovute dividere a causa <strong>della</strong> crisi.A Rimini è rimasto solo il capofamigliacon un lavoro stabile. Gli altri familiarisono dovuti tornare in patria, altrimentirischiavano di diventare un pesoeconomico insostenibile».Secondo i ricercatori <strong>della</strong> FondazioneMoressa, l’aumento dei trasferimentidall’Italia all’estero da parte deilavoratori migranti è dovuto anche all’avvenutoriconoscimento <strong>della</strong> rimessacome fattore di co-sviluppo e al conseguentecalo del costo del servizio dimoney transfert. Ma è proprio così? Probabilmentesolo in parte.<strong>Il</strong> giro d’affari degli intermediariUna possibilità per inviare soldi all’esteroè quella di avvalersi del tradizionalecircuito degli istituti di credito. Tutte leprincipali banche propongono prodottiper l’invio di fondi. Un’altra opzione èquella delle società specializzate nell’inviodi denaro in contante, quali WesternUnion o MoneyGram. «Oggi è WesternUnion a primeggiare: se non ha ilmonopolio, poco ci manca. Se ci fosseun po’ più di concorrenza sarebbe unbene per tutti – commenta MassimoSpaggiari dell’associazione Arcobaleno(www.arcobalenoweb.org, si occupa<strong>della</strong> tutela dei diritti degli immigrati) –.Infatti le commissioni previste da questoservizio di money transfer sono circail 10% <strong>della</strong> somma inviata all’estero».La commissione applicata da WesternUnion (120 mila sportelli in quasi200 paesi in tutto il mondo) aumenta aseconda del trasferimento. Per farequalche esempio: per somme tra 130 e195 euro la tariffa da applicare è di 19euro; tra 195 e 260 euro sale a 22,50; tra260 e 325 sale a 23,50 e così via fino araggiungere quota 49,50 se si voglionoinviare tra i 930 e poco più di mille euro.Teoricamente è possibile inviare fino a12,5 milioni, con una somma che sfiorai 500 euro. I vantaggi, dicono gli operatorial dettaglio che offrono questo servizioper conto di Western Union (dalletabaccherie agli internet point), sonodiversi, primo tra tutti la rapidità del tra-


<strong>scarp</strong>riminiScarp nelle scuole«Non ho più paura dei poveri,ho scoperto che sanno ridere»sferimento (bastano pochi minuti) e ilfatto che non servono né un conto né lacittadinanza. È sufficiente un documento.Fiducia tra migrantiEppure, per molti migranti, il canale piùefficiente resta il “pacchetto” consegnatodirettamente o attraverso gli amiciche tornano in patria. «È l’unico modoper evitare dispersioni – commenta LucianoMarzi –. E poi c’è una grande fiduciatra le famiglie dei migranti».Sono soprattutto i lavoratori deipaesi africani, specie di quelli in situazionidi conflitto, ad affidare i loro risparmiagli amici in partenza. Tra i cinesiinvece, fa notare la presidente dell’associazioneArcobaleno, Shi Shiomien,prevale il bonifico. .«Perché non andiamo nelle scuole a raccontare ai ragazzil’esperienza di Scarp de’ <strong>tenis</strong>?», mi hanno chiesto in coro alcuni venditori.In effetti, era una bella idea. Allora ci siamo andati. I ragazzi e le ragazzedi Scarp erano entusiasti <strong>della</strong> nuova esperienza, a cominciare da Franco,che pure aveva avuto qualche difficoltà iniziale nel parlare in pubblico.«Mi chiamo Franco, per gli amici Scarp. Sono stato intervistato qualchemese fa. Chi ha letto il mio articolo ha di certo capito che questa rivistaper me è importante. Ero una persona molto riservata e chiusa, ma poiun giorno ho vinto la mia paura e ho iniziato a parlare del mio lavorocon le persone, a spiegare loro cos’è Scarp; da qualche tempo, al termine<strong>della</strong> messa do anche la mia testimonianza ai fedeli. C’è voluto più di unanno prima di riuscire a parlare in pubblico di me stesso e delle difficoltàche ho dovuto affrontare. Credetemi, non è stato facile. Adesso sono unapersona orgogliosa di me e del mio lavoro. Anche i miei amici sono rimastisorpresi di questo mio progresso».Con l’ingresso nelle scuole, per i venditori di Scarp è iniziata, in effetti,una nuova avventura, alla quale nei mesi conclusivi dell’anno scolasticohanno dedicato parecchie energie. I primi interventi sono stati realizzatiin una scuola media e in alcune classi quinte dell’Istituto Alberghiero.«Quando ho incontrato Franco – racconta don Davide Pedrosi, viceparroco<strong>della</strong> parrocchia del Sacro Cuore di Gesù di Bellaria, che da sempreabbraccia e sostiene l’esperienza di Scarp – ho pensato che la sua storiaavrebbe potuto aiutare i miei studenti. Insegno alla scuola media di Bellaria,dove spesso i ragazzi non sanno guardare al di là del proprio naso, presi soloda mode e istinti di passaggio. Prima di invitare Franco abbiamo fatto unlavoro di lettura e riflessione su alcuni articoli <strong>della</strong> rivista; già questopiccolo laboratorio è servito per aprire la mente ai ragazzi sulle situazionisociali del nostro paese». Ma leggere una storia sul giornale non è lo stessoche incontrare il protagonista di quella storia. Così, quando Franco habussato alla porta <strong>della</strong> classe, i ragazzi lo hanno accolto con entusiasmo.«L’incontro si è rivelato prezioso – continua don Davide – e ha dato lapossibilità di riflettere sul disagio sociale e su come solo attraversol’accoglienza e l’amore del prossimo si possa uscire da certe situazioni.I ragazzi hanno fatto a Franco una marea di domande, mosse dalla curiositàper la sua storia e dallo stupore di trovare un uomo felice e in pace,nonostante tutto quanto gli è successo. Una ragazza, il giorno dopo,piangendo mi ha detto: “Come è possibile che in un mondo civile succedaancora che gli uomini possano vivere per <strong>strada</strong>?” Un altro alunno mi hadetto: “Da oggi non avrò più paura dei poveri, perché sanno ridere”».«Sono contento di parlare con i ragazzi e raccontare loro <strong>della</strong> mia vitae delle disavventure che mi sono capitate. Potermi esprimere è bello. Mipiace dialogare e confrontarmi con i giovani sull’emarginazione – concludeFranco –: un tema che mi tocca molto da vicino. Ma soprattutto mi piaceparlare di Scarp, di quello che questo progetto mi sta dando». Anche perAntonio – new entry di Scarp – l’esperienza nelle scuole ha avuto un fortesignificato. «La mia giornata all’interno <strong>della</strong> scuola media? Ho cercato difar capire ai giovani quali sono stati gli errori che mi hanno portato a essereemarginato. Ho raccontato loro una buona parte <strong>della</strong> mia storia. Sperodi avere trasmesso qualcosa di importante: che la vita è bella e che èimportante ascoltare i propri genitori, perché ciò che dicono è per il nostrobene. Cosa che io ho capito tardi».Letizia Rossiluglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.47


firenzeAlessio, Simona, Giovanna: sono sempre di più le personeche vendono piccoli oggetti per integrare un magro reddito«Campo di mercatini,si deve pur mangiare»di Pamela Rossi e Mario AgostinoLe belleparoleChe belle parolese si potessero scriverecon un raggio di solee il sole splende su di noisulle nostre parolee ne fa un arcobaleno.Se possedessiun calamaio d’oroscriverei parole dorateun pugno di sabbianella clessidradel tempomigliaia di attimi,un attimo soloche si disperdenel vento.Un caleidoscopiodi colori, di suoni,un caleidoscopio d’oroecco cosa immaginareche colpo al cuoreche colpo all’animaoltre il cuore dei cuori.Maria Di Dato48.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012«Con la crisi, o ci si arrangia così o si va a rubare». Lo si sente dire, e nondi rado, nelle piazze fiorentine, da cassintegrati e licenziati che vendono cianfrusagliee s’improvvisano ambulanti. Abbiamo realizzato una serie di interviste al“Mercatino dell’antiquariato e del piccolo antiquariato”, che si tiene la secondadomenica di ogni mese – agosto escluso –, per un’intera giornata, in piazza SantoSpirito, uno dei “cuori” storici di Firenze. Quello che ne è uscito è uno spaccatodi Italia che, pur di stare a galla, le tenta tutte. Anche di improvvisarsi commerciante.Alessio, per esempio. Faceva le pulizie in ospedale: è stato licenziato due annifa e oggi è uno dei tanti che al mercatino non si dedica come passatempo, maperché le sue finanze non gli permettonodi raggiungere la fine del mese. Sevogliamo un po’ sdrammatizzare questarealtà, il mercatino delle pulci è, percosì dire, un ammortizzatore socialeminimo e fai-da-te, di fronte ai disastridel mercato vero, quello che con la crisipartita dalla speculazione selvaggiae finta si è mangiato molti posti di lavorodell’economia reale, lasciando interefamiglie ad arrangiarsi da sole.Si guadagna una miseria«Con tre figli disoccupati a carico,quando le cose vanno bene ai mercatiniporto a casa 800 euro al mese. È diventatala mia prima occupazione – sospiraAlessio –, anche se i mesi in cui vaveramente bene sono davvero pochi».Ma Alessio non si arrende: ha allestitouna bancarella di abbigliamento in societàcon un suo amico che, fino all’annoscorso, faceva il mulettista. «Io e miamoglie siamo diventati custodi di unapalestra – racconta ancora Alessio –.Non prendiamo uno stipendio, ma nondobbiamo pagare affitto e bollette. Eoggi è importante. Intanto sto cercandoun altro lavoro, perché ho una bambinapiccola e con la vendita dell’usatonon si mangia».I mercatini di Firenze sono diventataun crogiuolo di storie di crisi vera. Nesono protagoniste tante persone trascinatedagli eventi nel piccolo commercioimprovvisato: al mercatino, infatti,per prenotare uno spazio non serve licenza,basta avere la fedina penale pulitae la residenza italiana da almenodieci anni (richiesta dagli abitanti delquartiere, che temono l’abusivismo). Difatto, ormai, una chance minima per disoccupati,pensionati sociali, giovanicoppie, famiglie a basso reddito.E alcuni, come Simona, si trovanoad affrontare un tipo di condizione inaspettata.«Non ho mai avuto problemidi natura economica – racconta –, tantoche i miei nipoti mi hanno semprechiamato “la zia ricca”. Avevo una miaattività, una lavanderia che ho gestitoper quindici anni. Poi, con l’inizio <strong>della</strong>crisi, non sono più riuscita a mantenerla.Allora ho deciso di vendere per aprireun centro estetico insieme alla piùgiovane delle mie due figlie. Tremendoerrore. Mi sono resa conto troppo tardidi essermi affidata alle persone sbagliateper la vendita <strong>della</strong> lavanderia. Quarantamilaeuro sono praticamentescomparsi nel nulla. Per far fronte agliimpegni, io e mia figlia abbiamo chiestoaiuto alla regione e alle banche, manessuno ci ha dato fiducia. Così ho restituitole chiavi del mio centro estetico


<strong>scarp</strong>firenzemai aperto e ora vendo vestiti e bigiotteriaal mercatino. Ma se non mi aiutassemia figlia, da sola non ce la farei».Poco più in là, una coppia anzianadi “artigiani di <strong>strada</strong>” si avvicina dopoaver origliato incuriosita il dramma diSimona. Nei loro sguardi si manifestauna forte volontà di partecipare all’intervista.Così si rendono protagonisti,immedesimati, di accese esclamazioni:«Devi sapere che tra le bancarelle si guadagnadavvero poco – esordiscono idue –. Arriviamo a fare 200, massimo300 euro al mese. Una miseria».La donna, Fabiola, è in mobilità datre anni, chissà quando riuscirà ad andarein pensione. Ma per il momentopercepisce 250 euro al mese. <strong>Il</strong> marito,Giuseppe, ha una pensione di invaliditàdi 600 euro e si dispera: «Veniamo tutti ifine settimana da Arezzo e già un po’ disoldi se ne vanno per la benzina e l’auto<strong>strada</strong>.Per non parlare del sacrificio,dato che non siamo più così giovani.Non si guadagna quasi nulla, ma è sempremeglio che starsene a casa con lemani in mano. E poi ti fa sentire vivo».Entrambi scuotono la testa.Anche Intrecci “svuota la cantina”«Occasione per finanziare i progetti»Quando parlo con Francesca Bianco, vicepresidente dell’associazione“Intrecci, liberi d’essere nella salute mentale”, che ha sede a SestoFiorentino in piazza <strong>della</strong> Chiesa, lei ha ancora le mani impastate congli ingredienti per le torte realizzate per autofinanziare l’associazione.I costi sostenuti per organizzare il convegno svoltosi il 2 marzo nell’aulamagna del Careggi, al fine di introdurre anche in Italia, prima città Firenze,la “Psicoeducazione per familiari di pazienti affetti da disturbo bipolare”,devono ancora essere coperti: non manca occasione nella qualel’associazione non si presenti per autosostenersi. Una fra le tante è statala partecipazione a “Svuota la cantina”, mercatino organizzato a SestoFiorentino, un’occasione di alleggerire la propria casa di oggetti non più utilio ingombranti e, per l’associazione Intrecci, un sistema come un altroper raccogliere fondi. «È un impegno faticoso – spiega Francesca Bianco –,ma appagante e utile per l’associazione e la sua esistenza. E comunqueè attuato con spirito e divertimento, specialmente considerati i buoni esitidegli eventi che la nostra associazione ha messo in piedi e, speriamo, diquelli che sta progettando per l’immediato futuro nel campo <strong>della</strong> salutementale». Glim esiti <strong>della</strong> partecipazione al mercatino di Sesto, grazie anchealla massiccia presenza di soci e amici, hanno superato ogni più roseaaspettativa, ma ancora molto deve essere fatto affinché le attivitàdell’associazione siano economicamente coperte. Ma loro non mollano.L’obiettivo è garantire, insieme alla Società <strong>della</strong> salute del quartiere quintoe alle altre associazioni collegate, il benessere di persone meno fortunate.Claudio Corso«Meglio qui che a rubare»Però, c’è anche chi nel mercatino vedeun velo di speranza per l’avvenire. É ilcaso di Giovanni, che ha iniziato a girareper le piazze un anno fa, quandol’impresa per cui lavorava si è ritrovatasenza clienti. «Con il mio vecchio lavoro– spiega Giovanni – riuscivo a portarea casa 1.500 euro al mese, ora arrivoal massimo a 800. Però sono libero diAntiquariato salvagenteBancarelle in una piazza fiorentina:stampelle per sempre più personein difficoltà economicagestirmi come voglio e spero che, unavolta finita questa crisi, il giro d’affaripossa iniziare a crescere. Per ora è dura.Partecipare ai mercatini richiedetempo, fatica e molti più soldi di quantisi pensi».Per la maggior parte degli intervistati,dunque, la bancarella serve a integrareun reddito che si è fortementeridotto a causa <strong>della</strong> crsi economica.Nella speranza che il peggio passi presto.È il caso di Domenica, che fa le puliziepart time per 500 euro al mese:«Mio marito è disoccupato – racconta –e i soldi che guadagno io non bastanoper arrivare a fine mese in maniera decorosa.Così da un anno mi sono messaa vendere <strong>della</strong> bigiotteria che fabbricoda sola. Rimedio sui 200 euro almese e finché mio marito non avrà trovatoun altro lavoro dovremo cercare ditirare avanti così. Lo so, non è il massimo,ma è pur sempre una maniera dignitosadi guadagnarsi da vivere»Esperienze direttamente dalla <strong>strada</strong>,esperienze di una vita difficile: mostranoquanto gravi, su questo paese,la “sfiducia pubblica”. E quanto soconsolidi la tendenza a “fare da soli”,ad arrangiarsi. Che sarà pure una vocazionedell’italiano medio. Ma è ancheun chiaro sintomo di disgregazionesociale e persino istituzionale. Bellacosa, in definitiva, il mercatino. Masolo se non sei costretto a svendere cose,ricordi, effetti personali, e le certezzedi una vita dignitosa, per evitare diridursi a rubare... .luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.49


napoliLa redazione napoletana protagonista di un programmadi Tv 2000 sui senza dimora. Dietro le quinte delle ripreseIn tv ci vado io.Cioè NessunoGli spettatori sapranno di piùArriva la tivù, e ci mancava. Stiamoavendo un sacco di esperienze qui aScarp. <strong>Il</strong> fotografo di Gente, la mostrafotografica di Tappari e le vignette diMordillo, la passeggiata “a Cicerone”per il centro storico <strong>della</strong> città; lo spettacoloal Bellini, il tastierista degli Almamegrettae non mi ricordo più chealtro... Ma è un’attività che mi piace.Io sono un po’ orso, lì mi lasci, lì mitrovi. Eppure ho girato mezzo mondo,siamo strani o forse sono strano solo io,ma vabbè. All’inizio tutta questa attivitàmi ha sorpreso: mai me la sareiaspettata, salendo le scale per la primavolta, quando ho cominciato a sentirdire che la visibilità è importante. Equindi arriva la tv e vuole proprio me, eva bene così: io mi diverto, le cose nuovefanno bene, ringiovaniscono. Certonon è la Rai, è Tv 2000, non è un spettacolodi intrattenimento ma una serieche vuole far conoscere, capire, riflettere.E il Nessuno a Napoli sono ancheio, come dico talvolta in chiesa quandofaccio l’annuncio per la vendita.Tutto è meglio <strong>della</strong> panchina: farsiintervistare da Alessio sul terrazzo deldiLaura Guerra50.Viaggio nella terra di nessuno ha fatto tappa a Napoli. <strong>Il</strong> programma,condotto da Alessio Cammilli, va in onda su Tv 2000, l’emittente <strong>della</strong> Conferenzaepiscopale italiana, e si propone proprio di mettere a fuoco le cause e idrammi che portano alcune persone ai margini <strong>della</strong> società. <strong>Il</strong> progetto prevedeun viaggio nelle principali città d’Italia (Roma, Napoli, Palermo, <strong>Torino</strong>,Milano, Venezia), insieme a coloro che si sono messi volontariamente al serviziodegli ultimi, un viaggio per capire l’entità del fenomeno <strong>della</strong> grave emarginazionee illustrare i tentativi di chi cerca di trovare soluzioni concrete, immediate,efficaci. Un viaggio che prevede anche l’incontro con chi ha responsabilitàpolitiche e sociali. In questo quadro, autori e realizzatori del programmahanno trascorso un’intera giornatacon la redazione napoletana di Scarp.Ecco il “dietro le quinte”...<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012l’Istituto La Palma è stata una bella novità.Vi racconto come è andata. E menomale che un po’ di esperienza cel’ho, ho lavorato, cioè suonato in teatro,sul grande palco, in piccoli localicon piccole pedane e so che dietro lospettacolo, dietro ogni spettacolo, c’èun lavoro enorme, lungo, a volte faticosoe dal finale obbligatoriamentepositivo, tutto deve andare. E tutto va.Però un po’ l’abitudine era persa, osopita, diluita. E ritrovarmi di nuovo inmezzo all’azione, anzi al: «Silenzio,motore, azione!», è stato emozionante.Essere intervistato ancora di più, unpo’ perché non sai cosa sta per capitare,un po’ perché effettivamente poi ticapita. Domande impreviste, risposteche vorresti cancellare, vestito che vorresticambiare, stanchezza che dovrebbesparire, ma che ci sei andato afare chissà se hai fatto... Insomma ungrande, grande casino!Però loro, quelli <strong>della</strong> tv, dicono cheè andato tutto bene. E sono contento:per me, per il giornale, venderemo tuttidi più e sarà meglio. Gli spettatori saprannoqualcosa di più preciso suisenza dimora di Napoli, così da esseremeno diffidenti. E vissero tutti più felicie contenti.Bruno LimoneBella iniziativa, ma i governanti...Ho avuto il piacere di conoscere il produttoree il conduttore di un programadi Tv 2000. Erano venuti a Napoli perorientarsi, prima di tornare con la troupe,per far conoscere al pubblico unarealtà poco conosciuta: i senza dimora.Hanno deciso di intervistare ancheme, insieme alla mia amata Maria. Intervistache racconta le esperienze negativeche ci hanno indotto a chiederel’aiuto ai servizi <strong>della</strong> <strong>Caritas</strong>, perchéeravamo persone indigenti.Se tutto ciò è utile per sensibilizzarei mass media, l’opinione pubblica ei rappresentanti del nostro governo:che vadano avanti con convinzione edeterminazione queste iniziative a favoredegli ultimi! Però un pizzico dipessimismo mi fa pensare che i governantisono poco propensi, in questomomenti di crisi economica, ad accorgersidi questo fenomeno.Non immaginavo nemmeno perun attimo che un giorno qualsiasi sareidiventato protagonista, con Maria,di un programma tv, e di essere immortalatodalle telecamere del circuitotelevisivo che fa capo alla Cei. Inpiazza Donnaregina, nel pomeriggio,chi si trovava a passare e osservava conattenzione, poteva notare persone chesi muovevano senza far trapelare nessunaemozione, consapevoli di ciò chestavano facendo. Erano inviati, operatori,cameraman e produttori. Tutto ciòpoteva far supporre che dovevano intervistareil vescovo, o qualche altra autorità.Invece gli intervistati erano alcunivenditori di Scarp (me compreso).L’intento <strong>della</strong> troupe televisiva eramostrare con le immagini le problematichedelle persone che nell’arco


<strong>scarp</strong>napoliInsieme anche sul setMaria e Sergio raccontanoa Tv 2000 la loro storia d’amorenata grazie a Scarp de’ <strong>tenis</strong>La storia<strong>Il</strong> nostro amoreraccontato a tuttiUn giorno di maggio nella nostra redazione si sono presentatiEzio e Alessio, produttore e conduttore del programma Viaggio nella Terradi Nessuno. A me e a Sergio, il mio compagno, ci hanno intervistato,per farci parlare <strong>della</strong> nostra storia d’amore, sbocciata tra la <strong>strada</strong> e laredazione di Scarp. Non ero per niente emozionata e mi sono sentita subitoa mio agio. L’intervista è stata condotta da Claudia, una simpatica ragazzamora, che era molto alla mano ed è stata brava a farmi sentire tranquilla;ha instaurato subito una bella amicizia. Le ho raccontato i passi salienti<strong>della</strong> mia vita e del mio colpo di fulmine per Sergio. Lei ne è rimastaentusiasta e conoscersi è stata una bella esperienza per me. E speroanche per lei.È stata una giornata davvero speciale. La piazza era gremita di personeal lavoro, che hanno attirato l’attenzione di tanti bambini che un po’giocavano a pallone e un po’ osservavano gli operatori e le telecamere.È stata una bella esperienza e una giornata memorabile, mi sono sentitamessa su un piedistallo, anche Sergio mi è parso entusiasta. Claudia,la conduttrice, quando ha terminato l’intervista mi ha salutato conun caloroso abbraccio e si è fatta scattare una foto con me per ricordo.Maria Di Dato<strong>della</strong> vita hanno vissuto un disagio.Una realtà che forse una parte dell’opinionepubblica non conosce?In attesa del mio turno guardavocon attenzione l’affannarsi degli operatori,che cercavano di posizionarenel modo giusto le telecamere. La miaattenzione è stata richiamata dallatruccatrice Carla, che con grande maestrialavorava per far in modo che gliinviati apparissero al meglio.L’intervista che hanno fatto a me ea Maria è stata breve e ripetuta due volte,affinchè le riprese fossero nitide.Pensavo di emozionarmi ma ciò non èaccaduto, anche perché altre esperienzedel genere fatte senza telecamere mihanno aiutato a non farmi intimorireda una situazione leggera e completamentediversa. Alla fine, con Maria e Aldo,ci siamo congedati per tornare a casadopo aver trascorso un pomeriggioindimenticabile e irripetibile.Sergio GattoCavi, microfoni... e una domandaNon voglio parlarvi del perché e del percomeè venuta la troupe di Tv 2000. Misono appassionato <strong>della</strong> parte tecnica;mi piacciono le automobili veloci, lemoto, infatti ne ho una; uso il computerogni giorno e infatti mi sono iscrittoa facebook. Tempo fa ho lavorato cometecnico del suono e ancora oggi quandonelle comunità parrocchiali, e al Binario<strong>della</strong> Solidarietà che frequento, si organizzanofeste o spettacoli, io mi do dafare con i cavi dei microfoni e dell’amplificazionee l’impianto luci.Perciò vedere tante persone al lavorocon attrezzature per fare un programmatelevisivo mi ha incuriositomolto. <strong>Il</strong> dietro le quinte e la parte tecnicami piacciono molto: subito ho fattoamicizia con i tecnici e abbiamo fattodelle belle chiacchierate. Erano tuttiragazzi giovani, molto disponibili,erano scherzosi e facevano bene il lorolavoro, da professionisti. Mi divertivovedendoli montare le attrezzature e regolarei volumi dell’audio e l’intensità<strong>della</strong> luce giusta. Mi hanno chiesto unpo’ del nostro giornale e delle cose chescriviamo, abbiamo parlato anche <strong>della</strong>pizza, la nostra, napoletana, piùmorbida, soffice e alta; la loro, la romana,più sottile e croccante.Loro lavoravano per far apparire esentire al meglio i presentatori che eranoquattro: Alessio, Marina, Calogero,Claudia e Mirco. Anche loro ragazzi ingamba, e quando intervistavano qualcunolo hanno messo a proprio agio enon facevano pesare l’emozione: sembravauna chiacchierata fra amici.Quando hanno intervistato quattromiei colleghi io non c’ero. Perciò sonomolto curioso e non vedo l’ora di vederela puntata girata a Napoli. Sì, perchéoltre la nostra città, sarà raccontatala realtà dei clochard anche di Roma,<strong>Torino</strong>, Venezia, Milano e Palermo. Maditemi una cosa: «Come vivono i “barboni”a Venezia?». Boh!Massimo De Filippis.luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.51


<strong>scarp</strong>napoliPer una domenica i venditori di Scarp hanno deciso di rinunciareai magri guadagni, per non “distrarre” dalla raccolta nelle parrocchieNoi terremotati a vitasolidali con l’EmiliaLa seconda domenica di giugno i venditori napoletani di Scarp de’<strong>tenis</strong> non sono usciti per la tradizionale vendita nelle parrocchie. <strong>Il</strong> motivo?C’era una priorità che stava molto a cuore a chi tutti i giorni è abituato a confrontarsicon la sofferenza e la mancanza di una casa: cercare di portare un aiutoalle popolazioni colpite dal terremoto in Emilia e Lombardia. Anche le parrocchie<strong>della</strong> diocesi di Napoli erano coinvolte nella colletta nazionale promossadalla Conferenza episcopale italiana. E così i venditori di <strong>strada</strong>, dopoun incontro con l’équipe che li segue, hanno deciso, in maniera autonoma, dilasciare il campo libero, per evitare di distogliere offerte all’iniziativa pro terremotati.Ecco le loro motivazioni.La rinuncia che sa di buonoOgni tanto la vita è strana: siamo tutticosì superimpegnati a fare, dire, agire,che ci è difficile pensare che, qualchevolta, il non fare è la cosa migliore.Questo è quello che è capitato a noi diScarp nella domenica dedicata allaraccolta fondi pro terremotati promossadalla Chiesa italiana. Abbiamosemplicemente rinunciato a uscire colgiornale, per non “distrarre” la gente daquell’importante, primario impegno.Ognuno di noi venditori ha rinunciatoal proprio guadagno e l’ha devolutoidealmente a quella gente cosìprovata. Se non capiamo noi cos’è ildisagio... Molte delle nostre vite sembranoterremoti: alti e bassi, crolli emacerie fanno parte del nostro passatoe, quando sono indelebili, del nostropresente. E poi il terremoto che ha colpitola nostra Napoli nel 1980 chi se loscorda? Vidi aprirsi e allargarsi una crepain un muro che se non mi portavanovia forse ci restavo sotto.Che vuoi che sia, allora, oggi, restarsenea casa una domenica, se questopuò servire ad aiutare qualcunoche la casa non l’ha più? Non esserciper esserci, questo abbiamo fatto, soloquesto. E sa di buono.Bruno Limone52.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012Dovesono andataAspettavo quel giornoda sempree d’incanto è sbocciatoil giorno, la luce, la vita.Ho seguito il mio cuorepulsare di vibrazioni.Aspettavo l’arrivo di una vitalegata alla miala sostanza del viverein un giornodi clima armoniosonell’aria quel dolcerespirare che penetrae filtranelle mie narici.Ah quel giorno,ah quel giorno...Se potessivivrei così tutti i giorni<strong>della</strong> mia vita.Cosa ho fattonon lo so.Ma ho solo la magiadi amarti a modo mioMarianna PalmaNon per farci belliDomenica 10 giugno è stata per noivenditori di Scarp una giornata particolare.Sapevamo delle varie iniziativeorganizzate in favore delle popolazioniterremotate dell’Emilia Romagna. Lechiese sono state fra le prime ad allertarsie di riflesso i fedeli che vanno amessa. Abbiamo scelto, d’accordo conla redazione, di farci da parte in quellagiornata. È stato il nostro contributo,anche se non economico, alle personeche hanno vissuto il dramma.Non potevamo, date le nostre condizioni,offrire un aiuto rilevante in denaro.E allora abbiamo pensato che,astenendoci dalla vendita del giornale,avremmo permesso alle comunità diraccogliere, attraverso le offerte dei fedeli,un sostanzioso supporto per l’emergenza.Sono sicuro che voi che leggete,apprezzerete il gesto, non fatto perfarci belli, ma sgorgato dal cuore.Chi ha vissuto, o vive il disagio, èpiù incline ad aiutare gli altri. Chi ha ildramma, ha un cuore diverso, assumealtri valori dentro. Apprezza tutto dipiù e sviluppa un altro tipo di sensibilità.Molti drammi nascono per caso oper nostra colpa. La gente dell’Emilianon ha nessuna colpa, è vittima di unacalamità naturale. Siamo stati tutticontenti di aver fatto, nel nostro piccolo,la nostra parte. Abbiamo dovuto rinunciareal guadagno domenicale, maabbiamo avuto una grande gratificazionemorale. E in più qualche ora disonno in più e una domenica spensierata,a volte una pausa serve a ricaricarele energie... Non so i miei colleghicome hanno trascorso la giornata diversa;quando sei abituato, ti mancaanche il lavoro, anche il dovere; ma a


<strong>scarp</strong>napolinoi di Scarp la fantasia non manca. Io,preparata la colazione, ho pensato ditrascorrere la giornata a Sorrento, famosacittadina di mare a pochi chilometrida Napoli.Una località molto bella, anzi di più,meta di turisti che vengono da ogniparte del mondo. Fotocamera a tracolla,occhiali scuri, zaino e <strong>scarp</strong>e comode,mi sono sentito anche io un turista.Ho passato una piacevole giornata, vedendotanta gente, bei posti e respirandoaria buona. Ma il benessere mi è derivatosoprattutto dalla gioia di avercontribuito ad alleviare le sofferenzedei più sfortunati che hanno vissuto ilterremoto. Ricordo quando lo vissi io 32anni fa, ma senza perdere la casa eavendo cosa mangiare. Nonostante ciòricordo la grande tristezza. <strong>Il</strong> terremotoè una brutta esperienza. Sconvolgela terra e poi le nostre anime.Giuseppe Del GiudiceL’occasione per il picnicLa seconda domenica di giugno i venditoridi Scarp non sono usciti per lavendita nelle parrocchie. <strong>Il</strong> motivo?C’era una priorità che ci stava acuore: aiutare le popolazioni emiliane.Le parrocchie si sono organizzate per laraccolta dei fondi in tutta Italia e anchequelle delle diocesi di Napoli hannopartecipato. Noi venditori di <strong>strada</strong>, insiemeall’équipe abbiamo deciso dimetterci da parte, ed è stato facile prenderequesta decisione. Chi meglio dinoi si può calare nei panni di questopopolo, noi che ci sentiamo terremotatia vita? In quella condizione tutti i gestidi vita quotidiana, anche piccoli, diventanodifficili, non ci si sente liberi esi desidera tornare ai propri spazi, allapropria casa, alle cose e alle abitudinidi ogni giorno e non si riesce ad accettaredi vivere in una tendopoli e di doversiadattare ai disagi che comporta.Si vive in modo precario e con la paurache la terra tremi ancora; penso che intenda ti puoi portare solo l’essenziale equindi ti mancano le cose personali,anche quelle che sembrano inutili.Quella domenica ne ho approfittatoper passare una domenica davverodiversa: con Maria, anche lei venditrice,e i nostri due bambini siamo andatial mare. Abbiamo preparato panini ebibite e ci siamo goduti un bel picnicsulla spiaggia. Ci siamo divertiti. All’inizioci è sembrato un po’ strano nonstare a vendere in chiesa, ma poi abbiamoapprezzato tanto poter passareuna domenica in famiglia.Domenico Capuozzo.Dai una mano a chi ti dà una mano.Grazie a Saf Acli puoi mettere in regola subito e a prezzi veramentecontenuti chi lavora per te, assistendo le persone che ti sono più care.<strong>Il</strong> nostro servizio comprende anche la consulenza e l’orientamento legale e il costante aggiornamentointerpretativo in merito a previdenza e fiscalità del rapporto di lavoro domestico.Per informazioni vai su www.safacli.com (clicca su Area lavoro Domestico) oppure chiama il nostro n. verde 800 184 900.Numero Verde800 184 900www.safacli.com


salernoIn internet senza rischi: a Salerno la prima scuola in Italia cheha sperimentato un social network per i ragazzi, nato a FirenzeAmico Trool,si naviga sicuri<strong>Il</strong> tuosorrisoAmmantata d’orocantal’allodola sul ramo.Contentoride il cielo.Ride la terra.Ridono il lagoe il mare.Ma nessunsorrisoè bellocome il tuo.Favour54.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012Un progetto innovativoPer porre rimedio alla situazione l’Istitutodegli Innocenti di Firenze, tramiteil progetto “Crescere che avventura”, hadeciso di sviluppare un social networkdedicato ai ragazzi, estremamente sicuroe protetto.<strong>Il</strong> nuovo sito si chiama Trool, acronimodi “Tutti i Ragazzi Ora On Line”(www.trool.it): l’iniziativa ha già un ottimonumero di utenti, soprattutto tra iragazzi e gli insegnanti. <strong>Il</strong> progetto“Crescere che avventura” è finanziatodalla Fondazione Telecom Italia, nell’ambitodel bando “I beni culturali invisibili,una risorsa italiana da valorizzare”;il progetto è stato presentato dall’Istituto,in partenariato con Luoghiper Crescere, cooperativa Eda, CooperativaLama e Wikimedia. In particolareil sito, oltre a consentire una navigadiMichele PiastrellaUn Trool per aiutare i ragazzi a non perdersi nella rete. Salerno in primafila nell’accogliere e sviluppare un innovativo social network, protetto e sicuro,dedicato ai più giovani. Secondo l’Istat (dati aggiornati a fine 2011) circa l’80%dei ragazzi italiani al di sotto dei 13 anni utilizza il pc. Inoltre, circa il 93% dei minorenniutilizza il cellulare. Due strumenti che consentono la connessione a internet,che per i minorenni, oltre a essere luogo di svago, istruzione, amicizie, rappresentaun forte pericolo.Uno dei maggiori fattori di rischio è l’assenza di privacy di alcuni siti (socialnetwork in primis) e la possibilità di essere contattati da utenti del web che non sonochi vogliono far credere di essere. Riguardo ai social network, Facebook in parzionesicura e un’intensa socializzazio-ticolare, il dato dei minorenni che vi siiscrivono è in fortissima crescita, ma lacosa preoccupante è che tra loro vi sonoanche under 13, nonostante l’e-le nuove generazioni comportamentine tra i ragazzi, intende promuovere traspresso divieto ai ragazzi di quell’età di di cittadinanza attiva. Attraverso Trool,iscriversi. La data di nascita, infatti, è infatti, i ragazzi delle scuole primarie el’unica voce che, all’atto dell’inserimento,blocca l’iscrizione. Ma scriver-partendo dai temi rappresentati nel-secondarie pubblicano elaborati che,ne una falsa è, appunto, un gioco da ragazzi,alla portata anche di un bambino nocenti (uno dei più antichi orfanotro-l’archivio storico dell’Istituto degli Indi6 o 7 anni.


fi e istituti per l’infanzia d’Italia, detentoredi un magnifico archivio con libririsalenti persino al Quattrocento), trattano<strong>della</strong> propria identità locale, <strong>della</strong>memoria storica <strong>della</strong> loro famiglia e<strong>della</strong> loro città, dei disagi dell’infanzia edell’adolescenza, in un progetto eccezionalmenteeducativo.Attraverso Trool, i ragazzi hanno lapossibilità di pubblicare post e avereprofili all’interno di un sito assolutamentesicuro, esente dai rischi <strong>della</strong> navigazionecanonica; in più, possonoutilizzare questo social network ancheper divertirsi, interagendo tra loro attraversocommenti e votando i post chepiacciono di più, trattando argomentiludici e di svago, pubblicando video emateriali, a mo’ di diario personale.Nei primi anni di vita il sito è statotestato nelle scuole <strong>della</strong> Toscana, conrisultati sorprendenti. Si è deciso, così,di diffonderne l’utilizzo in tutta Italia; lacittà di Salerno è stata la prima ad adottareTrool, attraverso un laboratorioeducativo che si è svolto nei mesi scorsicon i ragazzi <strong>della</strong> scuola media dell’istitutocomprensivo San Tommasod’Aquino (nel rione Fratte).Essere genitoriGestire i figli nella rete:piccolo decalogo ragionato<strong>scarp</strong>salernoEssere genitori è il compito più difficile del mondo, madi sicuro, nell’era digitale che ci troviamo a vivere, un buon genitorenon può sottovalutare il rapporto tra i propri figli e internet. <strong>Il</strong> webha cominciato a diventare un fenomeno veramente di massa attornoal 1996; così, tutti i bambini e i ragazzi che oggi hanno meno di 15 annipossono essere chiamati “nativi digitali”. Non bisogna spaventarsidinanzi a questa espressione; i nativi digitali hanno il nostro stesso dna,non è avvenuta in loro alcuna mutazione genetica, hanno gli stessidesideri e sentimenti, solo che sono particolarmente ferrati con i pc(e derivati: notebook, tablet, ipad, telefonini, ipod...); soprattutto,trascorrono molto del loro tempo utilizzando questi strumenti. I quali,è, non sono negativo in se stessi, anzi migliorano le possibilitàdi istruzione e socializzazione dei ragazzi; tuttavia, la prassi di restare“on line” per molte ore al giorno determina la possibilità di trovarecontenuti ben poco educativi, e il pericolo di conoscere personemalintenzionate. La rete, infatti, è un po’ come il mondo: vi si trovanopersone buone e persone non buone. Ma, contrariamente al mondo“fisico” che è la fuori, dà al malintenzionato la possibilità di nascondersisotto mentite spoglie. Soprattutto, con l’avvento del web 2.0, chedà la possibilità di interagire a più livelli con la rete e diventareproduttori di informazioni, e non solo ricettori, i pericoli aumentano.Cosa deve fare, dunque, un buon genitore per tutelare i propri figli chenavigano sul web? Un ottimo sito, “La città invisibile”, elenca 15 regoleche un buon genitore dovrebbe osservare con il proprio figlio minorenne“internauta”. Ne segnaliamo alcune:• Non si danno informazioni personali• Non si compilano moduli• Non si fanno acquisti in internet• Non si accettano regali da internet• Non si deve essere “boccaloni”• No al materiale piratato• Attenzione alla posta elettronica (messaggi spam, ad esempio)• Riferire ai genitori ogni cosa sospetta<strong>Il</strong> tempo su internet: (non più di due ore al giorno, con un giorno asettimana di astinenza completa).Dionisie PistaI laboratori e la gitaI risultati dei laboratori educativi di Salernosono stati particolarmente brillanti;gli studenti hanno imparato a utilizzareTrool, pubblicando sia post particolarmenteimpegnativi, su temi comela propria identità, il passato e il futuroche sognano, la storia <strong>della</strong> propriafamiglia confrontata con quella deibambini abbandonati, sia post ludici edi svago, come avviene su Facebook oTwitter. Cuore del progetto è stata la gitaa Firenze effettuata dai ragazzi, accompagnatidagli educatori del progettoe dalle insegnanti, nel corso <strong>della</strong>quale si è svolta anche una toccante visitaall’Istituto degli Innocenti.A coronamento del primo anno dilaboratorio a Salerno, martedì 5 giugnosi è svolta la presentazione del progettoa tutta la cittadinanza, alla presenzadelle istituzioni comunali (il vicesindacoEva Avossa), del preside AlessandroTurchi e dei docenti <strong>della</strong> scuola, <strong>della</strong>presidente dell’Istituto degli Innocenti,Alessandra Maggi, <strong>della</strong> responsabile diFondazione Telecom, Luisa Giolito, e diuno dei responsabili del progetto, EmanueleDattoli. Presente anche la presidentedel consorzio La Rada, PatriziaStasi, referente del progetto sul territorioe trait d’union dell’iniziativa, che haposto Salerno all’avanguardia nel rapportotra i bambini e internet e nell’utilizzodi tecnologie di navigazione sicuraper i minori..luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.55


cataniaLa crisi morde anche nel catanese, provincia di eccellenzaper gli interinali. Poche le alternative. Serve la formazioneAi giovani?Resta l’artigianato...56.GuardaciSmarritinei nostri pensieridispersi tra fumi di nebbiaarroccati su costoni di nullaGuardaci!Visi scavati dalle sofferenzeaffetti relegati in soffittaricordi che macinano il cuoreGuardaci!Abbandonatiin balia degli eventidistesi al solee al freddo notturnoconfusi in mezzoalla gente che ci ignoraGuardaci!Siamo rami secchisferzati dal ventoin un impervio sentierosenza vedere via di fugaGuardaci!Un giorno che sembraormai svanito nel tempoTony Bergarelli<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012di Lorena Cannizzaro<strong>Il</strong> segretario <strong>della</strong> Nidil Cgil di Catania, Giuseppe Oliva (foto sotto), hafatto il punto per noi di Scarp su come i giovani etnei cerchino un’opportunità lavorativa.Spesso senza trovarla. Ma cosa offre davvero oggi il territorio? E quale supportoarriva dal sindacato? «Catania è da sempre la provincia siciliana di eccellenzaper la quantità di lavoratori “in somministrazione”, ovvero gli interinali – attaccaOliva –. Da inizio 2012, anche in questo ambito il trend di offerta di lavoro è stato decisamentenegativo. <strong>Il</strong> drastico calo è dovuto alla crisi dei consumi, quindi alla crisi<strong>della</strong> grande distribuzione e dei call center: gli effetti delle delocalizzazioni iniziavativino a farsi sentire.Uno dei servizi offerti dalla Cgil rivoltoai giovani è il Sol (Servizio orientalavoro). Di che si tratta?L’obiettivo primario è fare orientamentoal lavoro. Molti giovani lavoratori,studenti universitari e disoccupati si rivolgonoa noi per avere informazionisulle nuove opportunità di lavoro, maanche più semplicemente li aiutiamo acompilare un corretto curriculum vitae.A questo si aggiunge una consulenzaspecialistica, che analizza la situazioneindividuale per cercare di valorizzare lerisorse personali e ottenere una crescitaprofessionale. Lo sportello è apertodue volte a settimana, il martedì e il giovedìmattina alla Camera del Lavoro, invia Crociferi 40. È possibile consultareanche il sito www.nidil.cgil.itCome ci si può muovere nel mondodel lavoro in questo periodo di crisi?C’è un mercato stagnante. Le aziendedel settore industrialee tecnologici può essere una car-ta vincente. <strong>Il</strong> suggerimento è quindipuntare su nuove e piccole aziende. Undiscorso a parte lo meritano l’artigianatoe il biologico: pur essendo settori diversisi riferiscono al medesimo targetdi clienti, in continuo aumento. Infine,la manualità e i vecchi mestieri riservanoquote di occupazione in crescita.Quali sono le vostre proposte per costruireun nuovo mercato del lavoro?Abbiamo stilato alcuni punti cardine.Innanzitutto bisogna cancellare i contrattipiù precari: mi riferisco alle associazioniin partecipazione e al lavoro achiamata. Poi dev’essere introdotta unaregolamentazione efficace per impedirel’abuso del lavoro autonomo, ancheattraverso un tetto di reddito sotto ilquale non si possono attivare contratti aprogetto e prestazioni a partita Iva.Quanto ai voucher, bisogna definire illoro valore orario e circoscrivernesono in crisi e questo hal’utilizzo.influito sensibilmentesui consumi, creandoBisogna infine fissare un“equo compenso”: secondodisoccupazione nellala Cgil tutti devo-grande e piccola distribuzionee nelle aziendeche offrono beni e servizi.no avere diritto a unequo compenso, chenon può essere inferio-Paradossalmente,re a quanto previsto neiperò, in questo periodol’attività imprenditorialecontratti nazionali di lavoroper i dipendenti diin settori nuovi, inno-pariprofessionalità.


poesie di <strong>strada</strong>Salto in lungo<strong>Il</strong> salto in lungoo il salto più lungo?Nel salto in lungo più lungoè necessariauna bella rincorsa,un balzo felino,un salto in avanti da gazzellae un finale lunghissimojumping into the beach.È spettacolare!Ci vogliono muscoli abduttori,muscoli adduttori,solidi polpacci,natiche e addominali possenti,piedi fortie stabili caviglie.La vita, in fondo,è un triplosalto in lungo,un doppiosalto mortaledal trampolino di 5 metri,un’infinita staffetta,passando il testimoneai tuoi migliori amici.Silvia GiavarottiCapellibianchiFremo davantiall’ingiustiziae davantiall’incomprensione,non ho i capelli bianchi.Se mi sarà dato d’averil crine più candido,oserò sempre di più.Oseròper il fratello dolente,per l’indifeso, il debole,per il buono che lottaper il bene,come già facevoda bambino.Ma ora daròanche all’arido,a chi è lungi dal bene,perché si tolgadal basso in cui viveignaro del bellodi donar e far del beneal fratello natoda uomo e da donna,per leggi d’unionee non di distacco,il bello di far del benea qualsiasi creaturadi lui Dio creatore.Gaetano “Tony” Grieco<strong>Il</strong> mio cuoreFinalmente è passatala tempesta,il sole a riscaldarmisi appresta,gli uccellinicinguettanogioiosi sui rami,come gioiosoè il mio cuore,che dal tuo messaggioha appreso che ami,il tuo cuorecome un fiumein piena per la viaha portato via da mela malinconia,è passata la tempesta,il mio cuoreè tornato a far festa.Mr ArmonicaCorreil trenoCorre il trenosbuffando in riva al mareentra nel montedalla cupa moleesce e, fischiando,risaluta il solee dentro un fitto boscopoi scompare.Ecco sul ponteappare rimbombando,i paesi sorvolae la pianura,nelle valli silentisferragliandoporta superbola sua nera armatura.Come fantasmifuggono velocile case, i prati,gli alberi e i giardini,si perdono nell’ariaallegre voci:i saluti festosidei bambini.Poi rallenta la corsae alfin s’arresta;raggiunta la città,placa il suo ardore.Si spegne il fuoconella nera testamentrenel ferreo corpotace il cuore.MaryDeltaplanoSe fossiun deltaplanomi piacerebbe volaredentro le nuvolee vedere gli angelie insieme a lorovolereiforse dall’altopotrei vederetutta la miaimmaginazione liberae mi sentirei leggerocome un uccellospensierato.Umberto D’Amico58.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012


ventunoVentuno. Come il secolo nelquale viviamo, come l’agendaper il buon vivere, comel’articolo <strong>della</strong> Costituzionesulla libertà di espressione.Ventuno è la nostraidea di economia.Con qualche proposta peragire contro l’ingiustizia el’esclusione socialenelle scelte di ogni giorno.ventunodossier Monete locali.Sono più di cinquemila nel mondo.E qualche esperienza cominciaad affiorare anche in Italia. Alternative(credibili) all’euro? La nostrainchiesta, 1tra rischi e opportunitàdi Andrea Baroliniventunostili Ai giovani detenuti<strong>della</strong> cooperativa Kayrosil “legname del Papa”di Stefania Culurgioniventunorighe L’eredità di Family 2012di Fabio Pizzulconsigliere regionale Lombardiaex presidente Azione Cattolica Ambrosianaluglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> . 59


ventunodossier1Dagli Hours di Ithaca al Sardex sardo. Nel mondo, ben 5 milavalute locali. Anzi, complementari. Come si spiega il boom?Sono il sindacoe batto moneta...dossier a cura di Andrea Barolini<strong>Il</strong> borgomastrodi Woergl, Tiroloaustriaco, nel 1931stampò buonida spenderenei negozi del paese.Con una clausola:la perdita di valorese non venivanousati entro un mese.L’idea era far circolarela ricchezza. Ebbe cosìsuccesso che Woerglrisentì <strong>della</strong> recessionein maniera più lievedel resto dell’Austria.Ma come funzionano,oggi, le “valutecomplementari”?E perché, anchein Italia, sono semprepiù diffuse?Interpretano bisognidell’economia “reale”.Ma non sono scevreda pericoli...60.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012Valute locali, tra recessione e folkloreL’Euro sta in crisi,ci affidiamo al Fiorito?Sgombriamo subito il campo da dubbi. Sebbene numerosi esperti storcanoil naso, la scelta di alcune amministrazioni locali di puntare su monete diversedall’euro non è derubricabile nel novero delle semplici boutade elettorali. Nétantomeno in tentativi di “boicottare il sistema”. Al contrario, spesso si tratta di iniziativeassolutamente serie che, a patto che siano costruite nel modo giusto, possonoanche portare reali benefici alle economie territoriali. Un’associazione francese,l’Aises (Associazione internazionale peril sostegno delle economie sociali) ha mulazione, un vettore di appropriazione<strong>della</strong> ricchezza, a deterioramento delpersino pubblicato sul proprio sito internetuna guida dettagliata per la creazionedi una moneta alternativa, repelettivo»,ha osservato il filosofo franceselegame con il sociale e dell’interesse colribileanche in inglese (www.aisesfr.org).Perché ciò che conta, appunto, è un’analisi <strong>della</strong> testata La Gazette desPatrick Viveret. Basti pensare, confermascegliere con attenzione metodi, percorsie obiettivi: i pericoli, infatti, sono liquidità “ufficiale” complessiva circolaCommunes, che solamente il 3% <strong>della</strong>in agguato.nell’economia reale: il resto è appannaggio<strong>della</strong> finanza (e, spesso, degliMa facciamo un passo indietro, etralasciamo per un attimo gli aspetti speculatori).problematici del fenomeno. Domandiamociinnanzitutto a cosa servono le sione, anche quel 3% diventa difficil-E quando, durante i periodi di reces-“valute complementari”, e perché proprioadesso assistiamo al loro boom. Si prese (ad esempio a causa <strong>della</strong> chiusumenteraggiungibile da cittadini e im-tratta di monete, appunto, “a complemento”<strong>della</strong> valuta di riferimento, e le banche), una moneta diversa puòra dei rubinetti del credito da parte del-non “alternative”: tali strumenti, infatti, evitare lo stallo di una porzione localeda noi si affiancano, non sostituiscono dell’economia, consentendo alla popolazionedi continuare a consumare, ail’euro. Si può affermare che la loro utilitàsia figlia delle storture del capitalismo:«Le monete ufficiali, da strumenti ai fornitori di continuare a produrre, alcommercianti di continuare a vendere,volti a facilitare gli scambi, sono diventatiormai un fine. Un obiettivo di accu- Proprio per questo l’ancoraggiomercato del lavoro di non congelarsi.ter-


« Le moneteufficiali, dastrumenti voltia facilitare gliscambi, sonodiventati ormaiun fine. Unobiettivo diaccumulazione,un vettore diappropriazione<strong>della</strong> ricchezza,a deterioramentodel legamecon il socialee dell’interessecollettivo»Le Ore fanno scuolaLa banconota di 5 Berksharesè la valuta complementare in usonel territorio del Massachussets.È nata sulla scia del successo<strong>della</strong> prima divisa localestatunitense, l’Hours, progettodel 1991 attivo nella cittàdi Ithaca, stato di New Yorkritoriale è una caratteristica peculiaredelle valute complementari. Lo confermachiaramente un breve ripasso <strong>della</strong>storia del fenomeno.Nel suo libro Au cœur de la monnaie,Bernard Lietaer, uno degli “inventori”dell’Ecu (meccanismo che gettò lebasi <strong>della</strong> moneta unica europea), fa risalirele prime esperienze di valute localicomplementari all’epoca dei Faraoni.Allora, in Egitto, le monete erano fattedi metalli preziosi, e in parallelo, pergli acquisti quotidiani, si utilizzava unamoneta senza valore proprio. Nel XX secolosono state soprattutto le crisi economichea dare impulso al fenomeno.Dalla Grande Depressione del 1929 all’Argentinadel 2001, città, regioni, provincehanno sfruttato tali sistemi perravvivare le proprie economie. Nel 1931il sindaco di Woergl (cittadina del Tiroloaustriaco) stampò dei buoni da spenderenei negozi del comune. Con la“clausola” che, se non venivano spesientro un mese, perdevano di valore. Intal modo, la ricchezza circolava anzichéessere risparmiata. L’idea ebbe successo:Woergl risentì <strong>della</strong> recessione menodel resto dell’Austria.Oggi di monete alternative ne esistono,secondo l’ultimo numero <strong>della</strong>rivista International Journal of CommunityCurrency Research, oltre 5 mila. Unastima precisa è impossibile, dal momentoche molte iniziative non sonopubblicizzate (sui siti www.community-exchange.orge www.complementarycurrency.orgsi può reperire unmonete localibuon elenco di alcune delle monetecomplementari note). Uno dei progettipiù longevi è quello partito nel 1991 nellacittà americana di Ithaca (stato diNew York), dove per tutelare i produttorilocali contro la catena di ipermercatiWal Mart nella grande distribuzione sidiede vita agli “Hours”. Le banconote in“ore” (del controvalore di 10 dollari) sonoaccettate nel raggio di 50 miglia, e affiancateda una locale banca di creditocooperativo (la Alternative CreditUnion) che offre perfino conti correntiin Hours, a tasso zero. Un successo, tantoche in altre città degli Usa si è cercatodi replicare quell’esperienza: con i Berk-Shares a Berkshire, nel Massachussetts;con i Plenty a Pittsboro, nel North Carolina;con gli Equal Dollar a Philadelphia,e ancora con i Cheers a Detroit.In Europa, uno degli esperimenti recentipiù interessanti è quello che vedeprotagonisti i Paesi Baschi. Compliceanche il vivo spirito autonomista <strong>della</strong>regione, dall’anno prossimo il territoriopotrebbe dotarsi degli Eusko: «Sarà unamoneta locale basata sulla parità conl’euro – ha spiegato alla testata La Républiquedes Pyrénées Benoit Egloff, unodegli ideatori – e sarà utilizzabile nellarete degli aderenti locali. Lo spunto èstato tratto dal Chiemgauer, monetaadottata nella comunità di Prien amChiemsee, nella Baviera tedesca. Nellacittadina e nei dintorni, 280 mila personehanno scambiato qualcosa come6,18 milioni di Chiemgauer nel 2011(pari ad altrettanti euro). E ciò ha per-luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.61


ventunodossierSul versanteeconomico,un’eccessivainiezionedi liquidità“alternativa”nel sistemapuò aumentarel’inflazionemesso alle associazioni locali di incassare50 mila euro. Come? Grazie al fattoche per ciascuna operazione di cambiotra euro e moneta locale, il 3% del valoreè versato obbligatoriamente a un’associazione,scelta da chi effettua la transazione».In Italia, recentemente, è stato il comunedi Filettino, in provincia di Frosinone,a lanciare la propria «protestacontro le misure di austerity» a suon dimoneta alternativa. <strong>Il</strong> sindaco Luca Sellariha coniato così il Fiorito (destandoscalpore per aver posto la sua effige sullebanconote), buono per effettuare acquistinei negozi locali o per i turisti chevogliano comprare souvenir. Similmente,a Parma il neo sindaco “grillino” FedericoPizzarotti ha profilato la possibilitàdi introdurre una valuta propria.Pagare per credereL’adesivo esibito dai negozi di Serramannache aderiscono al circuito SardexE in Sardegna, il Sardex!Ancora, in Sardegna è nato da qualchemese il Sardex, moneta virtuale basatasu una sorta di baratto moderno. Ideatada quattro ragazzi di Serramanna(provincia di Medio Campidano), vuolecostituire una base di liquidità circolante:i possessori non la accumulano(non esistono banche che offrano conticorrenti in Sardex) e in tal modo alimentanogli scambi commerciali locali,nei negozi associati al progetto. E glieuro vengono relegati alle spese chepossono essere effettuate solo con lamoneta ufficiale (stipendi, bollette, ratedei prestiti o dei mutui). Impossibile,poi, non citare gli Scec, acronimo di SolidarietàChE Cammina (www.scecservice.org),idea nata a Napoli e utilizzataormai in Italia da 15 mila persone e 30mila tra negozi, liberi professionisti epiccole imprese. Si tratta di buoni sconto,valutati un euro ciascuno, che vengonoutilizzati “insieme” agli euro: unbene può essere comprato, ad esempio,pagando 8 euro in contanti e 2 in Scec.In questo modo si incentiva il commercioall’interno del cosiddetto “ArcipelagoScec”.Più “accademica” la proposta deglieconomisti italiani Massimo Amato eLuca Fantacci, che per conto dell’ex sindaco<strong>della</strong> città francese di Nantes, JeanMarc Ayrault (attuale primo ministrotransalpino), hanno studiato il “Bonus”,divisa complementare all’euro, sul modellodi un’altra esperienza, nata nellasvizzera Basilea nel 1934. Si tratta di unsistema di credito cooperativo traaziende, finalizzato anche in questo casoa rafforzare l’economia locale: «Unmodo per lavorare gli uni per gli altri.Per “ringraziarsi” tra concittadini, propriooggi che le monete rischiano di disintegrarele comunità», ha spiegatoAmato, presentando il progetto.Solo la Cina guadagna terrenoAnche il dollaro piange,l’alternativa è lo yuanLa base non già del successo, bensì dell’esistenza stessa di una moneta,è cementata nella fiducia. A “credere” nel valore altrimenti nullo di monetedi metallo e banconote di carta devono essere le istituzioni, i mercati, ipartner internazionali. E, ovviamente, la popolazione.Partendo da questo presupposto, la crisi dell’euro non può essere “minimizzata”puntando il dito solo contro la crisi finanziaria globale, contro la bulimiadelle grandi banche, la spregiudicatezza dei fondi d’investimento o il cinismodegli speculatori. Ciò che ha messo, sta mettendo, e se non si cambieràrotta continuerà a mettere in crisi lamoneta unica dell’Unione europea è solo non è mai diventata un’Europaanche la mancanza di “forza politica” “politica”, ma neppure un’Europadelle istituzioni che la governano. compiutamente “economica”. <strong>Il</strong> mandatoconferito alla Banca centrale eu-Molti osservatori indicano da annila debolezza dell’euro proprio nellescelte che ne governarono la nasci-può, ad esempio, prestare capitali diropeaè solamente parziale (essa nonta. L’Europa “monetaria”, è noto, non rettamente agli stati, come fanno tut-62.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012te le altre banche centrali, e per questoè costretta a “regalarli” alle banche,al tasso stra-agevolato dell’1%,nella speranza che arrivino all’economiareale). L’europarlamento, inoltre,ha sì più poteri di vent’anni fa, ma ilcentro decisionale ultimo dell’Ue re-


monete localiInflazione e falsificazioneFin qui i pro. Ma quali sono i rischi? Innanzitutto,da un punto di vista economico,un’eccessiva iniezione di liquidità“alternativa” nel sistema può potenzialmenteprovocare un’impennata dell’inflazione.C’è chi adombra poi rischi diprotezionismo e di esclusione per chinon appartiene ai territori di circolazionedelle valute complementari. Inoltreesistono preoccupazioni legate alla sicurezza:le monete locali sono solitamentepiù facili da falsificare e da spacciarecome autentiche; un fattore chepuò crescere proporzionalmente a diffusionee successo di ogni iniziativa.Proprio per avere successo ed evitarestorture, tali valute devono mantenerela loro natura originaria: quella distrumento, anziché di obiettivo. Radicandosinel territorio, favorendo l’economialocale, basandosi sui concetti dicooperazione e fiducia. D’altra parte, comescriveva l’economista John MaynardKeynes, «non è facile per gli uomini capireche le loro monete non sono che unsemplice intermediario privo di significatoin sé, che passa di mano in mano,ricevuto e poi speso, e che una volta finitoil suo lavoro sparisce dalle tasche deiricchi, così come in quelle delle nazioni,delle comunità, di ciascuno di noi»..L’economista«Crimine e falsi... nell’orticello.I rischi non vanno sottovalutati»«Con le monete complementari si ottengono dei benefici, masi rischia anche. Di certo, non possiamo considerarle la soluzione aiproblemi economici del paese...». Piero Alessandrini (nella foto), ordinariodi politica monetaria all’università di Ancona, non si dichiara contrarioalle esperienze di monete complementari. Ma ne evidenzia i pericoli.Professore, il gioco non vale la candela?Tutto sommato no. O, meglio, se l’obiettivo è alimentare i mercati locali,dare fiato alle piccolissimo imprese, alle botteghe di un paesino, allora levalute complementari possono essere unostrumento interessante.In tempo di crisi può essere utile...Certamente. Ma non supereremo di certocosì i problemi a livello nazionale.Quali rischi vede nell’uso di strumentiaffiancati all’euro?Innanzitutto ci sono problemi legati allacriminalità. <strong>Il</strong> crimine cerca di controllarele economie locali e di far sparire ciò cheè controllabile. Le monete alternative sonomeno sicure di quelle ufficiali, più a rischiodi falsificazione. E inoltre sono di fattooffshore: non vengono controllate dalleistituzioni. In termini economici, poi, sonostrumenti limitati.Perché?Perché devono comunque collegarsi alle monete ufficiali. Nessunacomunità può considerarsi autosufficiente, a meno che non si voglia viverecome quaccheri... Tutti hanno bisogno di servizi esterni, che si pagano ineuro. Nel caso dei buoni pasto, i ristoratori poi li incassano in euro.Magari si ridurrebbero un po’ i consumi...Intendiamoci: io sono assolutamente favorevole a incentivare le colturea chilometro zero, o a ridimensionare gli eccessi...Appunto: una moneta locale può favorire una sorta di decrescita...Ma la decrescita va governata dalle istituzioni, altrimenti rischia didiventare regressione. La riduzione dei consumi, ad esempio, è una<strong>strada</strong> che è giusto percorrere, ma evitando che siano i cittadini“normali”, o peggio ancora poveri, a doversi ridimensionare. È chi ha lapancia piena che deve mettersi a dieta.sta il Consiglio dei ministri, ovvero isingoli governi. Per questo anche gli“euroscettici” oggi cominciano a parlaredi politiche economiche, se noncomuni, per lo meno coordinate.Sempre che non sia troppo tardi,perché l’euro rischia davvero diQui il ragionamento si fa politico...Prendiamo i rischi di protezionismo legati all’introduzione delle monetecomplementari: chi sta fuori dal circuito, non potrebbe accedereai benefici. È chiaro che il passo dall’alimentare l’economia localeal protezionismo e all’isolamento può essere molto breve.E chiudendosi nel proprio orticello, diciamo la verità, si rischiadi diventare un po’ leghisti...luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.63


ventunodossier2tabella 1 La crescita degli investimenti internazionali cinesi (in miliardi di dollari)2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010281 413 640 1.188 1.494 1.511 1.791FONTE: The Renminbi’s Role in the Global Monetary System, Brookings Institute, 2012affondare sotto il peso dei crolli <strong>della</strong>Grecia e <strong>della</strong> Spagna, che hanno seguitoi terremoti economici di Irlandae Portogallo. Basti pensare che,compresi i 100 miliardi di euro concessia metà giugno al governo di Madrid,il costo totale dei salvataggi negliultimi anni è stato di 503 miliardidi euro. Ai quali andrebbero aggiuntialtri 100 miliardi di “sconto” sul debitoconcessi ad Atene. Una cifra spaventosa:una “normale” manovra economica,per una nazione come l’Italia,è di 15-20 miliardi.A Londra, obbligazioni in yuanMa l’euro non è la sola moneta a subirecon forza le conseguenze <strong>della</strong> crisi.<strong>Il</strong> dollaro americano sembra adesempio al centro di un inizio di rimescolamentodelle carte nel sistemamonetario internazionale. Dal 2001 al2010 (vedi tabella 2), il volume degliscambi globali effettuati per mezzodel biglietto verde è sceso infatti continuamente.Andamento simile aquelli registrati dallo yen giapponesee dalla sterlina inglese.Tale dinamica è legata a filo doppioal boom economico dei paesiemergenti. Così, sebbene le quote dimercato siano ancora limitate, crescono(anche esponenzialmente) letransazioni effettuate in rupie indiane,in rubli russi, in yuan cinesi.Soprattutto Pechino sembra esserela più attiva nel tentativo di intaccarelo strapotere del dollaro. L’obiettivodelle autorità del gigante asiaticoè di imporre sempre più lo yuan comemoneta “internazionale”. Sfruttandola propria forza economica diprincipale esportatore del mondo e icrescenti investimenti internazionali(vedi tabella 1). Così, proprio nei mesiscorsi, l’istituto di credito britannicoHsbc ha emesso a Londra le primeobbligazioni in yuan al di fuori del64.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012tabella 2 Distribuzione degli scambi globali per valuta(sommando altre divise oltre alle prime, riportate nella tabella, si arriva al totaledel 200%, dal momento che in ciascuna transazione sono coinvolte due monete)FONTE: Banca dei regolamenti internazionaliterritorio cinese. Operazione avallatadal governo del Regno Unito, chepunta a fare <strong>della</strong> City un importantecentro di scambio di prodotti finanziariin valuta asiatica. «È una nuovatappa nel processo di sviluppo diLondra come prima piazza di compravenditaper lo yuan, e un segnaledell’enorme potenziale che questomercato rappresenta», ha commentatoall’agenzia France Press StuartGulliver, direttore generale <strong>della</strong> bancainglese.1998 2001 2004 2007 2010Dollaro (Usa) 86,8 89,9 88 85,6 84,9Euro - 37,9 37,4 37 39,1Yen (Giappone) 21,7 23,5 20,8 17,2 19Sterlina (GB) 11 13 16,5 14,9 12,9Franco (Svizzera) 7,1 6 6 6,8 6,4Rupia (India) 0,1 0,2 0,3 0,7 0,9Rublo (Russia) 0,3 0,3 0,6 0,7 0,9Yuan (Cina) 0 0 0,1 0,5 0,9Real (Brasile) 0,2 0,5 0,3 0,4 0,7Un altro “fronte”,poi, il dollaro lo havisto aprirsi in AmericaLatina. Dove, inmolti paesi, il dollaroè più o meno tacitamentela valutadi riferimento (perfinonella comunistaCuba circolanomontagne di bigliettiverdi). Ma percontrastare il fenomeno,nel dicembre2008 è stata lanciatal’Alba (Alianza Bolivarianapara los Pueblos de NuestraAmérica), intesa inter-governamentaleche ha portato all’introduzione diuna nuova moneta, denominata sucre.In questo caso si tratta di denaro“virtuale”, ovvero che non viene stampatodalle zecche, ma col quale si vorrebbesostituire il dollaro in tutti gliscambi commerciali operati dai paesiaderenti: Antigua e Barbuda, Bolivia,Cuba, Dominica, Ecuador, Nicaragua,Saint Vincent e Grenadine eVenezuela. .


1 ventunostili<strong>Il</strong> palco dell’Incontro Mondialedelle Famiglie smontato e riciclatoa fini sociali. La cooperativa Kayrosne farà una struttura per minori<strong>Il</strong> legno del Papadiventa villaggiodi Stefania CulurgioniTravi, vetrate,pvc: i materialidel grande palcodel Family 2012diventerannocasa per ragazzicon problemifamigliario reducidal carcereCi hanno lavorato trecentooperai, lo hanno montato e smontatonel giro di un giorno. Un cantiere spettacolare,che ha trasformato l’aeroportodi Bresso, alle porte di Milano, inuna grande chiesa all’aperto: migliaiadi sedie sistemate davanti a un altarebellissimo, ricreato a modello <strong>della</strong> Basilicadi Sant’Ambrogio. E sopra, unacupola con pannelli in pvc trasparentee colorato, che rappresentavano le vetratedel Duomo. In tutto, una profonditàdi 30 metri, un’altezza di 22, unasuperficie di quasi cento metri calpestabili.Per chi l’ha visto dal vivo o perchi l’ha visto in tv, non sarà difficilescordarsi del palco del settimo IncontroMondiale delle Famiglie, allestitoper ospitare, a inizio giugno, il SantoPadre e la messa da lui celebrata, davantia centinaia di migliaia di fedeli.Ma ora, a celebrazione finita, checosa ne è del mega-palco? A rivelare ildestino “solidale” di cotanta strutturaè don Claudio Burgio, cappellano delcarcere minorile Beccaria di Milano epresidente-fondatore <strong>della</strong> comunitàdi accoglienza Kayros: «La FondazioneFamily 2012 ha deciso di riciclaretutto quel materiale – ha spiegato – edi consegnarlo alla mia cooperativa,perché fosse riutilizzato per la costruzionedi un nuovo piccolo villaggio».Una nuova strutturaVimodrone, periferia est di Milano, via15 Martiri, appena accanto alla (statale)Padana. È lì che, con una convenzionedi comodato d’uso che dura per15 anni, Kayros ha la sua sede principale,le altre sono a Segrate e nel capoluogo.La sede ospita 40 ragazzini chesono fuori dalla famiglia per differentimotivi: ci sono quelli che hannocommesso reati penali e sono appenausciti dal Beccaria, quelli che vivonoluglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.65


ventunostili2situazioni di disagio familiare e sonosottratti ai genitori per essere affidatiin comunità, gli adolescenti stranierinon accompagnati, quelli che fanno iviaggi <strong>della</strong> speranza da soli e devonoinventarsi un modo per sopravvivere.«Noi offriamo appartamenti dove vivere,insieme a educatori, e percorsi direinserimento – spiega don Claudio –,ma abbiamo bisogno di un nuovospazio, di una nuova struttura, e abbiamodeciso di costruirla sempre qui,su questo terreno di Vimodrone».I progetti per il futuro<strong>Il</strong> progetto è quello di una comunitàdi accoglienza con laboratori di formazioneprofessionale –per insegnareai ragazzi un mestiere, per farli studiare–, ma anche con sale per attivitàculturali e ricreative. <strong>Il</strong> tutto, su un’estensionedi duemila metri quadrati.Don Claudio pensa di potercela fare apagare tutto: «Abbiamo molti appartamentisparsi in città per i quali paghiamoun affitto per un totale di 150mila euro all’anno (soldi che alla Kayrosarrivano in parte dai comuni chedanno i ragazzini in affidamento e inparte da contributi del ministero, ndr):se dismettiamo quelli, dirottiamo isoldi al pagamento del mutuo di questanuova costruzione».Questo, insomma, è il piano. E certamentequello che è arrivato dalladiocesi è un grosso aiuto: il materialeligneo usato per il palco papale è dibuona fattura; le travi, i blocchi dell’altare,tutto sarà riutilizzato per lanuova comunità. E poi ci sono le simil-vetratedette Crystal, molto resistentie decorative, quelle che decoravanola cupola. «Ci sono state regala-Bilancio socialeL’indotto? Immaginedi apertura... e 55 milioni«L’Incontro Mondiale delle Famiglie ha rappresentato per Milanouna felice congiunzione fra il tema centrale dell’incontro e i tratti <strong>della</strong> culturacittadina. Milano città ambrosiana: aperta, accogliente, attraente». Lo hadichiarato il professor Luigi Campiglio, economista dell’Università Cattolicadi Milano, che per Family 2012, la fondazione che ha curato e organizzatol’evento, ha scritto il bilancio sociale.Partendo dalle voci di spesa, che si sono attestate intorno ai 10 milionidi euro fra preparazione remota, realizzazione degli eventi e strutturaorganizzativa, Luigi Campiglio, ha posto l’attenzione sulle ricadute economichedell’arrivo di un milione di pellegrini, oltre che sui lavori diretti e i rapporticon le imprese innescati dall’Incontro Mondiale delle Famiglie: «Per l’arrivodi un milione di pellegrini, fra spese di vitto, alloggio e trasporto, abbiamostimato un indotto economico di circa 55 milioni di euro». Oltre al ritornoeconomico, per la città di Milano il guadagno è consistito anche nellapossibilità di promuoversi: i partecipanti stranieri hanno potuto coglieree riportare nel loro paese i tratti qualificanti <strong>della</strong> cultura ambrosiana.L’Incontro mondiale (nella foto, i suoi stand alla Fiera di Milano) harappresentato per Milano una felice congiunzione fra il tema centraledell’Incontro – la famiglia, la festa, il lavoro – e i tratti <strong>della</strong> cultura cittadina.I pellegrini saranno messaggeri nel mondo di Milano, come città apertaal cambiamento, accogliente sul piano <strong>della</strong> solidarietà, del volontariato,dell’imprenditorialità sociale, attraente per le opportunità offerte a chi, italianoo straniero, è disposto a impegnarsi a fondo per realizzare un futuro migliore».Abbraccio al campioneI ragazzi di Kayros insieme adAndrea Ranocchia, difensore dell’Interte anche quelle e lanciamo un appelloa tutti: dateci suggerimenti su comeimpiegarle nel modo migliore!», sorridedon Burgio.Nella nuova comunità che sorgeràa Vimodrone ci sarà anche una cucinache sarà usata come spazio di formazioneper un laboratorio di pasticceria.<strong>Il</strong> nome sarà Dolci Evasioni,perché sarà destinata alla formazionedei ragazzi che escono dal Beccaria.«Noi accogliamo tutti anche per situazionidi emergenza – conclude donClaudio –; anche chi commette reati èinserito da noi in misura cautelare inattesa di processo, o in regime di messaalla prova per riabilitarsi socialmente».E cosa c’è di meglio, per mettersialle spalle un passato amaro, checucinarsi un dolce futuro? .66. <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012


ventunostorie1La Paranza: dalla storia il lavoro, alternativa al crimineBellezza salva Sanità,si rinasce dalle catacombeArchivio <strong>della</strong>generativitàitalianaInfowww.generativita.itdi Barbara GaravagliaGli studiosi dicono cheper uscire dalla crisioccorre ritrovareil coraggio dell’intrapresa,declinandolo in manieramoderna. Cioècoinvolgendo i molteplici“capitali” comunitari(umano, relazionale, sociale,economico). Questosuggeriscono, fra l’altro,le esperienze raccontatedall’Archivio <strong>della</strong>generatività italiana,progettato dall’Istituto LuigiSturzo e dall’Almed (Altascuola in media)dell’Università Cattolica.Esperienze che hannosaputo reinventarela tradizione, hanno prodottovalori e significati, hannosaputo affrontare le sfide<strong>della</strong> contemporaneitàin modo generativo.Di benessere condiviso,solidarietà, coesione sociale.Scarp vi raccontale più significativeUna periferia nel cuore di Napoli:in molti oltre la legalità. Ma i sognidi un parroco aprono nuovi percorsi:«L’imprevedibile vince l’inevitabile»COOP. SOCIALE ONLUS"LA PARANZA"Tondo Capodimonte, 1380136 NapoliTel +39 081 7443714www.catacombedinapoli.itREL RIONE SANITÀ, il rapporto con la morte è parte <strong>della</strong> realtà quotidiana. Lo testimonianole antiche catacombe. Ma i cristiani credono alla resurrezione e quindila morte, e tutte le economie di morte, non possono avere l’ultima parola.Nel rione Sanità, l’arte è un patrimonio e una risorsa. Che può mettere in giocopotenzialità inaspettate. Così come una grande risorsa sono i giovani, troppospesso attirati in attività che si collocano oltre il limite <strong>della</strong> legalità.Ma bisogna crederci, occorre essere un po’ sognatori e visionari. O forse sarebbemeglio dire profetici. Don Antonio Loffredo ha creduto che esistesse unasperanza, una prospettiva positiva. E in questa “periferia nel cuore <strong>della</strong> città”,come egli stesso la definisce, ha realizzato molti progetti che incarnano il sognodi offrire rispose chiare all’“economia criminale”.Nel rione dove nacque Totò, don Loffredo ha visto un eccezionale patrimonioartistico e storico rischiare di scomparire a causa di degrado e dimenticanza.E ha visto un altro eccezionale patrimonio, costituito da decine di giovanidisoccupati. Non è facile la vita, alla Sanità; la gente è ricca di umanità, il quartiereè affascinante, in bilico, come sottolinea il parroco, «tra umile e sublime».E certamente l’isolamento dal resto <strong>della</strong> città ha inasprito le difficoltà.<strong>Il</strong> parroco si è dunque domandato come aprire al resto del mondo lo scrigno<strong>della</strong> Sanità. Come valorizzarne il patrimonio storico-artistico. Anzituttorendendo accessibili monumenti chiusi da decenni, come la basilica di san Gennaroextra moenia, e creando un nuovo ingresso alle catacombe di San Gennaroe San Gaudioso. La storia e l’arte, ingredienti per rivitalizzare il quartiere: perrealizzare il progetto, è stata creata La Paranza, cooperativa sociale di giovani, formatisiattorno a risorse storico-artistiche, di conseguenza economiche. Poi, conil tempo, altre cooperative sono state attivate. I ragazzi del rione si sono messi all’operacome guide, come fabbri, realizzando un bed & breakfast. Nel rione èstato creato uno spazio verde aperto ai bambini, uno spazio di aggregazionegiovanile, realtà che si occupano di studenti edonne, un ensemble musicale composta dabambini e ragazzi.<strong>Il</strong> sogno di don Antonio ha trovato sintoniecon altri elementi <strong>della</strong> comunità locale,artisti e imprenditori privati. <strong>Il</strong> parroco chiosaDostoevskij: «Solo la bellezza salverà il mondo.E anche Sanità». E immagina il futuro delquartiere nel segno <strong>della</strong> luce e dell’apertura, lenta ma costante, verso l’esterno.Si augura che molti monumenti oggi non fruibili possano essere visitati, escanoalla luce. Già, perché don Antonio e i suoi ragazzi sono «nemici di coloro cheraccontano solo le ombre <strong>della</strong> realtà. Sogno la Sanità come un quartiere tantevolte visitato e non più violentato, tante volte conosciuto e insieme amato».Guardando ai giovani, che a volte camminano sul confine <strong>della</strong> legalità, ilpensiero di don Loffredo è chiaro: c’è un “imprevedibile” che può vincere ogni“inevitabile”. Anche in un rione periferico, nel cuore di Napoli, dove le catacombepossono diventare strumento di vita, anziché testimonianza di morte. .luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.67


ventunrighedi Fabio Pizzulconsigliere regionale Lombardiaex presidente Azione Cattolica AmbrosianaLa famiglia, risorsa contro il declinoL’eredità del Family 2012? Preziosa per i credenti. Ma anche per tutti i cittadini. Con implicazionianche sul piano <strong>della</strong> visione <strong>della</strong> società e dell’economia. Ecco alcuni spunti.1. <strong>Il</strong> nostro tempo ha ancora bisogno di simboli e momenti unificanti. <strong>Il</strong> Papa e gli eventi chehanno accompagnato la sua visita lo testimoniano con chiarezza. In momenti in cui tutto sembraindividualizzato e frantumato, c’é sete di idenificazione e condivisione simbolica non effimera.2. La famiglia resta un riferimento per tutti. Luogo di relazioni cruciali, base del vivere comune.Va riproposta come <strong>strada</strong> bella e possibile. Compito culturale e pastorale, prima che politico.3. La famiglia non va strumentalizzata o utilizzata come argomento per creare consenso, mariconosciuta come ricchezza. Occorre eliminare gli ostacoli che si trovano di fronte a chi intendecreare la famiglia. Non servono privilegi, basterebbe non ci fossero penalizzazioni.4. Milano e i milanesi (e tutti i lombardi) rispondono adeguatamente quando sono chiamatia mettersi in gioco per sfide grandi. I nemici più grandi per Milano e la Lombardia sono lamediocrità e l’assenza di sfide (o sogni) impegnative. Ciascuno é disposto a fare il suo piccolosacrificio, se lo vede collocato in un progetto grande e condiviso.5. Non dobbiamo rassegnaci al declino. Possiamo recuperare risorse insospettate anche laddovetutto sembra fermo. Possiamo creare valore e lavoro se non ci limitiamo a difenderegelosamente quanto abbiamo, ma ci mettiamo in un’ottica di relazione e apertura. La politicanon deve garantire privilegi, ma sostenere e promuovere opportunità.6. É urgente recuperare la capacità di far festa assieme, di sorridere per qualcosa di cui tuttipossiamo essere contenti, di gioire per quello che riusciamo a costruire assieme. Bisognariscoprire o ricostruire una sorta di pedagogia sociale <strong>della</strong> festa.68.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012


lo scaffaleLe dritte diYamadaSeduto in quel caffé, io non pensavo a teGuardavo il mondo che, girava intorno a me......e a una madeleine, che avevo appena preso da un sottilepiattino bianco, vicino a una tazza di thé.Un dolcino dorato e perfetto, una magicherìa che –speravo tanto – mi avrebbe portato da qualche parte,al primo morso. Addento: la morbidezza mi vince,l’“intorno” comincia a girare e il suo spettro coloratoproduce una risultante bianca e luminosa chem’avvolge. Sono dentro una canzone, dentro la primacanzone che ricordo: Hey Jude dei Beatles.Di Hey Jude ho proprio stampato nella memoria l’effettoipnotico che mi aveva assestato la sua meravigliosa“coda” di quattro minuti, spalancandomi il cuore. Zoomandoil cuore spalancato, noteremmo la circolazionevenosa e quella arteriosa irrorare un paesaggio surrealeesondante girasoli, stelle, draghi, ombrelli, e la facciagreve e iconica di un sole a glassare il tutto: insommaun piccolo pianeta nato dai “semi dell’amore” e abitatodai Tears for Fears, che sbucano dalla famosissimacopertina di The Seeds of Love, “targato” 1989.L’inno sonico di questo piccolo astro è Advice for theYoung at Heart. Una notte di tanti anni fa, alla radio,avevo sentito che questa canzone non avrebbe certosfigurato nel Voyager Golden Record insieme a una selezionedi altre musiche (Bach, Chuck Berry – ! –, Mozart,Beethoven, Stravinsky) e suoni del mondo, allo scopo diraccontare ad altre forme di vita extraterrestri la nostraterrestre civiltà. E allora, io quasi quasi prendo un foglio,disegno un razzo di quelli con gli oblò e vi carico su tutti(stavolta <strong>della</strong> cagnetta Laika ci portiamo solo la foto, cuiindirizzare baci, se ci mancherà).Partiamo con un’enorme scia di fuoco e, un metro alsecondo, saliamo nel cielo trapunto di stelle. Nel blunerointerplanetario vediamo fluttuare lunghi fili scuriche acchiappano il nostro razzo: sono tentacoli cheemanano suoni e s’infiltrano dalle pareti porose <strong>della</strong>Spazzatura,cioè uominicome tuttiMatteo Donatiè responsabiledel centrod’ascolto <strong>della</strong><strong>Caritas</strong> diocesanadi Pesaro.Attraverso la suaesperienza dioperatore sociale,ha raccontato leviscere <strong>della</strong> suacittà con l’intentodi mostrarnela basùra. Ossiala spazzatura:persone che peri più disparatimotivi si ritrovanoa vivere per <strong>strada</strong>,chiedendol’elemosinaall’uscita dalsupermercato,o ritrovandosiprigionieri di drogae alcol. Arrivandoa toccare laspazzatura deinostri cuori.Matteo DonatiCronache dabasùra.Emi editoreeuro 9navicella. Tentacoli che suonano, tendo l’orecchio: ma sì! È LoveSong dei Cure.L’avrete capito che siamo finiti tra i capelli neri e a fontana di Robert Smith, e lì c’incagliamo.<strong>Il</strong> nostro razzo di carta si squaglia, e calandoci coi capelli da fiaba del leaderdei Cure, alluniamo sul suo viso-pianeta, pieno di crateri neri e rossi.Fissiamo un suo occhio da cui, bizzarramente, cola e s’arricciola il pesante eyeliner,nel mezzo. Non pago, il nero del trucco scivola verso l’angolo esterno dell’occhio, trasformandolonella copertina di una canzone che conosco, Eye in the Sky, di AlanParsons Project. Mi ha sempre rasserenato questo pezzo, e lo fa anche stavolta,radunando ricordi e speranze che, stanotte, mi aspettano su un balconcino, nell’estate.Aspettano voi e me, con una ringhiera a cui appoggiarsi, un pensiero cuiaggrapparsi, un saluto da mandare lontano, un angelo da scomodare, una birra freddada sorseggiare, un sorriso da sbrigliare e una lacrima da rintuzzare. Ci arriva il suono diun sax, lontano e stentato: è Sergio Caputo, in pigiama, che insegue le chimere del jazzin Ho l’hobby del sassofono. Sorridiamo nel buio, c’è tempo per un ultimo pezzo: C’est levent, Betty, dalla colonna sonora di Betty Blue. Stiamo sul balconcino ancora un po’, pervedere l’alba che arriva... cosa dite? Compilation per l’estate 2012Milanobruciadi mafieMilano brucia.Brucia nel fuoco<strong>della</strong> malavitaorganizzata. Bruciaassieme a quellapalestra divoratadalle fiamme.Brucia come i piedidel santo scalzoche dal tettourla la follia <strong>della</strong>gente. Bruciacome i negozi chesi sono negati.Come i voltideformi di coloroche sanno, etacciono. Dopol'Alveare, GiuseppeCatozzella riprendeil discorso sullamalavitaorganizzata aMilano, sempremeno manifesta,sempre piùinvasiva e feroce.GiuseppeCatozzellaFuegoFeltrinelli Editoredimensioni file:2002 KB – formatokindle euro 0,99Mika & C.,più forti delterremotoMika è unaformica di sei anniche vive aFormicopoli.Una notte la terrasi muove e tuttele formicherestano senzatetto, le case ela città distruttedal terremoto.Una favola per direai bambini che dalterremoto si puòrinascere. Maper farlo è meglioessere insieme,fare comunità.I diritti d'autore dellibro e il ricavato<strong>della</strong> venditasono devolutial progetto“Per l'Abruzzo,biblioteche eludoteche perbambini e ragazzi”.Carlo ScatagliniLe formichesono più fortidel terremotoEdizioni Ericksonpagine 92euro 7


Miriguardadi Emma NeriVolontari nei luoghi del terremoto,un sito per segnalazioni e indicazioniI Centri di servizio peril volontariato (Csv) di Modena,Ferrara, Reggio-Emilia e Riminipubblicano on line indicazioni percoordinare gli aiuti e le persone chevogliono dare un contributo comevolontari. <strong>Il</strong> sito sull'emergenzaterremoto del Csv di Modena(www.terremoto.volontariamo.com)ha una sezione per capire che cosa serve davvero nei territori colpiti dalsisma e una dedicata a chi si vuole mettere a disposizione con ore divolontariato. Quanto alla presenza di volontari nei luoghi colpiti dalterremoto, il Csv di Modena raccoglie, tramite il sito, le disponibilitàdei singoli cittadini per organizzare le attività future. Nel primo momento diemergenza è necessario, infatti, che ad operare siano volontari formati dallaprotezione civile. INFO tel. 059.212003conviviale accogliente. Per pensare,ballare, bere e mangiare, conoscersie confrontarsi. Dal 1981.INFO www.cicipeciciap.orgMilanoCultura aperta a tutti,al Castello SforzescoBramantino gratuitoIn tempi di privatizzazione dei benipubblici, Milano va controcorrente.Al Castello Sforzesco è in programmauna mostra sul Bramantino, fino al 25settembre. La novità <strong>della</strong> mostrarisiede nel fatto che è stata realizzataStreet artdi Silvia MontellaBuskers Festival,tutta Europaall’edizione 25<strong>Il</strong> Buskers Festival di Ferrara, lapiù importante manifestazione di artisti di<strong>strada</strong> in Italia, compie 25 anni e perfesteggiare invita tutta Europaall’edizione in programma dal 17 al 26agosto. Quest'anno gli organizzatorihanno accettato la sfida di portare nellacittà estense un gruppo per ognuna delle27 nazioni che formano l'Ue, invece dicelebrare (come è stato finora) una solanazione per volta. Ai 27 gruppi siaggiunge inoltre un ensemble, inrappresentanza di ciascuno degli altriquattro continenti. Dunque, il numero digruppi passa dai 20 tradizionali a 31.INFO www.ferrarabuskers.com70.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio-agosto 2012MilanoScambio di libri(in buono stato),si comincia da piccoliAlla Libreria dei Ragazzi di via Tadino53, a Milano, fino a tutto luglio ragazzie adulti potranno portare i libri vecchie letti (ma in buono stato), cheverranno valutati da Roberto eGiovanna: al loro posto si potràcontare su un buono libri. Un modoper incentivare lo scambio dei librie non scoraggiare i piccoli lettoriin tempi di forte crisi economica.INFO 02.29533555Milano“Vecchie ragazze”,un luogo al femminileper divertirsi e discutereUna sede nuova, progetti nuovi:le “vecchie ragazze” di Cicip&Ciciapcontinuano con la loro idea forte diaggregazione femminile, comprensivadi differenze di età, etnia, sceltepolitiche e orientamento sessuale.Nel cuore <strong>della</strong> vecchia Milanoil Cicip&Ciciap rappresentaun’opportunità unica, per tutte ledonne che desiderino parlare,parlarsi, scambiarsi pensieri e puntidi vista su se stesse e sul propriorapporto con il mondo. È un luogodal comune di Milano e offertagratuitamente ai cittadini. Bergamasco,documentato dal 1480 e mortonel 1530, Bartolomeo Suardi, dettoil Bramantino, deve il suo soprannomeal rapporto con il marchigianoBramante, pittore e architetto allacorte di Ludovico il Moro. <strong>Il</strong> Bramantinoè il più grande artista lombardo delRinascimento.INFO 02.88463700MilanoMilano per i bambini,il blog aiuta persinoa cercare la tata...Un sito pensato per i genitori chelavorano e fanno acrobazie perconciliare tutto: casa, lavoro, famiglia,interessi. <strong>Il</strong> blog Milanoperibambini.itnasce dall’esperienza di alcunemamme e ha lo scopo di raccoglierein maniera esaustiva tutto ciò chesuccede nel pianeta dell’infanzia aMilano. Appuntamenti, corsi, tempolibero, scuola, libri, e un nuovo servizioa costo zero per le socie (tessera a 15euro) che aiuta a trovare una tataaffidabile in città. Infatti, il serviziomette in contatto le mamme che


caleidoscopiohanno bisogno di aiuto per qualcheora con donne dallo spirito materno,disponibili a fare da baby sitter.INFO www.milanoperibambini.it<strong>Torino</strong>Manifattura Tabacchi,proposte culturalidove era abbandonoFino al 22 luglio la ManifatturaTabacchi (Corso Regio Parco 134/a),fabbrica parzialmente dismessae diventata luogo di abbandonoe marginalità, si anima con mostre,cinema, musica, teatro, incontri.Sarà un polo culturale capace di offrireuna proposta di spessore, anche sea termine: l’iniziativa è resa possibiledal coinvolgimento di molte realtà cheoperano nel territorio. Due le mostreospitate negli spazi temporanei: lapersonale di Hasan Elahi (The OrwellProject) e Terre Gaste (cinque fotografisulle rive <strong>della</strong> città: Federico Botta,Fabrizio Esposito, Rosalia Filippetti,Gianni Fioccardi, Giulio Lapone).La programmazione, insomma, coniugaglobale e locale: Hasan Elahi, artistadel Bangladesh, da anni vive negliStati Uniti e a <strong>Torino</strong> presenta il suoinnovativo progetto multimediale.Più legata al territorio invece “TerreGaste”: cinque fotografi ritraggonole sponde del torrente Stura di <strong>Torino</strong>come una terra di nessuno, dove lanatura conserva il suo corso fraorti urbani, baracche di lamierae cartone e storie di uomini e vita.INFO ladiesbela@yahoo.itGenovaL’estate di VillaBombrini, in un contestorestituito alla cittàProsegue sino all’8 settembrela rassegna “Estate a Villa Bombrini”,nell’omonimo parco di GenovaCornigliano: all’interno di questoappuntamento, ormai immancabile peril Ponente genovese, si susseguirannooltre 50 giorni di musica, teatro,spettacoli di artisti di <strong>strada</strong> e perbambini, dibattiti. <strong>Il</strong> valore aggiuntodell’iniziativa risiede nel fatto chequesta era una zona ex industriale,fortemente degradata, oggi in pienorecupero socio-urbanistico.INFO www.percornigliano.itGenovaMario Dondero“Dalla parte dell’uomo”,foto da antologicaMilanese, classe 1928, Mario Donderoha raccontato attraverso la fotografiala storia contemporanea. Scelse dasubito la fotografia sociale: conflittisociali, guerre, avvenimentiinternazionali. Dondero rimanenell’immaginario collettivo soprattuttoper lo scatto che immortala il crollodel Muro di Berlino. <strong>Il</strong> suo maestroè Robert Capa. Ora Palazzo Ducalegli dedica ora un’antologica, “Dallaparte dell’uomo”, fino al 19 agosto.Fotografie note e inedite, derivantida reportage realizzati in ogni partedel mondo, e ancora ritratti di artisti,di letterati, insieme agli scatti cheripropongono momenti storici in variecittà d’Europa e i volti di gentecomune. Un'occasione unica perripercorrere il lavoro di Dondero: 50anni di viaggi, impegno civile e sociale.INFO www.palazzoducale.genova.itSavonaTeatro in piazzetta,al festival è tempodi commediaTorna l’appuntamento con il festivalteatrale di Borgio Verezzi (Sv), ormaidiventato un evento caratteristico eprestigioso, ambientato nella piccolae suggestiva piazza Sant’Agostino.Otto prime nazionali, per un totale diventuno serate di spettacolo: fino al 10agosto, 46ª edizione. Quest’annosi va dai classici ai testi contemporaneiprivilegiando, forse per via dei tempiche corrono, la commedia sullatragedia. Ecco allora che sul palcodi Borgio Verezzi si alternano momentifarseschi e giocosi, situazioni comichee tragicomiche.INFO www.festivalverezzi.itOnI giovani aiutano i giovani,un progetto con i social networkIn Toscana sta per partire Social NetSkills, un programma interregionale,di cui la Toscana è capofila, finanziatodal ministero <strong>della</strong> salute con400 mila euro. Le altre regioni chepartecipano sono Lombardia, Liguria,Puglia, Lazio, Umbria, Emilia Romagnae Campania. <strong>Il</strong> progetto, <strong>della</strong> duratadi due anni, prevede l’attivazionedi percorsi di auto-aiuto e counselingonline sui social network: Facebook,Google, Twitter, YouTube, Pinterest.A chattare, o comunicare on line ovia Skype con i coetanei, sarannoragazzi sotto i vent’anni,opportunamente formati, conil supporto di psicologi, medicied esperti di comunicazione.OffSenza fondi la vita dei disabilinon è più autosufficienteCon la legge 162/98 il parlamentosancì per la prima volta il dirittoalla vita indipendente per le personecon disabilità. Grazie alla normativa,migliaia di persone hanno potutocondurre un’esistenza dignitosa,con buoni livelli di integrazione socialee lavorativa. Oggi tutto questo rischiadi sparire. I tagli ai trasferimentiagli enti locali e il taglio dell’87%dei fondi per le politiche sociali hannoprodotto uno tsunami che sta colpendoi comuni. Ledha, la lega per i dirittidelle persone con disabilità, nell’ambito<strong>della</strong> campagna "No ai tagli! Sì alla vitaindipendente e all’inclusione nellasocietà” ha voluto raccoglieree divulgare le testimonianze di quattropersone con disabilità, per raccontareuna quotidianità sconosciuta a tanti:ne è nato un reportage, visibile sul sitowww.personecondisabilita.it.Racconti di vita indipendentedocumenta sogni, speranze, progetti,ama anche frustrazioni e paure relativea un futuro ormai prossimo, attraversola viva voce dei protagonisti.luglio-agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.71


sei domande a... Paola Turcidi Danilo Angelelli«La musica è omologata, ogni storia è un cammino»Da Sanremo ad Haiti. Dai bambini «armatie disarmati» che cantò ventiquattrenne alFestival del 1989, a quelli incontrati nellestrade di Port-au-Prince che le «chiedonol’acqua». In mezzo, tanta vita mescolataalla musica, tante occasioni per scenderein piazza e dire la propria, tanti viaggi nelSud del mondo. Sud assai presentenell’ultimo disco di Paola Turci, Le storiedegli altri: nove canzoni, nove fotografie acolori vividi sulla realtà che ci circonda.Chi sono gli altri, per Paola Turci?Uno che poi diventa un altro e un altroancora. Non un pubblico, non una massainforme. In questo disco fotografo lapersona, l’essere umano. Soprattuttoquello che occupa l’ultimo posto <strong>della</strong> fila.Nella canzone I colori cambiano sostieneche ogni incontro ha bisogno di ascolto,cammino e memoria... Quali incontrihanno contribuito a maturare questo pensiero?Paola, tra rocke solidarietàPaola Turci e (sopra)la copertina del suonuovo album, Le storiedegli altri. Nata a Roma48 anni fa, ha esordito ametà degli anni Ottanta.Cantautrice, intensa“vocazione” rock,da sempre è sensibileai temi socialiL’incontro con Alessandra, malata terminale di Aids, ospite in un centro delle suore di madre Teresa. Quello conun’altra ragazza, a Malindi: distesa in mezzo alla <strong>strada</strong>, voleva suicidarsi perché non aveva né lavoro né affetti.In Devi andartene il riferimento a Berlusconi è chiaro. Cosa pensa di chi è gli è subentrato?La canzone si riferisce a chi ha esercitato il potere con arroganza e menefreghismo, a chi ci ha fatto vivere in unasituazione pericolosa, di cui paghiamo le conseguenze. Oggi, nonostante tutto, si sta scrivendo una pagina nuova,molto più chiara. Però le prime scelte dell’attuale governo sono scollegate da chi fa fatica ad andare avanti. Lemanovre economiche si fanno sui grandi numeri, ma come cittadina vedo uno squilibrio pesantissimo: chi è ricco nonsente la crisi, il disoccupato e il pensionato la sentono troppo.<strong>Il</strong> disco parla anche di immigrazione. Quanto è importante capirla, per conoscere il mondo di oggi?<strong>Il</strong> tema oggi è centrale, simbolico, rappresenta il modo di stare al mondo, misura il nostro grado di cultura e conoscenza, èun’occasione per renderci conto se la storia l’abbiamo dimenticata. Come ci saremmo sentiti, quando eravamo noi italiania emigrare, se ci avessero chiamato clandestini? Ci apostrofavano anche peggio, ma la parola “clandestino” è legalizzata.<strong>Il</strong> tempo che viviamo valorizza o mortifica l’artista che coniuga musica e impegno civile?La musica si è formattata sull’intrattenimento, si è omologata per paura di perdere pubblico. Eppure la musica dice,non è un sottofondo. Io quando ascolto una canzone mi fermo. Ho sempre fatto musica puntando sulle mie sensazioni a360 gradi, non solo su quelle amorose. E mi sento a disagio quando mi definiscono “cantante impegnata”: sono partedi questa società, è naturale cantare considerando la politica, la realtà che vivo.Si è sposata ad Haiti nel 2010, sei mesi dopo il devastante terremoto. Perché?L’idea non è nata sulle ceneri del terremoto. Già ero stata ad Haiti, poi dopo il sisma ho partecipato alle attività <strong>della</strong>Fondazione Francesca Rava. Ho visto il prima e il dopo: la differenza è data dai cumuli di macerie, ma la povertà èsempre stata immensa. A Port-au-Prince i bambini per <strong>strada</strong> non chiedono un soldino, ma un bicchiere d’acqua! Io emio marito desideravamo sposarci ad Haiti anche perché lì c’è padre Rick Frechette, dell’organizzazione NuestrosPequeños Hermanos. E soprattutto perché è un luogo dove sembra che l’amore e la vita siano stati cancellati. Eppureci sono, nonostante tutto. Noi volevamo celebrarli.72.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio-agosto 2012


caleidoscopioVicenzaDomani è già qui!Giovani all’Aquila,oltre il terremotoCome si vive all’Aquila dopo ilterremoto del 2009? L’emergenzaè finita, ma la normalità è ancoralontana. E la crisi economica nonaiuta. In base a queste premesse,la <strong>Caritas</strong> di Vicenza ha decisodi inviare forze giovani (e volontarie)ad animare e conoscere le realtà vitali<strong>della</strong> bella città abruzzese. L’iniziativa“Domani è già qui!” invita tutti i giovanidai 17 ai 27 anni ad andare all’Aquilaper una settimana di condivisionecon i giovani abruzzesi, per capire,attraverso le testimonianze e i percorsidi vita attuali, come si vive oggi.E progettare insieme nuovi percorsi.<strong>Il</strong> campo ha un costo di 150 euro.INFO www.caritas.vicenza.itSarzanaCreatività, come nasce?Festival <strong>della</strong> Mente,80 eventi e tanti stimoli<strong>Il</strong> “Festival <strong>della</strong> Mente” è alla suanona edizione: si svolgerà a Sarzana(Sp) dal 31 agosto al 2 settembre2012. È il primo festival in Europadedicato alla creatività e ai processicreativi. L’evento, nato da un’ideadi Giulia Cogoli, chiama a raccoltafilosofi, scienziati, scrittori, artisti,musicisti, psicoanalisti, storici, attorie registi, italiani e stranieri, che hannoavviato riflessioni originali sulla naturae le caratteristiche di una delle piùapprezzate tra le capacità umane.<strong>Il</strong> programma (80 eventi) ha comecornice il cuore storico <strong>della</strong> città:conferenze, letture, spettacoli eperformance e workshop, per stimolarele menti e la creatività, anche dei piùpiccoli. Ai relatori viene chiesto diraccontare in un intervento, workshop,laboratorio o spettacolo, non solo ilcosa, ma soprattutto il come e il perchédel loro lavoro e percorso creativo.INFO www.festival<strong>della</strong>mente.itSalernoGiffoni Film Festival,pellicole per minoriil cinema è felicitàSi terrà dal 14 al 24 luglio la 42ªedizione del Giffoni Film Festival,il festival cinematografico per ragazzipiù famoso al mondo, che si svolgenell'omonima cittadina dei MontiPicentini, a pochi chilometri da Salerno.<strong>Il</strong> tema delle pellicole di quest'annosarà la felicità. <strong>Il</strong> festival proietteràcortometraggi animati per i giurati dai3 ai 5 anni e poi sezioni di film per lePillolesenza dimoraSempre più giovani in <strong>strada</strong>nella civile InghilterraAnche in Inghilterra suona l’allarmeriguardo al numero degli homeless. Unfenomeno che Oltremanica ha assuntoconnotati preoccupanti. Non soloperché nel 2011 sono aumentatidel 10% rispetto all’anno precedente,ma soprattutto perché questo “esercitodi <strong>strada</strong>” è composto in buona parteda ragazzi tra i 18 e i 25 anni, costrettia vivere in stato di indigenza.<strong>Il</strong> fenomeno riguarda ormai oltre80 mila giovani. Di questi, il 51%ha abbandonato precocemente gli studie addirittura il 40% è stato vittimadi abusi sessuali. Alla base di questodramma emergente non ci sono solola crisi economica e gli alti tassidi disoccupazione giovanile ma, rilevanoi sociologi, uno specifico aspetto <strong>della</strong>società inglese, dove la famiglia stentaa svolgere il proprio di ruolo.diverse età; i giurati sarannocome sempre bambini e ragazzidai 5 ai 18 anni. I ragazzi che formanole giurie provengono da numerosi paesistranieri, oltre che dalle varie regionid’Italia.INFO www.giffonifilmfestival.itpagine a cura di Daniela Palumbo per segnalazioni dpalumbo@coopoltre.itTarchiato Tappo - <strong>Il</strong> sollevatore di pesiluglio-agosto 2012 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.73


È finita in <strong>strada</strong> per i disturbi da stress, che colpiscono tante veteraneDeriva del soldato Jennifer,coca contro gli incubi afganidi Damiano Beltrami da New YorkL’Lieto fineDue immaginidi JenniferCrane.La sua vicenda,emblematica deidisagi psicologicie sociali vissutida tante veteranedell’esercito Usa,per fortuna haavuto un finalepositivo: si eraridotta a chiederel’elemosina comehomeless, oggi èmamma di unabambina di 4 anni74.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio-agosto 2012street of americaEX SOLDATO JENNIFER CRANE RICORDA PERFETTAMENTE LA SUA NOTTE PIÙ DIFFICILE. «Speravo diperdere i sensi e di non svegliarmi più», spiega il soldato Crane, riandando con la memoriaa quella sera del novembre 2005 nella sua casa di Downingtown, un paese di ottomilaabitanti, adagiato sulle pianure <strong>della</strong> Pennsylvania orientale. «Se il mio ragazzonon fosse entrato in quel momento, non so come sarebbe finita».La battaglia più dura era cominciata al rientro negli Stati Uniti, nell’ottobre 2003, dopootto mesi di missione in Afghanistan, all’aeroporto militare di Bagram. Jennifer ra tormentatada flashback di strade con bombe pronte a saltare in aria e di colpi di mortaiodei talebani. Per settimane, aveva ingannato il tempo sdraiata sul divano fumando sigarette.E le cose sono peggiorate quando, incoraggiata dai familiari, è andata alla clinicaper veterani di Coatsville, il capoluogo di contea. I medici non capirono, dice, cheera traumatizzata dalla sua esperienza in Afghanistan e minimizzaronoi sintomi, anche perché in fondo lei non aveva operato inzone di combattimento, ma come mediatrice con le popolazionilocali, un ruolo non considerato tra i più pericolosi. Così il soldatoCrane decise di medicarsi da sola. «Ho cominciato a sniffare cocaina– racconta nel cortile di casa sua –. Mi teneva sveglia, in questomodo non dovevo più andare a dormire, con la paura di svegliarmidi soprassalto, bagnata di sudore, a causa degli incubi».Neanche due anni dopo, la tossicodipendenza aveva prosciugatotutti i risparmi e le forze del soldato Jennifer. Che si è trovatasenza casa, costretta a chiedere l’elemosina.Dal 1990 a oggi, il numero delle reduci dalle guerre a stelle estrisce è passato dal 4% all’8% dell’intera popolazione dei veterani,che complessivamente è stimata sui due milioni. Quante diqueste ex soldatesse siano senza dimora è difficile da stabilire. Nessunosi è preoccupato di contarle. Ma un rapporto governativodell’Accountability Office dello scorso dicembre ha segnalato comedal 2006 al 2010 le veterane che hanno contattato i V.A. hospitals, gli ospedali convenzionaticon l’esercito, sono aumentate notevolmente. Erano 1.380 nel 2006, quattroanni più tardi erano 3.328. La storia di Crane è a lieto fine. Ritornata alla clinica per veterani,le vennero diagnosticati disturbi post-traumatici da stress (Dpts), forti sofferenzepsicologiche provocate dalle situazioni dolorose e particolarmente stressanti. Conmolta fatica, Crane ne è uscita. Oggi, a 29 anni, è disintossicata e madre di una bambinadi 4 anni. Molte altre veterane, però, sono state meno fortunate, anche per l’inadeguatezzadei servizi forniti dalle strutture ospedaliere dell’esercito, che per anni hannosviluppato programmi di recupero incentrati sui problemi psicologici dei veterani uomini,e ancora oggi faticano a crearne di adeguati per le donne.Le donne soldato impiegate in Iraq e Afghanistan sono 230 mila: l’11% dell’esercitoamericano. A 12 mila sono stati diagnosticati disturbi da stress, secondo i dati del VeteransAffairs Department. Ma per le associazioni di attivisti per i diritti dei veterani, comeCommon Sense, le reduci con Dpts sono molte di più. .


Ferro ComunicazionedesigomunicazionedesignPremio Ethic Awardper iniziative ad elevato contenuto etico.la solidarietàhaunacartaain piùSe pagghi la tua spesa alla Coop con carta Equadai un contributo corrispondente all’1% del valore<strong>della</strong> spesa a un fondo o gestito da <strong>Caritas</strong> Ambrosiana,che serve ad aiutare persone bisognose.Coop raddoppia il tuo contributo.Richiedi carta Equa nei supermercati e ipermercati di Coop LombardiaPer maggiori informazioni:numero verde800.990.000

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