o richieste di aiuto particolari. <strong>Il</strong> tutto èstato reso possibile dalla grande disponibilitàdi volontari e operatori locali, maanche dall’immediata solidarietà offertada <strong>Caritas</strong> Italiana e dalle altre <strong>Caritas</strong>diocesane e delegazioni regionali d’Italia.Questo ci ha permesso di agire in frettae con le giuste modalità. In pratica abbiamosubito posizionato tensostrutturedi ampie dimensioni in grado di svolgerele funzioni di centro parrocchiale,alcune hanno ospitato i Gres estivi, estiamo valutando il posizionamento dialtre nel territorio. Anche perché i tempidi intervento per la messa in sicurezzadegli edifici appare incerto e, in molti casi,di non breve durata».In balia di se stessi?Terminata la fase dell’emergenza, i diversicampi di accoglienza, anche informali,realizzati nel mantovano stannochiudendo, e le persone senza casa vengonoconcentrate nei due grandi insediamentidi Moglia e SanGiacomo delle Segnate.«Nei campi abbiamo trovatobuona parte dellepersone che già seguivamotramite i nostri centridi ascolto – ragiona Cavallari–: famiglie immigrate,anziani soli o con disabilità,nuclei di italiani monoreddito.Persone in difficoltàe che magari vivevanogià in situazioni abitativeal limite, cui ilRicoveri di fortunaterremoto ha dato la spallatafinale».Quistello, i letti sottoil tendone del tennisPer costoro, è previstoun contributo economicodi 100 euro a persona, finoa un massimo di 600 euro al mese perchi ha la casa inagibile. Soldi che dovrebberoservire a trovare alloggi alternativi.«<strong>Il</strong> rischio – conclude Cavallari – èche una volta superata la fase di primaemergenza queste persone siano lasciatein balia di se stesse, con, in più, il problemaabitativo da risolvere. Per questostiamo lavorando a stretto contatto conle amministrazione locali, anch’esse ingravi difficoltà, per cercare soluzioni sostenibiliper tutti. Compresi i tanti abitantidi queste zone del mantovano chelavoravano nelle aziende di Mirandola,oggi inagibili: le azioni del futuro dovrannodare risposte anche a loro». .il reportageLa storiaElena, che dorme in macchinae fa centro d’ascolto tra le tendeElena ha un sorriso per tutti. E tutti la conoscono nei campitendati che accolgono i terremotati dei comuni di San Benedetto Po,Quistello, San Giacomo delle Segnate, Quingetole e Poggio Rusco, inprovincia di Mantova. «Dobbiamo costringerla a riposarsi – dice l’assessorealle politiche sociali di Quistello, Claudio Crespi –; se fosse per lei sarebbesempre qui al campo». Elena Mossini è la responsabile del centro di ascoltodell’associazione San Benedetto. Anche lei è terremotata: la sua casa hasubito danni ed è costretta a dormire in macchina. Ma lei non sembra darcipeso. «Seguiamo un bacino di circa 20 mila persone – racconta – e giàprima delle scosse assistevamo circa 300 nuclei familiari, per un totale dicirca 900 persone. <strong>Il</strong> 41% delle persone che abbiamo in carico sono italiani:un trend in costante crescita, che non accenna a diminuire».In tre giorni, dopo il terremoto, il centro di ascolto <strong>Caritas</strong> si è trasferitodentro ai campi tendati <strong>della</strong> Protezione civile di Quistello e San Giacomodelle Segnate. «In tutto abbiamo seguito 300 persone nel campo diQuistello, 340 a San Giacomo, 30-40 a San Benedetto e altri 280 a PoggioRusco – continua Elena Mossini –. E stiamo parlando solo delle persone chenon hanno la possibilità di soluzioni abitative alternative! Passata la grandepaura, nei campi sono rimaste le persone più fragili (anziani, famiglie senzareddito o già vulnerabili). Noi ci siamosubito attivati per “coprire” le richiesteche la Protezione civile non era in gradodi affrontare nell’immediato, distribuendoin particolare alimenti e indumenti perbambini o materiale per igiene personale.Poi, grazie al costante rapporto con leassistenti sociali dei comuni interessati,abbiamo iniziato a lavorare sull’ascoltodelle persone, per cercare di individuarepercorsi di uscita dai campi».«A Quistello – spiega l’assessore Crespi –sono rimaste circa 50 persone nel campo(poi chiuso, ndr). Resta il problema <strong>della</strong>zona rossa nel centro storico, tutta chiusaper paura che il campanile crolli sulle case circostanti. Abbiamo stanziato250 mila euro per la messa in sicurezza <strong>della</strong> chiesa e per predisporrecontainer in cui trasferire le attività commerciali del centro storico, ma lasituazione resta difficile. Abbiamo già fatto oltre un migliaio di verifiche eben 250 case (su una popolazione di 5.800 abitanti) risultano inagibili. Se aciò si aggiungono l’inagibilità di comune, biblioteca e scuole, è facile capirela drammaticità <strong>della</strong> situazione. Da soli non ce la possiamo fare».San Giacomo delle Segnate ospita uno dei due campi destinati a restareaperti una volta conclusa la fase <strong>della</strong> prima emergenza. «Finora lasituazione – spiega il vicesindaco, Marzia Bertolasi – è rimasta sottocontrollo. Ora, però, la paura sta lasciando spazio alla disperazione». Tuttoil centro di San Giacomo è zona rossa, anche qui a causa del campanileche incombe su un raggio di 57 metri. Nessuno può rientrare, anche chi hala casa a posto. «<strong>Il</strong> campo è un mondo sospeso – ragiona il vicesindaco –,in qualche modo è un luogo protetto e asettico, che garantisce un letto eil cibo, e soddisfa le necessità. Uscire significa per molti affrontare la realtà,ovvero il fatto di non avere più la casa, o i soldi per metterla in sicurezza, oancora un lavoro (tantissimi nostri concittadini lavorano nelle imprese, oggichiuse, di Mirandola). Noi contiamo 500 persone con case inagibili, tantefamiglie che erano già in difficoltà, tantissimi anziani. E poi dovremorimettere in sesto scuole, servizi, negozi. Collaboriamo con le risorse locali,a cominciare dalla <strong>Caritas</strong>. Ma da soli potremo davvero poco».luglio - agosto 2012 <strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong>.21
Artigiani e hobbisti: sulla bancarella, la passione di una vitaMercantidi fantasiaViaggio tra i mercatiniestivi: boom,nell’ultimo decennio,di ambulanti chela merce se la fannoda soli, proponendoi prodotti <strong>della</strong> propriacreatività. A chi lo faper hobby interessadi più l’apprezzamentodei visitatori.Ma per molti èun lavoro cui si sacrifical’intera settimana.E sbarcare il lunarioè forse la parte piùdifficile dell’attività...22.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012di Stefania CulurgioniDice, alla gente che passa, di fermarsi per provare i suoi giochini. «Visalva i neuroni – ripete con la erre parigina –, vi fa funzionare le sinapsi! E li ho fattiio, a mano». Ma fa caldo, un caldo d’afa che appiccica i vestiti, che soffoca ogniguizzo di creatività, che spegne la voglia di mettersi alla prova, e così nessuno siferma. I passanti si trascinano con lentezza da una bancarella all’altra, le gettanouno sguardo da pesce affranto, passano oltre. E d’altronde, la fiera di Sinigaglia nonè neanche più quella di una volta, dove oltre alle bici rubate a due soldi trovavipunkabbestia che arrotolavano bracciali, barbuti giovanotti che tagliavano sul momentoborsette di cuoio o ragazze cheinfilavano perline per creare collane. sare, le persone sono troppo passive, perTutto è omologato alle più tradizionali loro è più facile guardare la televisione obancarelle da mercato: vestiti, libri usati,magari qualche pezzo antico d’arre-senza valorizzare il lavoro e la ricercagiocare alla playstation. Passano tuttidamento, ma il tavolino ricoperto di antropologica che c’è dietro, perché iovelluto nero di Marie, a cui sono attaccatele sue creazioni colorate e fatte in te culture. Sa chi si ferma? Solo qualcheper inventarli ho studiato i giochi di tan-ferro, ha sinceramente poche speranze professore che comprende cosa c’è diediattirarsi intorno una certa folla.Non è la clientela giusta, e servirebbeun contesto un po’ più speciale perapprezzare i suoi lavori: «Questi sonogiochi d’ingegno fatti a mano – raccontalei, che ha 45 anni, è originaria di Parigima è venuta in Italia attratta dal Belpaesee dalla sua cultura –, sono fatticon le pinze e sono di ferro. Vedi questo?– dice, mostrando una specie ditriangolo con dei cerchietti intorno –:servono cento movimenti per trovarel’uscita, è come un labirinto, e fa funzionarele sinapsi e i neuroni».Marie è bionda, ha i capelli lunghi,parla italiano con una forte cadenzafrancese, dovrebbe pur fare un certo effetto,ma i suoi occhi tradiscono delusionee amarezza. Vorrei dirglielo, checosì non ha speranze di attirarsi clientela,ma lei mi precede: «Ho imparato dasola e ci metto un’ora per farne uno solo,di questi giochini. Giro tutte le fiere emi impegno moltissimo, ma è moltodifficile perché la gente non vuole pen-