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scarp de' tenis Il mensile della strada - Caritas Torino

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<strong>Il</strong> disagio mentale, la <strong>strada</strong>. L’approdo in Casa <strong>della</strong> carità. Ora la svoltaAnni di sigarette scroccate,Pablo sorride e cambia vitadi Paolo RivaDURANTE L'ULTIMAVISITA, PRIMA DI LASCIARE LA CASA DELLA CARITÀ, Pablo ha sorriso quandola psichiatra gli ha chiesto da quanto tempo ormai abitasse in via Brambilla.«Tre mesi – ha risposto –, ma loro mi prendono in giro e dicono cinque anni». Isuoi problemi di salute mentale, evidentemente, non gli consentivano di ricordarela data precisa del suo arrivo mentre gli educatori, ai quali si era rivolto, cel’avevano bene in mente. Era il gennaio 2007, e fino a quel momento Pablo avevaabitato stabilmente in piazza Argentina, a Milano, su corso Buenos Aires, pochipassi da piazzale Loreto. Era un homeless classico, sempre vestito di nero, ormaiavvezzo alla vita di <strong>strada</strong>. Da un lato, in quello che era diventato pian pianoil suo quartiere, era riuscito a stabilire una rete di relazioni con i suoi “vicini di casa”;dall’altro però faceva fatica a farsi aiutare dai servizi sociali.La Casa <strong>della</strong> carità entrò in contatto con lui grazie all’unità di <strong>strada</strong> serale“Diogene”. Dopo averlo conosciuto, gli operatori del progetto, pensato proprioper senza dimora con disturbi psichiatrici, in collaborazione con Novo Millennio,<strong>Caritas</strong> Ambrosiana e le aziende ospedaliere San Gerardo di Monza e Niguarda Ca’Granda, decisero che la Casa potesse essere una buona soluzione, dopo un ricoveroproprio a Niguarda. Così Pablo ha preso posto nella prima stanza dell’accoglienzamaschile, quella subito accanto all’ufficioSta meglio, identità ricostruita:ora è in una comunità più adattaai suoi problemi. E le due sorellegià si informano per fargli visitain collaborazione con36.<strong>scarp</strong> de’ <strong>tenis</strong> luglio - agosto 2012storie di via brambilladegli educatori. E ci è rimasto per cinque anni.Anche se non parlava molto, gli altri ospiti, i volontarie gli operatori hanno instaurato un buonrapporto con lui e con il suo modo – spudorato,ma irresistibile – di farsi offrire sigarette. Tante, matutte ricambiate da un ampio sorriso un po' ruffianoe da un grazie pronunciato con l’inconfondibile accento portoghese. Pablo,infatti, diceva di venire dal Brasile, ma a dimostrarlo non c’era nessun documento.Solo la sua parola, secondo la quale, tra l’altro, avrebbe avuto 18 anni, quandoin realtà era chiaro a tutti che ne aveva almeno il doppio.Insieme agli educatori e all’area diritti <strong>della</strong> Casa <strong>della</strong> carità è così cominciatoun paziente lavoro per ricostruire la sua identità, conclusosi effettivamente alconsolato brasiliano di Milano. Una volta scoperti il suo vero cognome e la sua veraetà, ci si è poi impegnati per il permesso di soggiorno, la carta di identità e latessera sanitaria. Passaggi burocratici faticosi, ma tutti portati a termine, mesedopo mese. Nel frattempo, il rapporto di Pablo con le persone <strong>della</strong> Casa è cresciuto,così come si è mantenuto anche quello con due anziane sorelle che, abitandopoco distanti da piazza Argentina, lo avevano conosciuto quando ancorastava in <strong>strada</strong> e hanno continuato a fargli visita anche in via Brambilla, fino almese scorso. A metà giugno, infatti, Pablo ha salutato tutti e ha cambiato nuovamenteresidenza. Ora vive in una comunità riabilitativa a San Colombano al Lambro,più adatta alle sue esigenze e con una maggiore assistenza specifica. E già ledue sorelle sue amiche si sono informate per andarlo a trovare. .

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