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2 GIAMPIERO
Giovedì 25 Giugno 2009
IL DECLINO DEL SATRAPO
FABIO GIOVANNINI
f.giovannini@larinascita.org
N oi
su rinascita l’abbiamo
chiamata pornopolitica.
Ed è proprio
la pornopolitica di Berlusconi
che sta entrando definitivamente
in crisi in questi
giorni. Iniziano ad allontanarsi
dalla corte del capo anche
servitori e giullari un tempo fedelissimi. Si
grida al complotto, insinuando che anche dentro
le file pidielline ci siano dei cospiratori e degli
aspiranti al trono. Per la prima volta l’immagine
del leader è offuscata.
Non va ridotto a semplice e superficiale gossip
quello che sta succedendo. La pornopolitica,
infatti, è costitutiva del berlusconismo. Il successo
di Berlusconi leader è legato alla sua immagine
personale, alla sua biografia ostentata, alla
sovrapposizione del suo privato (in tutti i sensi)
con il pubblico. Non sarebbe esistito il berlusconismo
senza le foto del Cavaliere nei giardini di
Arcore, senza l’esibizione della bella moglie regina
del focolare, senza la favola dell’uomo che si è
fatto da sé e che ha un grande cuore. E’ nel dna
del berlusconismo la sovrapposizione tra privato
e politico, quindi non deve stupire se proprio le
spiate nelle sue festicciole da arricchito lo mettono
in ginocchio.
Purtroppo non sono le scelte scellerate in
materia economica, non sono i reiterati provvedimenti
razzisti, le misure antipopolari e le
inettitudini del suo governo ad aver determinato
questa crisi di credibilità del premier. Ma
rassegnamoci: la politica dell’era berlusconiana è
anche questo, spettacolo più che contenuti concreti.
Berlusconi ha l’ossessione della magistratura
e dei tribunali, perché sa quello che rischierebbe
se non si fosse buttato in politica e non
avesse varato leggi ad personam. Così è incapace
di ragionare in termini politici e non giudiziari
su tutti i suoi comportamenti. E invece di rispondere
politicamente alle accuse, sguinzaglia
il maldestro avvocato Ghedini per negare che
quello che fa sia reato. Ospita ballerine e menestrelli
su aerei di stato, e non è penalmente rilevante:
ma moralmente? Coccola minorenni, ma
non viola la legge. Forse si diletta con prostitute,
ma ne è solo «utilizzatore finale», nella raffinata
prosa ghediniana, e non commette reato. Berlusconi
ha reso talmente subalterni gli italiani alle
sue logiche da far sparire la dimensione etica e
morale della politica. Non c’è bisogno di finire in
manette perché i comportamenti di un politico
siano condannabili. Non servono articoli di legge
per dare un giudizio sulla statura morale di un
leader. Invece tutto ciò sparisce, perché così vuole
la cultura berlusconiana.
Ma lo stillicidio di rivelazioni sui comportamenti
deplorevoli di Berlusconi promette di
aumentare. Come spesso accade nelle tirannie,
sono gli intellettuali a staccarsi per primi dal
capo in declino. Così abbiamo letto le prese di
distanza di Giuliano Ferrara e di Giampiero
Mughini, entrambi indignati per un degrado diventato
intollerabile e che alla fine rischierebbe
di travolgere tutti. Come sostenere posizioni teodem
o da “atei devoti”, come ha fatto di recente
Ferrara, se il suo politico di riferimento è ogni
giorno sulle prime pagine dei giornali per storie
di minorenni, di veline svestite, di prostitute?
E deve essere stato superato davvero un punto
limite della decenza, da parte di Berlusconi, se
persino un dichiarato e fiero “erotomane” come
Mughini si sente a disagio di fronte a certe imprese
da vecchio satrapo. Due personaggi, Ferrara
e Mughini, che vengono dalla sinistra per
quella impressionante mutazione antropologica
capace di ribaltare le idee, così come viene da
sinistra Paolo Guzzanti, primo transfuga dalla
corte di Silvio e coniatore dell’eloquente termine
“mignottocrazia”. La loro provenienza da un
lontano passato di sinistra confermerà Berlusco-
ni nelle sue paranoie sulle trame rosse contro di
lui. Ma in realtà sono il primo segnale di uno
scollamento grave nella macchina berlusconiana,
le prime crepe nella fedeltà apparentemente incondizionata
di cui Berlusconi ha finora goduto
nella sua area.
Sottili distinguo, silenzi significativi, spifferate
anonime ai giornalisti danno il quadro
di un Pdl e di una Lega non proprio unanimi
nell’appoggio al premier. Tuttavia un ceto politico
di destra che deve tutto a Berlusconi fa
fatica a staccarsi dalla sua tutela. Dove sarebbero
oggi gli ex “colonnelli di An” senza Berlusconi?
Certo non sarebbero ministri o sindaci di
grandi città, magari starebbero ancora sudando
nel ghetto delle federazioni postmissine: invece
sono stati sdoganati da Berlusconi, che con le
sue ingenti risorse è riuscito a impadronirsi dei
vertici statali e locali nel giro di un quindicennio
e a sistemare ovunque gli alleati. Ma fino a
quando resteranno sull’attenti a fare trincea (per
usare un linguaggio militaresco a loro affine) intorno
al capo?
E’ probabile che Berlusconi senta il pericolo
di una fine ingloriosa analoga a quella del suo
grande amico Bettino Craxi, travolto da scandali
e scappato in Africa. E allora sembra puntare il
dito verso non meglio identificati “servizi segreti
stranieri”. Forse, su quest’ultimo punto, ha ragione.
Berlusconi non gode delle simpatie della
nuova amministrazione americana e sappiamo
(ce lo ricorda l’inchiesta sul Cile che pubblichiamo
in questo stesso numero di rinascita) che la
Cia non si fa scrupolo di usare qualsiasi mezzo
per eliminare i politici sgraditi: nei casi estremi
con l’omicidio, in altri con diversi mezzi.
Nonostante i sorrisi rituali al suo incontro
con Obama, il nostro Berlusconi è lontano dalle
grazie di Washington: ha dovuto offrire un po’ di
carne da cannone (l’invio di altri soldati italiani
in Afghanistan) per farsi ben volere. A parte le
battute di pessimo gusto che alludono al colore
della pelle di Obama, il Cavaliere rivendica troppo
spesso la sua amicizia con Bush padre e (soprattutto)
figlio: non è davvero un buon biglietto
da visita per presentarsi al nuovo presidente Usa.
E Berlusconi non perde occasione per lodare
“l’amico Putin”, guida di una Russia per molti
versi antagonista principale di Usa e Nato. Infine
è arrivata la visita di Gheddafi in Italia, durante
la quale il leader libico ha pronunciato parole
di fuoco contro gli Stati Uniti, accomunati ai
terroristi: nessuna presa di distanza da parte di
Berlusconi, impassibile. Tutti segnali non certo
incoraggianti per costruire un idillio tra il governo
italiano, di destra, e il nuovo presidente
democratico degli Usa. Prima toglie il disturbo,
meglio è.
Di fatto Berlusconi pare più sgradito all’estero
che in patria. Persino l’ex presidente francese
Chirac lo ha scaricato, raccontando ai giornali le
esibizioni machiste di Berlusconi, degne di una
commedia sexy malriuscita. L’immagine di un
premier italiano sotto continuo attacco da parte
della stampa internazionale, dileggiato, impresentabile,
crea imbarazzo e fastidio ai vertici di
molti stati. Del resto, Berlusconi anche in casa,
nel Partito popolare europeo, ha visto levarsi
scudi contro il suo candidato a presidente della
Commissione europea: nemmeno i polacchi lo
sopportano più.
Dobbiamo dire, però, che in Italia Berlusconi
gode ancora di un consenso troppo vasto, come
ha dimostrato il voto europeo: c’è stata una battuta
d’arresto, il Cavaliere ha visto deluse le sue
aspirazioni “pigliatutto”, ma ha confermato al
Pdl un risultato consistente. Ora che la sua statua
di satrapo moderno sta per essere abbattuta,
spetta a una sinistra degna di questo nome far
capire che va ribaltato l’intero impianto del berlusconismo,
al di là di scandali e pornopolitiche.
La pulizia morale è la premessa, ma il risultato
deve essere un’inversione di rotta vera, un cambiamento
profondo della politica e della società
italiana.
CAZZATO
A ll’inizio
gli era anche riuscito
il giochetto. La
macchina mediatica messa
in piedi per tamponare il caso
Noemi per un po’ ha funzionato:
in fondo tutto poteva rientrare
nell’esuberanza del premier, nel
suo essere fuori le righe rispetto
ai vecchi parrucconi del palazzo.
E infatti a dare la rotta al Noemi
gate è stato proprio Chi, il rotocalco
diretto da Alfonso Signorini.
Eccolo il copione: Noemi l’ingenua,
Noemi l’illibata, Noemi
divorata dalla stampa cattiva e di
sinistra, Noemi come le nostre
figlie un po’ svampite ma brave,
poverine, che pensano che il
massimo nella vita è fare le veline.
E il premier, un simpaticone, un
mandrillo d’annata, ma in fondo
che male c’è? Un italiano con tutti
i suoi difetti e le sue virtù. Poteva
finire così. E invece quello che sta
uscendo dall’inchiesta barese, che
intreccia una storia di tangenti
con l’induzione alla prostituzione,
è incommensurabilmente più
grave del filmino di Casoria e rischia
di abbattersi come un ciclone
su Berlusconi e il suo governo.
Ragazze pagate per allietare le
serate di un vecchio erotomane?
Faccendieri e magnaccia (e chissà
chi altri ancora) in grado di ricattare
un presidente del Consiglio?
Adesso si parla pure di cocaina.
Comandare
è superiore al
fottere recita
un vecchio
detto siciliano.
Ma il fottere
in questo caso
è diventato
un elemento
connaturato
al governare.
Bisogna dare
atto a Paolo
Guzzanti di
aver capito
prima di tutti,
quando parlò di mignottocrazia,
cosa stava diventando il berlusconismo.
L’intervista a Patrizia D’Addario
mette in luce un quadro
che se fosse confermato è agghiacciante:
per partecipare alle
serate a palazzo Grazioli assieme
ad altre ragazze disinvolte è stata
pagata 2000 euro. Da quel che
emerge il presidente del Consiglio
aveva dunque a disposizione
una informale ma efficientissima
agenzia di servizi adibita a procacciargli
ragazze. Non sappiamo
se è questa vicenda barese la
«scossa» di cui parlava D’Alema.
E francamente è un elemento
secondario. Sarebbe come interrogarsi
sul perché il rapinatore
che entra in banca trova la polizia
ad attenderlo. Il presidente
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CAPOREDATTORE
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GABRIELE FASAN
SEGRETARIA DI REDAZIONE
VALERIA RUSSO
Casoria
era solo
l’antipasto.
Da Bari
piovono
accuse pesantissime
e perfino “Il
Foglio” scrive
che la
situazione
è «grave e
seria»
CHIUSO IN TIPOGRAFIA IL 22 GIUGNO 2009 ALLE 17
QUESTA TESTATA FRUISCE DEI CONTRIBUTI
DI CUI ALLA LEGGE 22 DICEMBRE 1990 N°250 E S.M.
del Consiglio, i suoi giornali, le
televisioni, in primo luogo quella
pubblica targata Tg1 hanno provato
a stendere sulle vicende che
lo riguardano, da Casoria a Bari,
dalle donne facili per una notte
agli appalti, dalle minorenni alle
intercettazioni, dai voli di stato al
processo Mills, il velo del complotto
o, per usare le parole del
Cav., del «progetto eversivo». E’ il
solito vecchio ritornello, qualcuno
lo vuole scalzare, nonostante lui e
solo lui abbia il consenso popolare.
Chi? Tutti ulula il premier:
Repubblica ma anche il Corriere,
D’Alema ma anche Mario Draghi,
i suoi nemici ma anche qualche
infido amico.
Se perfino Giuliano Ferrara
scrive che la «situazione si è fatta
grave, e perfino seria» vuole
LA RINASCITA DELLA SINISTRA
SETTIMANALE DI POLITICA E CULTURA
DEL PARTITO DEI COMUNISTI ITALIANI, REGISTRATO AL TRIBUNALE
DI ROMA - N°46 IN DATA 27 GENNAIO 1999
IN REDAZIONE
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