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Al di là dei suoi ponti, la New York di domani - 2007 - Guido Barosio

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torino magazine il viaggio go alimentato da forze (allo stesso tempo) sotterranee,soprannaturali e ipertecnologiche. È un tempio, l’agoràdegli ultimi due secoli, ma anche lo spazio dove passatoe presente si incrociano in una suggestione senza tempo(nomen omen…), dato che in fondo <strong>la</strong> città contemporaneaper eccellenza evidenzia un’anima arcaicasemplicemente corretta dal<strong>la</strong> <strong>di</strong>smisura. Street ed avenuesi intersecano per linee r ette come in un castrumromano, le torri richiamano l’or<strong>di</strong>ne delle fortezze, <strong>la</strong> grandecorona <strong>dei</strong> pa<strong>la</strong>zzi alzati verso il cielo fa pensare aduna Stonehenge metropolitana; i totem dell’economia globalizzata,<strong>la</strong> Persepoli del cinema, dello show businessprossimarsi del gigante. Perché <strong>New</strong> <strong>York</strong> City – perimmagine, sostanza e struttura – appartiene, più <strong>di</strong> ognialtra metropoli, al r egno degli esseri viventi (meglio secolossali o mitologici) prima che ad un ambito sociologicoo architettonico. Ce lo testimonia bene quel sordoruggito – <strong>di</strong>versamente percettibile a seconda <strong>dei</strong> quartieri,ma costante, <strong>di</strong> giorno come <strong>di</strong> notte – che è unapista a sé nel<strong>la</strong> colonna sonora <strong>di</strong> Manhattan. La suaintensità cresce avvicinandosi all’ombelico urbano pereccellenza – Times Square – dove ogni forma <strong>di</strong> energiasi concentra in un rettangolo irrego<strong>la</strong>re e irrequieto,incoronato dalle forme verticali <strong>dei</strong> <strong>suoi</strong> buil<strong>di</strong>ng: un luoedel<strong>la</strong> finanza. Disumano e alienante? Forse; umanissimoe vitale? Anche. Ti accoglie e ti respinge a seconda<strong>di</strong> come <strong>la</strong> pren<strong>di</strong>: <strong>New</strong> <strong>York</strong> City non prevede compromessi.Ma neanche semplicità <strong>di</strong> approccio, o chiavi<strong>di</strong> lettura omogenee: <strong>la</strong> Grande Me<strong>la</strong> in realtà è un giar<strong>di</strong>nopieno <strong>di</strong> <strong>la</strong>birinti (come quelli <strong>di</strong> Compton House,nel film <strong>di</strong> Greenaway del 1982…), dove i piani <strong>di</strong> letturacoesistono incrociandosi. Non illuda neanche l’abusatoconcetto <strong>di</strong> melting pot: se è vero che qui risiedonocomunità appartenenti ad ogni possibile etnia umana,è altrettanto assodato che ciascuno vive per contoproprio, in un calderone molto più in<strong>di</strong>vidualista che meticcio.Se oggi gli ispanici sono l’etnia dominante (con il cata<strong>la</strong>no,nel<strong>la</strong> versione spanglish, pronto a far riscrivere ivocabo<strong>la</strong>ri del terzo millennio), italiani, ebr ei ortodossi,afroamericani, in<strong>di</strong>ani, neri francofoni, pachistani, russie po<strong>la</strong>cchi (giusto per citare le comunità più evidenti nel<strong>la</strong>mappa) hanno organizzato i propri spazi creando ‘quartierinei quartieri’, isole compatte per lingua, costumi, colorie stili <strong>di</strong> vita. Matrimoni misti rari (e spesso in crisi),L’Empire-Fulton Ferry State Park

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