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le terme di Sardara all'inizio del XX secolo - Centro Studi SEA

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Ammentu, n. 3, gennaio-<strong>di</strong>cembre 2013, ISSN 2240-7596Si aprì, allora una fase confusa e convulsa: il 12 agosto 1958 arrivò la richiesta <strong>di</strong>concessione temporanea da parte <strong>del</strong>la dottoressa Anna Batzella, mentre il Comunesi oppose al decreto <strong>del</strong>l’Assessore, ricorrendo al Consiglio <strong>di</strong> Stato e lamentando chela Batzella, essendo una <strong>di</strong>pendente <strong>di</strong> Mossa, fosse una mera prestanome 50 .La “calda” estate sardarese <strong>del</strong> 1958 si concludeva, ancora una volta, con unadecisione avversa al Comune: il 6 settembre venne accordata alla Batzella unaconcessione <strong>del</strong>la durata <strong>di</strong> quattro mesi 51 .L’anno successivo <strong>le</strong> acque termali furono concesse per ulteriori quattro mesi, condecreto <strong>del</strong>l’assessore Melis n. 341 <strong>del</strong> 8 luglio 1959, alla società per azioniIdro<strong>terme</strong>, in cui il socio principa<strong>le</strong> era Mario Mossa. Nel 1960 la concessione vienerinnovata per ulteriori 25 anni 52 .Iniziava allora la vicenda contemporanea <strong>del</strong><strong>le</strong> <strong>terme</strong> <strong>di</strong> <strong>Sardara</strong>, con la lungagestione da parte <strong>del</strong>la Idro<strong>terme</strong> s.p.a e <strong>del</strong>la famiglia Mossa, che con l’opera <strong>del</strong>ladott.ssa Maria Laura, figlia <strong>di</strong> Mario, negli anni Ottanta ha gradualmente ampliato ilsettore wellness, consolidando la posizione <strong>di</strong> <strong>le</strong>adership fra gli stabilimenti termaliisolani.4. ConclusioniLe vicende che seguirono sono troppo recenti per poter essere stu<strong>di</strong>ate ed analizzatecon l’obiettività e la “laicità“ che un lavoro <strong>di</strong> ricerca storica impone.Al termine <strong>di</strong> questo racconto <strong>di</strong> eventi, <strong>di</strong> atti e <strong>di</strong> persone è <strong>di</strong>ffici<strong>le</strong> arrivare aconclusioni definite, soprattutto perché sarebbe faci<strong>le</strong> lasciarsi andare a giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong>valore, non opportuni in questo contesto.La vicenda <strong>del</strong><strong>le</strong> <strong>terme</strong> <strong>di</strong> <strong>Sardara</strong> si inserisce bene in quella fase storica <strong>di</strong> sviluppo<strong>del</strong>l’impresa in Sardegna: impren<strong>di</strong>tori come Birocchi e Rodriguez rischiarono i propricapitali per riuscire a sfruttare una risorsa rara e preziosa come l’acqua terma<strong>le</strong>,riuscendo a portare avanti, tra mil<strong>le</strong> <strong>di</strong>fficoltà,la loro attività. Lo stesso Mossa e lasocietà Idro<strong>terme</strong> hanno contribuito a creare un positivo riconoscimento esterno perla località terma<strong>le</strong> sardarese.D’altra parte si impone il <strong>di</strong>scorso dei “beni pubblici“, o “beni comuni“ come semprepiù frequentemente vengono definiti: proprio sul <strong>di</strong>ffici<strong>le</strong> equilibrio tra sfruttamentoeconomico <strong>del</strong>la risorsa e pieno go<strong>di</strong>mento da parte <strong>del</strong>la col<strong>le</strong>ttività sono nati, neltempo, i maggiori contrasti.Un terzo aspetto si può ri<strong>le</strong>vare sulla mutata <strong>le</strong>gislazione: se da una parte quellaottocentesca aveva come obiettivo <strong>di</strong> fondo incentivare e tutelare l’iniziativaeconomica privata, quella degli anni Venti riportava nell’alveo stata<strong>le</strong>/demania<strong>le</strong>tutte quel<strong>le</strong> risorse considerate beni pubblici.Un altro e<strong>le</strong>mento riguarda l’atteggiamento <strong>del</strong><strong>le</strong> élite locali rispetto alla risorsaterma<strong>le</strong>: se nel corso <strong>del</strong>l’Ottocento gli Orrù, i Serpi e i Diana si impegnarono inprima fila per garantire un utilizzo dei bagni termali, non si è mai tuttavia realizzatauna vera e propria impresa sardarese che si impegnasse <strong>di</strong>rettamente nella gestione.In secondo luogo permane l’ambiguo rapporto tra la scelta <strong>di</strong> affidare <strong>le</strong> <strong>terme</strong> aprivati “esterni” alla comunità e la forte convinzione nei tentativi <strong>di</strong> recuperare larisorsa, senza però <strong>di</strong>mostrare la capacità <strong>di</strong> gestirla.50 Ivi, <strong>le</strong>ttere <strong>del</strong> 26 e <strong>del</strong> 27 agosto 1958.51 Ivi, Regione Autonoma <strong>del</strong>la Sardegna, decreto <strong>del</strong>l’Assessore all’Industria, Commercio e Rinascita, n. 425 <strong>del</strong> 6settembre 1958.52 Ivi, Regione Autonoma <strong>del</strong>la Sardegna, decreto <strong>del</strong>l’Assessore all’Industria, Commercio e Rinascita, n. 341 <strong>del</strong> 8luglio 1959 e n. 255 19 maggio 1960.261

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