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CAPITOLO 1 IMPATTO AMBIENTALE DEI FINI DI SEGAGIONE

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Capitolo 1: Impatto ambientale dei fini di segagionedeposito di materiali molto fini su rive di fiumi e litorali. Caso non ultimo il materiale addirittura quasi“melmoso” che, depositandosi sui litorali della Versilia, doveva periodicamente essere rimosso per noncompromettere la florida attività turistica della zona.Nella gestione delle acque di scarico vi è stata un’evoluzione che ha seguito gli obiettivi previsti dallanormativa citata, riassumibili come:− 1° fase (precedente alla L.319/76): scarico delle acque di lavorazione senza trattamenti in corpid’acqua superficiali, in pubbliche fognature o in fosse scavate nel terreno;− 2° fase (attuazione della L.319/76): scarico delle acque in corpo d’acqua superficiale opubbliche fognature, a seguito di trattamento di depurazione, nel rispetto delle tabelle A e Cdella L.319/76, scarico in fosse;− 3° fase attuazione delle norme regionali che hanno fissato norme più restrittive per lo scaricosul suolo.La ripartizione in classi di pericolosità è ripresa anche in tabella 3 Allegato 5 del D.Lgs 152/99.Nel caso specifico dei materiali lapidei si fa riferimento ai danni provocati dal solido in sospensione edalla variazione di pH, tipologie quindi appartenenti alla terza classe.Vi sono però due carenze della legge 152/99: non si fa riferimento alle portate scaricate ed allecaratteristiche del corpo recettore. La soluzione dovrebbe essere quella di costruire gli impianti pensandogià ad un possibile riciclo delle acque trattate.1.2. Separazione solido-liquidoPer lo smaltimento si fa riferimento al Decreto Ronchi ed al Decreto 13 marzo 2003. La composizione deifanghi di segagione è funzione, oltre che della composizione della pietra, anche dal processo (segagionein telai a graniglia metallica e segagione con utensili diamantati). Sarebbe utile il trattamento separatodelle torbide provenienti da reparti dove operino utensili diamantati e di quelle provenienti da lavorazionecon torbida abrasiva, anche se ciò è difficilmente realizzabile in pratica.Poiché i residui di lavorazione delle pietre si presentano sotto forma di fanghi, il loro smaltimento indiscarica richiede che siano preventivamente resi palabili: questa caratteristica viene raggiunta sel’umidità è inferiore al 25% circa. I fanghi di segagione vengono scaricati con una concentrazione disolido in massa dell’ordine del 40% (i fanghi di taglio e lucidatura sono ancora più diluiti), si rendequindi necessaria l’adozione di un idoneo processo di disidratazione.Se il fango decanta efficacemente fornendo acqua chiara senza l’aggiunta di additivi flocculanti, si ottieneun addensato ad elevata concentrazione di solido (dell’ordine del 70%) che tenderà ad asciugarsi ecompattarsi ulteriormente nel tempo. In questo caso si può ricorrere a vasche di decantazione e successivevasche di stoccaggio dei fanghi addensati, i quali possono essere estratti saltuariamente con mezzimeccanici.Nel caso in cui il fango non decanti naturalmente in modo efficace oppure vi siano notevoli quantitativi diresidui da disidratare (nel caso di grandi impianti), oppure per limitare il volume dei bacini didecantazione, è indispensabile l’impiego di flocculanti.I fanghi così ottenuti presentano una concentrazione di solido in massa dell’ordine del 50%, e soprattuttonon tendono ad addensarsi ulteriormente o a compattarsi nel tempo a causa della struttura dei flocculi, cheprovoca la ritenzione di molta acqua.L’impiego di flocculanti quindi, consente di risolvere il problema della chiarificazione dell’acqua,riducendo notevolmente il volume del bacino di sedimentazione, ma il fango addensato così ottenuto èmolto fluido, e manterrà questa caratteristica per un lungo periodo se non si interviene con unadisidratazione meccanica tramite filtropressa.Da alcuni anni a questa parte si è passati in tutto il bacino Ossolano, nella maggior parte dei casi, dallasemplice decantazione delle acque reflue in “masconi” alla disidratazione dei fanghi filtropressa.2

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