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Napoli è uno stereotipo<br />
culturale potente<br />
che ha resistito indenne<br />
al succedersi delle<br />
generazioni, garantendo<br />
ai napoletani,<br />
r<strong>il</strong>uttanti alla modernità,<br />
una via d’uscita<br />
gran<strong>di</strong>osa e consolatoria.<br />
Con amarezza<br />
venata <strong>di</strong> ironia, Scotto<br />
<strong>di</strong> Luzio racconta<br />
la grande infatuazione<br />
degli anni giovan<strong>il</strong>i,<br />
le responsab<strong>il</strong>ità<br />
<strong>di</strong> scrittori, cineasti<br />
e musicisti nel reinventare<br />
lo stereotipo<br />
napoletano in chiave<br />
multiculturale, <strong>il</strong> fallimento<br />
dell’esperienza<br />
bassoliniana.<br />
978-88-15-12727-3<br />
PP. 136, � 10,00<br />
12 IL FILO DELLA MEMORIA<br />
IIl 21 luglio del 2000, sulla strada che<br />
porta alla conca <strong>di</strong> Agnano, un ragazzo,<br />
che ha passato molte sere a cavallo del<br />
suo scooter a sfidare la polizia per non<br />
indossare <strong>il</strong> casco, muore ucciso proprio<br />
da uno <strong>di</strong> quei poliziotti. Luigi Pintor,<br />
dalle colonne del «Manifesto», si chiede<br />
cosa sia successo ad una città che negli<br />
spensierati anni Settanta aveva conosciuto<br />
le gesta <strong>di</strong> un altro motociclista, Antonio<br />
Mel<strong>il</strong>lo, detto Agostino <strong>il</strong> pazzo. Agostino,<br />
che si faceva chiamare così in<br />
omaggio a Giacomo Agostini, portava un<br />
giubbotto in finta pelle alla maniera <strong>di</strong> un<br />
Marlon Brando <strong>di</strong> casa nostra. Giocoso e<br />
beffardo scendeva a capofitto giù dai<br />
vicoli <strong>di</strong> Montesanto, facendola sotto <strong>il</strong><br />
naso a poliziotti e questurini. In un gioco<br />
dove nessuno si faceva male e le guar<strong>di</strong>e e<br />
i ladri a sera se ne tornavano a casa da<br />
mogli e figli.<br />
Arrestato nel 1970 Agostino è una<br />
piccola leggenda napoletana, fa la comparsa<br />
ne La Pelle <strong>di</strong> L<strong>il</strong>iana Cavani e nel<br />
1985 lo si vede in Maccheroni <strong>di</strong> Ettore<br />
Scola. Ancora recentemente, <strong>il</strong> 30 ottobre<br />
del 2007, Umberto Broccoli, che conduce<br />
su Ra<strong>di</strong>o1 la trasmissione Con parole mie, manda in onda la<br />
voce del padre <strong>di</strong> Agostino, <strong>il</strong> giorno dell’arresto del figlio.<br />
È un signore che parla in uno stretto accento napoletano.<br />
Agostino, <strong>di</strong>ce, e chi è? Non lo conosco questo Agostino.<br />
Lo speaker sorride e con voce intenerita esclama: «Ah che<br />
bei tempi quando i delinquenti erano onesti!».<br />
L’idea è che a Napoli l’<strong>il</strong>legalità prima <strong>di</strong> essere truce sia<br />
stata, in un passato soffuso <strong>di</strong> nostalgia, simpatica e come<br />
tale accettab<strong>il</strong>e. Resa meno urtante dal tratto umanamente<br />
irresistib<strong>il</strong>e dei suoi attori.<br />
In una forma culturale che mescola in maniera sorprendente<br />
spezzoni <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>calismo politico e una buona dose <strong>di</strong><br />
paternalismo si vuole vedere, per <strong>di</strong>rla in maniera un po’<br />
pomposa, nella spontaneità del sottoproletariato urbano<br />
l’esempio <strong>di</strong> una concreta renitenza al <strong>di</strong>sciplinamento<br />
sociale della città for<strong>di</strong>sta.<br />
Sulle strade dove muore <strong>il</strong> ragazzo della moto <strong>di</strong> lì a<br />
poco scoppieranno i moti per l’immon<strong>di</strong>zia. Con <strong>il</strong> loro<br />
corredo <strong>di</strong> violenze e <strong>di</strong> soprusi. Di agguati criminali e <strong>di</strong><br />
comportamenti gaglioffi, del popolo a danno del popolo.<br />
Ancora una volta <strong>di</strong> spericolate corse in motocicletta.