13.07.2015 Views

StMor 42/2 La cultura - Studia Moralia

StMor 42/2 La cultura - Studia Moralia

StMor 42/2 La cultura - Studia Moralia

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

<strong>StMor</strong> 44 (2006) 449-469GIUSEPPE QUARANTALA CULTURA PIENO SVILUPPO DELL’UMANOIL CONCETTO E LA FUNZIONE DELLA CULTURANEL PENSIERO DI BERNHARD HÄRING<strong>La</strong> figura e il pensiero di padre Bernhard Häring (Böttingen1912-Gars am Inn 1998) sono stati recentemente riproposti all’attenzionedegli studiosi in occasione del 50° anniversario della pubblicazionedi Das Gesetz Christi 1 (1954-2004), l’opera senza dubbiopiù famosa e più importante del teologo di Böttingen. Con lo scopodi celebrare adeguatamente questa ricorrenza, i Padri Redentoristihanno organizzato due eventi di rilievo: il primo, tenutosipresso l’Accademia Alfonsiana di Roma nei giorni 25 e 26 marzo2004, è stato il Convegno intitolato <strong>La</strong> recezione del Concilio VaticanoII nella teologia morale 2 . In quella sede, il noto teologo tedescoEberhard Schockenhoff ha rivisitato il celebre e fortunato Trattatodi teologia morale (così recita la traduzione italiana del sottotitolo),evidenziandone i principali nuclei tematici e dimostrando comeHäring, a ragione, possa essere considerato un pioniere del rinnovamentodella teologia morale promosso dal Concilio 3 . Il secondoè stato il Simposio organizzato a Gars nei primi giorni del gennaio2005 dalla Provincia dei Redentoristi di Monaco di Baviera. Con1Cf. B. HÄRING, Das Gesetz Christi. Moraltheologie dargestellt für Priesterund <strong>La</strong>ien, E. Wewel, Freiburg i.Br. 1954 [trad. ital.: <strong>La</strong> legge di Cristo.Trattato di teologia morale, 3 voll., Morcelliana, Brescia 1957]. L’opera, rieditanell’originale tedesco fino all’ottava edizione (1967), tradotta in quattordicilingue e venduta in un numero di copie superiore alle 200.000 unità, è diventatain breve tempo il “nuovo manuale” di teologia morale per antonomasia.2Per una breve cronaca, vedi: J. MIMEAULT, “A 40 anni dal ConcilioVaticano II, un Convegno all’Accademia Alfonsiana”, in <strong>Studia</strong> <strong>Moralia</strong> <strong>42</strong>(2004) 5-7.3Per il testo di questa relazione, pubblicata nella versione originaletedesca, vedi: E. SCHOCKENHOFF, “Pater Bernhard Häring als Wegbereitereiner konziliaren Moraltheologie. 50 Jahre: «Das Gesetz Christi»”, in <strong>Studia</strong><strong>Moralia</strong> <strong>42</strong> (2004) 9-37.


450 GIUSEPPE QUARANTAl’intento di chiarire quale sia stato il contributo di Häring allo sviluppodella teologia morale del periodo conciliare e postconciliare,oltre al già citato E. Schockenhoff, sono intervenuti diversi specialisti:R. Gallagher ha illustrato l’influsso esercitato da Das GesetzChristi sul processo di cambiamento che ha coinvolto la teologiamorale negli ultimi decenni del XX secolo; B. Hidber si è soffermatosul tema specifico della <strong>cultura</strong>; J. Römelt sul dialogo tra il pensieroteologico häringhiano e le scienze umane; K. Arntz sulla naturae sul ruolo della teologia morale in rapporto al proprio contestostorico e <strong>cultura</strong>le; M. Vidal, infine, ha riletto in chiave alfonsianail profilo teologico dell’illustre confratello, accreditandolo come“interprete e promotore” (acrecentador) della tradizione scaturitadal carisma di sant’Alfonso de Liguori 4 .Le iniziative <strong>cultura</strong>li appena ricordate rivelano senza dubbiola volontà dei Redentoristi di approfondire e di far conoscere, avantaggio di tutti, il lascito intellettuale di Häring. Egli, infatti,avendo vissuto da protagonista l’intera seconda metà del Novecentoteologico, può essere annoverato tra le voci più autorevoli delperiodo e, come tale, fonte di ispirazione anche per il lavoro degliattuali studiosi di etica teologica.<strong>La</strong> convinzione, così, di essere gli eredi di un ricco patrimoniodi fede, di indagine teologica e di umanità, ha incoraggiato i professoridell’Accademia Alfonsiana, l’Istituto Superiore di TeologiaMorale che ha avuto tra i propri fondatori anche padre Häring, aideare un progetto editoriale volto a promuovere le ricerche di giovaniteologi morali. Più precisamente, con l’inizio dell’anno accademico2006-2007, prende avvio una nuova serie di pubblicazioniche porta il nome di “Tesi Accademia Alfonsiana”. Essa, patrocinatadalla Provincia religiosa dei Redentoristi di Monaco di Baviera (laprovincia di appartenenza del nostro teologo), si propone di ospitarele migliori tesi dottorali discusse presso il medesimo centro di4I singoli interventi richiamati sono ora disponibili in questo volume:A. SCHMIDT-J. RÖMELT (edd.), 50 Jahre: “Das Gesetz Christi”. Der BeitragBernhard Härings zur Erneuerung der Moraltheologie, LIT Verlag, Münster2005. Per una sintetica presentazione e valutazione dell’opera, vedi: M.MCKEEVER, “The 50 th Anniversary of The <strong>La</strong>w of Christ. Bernhard Häring’sContribution to the Renewal of Moral Theology”, in <strong>Studia</strong> <strong>Moralia</strong> 44(2006) 233-250. Per la versione in spagnolo della relazione di M. Vidal, vedi:ID., “Bernhard Häring: intérprete y acrecentador de la tradición teológicomoralalfonsiana”, in <strong>Studia</strong> <strong>Moralia</strong> 43 (2005) 127-152.


LA CULTURA PIENO SVILUPPO DELL’UMANO 451studi. Per una fortunata coincidenza, come primo volume dellacollana è stato scelto da un’apposita commissione uno studio cherivisita in chiave <strong>cultura</strong>le l’opera del teologo di Böttingen e che siintitola per l’appunto “<strong>La</strong> <strong>cultura</strong> pieno sviluppo dell’umano. Il concettoe la funzione della <strong>cultura</strong> nel pensiero di Bernhard Häring” 5 . Ilcontributo, pubblicato di recente, è stato presentato presso la sededell’Accademia Alfonsiana il 26 ottobre 2006.Su richiesta della redazione di <strong>Studia</strong> <strong>Moralia</strong>, nel presente articoloci proponiamo di offrire una lettura sintetica dei principalirisultati dell’indagine. Procederemo nel seguente modo: chiarito ilsenso e gli obiettivi della ricerca, ne esporremo dapprima l’articolazionetematica e metodologica; in secondo luogo, le principaliacquisizioni; infine, gli ulteriori passi da compiere per continuarel’esplorazione dell’argomento.1) Il senso e gli obiettivi della ricercaConsultando un discreto numero di dissertazioni dottoraliincentrate sui principali nuclei della teologia morale di Häring –dall’utilizzo della Sacra Scrittura all’etica medica, dagli aspettisociali del peccato e della conversione alla teoria e prassi dellanon violenza, dalla configurazione sacramentale della teologiamorale al rapporto tra religiosità e moralità 6 – si deve ammettereche non esiste alcuna traccia di un interesse per il dato <strong>cultura</strong>le.Ecco perchè la scelta di privilegiare il “concetto di <strong>cultura</strong>” comepunto prospettico dal quale rileggere l’opera häringhiana presentauna connotazione di indubbia originalità. A questo punto,però, ci si potrebbe chiedere: quale motivo ha giustificato la decisionedi intraprendere una ricerca sulla nozione e sulla funzionedell’idea di <strong>cultura</strong> nella produzione teologica di Häring, un autoresolitamente accostato per ben altri aspetti del suo pensiero 7 ?5Il libro, opera di chi scrive, è stato pubblicato per i tipi delle EditionesAcademiae Alfonsianae (Roma 2006, 399 pp., i 22,00) e ripropone la nostratesi dottorale discussa il 6 dicembre del 2004.6Per un elenco di questi contributi, vedi: K.A. CAHALAN, Formed in theImage of Christ. The Sacramental Moral Theology of Bernhard Häring,C.Ss.R., Liturgical Press, Collegeville, Minnesota 2004, 234-235.7Solo F. COMPAGNONI, tra gli autori a nostra conoscenza, ha indicato B.Häring come uno tra i primi teologi cattolici ad essersi interessato della cul-


452 GIUSEPPE QUARANTA<strong>La</strong> risposta ad un simile interrogativo ci riconduce ad unascoperta che solitamente accompagna chi si ripropone di studiarea fondo le questioni morali. Per il cultore di etica, infatti,non è insolito registrare l’influsso esercitato dai costumi, daisimboli e dai modelli di rappresentazione del reale socialmenteappresi – dati sintetizzabili con il termine generico di “<strong>cultura</strong>”– sia sulle norme morali sia sulle forme di ragionamento morale.Nel nostro caso, allora, questa presa di coscienza, che rimaneil più delle volte sullo sfondo della ricerca teologica, ha costituitoinvece una provocazione ad avventurarci lungo un percorsodi studi che fosse in grado di mettere a fuoco la reciproca interazionetra “teologia morale” e “<strong>cultura</strong>”. Gli interrogativi dipartenza sono stati i seguenti: la teologia morale cristiana piùrecente si è seriamente confrontata con la realtà della <strong>cultura</strong>,sfruttandone le potenzialità per comprendere l’umano in modoadeguato, cioè non in termini dogmatici o astratti? Se sì, qualeidea di <strong>cultura</strong> l’etica teologica ha integrato o sviluppato in proprio?Grazie a quali presupposti teorici l’etica cristiana ha saputodialogare con la <strong>cultura</strong>? E a quali risultati si è giunti nelcampo etico-teologico percorrendo la strada di una più avvertitaconsiderazione del dato <strong>cultura</strong>le? 8tura, definendo peraltro come impresa stimolante il “poter studiare inparallelo a B. Häring, tutto preso dalle necessità pastorali della Chiesa, ilpensiero di J. Messner maestro nel ripensamento del diritto naturale inepoca industriale” (“<strong>La</strong> multi<strong>cultura</strong>lità ha generato una crisi d’identitànella riflessione etico-cristiana?” in Multi<strong>cultura</strong>lismo e identità, a cura di C.Vigna e S. Zamagni, Vita e Pensiero, Milano 2002, 213).8<strong>La</strong> sensatezza e la rilevanza di questi interrogativi ci paiono confermateda quanto scrive A. BONANDI: “Ulteriore acquisizione [della teologiamorale postconciliare] può essere indicata nella consapevolezza che il compitodi revisione fondamentale della teoria della teologia (morale) ha comereferente primario la divina rivelazione, e secondario la <strong>cultura</strong> contemporanea.Per lo meno comune agli Autori è l’istanza della duplice attenzione,per quanto essa possa essere declinata in forme diverse, e al limite alternative(come ad esempio Capone e il Trattato di etica teologica, Häring e Gula,ecc.). Ora l’attenzione dice un’intenzione, cioè una disponibilità a lasciarsiistruire e a entrare in dialogo. Sul fronte del referente primario l’ascoltodella rivelazione significa lo studio delle fonti nel loro ordine; quanto alreferente secondario significa l’incontro critico con aspetti della <strong>cultura</strong> vissuta(ethos) e riflessa (filosofia morale anzitutto) dell’epoca presente (sulla


LA CULTURA PIENO SVILUPPO DELL’UMANO 453Sulla base di questa griglia di domande, la nostra attenzionesi è concentrata sull’opera di Bernhard Häring almeno perun duplice ordine di motivi: da una parte, perché il teologo redentoristaè stato senza dubbio una figura particolarmente rappresentativadella recente storia della teologia morale 9 ; dall’altra,perchè l’apertura del suo pensiero a molteplici e variegatistimoli <strong>cultura</strong>li è confluita in un corpus di opere di una consistenzatale da poter supportare la ricerca con abbondanti rimanditestuali.2) L’articolazione tematica e metodologica<strong>La</strong> lettura attenta e paziente delle principali opere di Häringci ha pienamente convinto non solo della bontà della nostraintuizione di partenza, ma anche della concreta possibilitàsia di ricostruire una precisa idea di <strong>cultura</strong> sia di verificarne lafunzione all’interno del più ampio progetto teologico dell’autore.Infatti, a partire da un agile saggio di sociologia della famiglia10 , disciplina di cui egli si è occupato nei primi anni del suoinsegnamento a Gars, l’interesse del teologo di Böttingen per lostudio dei rapporti tra religione e <strong>cultura</strong> cresce progressiva-base di una qualche ricostruzione storica). Se l’assunzione del primo appartienecon certezza al metodo teologico, quella del secondo è acquisizionepiù recente e controversa, anche se generalmente accolta, almeno nel sensodella sua presenza alla consapevolezza riflessa del moralista; anzi spesso lateologia morale viene concepita come risposta agli interrogativi vitalidell’uomo di oggi, secondo le forme della sua esperienza e della sua coscienza”(Il difficile rinnovamento. Percorsi fondamentali della teologia moralepostconciliare, Cittadella, Assisi 2003, 279-280).9In proposito, scrive M. VIDAL: “P. Häring è il simbolo del rinnovamentodella morale cattolica nella seconda metà del XX secolo. Non si tratta diaffermare che tutto il lavoro di rinnovamento teologico-morale lo si debba alui, ma di riconoscere che a lui si deve il fatto che all’interno della Chiesacattolica sia stato recuperato un modo di parlare e di vivere la morale acaratteri più evangelici” (Bernhard Häring un rinnovatore della morale cattolica,Dehoniane, Bologna 1999, 8 [orig. spagn.: 1999]).10Cf. B. HÄRING, The Sociology of the Family, The Mercier Press, Cork1959 [orig. ted.: 1954].


454 GIUSEPPE QUARANTAmente di consistenza, fino ad occupare lo spazio di un interocapitolo in Potenza e impotenza della religione 11 . Ma non solo.Quanto alla formulazione del concetto di <strong>cultura</strong>, in modo altrettantoevidente e documentabile emerge la dipendenza diHäring dai lavori di intellettuali affermati e versatili come il filosofoviennese J. Messner e lo storico inglese della <strong>cultura</strong> Ch.Dawson 12 . L’importanza del loro contributo, sinteticamentepresentato nella dissertazione, è estremamente rilevante perl’obiettivo dell’indagine. Questi autori, infatti, pur muovendosientro ambiti disciplinari diversi – la filosofia morale l’uno e lastoria della <strong>cultura</strong> l’altro – danno prova d’ispirare le loro riflessionial nuovo concetto di <strong>cultura</strong> elaborato dai pionieri dell’antropologia<strong>cultura</strong>le (C. Kluckhohn, per quanto riguarda Messner;E.B. Tylor, B. Malinowski, F. Boas, R. Benedict e A. Kroeber,quanto a Dawson), consentendoci di verificare un contattosignificativo, seppure indiretto, tra Häring e gli antropologi diarea inglese e nordamericana dei primi decenni del Novecento.Sorretti da questi primi riscontri, una volta delineata l’architetturagenerale della teologia morale di Häring, ci è risultatochiaro che per raggiungere l’obiettivo iniziale sarebbe statonecessario articolare la ricerca intorno a tre nuclei: in primoluogo, la ricostruzione di un possibile “contesto ermeneutico”entro cui situare l’opera häringhiana; in secondo luogo, sullabase di un’idea di <strong>cultura</strong> più puntuale, l’analisi di tutte e singolele principali opere di Häring; infine, l’elaborazione di alcunelinee di riflessione sistematica. Costruiti sulla base di questi rilieviecco, allora, i tre ampi capitoli in cui si suddivide il volume:il primo capitolo espone un triplice itinerario di ricerca: a)11B. HÄRING, “Religione e <strong>cultura</strong>”, in ID., Potenza e impotenza della religione,Paoline, Roma 1958, 264-302 [orig. ted.: 1956]. Frutto di una serie dilezioni, di conferenze e di indagini empiriche nel campo della sociologiareligiosa, lo scritto è concepito come necessario completamento a <strong>La</strong> leggedi Cristo. Häring è convinto, infatti, che la morale casistica non è da consideraredel tutto superata e superflua, ma richiede piuttosto di essere completatae sviluppata da una pastorale sociale che, sulla solida base dell’indaginesociologica, persegua la cristianizzazione della società.12Cf. J. MESSNER, Kulturethik mit Grundlegung durch Prinzipienethikund Persönlichkeitsethik, Tyrolia, Innsbruck-Wien-München 1954; CH.DAWSON, Religione e <strong>cultura</strong>, Paoline, Alba 1960 [orig. ingl.: 1948].


LA CULTURA PIENO SVILUPPO DELL’UMANO 455la chiarificazione teorica di un iniziale concetto moderno escientifico di <strong>cultura</strong> (il cui terminus ad quem è rappresentatodalla celebre rassegna compilata da C. Kluckhohn e A.L. Kroebernel 1952 13 ); b) la breve ricostruzione dei momenti salientidel rinnovamento della teologia morale nella prima metà del secoloXX (in particolare il contributo di pionieri come J. Sailer,J. von Hirscher, F. Linsenmann, F. Tillmann, Th. Steinbüchel eTh. Müncker), con il duplice fine, da una parte, di circostanziarela personalità teologica di Häring e, dall’altra, di realizzareun primo sondaggio sull’incidenza o meno della contemporaneariflessione culturologica sui principali tentativi di ripensamentodella disciplina; c) la presentazione di un quadro piùampio entro cui verificare la prima recezione teologica del modernoconcetto di <strong>cultura</strong>: ecco le pagine dedicate sia al dibattitocirca il rapporto tra religione cristiana e <strong>cultura</strong> (terreno diconfronto tra prospettive e autori, tutti, anche se a diverso titolo,in qualche modo richiamati nelle opere del nostro teologo: J.Maritain, Ch. Dawson, R. Guardini, H.R. Niebuhr, J. Messner, P.Tillich) sia nella trattazione sulla promozione del progresso della<strong>cultura</strong> di Gaudium et spes (GS d’ora in avanti).Nel secondo capitolo ci siamo impegnati in un’analisi il piùpossibile attenta dei principali scritti di Häring, nel tentativo dimettere in rilievo il preciso concetto di <strong>cultura</strong> che ne emerge,evitando così il rischio di assumere una rappresentazione genericae indeterminata della stessa. In questa logica, la scelta disoffermarci sulle singole opere (raggruppate secondo una scansionecronologica che ha nel Concilio il principale momento disvolta) crediamo abbia conferito plausibilità e sistematicità allaricerca, facilitando la ricostruzione dell’evoluzione di un’idea di<strong>cultura</strong> inizialmente tratteggiata in termini spiritualistici, ma inseguito costantemente aggiornata in senso antropologico, soprattuttograzie all’influsso di GS.Nel terzo capitolo, infine, il nostro studio ha potuto metterea frutto il lavoro compiuto nelle due prime tappe, ripercorrendole opere studiate in precedenza e documentando la presenzadi una chiara correlazione tra riformulazione della teologia moralee assunzione del pluridimensionale dato <strong>cultura</strong>le. Si giu-13C. KLUCKHOHN-A.L. KROEBER, Il concetto di <strong>cultura</strong>, Il Mulino, Bologna1972 [orig. ingl.: 1952].


456 GIUSEPPE QUARANTAstifica così l’ampiezza, in progressione, delle tre parti della trattazione,a testimonianza che l’incremento di attenzione per la<strong>cultura</strong> ha innescato e sostenuto in Häring una comprensionesempre più ricca dell’esperienza morale del credente (vedi l’interesseper l’arte, i mezzi di comunicazione sociale, le prospettivedella medicina e della psicologia, la pluralità delle culture, lafesta, il gioco, l’umorismo, l’ecologia, la pace). Il tutto a dimostrarela fecondità dell’iniziale intuizione circa la <strong>cultura</strong> come“pieno sviluppo dell’umano” 14 , indispensabile terreno di confrontoper una teologia morale pensata e auspicata dal Concilio(anche grazie al contributo del nostro autore) con una fisionomiaspiccatamente vocazionale, al servizio del dinamismo dicrescita integrale della persona 15 .3) Le principali acquisizioniDescritta brevemente l’articolazione della ricerca, risultanecessario esplicitare le acquisizioni più rilevanti emerse nelcorso del lavoro. Per esigenze di precisione espositiva, le raccogliamointorno a due nuclei tematici: 3.1) Il concetto häringhianodi <strong>cultura</strong>; 3.2) <strong>La</strong> funzione della <strong>cultura</strong> nel pensiero diBernhard Häring.3.1) Il concetto häringhiano di <strong>cultura</strong>L’esigenza – dichiarata fin dal sottotitolo della nostra dissertazione– di focalizzare il concetto häringhiano di <strong>cultura</strong> hatrovato nella lettura delle principali opere del teologo redentoristaun riscontro reale e puntuale. Con sufficiente certezza sipuò affermare che negli scritti di Häring non solo si trova unadefinizione chiara e precisa di che cosa si deve intendere per“<strong>cultura</strong>”, ma è possibile anche verificare un sensibile approfondimentodel tema dovuto alla recezione di nuove istanzeteoriche. Non è quindi esagerato parlare di una triplice accezionedi <strong>cultura</strong>: 3.1.1) L’accezione spirituale; 3.1.2) L’accezioneantropologica; 3.1.3) Il concetto di <strong>cultura</strong> di GS.14MESSNER, Kulturethik, 336.15Cf. OT 16: EV 1/808.


LA CULTURA PIENO SVILUPPO DELL’UMANO 4573.1.1) L’accezione spirituale di <strong>cultura</strong>L’accezione spirituale di <strong>cultura</strong> emerge fin dalle primeopere del nostro teologo, in particolare da Il sacro e il bene(1950) e dalla prima edizione de <strong>La</strong> legge di Cristo (1954). Inquesti volumi, molto insistito è l’interesse di rimarcare nettamenteil carattere trascendente e autonomo della religione e, diconseguenza, l’impossibilità di ridurla ad una semplice manifestazionedelle forze <strong>cultura</strong>li. Il tutto per un duplice ordine dimotivi: trovare una via d’uscita dalle angustie dell’ideologiamarxista e dotarsi di un solido presupposto per la fondazionereligiosa della morale, altro ambito di valore – quest’ultimo –superiore e autonomo rispetto alla <strong>cultura</strong>. Determinante in talecontesto è l’influsso di M. Scheler (1874-1928) e della suaconcezione della gerarchia dei valori. Secondo il filosofo di Monaco,infatti, la <strong>cultura</strong> appartiene ai valori reali, inerenti allecose e incarnati in beni. Più precisamente, essa figura tra i benispirituali come la scienza, l’arte e le istituzioni giuridiche, realtàindicate, da un altro punto di vista, come beni <strong>cultura</strong>li 16 . Rispettoall’idea classica di <strong>cultura</strong> come “coltivazione” delle facoltàintellettuali del singolo individuo, tale accentuazione riflettesenza dubbio la sensibilità moderna, che ormai da tempo(dalla seconda metà del XVIII secolo) ha cominciato a pensarela <strong>cultura</strong> anche come realtà oggettiva e totale, comprendente lemolteplici creazioni delle capacità umane più elevate 17 . Tuttavia16In proposito M. SCHELER scrive: “Con «valori personali» intendiamoqui tutti i valori che ineriscono immediatamente alla persona. Con valorireali intendiamo invece tutti i valori inerenti alle cose di valore così come siconcretano nei «beni». Tra i «beni» vanno poi distinti i beni materiali (benidel piacere e di consumo), i beni validi in termini vitali (come ad esempiotutti i beni economici) ed i «beni spirituali», come ad esempio la scienza el’arte, cioè gli autentici «beni della <strong>cultura</strong>»” (Il formalismo nell’etica e l’eticamateriale dei valori. Nuovo tentativo di fondazione di un personalismo etico,San Paolo, Cinisello Balsamo [Mi] 1996, 136 [orig. ted.: 1927]). Il filosofo diMonaco, inoltre, aggiunge che “i valori (tecnici e simbolici) correlati ai valorispirituali in genere sono i cosiddetti «valori <strong>cultura</strong>li», inerenti per proprianatura alla sfera assiologica dei beni (ad esempio: tesori d’arte, istituzioniscientifiche, legislazione positiva ecc.)” (Ivi, 145-146).17Cf. P. ROSSI, “Cultura”, in Enciclopedia del Novecento, I, a curadell’Istituto della Enciclopedia italiana fondato da Giovanni Treccani,Roma 1975, 1143. Per una ricostruzione del moderno e contemporaneo


458 GIUSEPPE QUARANTA– e si tratta di un punto di notevole discontinuità rispetto alconcetto moderno e scientifico di <strong>cultura</strong> – tra gli elementi costitutividel dato <strong>cultura</strong>le, Scheler esclude la morale e la religione,fenomeni che egli comprende come assolutamente originali,indeducibili da qualsiasi altra manifestazione dello spirito,autonomi e pertanto da indagare alla luce delle verità e dei principiimmutabili conoscibili esclusivamente dalla filosofia e dallateologia.3.1.2) L’accezione antropologicaL’acquisizione di un primo concetto propriamente antropologicodi <strong>cultura</strong> si deve alle opere sociologiche già richiamate,Sociologia della famiglia e Potenza e impotenza della religione, gliscritti dove Häring fa proprio il contributo di J. Messner e diCh. Dawson. In questi volumi il nostro autore colora la propriariflessione di accentuazioni fino ad allora inedite. Da un puntodi vista “materiale” o “reale”, il termine <strong>cultura</strong> comincia acomprendere non solo le creazioni delle attività più elevate dellospirito, ma anche le espressioni e i prodotti più ordinaridell’ingegno umano come il linguaggio, l’arte di raccontare storie,le canzoni popolari, le feste, i giochi e i manufatti artistici.Da un punto di vista “personale” e “soggettivo”, invece, la <strong>cultura</strong>continua ad essere interpretata non solo come dimensione tipicadella persona umana, ma addirittura come il pieno sviluppodell’umano 18 . Questo non significa che la <strong>cultura</strong> possa esse-concetto di <strong>cultura</strong>, vedi: A. KUPER, Culture. The Anthropologists’ Account,Harvard University Press, Cambridge, Massachussetts-London, England1999; P. ROSSI, “Introduzione”, in ID. (a cura), Il concetto di <strong>cultura</strong>. I fondamentiteorici della scienza antropologica, Einaudi, Torino 1972 3 , 7-25; K.TANNER, Theories of Culture. A new Agenda for Theology, Fortress Press,Minneapolis 1997; D. CUCHE, <strong>La</strong> nozione di <strong>cultura</strong> nelle scienze sociali, IlMulino, Bologna 2003; C. KLUCKHOHN-A.L. KROEBER, Il concetto di <strong>cultura</strong>, IlMulino, Bologna 1972; U. HANNERZ, <strong>La</strong> complessità <strong>cultura</strong>le. L’organizzazionesociale del significato, Il Mulino, Bologna 1998; C. GEERTZ, Interpretazionedi culture, Il Mulino, Bologna 1998.18Häring, comunque, sostiene che la dimensione soggettivo-personalee oggettivo-reale della <strong>cultura</strong>, pur non identificandosi l’una con l’altra,sono da considerare nel loro reciproco rapporto. In questa linea, per ilnostro autore la distinzione tra <strong>cultura</strong> e civiltà in uso nei paesi di linguatedesca non va eccessivamente enfatizzata, dal momento che la vera <strong>cultura</strong>


LA CULTURA PIENO SVILUPPO DELL’UMANO 459re limitata alla sfera della pura interiorità, ma piuttosto che vaestesa alla <strong>cultura</strong> familiare, giuridica e sociale in genere. Anzi,sulla scia di J. Messner e Ch. Dawson, Häring definisce la <strong>cultura</strong>come “forma della società” 19 , stemperando in questo modo leaccentuazioni spiritualistiche ancora in voga nell’ambiente tedesco.3.1.3) Il concetto di <strong>cultura</strong> di GSL’ulteriore arricchimento del concetto häringhiano di <strong>cultura</strong>si deve in gran parte alla recezione del dettato della GS. Senzaintrodurre elementi di rottura con le acquisizioni maturatefino a quel tempo 20 , Häring ricorre costantemente alla descrizionedi <strong>cultura</strong> offerta dall’autorevole documento conciliare 21(che egli definisce come una “buona descrizione” 22 ), riproponendolain tutti gli scritti del dopo Concilio fino a Liberi e fedeliin Cristo compreso. Da essa il teologo redentorista media queitratti che, interpretati alla luce delle istanze specificamente cristianedella propria teologia morale, gli consentono di approfondirei seguenti percorsi di ricerca: a) la sottolineatura delsenso di autonomia e di responsabilità che caratterizza l’uma-persegue come obiettivo la cura di tutti i valori umani (cf. HÄRING, Potenza eimpotenza, 266-267).19“<strong>La</strong> <strong>cultura</strong> è la forma della società. Una società senza <strong>cultura</strong> è unasocietà informe, un ammasso, un agglomerato di individui” (Ivi, 266).20Considerando che nel testo di GS convivono diverse accezioni deltermine <strong>cultura</strong> (descrittiva e prescrittiva, socio-etnologica e spirituale),possiamo ribadire una volta di più la sostanziale continuità del pensierohäringhiano. Significativo, al riguardo, è che la definizione messnerianadella <strong>cultura</strong> come “pieno sviluppo dell’umano” è proposta in termini moltosimili da GS 53: EV 1/1492, là dove si afferma che “è proprio della personaumana il non poter raggiungere un livello di vita veramente e pienamenteumano se non mediante la <strong>cultura</strong>”. Per uno sguardo panoramico sul contributodi GS alla definizione del concetto di <strong>cultura</strong>, vedi: F. BOLGIANI,“Alcune osservazioni sul concetto di «<strong>cultura</strong>» nei documenti del VaticanoII”, in AA.Vv., Chiesa per il mondo, II. Fede e prassi, Dehoniane, Bologna1974, 441-481.21GS 53: EV 1/1493-1494.22B. HÄRING, Liberi e fedeli in Cristo. Teologia morale per preti e laici, III.Voi siete la luce del mondo (Mt 5,14), Paoline, Roma 1981, 265 [orig. ingl.:1981].


460 GIUSEPPE QUARANTAnesimo contemporaneo 23 si riflette nella centralità riservata adun’impostazione della morale di tipo personalistico e connotata,di conseguenza, in termini di responsabilità, di libertà e difedeltà creativa; b) l’intima correlazione di natura e <strong>cultura</strong>, altroelemento evidenziato da GS 24 , costituisce il presupposto basilareche impegna l’etica teologica a riflettere sulla questioneambientale e a proporre modelli <strong>cultura</strong>lmente alternativi di relazionecon i beni e le risorse del creato 25 ; c) il significato sociologicoed etnologico di <strong>cultura</strong> 26 , che permette di declinare alplurale il termine stesso, si rivela particolarmente efficace perricomprendere la missione evangelizzatrice della Chiesa e pernon trascurare l’incidenza del linguaggio, dei costumi e23Cf. GS 55: EV 1/1496.24Cf. GS 53: EV 1/1492.25<strong>La</strong> pertinenza dell’etica ecologica riposa sulla constatazione che“l’ambiente umano è una «matrice di elementi» che derivano dalla naturaper mezzo dell’evoluzione e che vengono progettati dall’uomo per mezzodella <strong>cultura</strong>” (HÄRING, Liberi e fedeli, III, 214).26Cf. GS 53: EV 1/1494. Sottolineando come la <strong>cultura</strong> dica riferimentoad un “diverso modo di far uso delle cose, di lavorare, di esprimersi, di praticarela religione, di formare i costumi”, GS consente a HÄRING di affermareche gli elementi primari del dato <strong>cultura</strong>le (il linguaggio, i costumi e leusanze) “incarnano un ethos, cioè un rapporto basilare con i valori decisivi”(Liberi e fedeli, III, 266). Grazie a questa acquisizione, a differenza di quantoindicato ne <strong>La</strong> legge di Cristo, il costume, fattore determinante per la crescitamorale della persona, è incluso entro l’idea di <strong>cultura</strong>. Di conseguenza,l’esistenza di una pluralità di costumi costringe l’etica cristiana ad un’intelligenzapiù profonda e consapevole della pluralità delle culture (dato presente,ma solamente accennato nelle opere sociologiche). In questa linea,Häring può valorizzare la dimensione simbolica della <strong>cultura</strong>. Se i simboli,infatti, sono “modelli” che governano l’immaginazione e mediano l’esperienzadel e l’incontro con il mondo (cf. HÄRING, Liberi e fedeli, I, 78; 83; 92),allora essi sono “oggetti <strong>cultura</strong>li”, sia perché plasmati dalla <strong>cultura</strong> (e quindidiversamente interpretabili a seconda dei diversi contesti), sia perché aloro volta generatori di <strong>cultura</strong> attraverso l’interazione con l’esperienza vissuta.In quest’ottica, pur se mediante un’esposizione più rapsodica chesistematica, il nostro autore valorizza i temi della bellezza, dell’arte, dellafesta e del gioco, e dell’umorismo (cf. HÄRING, Liberi e fedeli in Cristo.Teologia morale per preti e laici, II. <strong>La</strong> verità vi farà liberi [Gv 8,32], Paoline,Roma 1980, 130-189 [orig. ingl.: 1979]).


LA CULTURA PIENO SVILUPPO DELL’UMANO 461dell’ethos sulla strutturazione di modelli di orientamento nel edi relazione con il mondo, stemperando così progetti utopici dimorali universali 27 ; d) le scoperte scientifiche, gli studi psicologici,i tratti della <strong>cultura</strong> di massa, altre “note distintive della<strong>cultura</strong> odierna” 28 , stimolano Häring a tentare un dialogo interdisciplinarecon le scienze inerenti la malattia e la cura della salute,senza temere di ricorrere agli studi pionieristici di alcunipsicologi (in particolare V.E. Frankl 29 , E. Erikson 30 e L. Kohlberg31 , preferiti ai filosofi in quanto esponenti di un sentire <strong>cultura</strong>lepiù diffuso e più attento alle venature concrete dell’esperienzaumana) e a dedicare una certa attenzione ai mezzi di comunicazionesociale 32 ; e) da ultimo, l’instancabile ricerca diuna teologia e di una prassi della pace e della non violenza rivelala singolare attenzione riservata alla Costituzione pastorale,che interpreta la <strong>cultura</strong> come “mezzo” per la crescita in umanitàdella vita sociale 33 .27A questo proposito Häring, stimolato a maturare un’attenzione per lapluralità delle culture non solo dal richiamo dei testi conciliari, ma dallastessa portata universale del Vaticano II, comincia ad ampliare il proprioorizzonte e a misurarsi con i problemi che angustiano le Chiese di alcunipaesi dell’Africa, dove le difficoltà di realizzare un incontro fecondo traannuncio dell’Evangelo e culture tradizionali locali sono avvertite con particolaregravità. Grazie a questa esperienza, il nostro teologo può iniziarecosì a prefigurare la spinosa questione dell’in<strong>cultura</strong>zione (che egli chiama“incarnazione”), con la conseguente necessità di sottoporre al vaglio di undiscernimento più consapevole delle diversità <strong>cultura</strong>li quelle istanze dellamorale cristiana più strettamente influenzate dai presupposti e dai modellidi pensiero dell’Occidente. Il principale testo di riferimento è: B. HÄRING,Morale ed evangelizzazione del mondo di oggi. <strong>La</strong> morale dell’evangelizzazionee l’evangelizzazione della morale, Paoline, Roma 1974.28GS 54: EV 1/1495.29Cf. B. HÄRING, Etica medica, Paoline, Roma 1975 4 , 285-297 [orig. ted.:1972].30Cf. HÄRING, Liberi e fedeli, I, 203-214.31Cf. Ivi, 292-296.32Cf. B. HÄRING, Sociologia della famiglia a servizio della teologia e dellapastorale, Paoline, Roma 1962, 524-530 [orig. ted.: 1960]; ID., <strong>La</strong> legge diCristo. Trattato di teologia morale, III. Morale speciale. L’assenso alla sovranitàd’amore di Dio, Morcelliana, Brescia 1963 2 , 680-732 [orig. ted: 1961 6 ];ID., Liberi e fedeli, II, 190-245.33Cf. GS 53: EV 1/1493; GS 77: EV 1/1585.


462 GIUSEPPE QUARANTA3.2) Teologia morale e <strong>cultura</strong> nel pensiero di BernhardHäringDopo aver esaminato le opere di Häring e aver identificatoun preciso concetto di <strong>cultura</strong>, abbiamo intrapreso un ultimotratto del percorso: l’elaborazione di alcune linee di riflessionesistematica in grado di evidenziare la reciproca interazione trateologia morale e <strong>cultura</strong>. Questo è senza dubbio il risultato piùrilevante del nostro studio: la scoperta non solo di un concettodi <strong>cultura</strong> teoricamente sempre meglio definito, quanto di unavera e propria correlazione tra riflessione teologica e comprensionedel dato <strong>cultura</strong>le. Dagli scritti di Häring risulta, infatti,che se da un lato la <strong>cultura</strong> incide sulla teologia morale, provocandolaa rivedere i propri presupposti e le proprie conclusioni,dall’altro la teologia morale svolge una peculiare funzione diorientamento e di discernimento nei confronti della <strong>cultura</strong>, finalizzandoverso un ulteriore compimento quel dinamismo dipromozione dell’umanità che già le è proprio in quanto pienosviluppo dell’umano. Vediamo allora di esporre sinteticamenteil duplice versante della correlazione appena richiamata.3.2.1) L’incidenza della <strong>cultura</strong> sulla teologia moraleLimitando le nostre riflessioni al periodo conciliare e postconciliare,si potrebbe dire che la <strong>cultura</strong>, nei confronti dellateologia morale häringhiana, viene a svolgere la funzione di“fattore di contrasto” – cioè di “contestazione” e di “richiestaimplicita di modifica” dei propri asserti –, provocandola ad unasorta di “riposizionamento” che procede in due direzioni: innanzitutto verso la valorizzazione della propria specifica identitàcristiana (la secolarizzazione della <strong>cultura</strong>, infatti, ha erosoprofondamente la precedente “evidenza religiosa” di molteistanze morali); in secondo luogo verso il miglioramento dellacapacità di offrire orientamenti etici di fronte ai problemi moraliche lacerano la coscienza dell’uomo moderno. Si pensi, peresempio, all’enorme questione dello sviluppo scientifico e tecnologico.Häring, in linea con GS, mostra una peculiare sensibilitàper la <strong>cultura</strong> scientifica, dal momento che la consideracome un’istanza in grado di costringere la teologia morale a rivederemolti presupposti considerati indiscutibili fino ai primianni ’70 del Novecento. E questo proprio in forza dell’affermarsidi alcuni fattori di rilievo: a) una pesante sottrazione di con-


464 GIUSEPPE QUARANTAFrankl e, con Liberi e fedeli in Cristo, per la psicologia dell’etàevolutiva di Erikson e di Kohlberg).Entro questa logica di pensiero e di metodologia teologica,anche le altre principali questioni trattate da Häring trovano unaloro adeguata collocazione: da una parte, le problematiche connessecon la profonda crisi ecologica che investe l’Occidente, unfenomeno che invoca, sul piano <strong>cultura</strong>le, una profonda revisionesia della tradizionale concezione filosofica e teologica dei rapportitra uomo e ambiente (la cosiddetta “epistemologia del dominio”37 ), sia dei modelli consolidati di sviluppo economico e sociale38 ; dall’altra, l’attenzione per la pluralità delle culture rappresentauno stimolo a superare l’impronta prettamente eurocentricadella teologia morale, per non pregiudicare la capacità dellamorale cristiana di incontrare tanto le culture non-occidentali,quanto la nuova <strong>cultura</strong> dell’epoca contemporanea, compromettendocosì la missione evangelizzatrice della Chiesa 39 .3.2.2) L’incidenza della teologia morale sulla <strong>cultura</strong>Descritto il ruolo della <strong>cultura</strong> nei confronti della teologiamorale häringhiana, ora, in forza della correlazione menzionata,non possiamo tralasciare di sottolineare il contributo <strong>cultura</strong>ledell’etica teologica. Il nostro autore, infatti, lungi dal ritenereche la riflessione teologico-morale sia chiamata esclusivamentead integrare il dato <strong>cultura</strong>le, è fermamente convinto cheessa debba svolgere una funzione anche attiva e propositiva,ispirata al dinamismo creativo e orientativo proprio dell’Evangelo.In questa logica, sul versante rappresentato dalle istanzedella <strong>cultura</strong> scientifica, l’incidenza del pensiero di Häring, sicuramentein ombra per quanto riguarda gli aspetti normativi,è invece più rilevante sul terreno dei presupposti antropologici.37L’espressione è utilizzata da M.C. TALLACCHINI nel volume da lei curaroe intitolato Etiche della terra. Antologia di filosofia dell’ambiente, Vita ePensiero, Milano 1998, 8.38Cf. HÄRING, Liberi e fedeli, III, 217-219; 238-240.39I risultati di questo sforzo di confronto con culture non occidentaliconfluiscono sia nella trattazione dei problemi morali posti da alcune consuetudinimorali africane – poligamia, scioglimento dei matrimoni infecondi,matrimonio consuetudinario (cf. HÄRING, Morale ed evangelizzazione,198-223) – sia nell’attenzione per la sociologia dei costumi applicata allesocietà e alle culture occidentali (cf. HÄRING, Liberi e fedeli, III, 293-304).


LA CULTURA PIENO SVILUPPO DELL’UMANO 465Esso, infatti, si prefigge l’obiettivo di correggere il riduzionismoimplicito negli assunti sia delle scienze inerenti la salute e lamalattia, sia delle scienze psicologiche. Nei confronti delle primeil nostro autore, oltre a valorizzare gli asserti della medicinaantropologica (contenuti piuttosto sconosciuti al vasto pubblico,per lo meno al di fuori dell’ambiente <strong>cultura</strong>le tedesco), insistenel proporre una concezione integrale di salute e di benessereumano, comprendente, oltre agli aspetti biologici e psicologici,anche la naturale propensione religiosa, l’aspirazione alla libertàe l’esercizio della responsabilità 40 . Nei confronti della secondacategoria di scienze (più precisamente, nei confronti dellapsicoanalisi di matrice freudiana) Häring, anche in questocaso grazie alla mediazione offerta dalla logoterapia (assuntaprincipalmente in termini funzionali), sottolinea, invece, la necessitàdi non eliminare dall’orizzonte dell’esistenza il dinamismodei significati e dei valori, evitando così di appiattire il finalismoche caratterizza ogni azione dell’uomo nella ricercavuota e fine a se stessa del piacere e della felicità. Con questo, ilteologo redentorista riprende uno degli elementi che ha caratterizzatoil suo pensiero fin dagli anni giovanili (vedi il riferimentoalla filosofia scheleriana dei valori), riproponendolo però rivestitodel linguaggio psicologico che egli ritiene più congenialealla sensibilità dell’uomo a lui contemporaneo 41 .Quanto all’ecologia, Häring non si limita ad aggiornare iltradizionale approccio teologico per controbattere alle accusedi matrice ecologista rivolte contro una certa teologia dellacreazione. Egli piuttosto, dimostrando per l’ennesima volta spiritoe intuito da “pioniere”, formula le prospettive essenziali diun’etica cristiana dell’ambiente. <strong>La</strong> proposta del nostro teologo,calibrata sulla misura di un antropocentrismo sobrio e consapevole,funge da criterio di giudizio e di discernimento nei confrontidelle affermazioni più radicali della sensibilità ambientalista,evitando una recezione acritica e passiva di tendenze <strong>cultura</strong>lmenteattraenti, ma incompatibili con una corretta visionecristiana del problema <strong>42</strong> . Rispetto al dato della pluralità <strong>cultura</strong>-40Cf. HÄRING, Etica medica, 100.41Cf. Ivi, 288-290.<strong>42</strong>Cf. HÄRING, Liberi e fedeli, III, 227; 232-233; 235-236.


466 GIUSEPPE QUARANTAle, l’impostazione del discorso è di taglio prettamente teologico.Punto di riferimento per affrontare la spinosa questione rimanela seguente affermazione: “l’uomo che non è pervenuto alla fedein Cristo non ha ancora pienamente coscienza dell’origine, delcentro e dello scopo della propria esistenza” 43 . Si spiega in questitermini, allora, non solo la motivazione fondamentaledell’evangelizzazione, ma la convinzione che lo sforzo di conoscenza,di studio e di recezione delle molteplici sfaccettaturedei dati <strong>cultura</strong>li non può identificarsi con la dissoluzione dellamorale evangelica entro le forme di un ethos storicamente e<strong>cultura</strong>lmente situato. <strong>La</strong> morale cristiana, sebbene sia espressaed incarnata in molteplici e relative formulazioni concettuali,se ricondotta alla sorgente della vita in Cristo e alle esigenzeevangeliche più autentiche, conserva una propria trascendenzanei confronti delle istanze <strong>cultura</strong>li, permettendo di smascheraree – dove è possibile – anche di correggere quei tratti che possonomettere più seriamente a rischio l’integrità della persona edella convivenza umana.Quanto alla tematica della pace, infine, dobbiamo registrarel’assoluta singolarità della riflessione häringhiana. Seguendo illungo percorso compiuto dal nostro teologo in questo precisoambito di interesse, ci sembra che a tal proposito la sua teologiamorale svolga nei confronti della <strong>cultura</strong> un ruolo più propositivoe provocatorio di quanto accada in altri contesti. In altreparole, sono le istanze più tipicamente bibliche e teologiche(si pensi al Discorso della montagna) – pur se recuperate nel climadella <strong>cultura</strong> secolarizzata come antidoti contro la dissoluzionedell’identità specifica della morale cristiana – a contrastarei modelli etico-teologici del passato (si veda la teoria dellaguerra giusta) e a provocare prima la loro revisione e, in seguito,il loro abbandono in favore di un linguaggio e di una prassirinnovati nello spirito e nei contenuti (il linguaggio e la prassidella non violenza e della pace). L’etica della pace riveste così ilvalore di esempio paradigmatico del dinamismo creativodell’Evangelo e della sua capacità di fermentare, purificandola,la morale vissuta e pensata, non senza prima avere integratoquegli elementi di bene disseminati anche in differenti visioni<strong>cultura</strong>li e religiose, convogliandoli al servizio della dignità in-43HÄRING, Morale ed evangelizzazione, 48


LA CULTURA PIENO SVILUPPO DELL’UMANO 467tegrale dell’uomo (come mostra la valorizzazione di un elementotipico della spiritualità indù come il satyagraha 44 ).4) Per continuare il percorsoAl termine di questa sintetica presentazione del nostro libro,riconsiderando globalmente il lavoro teologico di Häring,si potrebbe richiamare una duplice – e per certi aspetti dialettica– serie di considerazioni. Per un verso ci sembra che il contributoapportato dal teologo redentorista alla valorizzazioneetico-teologica del dato <strong>cultura</strong>le mantenga intatta la sua validitàanche per la teologia morale attuale. Egli, infatti, mostra diprendere sul serio la convinzione che la <strong>cultura</strong>, in quanto pienosviluppo dell’umano, non può essere né del tutto trascuratadalla riflessione etica né considerata come un “argomento” tragli altri (come spesso, almeno nei manuali, è presentata, e cioèun tema di morale sociale). Il dato <strong>cultura</strong>le costituisce, invece,una questione che attraversa tutta la riflessione etico-teologica,sia in quanto codice interpretativo dell’esperienza umana, sia inquanto presupposto alla base delle stesse formulazioni concettuali(che sono di conseguenza da rivedere criticamente, se sivuole alleggerire la rigida astrattezza che, a volte, le caratterizzae liberare il loro potenziale di orientamento delle coscienze).Per un altro verso, però, siamo altrettanto consapevoli chela via aperta dal teologo redentorista e, insieme con lui, da diversialtri intellettuali cristiani di rilievo, non è più percorribile,almeno non nella stessa direzione e con i medesimi strumentiteorici. Il concetto di <strong>cultura</strong> mediato e utilizzato da Häring eda gran parte della teologia morale postconciliare non corrispondepiù a ciò che si intende (e si esperimenta) oggi per <strong>cultura</strong>45 . Per dirla con gli antropologi contemporanei, sembra or-44Cf. B. HÄRING, “Violenza e non violenza nel Discorso della montagna”,in M.L. ALGINI e Al. (a cura), <strong>La</strong> violenza dei cristiani, Cittadella, Assisi1969, 54-74; ID., Liberi e fedeli, III, 483-527; ID., <strong>La</strong> forza terapeutica della nonviolenza. Per una teologia pratica della pace, Paoline, Cinisello Balsamo (Mi)1987 [orig. ingl.: 1986].45L’osservazione si trova più volte ripetuta nelle pagine del dossier intitolatosignificativamente “Pensare la <strong>cultura</strong>”, in Rassegna Italiana diSociologia 45 (2004) 5-77.


468 GIUSEPPE QUARANTAmai acquistare una consistenza sempre maggiore la constatazioneche “le culture antropologiche, le società, ammesso che losiano mai state, non sono più quelle di un tempo, totalità organiche,integrate e condivise, ma si sono – oggi in misura notevolissima– dislocate, frammentate e mescolate” 46 . Nel contestodi un pervasivo processo di globalizzazione e delocalizzazione,infatti, si osserva da più parti come le culture “non sono più assegnabilia regioni, spazi, territori rigidamente definiti”; esse,invece, “deterritorializzandosi, si reinventano a contatto di altre,dando vita a nuove forme di produzione dell’identità” 47 . Eccopertanto spiegato il successo delle metafore di “flusso”, di“ibrido” e di “meticciato” richiamate dagli studiosi per suggerirela frammentazione e il rimescolamento delle culture 48 . Parimentisi assiste ad un altro fenomeno nuovo: il processo di individualizzazionedella <strong>cultura</strong>, in forza del quale non è esageratoaffermare la possibilità che l’individuo costruisca da sé il propriorepertorio <strong>cultura</strong>le e le proprie peculiari avventure formative,esperienziali e conoscitive 49 .Ora, il profondo mutamento nella concezione della <strong>cultura</strong>qui solamente abbozzato, può rivestire diversi significati. Se, dauna parte, esso può rivelarsi un efficace antidoto contro le rina-46V. MATERA, “Affianco alla <strong>cultura</strong>: l’«altro termine»”, in RassegnaItaliana di Sociologia 45 (2004) 66. Attribuendo un vero e proprio valoreprogrammatico alla decostruzione dell’idea di <strong>cultura</strong> com’è abitualmenteintesa, U. HANNERZ, uno dei maggiori antropologi contemporanei, scrive: “Sitratta di mettere in discussione un presupposto abituale, in antropologia ealtrove, vale a dire un particolare modo di intendere la <strong>cultura</strong> come significatocollettivo, socialmente organizzato – l’idea di <strong>cultura</strong> come qualcosa dicondiviso, nel senso di qualcosa di omogeneamente distribuito nellasocietà” (<strong>La</strong> complessità <strong>cultura</strong>le. L’organizzazione sociale del significato, IlMulino, Bologna 1998, 16-17 [orig. ingl.: 1992]). Per un sintetico ma efficaceinquadramento di questa innovativa comprensione della <strong>cultura</strong>, vedi:TANNER, “Criticism and reconstruction”, in ID., Theories of Culture, 38-58.47U. FABIETTI, “Il destino della «<strong>cultura</strong>» nel traffico delle culture”, inRassegna Italiana di Sociologia 45 (2004) 45.48Cf. HANNERZ, <strong>La</strong> complessità <strong>cultura</strong>le, 344; D. PETROSINO, “Pluralismo<strong>cultura</strong>le, identità, ibridismo”, in Rassegna Italiana di Sociologia 45 (2004)389-418.49Cf. MATERA, “Affianco alla <strong>cultura</strong>”, 71; G. ROSE, “Luogo e identità: unsenso del luogo”, in D. MASSEY-P. JESS (a cura), Luoghi, culture e globalizzazione,Utet, Torino 2001, 94-95 [orig. ingl.: 1995].


LA CULTURA PIENO SVILUPPO DELL’UMANO 469scenti “esagerazioni della <strong>cultura</strong>” (vale a dire le visioni che enfatizzanola superata idea di <strong>cultura</strong> e di culture al serviziodell’etnocentrismo o del nazionalismo in alcuni casi, o del relativismoesasperato in altri, o dell’esercizio di un potere <strong>cultura</strong>ledi tipo egemonico in altri ancora) 50 , dall’altra, procedendo inquesto modo, si rischia di immobilizzare l’analisi <strong>cultura</strong>le,complessificando in maniera esponenziale lo sforzo di offrireuna lettura competente e critica dei fenomeni <strong>cultura</strong>li che le èpeculiare. Tornando all’etica teologica, riteniamo imprescindibilela necessità di aggiornare il concetto di <strong>cultura</strong>. Se si vuoleavviare e realizzare anche in teologia morale quell’attento discernimentoevangelico sempre più spesso auspicato dal magisteroecclesiale, diventa necessario non fossilizzarsi su di unastrumentazione concettuale superata. Pur senza lasciarsi abbagliaredalle mode del momento, diventa necessario evitare il rischioche la teologia continui a riflettere sull’esperienza moralesottostimando quella fitta rete di significati e di forme espressivedetta “<strong>cultura</strong>” 51 . Da parte nostra, quindi – ed è la conclusionealla quale siamo pervenuti svolgendo questo studio – vorremmoindicare nella <strong>cultura</strong> un ambito meritevole di ulterioreapprofondimento. Ne va della possibilità stessa di dotarsi diuna descrizione comprensibile di che cosa è l’uomo e, di conseguenza,della possibilità che la teologia continui a svolgere ilcompito che le è peculiare, quello cioè di stabilire “una correlazionecritica e mutua tra l’interpretazione della tradizione cristianae l’interpretazione della nostra esperienza umana contemporanea”52 .GIUSEPPE QUARANTA50Cf. FABIETTI, “Il destino della «<strong>cultura</strong>»”, 44.51A quest’idea fondamentale si riferisce la definizione “semiotica” di<strong>cultura</strong> proposta da C. GEERTZ, Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna1998, 11 [orig. ingl.: 1963].52C. GEFFRÉ, Le christianisme au risque de l’interprétation, Cerf, Paris1988 2 , 9.


LA CULTURA PIENO SVILUPPO DELL’UMANO 470—————The author recently completed his doctorate in Moral Theologyat the Alphonsian Academy.El autor defendiò recientemente su tesis de doctorado enTeología Moral, en la Accademia Alfonsiana.—————

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!