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APPUNTI di NEUROSCIENZE - Studio Psicologia Mantova

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Il presente manuale è stato preparato ed e<strong>di</strong>to da Richard Morris (Università <strong>di</strong> E<strong>di</strong>mburgo) e da MarianneFillenz (Università <strong>di</strong> Oxford) grazie alla British Neuroscience Association ed alla European Dana Alliance for theBrain. Il progetto grafico è a cura <strong>di</strong> Jane Grainger (Grainger Dunsmore Design Stu<strong>di</strong>o, E<strong>di</strong>mburgo). Siamodebitori, per il loro contributo, ai nostri colleghi della Divisione <strong>di</strong> Neuroscenze, in particolare a Victoria Gill, eagli altri del gruppo <strong>di</strong> neuroscienze <strong>di</strong> E<strong>di</strong>mburgo. Un grazie anche ai membri del Dipartimento <strong>di</strong> Fisiologiadell‛Università <strong>di</strong> Oxford, in particolare a Colin Blakemore, e all‛aiuto dato da tutti gli altri colleghi <strong>di</strong> altreistituzioni il cui nome è elencato nella quarta <strong>di</strong> copertina.La British Neuroscience Association (BNA) è l‛or<strong>di</strong>ne professionale del Regno Unito che rappresenta ineuroscienziati e che si pro<strong>di</strong>ga per una miglior conoscenza della fisiologia e della patologia del Sistema Nervoso.I suoi membri comprendono scienziati esperti, titolari <strong>di</strong> cattedre universitarie o <strong>di</strong> incarichi in Istituti <strong>di</strong>Ricerca ma anche studenti neolaureati. Le riunioni annuali della BNA, che si svolgono solitamente in primavera,costituiscono la sede in cui vengono presentati gli stu<strong>di</strong> più recenti. Molti gruppi locali, sparsi in tutto il paese,tengono spesso dei seminari e organizzano attività per un pubblico non esperto, quali visite nelle scuole o mostrenei musei locali. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito: http://www.bna.org.uk/Lo scopo dell‛ European Dana Alliance for the Brain (EDAB) è quello <strong>di</strong> informare il vasto pubblico e i <strong>di</strong>rigenti <strong>di</strong>vari settori sull‛importanza della ricerca sul cervello. EDAB si prefigge <strong>di</strong> migliorare la conoscenza circa i possibilibenefici, pubblici e privati, delle neuroscienze e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere la conoscenza del funzionamento del cervello edelle sue malattie in modo scientifico e al contempo <strong>di</strong>vulgativo. Milioni <strong>di</strong> persone <strong>di</strong> ogni età sono colpite damalattie neurologiche e psichiatriche che creano un notevole impatto sull‛economia nazionale. Per cercare <strong>di</strong>superare questo problema, nel 1997, settanta fra i maggiori neuroscienziati europei hanno sottoscritto unaDichiarazione <strong>di</strong> Intenti sull‛importanza delle neuroscienze e sui fini raggiungibili da parte della ricerca con loscopo <strong>di</strong> migliorare la conoscenza delle malattie cerebrali. Da allora, molti altri scienziati si sono aggiunti algruppo, che attualmente rappresenta 24 nazioni europee. L‛EDAB conta più <strong>di</strong> 125 membri. Per ulterioriinformazioni è possibile consultare il sito: http://www.edab.net/La Società Italiana <strong>di</strong> Neuroscienze (SINS) ha come scopo principale quello <strong>di</strong> favorire l‛approfon<strong>di</strong>mentodelleconoscenze del Sistema Nervoso e dei processi che sono alla base del comportamento, tramite un comune sforzo <strong>di</strong>ricercatori che operano anche in campi <strong>di</strong>versi e la facilitazione dell'integrazione delle ricerche, anche al fine <strong>di</strong>giovare alla salute dell'uomo. Essa è inoltre impegnata nel promuovere l'informazione e la formazione culturale escientifica nel campo delle Neuroscienze. Il sito internet è all‛in<strong>di</strong>rizzo: http://www.sins.itE<strong>di</strong>zione Inglese <strong>di</strong>: The British Neuroscience AssociationThe Sherrington Buil<strong>di</strong>ngsAshton StreetLiverpool L69 3GEUKCopyright International Brain Research Organization(IBRO) 2005Questo manuale è protetto da copyright. Ad eccezione <strong>di</strong>risoluzioni statutarie <strong>di</strong>verse o <strong>di</strong> accor<strong>di</strong> a favore <strong>di</strong>importanti finalità collettive, è vietata la riproduzioneanche parziale senza l‛autorizzazione scritta della IBROE<strong>di</strong>zione italiana a cura del Comitato per la Promozionedelle Neuroscienze. Via Fleming 22, 34127 Trieste, con lacollaborazione del Centro inter<strong>di</strong>partimentale BRAIN(Basic Research And Integrative Neuroscience)dell‛Università <strong>di</strong> Trieste, ItaliaSeconda e<strong>di</strong>zione italiana: 2010ISBN: 978-88-90483-80-6


Neuroscienze: la Scienza del Cervello1 Il Sistema Nervoso P22Neuroni e potenzialed‛azioneP43 Messaggeri chimici P74 Droghe e cervello P95 Tatto e dolore P116 Visione P147 Movimento P198Sviluppo del SistemaNervosoP229 Dislessia P2510 Plasticità neurale P2711Memoria eappren<strong>di</strong>mentoP3012 Stress P3513Cervello e sistemaimmunitarioP3714 Sonno P3915 Neuroimmagini P411617Reti neurali e mentiartificialiSe le cose non vannoper il giusto versoP44P4718 Neuroetica P521920Formazione eprofessioneLetture <strong>di</strong>approfon<strong>di</strong>mento eringraziamentiP54P56Un organo stupefacente che pesa circa 1.5 kg ed è formato da miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong>piccole cellule è situato dentro la nostra testa. Esso ci consente <strong>di</strong> percepireil mondo attorno a noi, <strong>di</strong> pensare e <strong>di</strong> parlare. Il cervello umano è l‛organo piùcomplesso dell‛intero corpo e, verosimilmente, l‛oggetto più complesso almondo. Questo manuale serve da introduzione alla sua conoscenza.In questo manuale verranno descritte le nostre attuali conoscenze sulfunzionamento del cervello e quanto ancora ci sia da imparare sull‛argomento.Lo stu<strong>di</strong>o del cervello ha coinvolto scienziati e me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> varie specialità, chevanno dalla biologia molecolare alla psicologia sperimentale, attraverso<strong>di</strong>scipline quali l‛anatomia, la fisiologia e la farmacologia. Gli interessicon<strong>di</strong>visi hanno condotto ad una nuova <strong>di</strong>sciplina chiamata neuroscienze - lascienza del cervello.Il cervello può fare molto ma non tutto. E‛ costituito da cellule nervose – isuoi mattoni – che sono connesse fra loro in forma <strong>di</strong> reti. Queste reti sonoin costante stato <strong>di</strong> attivazione elettrica e chimica. Il cervello può vedere epercepire. Può avvertire dolore e le sue reazioni chimiche lo aiutano nelcontrollarne gli spiacevoli effetti. Possiede numerose aree de<strong>di</strong>cate acoor<strong>di</strong>nare i nostri movimenti al fine <strong>di</strong> espletare azioni complesse. Uncervello in grado <strong>di</strong> fare queste e molte altre cose non nasce completamenteformato ma si sviluppa gradualmente: prenderemo in considerazione alcuni deiprincipali processi genetici coinvolti nel suo sviluppo. Il malfunzionamento <strong>di</strong>uno o più <strong>di</strong> questi processi, può causare con<strong>di</strong>zioni quali, a esempio, la<strong>di</strong>slessia. Esistono inoltre somiglianze tra il modo in cui si sviluppa il cervelloe i meccanismi che compaiono più tar<strong>di</strong>vamente, responsabili dellemo<strong>di</strong>ficazioni delle connessioni tra le cellule: si tratta <strong>di</strong> un processo definitoplasticità neurale. Si ritiene che la plasticità stia alla base dell‛appren<strong>di</strong>mentoe della memoria. Il nostro cervello può ricordare i numeri telefonici e ciò cheabbiamo fatto il Natale scorso. Purtroppo, soprattutto per un cervello chericorda le ricorrenze familiari, non mangia e non beve. E‛ quin<strong>di</strong> un po‛limitato. Ma subisce lo stress, come facciamo noi tutti, mo<strong>di</strong>ficando alcunimeccanismi ormonali e molecolari che possono condurre ad un‛ansia eccessiva,come quella che provano molti <strong>di</strong> noi all‛approssimarsi <strong>di</strong> un esame. C‛è unmomento in cui il sonno è importante, così gli lasciamo godere il riposo <strong>di</strong> cuinecessita. Sfortunatamente, il cervello può anche ammalarsi o subire traumi.Nuove tecniche come gli elettro<strong>di</strong> in grado <strong>di</strong> esplorare la superficie <strong>di</strong> unacellula, le immagini ottiche, le apparecchiature per le scansioni cerebrali e ichip al silicio contenenti reti neurali artificiali, stanno oggi cambiando il voltodelle neuroscienze. Vi presenteremo queste novità considerando anche alcunedelle loro implicazioni etiche e sociali.Per chiedere ulteriori copie: centro inter<strong>di</strong>partimentale BRAIN (Basic Research And Integrative Neuroscience)dell‛Università <strong>di</strong> Trieste: brain@units.it


Il Sistema NervosoL‛architettura dei neuroni consiste in un corpocellulare e in due serie <strong>di</strong> strutture ad<strong>di</strong>zionali dette“processi”. Una <strong>di</strong> queste strutture è costituita dagliassoni; il loro compito è quello <strong>di</strong> trasmetterel‛informazione da un neurone ad altri neuroniconnessi con il primo. L‛altra struttura è costituitadai dendriti che hanno il compito <strong>di</strong> riceverel‛informazione trasmessa dagli assoni <strong>di</strong> altri neuroni.Entrambe queste formazioni entrano a far parte <strong>di</strong>strutture <strong>di</strong> contatto specializzate chiamate sinapsi(ve<strong>di</strong> Capitoli 2 – Il potenziale d‛azione e 3 - Imessaggeri chimici). I neuroni sono organizzati incatene complesse e reti che costituiscono le vieattraverso le quali l‛informazione viene trasmessaall‛interno del sistema.Il Sistema Nervoso Centrale dell‛uomo compostodal cervello e dal midollo spinaleStruttura <strong>di</strong> baseIl sistema nervoso è costituito dal cervello, dalmidollo spinale e dai nervi periferici. E‛ compostoda cellule nervose, dette neuroni, e da cellule <strong>di</strong>sostegno dette cellule gliali.Esistono tre tipi principali <strong>di</strong> neuroni. I neuronisensitivi sono associati a recettori specializzati perrilevare e per rispondere ai vari stimoli dell‛ambienteinterno ed esterno. I recettori sensibili aicambiamenti <strong>di</strong> luminosità e <strong>di</strong> suono o agli stimolimeccanici e chimici, sottendono le modalità sensorialidella visione, dell‛u<strong>di</strong>to, del tatto, del gusto edell‛olfatto. Quando stimoli cutanei meccanici, termicio chimici superano una data intensità, possonodanneggiare i tessuti e attivare un‛insieme particolare<strong>di</strong> recettori, detti nocicettori, che innescano sia iriflessi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa che la sensazione <strong>di</strong> dolore (ve<strong>di</strong>capitolo 5 - Tatto e Dolore). I motoneuroni, checontrollano l‛attività dei muscoli, sono responsabili <strong>di</strong>tutte le forme <strong>di</strong> comportamento, compreso illinguaggio. Interposti tra i neuroni sensitivi e imotoneuroni vi sono gli interneuroni che costituisconoil gruppo più numeroso (nel cervello umano). Gliinterneuroni me<strong>di</strong>ano i riflessi semplici ma sono ancheimplicati nelle funzioni cerebrali superiori. Le cellulegliali, a lungo ritenute avere una semplice funzione <strong>di</strong>sostegno dei neuroni, sono ora note per il loroimportante contributo allo sviluppo del sistemanervoso e al suo funzionamento nell‛adulto. Benchémolto più numerose, esse non trasmettonoinformazioni come i neuroni.Il cervello e il midollo spinale sono connessi airecettori sensitivi e ai muscoli tramite lunghi assoniche formano i nervi periferici. Il midollo spinale hadue funzioni: è la sede dei riflessi elementari qualiquello <strong>di</strong> estensione del ginocchio e <strong>di</strong> retrazione <strong>di</strong>un arto da uno stimolo calorico o puntorio, ma anche<strong>di</strong> riflessi più complessi costituendo una sorta <strong>di</strong>autostrada tra corpo e cervello sulla quale leinformazioni viaggiano in entrambe le <strong>di</strong>rezioni.La struttura <strong>di</strong> base del sistema nervoso è la stessain tutti i mammiferi. Ciò che <strong>di</strong>stingue il cervellodell‛uomo è la sua <strong>di</strong>mensione relativamente grande inrapporto a quella del corpo. Ciò è dovuto all‛enormeincremento del numero degli interneuroni nel corsodell‛evoluzione, che ha dato all‛uomoun‛incommensurabile capacità <strong>di</strong> risposta agli stimoli.Anatomia del CervelloIl cervello è composto dal tronco encefalico e dagliemisferi cerebrali.Il tronco encefalico comprende il rombencefalo, ilmesencefalo e parte del <strong>di</strong>encefalo (letteralmente “inmezzo ai due emisferi”). Il rombencefalo è unprolungamento del midollo spinale. Contiene retineurali che costituiscono i centri <strong>di</strong> controllo dellefunzioni vitali come quelli per la regolazione dellarespirazione e della pressione sanguigna. Tra le<strong>di</strong>verse reti neurali ve ne sono alcune la cui attivitàcontrolla tali funzioni.Dal tetto del rombencefalo si <strong>di</strong>stacca il cervelletto,che gioca un ruolo centrale nel controllo dellacoor<strong>di</strong>nazione motoria (ve<strong>di</strong> Capitoli 7 - Il movimentoe 9 - La <strong>di</strong>slessia).Il mesencefalo contiene vari nuclei <strong>di</strong> neuroni: tuttiproiettano verso gli emisferi cerebrali, anche seciascuno sembra usare in modo preferenziale unparticolare tipo <strong>di</strong> messaggero chimico. Si ritiene chequesti nuclei siano in grado <strong>di</strong> modulare l‛attività <strong>di</strong>altri neuroni posti in altri centri cerebrali superiori,in grado <strong>di</strong> me<strong>di</strong>are funzioni quali il sonno, l‛attenzione2


Il cervello umano visto da sopra, da sotto e <strong>di</strong> lato.o il meccanismo <strong>di</strong> punizione-ricompensa. Il <strong>di</strong>encefalo,che si continua ancora anteriormente al troncodell‛encefalo, comprende due aree pricipali, denominatetalamo e ipotalamo: il talamo invia gli impulsiprovenienti dai sistemi sensoriali alla corteccia che, asua volta, invia messaggi <strong>di</strong> ritorno al talamo. Questamodalità <strong>di</strong> andata-ritorno delle connessioni cerebrali èmolto interessante: l‛informazione non viaggia dunque inun sol senso. L‛ipotalamo controlla svariate funzionicome la fame e la sete e regola anche il rilascio degliormoni coinvolti nelle funzioni sessuali.Gli emisferi cerebrali comprendono una zona centrale,i gangli della base, e un ampio e sottile strato <strong>di</strong>neuroni circostante che forma la materia grigia dellacorteccia cerebrale. I gangli della base giocano unruolo centrale nell‛avvio e nel controllo dei movimenti(ve<strong>di</strong> Capitolo 7 - Il movimento). Contenuta nellospazio limitato del cranio, la corteccia cerebrale èripiegata molte volte su se stessa per fornire lasuperficie più vasta possibile allo strato neuronale. Lacorteccia è l‛area cerebrale maggiormente sviluppatanell‛uomo, quattro volte più che nel gorilla. Vienesud<strong>di</strong>visa in molte aree più piccole, ciascuna<strong>di</strong>stinguibile per <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> strati e connessioni. Lefunzioni <strong>di</strong> molte <strong>di</strong> queste aree sono note, come quelledell‛area visiva, u<strong>di</strong>tiva e olfattiva, o dell‛area sensitivacui giungono le afferenze cutanee (detta areasomoestesica) e <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse aree motorie. Le vie chevanno dai recettori sensitivi alla corteccia e quelledalla corteccia ai muscoli si incrociano. Perquesto, i movimenti del lato destro del corpo sonocontrollati dalla parte sinistra della corteccia e viceversa. Allo stesso modo, la parte sinistra del corpomanda segnali sensitivi all‛emisfero destro cosicché, aesempio, i suoni che provengono dall‛orecchio sinistroraggiungono principalmente la corteccia destra. Ciònonostante, le due metà del cervello non lavoranoseparatamente, in quanto la corteccia cerebraledestra e quella sinistra sono collegate da un largofascio <strong>di</strong> fibre detto corpo calloso.Il padre delle moderneneuroscienze, Ramon y Cajal,al suo microscopio nel 1890.Veduta laterale delcervello in<strong>di</strong>cante la<strong>di</strong>visione tra gliemisferi cerebrali e iltronco-encefaloun‛estensione del qualecostituisce il cervellettoEmisfero CerebraleCervellettoTronco-encefaloSezione frontale delcervello in<strong>di</strong>cante iltalamo e l‛ipotalamoTalamoipotalamoSezione frontale delcervello in<strong>di</strong>cante igangli della base e ilcorpo callosoEmisfero CerebraleCorpo CallosoGangli della baseLa corteccia cerebrale è necessaria per le azionivolontarie, per il linguaggio e per le funzioni superioricome il pensiero e la memoria. Molte <strong>di</strong> queste funzionivengono compiute da entrambi gli emisferi mentrealcune sono lateralizzate ad uno soltanto. Sono stateidentificate alcune aree coinvolte in alcune funzionisuperiori come quella del linguaggio che è lateralizzataa sinistra nella maggior parte delle persone. C‛è peròancora molto da imparare, soprattutto riguardo adalcuni argomenti affascinanti come la coscienza. Lostu<strong>di</strong>o delle funzioni corticali è quin<strong>di</strong> una delle areepiù interessanti e produttive delle neuroscienze.La prima immagine<strong>di</strong> Cajal <strong>di</strong> unneurone e dei suoidendriti.Disegno <strong>di</strong> Cajalrappresentante ineuroni delcervelletto.Siti Internet: http://science.howstuffworks.com/brain.htm http://faculty.washington.edu/chudler/neurok.htmlhttp://psych.hanover.edu/Krantz/neurotut.html3


Neuroni epotenzialed‛azioneChe siano sensoriali o motori, piccoli o gran<strong>di</strong>, ineuroni hanno tutti in comune il fatto che la loroattività è sia elettrica che chimica. I neuronicooperano e competono l‛uno con l‛altro nel regolarelo stato complessivo del sistema nervoso, all‛incircanello stessi modo in cui gli in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> una societàcollaborano e competono nel prendere una decisionecomune. I segnali chimici giunti ai dendriti dagliassoni con cui sono a contatto vengono trasformatiin segnali elettrici, che si sommano o si sottraggonoai segnali elettrici che vengono ricevuti da tutte lealtre sinapsi, determinando così la decisione <strong>di</strong>propagare o meno il segnale risultante verso unanuova destinazione. In questo caso, i potenzialielettrici viaggiano lungo l‛assone verso le sinapsiposte sui dendriti del neurone a<strong>di</strong>acente ed ilprocesso si ripete.Il neurone <strong>di</strong>namicoCome descritto nel capitolo precedente, unneurone è composto da dendriti, un corpocellulare, un assone e terminazioni sinaptiche.3 <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> neuroniQuesta struttura riflette la sud<strong>di</strong>visione dellefunzioni <strong>di</strong> ricezione, integrazione e trasmissione inparti <strong>di</strong>verse. Possiamo <strong>di</strong>re che il dendrite riceve, ilcorpo cellulare integra e l‛assone trasmette: questoconcetto è detto polarizzazione, poiché si suppone chel‛informazione che i neuroni elaborano vada in una sola<strong>di</strong>rezione.Dendriti Corpo cellulare Assone SinapsiRicezione Integrazine Transmissionemotoneurone spinale cellula piramidale cellula cerebellare <strong>di</strong> PurkinjecorpoassonecorpoassoneTre <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> neuronicorpoassoneAll‛interno dei neuroni si trovano vari compartimenticostituiti da proteine prodotte principalmente nel corpocellulare che vengono trasportate lungo il citoscheletro.Delle piccole protuberanze, dette spine dendritiche,fuoriescono dai dendriti e costituiscono il luogo in cuigli assoni creano la maggior parte delle loro connessioniin ingresso. Le proteine trasportate verso le spine sonoimportanti per creare e mantenere la connettivitàneuronale. Queste proteine sono costantementerinnovate, venendo sostituite con nuove proteine quandohanno svolto il loro compito. Questo processo habisogno <strong>di</strong> energia per essere svolto: all‛interno dellecellule esistono dei veri e propri generatori <strong>di</strong> energia (imitocondri) che permettono all‛insieme <strong>di</strong> funzionare.Le estremità degli assoni reagiscono inoltre ad alcunemolecole dette fattori <strong>di</strong> crescita che vengonoassorbiti e trasportati al corpo cellulare, doveinfluenzano l‛espressione dei geni neuronali e,conseguentemente, la produzione <strong>di</strong> nuove proteine checonsentono al neurone <strong>di</strong> far crescere dendriti piùlunghi o <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare in maniera <strong>di</strong>namica la propriaforma e la propria funzione. Le informazioni, ilnutrimento e i messaggeri scorrono in ogni istante da everso il corpo centrale.Il concetto chiave del neuroneCome ogni altra struttura, il neurone deve esseredelimitato da qualcosa. La parete esterna dei neuroniè una membrana costituita da sostanza grassa, avvoltaattorno ad un citoscheletro costituito da bacchette <strong>di</strong>proteine tubulari e filamentose che si estendonoanche nei dendriti e negli assoni. La strutturarisultante assomiglia ad una tessuto teso ed avvoltointorno all‛intreccio dei tubi <strong>di</strong> un telaio. Le <strong>di</strong>verseparti <strong>di</strong> un neurone sono in continuo movimento, con unprocesso <strong>di</strong> riassestamento che riflette la loro stessaattività e quella dei neuroni circostanti.I dendriti cambiano forma, creando nuove connessionied eliminandone altre, e l‛assone aumenta o <strong>di</strong>minuiscele sue terminazioni se il neurone intende comunicarecon i suoi consimili a voce più alta o più bassa.Le piccolo protuberanze ver<strong>di</strong> costituiscono le spinedendritiche che sporgono dai dendrite <strong>di</strong> un neurone.A questo livello si trovano localizzate le sinapsi.4


Ricevere e decidereSul lato ricevente della cellula, i dendriti hanno stretticontatti con gli assoni provenienti da altri neuroni.Ciascun contatto avviene alla minuscola <strong>di</strong>stanza<strong>di</strong> circa 20 miliardesimi <strong>di</strong> metro. Un dendrite puòricevere contatti da una, alcune o persino centinaia <strong>di</strong>altre cellule neuronali. Questi punti <strong>di</strong> giunzione sonodetti sinapsi, che in greco antico significa “unireassieme”. La maggior parte delle sinapsi nella cortecciaIl potenziale d‛azionePer portare il messaggio da un neurone all‛altro, il segnaledeve anzitutto percorrere la <strong>di</strong>stanza dal corpo cellularealla terminazione assonica attraverso l‛intero assone.Come fanno i neuroni a far sì che questo avvenga? Larisposta consiste nell‛utilizzare l‛energia immagazzinatacome variazioni fisiche e chimiche e nel sommarne laforza per ottenere un risultato utile. Gli assonitrasmettono impulsi elettrici detti potenziali d‛azioneche viaggiano lungo le fibre nervose come l‛onda formatada una corda per saltare.cerebrale è situata sulle spine dendritiche chefuoriescono come piccoli microfoni in cerca <strong>di</strong> segnalimolto deboli. La comunicazione fra le cellule nervoseattraverso questi contatti puntiformi è dettatrasmissione sinaptica e coinvolge un processo chimicoche verrà descritto nel prossimo capitolo. Quando idendriti ricevono un messaggero chimico che è statoemesso da un assone ed ha superato la <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong>giunzione, all‛interno della spina dendritica si generauna minuscola corrente elettrica. Generalmente sitratta <strong>di</strong> correnti che si apprestano ad entrare nellacellula, e sono dette eccitatorie; se invece si tratta<strong>di</strong> correnti che si <strong>di</strong>rigono verso l‛esterno della cellula,sono dette inibitorie. Tutte queste onde positive enegative <strong>di</strong> corrente si accumulano nei dendriti e<strong>di</strong>ffondono poi verso il corpo cellulare. Se non sonosufficientemente intense, queste correnti sonodestinate a <strong>di</strong>ssolversi e non portano ad alcun effetto.Se, al contrario, l‛intensità <strong>di</strong> queste correnti supera uncerto valore soglia, il neurone trasmetterà unmessaggio ad altri neuroni.Ciò avviene in quanto le membrane assonali contengonocanali ionici che si aprono e si chiudono lasciandopassare gli ioni carichi elettricamente. Alcuni canalilasciano passare ioni so<strong>di</strong>o (Na+), altri ioni potassio (K+).Quando i canali si aprono, gli ioni Na+ o K+ fluiscono,spinti dal gra<strong>di</strong>ente chimico ed elettrico, all‛interno overso l‛esterno della cellula, in risposta alladepolarizzazione elettrica della membrana.millivoltCanali so<strong>di</strong>oapertiCanali potassioapertipotenziale a riposoIl neurone è pertanto una sorta <strong>di</strong> calcolatore inminiatura che esegue ad<strong>di</strong>zioni e sottrazioni senzasosta. Ciò che viene aggiunto e sottratto sono imessaggi che provengono da altri neuroni. Alcunesinapsi producono eccitazione, altre inibizione, ed ilmodo in cui questi segnali costituiscono la base per lesensazioni, i movimenti ed il pensiero <strong>di</strong>pendono moltoda com‛è fatta la rete in cui i neuroni sono situati.Il potenziale d‛azionemillisecon<strong>di</strong>5


Quando il potenziale d‛azione ha inizio nel corpocellulare, i primi canali ad aprirsi sono quelli Na+. Unflusso <strong>di</strong> ioni so<strong>di</strong>o si precipita dentro la cellula edentro un millisecondo si viene a stabilire un nuovoequilibrio. In un batter d‛occhio, il voltaggiotransmembranario si mo<strong>di</strong>fica <strong>di</strong> circa 100 mV,passando da un valore negativo all‛interno dellamembrana (circa -70 mV) ad uno positivo (circa +30mV). Questa variazione fa aprire i canali K+, consenteal flusso <strong>di</strong> ioni potassio <strong>di</strong> uscire dalla cellula in modoquasi altrettanto rapido <strong>di</strong> quello degli ioni Na+ cheerano entrati, provocando il ritorno del potenziale <strong>di</strong>membrana all‛interno della cellula alla negativitàoriginale. Il potenziale <strong>di</strong> membrana si esaurisce in untempo inferiore a quello necessario per accendere espegnere un interruttore. Va notato che soltantopochi ioni attraversano la membrana cellulare e laconcentrazione citoplasmatica <strong>di</strong> ioni Na+ e K+ noncambia significativamente durante il verificarsi delpotenziale d‛azione. Nel lungo tempo, tuttavia, gli ionisono mantenuti in equilibrio dalle pompe ioniche, il cuicompito è quello <strong>di</strong> espellere l‛eccesso <strong>di</strong> ioni so<strong>di</strong>o. Ilmeccanismo è comparabile a ciò che avviene quando,per una piccola falla nello scafo, si sgotta con unsecchio per mantenere in equilibrio la pressioneesterna dell‛acqua impedendo alla barca <strong>di</strong> affondare.Il potenziale d‛azione è un fenomeno elettrico, anchese complesso. Le sottili fibre nervose si comportanocome conduttori elettrici (anche se in modo moltomeno efficace <strong>di</strong> un unico grosso cavo): il potenzialed‛azione generato in un punto crea un gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong>voltaggio tra la membrana attiva e quella a riposo adessa a<strong>di</strong>acente. In questo modo il potenziale d‛azione sipropaga attivamente come un‛onda <strong>di</strong> depolarizzazioneda un capo all‛altro della fibra nervosa.Una metafora utile per comprendere la conduzionedel potenziale d‛azione è quella dello spostamentodelle scintille lungo una girandola pirotecnica dopo cheè stata accesa ad una estremità. L‛innesco scatenauna rapida serie <strong>di</strong> scintille (che equivalgono al flusso<strong>di</strong> ioni attraverso la membrana dell‛assone nel sito <strong>di</strong>origine del potenziale d‛azione), ma la successivapropagazione delle scintille è molto più lenta. Lacaratteristica stupefacente della fibra nervosa è che,dopo un breve periodo silente (periodo refrattario) lamembrana recupera la sua capacità <strong>di</strong> produrrescintille, rendendo l‛assone <strong>di</strong> nuovo pronto atrasmettere un nuovo potenziale d‛azione.Molte <strong>di</strong> queste conoscenze sono note da 60 anni e sibasano su mirabili esperimenti condotti su alcunecreature marine che hanno neuroni ed assoni giganti.Le gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> queste cellule hanno consentitoagli scienziati <strong>di</strong> introdurre al loro interno sottilielettro<strong>di</strong> per misurarne le variazioni del voltaggioelettrico. Una moderna tecnica <strong>di</strong> registrazione, dettapatch-clamping permette oggi ai neuroscienziati <strong>di</strong>stu<strong>di</strong>are il passaggio degli ioni attraverso i rispettivicanali in tutti i tipi <strong>di</strong> neuroni, ottenendo misure moltoaccurate dei potenziali in cervelli molto simili ai nostri.Isolare gli assoniLungo molti assoni, il potenziale d‛azione si trasmettecon una certa facilità ma non molto velocemente,mentre in altri salta letteralmente lungo il nervo. Ciò siverifica in quanto lunghe porzioni dell‛assone sonoavvolte da una sostanza lipi<strong>di</strong>ca isolante, composta dallamembrana stirata delle cellule gliali, la guaina mielinica.Frontiere della ricercaLe fibre nervose qui sopra (quelle viola costituiscono gliassoni) sono contenute dalle cellule <strong>di</strong> Schwann (in rosso)che isolano la conduzione elettrica del nervo dall‛ambientecircostante. I colori sono dovuti a sostanze fluorescentiche evidenziano un nuovo complesso proteico <strong>di</strong> recentescoperto, la <strong>di</strong>sgregazione del quale causa una malattiaere<strong>di</strong>taria che provoca un‛atrofia muscolare.Nuovi stu<strong>di</strong> descrivono le proteine che compongono laguaina mielinica. Questo strato isolante serve a<strong>di</strong>mpe<strong>di</strong>re che le correnti ioniche si <strong>di</strong>sperdanoall‛esterno, ma lascia tuttavia scoperte piccole zone <strong>di</strong>membrana dove si concentrano i canali ionici Na+ e K+.Questi agglomerati <strong>di</strong> canali ionici fungono daamplificatori che scatenano e mantengono il potenzialed‛azione come se saltasse realmente lungo il nervo avelocità anche molto elevata. Nelle fibre mieliniche,infatti, il potenziale d‛azione può raggiungere lavelocità <strong>di</strong> 100 metri al secondo!Il potenziale d‛azione ha la proprietà caratteristica <strong>di</strong>essere <strong>di</strong> tipo tutto-o-nulla: quello che varia non è lasua <strong>di</strong>mensione, ma la sua frequenza <strong>di</strong> scarica. Perquesto, l‛unico modo in cui una singola cellula puòco<strong>di</strong>ficare la potenza o la durata <strong>di</strong> uno stimolo ètramite la variazione <strong>di</strong> frequenza del potenzialed‛azione. Gli assoni più rapi<strong>di</strong> possono condurre ilpotenziale d‛azione fino a frequenze <strong>di</strong> 1000 al secondo.Alan Hodgkin e AndrewHuxley hanno vinto il PremioNobel per la scoperta delmeccanismo <strong>di</strong> trasmissionedell‛impulso nervoso, utilizzandol‛ "assone gigante" del calamaroper le loro ricerche presso ilLaboratorio <strong>di</strong> biologia Marina<strong>di</strong> Plymouth.6Siti Internet: http://psych.hanover.edu/Krantz/neurotut.htmlhttp://www.neuro.wustl.edu/neuromuscular/


Messaggeri chimiciIl potenziale d‛azione è trasmesso lungo l‛assone adun sito specializzato, la sinapsi, dove l‛assone entrain contatto con i dendriti <strong>di</strong> altri neuroni. La sinapsiè composta dalla terminazione nervosa presinapticaseparata da un sottile spazio dalla componentepostsinaptica, spesso localizzata su una spinadendritica. Le correnti elettriche responsabili dellapropagazione del potenziale d‛azione lungo l‛assonenon possono superare lo spazio intersinaptico. Latrasmissione attraverso <strong>di</strong> esso avviene per mezzo<strong>di</strong> messaggeri chimici detti neurotrasmettitori.Stoccaggio e rilascioIl trasmettitore chimico,impacchettato in vescicolesferiche, è <strong>di</strong>sponibile al rilascionella giunzione sinapticaI neurotrasmettitori sono immagazzinati all‛estremitàdell‛assone in sacchettini sferici detti vescicolesinaptiche. Alcune vescicole servono per l‛accumulomentre altre, più vicine alla terminazione nervosa,servono per il rilascio del trasmettitore. L‛arrivo delpotenziale d‛azione provoca l‛apertura dei canali ionici el‛ingresso nella cellula del calcio (Ca++) che attiva deglienzimi operanti su varie proteine presinaptiche dainomi esotici quali “trappola”, “tagmina” e “brevina”;nomi adatti a personaggi <strong>di</strong> un moderno romanzo <strong>di</strong>avventura scientifica. I neuroscienziati hanno da pocoscoperto che si tratta <strong>di</strong> proteine vaganti che marcanoe intrappolano altre proteine, causando la fusione dellevescicole con la membrana, provocandone l‛apertura e ilconseguente rilascio del messaggero al suo esterno.Il messaggero <strong>di</strong>ffonde poi attraverso lo spazio, ampio20 nanometri, della fessura sinaptica. Le vescicole siriformano dopo che le loro membrane sono state <strong>di</strong>nuovo inglobate nella terminazione nervosa, enuovamente riempite <strong>di</strong> neurotrasmettitore che verràsuccessivamente rilasciato in un continuo processo <strong>di</strong>riciclo. Non appena attraversato la spazio sinaptico, ilche avviene nel tempo sorprendentemente rapido <strong>di</strong>meno <strong>di</strong> un millisecondo, il me<strong>di</strong>atore interagisce construtture molecolari specializzate, dette recettori,posti sulla membrana del neurone a<strong>di</strong>acente. Anche lecellule gliali se ne stanno in agguato nei pressi dellafessura sinaptica. Alcune possiedono dei microaspiratoripronti all‛uso, chiamati trasportatori, il cuicompito è quello <strong>di</strong> riassorbire il trasmettitore dallospazio sinaptico, in modo da liberare la via primadell‛arrivo del successivo potenziale d‛azione. Nullava sprecato: le cellule gliali metabolizzano iltrasmettitore e lo rimandano in<strong>di</strong>etro per essere <strong>di</strong>nuovo stoccato nelle vescicole della terminazionenervosa e nuovamente riutilizzato. Le cellule gliali“spazzine” non sono l‛unico mezzo per eliminare ilneurotrasmettitore dalla sinapsi: a volte è il neuronestesso a ripompare <strong>di</strong>rettamente in<strong>di</strong>etro le molecolenella terminazione mentre altre volte iltrasmettitore viene frammentato nello spaziosinaptico da altre sostanze chimiche.Messaggeri che aprono i canali ioniciL‛interazione tra neurotrasmettitore e recettore èmolto simile a quella fra chiave e toppa. L‛adesionedel trasmettitore (la chiave) al recettore (la toppa),causa generalmente l‛apertura <strong>di</strong> un canale ionico;questo recettore è detto ionotropo (ve<strong>di</strong> Figura). Seil canale permette il passaggio <strong>di</strong> ioni positivi (Na+ oCa++), l‛ingresso <strong>di</strong> correnti positive provocaun‛eccitazione ed un‛oscillazione del potenziale <strong>di</strong>membrana detta potenziale postsinaptico eccitatorio(epsp). Su <strong>di</strong> un neurone convergono molte sinapsi,alcune attive, altre no, in <strong>di</strong>versi istanti. Se la sommadei vari epsp raggiunge la soglia <strong>di</strong> scarica, si liberaun nuovo potenziale d‛azione e il segnale vienetrasferito all‛assone del neurone successivo, comeillustrato nel capitolo precedente.Recettore ionotropo Recettore metabotropicoTrasmettitore RecettoreRecettorTrasmettitoreTransmettitoTrasmettitor(ligando)RecettoreProteina-GRecettorMembranaPlasmaticaExtracellulareSecondoMessaggeroEffettoreEffettoreGli ioni (come il Na+ e il K+), passano attraverso il canale deirecettori ionotropi (a sinistra) che è costituito da cinque subunità<strong>di</strong>sposte circolarmente. I recettori metabotropi (adestra) non possiedono invece canali, ma sono coniugati con laproteina-G all‛interno della membrana cellulare che consenteil passaggio dell‛informazione.7


Il principale neurotrasmettitore eccitatorio cerebraleè il glutammato. L‛estrema precisione dell‛attivitànervosa richiede che l‛eccitazione <strong>di</strong> alcuni neuroni siaaccompagnata dalla soppressione dell‛attività in altri.Questo è possibile grazie al fenomeno dell‛inibizione.Nelle sinapsi inibitorie, l‛attivazione dei recettoriporta all‛apertura <strong>di</strong> canali ionici che consentonol‛ingresso <strong>di</strong> ioni carichi negativamente che causanoun‛alterazione del potenziale <strong>di</strong> membrana dettapotenziale postsinaptico inibitorio (ipsp) (ve<strong>di</strong> Figura),che ostacola la depolarizzazione e l‛avvio <strong>di</strong> unpotenziale d‛azione nella cellula successiva. Esistonodue neurotrasmettitori inibitori: il GABA e la glicina.La trasmissione sinaptica è un processo molto rapido:il tempo che intercorre tra l‛arrivo <strong>di</strong> un potenzialed‛azione alla sinapsi e la generazione <strong>di</strong> un epsp nelneurone successivo è pari a 1/1000 <strong>di</strong> secondo. Diversineuroni devono sincronizzare il rilascio del glutammatoentro un breve spazio temporale per far sì che gliepsp del neurone successivo si sommino e <strong>di</strong>ano l‛avvioa un nuovo impulso; anche l‛inibizione, per risultareefficace nel bloccare la trasmissione, deve agire intempi ristretti.Potenziale <strong>di</strong> membrana (mV)SogliaIl potenziale sinaptico eccitatorio (epsp) comportauna variazione del potenziale <strong>di</strong> membrana da -70 mVad un valore prossimo a 0 mV. Il potenziale sinapticoinibitorio (ipsp) ha l‛effetto opposto.Messaggeri modulatoriEccitazioneRiposoLe ricerche per identificare i neurotrasmettitorieccitatori ed inibitori hanno rivelato l‛esistenza <strong>di</strong>molti altri composti chimici che vengono rilasciati dallecellule nervose. Molti <strong>di</strong> essi influiscono sui meccanismineuronali, interagendo con <strong>di</strong>versi gruppi <strong>di</strong> proteine <strong>di</strong>membrana, dette recettori metabotropici. Questirecettori non contengono canali ionici, non sonostrettamente localizzati nella regione sinaptica e, cosapiù importante <strong>di</strong> tutte, non causano l‛avvio <strong>di</strong> unpotenziale d‛azione. Si ritiene che questi recettorisiano dei regolatori o modulatori della vasta gamma <strong>di</strong>processi chimici che avvengono all‛interno del neuronee, per questo motivo, il meccanismo d‛azione deirecettori metabotropici è definito neuromodulazione.I recettori metabotropici si trovano generalmenteriuniti in complessi agglomerati che mettono incomunicazione l‛esterno della cellula con gli enzimipreposti al metabolismo cellulare situati al suointerno. Quando un recettore metabotropicoriconosce e lega un neurotrasmettitore, attiva lemolecole ponte chiamate proteine G ed altri enzimilegati alla membrana. Il legame del trasmettitore alsito <strong>di</strong> riconoscimento metabotropico è comparabileall‛azione svolta da una chiave <strong>di</strong> accensione: non aprela porta agli ioni <strong>di</strong> membrana, come fanno i recettoriionotropi, ma mette in azione i secon<strong>di</strong> messaggeriintracellulari, scatenando una sequenza <strong>di</strong> eventibiochimici (ve<strong>di</strong> Figura). Si accende allora il motoredel metabolismo del neurone che comincia afunzionare. Gli effetti della neuromodulazioneconsistono in mo<strong>di</strong>ficazioni dei canali ionici, deirecettori, dei trasportatori e persinodell‛espressione genica. Si tratta <strong>di</strong> cambiamentiinizialmente lenti ma più durevoli <strong>di</strong> quelli indotti daitrasmettitori eccitatori e inibitori e i loro effetti siripercuotono ben oltre la sinapsi: pur non dandoluogo a potenziali d‛azione, hanno importanti effettisull‛andamento degli impulsi nelle reti neurali.Identificare i messaggeriFra i molti messaggeri che agiscono sui recettoriaccoppiati alle proteine G vi sono l‛acetilcolina, ladopamina e la noradrenalina. I neuroni che rilascianoquesti trasmettitori, non solo hanno effetti <strong>di</strong>versisulle cellule ma possiedono anche un‛organizzazionestrutturale complessa in quanto, pur essendo pochi,proiettano <strong>di</strong>ffusamente in tutto il cervello (ve<strong>di</strong>Figura): nel cervello dell‛uomo vi sono soltanto 1600neuroni noradrenergici, che inviano i loro assoni intutte le aree cerebrali e nel midollo spinale. Questitrasmettitori non veicolano precise informazionisensoriali, ma regolano finemente alcuni nucleineuronali per ottimizzarne la prestazione.La noradrenalina viene rilasciata in risposta aglieventi nuovi o stressanti, e serve ad organizzare lerisposte dell‛in<strong>di</strong>viduo a queste sfide. Le reti hannoinfatti la necessità <strong>di</strong> “sapere” se l‛organismo è sottostress. La dopamina, agendo sui centri cerebraliassociati alle emozioni positive, rende gratificanti perl‛animale parecchie situazioni (ve<strong>di</strong> Capitolo 4).L‛acetilcolina, invece, sembra avere entrambi glieffetti: agisce sia sui recettori ionotropi che su quellimetabotropici. E‛ stato il primo trasmettitore avenire scoperto che utilizza un meccanismo ionico perinviare segnali dai motoneuroni alle fibre muscolaristriate, attraverso la giunzione neuromuscolare. Puòanche fungere da neuromodulatore, come quandovogliamo focalizzare l‛attenzione su qualcosa,modulando finemente i neuroni nel compito <strong>di</strong> coglieresolo le informazioni rilevanti.NoradrenalinaNoradrenalinaLe cellule secernenti noradrenalina sono situate nellocus coeruleus (LC). I loro assoni proiettano in tutto ilmesencefalo, all‛ipotalamo (Hyp), al cervelletto (C) e allacorteccia cerebrale.8Un ottimo sito web sulle sinapsi è: http://synapses.mcg.edu/index.asp


Droghe e cervelloMolte persone sembrano avere una continua voglia <strong>di</strong>alterare il proprio stato <strong>di</strong> coscienza con le droghe:alcuni assumono farmaci stimolanti per stare sveglie ballare tutta la notte, altri prendono sedativi percalmare i nervi o persino sostanze che consentanoloro <strong>di</strong> sperimentare nuovi stati <strong>di</strong> coscienza o<strong>di</strong>menticare i guai della vita quoti<strong>di</strong>ana. Tutte le<strong>di</strong>verse droghe interagiscono in vario modo con ineurotrasmettitori e con gli altri messaggeri chimicicerebrali. In molti casi, fanno deragliare i sistemipreposti al piacere e alla ricompensa e ai processipsicologici che sottendono la fame e la sete, ilcomportamento sessuale, e persino l‛appren<strong>di</strong>mentoe la memoria.Assuefazione e <strong>di</strong>pendenzaAlcune droghe o farmaci che, portati dal flussoematico, agiscono a livello cerebrale, possono avere unvalore irrinunciabile, come gli anti-dolorifici, mentrel‛uso <strong>di</strong> sostanze per uso voluttuario ha finalità molto<strong>di</strong>verse che spesso possono condurre a problemi <strong>di</strong>abuso. Chi le usa può facilmente <strong>di</strong>venirne fruitoreabituale o persino <strong>di</strong>pendente: ciò significa che andràincontro agli spiacevoli sintomi fisici e psichicidell‛astinenza quando ne interromperà l‛assunzione. La<strong>di</strong>pendenza può condurre alla necessità <strong>di</strong> procurarsi inogni modo la sostanza anche se questo può comportareun danno per il lavoro, la salute e la famiglia. In casiestremi l‛utilizzatore può essere persino indotto adelinquere per procurarsi le sostanze.Per fortuna, non tutti coloro che assumono sostanze ascopo voluttuario ne <strong>di</strong>vengono <strong>di</strong>pendenti. Le <strong>di</strong>versesostanze presentano un <strong>di</strong>verso rischio <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza:alto nel caso <strong>di</strong> cocaina, eroina e nicotina, basso peralcol, cannabis, ecstasy e amfetamine. Quando si stasviluppando la <strong>di</strong>pendenza, il corpo e il cervello siadattano lentamente alla costante presenza dellasostanza, ma non è noto quali cambiamenti avvenganoesattamente a livello cerebrale. Anche se il sitod‛azione <strong>di</strong> eroina, amfetamina, nicotina, cocaina ecannabis è sostanzialmente <strong>di</strong>verso, tutte questesostanze con<strong>di</strong>vidono la capacità <strong>di</strong> promuovere ilrilascio <strong>di</strong> dopamina in determinate aree cerebrali.Non è necessario ipotizzare l‛esistenza <strong>di</strong> un vero eproprio meccanismo del “piacere”, anche se si ritieneche il rilascio <strong>di</strong> dopamina sia un‛importante tappanella via finale comune della “gratificazione” a livellocerebrale, e rappresenta il segnale che inducel‛in<strong>di</strong>viduo a continuare ad assumere la sostanza.Droghe: meccanismo d‛azione erischi dell‛assunzioneAlcolL‛alcol agisce sul sistema dei neurotrasmettitoricerebrali deprimendo gli stimoli eccitatori ed inibendol‛attività neuronale. La sua azione passa attraverso unosta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> rilassatezza e <strong>di</strong> buon umore, per poiprocedere verso la sonnolenza e la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>coscienza. Per questo la polizia adotta misure severeverso chi guida dopo aver bevuto e si fa moltainformazione al riguardo. Molti <strong>di</strong>ventano aggressivi eviolenti dopo aver bevuto, e circa un bevitore su <strong>di</strong>eci<strong>di</strong>viene un alcolista. L‛assunzione cronica <strong>di</strong> alcoldanneggia l‛organismo, in particolare il fegato e puòcausare danni cerebrali permanenti. Il bere ingravidanza mette a rischio <strong>di</strong> avere figli con dannocerebrale e basso QI. Più <strong>di</strong> 25.000 persone muoionoogni anno in Italia per malattie causate dall‛alcol.76%Tabacco32%92%Alcol15%46%Marijuana9%13%16%2%Percentuale <strong>di</strong> consumatori della sostanzaTranquillanti &Farmaci daprescrizioneCocainaEroina9%17%23%Percentuale <strong>di</strong> consumatori <strong>di</strong>pendenti9


Anche i fumatori <strong>di</strong> cannabis tendono a svilupparepneumopatie e sono a rischio <strong>di</strong> tumore polmonare,benché tale correlazione non sia stata ancora del tutto<strong>di</strong>mostrata. Circa un utilizzatore su <strong>di</strong>eci sviluppa<strong>di</strong>pendenza, cosa <strong>di</strong> cui sono ben consci gli spacciatori.Un uso intenso e prolungato interferisce con la capacità<strong>di</strong> guida e con attività che richiedano concentrazione;alcuni stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato che i consumatori <strong>di</strong>cannabis non sono in grado <strong>di</strong> svolgere compiti mentalicomplessi. Benché ancora da <strong>di</strong>mostrare, esistono delleevidenze che l‛utilizzo da parte <strong>di</strong> soggetti giovani esuscettibili possa slatentizzare una schizofrenia (p. 51).“Teschio con sigaretta accesa” <strong>di</strong> Vincent Van Gogh, 1885.NicotinaLa nicotina è la sostanza attiva presente in tutti iderivati del tabacco che agisce sui recettori cerebralidell‛acetilcolina stimolando i normali meccanismidell‛attenzione. Non stupisce quin<strong>di</strong> l‛affermazione deifumatori che la sigaretta li aiuti a concentrarsi edabbia anche un effetto rilassante. La nicotina dà peròuna forte <strong>di</strong>pendenza e molti fumatori incalliticontinuano a fumare soltanto per evitare gli spiacevolisintomi dell‛astinenza, mentre la sensazione <strong>di</strong> piacere èormai scomparsa da tempo. Anche se non sembranoesserci effetti deleteri a livello cerebrale, il fumo <strong>di</strong>tabacco è estremamente dannoso per i polmoni e lalunga esposizione ad esso può causare tumori polmonaried altre malattie car<strong>di</strong>ache e respiratorie: più <strong>di</strong> 90mila persone muoiono ogni anno in Italia per malattielegate al fumo <strong>di</strong> sigaretta.CannabisLa cannabis costituisce un vero e proprio rompicapo, inquanto agisce su quei sistemi cerebrali che impieganotrasmettitori chimici molto simili ad essa e che sonodeputati al controllo muscolare e alla regolazione dellapercezione dolorifica. Impiegata con prudenza e sottocontrollo me<strong>di</strong>co, la cannabis può essere un farmacoefficace. Si tratta comunque <strong>di</strong> una sostanza tossicache può avere un effetto piacevole e rilassante e chepuò provocare uno stato onirico in cui la percezione deisuoni, dei colori e del tempo è debolmente alterata. Nonsono mai stati registrati decessi da sovradosaggio,anche se alcuni soggetti riferiscono <strong>di</strong> aver provatodegli spiacevoli attacchi <strong>di</strong> panico dopo il consumo <strong>di</strong>quantità ingenti della sostanza. In Italia, quasi un terzodegli studenti <strong>di</strong> scuola me<strong>di</strong>a superiore ha fatto almenouna volta uso <strong>di</strong> cannabis. Alcuni ritengono sia giustolegalizzarla, sottolineando così la <strong>di</strong>fferenza tra ilconsumo <strong>di</strong> essa e quello <strong>di</strong> altre droghe assai piùdannose. Purtroppo, come per la nicotina, il fumo è ilmodo più efficace per l‛assunzione e tramite esso siveicolano le stesse sostanze tossiche contenute nellasigaretta e nel tabacco.AmfetamineLe amfetamine sono composti <strong>di</strong> sintesi comprendenti“dexedrina”, “speed” ed “ecstasy”, un derivato dellametamfetamina. Agiscono a livello cerebrale causando ilrilascio <strong>di</strong> due neurotrasmettitori naturali: la dopamina(che spiega gli effetti <strong>di</strong> allerta e <strong>di</strong> piacere causatidalle amfetamine) e la serotonina (che si ritieneresponsabile del senso <strong>di</strong> benessere e dello statoonirico che può anche includere fenomeni allucinatori).Dexedrina e speed stimolano soprattutto il rilascio <strong>di</strong>dopamina, l‛ecstasy quello <strong>di</strong> serotonina. Anche il piùpotente allucinogeno d-LSD agisce sui meccanismiserotoninergici cerebrali. Le amfetamine sono energicipsicostimolanti e possono essere dannose, soprattuttoad alte dosi. Stu<strong>di</strong> su animali hanno <strong>di</strong>mostrato chel‛ecstasy può causare una riduzione prolungata, forsepermanente, delle cellule produttrici <strong>di</strong> serotonina.Questo giustificherebbe anche la “depressione <strong>di</strong> metàsettimana” sperimentata da chi assume ecstasy nel finesettimana. Ogni anno, dozzine <strong>di</strong> giovani muoiono dopoaver assunto ecstasy. Dopo l‛assunzione <strong>di</strong> dexedrina e<strong>di</strong> speed possono verificarsi episo<strong>di</strong> <strong>di</strong>ssociativi <strong>di</strong> tiposchizofrenico. Alcuni assumono speed ritenendo chepossa essere d‛aiuto durante un esame, ma non è così.EroinaL‛eroina è un composto chimico <strong>di</strong> sintesi derivatodalla morfina, estratta dall‛oppio. Come la cannabis,potenzia il sistema cerebrale che utilizza i neurotrasmettitorinaturali noti come endorfine, importantinel controllo del dolore: i farmaci che mimano la loroazione sono molto utili nella pratica me<strong>di</strong>ca. L‛eroina,iniettata o fumata, provoca un‛imme<strong>di</strong>ata sensazione<strong>di</strong> piacere, verosimilmente dovuta all‛effetto delleendorfine sui meccanismi <strong>di</strong> ricompensa. Dà una forte<strong>di</strong>pendenza e, quando questa si sviluppa, la sensazione<strong>di</strong> piacere svanisce rapidamente e viene sostituitadalla pressante “necessità” <strong>di</strong> assumere la sostanza.L‛eroina è una droga molto dannosa che ha rovinato lavita a molte persone e che può causare la morte perarresto respiratorio anche a dosaggi molto modesti.CocainaLa cocaina è un altro derivato chimico vegetale che puòdare intense sensazioni <strong>di</strong> piacere ed agisce come unpotente psicostimolante. Come le amfetamine, aumentala <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> dopamina e <strong>di</strong> serotonina a livellocerebrale ma, come l‛eroina è una droga molto dannosa.Chi ne è intossicato, specie se si tratta della formafumabile chiamata “crack”, può <strong>di</strong>ventare violento edaggressivo oltre a correre un alto rischio <strong>di</strong> morte dasovradosaggio. La <strong>di</strong>pendenza è elevata e l‛alto costodella sostanza spinge spesso a delinquere chi la assume.10Siti Internet correlati: www.knowthescore.info, www.nida.nih.gov/Infofax/ecstasy.html,www.nida.nih.gov/MarijBroch/Marijteens.html


Tatto e DoloreIl tatto è un senso speciale (una stretta <strong>di</strong> mano,un bacio, una carezza) e ci fornisce il nostro primocontatto con il mondo. Schiere <strong>di</strong> recettori in tuttoil nostro corpo sono sintonizzati sulle <strong>di</strong>versemodalità della sensibilità somatica: tatto,temperatura, posizione del corpo ed altre ancora,come la sensazione <strong>di</strong> dolore. La capacità<strong>di</strong>scriminativa varia tra le <strong>di</strong>verse zone dellasuperficie corporea ed è particolarmente sviluppatain se<strong>di</strong> come i polpastrelli delle <strong>di</strong>ta. Anchel‛esplorazione attiva è molto importante, comeevidenziano le interazioni con il sistema motorio. Ildolore serve da avvertimento e da <strong>di</strong>fesa dapotenziali danni per il nostro corpo. Ha un forteimpatto emozionale ed è soggetto a importantimeccanismi <strong>di</strong> controllo sia a livello somatico checerebrale.Corpuscoli<strong>di</strong> MeissnerAssoniDisco <strong>di</strong>MerkelGhiandola sudoriparaFibre terminali <strong>di</strong> RuffiniDiversi piccolissimirecettori sonoinclusi nel nostrorivestimento cutaneo.Tutto inizia nella cutecorpuscolo <strong>di</strong>PaciniIncorporati negli strati del derma della nostra pelle,sotto la superficie, vi sono molti tipi <strong>di</strong> piccolirecettori che prendono nome dagli scienziati che perprimi li hanno identificati al microscopio. I corpuscoli<strong>di</strong> Pacini e <strong>di</strong> Meissner, i <strong>di</strong>schi <strong>di</strong> Merkel e leterminazioni <strong>di</strong> Ruffini rilevano i vari aspetti dellasensibilità tattile. Tutti sono dotati <strong>di</strong> canali ionici chesi aprono in risposta alle sollecitazioni meccaniche chescatenano i potenziali d‛azione rilevabilisperimentalmente con sottili elettro<strong>di</strong>. Alcuni anni fasono stati condotti dei mirabolanti esperimenti daparte <strong>di</strong> scienziati che hanno inserito degli elettro<strong>di</strong>nella propria cute per registrare il potenziale <strong>di</strong> unsingolo nervo. Da questi e da altri esperimenti suanimali anestetizzati, oggi sappiamo che i primi duetipi <strong>di</strong> recettori si adattano in fretta e rispondono allevariazioni rapide dello stimolo (senso <strong>di</strong> vibrazione).I <strong>di</strong>schi <strong>di</strong> Merkel rispondono bene allestimolazioni costanti della cute (senso <strong>di</strong> pressione),mentre le terminazioni <strong>di</strong> Ruffini rispondono allevariazioni lente.Un concetto importante circa i recettori somatosensitiviriguarda il campo recettivo. Si tratta <strong>di</strong> quella zona <strong>di</strong>cute entro cui un recettore risponde.I corpuscoli <strong>di</strong> Pacini hanno un campo recettivo moltopiù ampio <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> Meissner. Insieme, questi e gli altritipi <strong>di</strong> recettori ci assicurano <strong>di</strong> poter avvertire glistimoli sull‛intera superficie corporea. Una volta rilevatouno stimolo, i vari recettori mandano impulsi lungo i nervisensitivi che formano le ra<strong>di</strong>ci posteriori del midollospinale. Gli assoni che collegano i recettori tattili almidollo spinale sono grosse fibre mielinizzate cheveicolano l‛informazione dalla periferia alla cortecciacerebrale in modo estremamente rapido. Il freddo, ilcaldo e il dolore sono invece rilevati da sottili assoni conterminazioni “nude” che trasmettono il segnale molto piùlentamente. I recettori termici mostrano anche ilfenomeno dell‛adattamento (ve<strong>di</strong> l‛esperimento nelriquadro). Esistono delle stazioni <strong>di</strong> relé a livello delmidollo e nel talamo, che proietta infine all‛area sensitivaprimaria della corteccia, la corteccia somatosensitiva. Inervi si incrociano sulla linea me<strong>di</strong>ana cosicché il latodestro del corpo è rappresentato nell‛emisfero sinistro eil lato sinistro nell‛emisfero destro.Un esperimento sull‛ adattamentoalla temperaturaE‛ un esperimento semplicissimo. Occorre unabarra metallica lunga circa un metro, come unporta asciugamani, e due bacinelle d‛acqua, unacalda e una fredda. Mettete la mano sinistrain una bacinella e la destra nell‛altra etenetele entrambe immerse per almeno unminuto. Togliete quin<strong>di</strong> le mani dall‛acqua,asciugatele velocemente ed afferrate la barrametallica Le due estremità della barra visembreranno avere temperatura <strong>di</strong>versa.Perché?Le afferenze somatiche sono “mappate” in modosistematico sulla corteccia somatosensitiva in modo daformare una rappresentazione della superficiecorporea. Alcune parti del corpo, come la punta delle<strong>di</strong>ta e la bocca, hanno una maggiore densità <strong>di</strong> recettorie, in misura corrispondente, un maggior numero <strong>di</strong> nervisensitivi. Altre zone, come la schiena, possiedono unminor numero <strong>di</strong> recettori e <strong>di</strong> nervi. Ciò nonostante,nella corteccia somatosensitiva, la densità neuronale11


è uniforme. Per questo motivo la ‘mappa‛ della superficiecorporea sulla corteccia risulta molto <strong>di</strong>storta. Seesistesse realmente, quello che viene definito homunculussensitivo, sarebbe una persona dall‛aspetto grottesco.Ciascuno può verificare la <strong>di</strong>versa sensibilità nelle varieparti del corpo con il test <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminazione dei duepunti. Sagomate ad U dei fermagli da carta, in modo chealcuni abbiano le estremità <strong>di</strong>stanti 2-3 cm, altri molto piùvicine. Quin<strong>di</strong>, con una benda sugli occhi, chiedete ad unamico <strong>di</strong> toccare varie parti del vostro corpo con le puntedei fermagli. Sentite una punta o due? Sentite a volte unapunta quando, in realtà, siete stato toccato con due?Perché?L‛ homunculus. L‛ immagine corporea èrappresentata sulla superficie della cortecciasomatosensoriale in proporzione al numero <strong>di</strong>recettori presenti nelle singole parti del corpo.Si ottiene una figura molto <strong>di</strong>storta.Il fascino <strong>di</strong>screto della <strong>di</strong>scriminazioneLa capacità <strong>di</strong> percepire dettagli fini varia enormementenelle <strong>di</strong>verse parti del corpo ed è massimamentesviluppata sulla punta delle <strong>di</strong>ta e sulle labbra. La cute èabbastanza sensibile da percepire un punto in rilievo altomeno <strong>di</strong> un centesimo <strong>di</strong> millimetro, come accade allepersone non vedenti che leggono il Braille. Un settoremolto attivo <strong>di</strong> ricerca indaga come i <strong>di</strong>versi recettoricontribuiscano a compiti <strong>di</strong>versi come il <strong>di</strong>scriminaretessuti <strong>di</strong>fferenti o identificare la forma <strong>di</strong> un oggetto.I tatto non è un senso passivo che risponde solo a ciò chericeve. Esso è anche coinvolto nel controllo attivo delmovimento. I neuroni della corteccia motoria checontrollano i muscoli del braccio che fanno muovere le<strong>di</strong>ta ricevono afferenze sensoriali dai recettori tattiliposti sulla punta delle <strong>di</strong>ta. Come meglio potrestericonoscere un oggetto che non facendolo scivolare sulpalmo della mano mettendo così in rapida comunicazione ilsistema sensitivo con quello motorio? Il <strong>di</strong>alogoincrociato tra i due sistemi inizia già alla prima stazione,posta a livello del midollo spinale, con l‛invio <strong>di</strong> un segnalepropriocettivo <strong>di</strong> ritorno ai motoneuroni, e prosegue atutti i successivi livelli del sistema somatosensitivo. Lacorteccia sensitiva primaria e quella motoria primariasono situate l‛una accanto all‛altra a livello cerebrale.L‛esplorazione attiva è cruciale per il tatto.Immaginate <strong>di</strong> dover <strong>di</strong>scriminare sottili <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong>tessuto, come quelle tra materiali <strong>di</strong>versi o agranulosità <strong>di</strong>fferente. Quali <strong>di</strong> queste con<strong>di</strong>zioniritenete possa dar luogo alla <strong>di</strong>scriminazione più fine?• Posare la punta delle <strong>di</strong>ta sui campioni in esame?• Sfiorare i campioni con la punta delle <strong>di</strong>ta?• Avere un‛apparecchiatura che faccia scorrere icampioni sulle vostre <strong>di</strong>ta?Il risultato <strong>di</strong> questi esperimenti apre la questione sudove le informazioni sensitive rilevanti venganoanalizzate a livello cerebrale. Le neuroimmaginifunzionali suggeriscono che l‛identificazione tattile <strong>di</strong>sostanze o <strong>di</strong> oggetti coinvolga <strong>di</strong>verse regionicorticali. Le tecniche <strong>di</strong> visualizzazione cerebralestanno iniziando a fornire immagini della plasticitàcorticale mostrando come la rappresentazionecorporea a livello della corteccia somatosensorialepossa variare con l‛esperienza. I lettori non vedenti cheutilizzano il Braille, ad esempio, hanno una maggiorrappresentazione corticale del <strong>di</strong>to in<strong>di</strong>ce cheimpiegano per la lettura, mentre i chitarristi hanno unapiù ampia rappresentazione corticale delle <strong>di</strong>ta dellamano sinistra.Il doloreBenché venga spesso classificato con il tatto come unaltro componente della sensibilità cutanea, quello deldolore è in realtà un sistema con funzioni moto <strong>di</strong>verseed un‛organizzazione anatomica molto <strong>di</strong>fferente. Lesue caratteristiche principali sono che è spiacevole,che varia grandemente da un in<strong>di</strong>viduo all‛altro e che, inmodo sorprendente, le informazioni veicolate dairecettori dolorifici forniscono scarsi dati sulla naturadello stimolo (esiste infatti poca <strong>di</strong>fferenza tra ildolore dovuto ad un‛abrasione e quello causato dallapuntura <strong>di</strong> un ago). Gli antichi Greci consideravano ildolore come un‛emozione piuttosto che come unasensazione.Registrazioni da singole fibre sensitive in animaliin<strong>di</strong>cano risposte a stimoli che causano o costituisconopotenziali minacce <strong>di</strong> danno tessutale: forti stimolimeccanici (come un pizzicotto), calore intenso esvariati stimoli chimici. Questi esperimenti non ci<strong>di</strong>cono però nulla circa la nostra esperienza soggettiva.Tecniche biomolecolari ci hanno svelato la struttura ele caratteristiche <strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> nocicettori.Essi comprendono recettori che rispondono al caloresopra i 46° C, all‛aci<strong>di</strong>tà tessutale e, ancora una voltasorprendentemente, alla componente attiva delpeperoncino. I geni responsabili della risposta aglistimoli meccanici intensi non sono ancora statiidentificati ma è certo che esistano. Due classi <strong>di</strong> fibreperiferiche afferenti rispondono a stimoli nocicettivi:fibre mieliniche relativamente rapide, dette fibre A ,e fibre amieliniche lente e molto sottili, le fibre C.Entrambi i tipi entrano nel midollo spinale, doveformano sinapsi con <strong>di</strong>versi neuroni che proiettano allacorteccia cerebrale attraverso vie ascendentiparallele, una delle quali trasmette la localizzazione deldolore (come avviene per la sensibilità tattile), l‛altra èinvece responsabile del suo carattere emozionale.12


MorfinaMet-encefalinaIn questo processo sono coinvolti numerositrasmettitori chimici tra cui gli oppioi<strong>di</strong> endogeni comela met-encefalina. Essi agiscono sugli stessi recettoricui si lega la morfina, soppressore del dolore.Le vie ascendenti del dolore provenienti da unazona del midollo spinale (in basso) raggiungonovarie aree del tronco e della cortecciacompreso il cingolo anteriore (ACC) e l‛insula.Questa seconda via proietta ad aree <strong>di</strong>verse dallacorteccia somatosensitiva, fra le quali la cortecciacingolata anteriore e la corteccia dell‛insula. Inesperimenti <strong>di</strong> neuroimmagini rilevate sotto ipnosi, èstato possible separare la pura sensazione del doloredalla sua qualità <strong>di</strong> ‘fasti<strong>di</strong>o‛.I soggetti, con le mani immerse in acqua bollente,tanto da provare dolore, sono stati sottoposti ad unasuggestione ipnotica <strong>di</strong> aumentata o <strong>di</strong>minuita intensitàdel dolore o del fasti<strong>di</strong>o da questo provocata.Utilizzando la tomografia ad emissione <strong>di</strong> positroni(PET), si è visto che durante i cambiamenti <strong>di</strong>percezione dell‛intensità del dolore avvenivaun‛attivazione della corteccia somatosensitiva, mentrel‛esperienza <strong>di</strong> fasti<strong>di</strong>o era accompagnata daattivazione della corteccia cingolata anteriore.Vivere senza dolore?Considerando il nostro desiderio <strong>di</strong> evitare le fonti <strong>di</strong>dolore, come il dentista, potreste credere che viveresenza dolore sarebbe un bene. Non è così. Una dellefunzioni chiave del dolore è insegnarci ad evitaresituazioni che provocano dolore. I potenziali d‛azionenelle vie nocicettive che giungono al midollo spinaleevocano riflessi automatici <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, come quello <strong>di</strong>allontanamento, e ci forniscono anche informazioniper imparare ad evitare situazioni pericolose.Un‛altra funzione chiave del dolore è l‛inibizionedell‛azione: il riposo dopo un danno tissutale consenteinfatti la guarigione. Naturalmente, in alcunesituazioni, è importante che l‛azione e la reazione <strong>di</strong>fuga non vengano inibite. Per questo l‛evoluzione hafavorito i processi fisiologici che possono sia inibireche aumentare il dolore. Il primo <strong>di</strong> questimeccanismi modulatori ad essere scoperto è stato ilrilascio <strong>di</strong> analgesici endogeni. Per il verosimilerilascio <strong>di</strong> tali sostanze, in con<strong>di</strong>zioni potenzialmentetraumatiche, come durante una battaglia, lapercezione del dolore viene soppressa in misurasorprendente. Esperimenti su animali hanno mostratoche la stimolazione elettrica <strong>di</strong> zone cerebrali quali ilgrigio periacqueduttale causa un innalzamento dellasoglia del dolore per me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong> una via<strong>di</strong>scendente dal mesencefalo al midollo spinale.Il fenomeno opposto <strong>di</strong> incremento della percezionedolorifica è detto iperalgesia. Esso causa unabbassamento della soglia e un aumento dell‛intensitàdel dolore. A volte si avverte come un ampliamento dellazona dolente o persino dolore in assenza <strong>di</strong> stimolinocicettivi. Questo può costituire una grave con<strong>di</strong>zioneclinica. L‛iperalgesia coinvolge sia i recettori perifericiche fenomeni più complessi a vari livelli delle vienocicettive ascendenti. Questi comprendonol‛interazione chimica fra stimoli eccitatori e inibitori.L‛iperalgesia osservabile negli stati <strong>di</strong> dolore cronicoderiva da un aumento degli stimoli eccitatori e da unadepressione <strong>di</strong> quelli inibitori. Questo è per lo piùdovuto a mutamenti nella risposta dei neuroni cheelaborano le informazioni percettive. Mo<strong>di</strong>ficazioniimportanti si verificano nelle molecole dei recettori cheme<strong>di</strong>ano l‛azione dei neurotrasmettitori. Ma nonostantei gran<strong>di</strong> progressi nella comprensione dei meccanismicellulari dell‛iperalgesia, il trattamento clinico deldolore cronico è ancora del tutto inadeguato..Frontiere della ricercaLa Me<strong>di</strong>cina Tra<strong>di</strong>zionale Cinese impiega l "agopuntura"per alleviare il dolore. Si utilizzano aghi sottili, inseritinella cute in punti particolari siti lungo i “meri<strong>di</strong>ani”. Gliaghi vengono poi ruotati o fatti vibrare dal terapeuta.Questa tecnica è certamente in grado <strong>di</strong> alleviare ildolore ma, fin‛ora, nessuno ne sa spiegare il motivo.Quarant‛anni fa, in Cina, è stato istituito un laboratorio <strong>di</strong>ricerca per scoprire come funziona l‛agopuntura. Irisultati emersi in<strong>di</strong>cano che lo stimolo elettrico ad unadata frequenza <strong>di</strong> vibrazione innesca il rilascio <strong>di</strong> oppio<strong>di</strong>endogeni detti endorfine, quali la met-encefalina, mentrelo stimolo ad un‛altra frequenza attiva un sistemasensibile alle <strong>di</strong>norfine. Questi stu<strong>di</strong> hanno condotto allosviluppo <strong>di</strong> un‛economica macchina per agopuntura (asinistra) che può essere usata a scopo analgesico invecedei farmaci. Due elettro<strong>di</strong> vengono posizionati incorrispondenza dei punti "Heku" della mano (a destra), edun altro nel sito dolente.Vuoi saperne <strong>di</strong> più sull‛agopuntura?Vai al sito: http://acupuncture.com/Acup/AcuInd.htm13


VisioneGli esseri umani sono una specie altamente <strong>di</strong>pendentedal senso della vista, che usano per valutare il mondocircostante. Come gli altri primati hanno gli occhirivolti in avanti ed usano la vista per percepire glistimoli ambientali che provengono da parti lontane dalcorpo. La luce è una forma <strong>di</strong> energiaelettromagnetica che entra nell‛occhio ed agisce suifotorecettori posti sulla retina che avviano i processiattraverso cui vengono generati impulsi nervosi chepercorrono le reti neurali de<strong>di</strong>cate alla visione, ilcervello visivo. Esistono percorsi separati cheraggiungono il mesencefalo e la corteccia cerebraleme<strong>di</strong>ando <strong>di</strong>verse funzioni: la rilevazione e larappresentazione del movimento, le forme, i colori edaltri caratteri <strong>di</strong>stintivi del mondo visibile. Alcuni <strong>di</strong>questi meccanismi, ma non tutti, sono accessibili allanostra coscienza. Nella corteccia, i neuroni <strong>di</strong> areevisive <strong>di</strong>stinte sono specializzati in <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong>funzioni visive.Luce negli occhiLa luce entra nell‛occhio attraverso la pupilla e vienefatta convergere, dalla cornea e dal cristallino, sullaretina, che si trova sulla parete posteriore dell‛occhio. Lapupilla è circondata dall‛iride, pigmentata, che puòespandersi o contrarsi, rendendo la pupilla più grande opiù piccola al variare della quantità <strong>di</strong> luce incidente. Si èsoliti supporre che l‛occhio si comporti come unamacchina fotografica, che crea una sorta <strong>di</strong> “immagine”del mondo, ma questa è una metafora fuorviante sottomolti punti <strong>di</strong> vista. Anzitutto, non esistono immaginivisive statiche, dato che gli occhi si muovono incontinuazione. Inoltre, se un‛immagine formatasi sullaretina venisse inviata come tale al cervello, sarebbeallora necessario avere un altro omino dentro la testa,che possa osservare la seconda immagine! Per evitare lametafora <strong>di</strong> una serie infinita <strong>di</strong> persone dentro la testache guardano senza capire cosa stiano guardando,occorre considerare il vero problema che il cervellovisivo deve risolvere, ovvero come usare i messaggicriptati provenienti dagli occhi per interpretare il mondovisibile e prendere decisioni su <strong>di</strong> esso.Quando la luce converge sulla retina, i 125 milioni <strong>di</strong>fotorecettori posizionati sulla sua superficie rispondonoalla sua presenza generando minuscoli potenzialielettrici. Questi segnali passano per via sinaptica in unarete cellulare posta nella retina, attivando le cellulegangliari retiniche i cui assoni si uniscono a formare ilnervo ottico che emerge dalla parete posterioredell‛occhio. Gli assoni entrano nel cervello, dovetrasmettono i potenziali d‛azione alle <strong>di</strong>verse regionivisive con <strong>di</strong>fferenti funzioni.LuceCellule GangliariCellule BipolariCellule OrizzontaliBastoncelliConiIridePupillaLenteCorneaRetinaNervo otticoCellule AmacrineFoveaNervo otticoRetinaMacchia ciecaSchema dell‛occhio umano. La luce che entranell‛occhio è messa a fuoco dal cristallino (lente)sulla retina, che si trova in fondo. I suoirecettori rilevano l‛energia luminosa e, con unprocesso <strong>di</strong> trasduzione, generano i potenzialid‛azione che viaggiano poi lungo il nervo ottico.La retina. La luce attraversa le fibre che dannoorigine al nervo ottico e una complessa rete <strong>di</strong> cellule(bipolari, amacrine, ecc.) per arrivare ai bastoncelli eai coni che si trovano nella sua parte posterioreQuesta prima parte del meccanismo della visione è benconosciuta. I fotorecettori più numerosi, dettibastoncelli, sono circa 1000 volte più sensibili alla lucedegli altri, molto meno numerosi, detti coni. In manieraapprossimativa, si può <strong>di</strong>re che <strong>di</strong> notte ve<strong>di</strong>amo con ibastoncelli e <strong>di</strong> giorno con i coni. Esistono tre tipi <strong>di</strong> coni,sensibili a <strong>di</strong>verse lunghezze d‛onda della luce. Dire che iconi provocano la visione a colori è molto semplicistico,essi sono però essenziali per questo scopo. Se vengonosovraesposti alla luce <strong>di</strong> un solo colore, i pigmenti dei conisi adattano in modo da percepire subito dopo quel colorein minor misura anche se per breve tempo (ve<strong>di</strong> RiquadroEsperimento sull‛adattamento ai colori).14


Negli ultimi 25 anni, si sono fatte importanti scopertesul processo <strong>di</strong> fototrasduzione (la conversione dellaluce in segnali elettrici nei bastoncelli e nei coni), sullebasi genetiche della cecità ad alcuni colori (dovuta allamancanza <strong>di</strong> alcuni pigmenti), sul funzionamento delleconnessioni retiniche e sulla presenza <strong>di</strong> due <strong>di</strong>versi tipi<strong>di</strong> cellule gangliari. Circa il 90% <strong>di</strong> queste cellule sonomolto piccole, mentre un altro 5% è costituito da cellulepiù gran<strong>di</strong>, dette <strong>di</strong> tipo M, o magnocellulari. Vedremo inseguito come le anomalie nelle cellule <strong>di</strong> tipo M possanoessere all‛origine <strong>di</strong> alcune casi <strong>di</strong> <strong>di</strong>slessia (Capitolo 9).Un esperimento sull‛adattamento aicoloriFissa lo sguardo sulla piccola croce che si trovain mezzo ai due cerchi più gran<strong>di</strong>, per almeno 30secon<strong>di</strong>. Poi trasferisci lo sguardo sulla crocepiù in basso. I due cerchi “gialli” sembreranno <strong>di</strong>colori <strong>di</strong>versi. Sai spiegartelo?sinistranucleogenicolatolateraleCampo visivocorteccia visivadestranervo otticochiasma otticovie <strong>di</strong>rettealla cortecciaLe vie nervose che dall‛occhio conducono al cervello.Le sue cellule sono organizzate in colonne. Un concettoimportante circa la capacità reattiva delle cellule èquello <strong>di</strong> campo recettivo: la porzione <strong>di</strong> retina in cui lecellule rispondono ad un tipo specifico <strong>di</strong> immagine. InV1, dove avviene il primo sta<strong>di</strong>o dell‛elaborazionecorticale, i neuroni rispondono meglio alla visione <strong>di</strong>linee o margini con un particolare orientamento. È statoscoperto che tutti i neuroni che compongono ognisingola colonna rispondono maggiormente a linee omargini con un specifico orientamento, mentre lacolonna a<strong>di</strong>acente risponde meglio a linee o margini conun orientamento leggermente <strong>di</strong>verso dal precedente, ecosì via in tutta la superficie <strong>di</strong> V1. Questo significache le cellule della corteccia visiva hannoun‛organizzazione intrinseca per l‛interpretazione delmondo, che non è però un‛organizzazione statica. Lavarietà <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezioni alla quale una singola cellula puòessere reattiva viene mo<strong>di</strong>ficata dall‛esperienza,attraverso i segnali che provengono dall‛occhio destro odall‛occhio sinistro. Come per tutti i sistemi sensoriali,la corteccia visiva manifesta anch‛essa quella capacitàche viene detta plasticità.Passi ulteriori nel processo visivoI due nervi ottici entrano nel cervello. Le fibre <strong>di</strong> ciascunnervo si incrociano in una struttura detta chiasma ottico;la metà <strong>di</strong> esse passa dal lato opposto e si unisce allametà delle fibre dell‛altro nervo che non si è decussata.Questi fasci <strong>di</strong> fibre, insieme, costituiscono i trattiottici, che contengono fibre provenienti da ambedue gliocchi e che si <strong>di</strong>rigono (passando tra l‛intrico <strong>di</strong> cellule esinapsi <strong>di</strong> una struttura chiamata nucleo genicolatolaterale) verso la corteccia cerebrale. Qui si formano le“rappresentazioni interne” dello spazio visibile che cicirconda. In modo analogo a quanto avviene per il tatto(Capitolo 5), la parte sinistra del mondo visibile vienerappresentata nell‛emisfero destro, e la parte destranell‛emisfero sinistro. La rappresentazione interna siforma a partire dalle informazioni provenienti da ciascunocchio: le cellule delle aree visive poste nella parteposteriore del cervello (dette V1, V2, ecc.) possonoquin<strong>di</strong> reagire in risposta ad un‛immagine che provengain<strong>di</strong>fferentemente da un occhio o dall‛altro. Questacapacità è detta binocularità.La corteccia visiva è costituita da numerose aree,ciascuna de<strong>di</strong>cata ad uno degli aspetti del mondo visibilequali la forma, il colore, il movimento, la <strong>di</strong>stanza, ecc.DavidHubelTorstenWieselLe registrazioni elettriche delle cellule dellacorteccia visiva (a sinistra) da parte <strong>di</strong> DavidHubel e Torsten Wiesel ha rivelato alcunestupefacenti proprietà <strong>di</strong> queste cellule,come l‛orientamento selettivo, l‛or<strong>di</strong>nataorganizzazione colonnare e la plasticitàdell‛intero sistema. Queste scoperte hannoportato all‛assegnazione del Premio Nobel.15


Frontiere della ricercaUn cieco può vedere? Certamente no. Tuttavia, lascoperta <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse aree visive cerebrali ha<strong>di</strong>mostrato che alcune abilità visive si verificanoanche in assenza <strong>di</strong> consapevolezza. Persone cheabbiano subito un danno della corteccia visivaprimaria (V1) riferiscono <strong>di</strong> non poter vedere glioggetti nel loro campo visivo ma, quando richiesti <strong>di</strong>afferrare gli oggetti che <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> non vedere, viriescono con precisione. Questo curioso edaffascinante fenomeno è noto come “cecitàcorticale” ed è verosimilmente dovuto a connessioniparallele tra gli occhi ed altre zone <strong>di</strong> corteccia.Il non rendersi conto <strong>di</strong> ciò che si vede è un fattocomune anche nei soggetti normali. Se statechiacchierando mentre guidate, la vostraattenzione è assorbita dalla conversazione, purtuttavia vi fermate ai semafori ed evitate gliostacoli. Questa capacità rappresenta una sorta <strong>di</strong>cecità corticale funzionale.L‛intricato insieme <strong>di</strong> circuiti della corteccia visiva è unodei gran<strong>di</strong> rompicapo dei neuroscienziati. Differenti tipi<strong>di</strong> neuroni sono <strong>di</strong>sposti in sei strati corticali, connessi aformare precisi circuiti locali che solo ora iniziamo acomprendere. Alcune connessioni sono eccitatorie, altreinibitorie. Qualche neuroscienziato ha avanzato l‛ipotesiche esistano dei microcircuiti corticali canonici, come icircuiti integrati all‛interno <strong>di</strong> un computer. Non tuttisono d‛accordo. Si ritiene che i circuiti <strong>di</strong> un‛area visivaabbiano notevoli somiglianze con quelli <strong>di</strong> un‛altra, mapotrebbero esserci sottili <strong>di</strong>fferenze che riflettono i<strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> in cui ciascuna informazione elementare delcervello visivo fornisce un‛interpretazione dei <strong>di</strong>versiaspetti del mondo visivo. Gli stu<strong>di</strong> sulle illusioni ottichehanno inoltre fornito spunti circa il tipo <strong>di</strong> processi chepotrebbero avvenire passo a passo nell‛analisi visiva.La forma <strong>di</strong> questo famoso muro <strong>di</strong> un caffé <strong>di</strong>Bristol (a sinistra) è rettangolare, anche se nonsembra. La <strong>di</strong>sposizione degli elementi raffiguraticrea un illusione dovuta a complesse interazionieccitatorie ed inibitorie dei neuroni deco<strong>di</strong>ficantilinee e bor<strong>di</strong>. Il triangolo <strong>di</strong> Kanizsa (a destra) inrealtà non esiste, ma ciò non ci vieta <strong>di</strong> percepirlo!Il sistema visivo “decide” che c‛è un triangolobianco sopra gli altri elementi del <strong>di</strong>segno.Decisione e IndecisioneUna funzione chiave della corteccia cerebrale è lacapacità <strong>di</strong> sintetizzare ed elaborare informazionisensoriali provenienti da fonti <strong>di</strong>verse. La possibilità <strong>di</strong>prendere una decisione è parte essenziale <strong>di</strong> questacapacità. Questa parte del processo ha a che fare con ilpensiero e con il confronto con elementi già noti, ed èdetta “processo cognitivo”. I dati sensoriali <strong>di</strong>sponibilidebbono essere valutati ed elaborati per formulare lascelta che meglio si adatti alla circostanza (ad esempio,muoversi o restare fermi).Solo macchie bianche e nere?All‛inizio è <strong>di</strong>fficile identificareil profilo dell‛immagine. Madopo aver saputo che si tratta<strong>di</strong> un cane dalmata, la figura“emerge”. Il cervello visivo usale sue nozioni interne perinterpretare la scenapercepita.Esistono decisioni <strong>di</strong>fficili che richiedono un ragionamentocomplesso ed altre che possono essere semplici edautomatiche. Persino le decisioni più semplici possono peròcoinvolgere la collaborazione fra informazioni sensoriali e ciòche già si sa. Un modo per cercare <strong>di</strong> comprendere le basineurali del processo <strong>di</strong> decisione potrebbe essere quello <strong>di</strong>registrare l‛attività dei neuroni <strong>di</strong> una persona durante le suenormali attività quoti<strong>di</strong>ane. Potremmo immaginare <strong>di</strong> essere ingrado <strong>di</strong> registrare, con una precisione <strong>di</strong> un millisecondo,l‛attività <strong>di</strong> ognuno dei 10 11 neuroni del cervello. In questomodo, non solo avremmo una quantità ingestibile <strong>di</strong> dati, maanche il compito <strong>di</strong> doverli interpretare, il che complicaulteriormente le cose. Per capirne il motivo, si pensi unistante al perché le persone compiono determinate azioni. Unapersona che ve<strong>di</strong>amo camminare in una stazione ferroviariapotrebbe trovarsi là per prendere un treno, incontrarequalcuno che sta arrivando, o persino per fare dei graffiti suivagoni. Senza sapere quali siano le sue intenzioni, potrebberisultare <strong>di</strong>fficile interpretare le correlazioni fra qualsiasimodalità <strong>di</strong> attivazione nel suo cervello ed il suocomportamento.Per questo motivo, ai neuroscienziati piace valutare ilcomportamento in situazioni tenute sotto un preciso controllosperimentale. Questo può essere ottenuto mettendo a puntoun compito specifico, assicurandosi che i soggetti lo eseguanoal meglio delle loro possibilità dopo un intenso allenamento, etenere infine sotto controllo l‛esecuzione del compito. Ilcompito meglio configurato per capire cosa sta succedendodeve avere la caratteristica <strong>di</strong> essere sufficientementecomplesso da essere interessante, ma anche abbastanzasemplice da offrire la possibilità <strong>di</strong> essere eseguito. Un buonesempio è costituito dal processo decisionale sullecaratteristiche <strong>di</strong> due stimoli visivi – generalmente non più <strong>di</strong>due – che comporta una semplice risposta (ad esempio, qualesorgente luminosa è più intensa, o quale la più estesa). Benchési tratti <strong>di</strong> un compito semplice, per eseguirlo viene attivatoun ciclo completo del processo decisionale. L‛informazionesensoriale viene acquisita ed analizzata; vi sono rispostecorrette e sbagliate per la decisione che viene presa; si puòpensare <strong>di</strong> assegnare una ricompensa a seconda che il compitovenga eseguito in maniera corretta o meno. Questo tipo <strong>di</strong>ricerca è una sorta <strong>di</strong> “fisica della visione”.Decisioni su Movimento e ColoriUn argomento attuale e <strong>di</strong> grande interesse è come i neuronisiano coinvolti nel prendere decisioni sulla visione delmovimento. Sapere se un oggetto si sta muovendo o no, ed inquale <strong>di</strong>rezione, è importante per gli esseri umani e per tuttigli altri esseri viventi. Il movimento relativo in<strong>di</strong>cageneralmente che un oggetto è <strong>di</strong>fferente dagli altri che glistanno attorno. Le regioni del cervello visivo che sonocoinvolte nell‛elaborazione delle informazioni sul movimentopossono essere identificate come regioni anatomicamente<strong>di</strong>stinte esaminando i percorsi delle fibre e le connessioni frale varie aree cerebrali me<strong>di</strong>ante tecniche <strong>di</strong> “neuroimmagine”nell‛uomo (ve<strong>di</strong> Capitolo 14) o registrando l‛attività <strong>di</strong> singolineuroni negli altri animali.16


AParietaleBdorsaleanterioreCTemporalecoerenza 0% coerenza 50% coerenza 100%DProporzione <strong>di</strong>preferenzadecisionaleCoerenza (%)Percezione del movimento. A. Vista laterale <strong>di</strong> cervello <strong>di</strong> scimmia con la corteccia visiva primaria (V1) a sinistra e l‛areaMT (chiamata anche V5) dove si trovano i neuroni che percepiscono gli oggetti in movimento. B. Attività elettrica(potenziali d‛azione: linee verticali) <strong>di</strong> un neurone che percepisce uno stimolo (barra bianca) che si muove da sud-est anord-ovest, ma non in <strong>di</strong>rezione opposta. C. Stimoli utilizzati negli esperimenti sulla percezione del movimento, dove icerchietti si muovono in tutte le <strong>di</strong>rezioni (0% <strong>di</strong> coerenza) o in una sola <strong>di</strong>rezione (100% <strong>di</strong> coerenza). D. La capacitàdella scimmia <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care la <strong>di</strong>rezione più probabile aumenta con la coerenza del loro movimento (linea gialla). Lamicrostimolazione elettrica delle colonne <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso orientamento sposta la linea della stima della <strong>di</strong>rezione (linea blu).L‛attività elettrica dei neuroni in una <strong>di</strong> queste aree,detta area MT o anche V5, è stata registrata nellascimmia mentre eseguiva un semplice compito <strong>di</strong>decisione sul percorso <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong> punti inmovimento. La maggior parte dei punti veniva fattamuovere in maniera casuale in <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>rezioni, mentresolo alcuni si spostavano costantemente in una stessa<strong>di</strong>rezione – verso l‛alto, verso il basso, a destra o asinistra. L‛osservatore doveva giu<strong>di</strong>care quale fosse la<strong>di</strong>rezione del movimento preferenziale <strong>di</strong> tuttol‛insieme. Il compito poteva essere reso molto semplice,aumentando la percentuale <strong>di</strong> punti che si muovevanouniformemente, o più <strong>di</strong>fficile riducendo questapercentuale. Il risultato <strong>di</strong> questo esperimento è chel‛attività delle cellule in V5 riflette accuratamentel‛intensità del segnale fornito dal movimento uniforme.I neuroni in quest‛area rispondono selettivamente aparticolari <strong>di</strong>rezioni <strong>di</strong> movimento, aumentandosistematicamente ed accuratamente la loro attivitàquando aumenta la percentuale <strong>di</strong> punti che si spostanonella <strong>di</strong>rezione preferenziale delle cellule neuronali.Sorprendentemente, alcuni neuroni singoli riescono a<strong>di</strong>dentificare il movimento dei puntini come fa unosservatore, sia esso una scimmia o un essere umano,compiendo una scelta decisionale. La microstimolazione<strong>di</strong> questi neuroni attraverso l‛elettrodo che si usanormalmente per la registrazione può persinoinfluenzare il giu<strong>di</strong>zio della scimmia sullo spostamentorelativo. Questo è insolito, poiché un gran numero <strong>di</strong>neuroni è sensibile alla osservazione del movimento e cisi potrebbe aspettare che la decisione sia basatasull‛attività <strong>di</strong> molti neuroni anziché soltanto <strong>di</strong> pochi.Le decisioni relative al colore procedono in manierasimile (ve<strong>di</strong> riquadro Frontiere della Ricerca).Il cubo <strong>di</strong> Necker è un‛immagine percettivamentereversibile. L‛immagine sulla retina non cambia, ma il cubopuò essere visto con l‛angolo in alto a sinistra sia vicinoall‛osservatore che in profon<strong>di</strong>tà. A volte, ma raramente,può essere anche visto come una serie <strong>di</strong> linee che siincrociano su una superficie piana. Esistono molti tipi <strong>di</strong>figure reversibili, alcune delle quali sono state utilizzateper esplorare i segnali nervosi che vengono coinvolti quandoil cervello visivo prende decisioni su quale configurazionesia dominante in ogni movimento.17


Frontiere della ricercaCellule sensibili ai colori. Alcuni neuroni mostrano attività elettriche <strong>di</strong>verse a seconda della lunghezza d‛onda della luce. Alcunirispondono meglio alle onde lunghe, altri a quelle corte. Si potrebbe pensare che ciò sia sufficiente a percepire i colori, ma non èsempre così. Si paragoni l‛attività della cellula a sinistra con quella della cellula a destra. Qual è la <strong>di</strong>fferenza?Sotto è riportata una rappresentazione <strong>di</strong> uno sfondo colorato chiamato Mondrian (dall‛artista Peter Mondrian). Può essereilluminato con <strong>di</strong>fferenti combinazioni <strong>di</strong> onde lunghe, me<strong>di</strong>e e corte, così che ogni pannello colorato rifletta esattamente la stessamiscela luminosa: ciò nonostante si continuerebbero a percepire colori <strong>di</strong>versi a causa della presenza dei pannelli circostanti.grigiorossobluverdeverdeblurossoSinistra. La cellula a sinistra, registrata in V1, risponde più omeno allo stesso modo in tutti i casi. Non “percepisce” i colori:semplicemente risponde alle identiche miscele <strong>di</strong> lunghezzed‛onda riflesse da ciascun pannello.gialloDestra. Una vera cellula sensibile ai colori dell‛area V4risponde bene a un‛area del Mondrian che viene percepitarossa, ma molto meno agli altri pannelli. La <strong>di</strong>versità <strong>di</strong>risposta si verifica anche quando la stessa tripletta <strong>di</strong>lunghezze d‛onda è riflessa da ciascun pannello. V4 può quin<strong>di</strong>essere la parte del cervello che consente <strong>di</strong> percepire i colori,anche se alcuni neuroscienziati ritengono che non sia l‛unica.Vedere per CredereL‛area V5 fa qualcosa <strong>di</strong> più della sola ricognizione delmovimento <strong>di</strong> uno stimolo visivo, essa registra anche lapercezione del movimento. Usando alcuni trucchi visivi perfar sembrare che un gruppo <strong>di</strong> puntini si stia spostando inuna <strong>di</strong>rezione muovendo opportunamente i puntinicircostanti, fornendo dunque l‛illusione del movimento, siosserva che i neuroni corrispondenti all‛area dell‛illusioneinviano segnali <strong>di</strong>fferenti se lo spostamento illusorio èpercepito verso sinistra o verso destra. Se il movimento ècompletamente casuale, i neuroni che normalmentepreferiscono lo spostamento verso destra si attiveranno unpo‛ <strong>di</strong> più se l‛osservatore riferisce che il movimento casualedei puntini sembra andare complessivamente verso destra (eviceversa). Le <strong>di</strong>fferenze fra le decisioni neuronali <strong>di</strong>“movimento verso destra” o “verso sinistra” riflettono ilgiu<strong>di</strong>zio dell‛osservatore sulla modalità del moto, non lanatura assoluta del moto che viene presentato.Altri esempi <strong>di</strong> decisione o indecisione visiva includono lereazioni alla percezione <strong>di</strong> oggetti ambigui, come ilcosiddetto cubo <strong>di</strong> Necker (ve<strong>di</strong> Figura). Con questo tipo <strong>di</strong>stimolo, l‛osservatore è posto in uno stato forzato <strong>di</strong>indecisione e fluttua continuamente fra un‛interpretazione el‛altra. Un simile conflitto interiore si può sperimentareguardando un gruppo <strong>di</strong> linee verticali con l‛occhio sinistromentre con l‛occhio destro si guardano delle lineeorizzontali. La percezione risultante è detta rivalitàbinoculare, poiché l‛osservatore riferisce inizialmente <strong>di</strong>vedere soprattutto linee verticali, poi orizzontali e poinuovamente verticali. Di nuovo, i neuroni in <strong>di</strong>verse areedella corteccia visiva reagiscono <strong>di</strong>versamente quando lapercezione dell‛osservatore cambia da orizzontale averticale e viceversa.Il nostro mondo visibile è affascinante. La luce ci permette<strong>di</strong> apprezzare il mondo intorno a noi, dai semplici oggettialle opere d‛arte che ci abbagliano ed incantano. Milioni emilioni <strong>di</strong> neuroni, che vanno dal fotorecettore retinico cherisponde ad un puntino luminoso al neurone in area V5 chedecide se qualcosa nel mondo visibile si sta muovendo sonocoinvolti con <strong>di</strong>versi ruoli. Tutto ciò avviene apparentementesenza sforzo nel nostro cervello. Non siamo ancora in grado<strong>di</strong> capire tutto questo, ma i neuroscienziati ci stannolavorando e progre<strong>di</strong>scono a gran<strong>di</strong> passi.Colin Blakemore ha contribuito allacomprensione <strong>di</strong> come il sistema visivosi sviluppi, compiendo stu<strong>di</strong>pionieristici con culture cellulari perstu<strong>di</strong>are le interazioni fra porzioni<strong>di</strong>verse delle vie nervose nel cervellodell‛embrione (a sinistra). A destrasono mostrati assoni (colorati inverde) che scendono dalla cortecciaverso altre fibre (colorate inarancione) e che “si stringono la mano”prima <strong>di</strong> salire verso la corteccia.18Siti Internet: faculty.washington.edu/chudler/chvision.htmlhttp://www.ncl.ac.uk/biol/research/psychology/nsg


MovimentoPensate <strong>di</strong> afferrare una palla. Può sembrarefacile ma, anche per eseguire il movimento piùsemplice, il cervello deve compiere degli importantipassaggi. Diamo tutto per scontato, ma ènecessario una pianificazione: la palla sarà pesanteo leggera? Da quale <strong>di</strong>rezione proviene e a qualevelocità? Ci vuole coor<strong>di</strong>nazione: come possiamoatteggiare automaticamente le braccia perafferrare e qual è il modo migliore? C‛é poil‛esecuzione: le braccia sono al posto giusto e le<strong>di</strong>ta si chiudono nel momento esatto? Ineuroscienziati sanno che sono molte le areecerebrali coinvolte. L‛attività neurale in queste areeforma una lunga catena <strong>di</strong> coman<strong>di</strong>, una gerarchiamotoria, dalla corteccia cerebrale e dai gangli dellabase fino al cervelletto e al midollo spinale.La giunzione neuromuscolareAll‛estremo inferiore della gerarchia motoria, nelmidollo spinale, centinaia <strong>di</strong> cellule specializzate, imotoneuroni, aumentano la loro frequenza <strong>di</strong> scarica.I loro assoni proiettano ai muscoli, dove attivano lefibre muscolari contrattili. I rami terminali degliassoni <strong>di</strong> ogni motoneurone formano particolarigiunzioni neuromuscolari con un numero limitato <strong>di</strong>fibre <strong>di</strong> ciascun muscolo (ve<strong>di</strong> Figura sottostante).Ogni potenziale d‛azione <strong>di</strong> un motoneurone causa ilrilascio <strong>di</strong> un neurotrasmettitore dalla terminazionenervosa e genera un potenziale d‛azione nella fibramuscolare corrispondente. Ciò provoca il rilascio <strong>di</strong>ioni Ca 2+ dai depositi intracellulari <strong>di</strong> ogni fibramuscolare che, a sua volta, innesca la contrazionedelle fibre stesse, producendo forza e movimento.Per far contrarre i muscoli, i nervi formano deicontatti specializzati con le singole fibre allagiunzione neuromuscolare. Molteplici fibrenervose si <strong>di</strong>rigono ad ogni fibra muscolare ma,per la competizione tra i vari neuroni, vengonotutte eliminate tranne una. Questa fibra puòallora rilasciare il suo neurotrasmettitore(l‛acetilcolina) attivo sui recettori molecolarispecializzati della “placca motoria” (colorata inrosso). L‛immagine è stata ripresa con unmicroscopio con focale.Grado <strong>di</strong> forzaSegnale EMGRegistrazione dell‛attività elettrica <strong>di</strong> un muscolo(attività elettro-miografica o EMG).Gli eventi elettrici nei muscoli del braccio possonoessere registrati anche attraverso la cute me<strong>di</strong>anteun amplificatore Questa registrazioneelettromiografica (EMG) misura il livello <strong>di</strong> attività inciascun muscolo (ve<strong>di</strong> Figura soprastante).Il midollo spinale gioca un ruolo importante nelcontrollo muscolare attraverso svariate vie riflesse,tra le quali figurano i riflessi <strong>di</strong> allontanamento, che ciproteggono dal contatto con oggetti appuntiti oincandescenti, e i riflessi <strong>di</strong> stiramento, importanti peril mantenimento della postura. Il noto “riflessorotuleo”, <strong>di</strong> percussione del ginocchio col martellettoè un esempio <strong>di</strong> riflesso <strong>di</strong> stiramento alquantospeciale che coinvolge solo due tipi <strong>di</strong> neuroni: quellisensitivi che segnalano la lunghezza del muscolo e chesono connessi attraverso sinapsi ai motoneuroni cheprovocano il movimento. Questi riflessi, unitamente adaltri più complessi, formano i circuiti spinali cheorganizzano comportamenti più o meno evoluti, come imovimenti automatici degli arti durante il cammino o lacorsa, che prevedono una stimolazione ed un‛inibizionecoor<strong>di</strong>nata dei motoneuroni.I motoneuroni sono la via finale comune <strong>di</strong>retta aimuscoli che muovono le nostre ossa. Il cervello haperò un grande problema nel controllare l‛attività <strong>di</strong>queste cellule: quali muscoli deve muovere percompiere una data azione, <strong>di</strong> quanto e in che or<strong>di</strong>ne?Il vertice della gerarchia: lacorteccia motoriaAll‛estremità opposta della gerarchia motoria, nellacorteccia cerebrale, un enorme numero <strong>di</strong> calcoli deveessere eseguito, da parecchie decine <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong>cellule, per ciascuna componente del movimento. Questicalcoli assicurano che il movimento sia compiuto conabilità e precisione. Tra la corteccia cerebrale e i19


Corteccia parietaleCorteccia motoriaCorteccia premotoriaUn esperimento sul movimentoCervellettoGangli della base (all‛interno)Le varie aree cerebrali coinvolte nel controllodel movimento.motoneuroni del midollo spinale, alcune aree cruciali deltronco encefalico assemblano le informazioniriguardanti gli arti e i muscoli che salgono dal midollospinale con quelle che <strong>di</strong>scendono dalla cortecciacerebrale.La cortecia motoria è una sottile striscia <strong>di</strong> tessuto checorre sulla superficie del cervello, proprio al davantidella corteccia somatosensitiva (ve<strong>di</strong> pag. 12). Qui èrappresentata l‛intera immagine corporea: i nervi checausano i movimenti degli arti (attraverso leconnessioni con i motoneuroni del midollo spinale) hannouna <strong>di</strong>stribuzione topografica. Utilizzando un elettrodo<strong>di</strong> registrazione, in questa zona <strong>di</strong> corteccia si possonotrovare neuroni che scaricano a circa 100 millisecon<strong>di</strong>prima <strong>di</strong> trasmettere l‛impulso ai muscoli. Ciò che vieneco<strong>di</strong>ficato nella corteccia motoria è da tempo oggetto<strong>di</strong> <strong>di</strong>battito: le cellule corticali co<strong>di</strong>ficano le azioni cheuna persona intende compiere o inviano semplicementeimpulsi ai singoli muscoli che debbono essere contrattiper eseguire l‛azione? La risposta è in realtà molto<strong>di</strong>versa: i singoli neuroni non sod<strong>di</strong>sfanno nessuna delledue ipotesi. Esiste invece un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> popolazione incui le azioni vengono specificate dalla scarica <strong>di</strong> uninsieme <strong>di</strong> neuroni.Davanti alla corteccia motoria sono situate le aree premotorieimplicate nella pianificazione delle azioni, nellapreparazione dei circuiti spinali e nell‛elaborazione deiprocessi che stabiliscono una connessione tral‛osservazione <strong>di</strong> un movimento e la comprensione <strong>di</strong> ungesto. Tra le nuove scoperte va annoverata quella deineuroni specchio che, nella scimmia, si attivano siaquando l‛animale vede sia quando esegue un movimento<strong>di</strong> una mano. I neuroni specchio sono importanti sianell‛imitazione che nella comprensione delle azioni.Dietro la corteccia motoria, nella corteccia parietale,numerose altre aree sono sede della rappresentazionespaziale del corpo e degli stimoli visivi e u<strong>di</strong>tiviprovenienti dall‛ambiente. Esse sembrano avere unamappa <strong>di</strong> dove si trovano i nostri arti e <strong>di</strong> dove sianoposti gli stimoli interessanti. Un danno <strong>di</strong> queste aree,Chi ti muove? Fai questa prova con un amico.Solleva con il palmo della mano destra un libroabbastanza pesante. Solleva poi il libro dallamano destra con la sinistra. L‛obiettivo è tenereferma la mano destra! Sembrerebbe facile. Oraprova <strong>di</strong> nuovo, tenendo la mano immobile,mentre il tuo amico solleva il libro dal tuo palmo.In pochi vi riescono. Non preoccuparti.,occorrono molte prove per riuscire anche soload avvicinarsi al risultato conseguito quando haieseguito l‛esperimento da solo.L‛esperimento <strong>di</strong>mostra che le areesensorimotorie del tuo cervello conosconomeglio ciò che fai interamente da solo rispettoa ciò che appren<strong>di</strong> quando sono altri ad attivareil tuo movimento.come ad esempio dopo un ictus, può provocarel‛incapacità <strong>di</strong> afferrare un oggetto o persino lanegligenza <strong>di</strong> una parte dell‛ambiente circostante. Ipazienti affetti da negligenza parietale non vedonogli oggetti posti da un lato (spesso alla propriasinistra) e a volte ignorano persino la parte sinistradel proprio corpo.I gangli della baseI gangli della base sono un insieme <strong>di</strong> areeinterconnesse situate nella profon<strong>di</strong>tà degli emisfericerebrali. Esse sono cruciali per dare l‛avvio almovimento, anche se non è per nulla chiaro come“…I neuroni specchio saranno per la psicologia ciò che il DNA è stato perla biologia: forniranno una cornice unificatrice per consentire laspiegazione delle facoltà mentali che sono finora rimaste inaccessibilialla sperimentazione. Essi costituiscono il grande balzo in avantinell‛evoluzione del cervello dei primati”. V.S. Ramachandran20


esse agiscano in questo senso. I gangli della basesembrano agire come una sorta <strong>di</strong> filtro, che selezionale informazioni fra l‛enorme numero <strong>di</strong> impulsi chericeve dalla metà anteriore della corteccia (dalle areesensitive, motorie, prefrontali e limbiche). Gli impulsi inuscita dai gangli della base tornano alle aree motoriecorticali.Un <strong>di</strong>sturbo del movimento molto <strong>di</strong>ffuso, il morbo <strong>di</strong>Parkinson, è caratterizzato da tremore e <strong>di</strong>fficoltà a<strong>di</strong>niziare il movimento, come se il filtro selettivo deigangli della base fosse bloccato. Il problema consistenella degenerazione dei neuroni nell‛area cerebraledetta substantia nigra (perché appare nera) i cuilunghi assoni efferenti rilasciano il neurotrasmettitoredopamina a livello dei gangli della base (ve<strong>di</strong> il riquadroFrontiere della ricerca). L‛esatta <strong>di</strong>stribuzione degliassoni dopaminici sui neuroni dei gangli della base èmolto intricata, il che suggerisce una complessainterazione fra vari neurotrasmettitori. La terapiafarmacologia con L-Dopa, che il cervello converte indopamina, ripristina i livelli del neurotrasmettitore econsente <strong>di</strong> nuovo il movimento (ve<strong>di</strong> Capitolo 16).I gangli della base sono ritenutiimportanti anche per l‛appren<strong>di</strong>mentomotorio, consentendo la scelta <strong>di</strong> azioniche portano ad una gratificazione.A tutti questi sta<strong>di</strong> è necessario integrare leinformazioni sensitive nel flusso <strong>di</strong> segnali <strong>di</strong>retti aimuscoli..Una cellula <strong>di</strong> Purkinje del cervelletto che mostra l‛estesa‘ramificazione‛ del suo albero dendritico. Essa serve perricevere la miriade <strong>di</strong> impulsi necessari per la precisa edabile pianificazione dei movimenti che stiamo imparando.Il cervellettoIl cervelletto è cruciale per i movimentiabili e coerenti. E‛ una splen<strong>di</strong>damacchina neuronale la cui intricataarchitettura cellulare è stata mappatacon gran precisione. Come i gangli dellabase, è strettamente collegato con learee corticali deputate al controllomotorio, ma anche con le strutture deltronco encefalico. Un danno alcervelletto porta a movimenti pococoor<strong>di</strong>nati, per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> equilibrio, parolaabburattata e <strong>di</strong>fficoltà cognitive. Visembra familiare? L‛alcol ha un effettonotevole sul cervelletto.Il cervelletto è fondamentale ancheper l‛appren<strong>di</strong>mento motorio e perl‛adattamento. Quasi tutte le azioni volontarie si fondanosu un fine controllo dei circuiti motori e il cervellettoprovvede al loro aggiustamento ottimale, come ad esempioalla loro temporizzazione. La sua struttura corticale èmolto regolare e sembra essersi evoluta per coor<strong>di</strong>narele varie informazioni provenienti dalle aree sensitive,motorie, spinali e del tronco. L‛acquisizione <strong>di</strong> abilitàmotorie <strong>di</strong>pende da un meccanismo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mentocellulare detto depressione a lungo termine (LTD) cheriduce la forza <strong>di</strong> alcune connessioni sinaptiche (ve<strong>di</strong> ilcapitolo Plasticità). Esistono numerose teorie sulfunzionamento del cervelletto: molte ritengonoche generi un “modello” <strong>di</strong> come funziona il sistemamotorio, una sorta <strong>di</strong> realtà virtuale del nostro corpodentro la nostra testa. Il modello è costruito utilizzandola plasticità sinaptica che è intrinseca nelle sue intricatereti. Ora provate ad afferrare nuovamente la palla ecapirete come tutti i livelli della gerarchia motoria sonocoinvolti in questo gesto: dalla pianificazione dell‛azionein rapporto al bersaglio visivo, alla programmazione deimovimenti degli arti, fino agli aggiustamenti posturaliriflessi delle braccia.Gangli della baseSNFrontiere della ricercaputamencaudatoSubstantianigra (SN)terminazionicorticaliafferenzedopaminergiche10.000terminazionicorticali1000 sinapsidopaminergichesulle spinedendriticheneuronistriataliLa chimica dell‛azione e del comportamento coinvolge ancheil neurotrasmettitore dopamina, rilasciato dai neuroni deigangli della base, dove agisce sui recettori metabotropici(Capitolo 3) sia come stimolo all‛azione che come segnale <strong>di</strong>ricompensa dopo un‛azione adeguata. Una scopertainteressante è che il rilascio <strong>di</strong> dopamina è maggiore quandola ricompensa è inattesa, ovvero i neuroni dopaminergiciscaricano <strong>di</strong> più durante l‛appren<strong>di</strong>mento, quando è utiledare un rinforzo al sistema motorio per aver trasmesso ilgiusto segnale. I movimenti possono venire allora collegatiin sequenza tramite il rilascio in successione <strong>di</strong> scariche <strong>di</strong>dopamina. In seguito, quando le sequenze motorie <strong>di</strong>vengonoabituali, il sistema funziona liberamente senza il compensodella dopamina. A questo punto, se i movimenti sono statiben temporizzati, entra in gioco il cervelletto.Impara come i neuroscienziati hanno scoperto i meccanismi del controllo del movimento al sito:http://www.pbs.org/wgbh/aso/tryit/brain/21


Sviluppo delSistema NervosoLa struttura <strong>di</strong> base del cervello é teoricamenteidentica in ciascuna persona e apparentemente similein tutti i mammiferi. E‛ in gran parte geneticamentedeterminata ma i fini dettagli delle sue connessionisono influenzati dall‛attività elettrica cerebrale,soprattutto nei primi momenti <strong>di</strong> vita. La suacomplessità è tale che siamo ancora molto <strong>di</strong>stantidal comprendere appieno lo sviluppo del cervelloanche se, in epoca recente, chiari in<strong>di</strong>zi sono emersia seguito della rivoluzione genetica.Pren<strong>di</strong> un uovo fertilizzato esegui le istruzioniIl corpo umano e il cervello si sviluppano da un‛unicacellula, l‛uovo fertilizzato. Ma come accade? Il principiocar<strong>di</strong>ne della biologia evolutiva è che il genoma è uninsieme <strong>di</strong> istruzioni per creare gli organi del corpo,non una carta copiativa. Il genoma è composta da circa40,000 geni che orchestrano tale processo. Portare atermine queste istruzioni è un po‛ come l‛arte cinese <strong>di</strong>piegare la carta, dove un numero limitato <strong>di</strong> mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>piegatura produce una struttura che potrebbe essererappresentata solo da molti <strong>di</strong>segni. A partiredall‛embrione, un numero relativamente piccolo <strong>di</strong>istruzioni genetiche è in grado <strong>di</strong> produrre un‛enormevarietà <strong>di</strong> cellule e connessioni cerebrali durante losviluppo.Sorprendentemente, con<strong>di</strong>vi<strong>di</strong>amo molti dei nostri genicon il moscerino della frutta, la Drosophila. E‛ propriograzie agli stu<strong>di</strong> sul moscerino della frutta che è statain<strong>di</strong>viduata la maggior parte dei geni fondamentali perlo sviluppo del sistema nervoso dell‛uomo. Ineuroscienziati che stu<strong>di</strong>ano lo sviluppo cerebraleesaminano molti animali (pesce zebra, rana, pulcino etopo) ciascuno dei quali offre dei vantaggi nell‛esame<strong>di</strong> particolari eventi molecolari o cellulari. L‛embrione <strong>di</strong>pesce zebra è trasparente e consente <strong>di</strong> osservare almicroscopio ogni sua cellula durante lo sviluppo. Il toposi riproduce in fretta e il suo genoma è stato quasi deltutto mappato e sequenziato. Pulcini e rane sono menoutili ma i loro gran<strong>di</strong> embrioni permettono manipolazionimicrochirurgiche per esaminare cosa succede quandoalcune cellule migrano in posizioni anomale.Primi passi…ACBDEFIl primo passo nello sviluppo cerebrale è la <strong>di</strong>visionecellulare. Un altro punto chiave è la <strong>di</strong>fferenziazionecellulare, quando le singole cellule smettono <strong>di</strong><strong>di</strong>vidersi ed assumono caratteristiche specifiche comequelle dei neuroni o delle cellule gliali. La<strong>di</strong>fferenziazione causa una riorganizzazione spaziale.Diversi tipi <strong>di</strong> neuroni migrano in <strong>di</strong>verse se<strong>di</strong> in unprocesso detto <strong>di</strong> formazione della trama.Il primo evento saliente nella formazione della tramaavviene durante la terza settimana della gestazioneumana, quando l‛embrione è formato solo da un doppioLa placca neurale si ripiega nel tubo neurale. A. Unembrione umano a 3 settimane dal concepimento.B. La placca neurale forma la superficie superiore(dorsale) dell‛embrione. C. Pochi giorni dopo, sisviluppanp le amplie pliche frontali (anteriori). Laplacca neurale rimane aperta ad entrambe leestremità ma si chiude nel mezzo. D, E, F. Varilivelli dell‛asse cranio-caudale che mostrano i<strong>di</strong>versi sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> chiusura del tubo neurale.22


foglietto <strong>di</strong> cellule in <strong>di</strong>visione. Un gruppetto <strong>di</strong> cellulesulla superficie superiore del doppio foglio contiene leistruzioni per formare l‛intero cervello e il midollospinale. Queste cellule compongono una struttura aforma <strong>di</strong> racchetta da tennis detta placca neurale, lacui parte anteriore darà origine al cervello mentre laparte posteriore <strong>di</strong>verrà il midollo spinale. I segnaliche <strong>di</strong>rigono queste cellule provengono dal fogliettosottostante che darà origine allo scheletro e aimuscoli assiali dell‛embrione. Le <strong>di</strong>verse regioniesprimono <strong>di</strong>versi insiemi <strong>di</strong> geni che determinano losviluppo delle varie aree cerebrali, il telencefalo, ilmesencefalo e il romboencefalo, con <strong>di</strong>stinte funzionie <strong>di</strong>versa architettura cellulare.Si continua arrotolandosiUna settimana dopo, la placca neurale si arrotola informa <strong>di</strong> tubo, si approfonda e viene avvolta da quellache sarà la futura epidermide. Nelle settimane seguentisi verificano ulteriori profon<strong>di</strong> cambiamenti compresimutamenti <strong>di</strong> forma, <strong>di</strong>visioni, migrazioni e adesionicellulari. Il tubo neurale, ad esempio, si piega fino a chela regione cefalica si trova ad angolo retto rispetto aquella del tronco. Questo rimodellamento prosegue aplacca neuralecresta neuraleBA26 giorniB28 giorniDC35 giorniED49 giorniFLa morfogenesi del cervello umano fra (A) 4 setttimane e(D) 7 settimane dopo il concepimento. Le <strong>di</strong>verse regioni siespandono e si formano varie pliche lungo l‛asse craniocaudale.23


livelli sempre più raffinati, fino a conferire un‛ identitàin<strong>di</strong>viduale ai nuovi neuroni. Le cose possono però andarmale. Una mancata chiusura del tubo neurale causa laspina bifida, una con<strong>di</strong>zione solitamente limitata altratto finale del midollo spinale che, benché invalidante,non costituisce un rischio per la vita. D‛altro canto, lamancata chiusura del tratto craniale può esitare nellacompleta mancanza <strong>di</strong> un cervello, una con<strong>di</strong>zione notacome anencefalia.Impara il tuo posto nella vitaChemiorepulsione(semaforine)Chemioattrazione(netrine)Coni <strong>di</strong>crescitaIl principio sottostante la formazione della trama èche le cellule imparano la loro posizione rispetto agliassi principali del sistema nervoso: antero-posterioree supero-inferiore. Di fatto, ogni cellula calcola lapropria posizione rispetto a queste coor<strong>di</strong>nateortogonali come chi legge una mappa desume la propriaposizione misurandone la <strong>di</strong>stanza da punti definiti.Come ciò avvenga a livello molecolare è dovuto al fattoche l‛embrione costruisce, nel tubo neurale, un numero<strong>di</strong> regioni polarizzate che secernono molecole chefungono da segnale. Queste molecole <strong>di</strong>ffondono poilontano dalla sorgente a formare un gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong>concentrazione che <strong>di</strong>pende dalla <strong>di</strong>stanza. Un esempio<strong>di</strong> questo meccanismo posizione-<strong>di</strong>pendente è datodall‛asse supero-inferiore (dorsoventrale) del midollospinale. La parte inferiore del tubo neurale esprimeuna proteina dal nome fantasioso, porcospino veloce(sonic hedgehog), che va lontano dal pavimento dellaplacca e agisce sulle cellule dell‛asse dorsoventrale in<strong>di</strong>pendenza della loro <strong>di</strong>stanza. Quando la placca sichiude, il porcospino veloce induce l‛espressione<strong>di</strong> un gene che co<strong>di</strong>fica un particolare tipo <strong>di</strong>interneurone. Più in là, la <strong>di</strong>minuita concentrazione <strong>di</strong>porcospino veloce induce l‛espressione <strong>di</strong> un altrogene che co<strong>di</strong>fica per i motoneuroni.Resta dove sei o sappi dove vaiUna volta che un neurone ha acquisito la sua identitàin<strong>di</strong>viduale e smette <strong>di</strong> <strong>di</strong>vidersi, estende il suo assonetramite un‛estremità allargata detta cono <strong>di</strong> crescita.Come un‛abile guida alpina, il cono <strong>di</strong> crescita èspecializzato per <strong>di</strong>stricarsi tra i vari tessutiutilizzando le sue capacità per scegliere il sentiero piùfavorevole. Così facendo, trascina l‛assone <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sé,come un cane con un guinzaglio estensibile. Una voltaraggiunto il bersaglio, il cono <strong>di</strong> crescita perde la suacapacità <strong>di</strong> movimento e forma una sinapsi. La guidaassonale è un formidabile mezzo <strong>di</strong> navigazione,accurato per brevi e lunghe <strong>di</strong>stanze, ma è anche unprocesso unitario che non solo seleziona con grandeprecisione la cellula bersaglio ma, per giungere ad essaè in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>stricarsi attraverso altri coni <strong>di</strong>crescita <strong>di</strong>retti verso bersagli <strong>di</strong>versi. Lungo ilpercorso, apposite tracce che attragono (+) orespingono (-) i coni <strong>di</strong> crescita, li aiutano a trovare lavia, anche se i meccanismi molecolari responsabili dellaregolazione dell‛espressione <strong>di</strong> queste tracce sonoancora poco conosciuti.Scolpiti dall‛attività elettricaBenché un alto grado <strong>di</strong> precisione nella <strong>di</strong>sposizionespaziale e nella connettività neurale sia dovuto afattori estrinseci, la connessione più tar<strong>di</strong>va <strong>di</strong> alcuneparti del sistema nervoso è soggetta ad un riassettoattività-<strong>di</strong>pendente, come nella potatura degli assonie nella morte neurale. Questi processi potrebberoapparire degli sprechi, ma non è possibile nédesiderabile formare un cervello completo e perfettosolo costruendo. Si <strong>di</strong>ce che l‛evoluzione sia “unamanipolatrice” – ma è anche una scultrice. Ad esempio,Attrazione (caderine) (+) e repulsione (efrine) (-)Vari tipi <strong>di</strong> tracce guida <strong>di</strong>sponibili per i neuroni (in blu)quando espandono i loro assoni e i coni <strong>di</strong> crescita (con lepunte dal lato craniale). Sia le tracce vicine che quelle<strong>di</strong>stanti possono attirare (+) o respingere (-) i coni <strong>di</strong>crescita. Sono illustrati alcuni esempi <strong>di</strong> molecole traccia.una mappatura punto a punto tra i neuroni visivi e ilcervello, in<strong>di</strong>spensabile per la visione nitida, è in parteraggiunta per l‛influenza dell‛attività elettrica dellaretina. Un numero inizialmente esuberante <strong>di</strong>connessioni viene scolpito durante un periodo critico,dopo il quale la struttura <strong>di</strong> base del sistema visivo sicompleta, che corrisponde a circa otto settimane <strong>di</strong>età nelle scimmie e forse a un anno nell‛uomo. Unadomanda interessante è se un programma <strong>di</strong> sviluppocosì precoce possa essere riattivato in caso <strong>di</strong> per<strong>di</strong>taneurale patologica (come nella malattia <strong>di</strong> Alzheimer o<strong>di</strong> Parkinson) o <strong>di</strong> un danno midollare che provochi unaparalisi. In quest‛ultimo caso, gli assoni possonoessere stimolati alla ricrescita ma rimane ancora dachiarire come far sì che si riconnettano in modoappropriato.La rivoluzione genomicaStiamo rapidamente costituendo un catalogo completodei geni necessari per costruire un cervello. Grazie alpotere pro<strong>di</strong>gioso dei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> biologia molecolare,siamo in grado <strong>di</strong> provare le funzioni dei geni modulandola loro espressione, dove e quando vogliamo nel corsodello sviluppo. Il maggior impegno è ora quello <strong>di</strong>scoprire la gerarchia del controllo genetico checonverte un foglietto <strong>di</strong> cellule in un cervellofunzionante. E‛ questa una delle gran<strong>di</strong> sfide delleneuroscienze.Frontiere della ricercaLe cellule staminali sono cellule che possono mutare inqualsiasi altro tipo <strong>di</strong> cellula. Alcune <strong>di</strong> esse, le cellulestaminali embrionali, proliferano nei primissimi sta<strong>di</strong>dello svluppo. Altre si trovano nel midollo osseo e nelcordone ombelicale che unisce il bambino alla madre. Ineuroscienziati stanno cercando <strong>di</strong> scoprire se le cellulestaminali possano esereutilizzate per riparare ineuroni danneggiati nelcervello adulto. La maggiorparte degli esperimenti vieneattualmente condotta suanimali, ma la speranza èquella <strong>di</strong> potere, in futuro,riparare aree cerebralidanneggiate da malattiecome il morbo <strong>di</strong> Parkinson.24250,000 cellule al minuto proliferano nel cervello in alcuni sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> sviluppo.Per saperne <strong>di</strong> più: http://faculty.washington.edu/chudler/dev.html


DislessiaVi ricordate quanto è stato <strong>di</strong>fficile imparare aleggere? Al contrario della capacità <strong>di</strong> parlare, lecui origini sono evolutivamente antichissime, lalettura e la scrittura sono relativamente recenti.Migliaia <strong>di</strong> anni fa, <strong>di</strong>verse società umane in <strong>di</strong>verseparti del mondo compresero che migliaia <strong>di</strong> parolepotevano essere formate da un ristretto numero <strong>di</strong>fonemi (nella lingua italiana sono 30) e che questipotevano essere rappresentati da un numero ancorpiù piccolo <strong>di</strong> grafemi. Imparare questi simbolirichiede tempo, ed alcuni studenti incontranonotevoli <strong>di</strong>fficoltà. Questo non è dovuto a mancanza<strong>di</strong> intelligenza, ma al fatto che il cervello trova<strong>di</strong>fficile impratichirsi nella lettura. Più <strong>di</strong> unapersona su <strong>di</strong>eci può essersi trovata in questacon<strong>di</strong>zione, conosciuta oggi con il termineneurologico <strong>di</strong> <strong>di</strong>slessia evolutiva.La <strong>di</strong>slessia è molto comune. I bambini che nesoffrono non riescono a capire il perché trovino<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> lettura sebbene siano altrettantointelligenti dei loro compagni e ne provano sconforto.Molti perdono la fiducia in se stessi, tanto da<strong>di</strong>venire frustrati, ribelli, aggressivi e persinodelinquenti. In molti casi però i <strong>di</strong>slessici mostranonotevoli doti in altri ambiti (sport, scienza,aritmetica, attività commerciali o artistiche) purchéi problemi con la lettura non abbiano causato loro laper<strong>di</strong>ta dell‛autostima. Capire le basi biologiche della<strong>di</strong>slessia non è dunque importante <strong>di</strong> per sé, ma èanche utile a prevenire con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> infelicità.Imparare a leggereLa lettura <strong>di</strong>pende dall‛abilità <strong>di</strong> riconoscere i grafeminel loro giusto or<strong>di</strong>ne (l‛ortografia della lingua che ilbambino sta imparando) e <strong>di</strong> ascoltare i fonemi nel loroor<strong>di</strong>ne corretto. Tali abilità presuppongono la capacità<strong>di</strong> ricavare la struttura fonemica, che consente <strong>di</strong>tradurre i simboli nei suoni corrispondenti. La maggiorparte dei <strong>di</strong>slessici, tuttavia, è lenta ed imprecisanell‛analizzare le caratteristiche ortografiche efonologiche delle parole. L‛abilità nel mettere insequenza parole e suoni in maniera accurata <strong>di</strong>pendeda meccanismi sia visivi che u<strong>di</strong>tivi.Per le parole inconsuete (e tutte lo sono quando si iniziaa leggere), le lettere devono essere prima identificatee poi messe nel giusto or<strong>di</strong>ne. Questo processo non ècosì semplice come sembra, perché gli occhi fannopiccoli movimenti <strong>di</strong> inseguimento passando da unalettera alla successiva. Le singole lettere vengonoidentificate istante per istante quando l‛occhio le fissa,ma la loro sequenza è determinata dal movimentodell‛occhio quando ciascuna lettera viene guardata.Quello che l‛occhio vede fissando deve essere integratocon i segnali provenienti dai movimenti oculari; molti<strong>di</strong>slessici hanno problemi proprio con questaintegrazione visuomotoria.<strong>di</strong>slessiciLettorilettoriscarsinormaliMovimenti oculari durante la lettura. I movimenti altobassodel tracciato corrispondono a sinistra-destra.Il controllo visivo dell‛oculomozione è governato da unarete <strong>di</strong> neuroni <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni nota come sistemamagnocellulare (magno = grande). Questa rete, che si<strong>di</strong>pana dalla retina attraverso la corteccia cerebrale e ilcervelletto fino ai motoneuroni dei muscoli oculari, èspecializzata nel rispondere in modo particolare aglistimoli che si muovono ed è quin<strong>di</strong> importante per seguireun bersaglio in movimento. Una caratteristica importante<strong>di</strong> questo sistema è quella <strong>di</strong> generare segnali motoridurante la lettura, quando gli occhi scorrono sulle lettereche dovrebbero invece fissare. Questo segnale <strong>di</strong> erroredel movimento è rinviato al sistema dell‛oculomozione perriportare gli occhi sul bersaglio. Un ruolo cruciale nellafissazione <strong>di</strong> ogni lettera successiva è svolto dal sistemamagnocellulare, che ne determina quin<strong>di</strong> la sequenza.stratiparvocellularistratimagnocellularianalizzatorevisivosingolelettereparolainteraanalisifonologicaanalisivisiva <strong>di</strong>rettasignificato(semantica)Controlli100 μmDislessiciPreparati istologici del nucleo genicolato laterale mostranola <strong>di</strong>sposizione regolare delle cellule parvo e magnocellulariin un soggetto normale e irregolare in uno <strong>di</strong>slessico.25


I neuroscienziati hanno scoperto che il sistema visivomagnocellulare è parzialmente inefficiente in molti<strong>di</strong>slessici. Ciò risulta dall‛osservazione <strong>di</strong>retta deltessuto cerebrale (ve<strong>di</strong> Figura); la sensibilità delsistema visuomotorio nei <strong>di</strong>slessici è inoltre inferiore aquella dei soggetti che leggono normalmente e lerisposte elettriche cerebrali agli stimoli motori sonoanomale. Le neuroimmagini hanno poi rivelato alteratischemi <strong>di</strong> attivazione funzionale nelle aree deputatealla visione del movimento (ve<strong>di</strong> Capitolo 15). Nei<strong>di</strong>slessici il controllo oculare è meno efficiente; spessoessi lamentano che le lettere sembrano spostarsiquando provano a leggere. Questa confusione visiva èprobabilmente dovuta al fallimento da parte delsistema magnocellulare <strong>di</strong> stabilizzare gli occhi comeavviene invece nei buoni lettori.Mettere i suoni nel giusto or<strong>di</strong>neMolti <strong>di</strong>slessici hanno anche problemi nel mettere ifonemi nel loro giusto or<strong>di</strong>ne e tendono a sbagliarne lapronuncia (ad esempio, “talovo” anziché “tavolo”) e nonsono bravi negli scioglilingua. Quando leggono sono piùlenti e meno accurati nel tradurre le lettere neicorrispondenti fonemi. Le loro <strong>di</strong>fficoltà fonologiche,come quelle visive, sono probabilmente ra<strong>di</strong>cate in unaridotta capacità delle facoltà u<strong>di</strong>tive <strong>di</strong> base.Noi <strong>di</strong>stinguiamo la pronuncia delle lettere (ovvero ifonemi), in<strong>di</strong>viduandone le sottili <strong>di</strong>fferenze nellafrequenza e nell‛intensità del suono che li caratterizzaLa <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> queste modulazioni acustiche è resapossibile da un sistema <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> neuroni u<strong>di</strong>tivi cherilevano i cambiamenti <strong>di</strong> frequenza e <strong>di</strong> intensità deisuoni. Vi è una crescente evidenza del fatto che questineuroni non si sviluppano nei <strong>di</strong>slessici tanto quanto neibuoni lettori e che i confini che separano fonemi simili,come “b” e “d”, sono più <strong>di</strong>fficili da <strong>di</strong>stinguere perloro (ve<strong>di</strong> Figura).Molti <strong>di</strong>slessici mostrano uno sviluppo ridotto <strong>di</strong> alcunecellule cerebrali, che va oltre le <strong>di</strong>fficoltà visive edu<strong>di</strong>tive che hanno nella lettura. Si tratta <strong>di</strong> neuroniche formano reti estese a tutto il cervello e che sonospecializzate nel rilevare le variazioni temporali. Tuttele cellule hanno le stesse molecole <strong>di</strong> superficie chericonoscono e creano connessioni con altre cellule mache possono, al contempo, renderle vulnerabiliall‛attacco <strong>di</strong> anticorpi.Il sistema magnocelluare fornisce un cospicuo flusso <strong>di</strong>informazioni al cervelletto (ve<strong>di</strong> Capitolo 7). Alcuni<strong>di</strong>slessici sono piuttosto maldestri e la loro grafia èspesso imprecisa. Le neuroimmagini (ve<strong>di</strong> pag. 41) e glistu<strong>di</strong> del metabolismo cerebellare in<strong>di</strong>cano che la suafunzione può essere ridotta nei <strong>di</strong>slessici, e ciòpotrebbe essere alla base delle <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> scrittura.Alcuni neuroscienziati ritengono che il cervelletto siacoinvolto non solo nell‛esecuzione dei movimenti utilinella scrittura e nella verbalizzazione, ma persino inalcuni aspetti della programmazione cognitiva. Se taleipotesi fosse corretta, le <strong>di</strong>sfunzioni del cervellettopotrebbero con<strong>di</strong>zionare la capacità <strong>di</strong> imparare aleggere, scrivere e parlare.Che cosa si può fare?In base alle <strong>di</strong>verse ipotesi eziologiche, esistono varitrattamenti per la <strong>di</strong>slessia. Alcuni si fondanosull‛ipotesi magnocellulare, ma altri <strong>di</strong>stinguno <strong>di</strong>verseforme <strong>di</strong> <strong>di</strong>slessia, note come superficiale o profonda,che richiedono forme d trattamento <strong>di</strong>verse. Tutti itrattamenti si basano però sulla <strong>di</strong>agnosi precoce.Non sempre gli scienziati sono concor<strong>di</strong> e quale sia ilmiglior trattamento per la <strong>di</strong>slessia costituisce unodei punti <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>saccordo. Recentemente è statoipotizzato che sia un problema <strong>di</strong> percezione u<strong>di</strong>tivaa spingere alcuni <strong>di</strong>slessici ad apprendere i fonemi inmodo sbagliato, usando i normali meccanismi <strong>di</strong>plasticità cerebrale. Si pensa che sia possibilecorreggere i bambini incoraggiandoli a giocare congiochi elettronici dai suoni così rallentati da renderepiù chiara la separazione fra i fonemi. I suoni possonopoi venire gradualmente accelerati. Si ritiene chequesto metodo sia molto efficace, ma sono ancora incorso stu<strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenti. Ciò che è interessante <strong>di</strong>questa idea dal punto <strong>di</strong> vista scientifico è che iprocessi <strong>di</strong> un cervello assolutamente normaleinteragiscano con un‛anomalia genetica precoceprovocando un effetto esagerato. Si tratta <strong>di</strong> unesempio calzante <strong>di</strong> interazione fra geni e ambiente.È importante sottolineare che i <strong>di</strong>slessici possonoavere capacità persino migliori dei buoni lettori incompiti percettivi quali la <strong>di</strong>scriminazione dei colori enella percezione globale, non frammentata, delleforme. Questo fornisce una possibile spiegazione delperché molti <strong>di</strong>slessici siano più inclini a fareassociazioni a largo raggio, anche del tutto inattese, epossiedano generalmente un “pensiero olistico”. Bastiricordare che Leonardo da Vinci, Hans ChristianAndersen, E<strong>di</strong>son, Einstein e molti altri artisti e<strong>di</strong>nventori creativi erano <strong>di</strong>slessici.Frequenza (Hz)26Tempo (msec)Siti Internet su <strong>di</strong>slessia e <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento:http://www.sfn.org/content/Publications/BrainBriefings/dyslexia.htmlhttp://www.learning<strong>di</strong>sabilities.com/programs.shtml


Plasticità neuraleNel corso della nostra vita, il nostro cervello simo<strong>di</strong>fica continuamente. Questa capacità <strong>di</strong>mo<strong>di</strong>ficazione è detta plasticità, in analogia con imodelli <strong>di</strong> plastilina le cui componenti internepossono venire continuamente rimodellate. Non ilcervello nella sua totalità, ma i singoli neuronipossono venire mo<strong>di</strong>ficati per <strong>di</strong>versi motivi:durante lo sviluppo in età giovanile, in risposta adun trauma e durante l‛appren<strong>di</strong>mento. Esistono varimeccanismi <strong>di</strong> plasticità, il più importante dei qualiè la plasticità sinaptica, ovvero la possibilità deineuroni <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare la loro capacità <strong>di</strong> comunicarel‛uno con l‛altro.Plasmare il nostro futuroCome abbiamo visto nel precedente capitolo, leconnessioni fra neuroni nei primi anni <strong>di</strong> vitanecessitano <strong>di</strong> una fine regolazione. Quandointeragiamo con l‛ambiente, le connessioni sinapticheiniziano a cambiare: ne vengono create alcune nuove,quelle utili vengono rafforzate mentre quelle usate <strong>di</strong>rado si indeboliscono fino anche a scomparire.


Trasmissione basaleLa corrente entraattraverso irecettori AMPAStimolazioneintensaInduzione <strong>di</strong> LTPAumento <strong>di</strong>numero deirecettori AMPAAumento <strong>di</strong>efficienza deirecettori AMPALa stimolazioneintensa portaall‛espulsione <strong>di</strong> ioniMg2+ dai recettoriNMDA e influiscesugli ioni Na+ e K+(frecce rosse e blu)Il numero deirecettori AMPA èaumentato e consenteun maggior passaggio<strong>di</strong> correnti e un piùampio epsp.I recettori AMPAsono mo<strong>di</strong>ficatichimicamente e ognirecettore consenteun maggior passaggio<strong>di</strong> correnti e un piùampio epsp.LTP (aumento del numero dei recettori AMPA)LTP (aumento dell‛efficienza dei recettori AMPA)I recettori NMDA (in rosso) sono le macchine molecolariper l‛appren<strong>di</strong>mento. Il trasmettitore viene rilasciato siadurante l‛attività basale che nell‛induzione <strong>di</strong> LTP (in altoa sinistra). Il sito dove Mg2+ (circoletto nero, in alto adestra) blocca il canale Ca2+ è all‛interno della membranacellulare e viene spiazzato da un‛intensa depolarizzazione(<strong>di</strong>agramma successivo in basso). Questo accade quando ineuroni debbono cambiare le loro connessioni con altrineuroni. LTP può venire espresso sia come un grandenumero <strong>di</strong> recettori AMPA (recettori gialli, in basso asinistra) sia come recettori AMPA più efficienti (in bassoa destra).I recettori NMDA: macchinemolecolari per dare il via allaplasticità.Il glutammato si lega anche ai recettori NMDA postsinaptici.Questi costituiscono gli apparati molecolariche danno luogo alla plasticità sinaptica. Se la sinapsiviene attivata lentamente, i recettori NMDA vengonoscarsamente o per nulla coinvolti perché, mano a manoche i recettori NMDA aprono i loro canali ionici, questivengono saturati da un altro ione presente nellasinapsi, il magnesio (Mg2+). Quando invece la sinapsiviene attivata da un treno <strong>di</strong> impulsi che giungonomolto rapidamente al neurone, i recettori NMDAavvertono imme<strong>di</strong>atamente lo stimolo eccitatorio.Questa aumentata attività sinaptica causa un‛ampiadepolarizzazione del neurone post-sinaptico cheespelle gli ioni Mg2+ dai canali ionici dei recettoriNMDA con un processo <strong>di</strong> repulsione elettrica. Irecettori NMDA <strong>di</strong>ventano imme<strong>di</strong>atamete in grado <strong>di</strong>28


avviare la comunicazione sinaptica in due <strong>di</strong>versimo<strong>di</strong>: il primo, trasportando ioni Na+ e K+ cheattivano la depolarizzazione, proprio come irecettori AMPA; il secondo, consentendo al calcio(Ca++) <strong>di</strong> entrare nel neurone. In altre parole, irecettori NMDA percepiscono l‛attività neuronaleintensa e inviano un segnale al neurone sotto forma<strong>di</strong> un picco Ca++. Questo picco è molto breve e nondura più <strong>di</strong> un secondo mentre il glutammato si legaai recettori NMDA. Il Ca++ è una molecola crucialeche segnala al neurone quando i recettori NMDAsono stati attivati.Apparecchiatura usata per monitorare i debolivoltaggi elettrici rilevabili nelle sinapsi.All‛interno del neurone, il Ca 2+ si lega alle proteine piùvicine alla sinapsi dove sono stati attivati i recettoriNMDA. Molte <strong>di</strong> queste proteine sono fisicamentelegate ai recettori NMDA dei quali costituisconol‛apparato molecolare. Alcuni sono enzimi attivati dalCa 2+ che causano mo<strong>di</strong>ficazioni chimiche <strong>di</strong> altreproteine all‛interno o vicine alla sinapsi. Questemo<strong>di</strong>ficazioni chimiche costituiscono i primi sta<strong>di</strong> dellaformazione della memoria.I recettori AMPA: la macchinamolecolare per stivare ricor<strong>di</strong>Se l‛attivazione dei recettori NMDA dà l‛avvio allaplasticità sinaptica neuronale, che cosa esprime ilcambiamento in termini <strong>di</strong> forza? Potrebbe darsi chevenga rilasciato un altro trasmettitore chimico. Si èabbastanza sicuri che vi sia un insieme <strong>di</strong> meccanismiche coinvolgono i recettori AMPA a livello postsinaptico.Ciò può verificarsi in vari mo<strong>di</strong>. Unopotrebbe consistere nel rendere i recettori AMPA piùefficienti, facendo ad esempio passare una maggiorquantità <strong>di</strong> corrente nel neurone durante l‛attivazione.Un secondo modo potrebbe essere quello <strong>di</strong> inserire unmaggior numero <strong>di</strong> recettori AMPA all‛interno dellasinapsi. In entrambi i casi si otterrà un epsp più ampio(il fenomeno LTP). Al contrario, una riduzionedell‛efficienza o del numero dei recettori AMPA puòdar luogo a un LTD. La bellezza <strong>di</strong> questo meccanismo<strong>di</strong> induzione <strong>di</strong> LTP o <strong>di</strong> LTD sta nella sua sempliceeleganza: può verificarsi dentro un‛unica spinadendritica e mo<strong>di</strong>ficare quin<strong>di</strong> la forza sinaptica inmaniera molto localizzata. E‛ il modo in cui la memoriapotrebbe realmente venir costituita: un argomento sucui si tornerà nel prossimo capitolo.Esercitare il cervelloLe variazioni del funzionamento dei recettori AMPA nonsono l‛unico acca<strong>di</strong>mento. Quando la memoria <strong>di</strong>viene piùduratura, nel cervello si verificano anche delle mo<strong>di</strong>fichestrutturali. Le sinapsi con più recettori AMPA, in seguitoall‛induzione del LTP, mo<strong>di</strong>ficano la loro forma e possonoaumentare <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, oppure possono emettere nuovesinapsi dendritiche in modo che il lavoro <strong>di</strong> una sinapsipossa venire svolto da due. Al contrario, le sinapsi cheperdono i recettori AMPA in seguito all‛induzione <strong>di</strong> LTDimpalli<strong>di</strong>scono e muoiono. La struttura fisica del nostrocervello si mo<strong>di</strong>fica in risposta all‛attività cerebrale. Ilcervello ama l‛attività: quella mentale ovviamente! Propriocome i nostri muscoli <strong>di</strong>vengono più forti quando ciimpegniamo nell‛attività fisica, così sembra che le nostreconnessioni sinaptiche <strong>di</strong>vengano più numerose e meglioorganizzate quanto più le usiamo.Mente e memoriaLa capacità <strong>di</strong> apprendere è molto influenzata dalnostro stato emotivo: ten<strong>di</strong>amo a ricordare eventiassociati a situazioni particolarmente felici, tristi odolorose. Impariamo inoltre meglio se prestiamoattenzione! Questi stati mentali implicano il rilascio <strong>di</strong>neuromodulatori quali l‛acetilcolina (durantel‛attenzione elevata), la dopamina, la noradrenalina egli ormoni steroidei come il cortisolo (durante eventiinattesi, stress ad ansia). I modulatori agiscono suineuroni in <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong>, molti dei quali causanomo<strong>di</strong>ficazioni nel funzionamento dei recettori NMDA.Altri mo<strong>di</strong> d‛azione includono l‛attivazione <strong>di</strong> genispecifici associati al processo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento. Leproteine co<strong>di</strong>ficate da questi geni aiutano astabilizzare il fenomeno LTP facendolo durare <strong>di</strong> più.Il me<strong>di</strong>co internoLa plasticità sinaptica ha un altro ruolo critico nelfunzionamento cerebrale: può aiutare il cervello ariprendersi da un trauma. Se, ad esempio, i neuroni checontrollano particolari movimenti vengono <strong>di</strong>strutti, comeavviene per un ictus o per un grave trauma cranico, nontutto è inevitabilmente perduto. In molti casi i neuronipersi non ricrescono. Altri neuroni invece si adattano, avolte, ad assumere un ruolo funzionalmente simile a quellodelle cellule perse, formando reti neurali alternative. Sitratta <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> riappren<strong>di</strong>mento che mette inluce alcune capacità <strong>di</strong> recupero del cervello.Jeffery Watkinsil farmacologo che ha trasformato lostu<strong>di</strong>o della trasmissione eccitatoriacerebrale sintetizzando farmaci comel‛AP5 (sotto) che agisce su specificirecettori del glutammato.Siti Internet correlati: http://www.cf.ac.uk/plasticity/index.htmlhttp://www.bris.ac.uk/synaptic/public/brainbasic.html29


Memoria e Appren<strong>di</strong>mentoI ricor<strong>di</strong> sono il centro della nostra in<strong>di</strong>vidualità.Quello che ciascuno <strong>di</strong> noi ricorda è <strong>di</strong>verso da ciòche ricorda chiunque altro, anche nel caso si tratti<strong>di</strong> esperienze in comune. Comunque, ognuno <strong>di</strong> noi,a modo proprio, ricorda eventi, fatti, emozioni esentimenti, a volte per un breve periodo <strong>di</strong> tempo,a volte per tutta la vita. Per ricordare, il cervelloha molti sistemi con <strong>di</strong>fferenti caratteristiche,me<strong>di</strong>ati da reti neuronali <strong>di</strong>verse. Si ritiene che laformazione <strong>di</strong> nuovi ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong>penda dalla plasticitàsinaptica (come descritto nel capitolo 10), masiamo ancora del tutto incerti circa i meccanismi <strong>di</strong>richiamo delle informazioni. Anche se noi tutti cilamentiamo della nostra memoria, nella maggiorparte dei casi essa è abbastanza buona, e tende a<strong>di</strong>minuire solo nella vecchiaia o in alcuni statipatologici. Cercare <strong>di</strong> migliorare la memoriapotrebbe sembrare positivo ma così facendo sicorrerebbe il rischio <strong>di</strong> ricordare anche ciò chesarebbe meglio <strong>di</strong>menticare.L‛organizzazione della memoriaTutte le informazioni che abbiamo appreso non sonoconvogliate per essere immagazzinate in un‛unica areadel cervello. La memoria a breve termine (o memoria<strong>di</strong> lavoro) mantiene le informazioni in uno stato attivo<strong>di</strong> coscienza. Il deposito più grande che le tieneimmagazzinate è detto memoria a lungo termine.Scrittura internaTaccuino visuo-spazialePossiamo utilizzare questo sistema per ricordare unaconversazione abbastanza a lungo da comprenderne ilsenso, per eseguire calcoli aritmetici a mente e perricordare dove abbiamo lasciato le chiavi un istante prima.Il punto <strong>di</strong> forza del sistema è la sua affidabilità, unacaratteristica che si paga con una capacità limitata <strong>di</strong>capienza e <strong>di</strong> durata. Si <strong>di</strong>ce spesso che la memoria abreve termine <strong>di</strong>a la possibilità <strong>di</strong> ricordare 7 ± 2elementi: questo è il motivo per cui la maggioranza deinumeri <strong>di</strong> telefono sono <strong>di</strong> 7 o 8 cifre. E‛ però essenzialericordarli accuratamente. Si può <strong>di</strong>mostrare la capienza ela limitata persistenza della memoria a breve termine conun semplice esperimento da fare con gli amici.Un esperimento sulla memoria a brevetermineUn test semplice per la memoria a breve termineo memoria <strong>di</strong> lavoro è quello del “numero <strong>di</strong>lettere”. Occorrono almeno due persone, anche sefunziona meglio in molti <strong>di</strong> più. Una persona scrive,senza che gli altri la vedano, una serie <strong>di</strong> parole,iniziando con una <strong>di</strong> due lettere (per esempio XT),facendo attenzione a non scrivere parole <strong>di</strong> sensocompiuto, proseguendo poi con parole <strong>di</strong> due, tre,quattro lettere e così via (per esempio QVHKZper una sequenza <strong>di</strong> 5 lettere o DWCUKQBPSZper una sequenza <strong>di</strong> 10 lettere). Dopo averpreparato l‛elenco <strong>di</strong> parole, la persona legge aglialtri, una alla volta, le sequenze scritte. Dopocirca 5 secon<strong>di</strong>, gli altri cercano <strong>di</strong> riscrivere amemoria la stessa sequenza <strong>di</strong> lettere,cominciando con la sequenza più facile <strong>di</strong> duelettere, e proseguendo con le sequenze più lunghe.La maggior parte delle persone riesce a ricordareperfettamente sequenze fino a 7 o 8 lettere, poicominciano gli errori. Pochissimi riescono aricordare 10 lettere correttamente. La capacitàdella memoria a breve termine è stata perciòdescritta come “il numero magico 7 più o meno 2”.Magazzinou<strong>di</strong>tivo a breve termineCiclo <strong>di</strong> ricordo silenteIl sistema della memoria <strong>di</strong> lavoro a breve termine delcervelloLa memoria a breve termineIl cervello ha un sistema in grado <strong>di</strong> utilizzare moltoaccuratamente piccole quantità <strong>di</strong> informazioni, comeuna lavagna sulla quale scrivere nomi e numeri <strong>di</strong>telefono che ci servono solo per poco tempoUn sistema esecutivo centrale controlla il flusso <strong>di</strong>informazioni, aiutato da due altri magazzini <strong>di</strong> memoria.Uno <strong>di</strong> essi e‛ un magazzino fonologico, che opera un ciclo<strong>di</strong> ricordo silente: è la parte del cervello che si usa per<strong>di</strong>re le cose a se stessi. Anche leggendo parole o numeril‛informazione è trascritta usando un co<strong>di</strong>ce fonologico eimmagazzinata per breve tempo in questo sistema a duecompartimenti. C‛e anche un taccuino visivo che trattienel‛immagine <strong>di</strong> un oggetto abbastanza a lungo da poterlaelaborare con l‛occhio della mente.La memoria a breve termine è situata nei lobi frontalie parietali. Gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> neuroimmagine (ve<strong>di</strong> pag. 41)che impiegano la PET e la fMRI in<strong>di</strong>cano che le areedella memoria a breve termine sono generalmente30


lateralizzate nel lobo frontale e parietale sinistro,dove interagiscono con le reti neurali deputate allinguaggio, alla pianificazione e al prendere decisioni.Per tutte queste attività e‛ essenziale una buonamemoria a breve termine. La lavagna visiva e‛nell‛emisfero destro (ve<strong>di</strong> riquadro a fine capitolo).Come si e‛ evoluta la memoria a breve termine? Glianimali, compresa la maggior parte dei mammiferi,probabilmente non ha lo stesso sistema <strong>di</strong> memoriadell‛uomo e certamente questa non si e‛ evoluta perconsentire ai primi omini<strong>di</strong> <strong>di</strong> ricordare i numeri <strong>di</strong>telefono! Stu<strong>di</strong> su bambini in<strong>di</strong>viduano un ruolofondamentale della memoria a breve terminenell‛appren<strong>di</strong>mento del linguaggio, suggerendo chequesto sistema <strong>di</strong> memoria si e‛ evoluto con la capacità<strong>di</strong> parlare. La precisione richiesta per conservare latraccia delle parole e l loro or<strong>di</strong>ne in una frase èessenziale per elaborarne il corretto significato.Memoria a lungo termineAnche la memoria a lungo termine è sud<strong>di</strong>visa in<strong>di</strong>versi sistemi localizzati in reti neuronali sparse. Le<strong>di</strong>verse reti eseguono compiti molto <strong>di</strong>fferenti. Insenso lato, l‛informazione arriva al sistema sensitivoper poi passare ad altre vie efferenti che provvedonoad una elaborazione sempre più specializzata delsegnale. Ad esempio, le informazioni che giungono dalsistema visivo attraverso la “via ventrale”, dallacorteccia striata al lobo temporale me<strong>di</strong>ale, tramiteuna serie <strong>di</strong> reti che elaborano la forma, il colore,l‛identità dell‛oggetto e se esso sia o meno già noto,fanno sì che si venga a formare una memoria <strong>di</strong> quelparticolare oggetto e <strong>di</strong> quando e come sia già statovisto.che il DNA co<strong>di</strong>fica l‛informazione genetica come unasequenza <strong>di</strong> coppie <strong>di</strong> basi azotate e così via. Il puntocruciale è che tutti i fatti sono organizzati incategorie. Questo è essenziale per il meccanismo delricordo, quando il processo <strong>di</strong> ricerca può spostarsilungo i <strong>di</strong>agrammi ad albero del magazzino per trovareogni cosa in modo efficiente. Se la memoria semanticafosse organizzata come ciascuno <strong>di</strong> noi or<strong>di</strong>na le cosenella propria soffitta (praticamente a caso), avremmodei grossi problemi a ricordare qualunque evento. Perfortuna, il cervello <strong>di</strong>vide le informazioni in categorie,così come fanno i bravi insegnanti che ci aiutano ascuola ad apprendere concetti complessi, rendendo iloro allievi in grado <strong>di</strong> costruire senza sforzo strutturedecisionali.InanimatiOggettiMammiferiCanoriCanariniAnimatiVolatiliUccelliAltriNon volatiliPinguiniLe nostre conoscenze sugli animali sono organizzatesecondo una struttura ad albero. Non sappiamoancora come le reti neuronali facciano ciò.Ma impariamo anche delle abilità e delle sensazioniemozionali riguardo alle cose. Una cosa è sapere che unpiano è un piano, un‛altra è saperlo suonare. Saperandare in bicicletta è utile, ma lo è altrettantoconoscere i pericoli della strada. Le abilità vengonoapprese attraverso l‛esercizio volontario e costante,mentre l‛appren<strong>di</strong>mento emotivo è molto più rapido.Spesso deve essere veloce, soprattutto per le cose <strong>di</strong>cui impariamo ad aver paura. Entrambi sono tipi <strong>di</strong>appren<strong>di</strong>mento con<strong>di</strong>zionato, in cui sono coinvolte areecerebrali specializzate, i gangli della base e ilcervelletto, per l‛appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> abilità, e l‛amigdalaper quello emotivo. Altri animali apprendono delleabilità, importanti per la loro sopravvivenza.La cascata delle aree cerebrali attraverso cuil‛informazione visiva è dapprima elaborata a livellopercettivo e poi memorizzataCi sono molti mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> considerare questa cascata <strong>di</strong>processi analitici. Ci sono zone della corteccia chedesumono una rappresentazione percettiva <strong>di</strong> ciò cheve<strong>di</strong>amo, che viene usata per rappresentare e poi perriconoscere quel che ci circonda e che è riflessa dallanostra capacità <strong>di</strong> riconoscere sui giornali persone notecome i politici. Strettamente correlato ad essa è ilsistema della memoria semantica, ovvero il vastoarchivio <strong>di</strong> conoscenze accumulate riguardo al mondo.Tutti noi sappiamo che Parigi è la capitale della Francia,Gli scimpanzè sono in grado <strong>di</strong> catturate le termitiusando una bacchetta. I giovani scimpanzè loimparano osservando i loro genitori.31


Errori <strong>di</strong> memoria e localizzazionedella memoria episo<strong>di</strong>caL‛ultimo tipo <strong>di</strong> sistema <strong>di</strong> memoria nel cervello èdetto memoria episo<strong>di</strong>ca. E‛ il sistema nel quale simantiene il ricordo delle esperienze personali.Ricordare gli eventi è <strong>di</strong>verso dall‛imparare i fatti delmondo per un motivo molto importante: gli eventiaccadono una sola volta. Se avete <strong>di</strong>menticato quelloche avete mangiato a colazione oggi (forse no) o cosasia accaduto lo scorso Natale (possibile), o tuttoquello che vi è successo il primo giorno <strong>di</strong> scuola(probabile), non potete ritornare su nessuno <strong>di</strong> questieventi come se fosse una lezione in classe. Questosistema <strong>di</strong>mentica velocemente perchè deve farlo.Si è capito molto del funzionamento della memoriaepiso<strong>di</strong>ca stu<strong>di</strong>ando pazienti neurologici che, in seguitoad un infarto cerebrale, ad un tumore cerebrale o a<strong>di</strong>nfezioni virali come l‛encefalite herpetica, a voltepresentano carenze specifiche <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong>memoria. Lo stu<strong>di</strong>o attento <strong>di</strong> questi pazienti è stato ilmodo più utilizzato per dedurre l‛organizzazioneanatomica <strong>di</strong> questo e <strong>di</strong> altri sistemi <strong>di</strong> memoria.Incre<strong>di</strong>bilmente, i pazienti amnesici possono impararealcune cose che non riescono a ricordare consciamente! Sipossono insegnare loro delle abilità motorie o a leggeremolto velocemente al contrario.Imparare a leggere velocemente al contrario richiedeun po‛ <strong>di</strong> tempo. Questo è vero sia per chi è amnesicoche per chi non lo è ma, mentre chi non lo è ricorda <strong>di</strong>aver appreso questa capacità, gli amnesici non loricorderebbero. Questo rappresenta una sorprendente<strong>di</strong>ssociazione della loro attenzione cosciente. Gliamnesici sono certamente consci mentre stannoimparando, ma poi non si rendono conto <strong>di</strong> averimparato. Non riescono a recuperare questa coscienzadal passato. Il danno che causa questa con<strong>di</strong>zione<strong>di</strong>sabilitante può avvenire in svariati circuiticerebrali: le aree del <strong>di</strong>encefalo chiamate corpimammillari (nell‛ipotalamo) ed il talamo sembrano esserecruciali per la memoria, così come una struttura del lobotemporale me<strong>di</strong>ale detta ippocampo. Il danno <strong>di</strong> questeregioni sembra coinvolgere principalmente la formazionedella memoria semantica ed episo<strong>di</strong>ca.“Non e‛ tanto la lesione che ci interessa quanto,stu<strong>di</strong>are come attraverso una lesione o unapatologia la funzione normale si mette a nudo.”(Sir Henry Head - neurologo del 20° secolo).32Le persone affette da una con<strong>di</strong>zione nota comeamnesia non riescono a ricordare <strong>di</strong> aver incontratoaltre persone appena mezz‛ora prima. Non possonoricordare se hanno mangiato <strong>di</strong> recente o se lo hannosolo desiderato, o persino le semplici necessità dellavita quoti<strong>di</strong>ana come il posto in cui hanno appoggiatoda poco qualcosa in casa propria. Facendo vedere loroun <strong>di</strong>segno complicato – come quello nella casella –sono in grado <strong>di</strong> copiarlo accuratamente ma nonriescono a riprodurlo bene come altre persone sedevono ri<strong>di</strong>segnarlo a memoria appena 30 minuti dopo.Spesso non riescono a ricordare le cose avvenuteprima <strong>di</strong> ammalarsi (amnesia retrograda).Queste persone mancano delle strutture<strong>di</strong> tempo e posizione, e la loro vita è stata descritta, daun paziente amnesico a lungo stu<strong>di</strong>ato, come unacon<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> continuo “risveglio da un sogno”.La stessa persona mantiene comunque le proprietàlinguistiche, il significato delle parole ed una memoria abreve termine bastante asostenere una conversazionesensata.NCAcopiaRicordo aposterioriIl devastanteisolamento della sua vitanon viene svelatofino a quando qualcunonon ripeteesattamente la stessaconversazione conlui qualche minuto dopo.I pazienti amnesici (A) possono anche vederci moltobene e copiare accuratamente <strong>di</strong>segni complessicome questo, ma non possono ricordarli a lungocome i soggetti normali (NC)Per la memoria episo<strong>di</strong>ca sono molto importantidue strutture: la corteccia peririnale (PRH) cheme<strong>di</strong>a il senso della familiarità verso il passato el‛ippocampo (HIPPO) che co<strong>di</strong>fica i fatti e i luoghi32


Altri sistemi <strong>di</strong> memoriaDanni in <strong>di</strong>verse se<strong>di</strong> cerebrali hanno ripercussioni sui<strong>di</strong>versi sistemi <strong>di</strong> memoria. Alcune con<strong>di</strong>zioni degenerative,come la demenza semantica (una forma <strong>di</strong> malattia <strong>di</strong>Alzheimer), possono provocare curiose <strong>di</strong>sfunzioni dellamemoria detta appunto semantica. Inizialmente, i pazienticui vengono mostrati dei <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> oggetti o <strong>di</strong> animali, sonoabbastanza abili nel denominarli. Col progre<strong>di</strong>re dellamalattia, <strong>di</strong>vengono invece insicuri nella denominazione espesso commettono errori. Ciò conferma come leinformazioni relative a fatti ed oggetti siano organizzateper categorie, e come le entità animate siano immagazzinatein una categoria ben <strong>di</strong>stante da quella delle entitàinanimate.Neurolobiologia della memoriaLo stu<strong>di</strong>o accurato dei pazienti neurologici ci aiuta a capiredove sono situate le funzioni cerebrali, ma scoprire comeesse funzionino in termini <strong>di</strong> neuroni e <strong>di</strong> trasmettitorichimici richiede attente ricerche su animali <strong>di</strong> laboratorio.I neuroscienziati ritengono attualmente che molti dei finimeccanismi <strong>di</strong> regolazione delle connessioni neuronali, attividurante lo sviluppo cerebrale, siano utilizzati anche durantele fasi iniziali dell‛appren<strong>di</strong>mento. L‛attaccamento che sisviluppa fra un neonato e la madre è stato stu<strong>di</strong>ato neipulcini analizzando il processo <strong>di</strong> imprinting. Oggi sappiamocome origina questo processo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento nel cervelloL‛ippocampoLa colorazione <strong>di</strong> Golgievidenzia ineuroni in nerodei pulcini e conosciamo i trasmettitori chimici che agisconosui recettori preposti alla fissazione dell‛immagine dellamadre. Questa “immagine” è molto precisa, e fa sì che ilpulcino seguirà la propria madre e non quella <strong>di</strong> un altro. Glianimali giovani hanno inoltre bisogno <strong>di</strong> scoprire quali cibi sianocommestibili, assaggiandone delle piccole quantità alla volta escoprendone il sapore più o meno gradevole. Non si trattasolamente <strong>di</strong> una generica pre<strong>di</strong>sposizione ma <strong>di</strong> un‛attivazionedei meccanismi <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento modulati dallo sviluppo. Avalle dei recettori attivati durante l‛imprinting o l‛assaggio delcibo, una cascata <strong>di</strong> secon<strong>di</strong> messaggeri chimici trasmette ilsegnale alle cellule cerebrali dove vengono attivati i geni per laproduzione delle proteine pre<strong>di</strong>sposte a fissare la memoria.Le cellue <strong>di</strong> posizione costituiscono un‛altra importantescoperta. Si tratta <strong>di</strong> neuroni dell‛ippocampo che produconopotenziali d‛azione solo quando un animale sta esplorando unluogo a lui familiare. Cellule <strong>di</strong>verse co<strong>di</strong>ficano <strong>di</strong>verse partidell‛ambiente circostante, cosicché una popolazione <strong>di</strong> celluleriesce a mappare un‛intera area. Altre cellule in una zonaattigua del cervello elaborano la <strong>di</strong>rezione in cui l‛animale sista muovendo. L‛uso combinato <strong>di</strong> queste due aree (la mappadello spazio ed il senso della <strong>di</strong>rezione) aiutano l‛animale a<strong>di</strong>mparare a trovare la sua strada in giro per il mondo. Questo èchiaramente molto importante per gli animali, per trovare ciboed acqua e tornare poi alla tana, al nido, o a qualunque altra<strong>di</strong>mora sia più adatta alla sopravvivenza. Questo sistema <strong>di</strong>appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> navigazione è in relazione sia con il sistemadella memoria semantica sia con quello della memoriaepiso<strong>di</strong>ca. Gli animali acquisiscono una rappresentazionestabile <strong>di</strong> dove sono le cose nel loro territorio (così come gliumani acquisiscono una conoscenza dei fatti nel loro mondo).Questa mappa dello spazio fornisce uno schema <strong>di</strong> memoriaentro cui ricordare gli eventi (ad esempio, dov‛è stato vistoper l‛ultima volta un predatore). Le cellule <strong>di</strong> posizioneelaborano dunque qualcosa <strong>di</strong> più della posizione: possonoaiutare gli animali a ricordare dove un evento è accaduto.Traccia 1Traccia 2Traccia 3Traccia 4Registrazioni da quattro elettro<strong>di</strong> posti nell‛ippocampo. Due <strong>di</strong>esse, la traccia 1 e 2 (e occasionalmente anche la 4), mostranoimpulsi nervosi che rappresentano l‛attivazione neuronale quandol‛animale si trova in un punto particolare (punto rosso nel cerchiogrande). Espandendo la scala del tempo (cerchio rosso) si vedebene la forma del potenziale d‛azione cerebrale.Come si formano queste mappe e gli altri elementi dellamemoria? Un punto <strong>di</strong> vista emergente ipotizza ilcoinvolgimento della plasticità sinaptica basata sui recettoriNMDA. Nel capitolo precedente si è visto come l‛attivazionedella plasticità neuronale cambia la forza delle connessioni inuna rete <strong>di</strong> neuroni e che questo è il modo in cui vengonoimmagazzinate le informazioni. La funzione <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mentodelle mappe spaziali viene inibita quando un farmaco in grado<strong>di</strong> bloccare i recettori NMDA giunge all‛ippocampo.33


Ad esempio, topi e ratti possono essere allenati anuotare in una vasca piena d‛acqua alla ricerca <strong>di</strong> una Frontiere della ricercapiattaforma sommersa sulla quale trovare riposo. Perriuscire a trovarla, usano le cellule <strong>di</strong> posizione eI I tassistitassisti che che che immaginanoimmaginano un un percorsoun percorso mostranomostrano un un incrementouna<strong>di</strong><strong>di</strong>quelle che in<strong>di</strong>cano la <strong>di</strong>rezione della testa e fissanoattività attivazione <strong>di</strong> incremento attività nell’ippocampo dell‛ippocampo <strong>di</strong> attività e nelle nell‛ippocampo e nelle zone e delle zone circostanti zone circostanti e circostanti nelle zonenella memoria l‛esatta posizione della piattaformautilizzando il meccanismo <strong>di</strong> plasticità dovuto airecettori NMDA. In questo esperimento sono statiutilizzati anche animali a cui sono stati soppressigeneticamente i recettori NMDA nell‛ippocampo.Questi animali apprendono con <strong>di</strong>fficoltà ed hannoanche cellule <strong>di</strong> posizione poco precise. Nel capitoloprecedente è stato illustrato come le variazioni dellatrasmissione sinaptica sono espresse attraversoalterazioni dei recettori eccitatori AMPA. Ancoranon si sa se questo sia vero anche per la memoria; sitratta <strong>di</strong> un argomento <strong>di</strong> ricerca molto attuale.I tassisti <strong>di</strong> londra devono conoscere la città molto beneprima <strong>di</strong> essere autorizzati ad esercitare in città. Quando iricercatori hanno sottoposto a scansione il cervello deitassisti <strong>di</strong> Londra chiedendo loro <strong>di</strong> immaginare il tragittotra Marble Arch e Elephant and Castle, hanno notato unaforte attivazione nella corteccia paraippocampale destra(area rossa). L‛analisi strutturale del cervello dei tassistiha mostrato cambiamenti nelle <strong>di</strong>mensioni relative <strong>di</strong> alcuneparti dell‛ippocampo, probabilmente collegate a quante zonedella città essi sono in grado <strong>di</strong> ricordare, anche sepotrebbero essere in gioco <strong>di</strong>versi altri fattori.Il ratto ha nuotato attraverso la piscina fino allapiattaforma sommersa su cui si è messo per riposare.meno importante. L‛idea è <strong>di</strong> trarre frutti da quanto si èappreso su come le informazioni vengono co<strong>di</strong>ficate,immagazzinate, consolidate (il processo <strong>di</strong> “fissazione”) ePossiamo migliorare la memoria?poi recuperate. Prestare attenzione, allungare le sessioniTutti noi cre<strong>di</strong>amo che sarebbe bello migliorare la<strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, fare frequenti richiami <strong>di</strong> memoria,capacità o la durata della nostra memoria. Le persone costituiscono alcuni esempi <strong>di</strong> come favorire il processoanziane spesso si lamentano della loro mancanza <strong>di</strong><strong>di</strong> “fissazione”. Alcuni pazienti anziani con problemi <strong>di</strong>memoria. Migliorare la memoria richiederebbememoria utilizzano un <strong>di</strong>ario scritto detto “Neurofoglio”,comunque un prezzo da pagare. Una buona memoria è in che trovano abbastanza utile e che ricorda loro larealtà frutto <strong>di</strong> un equilibrio fra il ricordare e ilprossima cosa che devono fare, consentendo loro <strong>di</strong><strong>di</strong>menticare. Se volessimo aumentarla, avremmo poi strutturare la giornata svolgendo compiti che altrimenti<strong>di</strong>fficoltà a <strong>di</strong>menticare tutte le cose banali che cirischierebbero <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare. Un altro fattoresono accadute durante il giorno e che non ci serveimportante è il saper riconoscere i <strong>di</strong>fferenti principiricordare. La regola dello “yin e yang” <strong>di</strong> una buonaoperativi della memoria episo<strong>di</strong>ca e della memoriamemoria consiste nel ricordare ed organizzare nelprocedurale: non si impara mai a fare qualcosacervello le cose che servono, ma nel <strong>di</strong>menticare lesentendone soltanto parlare, anche se questo agisce sullacose che si ritengono poco importanti. Non sembra che memoria episo<strong>di</strong>ca. Chiunque voglia imparare a faresi potrà mai avere una pillola che possa magicamente qualcosa deve fare spesso pratica, come gli studenti deiaumentare la memoria, almeno nelle persone sane.corsi <strong>di</strong> musica si sentono ripetere in continuazione.L‛evoluzione si è premurata <strong>di</strong> fornirci un sistemaottimamente bilanciato. Le forme <strong>di</strong> grave per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> Alan Baddeleymemoria possono però essere alleviate da farmaci che ha sviluppato l‛idea dellamigliorano il funzionamento dei recettori NMDA ememoria <strong>di</strong> lavoro che consiste in una serieAMPA, o da farmaci che stimolano la cascata dei<strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong>fferentisegnali dei secon<strong>di</strong> messaggeri chimici che sono stati che interagiscono fra loroidentificati negli stu<strong>di</strong> sull‛appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> giovanianimali. Sarebbe auspicabile trovare un modo perbloccare sul nascere malattie neurodegenerative checolpiscono la memoria, come il morbo <strong>di</strong> Alzheimer.Il magazzino fonologico, il taccuino visuo-spaziale e le regioniOggi, una delle avventure più interessanti delledecisionali sono localizzate in parti <strong>di</strong>verse del cervello.neuroscienze, per gli scienziati delle università, degliistituti <strong>di</strong> ricerca e delle compagnie farmaceutiche, èlavorare su progetti <strong>di</strong> questo tipo. Tutte le nazionisviluppate tendono rapidamente all‛invecchiamentodella popolazione e le cure che potrebbero aiutare glianziani a condurre più a lungo una vita in<strong>di</strong>pendentesarebbero <strong>di</strong> grande utilità. Nel contempo, alcuniof the brascienziati ritengono che, oltre alla cura farmacologicasarebbe utile una progettazione cognitiva. Gli organi <strong>di</strong>informazione non parlano <strong>di</strong> progettazione cognitivatanto quanto dei nuovi farmaci, ma questa non è certoVuoi provare qualche altro esperimento sulla memoria?Vai su http://www.exploratorium.edu/brain_explorer/memory.html34


StressLo stress colpisce anche le persone all‛apparenza piùtranquille. Tutti lo sperimentiamo: durante unesame, una gara sportiva, quando bisticciamo con unamico o affrontiamo un avversario. Perché si provaquesta spiacevole sensazione e quali ne sono lecause? Ha un‛utilità? Cosa succede se le cose vannomale? I neuroscienziati cominciano ora a capirecome il cervello genera e coor<strong>di</strong>na le rispostechimiche allo stress.Cos‛è lo stress? Perché è utile?Lo stress è <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile controllo: non in<strong>di</strong>ca tantol‛essere sotto pressione (e non sempre talecon<strong>di</strong>zione è fonte <strong>di</strong> stress), quanto una sorta <strong>di</strong>errato confronto fra ciò che ci si aspetta accadrà eciò che realmente sta accadendo. Molte sfide daaffrontare sono <strong>di</strong> natura psicologica e riflettono le<strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> interazione con gli altri quando si èimpegnati nella buona riuscita degli stu<strong>di</strong>, si competepe


La seconda risposta neuroendocrina allo stressconsiste nell‛attivazione <strong>di</strong> un circuito creberosomaticodetto asse HPA, che connette fra loroipotalamo, ipofisi, surrene e ippocampo trasportandoormoni specializzati attraverso il torrente ematico.L‛ipotalamo è la zona chiave per la regolazionedell‛assetto ormonale: riceve fibre dalle aree delcervello che elaborano le informazioni emotive,inclusa l‛amigdala, e dalle regioni del tronco cerebraleche controllano le risposte nervose del simpatico e<strong>di</strong>ntegra le informazioni per produrre una rispostaormonale che stimola la stazione successiva, ovverol‛ipofisi. A sua volta, essa mette in circolo un ormonedetto adrenocorticotropina (ACTH). L‛ACTH stimolail surrene a secernere il cortisolo.Il cortisolo è l‛ormone steroideo chiave per capire lafase successiva della risposta allo stress. Esso innalzail livello ematico degli zuccheri e <strong>di</strong> altri metaboliticome gli aci<strong>di</strong> grassi, spesso a spese delle proteine,che vengono scisse in sostanze energetiche <strong>di</strong> prontoconsumo (una sorta <strong>di</strong> “barretta al cioccolato”istantanea per muscoli e cervello!). Il cortisolo, comel‛adrenalina innalza la pressione sanguigna e, in parolepovere, fa sentire meglio! Se doveste fare un a solo adun concerto, non vorreste certo essere assillati daaltre preoccupazioni, ma vorreste fare del vostromeglio pensandoci il meno possibile: il cortisolo inibisceanche altri fenomeni quali la crescita, la <strong>di</strong>gestione,l‛infiammazione e persino la guarigione delle ferite e lepulsioni sessuali, tutte cose che si possono fare meglioin altri frangenti! L‛ultimo sta<strong>di</strong>o del circuito è ilmeccanismo <strong>di</strong> retroazione del cortisolo sul cervello.La più alta densità <strong>di</strong> recettori per il cortisolo è sitanell‛ippocampo, struttura chiave per l‛appren<strong>di</strong>mento ela memoria ma il cortisolo agisce anche sull‛amigdala,che elabora la paura e l‛ansia (con l‛effetto <strong>di</strong> attivarlaper consentire l‛appren<strong>di</strong>mento della paura), e <strong>di</strong><strong>di</strong>sattivare l‛ippocampo (per assicurare che le risorsenon vengano sprecate considerando aspetti nonnecessari all‛appren<strong>di</strong>mento). Il cortisolo è la chiave <strong>di</strong>volta della capacità <strong>di</strong> concentrarsi.LO STRESS E‛ INEVITABILE: TUTTI NOI LOSPERIMENTIAMO. PUO‛ ESSERE DI NATURAPSICOLOGICA, FISICA O (DI SOLITO) ENTRAMBE.La storia dei due recettori per ilcortisolo e dell‛ippocampo ridotto.L‛ippocampo ha molti recettori per il cortisolo, <strong>di</strong> duetipi <strong>di</strong>versi, chiamati basso MR e alto GR. Il bassoMR viene attivato dai livelli normali <strong>di</strong> cortisolocircolante a livello dell‛asse HPA e mantiene nellanorma il metabolismo generale e i processi cerebrali.Quando tuttavia i livelli <strong>di</strong> cortisolo iniziano adaumentare, soprattutto al mattino, l‛alto GR iniziaprogressivamente ad attivarsi. In situazioni <strong>di</strong> stress,i livelli <strong>di</strong> cortisolo aumentano molto e attivano questirecettori, mentre l‛ippocampo è inibito da unprogramma geneticamente controllato.Rappresentando graficamente il processo si ottieneuna curva a campana che mette in relazione lo stresscon il funzionamento cerebrale: poco stress fa bene,un po‛ <strong>di</strong> più fa meglio, ma troppo fa male!Funzioni cognitivebasso MR MR/GR alto GRLivelli <strong>di</strong> cortisoloLa curva a campana dello stress. Poco stress puòmigliorare le cose, ma troppo le peggiora.Depressione, iperattività emeccanismi dello stressIn alcune malattie cerebrali croniche è presente uneccessivo livello plasmatico <strong>di</strong> cortisolo. In particolare,nella depressione grave, si ha un‛iperproduzione <strong>di</strong>cortisolo: stu<strong>di</strong> recenti in<strong>di</strong>cano che anche l‛ippocampoappare <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte. Questi dati hanno portatogli psichiatri a ritenere la depressione maggiore comeuna con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> stress prolungato. Non è per nulla<strong>di</strong>mostrato che l‛aumento del cortisolo sia la causaprimaria <strong>di</strong> questa malattia piuttosto che laconseguenza <strong>di</strong> un grave scompenso psicologico e dellostress ad esso conseguente. I pazienti, tuttavia,traggono giovamento dall‛inibizione della produzione odell‛azione del cortisolo, soprattutto nei casi in cui gliantidepressivi classici sono inefficaci. Gli antidepressivispesso servono a normalizzare l‛iperattività dell‛asseHPA, in parte regolando la densità dei recettori MR eGR a livello cerebrale, soprattutto nell‛ippocampo. Ineuroscienziati sperano <strong>di</strong> poter mettere a puntotrattamenti più efficaci per i <strong>di</strong>sturbi da stress cheagiscono riaggiustando il sistema <strong>di</strong> controlloretroattivo e riducendo l‛eccessiva risposta ormonale.Stress e invecchiamentoL‛invecchiamento cerebrale si accompagna ad unagenerale <strong>di</strong>minuzione delle funzioni superiori che varianotevolmente da in<strong>di</strong>viduo a in<strong>di</strong>viduo: alcuni (buoninvecchiamento), mantengono buone capacità cognitivementre altri no (cattivo invecchiamento). E‛ possibilefornire una spiegazione a livello molecolare? I livelli <strong>di</strong>cortisolo solo più alti nel cattivo invecchiamento che inquello buono. L‛aumento del cortisolo precede il declinodelle capacità mentali, che sono associate alla<strong>di</strong>minuzione, osservabile nelle scansioni cerebrali, delle<strong>di</strong>mensioni dell‛ippocampo. Esperimenti su cavie hanno<strong>di</strong>mostrato che tenendo basso dalla nascita, o anche daun‛età interme<strong>di</strong>a, il livello dell‛ormone dello stress, sipreviene la comparsa dei <strong>di</strong>sturbi <strong>di</strong> memoria tipici deisoggetti non trattati. Sembra che gli in<strong>di</strong>vidui conun‛eccessiva risposta ormonale allo stress (non quelli piùstressati, ma quelli che rispondono <strong>di</strong> più agli stimolistressogeni), siano quelli che con l‛età mostrano unamaggior compromissione della memoria ed altri <strong>di</strong>sturbicognitivi. Se questo valesse anche per gli esseri umani,si potrebbero sviluppare farmaci antidepressivi chemantengano l‛asse ipotalamo-ipofisi-surrenale sottocontrollo. Lo stress è una componente rilevante dellavita moderna. C‛e ben altro in questa storia, ma perraccontarlo dobbiamo introdurre il sistema immunitario.36Siti Internet correlati: http://www.brainsource.com/stress_&_health.htm


Cervello e sistema immunitarioFino a pochi anni fa, si riteneva che il cervello fosseun “organo immunologicamente privilegiato” e che nonvenisse interessato dalle risposte immuni o da quelleinfiammatorie. La “barriera ematoencefalica” loprotegge, in una qualche misura, dagli acca<strong>di</strong>mentiesterni. Non si tratta <strong>di</strong> una vera e propriabarriera, ma <strong>di</strong> uno strato <strong>di</strong> cellule endotelialispecializzate e <strong>di</strong> vasi sanguigni cerebrali cheimpe<strong>di</strong>scono il passaggio dal sangue al cervello dellemolecole più gran<strong>di</strong> e delle cellule immunitarie.Questa visione del cervello come <strong>di</strong> un organoprivilegiato è però drasticamente cambiata nell‛ultimodecennio, in seguito agli stu<strong>di</strong> sulle interazioni tracervello e sistema immunitario. La neuroimmunologiaè attualmente un fiorente campo <strong>di</strong> ricerca.Le <strong>di</strong>fese somaticheIl sistema immunitario è la nostra prima linea <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesacontro gli invasori: virus, batteri e lieviti, dai piùcomuni e meno pericolosi, come quelli <strong>di</strong> un banaleraffreddore, fino a quelli più aggressivi e pericolosicome l‛HIV, la meningite o la tubercolosi.I nostri meccanismi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa funzionano in moltimo<strong>di</strong>. Uno <strong>di</strong> essi agisce nei tessuti infettati,traumatizzati o infiammati e causa edema, dolore,alterazioni del flusso sanguigno e rilascio <strong>di</strong> molecoleinfiammatorie in situ. L‛attivazione del sistemaAfferenzeumoralie nervoseInfezioneDannoInfiammazioneEfferenze localiCervelloIpotalamoSistema nervososimpaticoSistema Endocrinoe ImmunitarioSTRESS, FATTORI SOCIALICRFIpofisiACTHSurreneGlicocorticoi<strong>di</strong>Molti meccanismi cerebrali si uniscono percoor<strong>di</strong>nare il cervello e il sistema immunitario.immunitario innesca l‛azione dei leucociti, deimacrofagi e delle proteine <strong>di</strong> fase acuta che sirecano nel sito dell‛aggressione per identificare, peruccidere e per rimuovere i patogeni. La risposta infase acuta causa inoltre i sintomi che tutticonosciamo: febbre, dolore, sonnolenza, per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>appetito, apatia. Ogni risposta serve a combatterel‛infezione, risparmia energie e favorisce laguarigione ma, se attivata troppe volte o troppo alungo, può risultare dannosa: per questo deve venireattentamente controllata.Cervello e risposte <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesaLa visione del cervello come organo immunologicamenteprivilegiato ha ormai lasciato il posto ad una concezionemolto <strong>di</strong>versa delle sue relazioni con il sistemaimmunitario. Oggi sappiamo che il cervello è in grado <strong>di</strong>rispondere ai segnali provenienti dal sistemaimmunitario e dai tessuti lesionati. Le vecchie credenzesono state superate. Numerosi stu<strong>di</strong> hanno rivelato cheil cervello è in grado <strong>di</strong> esibire una vasta gamma <strong>di</strong>risposte immunitarie ed infiammatorie ed è quin<strong>di</strong> unimportante regolatore del sistema immunitario e dellarisposta in fase acuta. Molte risposte alle malattie,quali la febbre (temperatura corporea), il sonno e lafame sono regolate soprattutto dall‛ipotalamo. Ilcervello riceve, dai tessuti lesionati o infettati, segnaliche possono essere <strong>di</strong> natura nervosa (attraverso inervi sensitivi) o umorale (attraverso gli ormonicircolanti).I segnali nervosi sembrano essere trasmessi dalle fibreC (che trasportano anche gli stimoli dolorifici - ve<strong>di</strong>Capitolo 5) e dal nervo vago a provenienza dal fegato,sito chiave per la produzione delle proteine della faseacuta. Non è del tutto nota la natura dei principalisegnali circolanti <strong>di</strong>retti al cervello, ma si ritiene checoinvolga le prostaglan<strong>di</strong>ne (che vengono inibitedall‛aspirina) e le proteine del complemento (unacascata <strong>di</strong> proteine fondamentali per sopprimere lecellule patogene). Ma il segnale forse più importante èdato da un gruppo <strong>di</strong> proteine scoperte negli ultimi 20anni, note col nome <strong>di</strong> citochine.Molecole <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa: le citochineLe citochine sono le nostre molecole protettrici. Oggi neconosciamo più <strong>di</strong> un centinaio e se ne scopronocontinuamente <strong>di</strong> nuove. Queste proteine vengononormalmente prodotte in piccolequantità, ma si attivano velocemente in reazione ad undanno: comprendono gli interferoni, le interleuchine, ifattori <strong>di</strong> necrosi tumorale e le chemochine. Moltevengono prodotte a livello del tessuto lesionato eagiscono sulle cellule circostanti, mentre altre entranonel flusso ematico e portano segnali ad organi <strong>di</strong>stantiprovocando la risposta alle malattie e alle infezioni.37


Non preoccuparti,le citochine ti salveranno!L‛attivazione della produzione <strong>di</strong> citochine è dovuta abatteri e virus, danno cellulare o altre minacce per lasopravvivenza della cellula quali tossine o scarsità <strong>di</strong>ossigeno. Il cervello regola la produzione dellecitochine: tramite l‛invio <strong>di</strong> segnali nervosi ai tessuti(soprattutto attraverso il sistema nervoso simpatico) o<strong>di</strong> segnali ormonali (come il cortisolo dalla surrenale),può attivare o inibire le citochine.Le citochine sono molecole proteiche con moltepossibilità <strong>di</strong> azione in particolare sul sistemaimmunitario. La maggior parte <strong>di</strong> esse attiva il sistemaimmunitario e i fattori chiave dell‛ infiammazionecausando edema, mo<strong>di</strong>ficazioni del flusso sanguignolocale e rilascio <strong>di</strong> secon<strong>di</strong> me<strong>di</strong>atori che agiscono sumolti organi, compreso il fegato, dove stimolano leproteine <strong>di</strong> fase acuta. Benché le citochine con<strong>di</strong>vidanomolti meccanismi d‛azione, sono tuttavia fra loro molto<strong>di</strong>ssimili: alcune sono anti-infiammatorie e inibiscono iprocessi pro-infiammatori; molte agiscono localmentesulle cellule vicine al sito <strong>di</strong> produzione, altre vengonoinvece immesse in circolo, come gli ormoni.Stress e sistema immunitarioTutti sappiamo che stress e preoccupazioni possonoabbassare le nostre <strong>di</strong>fese e causare delle malattie.Solo ora iniziamo però a capire non solo come lo stresspossa interessare <strong>di</strong>rettamente il cervello attivandol‛asse HPA (ve<strong>di</strong> capitolo precedente), ma anche comesia in grado <strong>di</strong> influenzare in modo in<strong>di</strong>retto il sistemaimmunitario attraverso meccanismi cerebrali.L‛influenza sul sistema immunitario e la suscettibilitàalle malattie <strong>di</strong>pendono dal tipo <strong>di</strong> stress e dalla modalità<strong>di</strong> risposta; alcune persone ad<strong>di</strong>rittura ci marciano.Quello che inibisce le nostre risposte <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa è lostress che non siamo in grado <strong>di</strong> gestire, come glieccessi lavorativi o le gran<strong>di</strong> trage<strong>di</strong>e. L‛esattomeccanismo che lega lo stress al sistema immunitarionon è ancora del tutto chiaro, ma sappiamo che unfattore importante è l‛attivazione dell‛asse ipotalamoipofisi-surrenalico.Una delle principali rispostecerebrali allo stress è l‛aumentata produzione <strong>di</strong> unaproteina ipotalamica detta fattore rilasciante lacorticotropina (CRF) che, compiuto un breve tragittofino all‛ipofisi, stimola il rilascio <strong>di</strong> un altro ormone,fattore rilasciante l‛adrenocorticotropina (ACTH)che, immesso in circolo, raggiunge il surrene doveprovoca la secrezione <strong>di</strong> ormoni steroi<strong>di</strong> (nell‛uomo ilcortisolo), che sono tra i più efficaci soppressori dellafunzione immunitaria e dell‛infiammazione. Il processoappare essere tuttavia più complesso: vi sono infatti ingioco altri fattori nervosi e ormonali ed è noto che unostress moderato può invece far aumentare lafunzionalità immunitaria.Risposte cerebrali autoimmuni einfiammatorieStu<strong>di</strong> recenti hanno <strong>di</strong>mostrato che molte molecole <strong>di</strong><strong>di</strong>fesa quali le citochine giocano un ruolo attivo nellagenesi <strong>di</strong> alcune malattie neurologiche come la sclerosimultipla, l‛ictus e la malattia <strong>di</strong> Alzheimer. Sembra cheun‛iperproduzione a livello cerebrale <strong>di</strong> tali molecole, inparticolare <strong>di</strong> alcune citochine, possa danneggiare ineuroni. Si stanno attualmente sviluppando <strong>di</strong>versenuove strategie terapeutiche per le malattie cerebrali,basandosi sul razionale <strong>di</strong> inibire le molecoleautoimmuni e quelle infiammatorie. Tra le nuoveneuroscienze, la neuroimmunologia potrebbe fornirealcuni importanti in<strong>di</strong>zi per nuovi possibili trattamentiper alcune gravi malattie neurologiche.38Siti Internet correlati: http://science.howstuffworks.com/immune-system.htm


SonnoZ Z Z zOgni notte ci ritiriamo nella nostra camera, cicorichiamo e scivoliamo nello stato <strong>di</strong> incoscienzadel sonno. Molti <strong>di</strong> noi dormono per circa 8 ore, ilche significa che passiamo circa un terzo dellanostra vita dormendo, in parte sognando. Secerchiamo <strong>di</strong> evitare <strong>di</strong> dormire per impiegarequesto tempo prezioso in altre attività, quali tirartar<strong>di</strong> a una festa o passare la notte sui libri perpreparare un esame, il nostro corpo e il nostrocervello subito ci ammoniscono che non dovremmo.Possiamo farcela per un po‛ ma non troppo a lungo.Il ciclo sonno/veglia è una delle tante attivitàritmiche del corpo e del cervello. Perché esistono,quali parti del cervello coinvolgono e comeavvengono?Il ritmo della vitaIl ciclo sonno-veglia è un ritmo endogeno che <strong>di</strong>vienegradualmente parte del ritmo nictemerale nei primianni <strong>di</strong> vita. E‛ ciò che viene detto un ritmo circa<strong>di</strong>ano(dal latino ‘circa‛ = attorno, e ‘<strong>di</strong>es‛ = giorno). E‛importante in tutto l‛arco della vita: i neonati dormonoper brevi perio<strong>di</strong> sia durante il giorno che la notte, ibambini spesso fanno un sonnellino nel pomeriggio,mentre gli adulti, solitamente, dormono solo la notte.Il sonno è salutare: si <strong>di</strong>ce che Winston Churchill,Primo Ministro britannico durante la II GuerraMon<strong>di</strong>ale, facesse spesso brevi sonnellini <strong>di</strong> cinqueminuti, a volte persino durante le riunioni <strong>di</strong> governo!Il normale ciclo sonno-veglia nell‛arco delle 24 ore è inparte controllato da un gruppetto <strong>di</strong> celluledell‛ipotalamo, poste proprio sopra il chiasma ottico aformare il nucleo soprachiasmatico. Questi neuroni,che hanno la particolarità <strong>di</strong> formare molte sinapsi trai loro stessi dendriti in modo da sincronizzare la lorofrequenza <strong>di</strong> scarica, fanno parte dell‛orologiobiologico cerebrale. Nell‛uomo funziona ad un ritmoleggermente più lento delle 24 ore, ma viene tenuto inregistro dagli stimoli visivi che comunicano quando ègiorno e quando è notte. Sappiamo questo in quanto,volontari che hanno partecipato ad esperimenti sulsonno vivendo in caverne buie per lunghi perio<strong>di</strong>, senzain<strong>di</strong>cazioni relative all‛ora della giornata, hannoassunto ritmi <strong>di</strong> attività a ciclo-libero della durata <strong>di</strong>circa 25 ore.Gli sta<strong>di</strong> del sonnoIl sonno non è un processo passivo come sembra. Se siesegue una registrazione elettrica <strong>di</strong> un soggetto in unlaboratorio per lo stu<strong>di</strong>o del sonno (dotato <strong>di</strong> como<strong>di</strong>letti!), l‛elettroencefalogramma (EEG) che si ottiene<strong>di</strong>mostra il succedersi <strong>di</strong> sta<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinti. Quando siamosvegli, il nostro cervello mostra un‛attività elettrica <strong>di</strong>bassa ampiezza. Quando ci addormentiamo, l‛EEG<strong>di</strong>viene inizialmente piatto ma, in seguito, mostra ungraduale aumento <strong>di</strong> ampiezza e <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> attivitàmano a mano che si passa attraverso i vari sta<strong>di</strong> delsonno. Questi sta<strong>di</strong> sono detti <strong>di</strong> sonno-lento. Il motivodel cambiamento dell‛attività elettrica non è ancora deltutto ben compreso. Si ritiene che le cellule cerebrali,<strong>di</strong>ventando irresponsive ai normali stimoli, sisincronizzino gradualmente fra loro. L‛inibizione attivadei neuroni che controllano i movimenti dei muscolischeletrici porta alla per<strong>di</strong>ta del tono muscolare ma,fortunatamente, quelli che presiedono al controllocar<strong>di</strong>o-respiratorio continuano a funzionarenormalmente!Durante la notte passiamo ripetutamente attraverso ivari sta<strong>di</strong> del sonno. In uno <strong>di</strong> questi l‛EEG <strong>di</strong>viene similea quello <strong>di</strong> veglia e gli occhi si muovono in entrambe le<strong>di</strong>rezioni sotto le palpebre abbassate. Si tratta dellosta<strong>di</strong>o dei cosiddetti movimenti rapi<strong>di</strong> oculari (REM =rapid eyes movements) sta<strong>di</strong>o in cui compaiono anche isogni. Se veniamo risvegliati durante il sonno REM,quasi sempre ricor<strong>di</strong>amo il contenuto del sogno. Ciòavviene anche per coloro che ritengono <strong>di</strong> non sognaremai (fate la prova con un vostro familiare!). La maggiorparte <strong>di</strong> noi ha da 4 a 6 brevi episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> sonno REM ogninotte. I bambini hanno più sonno REM e persino glianimali mostrano <strong>di</strong> averlo.VegliaREMSta<strong>di</strong>o1Sta<strong>di</strong>o2Sta<strong>di</strong>o3Sta<strong>di</strong>o40 1 2 3 4 5 6 7 8Ore <strong>di</strong> sonnoUna normale notte <strong>di</strong> sonno <strong>di</strong> 8 ore consiste in un ciclo <strong>di</strong>vari sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> sonno, con brevi perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> sonno REM (inrosso) che si verificano circa 4 volte per notteNSC attivo <strong>di</strong> giornoNSC quiescente <strong>di</strong> notteIl nucleo soprachiasmatico (NSC) è l‛orologiopersonale del cervello.La privazione <strong>di</strong> sonnoAlcuni anni fa, Randy Gardner, un ragazzo americano,decise <strong>di</strong> provare ad entrare nel Guinness dei Primatirestando sveglio per il periodo <strong>di</strong> tempo più lungo mairegistrato. Il suo intento era <strong>di</strong> rimanere 264 ore senzadormire, e ce la fece! Si trattò <strong>di</strong> un esperimentoattentamente controllato dai me<strong>di</strong>ci della Marina39


Militare Americana, che è altamente sconsigliabileripetere! Sorprendentemente ne uscì bene. I suoiproblemi più evidenti (oltre a sentirsi molto stanco)furono la <strong>di</strong>fficoltà a parlare, l‛incapacità aconcentrarsi, la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> memoria e la comparsa <strong>di</strong>allucinazioni. Fisicamente rimase in ottime con<strong>di</strong>zionie non <strong>di</strong>ede mai segni <strong>di</strong> follia o <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco dallarealtà. Alla fine dell‛esperimento mostrò qualcheripercussione, dormendo quasi quin<strong>di</strong>ci ore la nottesuccessiva e qualche ora in più anche le altre notti.Questo e molti altri esperimenti similari hannopersuaso i ricercatori che a trarre vantaggio dalsonno è il cervello più che il corpo. A simili conclusionisi è giunti anche conducendo stu<strong>di</strong> controllati suglianimali.Perché dormiamo?Molti argomenti nel campo delle neuroscienze restanoun enigma e il sonno è uno <strong>di</strong> questi. Alcuni stu<strong>di</strong>osiargomentano che il sonno sia utile agli animali perstare lontano dai pericoli rimanendo immobili. Ma cideve essere certamente ben altro. Gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong>privazione <strong>di</strong> sonno ci fanno pensare che il sonno REMe alcune fasi del sonno-lento, che avvengono nelleprime 4 ore ogni notte, siano ristoratrici per ilcervello. Forse lo aiutano a ripristinare le sue funzioniottimali ed il momento migliore per farlo, in analogiacon una barca tirata a riva, è quando non si stannoelaborando le informazioni sensoriali, o non si èattenti e vigili o non si debbono controllare le azioni.Le ricerche ci suggeriscono che il sonno è anche ilmomento in cui si consolidano gli appren<strong>di</strong>menti delgiorno prima, un processo essenziale per la memoria.Come funzionano i ritmi?Molto si è appreso sulle basi neurali delle attivitàritmiche come il sonno registrando l‛attività deineuroni in varie aree cerebrali durante la transizionetra i <strong>di</strong>versi sta<strong>di</strong> del sonno stesso. Questeosservazioni hanno portato alla scoperta <strong>di</strong> un sistemaattivatore sito nel tronco encefalico che comprende<strong>di</strong>versi neuromodulatori, tra cui l‛adenosina, in unaFrontiere della RicercaE adessoaddormentati!!!sorta <strong>di</strong> reazione molecolare a catena che ciaccompagna attraverso i vari sta<strong>di</strong> del sonno. Imeccanismi <strong>di</strong> sincronizzazione consentono ai circuitineurali <strong>di</strong> passare da una sta<strong>di</strong>o all‛altro.Un balzo in avanti è stato reso possibile dallaneurogenetica. Sono stati identificati svariati geni che,come le ruote dentate e gli ingranaggi <strong>di</strong> un orologio,sono le componenti molecolari del nostro segnapassi delritmo. Gran parte degli stu<strong>di</strong> sono stati condotti sullaDrosophila (il moscerino della frutta) in cui sono statitrovati due geni - PER e TIM – che producono proteineche interagiscono fra loro per regolare la propriasintesi. La sintesi delle proteine e del mRNA inizia almattino presto, le proteine si accumulano, si legano fraloro e questo legame blocca la sintesi. La luce <strong>di</strong>urnaaiuta a degradare le proteine il cui livello scende <strong>di</strong>conseguenza ad un punto in cui i geni che co<strong>di</strong>ficano PERe TIM ripartono nuovamente. Questo ciclo continua aripetersi ed avviene persino se i neuroni sono coltivati invitro. L‛orologio biologico dei mammiferi, uomocompreso, funziona in modo molto simile a quello delmoscerino. Dato che i ritmi circa<strong>di</strong>ani sono molto antichiin termini <strong>di</strong> evoluzione, forse non sorprende chemolecole identiche possano regolare l‛orologio inorganismi tanto <strong>di</strong>versi.Luce Buio Luce Buio10Luce Buio Luce BuioGiorni2030Topi Normali con "jet-lag"Topi senza jet-lag!40Topi Mutanti con "cambio-<strong>di</strong>-fuso" imme<strong>di</strong>atoPer comprendere meglio i meccanismi molecolari dei ritmi circa<strong>di</strong>ani, i neuroscienziati hanno mo<strong>di</strong>ficato geneticamente deitopi in cui i geni espressi nel nucleo soprachiasmatico erano “soppressi”. Questi topi VIPR2 vivono bene e motrano unaalternanza dei ritmi notturni e <strong>di</strong>urni come i topi normali. I puntini neri dei <strong>di</strong>agrammi soprastanti in<strong>di</strong>cano i momenti <strong>di</strong>attività dei topi – un ritmo <strong>di</strong>urno con attività notturna (aree grigie). Quando l‛ora <strong>di</strong> spegnimento della luce viene <strong>di</strong> colpoposticipato <strong>di</strong> 8 ore (circa al 25° giorno), i topi normali mostrano il “jet-lag” e impiegano alcuni giorni per mo<strong>di</strong>ficare il lororitmo <strong>di</strong> attività. I topi mutanti si adattano imme<strong>di</strong>atamente. Questo tipo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> ci aiuta a comprendere i meccansmimolecolari attraverso cui la luce attiva i geni segnapassi dei ritmi circa<strong>di</strong>ani.40Siti Internet correlati: http://www.hhmi.org/lectures/2000/http://www.cbt.virginia.edu, http://science.howstuffworks.com/sleep.htm


NeuroimmaginiI frenologi credevano <strong>di</strong> poter capire il cervelloguardando i bernoccoli sulla superficie del cranio.Se questo ci sembra oggi fuorviante, l‛ambizione <strong>di</strong>capire il cervello osservando il cranio dall‛esterno haincuriosito molti nel corso dei secoli. Oggi possiamofarlo davvero – grazie all‛avvento delle modernetecniche <strong>di</strong> visualizzazione cerebrale. I tomografimoderni usano una gran varietà <strong>di</strong> meto<strong>di</strong> per fornircisplen<strong>di</strong>de immagini <strong>di</strong> strutture cellulari e nervose, delflusso ematico e del metabolismo energetico delcervello, e delle variazioni dell‛attività neuronale cheavvengono quando compiamo varie operazioni.La strada verso le moderne tecnicheNel tentativo <strong>di</strong> stabilire una corrispondenza trastruttura e funzione, neurologi e neuropsicologi checorrelano ogni stranezza della mente e delcomportamento con le misurazioni delle strutturecerebrali post-mortem, hanno appreso molto sul cervello:è stato così che le aree legate alla parola sono stateidentificate da Broca. Questo approccio ha consentitomolti successi, ma ha anche dei limiti. Non si puòformulare semplicemente l‛assunto che la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> unafunzione in seguito ad una lesione in un‛area specifica delcervello rappresenti la funzione propria <strong>di</strong> quell‛area. Una<strong>di</strong>sfunzione può, ad esempio, essere dovuta al fatto chequell‛area si ritrova isolata o <strong>di</strong>sconnessa da altre regionicon le quali normalmente comunica. E‛ anche possibile chearee del cervello indenni possano prendersi carico dellefunzioni che in circostanze normali vengono svolte da areeora danneggiate: si tratta del fenomeno noto comeplasticità. Solo poche lesioni patologiche sono inoltreconfinate in una precisa area funzionale. Potrebbe infinepassare molto tempo fra lo stu<strong>di</strong>o clinico <strong>di</strong> un paziente invita e lo stu<strong>di</strong>o del cervello post-mortem.Le tecniche <strong>di</strong> visualizzazione delle strutture cerebrali(neuroimmagini) cominciarono ad essere ideate circa 40anni fa. Il recente sviluppo dei meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> visualizzazionefunzionale da parte dei fisici me<strong>di</strong>ci ha destatoparticolare attenzione. Tali meto<strong>di</strong> consentonoletteralmente <strong>di</strong> vedere all‛interno del cranio e indagarecosì il cervello umano mentre pensa, impara o sogna.Come funzionaLe tecniche elettrofisiologiche per rilevare l‛attivitàneuronale sono basate sulle variazioni del potenziale <strong>di</strong>membrana dei neuroni attivati. Le tecniche <strong>di</strong>visualizzazione del cervello sfruttano l‛osservazione dellevariazioni del metabolismo energetico necessario perattivare i neuroni.Il gra<strong>di</strong>ente elettrochimico che sposta gli ioni all‛interno eall‛esterno del neurone (e che è all‛origine del potenzialesinaptico e del potenziale d‛azione) ha bisogno <strong>di</strong> energiaper funzionare. Il glucosio e l‛ossigeno vengono rilasciatinel cervello attraverso la circolazione cerebrale. Graziealla giunzione neurovascolare, si ha un aumento locale delflusso sanguigno cerebrale nelle aree attive, che si verificamolto rapidamente. I moderni apparati per leneuroimmagini misurano queste variazioni del flussosanguigno cerebrale locale e le utilizzano come in<strong>di</strong>cedell‛attività neurale.La prima tecnica funzionale sviluppata è stata laTomografia ad Emissione <strong>di</strong> Positroni (PET). Questaprocedura richiede <strong>di</strong> iniettare al soggetto dei tracciantira<strong>di</strong>oattivi che sono legati ad un composto <strong>di</strong> interessebiologico (come un farmaco che si lega al recettore <strong>di</strong> unneurotrasmettitore). Una serie <strong>di</strong> anelli <strong>di</strong> rilevatoricirconda la testa del soggetto e registra l‛istante e laposizione delle emissioni gamma che vengono prodottedall‛isotopo nucleare mentre attraversa il cervello edecade. La PET può essere utilizzata per produrre dellemappe <strong>di</strong> variazioni locali nel flusso sanguigno cerebrale(CBF). Queste misurazioni hanno portato all‛in<strong>di</strong>viduazionedelle funzioni cerebrali sensoriali, motorie e cognitive negliesseri umani. La PET ha però <strong>di</strong>versi svantaggi, il maggioredei quali è la necessità <strong>di</strong> iniettare un tracciantera<strong>di</strong>oattivo. Ciò implica che non tutti possono sottoporsi adun‛indagine PET (come i bambini e le donne in gravidanza),ed il numero <strong>di</strong> misurazioni che possono essere fattedurante una sessione è limitato.In seguito è stata sviluppata una tecnica completamente<strong>di</strong>fferente, chiamata Immagine <strong>di</strong> Risonanza Magnetica(MRI), che ha il vantaggio <strong>di</strong> essere assolutamente “noninvasiva” e <strong>di</strong> non richiedere l‛uso <strong>di</strong> sostanze ra<strong>di</strong>oattive.A sinistra: i profitti ricavati dalla E.M.I. per la ven<strong>di</strong>ta dei <strong>di</strong>schi dei Beatles contribuirono allo sviluppo della prima macchina pervisualizzare il cervello. Questi ed altri strumenti hanno consentito ai neuroscienziati <strong>di</strong> guardare dentro il cervello in modo nuovo.A destra: una moderna macchina per la MRI. Il soggetto è <strong>di</strong>steso su un pianale che viene fatto scorrere all‛interno degli anellimagnetici. L‛acquisizione delle immagini può richiedere da 30 minuti a un‛ora.41


Questo consente <strong>di</strong> sottoporre all‛esame persone <strong>di</strong>ogni età. La MRI può essere usata per produrreimmagini molto particolareggiate delle strutturecerebrali, ed il recente sviluppo <strong>di</strong> un‛ulteriore tecnicadetta Immagine <strong>di</strong> Tensore <strong>di</strong> Diffusione (DTI)consente <strong>di</strong> ottenere ricostruzioni minuziose delle fibre<strong>di</strong> sostanza bianca che connettono le regioni cerebrali.Immagine dei vasi sanguigni del cervello. Le variazioni delflusso ematico possono essere riconosciute e utilizzatecome in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> attività neuronale.Una delle applicazioni più entusiasmanti della tecnologiaMRI è il metodo chiamato Immagine <strong>di</strong> RisonanzaMagnetica funzionale (fMRI). Questa tecnica è basatasulle <strong>di</strong>fferenti proprietà magnetiche dell‛ossiemoglobina edella desossiemoglobina nel sangue (per questo il segnaledella fMRI è detto BOLD (blood oxygenation leveldepedent = <strong>di</strong>pendente dal livello <strong>di</strong> ossigenazione delsangue). L‛aumento dell‛attività neuronale causa unmovimento <strong>di</strong> ioni che attiva pompe ioniche che richiedonoconsumo d‛energia provocando un aumento del metabolismoenergetico e del consumo <strong>di</strong> ossigeno; questo porta ad unaumento dell‛emoglobina deossigenata e ad un calo delsegnale <strong>di</strong> magnetizzazione. L‛aumentato consumo <strong>di</strong>ossigeno è seguito, dopo pochi secon<strong>di</strong>, da un incrementolocale del flusso sanguigno cerebrale. Tale incrementosupera quello del consumo <strong>di</strong> ossigeno; si ha dunque unaumento relativo della quantità <strong>di</strong> ossiemoglobina e,conseguentemente, dell‛entità del segnale. L‛esattomeccanismo che porta all‛aumento del flusso sanguignocerebrale non è ancora chiaro, ma si ritiene che sia dovutoad un segnale legato ad un neurotrasmettitore.Grazie al computer, le immagini ottenute dalle scansioniPET e MRI mostrano esattamente dove, nel cervello, sisono verificate variazioni <strong>di</strong> flusso sanguigno.Come si faProbabilmente siete molto bravi a sottrarre i numeri; maavete mai provato a sottrarre i cervelli? Non c‛è dubbioche il ragazzo della vignetta sia confuso. Sottrarreimmagini del cervello a due e a tre <strong>di</strong>mensioni è un fattorecritico per l‛analisi dei dati. La maggior parte degli stu<strong>di</strong><strong>di</strong> fMRI consiste nel misurare il segnale BOLD mentre unsoggetto è impegnato in un compito strettamentecontrollato. Durante la scansione, si rileva la rispostacomportamentale a <strong>di</strong>versi stimoli da parte <strong>di</strong> un soggetto<strong>di</strong>steso all‛interno del tubo magnetico. Gli stimoli possonoessere visivi, proiettati su uno schermo visibile alsoggetto, o u<strong>di</strong>tivi, che giungono attraverso delle cuffie.È possibile indagare fenomeni complessi come lapercezione, l‛appren<strong>di</strong>mento, la memoria, il pensiero e lapianificazione.42


Spesso vengono ideati due compiti molto simili daeseguire l‛uno dopo l‛altro: l‛idea è che uno <strong>di</strong> essidovrebbe coinvolgere il processo cerebrale cheinteressa allo sperimentatore mentre l‛altro no. Leimmagini cerebrali ottenute in successione vengono poisottratte l‛una dall‛altra per ottenere un‛immaginebi<strong>di</strong>mensionale nella quale i pixel descrivono il modo incui le variazioni dell‛attività sono specificamenteassociate all‛esecuzione <strong>di</strong> un preciso processocerebrale. Queste immagini sono raccolte da uncomputer per ottenere un‛effettiva sottrazione <strong>di</strong>immagini tri<strong>di</strong>mensionale (ve<strong>di</strong> la vignetta nella paginaprecedente). Recenti sviluppi della tecnica (noti comeprotocollo fMRI “ad eventi”) consentono <strong>di</strong> rilevarebrevi pensieri o eventi cerebrali <strong>di</strong> durata fino ad uno odue secon<strong>di</strong>). Per vedere se le variazioni del segnaledurante l‛esecuzione <strong>di</strong> un compito sono statisticamentesignificative, si utilizzano meto<strong>di</strong> molto sofisticati <strong>di</strong>analisi dei dati. Un programma <strong>di</strong> analisi <strong>di</strong> larghissima<strong>di</strong>ffusione, che ha standar<strong>di</strong>zzato l‛elaborazione deiA una persona dentro lo scanner può essere mostrata unagrande varietà <strong>di</strong> immagini. Tutte “accenderanno” le areevisive primarie della corteccia cerebrale: la V1 e la V2.L‛utilizzo <strong>di</strong> opportune tecniche <strong>di</strong> sottrazione ha svelatoche l‛analisi dei colori (a sinistra) viene effettuata nell‛areaV4, mentre quella del movimento (<strong>di</strong> punti casuali che sispostano sullo schermo, a destra) attiva l‛area V5.L‛attivazione dell‛area V5 avviene con la percezione delmovimento. Le informazioni a quest‛area provengonodall‛area V2 della corteccia cerebrale e dal Pulvinar (Pul)un nucleo cerebrale profondoo. La corteccia parietaleposteriore (PPC) controlla il flusso <strong>di</strong> informazioni.L‛analisi dello connessioni attive consente <strong>di</strong> elaborarneil relativo contributo.temporale me<strong>di</strong>ale nei compiti <strong>di</strong> memoria a lungo termine.Nuovi para<strong>di</strong>gmi d‛indagine, come l‛uso della realtàvirtuale, stanno rivelando solo ora un‛attivazione <strong>di</strong> questolobo nei processi mnemonici, unitamente ad altre areecome la corteccia frontale ed il precuneo. Grazie anchealle nuove scoperte della neuropsicologia e delleneuroimmagini, la varietà delle aree coinvolte ha cambiatola nostra comprensione dei sistemi cerebrali <strong>di</strong> memoria.Si stanno inoltre sviluppando nuove tecniche matematiche(note come connettività effettiva) per osservare il modoin cui l‛attività neuronale <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse regioni del cervellointeragisca e si correli durante lo svolgimento <strong>di</strong> compiticoplessi. Tutte queste osservazioni ci permettono <strong>di</strong>apprezzare come le aree del cervello funzionino come unasquadra e non semplicemente come “punti critici” isolati.La speranza è che queste nuove tecniche, con magneti <strong>di</strong>maggiore intensità che forniscano immagini ancora piùprecise, ci possano un giorno raccontare le <strong>di</strong>namichedelle reti neuronali che <strong>di</strong>alogano l‛una con l‛altra nelcontrollo ininterrotto della percezione, del pensiero edell‛ azione.dati delle immagini, è noto come “mappatura statisticaparametrica” (SPM). Le mappe <strong>di</strong> SPM sono reseintuitive con l‛uso dei colori: le zone più “calde” sonocolorate in giallo, quelle più “fredde” in blu e in nero.Gli scienziati che si occupano <strong>di</strong> neuroimmagini <strong>di</strong>conoche un‛area “si accende” quando si compionodeterminate funzioni. Se una persona guarda unascacchiera che cambia in continuazione, si osservanosostanziali attivazioni nella corteccia visiva primaria.L‛uso <strong>di</strong> elementi in movimento o colorati e <strong>di</strong> altristimoli appositamente <strong>di</strong>segnati per attivare aree<strong>di</strong>verse del sistema visivo hanno fornito una grandequantità <strong>di</strong> informazioni sull‛organizzazione del sistemavisivo umano. Stu<strong>di</strong> simili sono stati eseguiti per altriaspetti sensoriali. Questo modo <strong>di</strong> pensare “perlocalizzazioni” ha consentito inoltre <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare learee coinvolte nei <strong>di</strong>versi aspetti della lettura, come latrascrizione <strong>di</strong> una parola scritta in un co<strong>di</strong>cefonologico, l‛unione <strong>di</strong> fonemi in una parola, l‛estrazionedel significato delle parole, e così via. Sono statistu<strong>di</strong>ati anche gli aspetti dell‛appren<strong>di</strong>mento, e si sonopotute <strong>di</strong>stinguere le aree cerebrali coinvoltenell‛anticipazione e nella percezione del dolore.Con l‛avanzare della ricerca, sono spuntatemolte nuove sorprese. Un esempio recente èdato dalla mancata attesa attivazione del loboFrontiere della ricercaNikos Logothetis è un giovane ricercatore che haprodotto contributi importanti alla comprensione dellerelazioni fra l‛attività dei neuroni cerebrali e i segnalirilevati negli esperimenti <strong>di</strong> brain imaging.Esperimenti recenti nei quali la registrazione elettricadell‛attività cerebrale è stata associata alla fMRI hannomostrato una correlazione fra attività sinaptica e ilsegnale BOLD maggiore <strong>di</strong> quanto non si abbia per lescariche <strong>di</strong> potenziali d‛azione. Il segnale BOLD è quin<strong>di</strong>un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> attività sinaptica cerebrale più realistico <strong>di</strong>quanto sia la produzione <strong>di</strong> potenziali d‛azione. Ciò haimportanti applicazioni per l‛interpretazione del segnaleBOLD in termini <strong>di</strong> localizzazione delle funzioni.Siti Internet correlati: http://www.dcn.ed.ac.uk/bic/http://www.fil.ion.ucl.ac.uk/43


Reti neurali ementi artificialiIl cervello è fatto <strong>di</strong> sostanza molle. I neuroni, ivasi sanguigni ed i ventricoli pieni <strong>di</strong> liquido sonocomposti da membrane lipi<strong>di</strong>che, proteine e da unagran quantità d‛acqua. Puoi comprimerlo con le <strong>di</strong>ta,tagliarlo con un bisturi, inserirvi degli elettro<strong>di</strong> eguardarvi il sangue pulsare. Gli stu<strong>di</strong> sul cervellosembrano fermamente ancorati alla biologia e allame<strong>di</strong>cina. C‛è tuttavia un altro modo <strong>di</strong> immaginareil cervello che ha attirato l‛attenzione <strong>di</strong>matematici, fisici, ingegneri ed informatici, chepensano al cervello scrivendo equazioni, creandomodelli al computer ed apparecchi elettronici chesimulano i veri neuroni.Il cervello è un organo adattativo: è in grado <strong>di</strong> leggereuna scrittura che non abbiamo mai visto prima e capireil <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> un perfetto sconosciuto, riesce atollerare che qualcosa non vada, funziona abbastanzabene per tutta la durata della vita anche se le suecellule muoiono e, anche in tarda età, è capace <strong>di</strong>apprendere nuove procedure. I robot <strong>di</strong> oggi sonomolto bravi ad eseguire i compiti per i quali sono statiprogettati, come costruire parti <strong>di</strong> automobile, masono poco tolleranti quando qualcosa non funziona.Il cervello è costituito da reti neuronali altamenteinterconnesse. I neuroni hanno bisogno <strong>di</strong> energia e lereti hanno bisogno <strong>di</strong> spazio. Il nostro cervellocontiene approssimativamente 100 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> cellulenervose, 3,2 chilometri <strong>di</strong> “cavi”, un milione <strong>di</strong> miliar<strong>di</strong><strong>di</strong> connessioni, il tutto in un volume <strong>di</strong> capienza pari acirca 1,5 litri ma dal peso <strong>di</strong> solo 1,5 chilogrammi e dalconsumo pari ad appena 10 watt. Se provassimo acostruire un cervello simile usando circuiti <strong>di</strong> silicio,consumerebbe circa 10 megawatt, la potenzanecessaria ad alimentare un‛intera citta<strong>di</strong>na. Tantoper peggiorare le cose, il calore prodotto da questocervello al silicio lo farebbe fondere! Per potercostruire macchine simili al cervello, occorre scoprirecome esso possa operare in maniera tanto efficienteed economica, ed impiegare gli stessi suoi principi.Il tuo cervello ha 100.000.000.000 <strong>di</strong> cellule e3.200.000 chilometri <strong>di</strong> cavi, con1.000.000.000.000.000 <strong>di</strong> connessionisinaptiche, tutto in un volume <strong>di</strong> 1,5 litri e delpeso <strong>di</strong> 1,5 kg. Ciò nonostante, consuma più omeno quanto una lampa<strong>di</strong>na!Costruire circuiti cerebrali al silicioIl costo energetico della trasmissione dei segnali da unneurone all‛altro è stato uno dei fattori critici perl‛evoluzione del cervello. Circa il 50-80% <strong>di</strong> tutto ilconsumo energetico del cervello è impiegato per laconduzione dei potenziali d‛azione lungo le fibre nervosee per la trasmissione sinaptica. Il resto è utilizzato perla costruzione e la manutenzione delle strutture.Questo è vero tanto per il cervello <strong>di</strong> un‛ape quanto peril nostro. Tuttavia, se comparato alla velocità <strong>di</strong> uncomputer <strong>di</strong>gitale, l‛impulso nervoso è molto lento – soloqualche metro al secondo. In un processore serialecome un computer <strong>di</strong>gitale, questo renderebbe il lavoroimpossibile. I cervelli biologici però sono costruiti comereti parallele: la maggior parte dei neuroni è connessa<strong>di</strong>rettamente con migliaia <strong>di</strong> altri. Per fare questo, ilcervello sfrutta tutto il suo volume tri<strong>di</strong>mensionaleripiegando i fogli <strong>di</strong> cellule nei solchi e impacchettandole connessioni in fasci. Le connessioni fra un numeroanche modesto <strong>di</strong> neuroni al silicio è all‛opposto limitatadalla natura bi<strong>di</strong>mensionale dei circuiti e delle schedeelettroniche: la comunicazione <strong>di</strong>retta fra <strong>di</strong> essi èquin<strong>di</strong> assai limitata. Sfruttando l‛elevatissima velocitàdegli apparati elettronici, gli impulsi provenienti da piùneuroni al silicio possono essere “moltiplicati”,consentendo il trasporto <strong>di</strong> più informazioni lungo lostesso cavo. In questo modo, gli ingegneri informaticiiniziano ad emulare la connettività delle reti biologiche.Per ridurre il consumo ed aumentare la velocità dellereti, gli ingegneri, ispirati dal modello neurologico,hanno adottato un sistema analogico anziché <strong>di</strong>gitale.Carter Mead, uno dei “guru” della Silicon Valley inCalifornia, ha coniato il termine “progettazioneneuromorfa” per descrivere l‛applicazione dellaneurobiologia alla tecnologia. Anziché co<strong>di</strong>ficare leinformazioni <strong>di</strong>gitalmente in termini <strong>di</strong> “0” e “1”, comefanno i computer, i circuiti analogici co<strong>di</strong>ficanome<strong>di</strong>ante continue variazioni <strong>di</strong> voltaggio, così comefanno i neuroni sottosoglia (Capitolo 3). Le operazionipossono allora avvenire con un minor numero <strong>di</strong> passi,sfruttando la fisica <strong>di</strong> base dei circuiti al silicio. Lacomputazione analogica esegue facilmente le operazionielementari <strong>di</strong> calcolo quali somme, sottrazioni,esponenziali ed integrali, che sono invece tutte moltocomplicate per le macchine <strong>di</strong>gitali. Quando i neuroni,siano essi biologici o <strong>di</strong> silicio, calcolano e “prendono unadecisione”, trasmettono, lungo l‛assone, la risposta aineuroni bersaglio. La co<strong>di</strong>fica dei picchi <strong>di</strong> potenziale èenergeticamente svantaggiosa, e per essere efficientedeve massimizzare la quantità <strong>di</strong> informazionirappresentata da un treno <strong>di</strong> picchi riducendone laridondanza. L‛efficienza energetica può anche essereaumentata usando un numero <strong>di</strong> neuroni attivi il piùpiccolo possibile. Questo metodo è detto co<strong>di</strong>ficararefatta e fornisce agli ingegneri un altro importanteprincipio <strong>di</strong> progettazione delle reti neurali artificiali.44


Una retina al silicioE‛ già stata costruita una semplice versione artificiale<strong>di</strong> rete biologica, che consiste in una retina al silicioche cattura la luce e adatta la propria risposta allevariazioni delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> luce incidente. Questaretina è connessa a due neuroni <strong>di</strong> silicio che, come iveri neuroni della corteccia visiva, hanno il compito <strong>di</strong>estrarre le informazioni sull‛orientamento delle lineeed i bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> contrasto dell‛immagine retinica.I neuroni <strong>di</strong> questo prototipo sono detti integratoriemettitorie sono largamente usati dai progettistineuromorfici. Il loro nome deriva dal fatto che essico<strong>di</strong>ficano gli stimoli in ingresso come”‘somma”‛ <strong>di</strong>voltaggi sinaptici ed “emettono” un potenziale d‛azionesolo se il voltaggio raggiunge una determinata soglia. Ineuroni al silicio sono composti da transistor ma,invece <strong>di</strong> usarli come interruttori e portare i voltaggia saturazione come nei sistemi <strong>di</strong>gitali convenzionali,eseguono il loro lavoro a livelli sotto soglia. A talilivelli, funzionano in maniera più simile alle membranecellulari dei neuroni veri. Ulteriori transistorforniscono la conduttanza attiva necessaria peremulare i flussi <strong>di</strong> corrente voltaggio e tempo<strong>di</strong>pendentidei veri canali ionici. Questo piccolo sistemavisivo è un prototipo <strong>di</strong> un sistema artificialemolto più elaborato che è ancora in fase <strong>di</strong> sviluppo,ma è sufficiente ad illustrare come un segnale moltorumoroso dell‛ambiente possa essere elaboratovelocemente per produrre una semplice decisione.Questo sistema al silicio riesce a fare ciò per cui èstato progettato, cioè stabilire quale sial‛orientamento <strong>di</strong> una linea in un‛immagine, e ineuroscienziati stanno già per collaudareapparecchiature e a scopo <strong>di</strong>dattico. L‛aspetto piùimportante è che le reti artificiali operano nel mondoreale, in tempo reale e utilizzano pochissima energia.Fotocamera montata davanti ad una retina al silicioReti neurali artificialiLe Reti Neurali Artificiali (ANN) vengono utilizzate perstu<strong>di</strong>are l‛appren<strong>di</strong>mento e la memoria. Di solitofunzionano su computer <strong>di</strong>gitali convenzionali econsistono in un certo numero <strong>di</strong> unità semplici <strong>di</strong>elaborazione che sono altamente interconnesse in unarete. Il tipo più semplice <strong>di</strong> ANN è un associatoreanterogrado, con interconnessione a strati in ingressoe in uscita. Mo<strong>di</strong>ficando l‛intensità delle connessioni fragli strati si genera una memoria associativa in modoche, quando si presenta un segnale d‛ingresso, vienerichiamato il segnale immagazzinato ad esso associato(ve<strong>di</strong> Riquadro del rompicapo matematico a paginaseguente). Un tipo più complesso <strong>di</strong> ANN è la reteneurale ricorsiva, che consiste <strong>di</strong> unità interconnessein un singolo strato che agiscono sia da ingresso che dauscita. Può apparire strano, ma questo adattamentoconsente alla rete <strong>di</strong> immagazzinare sequenze <strong>di</strong>informazione anziché solo alcuni segnali. La deco<strong>di</strong>fica<strong>di</strong> questa sorta <strong>di</strong> rete autoassociativa è ottenutaricercando ricorsivamente la sequenza immagazzinata.Si è visto che in una rete <strong>di</strong> 1000 unità si possonorichiamare circa 150 sequenze prima che gli errori nelprocesso <strong>di</strong> richiamo <strong>di</strong>ventino rilevanti.La somiglianza delle ANN con quelle cerebrali consistenel modo in cui entrambe immagazzinano ed elaboranole informazioni. I ‘contenuti‛ elaborati risiedono nellarete stessa. Non hanno se<strong>di</strong> proprie per la memoriacome i computer <strong>di</strong>gitali, in cui il processore aritmeticoe gli in<strong>di</strong>rizzi <strong>di</strong> memoria sono separati, ma possiedonoinvece un magazzino in<strong>di</strong>rizzabile <strong>di</strong> contenuti. In unaANN, la <strong>di</strong>versa intensità delle connessioni permette <strong>di</strong>immagazzinare l‛informazione, così come il variare dellaforza sinaptica consente l‛appren<strong>di</strong>mento. Le ANN nonsono programmate per eseguire alcuna proceduraspecifica: ogni ‘neurone‛ al suo interno è ‘muto‛, erisponde semplicemente in base alla somma delleintensità all‛ingresso, anche se può venire allenato perspecifiche prestazioni. Le modalità <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mentodelle reti mo<strong>di</strong>ficano l‛intensità delle connessionineuronali; un esempio è dato dal confronto tra ilsegnale in uscita, provocato da un dato segnale inentrata, e la sequenza che si desiderava ottenere.Qualunque ‘errore‛ nel confronto viene poi utilizzatoper regolare l‛intensità delle connessioni ed ottenereun segnale d‛uscita più simile a quello desiderato. Larete riduce quin<strong>di</strong> l‛errore gradualmente, anche selentamente.Gli errori sono importanti: nessun appren<strong>di</strong>mento èpossibile se non si commettono errori. Questa è unacaratteristica da non trascurarsi. Una rete superallenata che non commette mai errori finisce colrispondere solo ad un tipo <strong>di</strong> segnale. Queste retivengono dette metaforicamente della nonna inriferimento ad ipotetiche cellule cerebrali che siattiverebbero solo alla vista della nonna senza maisbagliare! Ciò non sarebbe in realtà molto utile, perchéogni elemento da imparare richiederebbe una specificarete. Al contrario, l‛aspetto pregevole delle ANN stanella loro capacità <strong>di</strong> generalizzare i segnali d‛ingressocui non sono mai state esposte: osservano le relazioni,colgono le associazioni, scoprono le regolarità dellesequenze, commettono dei giusti errori, proprio comeun vero cervello, e possono evocare una sequenza anchequando il segnale d‛ingresso è rumoroso o incompleto.Si tratta <strong>di</strong> proprietà molto importanti per un cervellobiologico, che anche le ANN debbono possedere.45


Il paradosso della modernatecnologia <strong>di</strong> calcoloIl paradosso delle attuali ANN è che esse sono simulatematematicamente su computer <strong>di</strong>gitali: questo limita la loroapplicazione nelle situazioni reali. Le simulazioni richiedonoinfatti tempo e le ANN non sono in grado <strong>di</strong> operare in temporeale. Esse sembrano invece adatte per guidare un‛automobileo pilotare un velivolo, perché non vengono <strong>di</strong>sturbate dalrumore <strong>di</strong> segnale e continuano a funzionare anche se alcuneloro parti si guastano. I sistemi esperti che vengono impiegatinei piloti automatici sono però computer <strong>di</strong>gitali su cuioperano programmi deterministici convenzionali e, persicurezza, necessitano <strong>di</strong> continue verifiche manuali. Se, suun aeroplano, le cose vanno davvero male, questi sistemi nonpossono risolvere nulla. Il pilota umano deve intervenire. Glialgoritmi attuali <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento per le ANN sono troppolenti per questo tipo <strong>di</strong> emergenze. Se i neuroni al siliciopotessero davvero imparare, cosa che ora non avviene, alloramolti <strong>di</strong> questi problemi potrebbero essere risolti. Soloaccrescendo la comprensione del nostro cervello potremoriuscire a costruire reti neurali più sofisticate in grado <strong>di</strong>ottenere prestazioni simili a quelle umane.Rompicapo matematicoUna memoria <strong>di</strong>stribuita con contenuto in<strong>di</strong>rizzabileImmaginate una serie <strong>di</strong> linee orizzontali che siincrociano con quattro verticali e “interruttori” neipunti <strong>di</strong> intersezione (A). Questa matrice è unamemoria. Le informazioni le vengono presentate sottoforma <strong>di</strong> numeri binari, come 0011 e 1010. Stabiliamoche gli interruttori siano aperti (on) quando un 1incontra un 1 (B, punti grigi). Questa <strong>di</strong>sposizionesegnala la presenza <strong>di</strong> una coppia <strong>di</strong> 1. La matrice puòimmagazzinare altri numeri oltre a quelli precedenti,come 1010 e 0110 (C, punti azzurri). Lo stato finaledella matrice ha 7 interruttori on. Se ora si presentanuovamente il primo numero - 0011 - allo matrice finalee si fa in modo che la corrente sia indotta nei filiverticali ogni volta che un interruttore è on, lacorrente uscirà dalle linee verticali verso il basso (D,frecce rosse), generando il numero numero 2120Questo non è il numero inizialmente appaiato a 0011ma, se si <strong>di</strong>vide 2120 per la quantità <strong>di</strong> 1 nel numerousato come richiamo (0+0+1+1 = 2) e considerando sologli interi (cioè non i valori decimali), si ottiene 1010.Quin<strong>di</strong> la matrice ha “ricordato” che 0011 siaccompagnava a 1010 anche se un altro messaggio èstato immagazzinato dopo il primo.ABCDNOMAD è un irrequieto ma intelligente progenitore dellefuture macchine pensanti. E‛ alto due pie<strong>di</strong> ed ha untorace cilindrico con “occhi”, “orecchie”, “mani” prensili esensori che lo aiutano a muoversi. Ciò che rende NOMAD<strong>di</strong>verso dalla maggior parte dei robot è che funzionasenza regole co<strong>di</strong>ficate o istruzioni. Possiede un cervellosimulato da un computer con 10.000 cellule nervose e più<strong>di</strong> un milione <strong>di</strong> connessioni che gli consentono <strong>di</strong>percepire e reagire all‛ambiente. Può gestire situazioninuove e imparare dai suoi errori mentre si muove in unambiente semplice fatto da pochi cubi colorati. Alcunidei cubi hanno strisce e conducono l‛elettricità, così daessere “gustosi”. Altri hanno cerchi e non conduconol‛elettricità: sono, quin<strong>di</strong>, meno “gustosi”. Osservando icubi e “assaggiandoli” con i sensori elettrici delle sue<strong>di</strong>ta, NOMAD impara a trascurare i cubi con i cerchi afavore <strong>di</strong> quelli con le strisce.Divisione intera per 2Questo è il tipo <strong>di</strong> memoria che si pensa abbia il nostrocervello. Essa non immagazzinerebbe le informazioni inposti specifici, come accade in un computer. Leinformazioni, invece, sarebbero <strong>di</strong>stribuite nella rete eimmagazzinate come variazioni delle connessionisinaptiche, così da poter essere recuperate inriferimento al proprio contesto. Il problema è chequesto tipo <strong>di</strong> memoria si satura molto presto,specialmente quando ci sono solo 4 fili. Una matrice con1000 paia <strong>di</strong> fili può comunque immagazzinare unagrande quantità <strong>di</strong> coppie sovrapposte senza troppeinterferenze.46Siti Internet correlati: www.artificialbrains.comhttp://www.ini.unizh.ch/


Se le cose non vannoper il giusto verso…Il cervello è un organo delicato. Un incidente puòcausare un trauma cranico che rende il cervellomalato e incapace <strong>di</strong> funzionare normalmente. Leaffezioni cerebrali possono dare una stupefacentevarietà <strong>di</strong> sintomi, spesso <strong>di</strong>fficili da comprendere.La <strong>di</strong>agnosi delle affezioni cerebrali richiede lecompetenze cliniche <strong>di</strong> un neurologo o <strong>di</strong> unopsichiatra così come sofisticate indagini biome<strong>di</strong>che e<strong>di</strong> neuroimmagine. La ricerca sulle malattie cerebralirichiede competenze ancora più vaste. Alcunecon<strong>di</strong>zioni, come l‛epilessia o la depressione, sonomolto comuni persino tra i bambini e gli adolescenti.Altre forme, come la schizofrenia, sono meno comunio sono proprie solo dell‛età anziana, anche se nonmeno invalidanti, come la malattia <strong>di</strong> Alzheimer. Altreancora hanno un‛importante componente genetica esollevano la <strong>di</strong>fficile questione se sia auspicabile checiascuno <strong>di</strong> noi sappia <strong>di</strong> essere portatore <strong>di</strong>mutazioni pre<strong>di</strong>sponenti allo sviluppo <strong>di</strong> tali patologie.Segnali <strong>di</strong>sorganizzati: l‛epilessiaDurante una convulsione (o crisi epilettica), il pazienteperde conoscenza e può cadere a terra, irrigi<strong>di</strong>rsi etremare. Quando si riprende, può accorgersi <strong>di</strong> essersimorsicato la lingua o <strong>di</strong> aver perso le urine e puòrimanere per un po‛ confuso o sonnolento. Molti bambinisono affetti da epilessia ma spesso le crisi vannoscomparendo con l‛età. Sfortunatamente, alcuni possonoinvece presentare crisi settimanali o quoti<strong>di</strong>ane.Cosa non funziona? Durante la convulsione i neuronipresentano un aumento <strong>di</strong> scarica dei potenziali d‛azionee subito dopo un periodo <strong>di</strong> ridotta eccitabilità. Questoprocesso ciclico è modulato da neurotrasmettitoriinibitori (GABA) ed eccitatori (glutammato). Anchequando la riduzione dell‛eccitabilità è incompleta, laconvulsione può essere scatenata dal reclutamento deineuroni contigui. Questo reclutamento può esserecircoscritto (e causare una convulsione parziale) o<strong>di</strong>ffondersi all‛intera corteccia (dando luogo ad unaconvulsione generalizzata). Durante una convulsionegeneralizzata, il normale ritmo alfa dell‛elettroencefalogramma(EEG) viene sostituito da onde <strong>di</strong>attività elettrica ampie, lente e sincrone in entrambi gliemisferi cerebrali (ve<strong>di</strong> <strong>di</strong>segno sullo sfondo).Le convulsioni isolate sono abbastanza comuni, mentrequelle ricorrenti (epilessia) sono meno frequenti ma piùproblematiche e la loro causa è ancora ignota. Neipazienti che soffrono <strong>di</strong> epilessia, le crisi possonoessere provocate da stanchezza, <strong>di</strong>giuno, ipoglicemia,assunzione <strong>di</strong> alcol o fissazione <strong>di</strong> luci intermittenti(schermi televisivi), per cui devono essere moltoprudenti.Lo sfondo mostra un EEG durante una crisi epiletticaLa ricerca neuroscientifica ha dato due importanticontributi per migliorare la qualità <strong>di</strong> vita dei pazienticon epilessia. In primo luogo, grazie alla comprensionedella trasmissione eccitatoria, siamo ora in grado <strong>di</strong>sintetizzare farmaci in grado <strong>di</strong> sopprimere l‛attivitàcritica senza abbassare la normale attività cerebrale. Ivecchi farmaci agivano piuttosto come sedativi, mentrequelli moderni sono molto più selettivi. In secondoluogo, i progressi nella qualità delle neuroimmagini hannoreso possibile localizzare con sufficiente accuratezzala zona <strong>di</strong> insorgenza della crisi. Nei casi gravemente<strong>di</strong>sabilitanti è a volte possibile, per il neurochirurgo,asportare il tessuto cerebrale danneggiato ottenendouna <strong>di</strong>minuzione nella frequenza delle crisi e un ridottorischio <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione al tessuto sano. La terapiachirurgica dell‛epilessia è a volte ritenuta un po‛drastica, ma occorre sottolineare come sia spessorisolutiva.Cefalea ed emicraniaMolte persone sono spesso soggette a cefalea.Solitamente è dovuta a tensione muscolare e non è nulla<strong>di</strong> cui doversi preoccupare. A volte però, soprattutto seil mal <strong>di</strong> testa insorge molto rapidamente o è associatoad un‛eruzione cutanea o a vomito, potrebbe esistereuna grave causa scatenante. In questo caso il dolore nonè <strong>di</strong> origine cerebrale, ma deriva dall‛irritazione o dallostiramento delle meningiche avvolgono il cervello.La causa più commune <strong>di</strong>cefalea è l‛emicrania.Con il mal <strong>di</strong> testa(spesso limitato ad unametà del capo), ilsoggetto si sente male,trova fasti<strong>di</strong>ose le luciforti o i rumori, esperimenta l‛auraemicranica, checonsiste nel vedere lucilampeggianti o lineefrastagliate. L‛aura, <strong>di</strong>solito, precede il dolore.Sembra verosimile che l‛emicrania abbia inizio nellazona del cervello che elabora la sensazione dolorificaproveniente dai vasi sanguigni cerebrali, poiché leneuroimmagini mostrano un‛aumentata attività inqueste regioni all‛inizio della crisi. In seguito si ha unbreve incremento dell‛afflusso sanguigno locale (cheè responsabile della visione delle luci lampeggianti),subito seguito da un decremeto, (che si traduce inuna debolezza momentanea).Nell‛ultimo decennio si è avuta una rivoluzione neltrattamento degli attacchi emicranici, a seguito delmiglioramento della nostra comprensione dei47


ecettori della serotonina (5-HT). E‛ statascoperta una nuova classe <strong>di</strong> farmaci che attiva unparticolare sottogruppo <strong>di</strong> questi recettori.Questi farmaci, i triptani, sono molto efficacinell‛arrestare la crisi emicranica al suo esor<strong>di</strong>o. Sitratta <strong>di</strong> uno dei molti mo<strong>di</strong> in cui la ricerca hadato un grosso contributo al miglioramento dellaqualità <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> persone nel mondo.Carburante insufficiente: l‛ictusQuando una persona sviluppa un‛improvvisa debolezzain una metà del corpo, la causa <strong>di</strong> ciò è solitamente unictus nella metà opposta del cervello. Anche lasensibilità, l‛equilibrio e il linguaggio possono venirneinteressati. A volte queste anomalie migliorano con ilpassare del tempo, spesso fino a rientrare almeno inapparenza nella norma, ma l‛ictus rimane pur sempre lacausa più frequente <strong>di</strong> morte e <strong>di</strong> invali<strong>di</strong>tà. L‛ictuspuò variare per forma e <strong>di</strong>mensioni e le sue sequele<strong>di</strong>pendono molto dalla zona cerebrale colpita.Ciò che è andato storto ha a che vedere conl‛interruzione dell‛apporto energetico necessario alcervello per funzionare. I neuroni e la glia hannobisogno <strong>di</strong> carburante per lavorare e sopravvivere.Questo carburante viene erogato attraverso iquattro principali vasi sanguigni che riforniscono ilcervello. Il carburante più importante è costituitodall‛ossigeno e dai carboidrati sotto forma <strong>di</strong> glucosioche insieme forniscono la materia prima per lacostituzione dell‛ATP, fonte energetica <strong>di</strong> tutte lecellule (ve<strong>di</strong> Capitoli 2 and 3), necessaria perveicolare il flusso <strong>di</strong> ioni che sta alla base dell‛attivitàelettrica dei neuroni. Circa due terzi dell‛energia <strong>di</strong>un neurone alimenta un enzima detto Na/K ATPasiche ristabilisce il gra<strong>di</strong>ente ionico del so<strong>di</strong>o e delpotassio dopo il verificarsi del potenziale d‛azione.In quello che è detto un attacco ischemico transitorio(TIA), viene a mancare l‛apporto sanguigno ad unaparte del cervello e il rifornimento <strong>di</strong> ATP vieneinterrotto. I neuroni non possono ripristinare il lorogra<strong>di</strong>ente ionico e quin<strong>di</strong> non possono più condurre ipotenziali d‛azione. Se, ad esempio, l‛apporto sanguignoalla corteccia motoria dell‛emisfero sinistro vienebloccato, il braccio e la gamba destra restanoparalizzati. Se l‛ostruzione si risolve in fretta, ineuroni possono nuovamente produrre ATP, ricaricarele loro membrane e la funzione torna nella norma.Fortunatamente, dopo un TIA non rimane alcun dannopermanente.Un ictus è più grave. Se l‘apporto sanguigno vieneinterrotto per un lungo periodo, può verificarsi undanno irreversibile. In mancanza <strong>di</strong> ATP, le cellule nonpossono mantenere l‛omeostasi, si gonfiano edesplodono. I neuroni possono anche depolarizzarsispontaneamente e rilasciare neurotrasmettitoripotenzialmente tossici come il glutammato. Anche lecellule gliali, che solitamente eliminano il glutammatoin eccesso attraverso una pompa ATP-<strong>di</strong>pendente,smettono <strong>di</strong> lavorare. In assenza <strong>di</strong> energia, la vitadelle cellule cerebrali <strong>di</strong>viene molto precaria.Stu<strong>di</strong>ando attentamente cosa avviene in corso <strong>di</strong>ictus, i neuroscienziati sono stati in grado <strong>di</strong> metterea punto nuove terapie. La gran parte degli ictus èdovuta a coaguli <strong>di</strong> sangue che occludono i vasi e iltrattamento con un farmaco “anti-coagulante” dettoattivatore tissutale del plasminogeno (TPA) puòsciogliere il coagulo e ristabilire il flusso sanguigno. Sesomministrato imme<strong>di</strong>atamente, il TPA può avere uneffetto drammatico sugli esiti. Sfortunatamente, nonè semplice attuare una somministrazione precoce delfarmaco, perché spesso non è neppure ovvio aifamiliari del paziente ciò che sta accadendo.EmisferocerebraledestroEmisfero sinistroin sezioneSede dell’ictusUn‛altra terapia innovativa è data da una classe <strong>di</strong>farmaci che bloccano alcuni neurotrasmettitori, tracui il glutammato, che si accumula a livelli tossici incorso <strong>di</strong> ictus. Questi farmaci possono bloccare irecettori stessi del glutammato piuttosto che ilsegnale intracellulare da esso attivato. Molti <strong>di</strong> questifarmaci sono in fase <strong>di</strong> sviluppo anche se nessuno <strong>di</strong>essi ha ancora trovato un utile impiego nell‛ictus.Malattie geneticheCervellettodestroMidollospinaleArteriecerebraliPenombraischemicaperilesionaleIl <strong>di</strong>segno mostra il danno cerebrale in un ictus e lazona <strong>di</strong> penombra circostante a rischio <strong>di</strong> danno.I me<strong>di</strong>ci hanno sempre classificato e <strong>di</strong>agnosticato lepatologie cerebrali a seconda della regione colpita. Inmoti casi, il nome della malattia descrive ciò che nonva e la zona cerebrale colpita, spesso attenendosiall‛etimologia latina o greca, come nel caso della“aprassia parietale”. Nell‛ultimo decennio, l‛esplosionedelle conoscenze genetiche ha completamentecambiato le cose. Per molte malattie ere<strong>di</strong>tarie ilproblema sta altrove.Alcuni ere<strong>di</strong>tano un <strong>di</strong>sturbo del controllo fine deimovimenti che li rende sempre più instabili col passaredel tempo. Oggi conosciamo l‛esatto <strong>di</strong>fetto geneticoche causa questa affezione detta, con nome cherispecchia la maniera classica <strong>di</strong> denominare lemalattie, atassia spinocerebellare. Molte altrepatologie vengono oggi classificate secondo la causa ei test genetici sono <strong>di</strong>venuti <strong>di</strong> prassi nel sospetto <strong>di</strong>malattie genetiche. La <strong>di</strong>agnosi viene posta ora conmaggior rapi<strong>di</strong>tà e con maggior certezza <strong>di</strong> prima.48


Disturbo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mentoSchizofreniaInfiammazione: la sclerosi multiplaLa sclerosi multipla colpisce i giovani adulti ed ècaratterizzata da episo<strong>di</strong> ripetuti <strong>di</strong> debolezza,intorpi<strong>di</strong>mento, <strong>di</strong>plopia e scarso equilibrio che duranopoche settimane prima <strong>di</strong> regre<strong>di</strong>re nuovamente adun‛apparente normalità. L‛alternanza dei perio<strong>di</strong> <strong>di</strong>malattia e <strong>di</strong> remissione è tipica della malattia.Albero genealogico in<strong>di</strong>cante le generazioni <strong>di</strong> una famigliaaffette da <strong>di</strong>sturbo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento e da schizofrenia.Queste affezioni possono anche saltare una generazione.La malattia <strong>di</strong> Huntington è una forma degenerativaassociata a movimenti involontari abnormi che prendenome dal me<strong>di</strong>co che la descrisse per primo. E‛ dovutaalla mutazione <strong>di</strong> una proteina co<strong>di</strong>ficata da uno deigeni più gran<strong>di</strong> del genoma umano, la huntingtina. Leforme ad insorgenza precoce <strong>di</strong> malattia <strong>di</strong> Parkinson(una malattia che provoca rallentamento motorio,rigi<strong>di</strong>tà, tremore ed instabilità posturale) sono dovutea mo<strong>di</strong>ficazioni del gene che co<strong>di</strong>fica per la parkina.Oltre ad essere d‛aiuto nella <strong>di</strong>agnosi, i test geneticisono utili per stabilire, nei familiari dei pazienti, ilrischio <strong>di</strong> sviluppare la malattia o <strong>di</strong> trasmetterla aipropri figli.Tuttavia, anche se la rivoluzione genetica ha moltocambiato il modo in cui i me<strong>di</strong>ci trattano le malattie delsistema nervoso, siamo solo all‛inizio <strong>di</strong> un lungo viaggio<strong>di</strong> scoperta. Lo stesso <strong>di</strong>fetto genetico può causaremalattie <strong>di</strong>fferenti in persone <strong>di</strong>verse, mentrealterazioni genetiche <strong>di</strong>verse possono provocaremalattie molto simili. Il comprendere cosa sta alla base<strong>di</strong> queste <strong>di</strong>fferenze e come il nostro patrimoniogenetico interagisce con l‛ambiente in cui viviamo e checostruiamo attorno a noi è una delle gran<strong>di</strong> sfidefuture dell‛era genomica in cui viviamo.Punto in <strong>di</strong>scussioneSe scopriste <strong>di</strong> essere a rischio <strong>di</strong> sviluppare una malattiagenetica, vorreste saperlo con certezza? Sarebbe giustoidentificare il gene in epoca prenatale e ricorrereall‛aborto <strong>di</strong> coloro che svilupperanno la malattia? Cosa nesarebbe <strong>di</strong> tutti gli anni utili e produttivi che sivivrebbero prima che la malattia si manifesti?La sclerosi multipla è causata da un‛infiammazionedel sistema nervoso che si attiva e poi scompare. Ilnostro sistema immunitario è adatto a combattere leinfezioni batteriche e virali. A volte però si confondee aggre<strong>di</strong>sce parti <strong>di</strong> noi stessi, dando luogo ad unacon<strong>di</strong>zione definita malattia autoimmune, checolpisce quasi tutti i tessuti. Se attacca la mielinache avvolge i neuroni, si genera un‛infiammazionelocalizzata che provoca la demielinizzazione. Dopoqualche tempo l‛infiammazione regre<strong>di</strong>sce, la mielinaviene ricostituita e tutto ritorna nella norma. Non èchiaro quali siano i fattori scatenanti l‛infiammazionee molte persone presentano solo un singolo episo<strong>di</strong>omolto breve, mentre altre tendono ad avere episo<strong>di</strong>ricorrenti che colpiscono parti <strong>di</strong>verse del cervello.Non conoscendo cosa causi l‛infiammazione nellascleroso multipla, non siamo neppure in grado <strong>di</strong>arrestarla completamente. Sappiamo, tuttavia, chegli attacchi possono <strong>di</strong>ventare <strong>di</strong> minore duratasomministrando farmaci come gli steroi<strong>di</strong> cheassopiscono il sistema immunitario. Nei pazienti congravi forme <strong>di</strong> sclerosi multipla, si ritiene che possaessere utile assopire in modo permanente alcuneparti del sistema immunitario utilizzando farmaciquali l‛azatioprina o il ß-interferone, anche seesistono ancora molti dubbi al riguardo.Il sistema immunitario può aggre<strong>di</strong>re anche legiunzioni <strong>di</strong> connessione tra nervi e muscoli, causandouna malattia detta miastenia gravis, oppure puòattaccare i nervi alla loro emergenza dal midollospinale, dando luogo alla con<strong>di</strong>zione denominatasindrome <strong>di</strong> Guillain Barré.Jacqueline du Pré, unanotissima musicistaaffetta da sclerosimultipla49


Neurodegenerazione:il morbo <strong>di</strong> AlzheimerE‛ il nostro cervello che ci fa essere ciò che siamo:come reagiamo in <strong>di</strong>fferenti situazioni, <strong>di</strong> chi ciinnamoriamo, ciò che temiamo, cosa ricor<strong>di</strong>amo.Questo aspetto fondamentale della natura umana siperde quando scivoliamo in quel <strong>di</strong>sturbo degenerativonoto come malattia <strong>di</strong> Alzheimer. Si tratta <strong>di</strong> unaforma <strong>di</strong> demenza, una per<strong>di</strong>ta globale delle nostrefacoltà che colpisce circa il 5% dei 65enni e il 25%degli ultra-85enni. E‛ una malattia crudele che <strong>di</strong> solitoinizia con un <strong>di</strong>sturbo <strong>di</strong> memoria e prosegue con laper<strong>di</strong>ta della personalità, fino alla morte. Per i parentiè un‛esperienza terribile vedere i loro cari perdersi inquesta maniera; negli ultimi sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> malattia, i malatinon li riconoscono più e necessitano <strong>di</strong> aiuto anche perle attività quoti<strong>di</strong>ane come lavarsi, vestirsi e mangiare.Di conseguenza, anche la vita <strong>di</strong> chi li accu<strong>di</strong>sce vienedrammaticamente sconvolta.“Papà in questi giorni non sa chi io sia. Sembra proprionon riconoscermi più. Si arrabbia e si spaventa per laminima cosa: non penso capisca cosa sta succedendoattorno a lui. All‛inizio sembrava solo esseresmemorato e perdeva tutte le cose. Poi è peggiorato.Non voleva andare a dormire, sembrava non sapereche ore fossero e neppure dove si trovasse. Ora haperso anche il controllo degli sfinteri e deve essereaiutato per mangiare e per vestirsi. Non ce la faccio.”Cosa c‛è che non va? Quando insorge la malattia <strong>di</strong>Alzheimer, le cellule cerebrali muoiono: la corteccia siassottiglia e i ventricoli (gli spazi cerebrali pieni <strong>di</strong>liquido) si allargano. In vita, la <strong>di</strong>agnosi viene <strong>di</strong> solitoposta sulla base dei rilievi clinici e può essereconfermata solamente post-mortem quando, all‛esamemicroscopico del cervello, si rileva la per<strong>di</strong>ta cellulare,la <strong>di</strong>ffusa e anomala deposizione <strong>di</strong> proteina amiloide,addensata in piccole placche degenerative, e l‛intricatogroviglio <strong>di</strong> proteine bastoncellari che sono dei normalicostituenti delle cellule cerebrali, i grovigli fibrillari.La moderna ricerca sta cercando <strong>di</strong> migliorare la<strong>di</strong>agnosi in vita me<strong>di</strong>ante l‛utilizzo <strong>di</strong> nuovi testneuropsicologici, atti a rilevare i <strong>di</strong>sturbi cognitivi neglista<strong>di</strong> precoci <strong>di</strong> malattia e a <strong>di</strong>stinguerli, ad esempio,dai sintomi depressivi.La colorazione del tessutonervoso in<strong>di</strong>ca le placche <strong>di</strong>amiloide (nel riquadro) e igrovigli neurofibrillari(freccia).E‛ stata <strong>di</strong> nuovo la genetica a darci una mano nelcominciare a comprendere la malattia, in<strong>di</strong>candoci lemutazioni dei geni che co<strong>di</strong>ficano per il precursoredella proteina amiloide (da cui è prodotta l‛amiloide) edella presenilina (che co<strong>di</strong>fica gli enzimi checatabolizzano il precursore della proteina). Ere<strong>di</strong>tareuna particolare variante del gene dell‛apolipoproteinaE (apoE) denominata apoE-4 costituisce un fattore <strong>di</strong>rischio per la malattia. I fattori genetici non narranotuttavia l‛intera storia: anche i fattori ambientali comele tossine o altri fattori come i traumatismi cerebralipossono giocare un ruolo importante. I fattori geneticisono tuttavia così importanti da averci condotto aselezionare animali da laboratorio geneticamentemo<strong>di</strong>ficati che mostrano i segni della malattia. Gli stu<strong>di</strong>su questi animali vanno interpretati con molta cautela enon sopravvalutati, anche se possono aiutarci a capire lebasi biologiche del processo patologico.Ancora non esistono terapie in grado <strong>di</strong> arrestare laprogressione della malattia <strong>di</strong> Alzheimer, anche se siprosegue la loro strenua ricerca sugli animali <strong>di</strong>laboratorio. E‛ noto che le cellule nervose che utilizzanol‛acetilcolina come trasmettitore chimico sonoparticolarmente vulnerabili alla malattia. I farmaci chestimolano l‛azione dell‛acetilcolina residua, bloccandol‛effetto degli enzimi che normalmente degradanoquesto neurotrasmetitore, hanno un modesto effettoterapeutico sia nei modelli animali che nei casi clinici.Questi farmaci, tuttavia, nulla possono per rallentare laprogressione <strong>di</strong> questa ancora incurabile malattia. Lastrada per sconfiggerla definitivamente sembra esserequella <strong>di</strong> mettere insieme le tracce genetiche, capire illegame tra la chimica del cervello e le funzioni psichichee approfon<strong>di</strong>re i meccanismi del danno cellulare.Il <strong>di</strong>sturbo depressivoPotrebbe risultare sorprendente apprendere che ladepressione e la neurodegenerazione possono esserestrettamente apparentate, ma è ormai noto che i gravidepressi mostrano una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> cellule cerebrali.Il <strong>di</strong>sturbo depressivo èmolto <strong>di</strong>verso dalsentimento <strong>di</strong> tristezzache tutti noi, <strong>di</strong> tanto intanto, sperimentiamo. Sitratta infatti <strong>di</strong> una gravecon<strong>di</strong>zione clinica in cuil‛umore <strong>di</strong>viene depressoper settimane o mesi ealla fine prevale su tutto,fino al punto che chi nesoffre vuole solo morire epuò persino tentare il suici<strong>di</strong>o. I malati mostrano altrisintomi caratteristici: sonno <strong>di</strong>sturbato, <strong>di</strong>minuzionedell‛appetito, per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> concentrazione, <strong>di</strong> memoria e <strong>di</strong>interesse nella vita. Per fortuna è una malattia curabile.I farmaci antidepressivi, che potenziano gli effetti deineuromodulatori come la serotonina e la noradrenalinapossono rapidamente (nel giro <strong>di</strong> alcune settimane)guarire questo <strong>di</strong>sturbo.Anche la psicoterapia puòrisultare efficace e unaterapia farmacologica epsicologica combinata puòrisultare particolarmenteefficace. Questacon<strong>di</strong>zione è moltocomune: 1 persona su 5può soffrire, durante lapropria vita, <strong>di</strong> un qualchegrado <strong>di</strong> depressione.Vincent Van Gogh, ilpittore impressionista,soffriva <strong>di</strong> una gravedepressioneEssere gravemente ecronicamente depressi haun effetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>sequilibriosul controllo degli ormoni50


dello stress come il cortisolo, il cui rilascio ha uneffetto benefico nelle situazioni acute <strong>di</strong> stress(Capitolo 12). Gli ormoni dello stress, tuttavia, quandovengono attivati cronicamente, possono danneggiare lecellule cerebrali, particolarmente a livello dei lobifrontale e temporale. Si è recentemente scoperto chei farmaci antidepressivi favoriscono l‛integrità dellecellule cerebrali e aumentano il tasso <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong>nuovi neuroni nell‛ippocampo. In questo modo sono finoad un certo punto in grado <strong>di</strong> proteggere il cervellodagli effetti tossici dello stress e persino <strong>di</strong> farli<strong>di</strong>venire una risorsa.La schizofreniaUn altro <strong>di</strong>sturbo psichiatrico che unisce alterazionicerebrali chimiche e strutturali è la schizofrenia. Sitratta <strong>di</strong> una malattia progressiva e potenzialmentemolto invalidante che colpisce 1 persona su 100, inizianella prima età adulta e rovina più vite del cancro.I sintomi chiave della schizofrenia sono il delirio(strane credenze o idee bizzarre che sono spesso <strong>di</strong>tipo persecutorio) e le allucinazioni (<strong>di</strong>sturbi dellapercezione per cui il soggetto prova sensazioniabnormi come u<strong>di</strong>re voci quando nessuno parla).Spesso si associa una per<strong>di</strong>ta progressiva dellecapacità cognitive, delle relazioni sociali e dellacapacità lavorativa.La malattia viene spesso misconosciuta: non ha nientea che vedere con la “personalità multipla” con cui vienespesso confusa. I pazienti non sono mai violentie spesso sono timorosi piuttosto che pericolosi.Esistono chiari fattori genetici nella genesi dellamalattia ma, come per altre con<strong>di</strong>zioni, anchel‛ambiente e le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> stress sono moltoimportanti. Nonostante tutte le evidenti alterazionipsichiche, la schizofrenia è comunque una malattiacerebrale. E‛ noto da tempo che i ventricoli cerebralidei pazienti con schizofrenia sono più ampi e che lafunzionalità dei lobi frontali è <strong>di</strong>minuita.I farmaci che bloccano i recettori della dopamina sonoutili a ridurre la frequenza e la gravità dei sintomi, manon portano alla guarigione della malattia. Le ricerchepiù nuove suggeriscono che, attivando sperimentalmentei recettori con sostanze tipo amfetamina, è possibilerilevare un anomalo rilascio <strong>di</strong> dopamina nei pazienti conschizofrenia. C‛è però ancora molto da scoprire suquesta con<strong>di</strong>zione: i rilievi autoptici suggerisconol‛esistenza <strong>di</strong> anomalie <strong>di</strong> connessione neuronale durantele fasi <strong>di</strong> sviluppo ed evidenziano un malfunzionamento<strong>di</strong> altri neurotrasmettitori come il glutammato.I nostri sforzi per comprendere la natura della malattiamentale rappresentano l‛ultima grande frontiera delleneuroscienze me<strong>di</strong>che. Organizzazioni come il Me<strong>di</strong>calResearch Council e la Wellcome Trust hanno messo lamalattia mentale come primo punto nella loro agendadella programmazione delle ricerche per il prossimodecennio. Un importante progetto si sta concentrandosia sulle conoscenze genetiche che sulle attrezzatureper le neuroimmagini per stu<strong>di</strong>are questa malattia inmodo prospettico nelle famiglia a rischio (ve<strong>di</strong>riquadro). Il colmare il <strong>di</strong>vario tra “molecolare e clinico”resta una delle sfide più affascinanti della ricerca.Frontiere della ricercaRisultatoInvestigatoriPsichiatri“Dapprima non capivamo cosa stesse accadendo a nostrafiglia Sue. Aveva iniziato bene l‛Università e avevaaffrontato facilmente gli esami del primo anno. Poi ècambiata: era sempre tranquilla ed appartata quandostava a casa, insolitamente quieta per il suo carattere.Non usciva più con gli amici e più tar<strong>di</strong> abbiamo scopertoche non andava più nemmeno a lezione e restava a lettotutto il giorno. Poi, un giorno ci <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> aver ricevuto unmessaggio importante tramite la televisione che lerivelava che aveva poteri particolari e che il satellitecontrollava i suoi pensieri con la telepatia. Rideva senzamotivo e subito scoppiava a piangere. Era chiaro chequalcosa non andava per niente. Diceva che poteva u<strong>di</strong>revoci tutte intorno che raccontavano tutto ciò che faceva.Risultò essere affetta da schizofrenia.La prima volta rimase ricoverata per circa due mesi. Oraassume regolarmente dei farmaci. Benché adesso stiamolto meglio (non ha più strame idee sui satelliti) non<strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> avere grande interesse nelle cose. Ha dovutointerrompere gli stu<strong>di</strong> universitari e anche se ha lavoratoper un periodo in un negozio vicino, è stata poi licenziatain seguito ad un nuovo ricovero <strong>di</strong> due settimane. Non èpiù la stessa <strong>di</strong> prima. “GPsSoggettiFamiglie ad altorischioUno stu<strong>di</strong>o prospettico sulla schizofreniaLa maggior parte degli stu<strong>di</strong> sulle malattieneurologiche e psichiatriche sono condotti supersone già affette dalla patologia. Un gruppo <strong>di</strong>ricercatori scozzesi ha utilizzato dati genetici perstu<strong>di</strong>are i membri <strong>di</strong> famiglie a rischio d i sviluppareschizofrenia. Neuroimmagini, test delle funzionimentali ed esame obiettivo sono stati eseguiti a<strong>di</strong>ntervalli regolari per valutare la possibilità <strong>di</strong>identificare segni prognostici <strong>di</strong> malattia incipiente.Questo tipo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o potrà <strong>di</strong>mostrarsi molto utileper la messa a punto <strong>di</strong> nuovi trattamenti.Siti Internet correlati: Brain and spine foundation: http://www.bbsf.org.ukBritish epilepsy association: http://www.epilepsy.org.uk Stroke: http://www.strokecenter.orgNational Institute of Neurological <strong>di</strong>sorders and stroke: http://www.ninds.nih.gov51


NeuroeticaC‛era una volta, tanto tempo fa (come spessoiniziano le fiabe), una netta <strong>di</strong>stinzione tra scienzae tecnologia. Gli scienziati perseguivanosfrenatamente il sentiero della ricerca della verità,in<strong>di</strong>pendentemente da dove potesse condurre, senzaalcun‛altra ricompensa che “il piacere dellascoperta”. Gli ingegneri e i tecnici utilizzavano ifrutti degli sforzi della scienza per cambiare ilmondo in cui si viveva. Per quanto affascinantepossa sembrare questa <strong>di</strong>stinzione, è sempre stataed è tuttora una favola. Oggi gli scienziati sonosempre più consapevoli dell‛importanza del contestosociale in cui operano e <strong>di</strong> come tale contestoinfluenzi i loro stu<strong>di</strong>.Le questioni relative all‛impatto delle neuroscienzesulla società vanno sotto il comune denominatore <strong>di</strong>neuroetica, punto <strong>di</strong> intersezione tra neuroscienze,filosofia ed etica. Essa si occupa <strong>di</strong> come le scopertesul cervello influiscano sul nostro considerarci esseriumani (comprese le basi neurali della morale), delleimplicazioni nelle politiche sociali (come il poteredell‛educazione nei bambini) e <strong>di</strong> come la ricercastessa debba essere condotta (come l‛etica dellasperimentazione sugli animali o l‛uso dell‛ingannoriguardo ad altri esseri umani). Riguarda inoltre come ineuroscienziati dovrebbero rivolgersi al vastopubblico per comunicare ciò che fanno e con<strong>di</strong>videre leopinioni su ciò che dovrebbero fare.Il contesto socialeAnche se alcuni neuroscienziati ritengono che le loroidee siano separate dalla realtà sociale, è raro checiò avvenga. Nel secolo XVII, Cartesio usò unametafora idraulica (mutuata dall‛ingegneria idraulicache aveva visto usare nei giar<strong>di</strong>ni dei castellifrancesi) per spiegare come gli “umori” del cervellomuovessero i muscoli. All‛inizio del XX secolo, nell‛eradell‛industrializzazione, i neurofisiologi descrissero lecomplesse reti cerebrali come “un telaio incantato” o,più tar<strong>di</strong>, come una gigantesca “centralina telefonica”.Oggi, alla soglia del XXI secolo, abbondano lemetafore informatiche, come la fantasiosaspeculazione che “la corteccia cerebrale operi inmodo non <strong>di</strong>ssimile da internet”. Queste metaforesono in parte scorciatoie per aiutare a veicolare ideecomplesse, ma anche concetti che sono realmentera<strong>di</strong>cati in sofisticate teorie sul cervello.Ciò che i neuroscienziati possono fare (e fanno) èaffrontare i problemi scientifici separatamente daquelli del quoti<strong>di</strong>ano. Spesso si tratta <strong>di</strong> una fuga inun mondo astratto e stereotipato in cui avvienequalcosa <strong>di</strong> molto simile ad una religiosa ricerca dellaverità. Sia che si indaghino le correnti ioniche checonsentono la propagazione del potenziale d‛azione, ocome vengano rilasciati ed agiscano i me<strong>di</strong>atorichimici, o come l‛attività delle cellule della cortecciavisiva rappresenti gli aspetti del mondo visibile, lamaggior parte dei problemi delle neuroscienzevengono affrontati in maniera isolata.Ma il mondo reale non è poi così <strong>di</strong>stante. Una voltanoto come funzionano i trasmettitori chimici, è logicoimmaginare dei farmaci intelligenti che possano aiutarcia ricordare meglio. Altri potrebbero pensare <strong>di</strong>progettare neurotossine (agenti nervini) in grado <strong>di</strong>bloccare le funzioni vitali, come alcuni inibitorienzimatici che non sono altro che potenziali agentiutilizzabili in una guerra biologica.“PENSARE AL CERVELLO RIGUARDA TUTTI NOI, E‛LETTERALMENTE CIO‛ CHE CI RIEMPIE A TESTA”Zach Hall, Università della CaliforniaSe fosse <strong>di</strong>sponibile un farmaco che ti aiutasse asuperare un esame, lo prenderesti? C‛è qualche<strong>di</strong>fferenza con un atleta che utilizza gli steroi<strong>di</strong> permigliorare la sua prestazione o una persona cheassume antidepressivi?Dilemmi etici meno fantasiosi circondano il futurodelle neuroimmagini . Queste tecniche, ad esempio,renderanno presto possibile, con appropriateprocedure <strong>di</strong> verifica, <strong>di</strong>stinguere i veri ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> unapersona da quelli falsi.52


La variabilità della risposta è oggi troppo grande, ma igiu<strong>di</strong>ci potrebbero un giorno <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong>neuroimmagine (una sorta <strong>di</strong> impronta <strong>di</strong>gitalecerebrale) in grado <strong>di</strong> aiutare a stabilire l‛atten<strong>di</strong>bilità<strong>di</strong> una testimonianza. Questo solleva interessantidomande su cosa dovrebbe essere la privacy mentale.Le nuove scoperte sul cervello mettono continuamentein <strong>di</strong>scussione la nostra percezione del sé. Le teorie piùaccre<strong>di</strong>tate sull‛evoluzione del cervello comprendonoquelle sulla coscienza sociale. Esiste una crescenteconsapevolezza che morale e coscienza siano legate alcervello emozionale che elabora i segnali <strong>di</strong> ricompensae punizione: un‛ipotesi che alcuni definiscono come eticaevoluzionistica. Il sapere <strong>di</strong> più su questo argomentopotrebbe risultare in un‛immensa fonte <strong>di</strong> benessere edaiutarci ad essere più attenti ai nostri reciprocisentimenti. Costruire questa ipotesi all‛interno dellanostra attuale primitiva teoria della plasticità neurale,può avere anche una ripercussione sull‛educazione, benal <strong>di</strong> là delle finalità accademiche più imme<strong>di</strong>ate chespesso costituiscono l‛unico tema <strong>di</strong> <strong>di</strong>battito.E‛ altrettanto importante notare come i neuroscienziatinon siano concor<strong>di</strong> sugli sviluppi futuri dei loro stu<strong>di</strong>.Per alcuni neurobiologi molecolari la verità ultima ècelata nei costituenti molecolari del sistema nervoso,indagabili con nuove tecnologie proteomiche egenomiche che promettono esaustive spiegazioni ingrado <strong>di</strong> risolvere i problemi affrontati da altrineuroscienziati. Questo è il proce<strong>di</strong>mento riduzionista,le cui infiorettature filosofiche e tecnologiche sonospesso celebrate dall‛informazione me<strong>di</strong>atica. Ma ègiustificabile una tale fiducia nel riduzionismo? Oesistono livelli descrittivi superiori <strong>di</strong> mente e cervelloche non sono riducibili in tal modo? Esistono delleproprietà emergenti che derivano dall‛organizzazionecerebrale? I neuroscienziati interazionisti credonofermamente in un modo <strong>di</strong> procedere <strong>di</strong>verso e sibattono per un approccio più eclettico alle moderneneuroscienze, che indaghi anche la loro interazione conle scienza sociali. Non si tratta <strong>di</strong> argomenti <strong>di</strong> facile<strong>di</strong>scussione, ma la questione circa quali ricerche sianecessario intraprendere, costituisce materia su cui lasocietà dovrebbe essere consultata. Dopo tutto, laricerca à finanziata con i sol<strong>di</strong> dei contribuenti.Qualche esempio concreto <strong>di</strong> neuroeticaAlcuni aspetti <strong>di</strong> neuroetica vanno affrontati conqualcosa in più che il buonsenso. Supponiamo che leneuroimmagini <strong>di</strong> un soggetto volontario per unesperimento rivelino in modo inaspettato un‛anomaliacerebrale come un tumore. Oppure immaginiamo che unapersona sottoposta ad un indagine neurogenetica vengascoperta essere portatrice <strong>di</strong> una mutazione che larende suscettibile ad una malattia neurodegenerativa.In ciascuno dei due casi, è bene informare il soggetto?Il buonsenso suggerisce <strong>di</strong> passare la responsabilitàall‛interessato dopo avergli chiesto il consenso acomunicargli o meno qualunque importante informazioneme<strong>di</strong>ca scoperta nel corso dell‛indagine sperimentale.Il consenso informato è però una strana questione.Supponiamo che un ricercatore stia conducendo unasperimentazione su una nuova terapia per l‛ictus in cuifarmaco attivo e placebo debbano essere somministratiin cieco entro poche ore dall‛evento. Esistono valideragioni scientifiche per intraprendere questo protocollorandomizzato. Non possiamo però sapere in anticipo chiandrà incontro ad un ictus e sarebbe quin<strong>di</strong> impossibile,per la persona colpita, accordare un consensoinformato. Se ciò esclude i pazienti dal parteciparealla sperimentazione, ciò risulterebbe in un danno alungo termine per loro stessi e per i pazienti futuri.Anche i parenti non sarebbero in grado <strong>di</strong> darefacilmente il consenso nel poco tempo a loro<strong>di</strong>sposizione. Sarebbe meglio abbandonare il consensoinformato e sostituirlo con una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong>rinuncia? Siamo decisamente su un terreno scivoloso.Un altro aspetto importante della neuroetica riguarda lasperimentazione animale. Gli animali non sono in grado<strong>di</strong> dare il consenso informato. Per alcuni <strong>di</strong> noi, la solaidea <strong>di</strong> sperimentare su animali risulta fasti<strong>di</strong>osa. Peraltri è invece insensato non avvalersi degli animali perincrementare le nostre conoscenze sul sistema nervoso,sano e malato che sia. Si tratta <strong>di</strong> argomenti non facilida <strong>di</strong>scutere spassionatamente, ma è importante farlo efarlo con rispetto.In molti paesi europei, la sperimentazione animale èregolata da norme molto rigide. I ricercatori debbonofrequentare corsi e superare esami che attestino la loroconoscenza delle norme e la loro competenzanell‛assicurare che non vengano inferte inutilisofferenze all‛animale. La regola delle tre R - ridurre,raffinare e rimpiazzare – è largamente accettata comebuon principio cui gli scienziati biome<strong>di</strong>ci debbonoattenersi. Tutti aderiscono volentieri, all‛interno deivincoli della legge, e ciò permette un vasto, se nonunanime, pubblico consenso. Molte nuove scopertederivano dalle tecniche <strong>di</strong> rimpiazzo, come le colturetessutali e i modelli computazionali, anche se queste nonpossono del tutto sostituire gli stu<strong>di</strong> sul cervello viventedai quali possono derivare molte nuove scoperte e nuoveterapie per le malattie neurologiche e psichiatriche.L‛impiego della L-DOPA nel trattamento della malattia<strong>di</strong> Parkinson, ad esempio, deriva da uno stu<strong>di</strong>o sulcervello <strong>di</strong> ratto insignito del Premio Nobel. Le nuovetecniche danno infine nuove opportunità per la curadelle malattie sia dell‛uomo che degli animali.Basta <strong>di</strong>rlo…Il fatto che i paesi in cui gli scienziati più si adoperanoper comunicare con il vasto pubblico siano anche quelli incui esiste meno fiducia nella scienza, costituisce un verorompicapo. La correlazione non si identifica però con lacausa ed è improbabile che lo sforzo per coinvolgere ilpubblico nel <strong>di</strong>battito circa l‛impatto della scienza sullasocietà, e il crescente senso <strong>di</strong> responsabilità nel farquesto, siano la causa <strong>di</strong> questa crescente sfiducia. Sitratta piuttosto del fatto che il pubblico interessatosta <strong>di</strong>ventando sempre più esigente, sempre più scetticorispetto a nuovi “farmaci miracolosi”, e sempre piùconsapevole dei lenti e spesso incerti progressi dellascienza. Far <strong>di</strong>minuire la sfiducia non è comunque unbuon motivo per favorire un ritorno alla cieca ignoranza.Un motivo per coinvolgere nel <strong>di</strong>battito i giovani e quantialtri sono interessati alle neuroscienze è che i neuroscienziatinon sono ancora d‛accordo sui principi basilaridel loro campo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>. Anziché focalizzarsi su singolescoperte, i mezzi <strong>di</strong> comunicazione dovrebbero fornirel‛idea della scienza come processo. Un processocomplicato da incertezze e <strong>di</strong>scussioni.La neuroetica è un nuovo campo d‛indagine. E‛ ironico chesia stato proprio Richard Feynman, un fisico teorico, adaver descritto il motivo per occuparsi <strong>di</strong> scienza come“il piacere della scoperta”. Ed è stato sempre Feynman agettarsi a capofitto nello stu<strong>di</strong>o per cercare <strong>di</strong> scoprireperché la navetta spaziale americana Challenger eraesplosa subito dopo il decollo. L‛impatto della scienzasulla società riguarda quin<strong>di</strong> tutti noi.Siti Internet correlati: http://www.stanford.edu/dept/news/report/news/may22/neuroethics.htmlhttp://www.dana.org/books/press/neuroethics/53


Formazione e professioneQuando molti studenti pensano alla carrierascientifica, immaginano solo camici bianchi elaboratori. Speriamo invece, con questomanuale, <strong>di</strong> aver dato l‛idea che esistono moltiaspetti <strong>di</strong>versi delle neuroscienze e che laricerca sul cervello riguarda, sotto moltiaspetti, la vita delle persone. Dal laboratorio,all‛ospedale, a molti altri ambiti, vi sono, inquesto campo, molte interessanti opportunità.Laurea e Dottorato in NeuroscienzeIn alcune Università si tengono corsi <strong>di</strong> Laurea inNeuroscienze. Sono Corsi <strong>di</strong> Laurea Magistrale, delladurata <strong>di</strong> due anni, ai quali si accede dopo una Laureatriennale. Esistono anche molti corsi <strong>di</strong> Dottorato cherichiedono una Laurea Magistrale in biologia, farmacia,me<strong>di</strong>cina o psicologia. E‛ importante avere buoneconoscenze <strong>di</strong> genetica e <strong>di</strong> biologia molecolare.Spesso, per accedere a questi corsi, e in particolarea quelli <strong>di</strong> Dottorato, è necessario avere dei requisitispecifici o superare un esame. Per saperne <strong>di</strong> più, sipuò consultare il sito internet delle Università che sivorrebbero frequentare oppure il sito della SocietàItaliana <strong>di</strong> Neuroscienze (http://www.sins.it/) oquello della Federation of European NeuroscienceScocieties (http://fens.mdc-berlin.de/).Me<strong>di</strong>cinaIn Italia, quello in Me<strong>di</strong>cina è un Corso <strong>di</strong> LaureaMagistrale a ciclo unico. Esistono Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cinain molte Università e da alcuni anni l‛accesso è anumero programmato (si accede dopo il superamento<strong>di</strong> un esame <strong>di</strong> ammissione). Dopo il conseguimentodella Laurea è possibile iscriversi alle Scuole <strong>di</strong>Specializzazione in neurologia, neurochirurgia, opsichiatria. Anche l‛accesso alle scuole <strong>di</strong>Specializzazione è a numero programmato e qui lacompetizione è ancora maggiore, dato l‛esiguo numero<strong>di</strong> posti <strong>di</strong>sponibile. Tuttavia, il conseguimento <strong>di</strong> unaSpecializzazione me<strong>di</strong>ca è ricco <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazioni e <strong>di</strong>prospettive <strong>di</strong> carriera.“Il privilegio <strong>di</strong> chi lavora nell‛Università è lalibertà <strong>di</strong> idee. Nessun giorno è uguale. Ognigiorno si apprende qualcosa <strong>di</strong> nuovo e tutti igiorni si debbono affrontare nuove sfide”.Maria Fitzgerald, Professore all‛Università <strong>di</strong> Londra.“Il fascino era, ed è ancora, nella prospettivadella scoperta, nell‛essere piacevolmentesorpreso da essa e nel potersi sentire partecipidel risultato”.Joanna Jarmolowska,Scuola <strong>di</strong> Dottorato inNeuroscienze, Università <strong>di</strong> Trieste“Le Neuroscienze coniugano tra loro<strong>di</strong>verse <strong>di</strong>scipline scientifiche, il che mi hadato la possibilità <strong>di</strong> applicare la mia Laureain <strong>Psicologia</strong> (unita ad una sana dose <strong>di</strong>passione) per approfon<strong>di</strong>re lo stu<strong>di</strong>o delsistema nervoso intraprendendo un nuovopercorso <strong>di</strong> formazione universitaria nelDottorato in Neuroscienze. Spero chequesto mio nuovo cammino educativo mi<strong>di</strong>a gli strumenti necessari per <strong>di</strong>ventare unabrava neuroscienziata”Alberto Della Mora,Studente <strong>di</strong> NeuroscienzeUniversità <strong>di</strong> Trieste“Sono affascinato dalle neuroscienze, inparticolare da quelle cognitive. Attualmentesono coinvolto nello stu<strong>di</strong>o delleconnessioni cortico-corticali, me<strong>di</strong>ante coregistrazioneTMS/EEG. In futuro vogliocontinuare a lavorare in questo campo,perchè ritengo affascinante l’ipotesi che ilcervello umano possa stu<strong>di</strong>are se stesso.Dopo la Laurea, vorrei entrare nelDottorato del centro BRAIN (BasicResearch And Integrative Neuroscience)dell’Università <strong>di</strong> Trieste e trascorrere unlungo periodo all’estero”Richard Ribchester, Neurofisiologo all‛Università <strong>di</strong>E<strong>di</strong>mburgo.54


L‛industria farmaceuticaVengono continuamente scoperti e sviluppati nuovifarmaci e il cervello costituisce un bersaglio critico deitrattamenti farmacologici. L‛industria farmaceutica e leistituzioni accademiche da essa supportate conduconociascuna le proprie ricerche. Molte impiegano personaleuniversitario offrendo la possibilità <strong>di</strong> esperienze incampo industriale per lo sviluppo <strong>di</strong> abilità e pratica <strong>di</strong>laboratorio. I laureati <strong>di</strong> molte facoltà scientifiche,compresa Me<strong>di</strong>cina, vegono assunti volentieri,soprattutto se hanno esperienza <strong>di</strong> laboratorio.Ricerca in NeuroscienzeNel campo della ricerca esistono molte opportunità. Ilcampo comprende argomenti che vanno dalleneuroimmagini e dagli stu<strong>di</strong> comportamentali, fino allaneuropsicologia e alla genetica molecolare. I ricercatoriuniversitari sono sempre <strong>di</strong>sponibili ad incoraggiare ead aiutare gli studenti meritevoli a trovare il percorsopiù adatto a loro nell‛ambito degli stu<strong>di</strong> accademici.L‛industria informaticaDe<strong>di</strong>carsi alle neuroscienze non è così ovvio per chiintende intraprendere una carriera nel campodell‛informatica. Ciò nonostante, si osserva un sempremaggiore interesse nei meccanismi computazionali <strong>di</strong>“tipo cerebrale”, interesse che è destinato a crescerecon lo sviluppo della rete web, così come le applicazionidelle neuroscienze in campo non strettamente me<strong>di</strong>co.L‛insegnamentoLe neuroscienze non costituiscono una materia <strong>di</strong>stu<strong>di</strong>o nelle scuole superiori. I laureati in neuroscienzepotranno tuttavia insegnare biologia, oltre a possederemolte altre competenze, che sono sempre valide per lacarriera <strong>di</strong> insegnante.L‛informazione scientificaDal giornalismo, alla ra<strong>di</strong>o, alla televisione, una carrieranel campo delle scienze dell‛informazione è sempreambita e ricca <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazioni. Esistono molteopportunità per intraprendere la strada dellacomunicazione scientifica. La scienza è in continuaevoluzione e le nuove scoperte necessitano <strong>di</strong> essere<strong>di</strong>ffuse sia a scopo educativo che <strong>di</strong>vulgativo. La scienzadel cervello non fa eccezione. C‛è grande interesse daparte del pubblico, ben riconosciuto dai me<strong>di</strong>a, verso lenuove scoperte che hanno un grosso impatto sociale. Conun buon retroterra scientifico, conseguito nel corso deglistu<strong>di</strong> universitari, è molto più facile comunicare scopertecomplesse in modo accurato sia ad altri scienziati che alvasto pubblico.Scienza e arteScienza ed arte non sono in contrasto fra loro. Unaforma che sappia catturare l‛immaginazione èfondamentale per presentare soggetti scientifici ad unvasto pubblico. I musei e le gallerie spessoincoraggiano e finanziano collaborazioni creative trascienziati ed artisti.Siti Internet correlati: http://www.abpi-careers.org.uk/www.gsk.com www.sciart.org55


RingraziamentiSiamo debitori a molte persone che ci anno cortesemente fornito parti del testo e immagini incluse in questo manuale.Speriamo che l‛elenco sottostante sia esaustivo e ci scusiamo con tutti coloro che ci hanno fornito il loro aiuto ma il cuicontributo non è stato menzionato. Per i <strong>di</strong>segni del manuale: Maddelena Miele e Robert Filipkowski. Per le illustrazioni<strong>di</strong> copertina: Peter Brophy, Beverley Clark, Michael Hausser, David Linden, Richard Ribchester. Per il frontespizio:Peter Somogyi, Elaine Snell, Lisa Cokayne-Naylor. Per il Cap. 1 (Il Sistema Nervoso): Marina Bentivoglio, Nobel Forum.Per il Cap. 2 (Il potenziale d‛azione): Tobias Bonhoeffer, Peter Brophy, Eric Kandel, Nobel Forum. Per il Cap. 3(Messaggeri chimici): Marianne Fillenz, Per il Cap. 4 (Farmaci e cervello): Leslie Iversen. Per il Cap. 5 (Tatto e dolore):Susan Fleetwood-Walker, Han Jiesheng, Donald Price. Per il Cap. 6 (La visione): Colin Blakemore, Andy Doherty, BillNewsome, Andrew Parker. Per il Cap. 7 (Il movimento): Beverley Clark, Tom Gillingwater, Michael Hausser, Chris Miall,Richard Ribchester, Wolfram Schultz. Per l Cap. 8 (Lo sviluppo del Sistema ervoso): Andrew Lumsden. Per il Cap. 9 (La<strong>di</strong>slessia): John Stein. Per il Cap. 10 (Plasticità neurale): Graham Collingridge, Andrew Doherty; Kathy Sykes. Per ilCap. 11 (Appren<strong>di</strong>mento e Memoria): Ted Berger, Livia de Hoz, Graham Hitch, Eleanor Maguire, Andrew Doherty,Leslie Ungerleider, Fareneh Vargha-Khadem. Per il Cap. 12 (Lo stress): Jonathan Seckl. Per il Cap. 13: (Cervello esistema immunitario): Nancy Rothwell. Per il Cap. 14 (Sonno e Ritmi circa<strong>di</strong>ani): Anthony Harmar. Per il Cap. 15(Neuroimmagini): Mark Bastin, Richard Frackowiak, Nikos Logothetis, Eleanor Maguire, Lindsay Murray, ElisabethRounis, Semir Zeki. Per il Cap. 16 (Reti neurali e menti artificiali): Rodney Douglas, Gerry Edelman, Jeff Krichmar,Kevan Martin. Per il Cap. 17 (Se le cose non vanno per il verso giusto): Malcolm Macleod, Eve Johnstone, Walter Muir,David Porteous, Ian Reid. Per il Cap. 18 (Neuroetica): Colin Blakemore, Kenneth Boyd, Stephen Rose, William Saffire.Per il Cap. 19 (Stu<strong>di</strong>o e Formazione) Yvonne Allen (BNA), Victoria Gill.La British Neuroscience Association è un organismo non-profit registrato come CHARITY No. 264450.Coord. Trad. internazionale Dr Duncan Banks (d.banks@open.ac.uk), The Open University, UK (BNA website manager).Traduzione italiana a cura <strong>di</strong> M.Vittoria Meraviglia (Università <strong>di</strong> Milano-Bicocca) con la collaborazione <strong>di</strong> PieroPaolo Battaglini e Gabriele Garbin (BRAIN, Università <strong>di</strong> Trieste), Mara Fabri e Chiara Pierpaoli (UniversitàPolitecnica delle Marche, Ancona), Lisa Gherar<strong>di</strong>ni (CNR, Pisa) e Yuri Bozzi (Università <strong>di</strong> Trento).Letture <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mentoCi sono molti libri affascinanti per continuare a leggere <strong>di</strong> scienze e neuroscienze. Fra <strong>di</strong> essi consigliamo:V.S. Ramachandran, (Sandra Blakeslee) La donna che morì dal ridereMondadori, 2003ISBN: 9788804517757Un‛affascinante narrazione del dolore da arto fantasma e <strong>di</strong> altri <strong>di</strong>sturbi del sistema nervoso.Oliver Sacks, L‛uomo che scambiò sua moglie per un cappelloAdelphi, 2001ISBN: 9788845916250Un racconto preciso e <strong>di</strong>vertente degli effetti dei danni cerebrali sulla mente.Jean-Dominique Bauby, Lo scafandro e la farfallaTEA Ponte alle Grazie, 1997ISBN: 978-88-7818-530-2La storia personale e commovente delle conseguenze <strong>di</strong> un ictus.Richard P. Feynman, “Sta scherzando Mr. Feynman!” Vita e avventure <strong>di</strong> uno scienziato curiosoZanichelli, 2007ISBN: 8808066274L‛eclettico fisico suonatore <strong>di</strong> bonghi. Un eroe per tutti i giovani scienziati.56Per richiedere ulteriori copie:Centro inter<strong>di</strong>partimentale BRAIN (Basic Research And Integrative Neuroscience), Università <strong>di</strong> Triestebrain@units.it

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