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Fluorilegio delle virtù serafiche - Suore Francescane Immacolatine

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Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.FLUORILEGIO DELLE VIRTU’ SERAFICHELA LETIZIA"Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi"(Fil 4,4).L'Apostolo Paolo ci invita ripetutamente a rallegrarci sempre nelSignore. Tutti noi abbiamo sperimentato certamente momenti diallegria prorompente, alternati a momenti di malinconia, di calo dientusiasmo, se non di tristezza. Perché questi alti e bassi? Può lagioia, come ci esorta San Paolo, essere continua nel nostro cuore?Da dove nasce la gioia?La gioia nasce e fiorisce in una buona coscienza. Quando un'animavive con rettitudine, nella Grazia di Dio, sperimenta nel suo cuoreuna gioia così grande, così pura, limpida e profonda che non puòessere paragonata a nessuna <strong>delle</strong> gioie fallaci e illusorie che puòdare il mondo. Perché la gioia, quella vera, è Cristo. Chi possiedeCristo Gesù nel cuore, chi vive in unione con Lui: è felice.Per questo noi cristiani dovremmo essere gli uomini, le donne dellagioia, della letizia. Abbiamo invero molti motivi per essere felici:abbiamo un Padre che ci ama smisuratamente e per rivelarci il SuoAmore ha inviato il Suo Diletto Figlio Gesù Cristo e lo Spirito Santo che ci rende capaci di amare con il Suo stessoAmore. Ci ha donato la Beata Vergine Maria che ci ha partoriti sul Calvario e la Chiesa come Madre amorosa, checi ha portati nel suo grembo, ci ha dato alla luce attraverso il Battesimo e si prende cura della nostra crescita, permezzo dei Sacramenti.Non abbiamo dunque ragione di essere felici? Non dovremmo con la nostra vita testimoniare, cantare la gioia diessere cristiani?Certo, anche il cristiano conosce momenti di prova, di tribolazione, di travaglio, ma è qui il paradosso, proprioallora il cristiano è chiamato a gioire perché attraverso la prova, la tribolazione, il travaglio, la persecuzione, il suoamore si purifica ed egli viene reso più somigliante al suo Signore Gesù Cristo.E in questo San Francesco ci è maestro. Di rara bellezza è l'insegnamento di S. Francesco, in dialogo con FrateLeone, sulla perfetta letizia. Facciamone memoria insieme."Un giorno il beato Francesco, presso Santa Maria degli Angeli, chiamò frate Leone e gli disse: "Frate Leone,scrivi". Questi rispose : "Eccomi, sono pronto". Scrivi - disse - quale è la vera letizia. Viene un messo e dice chetutti i maestri di Parigi sono entrati nell'Ordine; scrivi, non è vera letizia. Così pure che sono entrati nell'Ordinetutti i prelati d'Oltr'Alpe, Arcivescovi e Vescovi, non solo ma perfino il Re di Francia e il Re d'Inghilterra; scrivi: nonè vera letizia. E se ti giunge ancora notizia che i miei frati sono andati tra gli infedeli e li hanno convertiti tutti allafede, oppure che io ho ricevuto da Dio tanta grazia da sanargli infermi e da fare molti miracoli; ebbene io ti dico:in tutte queste cose non è vera letizia"."Ma qual è vera letizia?". "Ecco, io torno da Perugia e, a notte profonda, giungo qui, ed è un inverno fangoso ecosì rigido che, all'estremità della tonaca si formano dei ghiacciuoli d'acqua congelata, che mi percuotonocontinuamente le gambe fino a far uscire il sangue da siffatte ferite. E io tutto nel fango, nel freddo e nel ghiaccio,giungo alla porta e, dopo aver a lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede "Chi è?". Io rispondo: "FrateFrancesco". E quegli dice: "Vattene, tu sei un semplice ed un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti etali che non abbiamo bisogno di te". E io resto davanti alla porta e dico "Per amore di Dio, accoglietemi per questa


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.notte". E quegli risponde: "Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là". Ebbene, se io avrò avutopazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera <strong>virtù</strong> e la salvezza dell'anima ".Quale insegnamento ci dà il Serafico Padre sulla gioia vera!Per quanto riguarda S. Chiara, la letizia è, senza dubbio, il sentimento che più affiora nella sua vita, anzi, possiamoaffermare, sia il suo stato d'animo abituale. Ella esulta e gode, ripiena di enorme gaudio e di spirituale letiziaperché "un tale e così grande Signore, scendendo nel seno della Vergine, volle apparire nel mondo come uomospregevole, bisognoso e povero, affinché gli uomini - che erano poverissimi e indigenti, affamati per l'eccessivapenuria del nutrimento celeste -, divenissero in Lui ricchi col possesso dei reami celesti". Ella prova sommodiletto, insieme alle sue figlie, nel sopportare ogni penuria, povertà, fatica, tribolazione, ignominia o disprezzo delmondo, per amore di Gesù Cristo.La gioia di Chiara, come ben si vede, non è superficiale, ma profonda e intima, essa nasce dall'esperienza dellaGrazia e dalla consapevolezza di essere oggetto dell'Amore di Dio.Il Signore ci conceda il coraggio di guardarci dentro per vedere quali abitudini, fonti di tristezza, dobbiamoestirpare; Egli purifichi il nostro cuore, perché possa sempre più risplendere sul nostro volto la luce della SuaGloria e possiamo testimoniare con tutta verità di averLo incontrato Risorto nella nostra vita.LA GRATITUDINE"Benedetto sii Tu Signore, Lo quale me hai creata'.Alle soglie dell'eternità sorge impellente in Chiara il bisogno di ringraziare il Signore, di benedirLo per averlacreata.Tutta la vita di Chiara è un'eucarestia, un canto di lode e di ringraziamento a Dio e questo anche nella lungamalattia che la inchioda al letto per ben ventotto anni. In questo tempo di continua sfinitezza "non si ode unamormorazione, non un lamento, ma sempre dalla sua bocca proviene un santo conversare, sempre ilringraziamento".All'inizio del suo Testamento spirituale, Chiara ricorda in primo luogo alle sue figlie il dovere di rendere vive azionidi grazie al Padre <strong>delle</strong> misericordie per i benefici da lui ricevuti e particolarmente per il dono grande dellavocazione.""Credo che l'eternità non mi basterà per ringraziare il Signore per tutto quello che mi ha dato" mi rispose unacarissima Sorella quando le chiesi a bruciapelo come pensava di trascorrere l'eternità. Avere un cuore colmo digratitudine significa aver fatto esperienza della Bontà di Dio, della Sua Provvidenza, dei Suoi mirabili interventinella nostra vita.Rileggere la propria storia con gli occhi di Dio, ripercorrendone i memoriali, contemplando come niente ci èaccaduto per caso ma tutto è concatenato dal filo della Provvidenza divina, suscita in noi e tiene desto il sensodella gratitudine.La gratitudine a Dio nasce anche dal riconoscere che tutto è dono. La vita, prima di tutto, è dono, il Battesimo, lachiamata alla vita Religiosa, ogni sorella e fratello, ogni evento doloroso o lieto è dono perché luogo dellamanifestazione di Dio. Qualcuno si spinge più in là e arriva addirittura a ringraziare il Signore per i propri peccatiperché tramite essi ha fatto esperienza della Misericordia di Dio.Un cuore grato a Dio, lo sarà anche agli uomini. Un cuore che non ha gratitudine verso Dio, non l'avrà neppureverso gli uomini.Da un cuore grato sgorga la lode, il cantico nuovo, il giubilo e l'esultanza.


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.Il Serafico Padre non poteva trattenersi dal benedire e ringraziare Dio Sommo Bene, per Se stesso, per lacreazione, per i molteplici doni che da Lui procedono. E similmente ringrazia anche nelle persecuzioni, nelleingiurie patite per amore di Dio, lieto di essere partecipe <strong>delle</strong> sofferenze di Cristo. Il senso di gratitudine informatutta la sua vita e, quale vero povero, tutto considera grazia. Mostra una riconoscenza commossa quando ilSignore gli dona il primo compagno, sembrandogli che Dio si prenda cura di lui. Ringrazia parimenti Dio nei suoidolori, stimando giusti i giudizi di Dio a suo riguardo.Allorché è divenuto ormai cieco, certo del regno che il Signore gli ha promesso e assicurato, pur tra le malattie ele prove più terribili, intona il Cantico <strong>delle</strong> Creature, lodando e benedicendo Dio per le Sue opere, quelle opereche egli, con gli occhi della carne, non può più mirare e vuole che i suoi Frati vadano per il mondo a cantare le Lodidel Signore e a predicare agli uomini la riconoscenza e la lode.Accogliendo l'esortazione di S. Chiara: "Dobbiamo Sorelle carissime, meditare gli immensi benefici di cui Dio ci hacolmate", esercitiamoci spesso a rileggere la nostra vita come storia di salvezza poiché la gratitudine (come purela fede) si nutrono con la memoria celebrativa <strong>delle</strong> meraviglie che il Signore ha compiuto nella nostra vita.L'ORAZIONETalmente grande era l'amore di Francesco per la <strong>virtù</strong> dell'orazione, come ama definirla San Bonaventura, che "ilservo di Cristo, vivendo nel corpo si sentiva in esilio dal Signore e si sforzava, pregando senza interruzione, dimantenere lo spirito alla presenza di Dio".Nella preghiera trovava la sua consolazione, nella pratica dell'orazione la difesa dalle tentazioni e la fortezza nelletribolazioni.Che dire poi di Chiara che dell'orazione continua aveva fatto l'unico scopo del suo vivere rinchiusa per amore diCristo e <strong>delle</strong> anime? Ella era costantemente impegnata in sante preghiere e lodi divine e non di radosperimentava la dolcezza della contemplazione e la potenza della preghiera ardente piena di fede.La pietà è il culto che offriamo a Dio sull'altare del nostro cuore, tramite l'unione ininterrotta con Lui che sirealizza nella preghiera incessante. Il nostro cuore è piccolo, ma la preghiera lo dilata e lo rende capace di amareDio. Questo amore poi non è un sentimento astratto, ma si esprime e si concretezza nel vivere da figli di Dio, inobbedienza filiale e amorosa alla volontà di Dio. Pregare oltre che un comando del Signore, è un bisogno delcuore. Un bisogno che l'uomo di tutti i tempi ha avvertito, anche se purtroppo oggi questo bisogno spesso èmesso a tacere dalla fretta, dallo stress, dai mass media, ecc...Ma è di importanza vitale che l'uomo impari a fermarsi di tanto in tanto (magari all'alba e a conclusione di ognigiorno), a riflettere, a rientrare in se stesso per orientare la propria vita verso il Bene e verso ciò che è veramenteimportante.La preghiera non è un soliloquio, è incontrarsi con Colui che ci ama, fare l'esperienza rigenerante del Suo Amore,attingere dalla Parola la luce che guida i passi del nostro cammino.Come pregare? Perché la nostra preghiera sia autentica, è indispensabile che siamo veri, che non ci nascondiamodinanzi a Dio, ma come suoi figli, Gli palesiamo con semplicità il nostro stato d'animo. La preghiera non è fugadalla storia, anzi la preghiera deve partire dalla storia, da ciò che stiamo vivendo quando ci mettiamo dinanzi aDio.Stiamo vivendo un fatto doloroso? Facciamone oggetto di preghiera. Subiamo una tentazione? Trasformiamola inpreghiera. Come? Chiedendo a Dio che ci aiuti a vincerla.Ci scopriamo deboli e incapaci di compiere il bene che vorremmo? Non fingiamo che tutto vada bene maconfessiamo apertamente a Dio la nostra debolezza, la nostra incapacità di amare, Egli non aspetta altro chevenire in nostro soccorso.


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.Abbiamo la gioia nel cuore? Ringraziamo il Buon Dio e preghiamolo che ci custodisca nel Suo Amore.E inoltre importante che la nostra preghiera sia coraggiosa, che abbiamo cioè il coraggio di chiedere a Dio di farcivedere ciò che in noi, nelle nostre abitudini, nei nostri comportamenti, nei pensieri e desideri del cuore, Glidispiace, perché con il Suo aiuto possiamo rimuovere il male che è in noi.Se la nostra preghiera è vera porterà frutti concreti di conversione, ci porterà progressivamente ad abbandonarela nostra mentalità per assumere quella di Cristo Gesù Signore.Che cosa chiedere nella preghiera? Ciò di cui abbiamo bisogno: lo Spirito Santo, che ci insegni ad amare, ci aiuti aperdonare, a non giudicare, ci dia la luce necessaria per il nostro cammino quotidiano.Quando pregare? Il Signore Gesù ci esorta a pregare in ogni tempo, a pregare incessantemente, senza stancarcimai e - come scrive San Paolo - a farlo con ogni sorta di preghiere nello spirito.Per giungere ad una ininterrotta unione d'amore con Dio, dobbiamo prima di tutto coltivare con perseveranzaalcuni tempi forti di preghiera. Dei tempi cioè in cui, creando attorno a noi un clima di solitudine e di silenzio, diclausura del cuore, ci dedichiamo alla preghiera interiore. Questo però non basta, ma dobbiamo anche prenderela santa abitudine di elevare frequentemente il nostro pensiero e il nostro cuore a Dio durante il giorno, nellalode, nella supplica, nel ringraziamento, in un continuo atto d'amore, servendoci di brevi preghiere: le giaculatorie.In tal modo si accenderà nel cuore una scintilla che ben presto si trasformerà in una fiamma d'amore. Pianopiano tutta la nostra vita diventerà preghiera, tutte le nostre azioni più comuni e ordinarie, saranno impregnate dipreghiera e acquisteranno un valore nuovo.Durante il giorno, mentre le varie occupazioni premono, impariamo dunque ad elevare segretamente la preghieraa Dio, dicendo col cuore: "Gesù ti amo", "Gesù aiutami", "Signore insegnami ad amarTi, riempimi del Tuo Amore","Signore donami il Tuo Santo Spirito", "Gesù e Maria vi amo, salvate anime", "O Dio, abbi pietà di me,convertimi", "Padre, perdonami", "Signore Ti prego per quella persona che mi è causa di sofferenza, aiutami aperdonare", "Signore, desidero compiere tutto per Tuo Amore", "Signore illuminami, insegnami ciò che Ti ègradito", "Signore Ti amo, Ti adoro, Ti ringrazio", ecc.In tal modo tutta la vita del cristiano sarà impregnata di preghiera.Pregare è cantare l'Amore di Dio.Con parole sublimi San Bonaventura descrive questa esperienza: "Io ho trovato il Cuore del mio Signore, il Cuoredi Gesù benignissimo: cuore di re, cuore di fratello, cuore di amico. Nascosto in Lui non pregherò io? Pregherò, sì.Di già il suo Cuore, lo dico francamente, è anche il mio cuore. Se Gesù Cristo è il capo, come dunque quello che èdel mio capo non dovrà dirsi mio ?... E dunque anche il cuore del mio capo spirituale è cuore mio. Che gioia perme. Ecco: Gesù ed io abbiamo un solo e medesimo cuore... Frattanto avendo ritrovato, o Gesù dolcissimo, questoCuore divino, che è tuo ed è mio, pregherò Te, Dio mio. Accogli nel sacrario <strong>delle</strong> udienze le mie orazioni, anzirapiscimi tutto nel tuo Cuore. "Del Serafico Padre San Francesco è attestato che spesso si ritirava a pregare in luoghi solitari, riempiendo digemiti i boschi, dialogando ad alta voce col suo Signore e ora Gli rendeva conto come al Giudice, ora supplicava ilPadre, ora parlava all'Amico, ora scherzava amabilmente con lo Sposo.Egli non era un uomo che pregava, ma addirittura un uomo fatto preghiera, perché la preghiera era divenuta in luispontanea e abituale come il respiro."«Sopra ogni altra cosa - asseriva con fermezza - il religioso deve desiderare la grazia dell'orazione», e incitava intutte le maniere possibili i suoi frati a praticarla con zelo, convinto che nessuno fa progressi nel servizio di Dio,senza di essa".Della Madre S. Chiara, testimoniano le prime Sorelle, che quando tornava dall'orazione era raggiante in viso espesso infervorava le <strong>Suore</strong> a non lasciar cadere mai dalla mente il ricordo di Cristo. "Allorché infatti ritornava


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.nella gioia dalla santa orazione, riportava dal fuoco dell'altare del Signore parole ardenti, tali da infiammare ilcuore <strong>delle</strong> Sorelle".Dopo Compieta, mentre le altre Sorelle danno al corpo il necessario riposo, ella si intrattiene invece in lungoamoroso colloquio con il Signore."Spessissimo prostrata in orazione col volto a terra, bagna il suolo di lacrime e lo sfiora con baci, così che pareavere sempre tra le braccia il suo Gesù, i cui piedi inondare di lacrime, su cui imprimere baci ".Numerosi e noti i prodigi operati dalle sue ardenti suppliche: i saraceni miracolosamente volti in fuga, laliberazione della città di Assisi, liberazione dai demoni, guarigioni varie, tutto ciò in forza della sua preghiera fattacon fede.La beata Angela da Foligno, terziaria francescana e grande mistica diceva: "Quanto più pregherai, tanto più saraiilluminato. Quanto più sarai illuminato, tanto più profondamente e intensamente vedrai il sommo Bene, l'Essereinfinitamente buono. Quanto più profondamente e intensamente lo vedrai, tanto più l'amerai. Quanto più l'amerai,tanto più ti allieterà, tanto maggiormente lo comprenderai e diverrai capace di capirlo".È necessario essere convinti della necessità della preghiera, necessità motivata dalla nostra debolezza che cistimola a chiedere aiuto a Dio, necessità motivata anche dal bisogno del cuore di ringraziare il Buon Dio, dilodarLo, di benedirLo per l'immenso Amore con cui ci avvolge e di dirGli a nostra volta che l'amiamo, anche sesiamo consapevoli dell'imperfezione e della debolezza del nostro amore.La Vergine orante ci insegni a pregare col cuore e a fare della nostra vita un ininterrotto cantico d'amore per lagloria di Dio.Vari tipi di orazioneI maestri di spirito ordinariamente distinguono tre tipi di orazione: l'orazione vocale che si esprime con parole,come quando recitiamo i Salmi, gli inni o altre lodi; l'orazione mentale che si pratica quando mentalmente ci sirivolge a Dio, riflettendo devotamente sulla Sua Parola o sui Misteri e le Verità della nostra fede, e lacontemplazione mediante cui si sta raccolti alla Presenza di Dio, in semplicità, con lo sguardo del cuore rivolto aDio, nell'amore.Personalmente amo molto un quarto tipo di orazione, quella vitale. L'orazione vitale è quella che parte dalla vitae ritorna alla vita illuminandola.Nella vita del cristiano, quando la preghiera è vera, non è mai avulsa dalla vita ma, al contrario, abbraccia tutta lavita, sicché non c'è dicotomia tra preghiera e vita.L'orazione vitale, mi piace ripeterlo, è quella che si parte dalla situazione concreta che stiamo vivendo, dallastoria. Da una sofferenza, da una croce che ci spinge a chiedere aiuto e luce al Signore, come pure da una gioiatrasformata in rendimento di grazie a Dio. Dietro tutto ciò che ci capita durante il giorno, c'è una chiamata di Dioalla santità, una chiamata di Dio ad esercitarci nelle <strong>virtù</strong>, a crescere nell'amore oblativo. Se chiediamo luce a Dioin tutto ciò che ci capita, scopriremo anche dietro una contrarietà un invito del Signore a praticare la pazienza e lamisericordia; o dietro la tentazione, trasformata in preghiera, una chiamata all'umiltà. Così facendo gradualmenteimpareremo a rendere grazie in ogni cosa perché, secondo le parole dell'Apostolo "Tutto concorre al bene dicoloro che amano Dio".In questo modo la nostra vita, pervasa dalla preghiera, diventerà luminosa, incominceremo a guardare la nostrastoria e quella altrui con gli occhi della fede, non fermandoci all'apparenza ma andando oltre, scopriremo ilprogetto d'amore che Dio ha su di ciascuno e tutto ci sarà dolce.Un giorno ad uno dei Padri del deserto fu chiesto come avesse imparato a pregare senza interruzione ed eglirispose: "Quando venni in questo deserto solitario la sera avevo paura che mi assalissero le fiere e pregavo ilSignore che mi liberasse dai pericoli; quando sopravvenivano la fame e la sete, pregavo Dio che provvedesse aquesti miei bisogni, quando la tentazione di tornare nel mondo mi assaliva, supplicavo il Signore che venisse inmio aiuto e non permettesse che io cadessi nelle grinfie del maligno; sperimentando la bontà e la misericordia diDio verso di me peccatore, ero mosso a renderGli vive azioni di grazie e a lodarLo. A poco a poco la preghieradivenne in me spontanea e imparai a rivolgermi a Dio in ogni cosa, ora non posso più fare a meno di pregareperché la preghiera è divenuta per me come il respiro".


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.A seconda <strong>delle</strong> circostanze che ci capitano, vari sono gli atteggiamenti che assumiamo nella preghiera, stando difronte a Dio. Talvolta ci rivolgiamo a Dio con l'atteggiamento del colpevole che invoca il perdono; talaltra conquello dell'assediato dai nemici <strong>delle</strong> tentazioni e tribolazioni, chiedendo aiuto al Potente per non cadere; altrevolte con l'atteggiamento del povero e mendico che chiede il pane della Grazia; altre volte ancora con quello difiglio che cerca di obbedire in tutto e piacere al Padre e Gli chiede la grazia di non allontanarsi dal beneplacitodella Sua Volontà; altra volta con quello dell'anima come sposa di Dio che desidera riposarsi nel suo unico Dilettoper il cui amore tutte le cose sono diventate vili e desidera di essere sciolta dal corpo per essere con Cristo, comeprega l'Apostolo."Alziamo, dunque, gli occhi al cielo come ci esorta S. Chiara, cioè non fermiamoci al quotidiano, ma partiamo daesso per risalire al Padre che tutto dispone per la nostra gioia e salvezza.La Beata Vergine Maria, accenda nei nostri cuori, il desiderio ardente dell'unione ininterrotta con Dio, allorasaremo santi. Il santo infatti è colui che vive nell'amore, perché collegato alla sorgente dell'amore, attraverso lapreghiera e l'unione con Dio.LA SANTA SEMPLICITÀ"Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie Sorelle, presenti e future, che si studino sempre diimitare la via della santa semplicità... che ci fu insegnata dal beato padre nostro Francesco fin dal principio dellanostra conversione a Cristo"."La pura e santa semplicità che confonde ogni sapienza di questo mondo e la sapienza della carne" è un atteggiamentoprofondo della persona che pensa e agisce lasciandosi guidare in tutto dalla Parola di Dio e dallapropria coscienza da essa illuminata. La semplicità è sinonimo di schiettezza e indice di unità interiore.Nel semplice non c'è dicotomia tra ciò che crede e ciò che vive, tra ciò che appare all'esterno e ciò che èall'interno, tra ciò che pensa e ciò che manifesta. Il vizio opposto alle semplicità infatti è proprio l'ipocrisia.La semplicità si fonda sulla verità e produce quale frutto la pace interiore.Per conquistare questa <strong>virtù</strong> bisogna avere il coraggio della verità di noi stessi.L'ascolto costante della Parola di Dio ci porta a far emergere dal nostro cuore ogni doppiezza, condizionamento otravisamento. Ora, se facciamo emergere e portiamo alla luce le ferite nascoste del nostro cuore, la guarigione èprossima. Se prendiamo coscienza <strong>delle</strong> nostre ombre e non continuiamo a celarle a noi stessi, la luce divinapenetrerà fino a rischiarare del tutto il nostro cuore rendendolo trasparente e retto, cioè semplice.Il Signore conosce già l'intimo del nostro cuore e ci ama ugualmente, non dobbiamo dunque avere timore dellaverità che ci salva e ci trasforma, non dobbiamo sgomentarci o scoraggiarci alla vista dei serpentelli nascosti nelnostro cuore, né tanto meno ignorarli come se non ci fossero, ma piuttosto impugnare contro di essi le armi delcombattimento donatici dal Signore e cioè "la spada della Parola, lo scudo della fede, la cintura della verità" `,come S. Paolo ci insegna.Tale combattimento non avrà tregua finché viviamo, anzi più ci esponiamo ai raggi della luce divina, più notiamoin noi dei difetti, <strong>delle</strong> manchevolezze che prima superficialmente trascuravamo come cose da nulla.È rilevante il fatto che molti cristiani non praticanti, che non si accostano abitualmente ai Sacramenti e alla Paroladi Dio, si ritengono giusti per il fatto di non rubare e di non uccidere, mentre i santi, come S. Francesco, sireputano dei grandi peccatori, pieni di vizi.Per la sua fondamentale importanza Francesco e Chiara, amavano assai la <strong>virtù</strong> della "semplicità santa e pura,figlia della grazia, sorella della sapienza, madre della giustizia". Essa non cerca ostentazione, non si identifica conla semplicioneria nei difetti, ma confonde la sapienza carnale.


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.La semplicità di Francesco che si accompagnava all'innocenza e alla purezza, gli permetteva di scorgere nel creatole orme del Creatore e proprio per questo il suo animo si inondava di gaudio nel mirare il sole, la luna, le stelle delfirmamento e parimenti le pietre, le selve, le acque correnti, il vento, l'aria... Perfino per i vermi sentivagrandissimo affetto, ci riferisce il Celano, perché la Scrittura ha detto del Signore: "Io sono verme e non uomo"(Sal 21,7), perciò si preoccupava che non fossero calpestati dai passanti.Con semplicità, recatosi una volta a Roma, predicò dinanzi a Papa Onorio e ai Cardinali e parlò con tanto fervoreche, quasi fuori di sé per la gioia, mentre proferiva le parole muoveva i piedi quasi saltellando e i presentivedendo l'ardore del suo cuore furono mossi a incontenibile pianto di compunzione."Con semplicità e brevità di parole desiderava che i suoi Frati predicassero il Santo Vangelo.La Madre S. Chiara, dal canto suo, prescrive nella Regola che qualora tra una Sorella e l'altra sorgesse talvoltaoccasione di turbamento, la Sorella che ha mancato si getti umilmente ai piedi dell'altra non solo per chiedereperdono, ma anche pregandola con semplicità di intercedere per lei presso il Signore perché la perdoni."Studiamoci dunque di seguire la via della santa semplicità, facendo opera di semplificazione interiore, alloraraccoglieremo i frutti della gioia e della pace, insieme alla libertà di spirito.L'UMILTÀ"Imparate da me che sono mite e umile di cuore" (Mt 11,29).Una <strong>virtù</strong> basilare nella spiritualità francescana è l'umiltà.Tommaso da Celano ci informa che Chiara, pie tra primaria e nobile fondamento del suo Ordine, fin dal principiosi studiò d'impostare l'edificio di tutte le <strong>virtù</strong> sul fondamento della santa umiltà. Promise infatti obbedienza albeato Francesco, e mai si scostò in alcun modo da questa promessa. Così tre anni dopo la sua conversione,rifiutando il nome e la carica di Abbadessa, avrebbe voluto umilmente sottostare, piuttosto che essere a capo, etra le ancelle di Cristo più volentieri servire che essere servita" .Accettato per obbedienza il governo <strong>delle</strong> Sorelle Povere, da questo ufficio trasse incitamento per servire con piùumiltà e per essere più pronta al dovere, desiderosa non di impartire ordini ma di dare l'esempio.Come radicare nel cuore questo atteggiamento? Dalla Sacra Scrittura ci viene una risposta convergerte: si diventaumili ponendosi davanti a Dio."L'umiltà nasce dal senso di Dio e questo lo può avere solo chi si mette in rapporto personale con Lui. Bisognaaprire gli occhi sulla Sua gloria. Allora accadono tre cose:Anzitutto si sperimenta il proprio nulla. Non si tratta però di negare il bene che c'è in noi: l'umiltà è verità, nonipocrisia. Si tratta invece di riferirlo al suo vero Autore: "Ogni dono viene dall'alto, discende dal Padre della luce"(Gc 1,17). "E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l'avessi ricevuto?", aggiunge S. Paolo (1 Cor 4,7). Siscopre che Dio è la fonte unica del bene e l'uomo è una mano vuota tesa verso di Lui per essere colmata. Da noinon abbiamo nulla, ma tutto ciò che siamo e abbiamo, tutto riceviamo da Dio. Perciò, l'orgoglio è una formapratica di ateismo.In secondo luogo, davanti al Santo ci si scopre peccatori. È così che reagisce Isaia al canto dei Serafini, cheproclamano Dio tre volte Santo: "Guai a me, perché un uomo dalle labbra impure io sono, e i miei occhi hannovisto il Dio vivente". Allo stesso modo reagisce Pietro dinanzi alla potenza di Gesù che si rivela nella pescamiracolosa: "Allontanati da me, che sono un peccatore". La gloria di Dio non rivela solo il Suo volto, ma anchel'impurità dello sguardo umano che Lo contempla.Nasce allora un atteggiamento di fiducia totale in Dio, e in Dio solo, che diventa apertura alla grazia. A questopunto, Dio mobilita per l'umile la Sua potenza, non per l'orgoglioso, perché questi attribuirebbe a sé le"meraviglie" che Dio opera in lui, rubando così la gloria del Signore".


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.Francesco e Chiara si pongono continuamente dinanzi allo specchio di umiltà che è Cristo Gesù Signore.Spessissimo fanno memoria dell'umiltà di Cristo nell'Incarnazione e nella Passione, come pure nell'Eucarestia e neparlano nei loro scritti."Ecco, ogni giorno Egli si umilia come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine, ogni giorno Eglistesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull'altare nelle mani delsacerdote".Sull'edificio di questa santissima umiltà Francesco fondò l'Ordine dei Frati Minori secondo quanto il Signore glirivelò, mostrandogli, per lui e per quanti intendono imitarlo, la via della semplicità e dell'umiltà.L'umile magnifica Dio che opera nel suo cuore. L'incarnazione più luminosa di questo atteggiamento è la VergineMaria. Ella si sente la "povera serva".Seguendo le orme della Madre "poverella", anche Chiara ama definirsi "ancella" <strong>delle</strong> Sorelle Povere. Maria, nellasua grande umiltà, si fa vuoto che attende di essere colmato. E Dio, che predilige gli umili, la ricolma della Suagrazia e la rende così grande che "tutte le generazioni la chiameranno beata".Il Magnificat è il poema dell'umiltà.Maria appartiene ai "poveri di Jhawè", di cui parla la Sacra Scrittura. Si tratta di quei piccoli che non hannonessuno su cui contare e perciò si affidano completamente a Dio, in Lui solo sperano, certi della Sua fedeltà. E Dioli colma dei suoi doni. Nell'inno cristologico ai Filippesi troviamo la descrizione dell'umiltà del Verbo Incarnato,umiltà consistita nel "farsi piccolo": "Cristo pur essendo di natura divina... spogliò Se stesso assumendo lacondizione di servo... si umiliò facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce". A questa discesa delCristo, fa seguito l'esaltazione del Padre che "gli dà il Nome più alto di ogni altro nome". È l'umiltà dell'essere.San Francesco nelle Lodi di Dio Altissimo, cogliendo questa umiltà abissale del Figlio di Dio, dice a Cristo GesùSignore: "Tu sei umiltà".Per Francesco l'umiltà non è solo una <strong>virtù</strong> e nemmeno una connotazione di Cristo Gesù. Per Francesco l'umiltà èCristo!Quotidianamente il Serafico Padre meditava gli, esempi di umiltà del Figlio di Dio e questa meditazione cordiale lofaceva crescere nella conoscenza di Dio e di sé.Anche S. Chiara, scrivendo ad Agnese di Praga, sottolinea ripetutamente l'umiltà di "un tale e così grande Signore,che scendendo nel seno della Vergine, volle apparire nel mondo come uomo spregevole, bisognoso e povero". Laesorta a fissare lo sguardo sul più bello dei figli degli uomini divenuto per la nostra salvezza "il più vile degliuomini, disprezzato, percosso e in tutto il corpo ripetutamente flagellato e morente perfino tra i più struggentidolori sulla croce". E la invita a specchiarsi ogni giorno in questo mirabile specchio che è la vita di Cristo overifulgono "la beata povertà, la santa umiltà e l'ineffabile carità "," affinché mirando gli esempi di umiltà delSalvatore e Signore nostro Gesù Cristo sia mossa ad imitarLo.Finché l'uomo si confronta solo con se stesso e con gli altri comprende poco o nulla della sua situazione. Se invecesi pone davanti a Dio e alla Sua Parola, allora scopre il suo vero volto interiore.L'umiltà è un atteggiamento interiore? Lo è anzitutto, ma dal cuore umile devono sgorgare atti concreti.L'umiltà di Chiara si traduceva nel servizio generoso alle Sorelle, nel correggerle con moderazione e pazienza, nelvoler essere suddita e soggetta sempre ai piedi della Santa Madre Chiesa, nel desiderio e nell'impegno diosservare in perpetuo la povertà e l'umiltà del Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre.Il Serafico Padre S. Francesco manifestava la sua profonda umiltà, nel curare i lebbrosi, nel mangiare addiritturanello stesso piatto con essi, nel voler stare sottomesso a tutti fino alla morte, nell'accusare pubiblicamente leproprie colpe, nel dimettersi da Ministro, lui Fondatore dell'Ordine. Egli considerava l'umiltà come custode edecoro di ogni <strong>virtù</strong>.


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.L'umiltà non consiste in parole, ma piuttosto si riconosce nella pazienza con cui si accettano le incomprensioni, letribolazioni e tutto quanto è causa di umiliazione.San Bonaventura ci ammonisce che seguendo un Maestro umilissimo: Gesù e avendo umile la Madre Maria eumili i Fondatori Francesco e Chiara, non ci è lecito levare il capo in superbia.E noi? Quando gli altri ci fanno un'osservazione' poco piacevole, rimaniamo in pace? Anzi, siamo capaci diringraziare sinceramente?LA TENEREZZAUna manifestazione squisitamente femminile dell'amore è: la tenerezza. Questa capacità di commuoversi, diessere "presi nelle viscere" la ritroviamo in grado eminente in Dio che come una Madre ci ha generati e cirigenera continuamente col Suo Amore. Di quante premure non ci circonda il Signore? Egli ci trae a Sé con legamidi bontà, ci solleva alla Sua guancia perché possiamo respirare il Suo Amore, sentirne il calore, ci ha donato il SuoFiglio Diletto perché ci rivelasse questo Amore gratuito e appassionato che porta alla Sua creatura, ci ha resi figlinel Suo Figlio e nella Sua morte di Croce ci ha redenti per renderci partecipi della Sua Gloria affinché la nostragioia fosse piena.Dio è tenerezza.Francesco e Chiara ne hanno fatto l'esperienza, si sono inebriati della tenerezza di Dio, l'hanno assimilata, se nesono riempiti per poi farsene donatori. Come non ricordare la tenerezza materna con la quale Chiara amava le suefiglie? Tenerezza che la muoveva ad alzarsi assai spesso nel freddo della notte, per ricoprire le sue figlie mentredormivano e così facendo le riscaldava ancor più che con le coperte, col suo gesto di tenero amore.Per non dire di come, vedendo talvolta afflitta da tentazione o da mestizia qualcuna <strong>delle</strong> <strong>Suore</strong>, chiamatala daparte, la consolava piangendo, Talvolta poi si prostrava ai piedi <strong>delle</strong> afflitte per alleviare con materne carezze laviolenza del dolore." Chiara guarisce le sue figlie con la tenerezza.'' Come quando, Lei stando inferma, si avvede inspirito che una <strong>delle</strong> Sorelle, affetta da scrofole, mal sopporta quella sofferenza, allora la Madre ordina le sii portiun uovo riscaldato da bere e quella bevutolo; guarisce dal suo male fisico e morale. Chiara è capace di tenerezzaperché ama. E chi, ama sul serio intuisce i desideri dell'altro, ciò che può fargli piacere, ciò che può farlo sentireamato; come dalla propria mamma: "Se una madre ama e nutre la sua figlia carnale, con quanta maggior curadeve una sorella amare e nutrire la sua sorella spirituale!".Con quale tenerezza di amore poi, non solo lava i piedi alle Sorelle serviziali di ritorno dalla questua, ma ne baciapersino le piante.Ella così tenacemente attaccata alla povertà per amore di Cristo povero, si mostra comprensiva, anzi previgente ematernamente sollecita nel provvedere ai bisogni <strong>delle</strong> Sorelle, specie se ammalate.E come non fare memoria della tenerezza di Francesco per il "Bimbo di Betlemme", come amava chiamare ilVerbo Incarnato, leccandosi addirittura le labbra per la dolcezza che provava nel nominarlo così? Questatenerezza d'amore lo spinse a riprodurre il presepe vivente e stando dinanzi alla mangiatoia era ricolmo di pietà,cosparso di lacrime, traboccante di gioia, nel contemplare il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio.Parimenti grande era la tenerezza di Francesco per i Frati che amava maternamente e soprattutto per i poveri,alle cui sofferenze partecipava, sottraendo al proprio corpo anche ciò che gli era indispensabile per offrirlo lorocon mola gioia, pieno di sollecitudine e affetto.Più volte con l'animo colmo di clemenza, sentiva sciogliersi il cuore alla presenza dei poveri e dei malati e quandonon aveva altro da dare, offriva il suo affetto.


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only."Si chinava con meravigliosa tenerezza e compassione verso chiunque fosse afflitto da qualche sofferenza fisica equando notava in qualcuno indigenza o necessità, nella dolce pietà del cuore, la considerava come una sofferenzadi Cristo" .Quando in un Monastero si notano dei gesti di tenerezza, per piccoli che siano o insignificanti che possanoapparire, è segno che è vivo e circola un amore profondo, l'amore che scaturisce dalle viscere:di Dio stesso e cheviene reso trasparente, direi anzi palpabile.I piccoli gesti di tenerezza, proprio quei gesti che non fanno rumore, non sono grandiosi, né spettacolari, ma chearrivano diritti al cuore dell'altra, edificano la Fraternità, incrementando la comunione.Le opere di carità vanno compiute... caritatevolmente; accompagnandole con gesti di tenerezza. Sì, perché si puòfare un atto di carità con freddezza, solo per dovere, il Signore ci chiama invece a perfezionarci semprenell'amore, nella carità.Il prossimo non desidera i nostri atti di carità, quanto... la carità nei nostri atti, l'amore che scaturisce dal nostroessere e si esprime in un servizio gioioso, gratuito, che dà sempre di più di quanto l'altra: possa chiedere odesiderare.La tenerezza desta lo stupore nell'altra, accende una fiammella di amore e di gratitudine a Dio da cui provieneogni bene.Noi donne dovremmo essere esperte nell'intuire i bisogni e i desideri altrui.Dal contatto quotidiano con la Fornace ardente dell'Amore poi dovremmo imparare le finezze della carità eaccrescere la nostra capacità di tenerezza.IL SERVIZIOMi ha sempre colpito l'espressione di S. Paolo "coloro che avranno ben servito, si acquisteranno un gradoonorifico e una grande sicurezza nella fede in Cristo Gesù".Che significa servire bene, se non servire con amore? In ogni servizio reso, le rifiniture, quei piccoli dettagli quasitrascurabili, costituiscono quel "tocco" proprio di chi serve per amore.Non poteva bastare alla Madre S. Chiara lavare semplicemente i piedi <strong>delle</strong> serviziali (di quelle Sorelle cioè chesvolgevano un servizio esterno) e non sarebbe questo già stato abbastanza? No. Per Chiara il servizio non eracompleto se non imprimeva sotto la pianta del piede ben aderente un bacio!I santi non praticano la carità col contagocce, al contrario nel donarsi lo fanno senza misura e vi aggiungonosempre ciò che potrebbe sembrare superfluo, un'esagerazione (come poteva apparire tale il miracolo dell'acquatrasformata in vino eccellente alle Nozze di Cana o tutto quel profumo sprecato per ungere i piedi del Maestromentre, secondo la mentalità economica di Giuda, lo si poteva vendere per elargirne il ricavato ai poveri).Il termine con cui Chiara ama definirsi è: serva di Cristo o ancella <strong>delle</strong> Sorelle Povere. In lei il servizio alle Sorelle èun bisogno vitale per esprimere quell'amore che le arde dentro e che desidera manifestare con le opere.E non poteva essere diversamente poiché Chiara contemplava continuamente la vita di Cristo Gesù Signore,anelando a conformarsi a Lui che disse di non essere venuto per essere servito ma per servire e ce ne diede unaprova tangibile quando, cingendosi il grembiule, cominciò a lavare i piedi ai discepoli, pur essendo il Signore e ilMaestro, perché anche noi facessimo altrettanto.Servo, prima di tutto di Jahwé, ma servo anche degli uomini. Seguendo il Suo esempio, non possiamo dire diservire Dio se non serviamo il prossimo.Si tratta infatti di servire Dio nel prossimo. È il Maestro che ci assicura che servendo i fratelli più piccoli, è Lui cheserviamo.


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.Chiara, ancella di Cristo e ancella <strong>delle</strong> Sorelle, ne ricalca le orme e col suo esempio e le sue parole esorta adimostrare esternamente, appunto nelle opere del servizio, quell'amore che le Sorelle devono nutrire le une perle altre.Similmente S. Francesco, che vuole servire il Signore con fedeltà e senza riserve, con l'anima e con il corpo, perSuo Amore si fa servo dei lebbrosi e al loro servizio vorrebbe ritornare anche quando è ormai morente. Si fa servodei Frati e vuole che allo stesso modo si comportino i Ministri e tutti i Frati fra di loro; serve con particolare cura eamore i Frati infermi e desidera e prescrive che "se uno di essi cadrà ammalato, gli altri Frati lo devono servirecome vorrebbero essere serviti essi stessi".È quel "di più", quel "non richiesto" che si nota nel rendimento del servizio, quella generosità e gioia con cui sicompie che manifesta l'amore.Servire, dunque, per amore. Cos'è, ad esempio, aiutare una Sorella anziana senza regalarle una carezza o unsorriso?Il Signore ama chi dona con gioia. Il servizio compiuto come dovere è sterile, arido. Il servire per amore ènecessariamente un servire con gioia. Un'altra caratteristica del servizio è la gratuità. Chi serve non deveaspettarsi ricompense o gratificazioni, il servire con amore, il compiere il bene in tutte le sue forme emanifestazioni ha già in sé la ricompensa.La ricompensa della carità è la letizia. La graduale purificazione dai peccati ("la carità copre una moltitudine dipeccati"), una progressiva illuminazione (anche nel senso di lucentezza, splendore del volto che tradisce, anzimanifestalo splendore dell'anima). Nella misura in cui non ci lasceremo sfuggire le occasioni per esercitare ilservizio (per quanto piccole esse siano), vincendo la naturale inclinazione alla nostra comodità, diverremo Madri,ponendo il bene altrui avanti al nostro, proprio come fa una Mamma nei confronti dei propri figli.Non basta perciò rendere dei servizi, ma bisogna sempre migliorare la qualità del nostro servizio. Il servizio vacompiuto con discrezione, non solo senza farlo pesare ma, possibilmente, senza farlo notare, comportandosipiuttosto come persone che stanno ricevendo un servizio. E in realtà, quale onore è quello di servire il Figlio di Dionei fratelli e nelle sorelle.Come nelle altre <strong>virtù</strong> anche in questa del servizio c'è un cammino graduale da compiere e cioè magari le primevolte che ci viene richiesto un servizio che ci scomoda, lo compiremo con sforzo (borbottando interiormente oesteriormente), poi poco alla volta impareremo a compierlo volentieri e con gioia, in seguito addirittura avremo ladelicatezza di prevenire i bisogni e i desideri del prossimo. C'è da compiere un cammino di ascolto e di docilità allavoce dello Spirito che ci ammaestra e ci corregge, ci esorta e ci incoraggia per farci giungere alla perfezionedell'amore.L'OTTIMISMO(ossia: guardare attraverso gli occhiali dell'amore)Quando a Francesco fu chiesto chi fosse per lui il Frate minore perfetto e quali <strong>virtù</strong> dovesse possedere, eglirispose che Frate minore perfetto era quegli che riassumeva in sé la vita e le attitudini dei seguenti santi Frati:'Va fede di Bernardo, che la ebbe perfetta insieme con l'amore della povertà; la semplicità e la purità di Leone,che rifulse veramente di santissima purità; la cortesia di Angelo, che fu il primo cavaliere entrato nell'Ordine e fuadorno di ogni gentilezza e bontà; l'aspetto attraente e il buon senso di Masseo, con il suo parlare bello e devoto;la mente elevata nella contemplazione che ebbe Egidio fino alla più alta perfezione; la virtuosa incessanteorazione di Rufino, che pregava anche dormendo e in qualunque occupazione aveva incessantemente lo spiritounito al Signore; la pazienza di Ginepro, che giunse a uno stato di pazienza perfetto con la rinunzia alla propriavolontà e con l'ardente desiderio d'imitare Cristo seguendo la via della croce; la robustezza fisica e spirituale di


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.Giovanni <strong>delle</strong> Lodi, che a quel tempo sorpassò per vigoria tutti gli uomini; la carità di Ruggero, la cui vita ecomportamento erano ardenti di amore; la santa inquietudine di Lucido, che, sempre all'erta, quasi non volevadimorare in un luogo più di un mese, ma quando vi si stava affezionando, subito se ne allontanava, dicendo: Nonabbiamo dimora stabile quaggiù, ma, in cielo".Avere la capacità di scoprire nel prossimo il positivo e metterlo in luce ringraziandone il Signore è avereottimismo.Nessuno potrà mai eguagliare l'ottimismo di Dio a riguardo dell'uomo, quell'ottimismo che Lo spinge a nonguardare ai peccati dell'uomo, in vista del pentimento, quell'ottimismo fatto di speranza e di fiducia, masoprattutto di amore che si ostina a credere nella bontà dell'uomo nonostante le cocenti delusioni che Gliregaliamo ad ogni pié sospinto.Sarebbe utile, anzi direi necessario per crescere nella stima altrui e nella gratitudine, esercitarsi nello scoprire inogni fratello o sorella quel dono prezioso, unico e irrepetibile di cui il Signore l'ha reso depositario.È bello benedire il Signore per il dono, la <strong>virtù</strong> che brilla maggiormente nel prossimo. È in tal modo che si coltiva ecresce la stima reciproca e la riconoscenza a Dio per il dono di ciascuna.La Fraternità che il Signore mi ha donato (e qui mi passano davanti agli occhi una per una le mie Sorelle) nonsarebbe quella che è senza lo zelo e la schiettezza di quella Sorella, senza la giovialità di quell'altra o la laboriositàdi quell'altra ancora, il gusto dell'ordine di Sr. X, l'umiltà e l'obbedienza senza pari di Sr. Y, la semplicità e latrasparenza di quell'altra Sorella, e così via...Guardando e ammirando nelle altre una <strong>virtù</strong> particolare e ringraziandone il Signore, è come se quella <strong>virtù</strong>appartenesse anche a me e difatti mi appartiene poiché siamo un cuore solo e un'anima sola. Al contrario deglieffetti devastanti procurati dall'invidia, il benedire il Signore di vero cuore per il bene che opera nel nostroprossimo è divenire partecipi di quel bene.Certamente il fatto di evidenziare il bene presente in ciascuna, non significa ignorare le ombre che ognuna siporta dentro, siamo persone incamminate verso una meta (la perfezione del Padre Celeste) ma non ancoraarrivate (guai se ci consideriamo tali) ma l'ottimismo ci permette di guardare la realtà con gli occhi positividell'amore, avendo fiducia nel fatto che Dio può trarre (e difatti lo trae) il bene dal male e tutto volge al bene dicoloro che Egli ama.Il Signore ci conceda uno sguardo penetrante che sappia scoprire il bene presente negli altri e se il nostro sguardomiope non accenna a vedere attorno a noi altro che difetti, abbiamo almeno l'umiltà di chiedere a Dio che cifornisca un paio di occhiali, gli occhiali dell'amore, la nostra vista ne beneficierà e vedremo cose sorprendenti!ACCOGLIENZA"Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi" raccomanda San Paolo nelle sue lettere. Accogliere ilprossimo significa per Francesco e Chiara riconoscere in esso un dono di Dio. Immensa fu la gioia di Francescoquando ricevette il primo Frate, si sentì allora particolarmente amato da Dio che si prendeva cura di luimandandogli un fratello di cui tutti abbiamo bisogno.Egli voleva che i suoi Frati, ovunque si incontrassero si mostrassero familiari tra loro, accogliendosi con bontà.Anzi, non solo dovevano essere accoglienti fra di loro, ma dovevano accogliere tutti con amore: amici o nemici,ladri o briganti.


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.È ben noto l'episodio in cui S. Francesco punì il Frate che non accolse amorevolmente i ladroni che bussarono allaporta del Convento chiedendo l'elemosina, e come volle che il suddetto Frate per santa obbedienzaimmediatamente riparasse quell'accoglienza aspra, andando a cercare per valli e monti i tre ladroni e offrisse loropane e vino, dopo aver chiesto umilmente perdono in ginocchio per la sua colpa che Francesco definisce"crudele".Ogni essere umano essendo fatto per gli altri, ha bisogno di essere accolto e di essere accolto per quello che è.Quando una persona si sente amata, stimata, voluta bene così come è, con i suoi pregi e i suoi difetti, le sue luci ele sue ombre, allora si schiude all'amore. Piano piano riprende fiducia in se stessa e negli altri, perchésperimentando l'amore altrui verso di sé, si scopre amabile."Il tuo amore Signore mi ha fatto crescere" esclama il Salmista. Proprio così, è l'amore che fa crescere, che tirafuori il bene che abbiamo dentro e che talvolta è soffocato dalle nostre paure. Paura di non piacere o di nonessere apprezzati. Paura che spesso si traduce in aggressività o in chiusura di fronte all'altro/a.Ogni persona ha bisogno di essere valorizzata, stimata per quello che è e non c'è nessuno cui il Buon Dio nonabbia dato qualche talento. Su questo bisogna far leva nei nostri rapporti con gli altri, poiché tutti abbiamobisogno della stima altrui. È chiaro che non dobbiamo idolatrare questo bisogno, ma è anche vero che nessuno dinoi può dire di non aver bisogno di essere incoraggiato nel bene proprio attraverso l'apprezzamento altrui di ciòche siamo.Interessante notare il comportamento assunto da Gesù nei confronti di Giuda, definito ladro dal Vangelo: proprioa lui il Signore diede l'incarico di tenere la borsa.Il Signore ha un'immensa fiducia in ciascuno di noi, ci considera, come dice la Scrittura "degni di stima"nonostante gliene combiniamo di tutti i colori.Sull'esempio di Cristo Gesù Signore anche noi dobbiamo accogliere l'altro nel suo essere diverso da noi, amandolonella sua specificità che costituisce un dono per gli altri.Far leva sul positivo che è presente nel prossimo, rendendo grazie al Creatore di tutte le cose che ha fatto beneogni cosa, è molto importante specie nella vita fraterna. La Sorella che si sente accolta è stimolata a dare il megliodi sé.La Madre S. Chiara esorta le Sorelle alla confidenza reciproca, sì che ognuna possa manifestare all'altra consemplicità le sue necessità. Esorta ancora a non chiudere il cuore alle Sorelle che, istigate dal nemico, cadessero inpeccato, ma a mostrarsi ugualmente accoglienti evitando di adirarsi o turbarsi per il peccato di alcuna. Infatti,perché in tal caso la correzione porti frutto, è necessario scaturisca da un cuore umile, misericordioso e chedesidera unicamente il bene dell'altra."Accoglietevi gli uni gli altri - dice San Paolo - per la gloria di Dio". Poiché la persona che accoglie manifesta latenerezza paterna di Dio e la persona che si sente accolta è mossa all'amore e alla gratitudine verso Dio.LA GIOCONDITÀ(Quel Pizzico di umorismo che non guasta)"E si guardino i frati dal mostrarsi tristi all'esterno e oscuri in faccia come gli ipocriti, ma si mostrino lieti nelSignore e giocondi e garbatamente amabili". Certo in nessun libro di morale si tratta dell'umorismo come di una<strong>virtù</strong>, eppure il suo esercizio è indispensabile nella vita di Fraternità.Questa capacità di sdrammatizzare, di non dare un peso eccessivo a ciò che non lo ha, di saper sorridere di sestessi e di trovare il lato positivo in tutto, è molto importante e costituisce un mezzo efficace e inoffensivo perscaricare quelle tensioni che normalmente si accumulano durante il giorno.


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.I momenti ricreativi in cui tutte le Sorelle ci ritroviamo insieme sono, quasi sempre, esuberanti di gioia e diallegria."Gioisci nel Signore sempre. Non permettere che nessun'ombra di mestizia avvolga il tuo cuore" raccomandava S.Chiara a S. Agnese di Praga.Certamente la gioia nasce in una coscienza che è in pace con Dio, con se stessa e con il prossimo, da qui scaturiscequella serenità d'animo che permette di valutare gli eventi (compresi i piccoli incidenti di percorso) conumorismo, cioè con un certo distacco, senza prendersi troppo sul serio, evitando quella seriosità che è segno diipocrisia e che rende aspri e rigidi.Il Serafico Padre si studiava con ogni impegno di custodire nel suo cuore la gioia, mostrandosi lieto anche nellatribolazione e nell'avversità e voleva che nessuno dei suoi Frati mostrasse una faccia malinconica.Un giorno così rimproverò un Frate dalla faccia mesta: "Perché mostri così la tristezza e l'angoscia dei tuoipeccati? E’ una questione tra te e Dio. Pregalo che nella sua misericordia ti doni la gioia della salvezza. Ma inpresenza mia e degli altri procura di mantenerti lieto. Non conviene che il servo di Dio si mostri depresso e con lafaccia dolente al suo fratello o ad altra persona".Il Santo ben conosceva per esperienza come il demonio talvolta non potendo danneggiarci direttamente, si sforzadi tendere insidie e di nuocere tramite il prossimo, per questo raccomanda ripetutamente ai Frati di nonpermettere che la malinconia entri nel loro cuore ed esorta in ogni caso a vincerla con la preghiera.Seguiamo dunque l'esortazione del Serafico Padre San Francesco il quale ci insegna che "il diavolo esultasoprattutto quando può rapire al servo di Dio il gaudio dello spirito. Egli porta della polvere che cerca di gettarenegli spiragli, per quanto piccoli, della coscienza e così insudiciare il candore della mente e la mondezza della vita.Ma se la letizia di spirito riempie il cuore, inutilmente il serpente tenta di iniettare il suo veleno mortale. I demoninon possono recare danno al servo di Cristo, quando lo vedono santamente giocondo ".San Francesco aveva uno spiccato senso dell'umorismo che traspare dalle sue parole, dagli scritti e perfino dalmodo di vivere alcune situazioni drammatiche, sgonfiandole.Si pensi al modo di trovare la strada giusta, facendo fare la trottola a Frate Masseo, o al modo di vincere unatentazione di lussuria confondendo il demonio col fare dei pupazzi di neve davanti ai quali si colloca dicendo a sestesso: "Ecco questa più grande è tua moglie, questi quattro due sono i figli e due le tue figlie; gli altri due sono ilservo e la domestica, necessari al servizio. Fa presto, occorre vestirli tutti perché muoiono di freddo. Se poi,questa molteplice preoccupazione ti è di peso, servi con diligenza unicamente al Signore".L'umorismo arguto di Francesco è sempre garbato, mai aspro, è tipico di un uomo che, alla luce della fede, haritrovato il senso vero <strong>delle</strong> proporzioni ed è per questo che l'umorismo di Francesco, e in genere quello dei santi,diffonde ottimismo e suscita simpatia.LA CORTESIAUna <strong>delle</strong> <strong>virtù</strong> più amata e praticata da San Francesco è la cortesia. Essa è in Francesco una dote naturale checaratterizza la sua giovinezza, ma dopo la sua conversione si dilata e si affina sempre più.Nel contesto medievale la cortesia è considerata una <strong>delle</strong> nove <strong>virtù</strong> che caratterizzano il cavaliere. Francescoimbevuto dello spirito della società di cui fa parte, vive secondo lo stile <strong>delle</strong> avventure cavalleresche. Dopo laconversione scopre che questa <strong>virtù</strong> è propria di Dio. "La cortesia - diceva - è una <strong>delle</strong> proprietà di Dio, il quale dàil suo sole e la sua pioggia ai giusti e agli ingiusti per cortesia. E ancora "la cortesia è sorella della carità, la qualespegne l'odio e conserva l'amore".Virtù tipicamente francescana, si esprime nell'accoglienza, nella sollecitudine, nella lealtà, nel servizio, nellagentilezza, nella liberalità, nella compassione.


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.Tutta la vita di Francesco è intessuta di gesti cortesi ed è piacevole richiamarne almeno qualcuno alla memoria.Non si può non ricordare, ad esempio, la cortesia che Francesco usò verso un cavaliere povero e decaduto,donandogli tutti gli indumenti sgargianti e di gran prezzo che si era appena fatti confezionare."O ancora la cortesia che dimostrò al Frate affamato che a motivo dei digiuni eccessivi una notte non riusciva adormire, tormentato dalla fame, e come per evitare rossore al povero Frate, chiamatolo incominciò a mangiare luiper primo, mentre con dolcezza invitava l'altro a mangiare."Grande era la sua sollecitudine e cortesia per i fratelli che il Signore gli aveva donati e per le nuove vocazioni,tenendo conto della condizione di ciascuno.Che dire poi del suo modo cortese di trattare i poveri nei quali venerava Cristo?Mentre era ancora nel secolo così diceva a se stesso: "Tu sei generoso e cortese verso persone da cui non riceviniente, se non una effimera vuota simpatia; ebbene è giusto che sia altrettanto generoso e gentile con i poveri,per amore di Dio, che contraccambia tanto largamente". "Una volta - racconta il Celano - che aveva respintomalamente, contro la sua abitudine, poiché era molto cortese, un povero che gli aveva chiesto l'elemosina,pentitosi subito, ritenne vergognosa villania non esaudire le preghiere fatte in nome di un Re così grande. Preseallora la risoluzione di non negar mai ad alcuno, per quanto era in suo potere, qualunque cosa gli fossedomandata in nome di Dio".La cortesia, insieme alla letizia, alla semplicità e all'instancabile servizio, Francesco raccomandava che i Fratiesercitassero vicendevolmente e nei confronti del prossimo. E difatti quando si incontravano "erano castiabbracci, delicati sentimenti, aspetto lieto, occhio semplice, animo umile, parlare cortese, risposte gentili, pienaunanimità nel loro ideale, pronto ossequio e instancabile reciproco servizio". E "mentre erano severi con se stessi,il loro contegno era sempre garbato e pacifico con tutti e attendevano solo a opere di edificazione e di pace".Al pari di Francesco, anche la Madre S. Chiara ci ha lasciato un fulgente esempio di squisita cortesia. Piena dimaterna delicatezza, più volte si alzava nel freddo della notte per coprire le sue figlie. Così importante era per leil'affabilità, che nasce dall'umiltà e fiorisce in un atteggiamento di disponibilità e di cortese servizio, da scriverenella Regola: "l'Abbadessa usi verso le Sorelle tale familiarità che queste possano parlarle e trattare con lei comeusano le padrone con la propria serva" e continua "perché così dev'essere che l'Abbadessa sia la serva di tutte leSorelle".Ella desiderava altresì che la medesima cortese affabilità regnasse tra le sue figlie presenti e future alle qualiraccomanda: "L'una manifesti all'altra con confidenza le sue necessità. E se una madre ama e nutre la sua figliacarnale, con quanta maggior cura deve una socella amare e nutrire la sua sorella spirituale".Dalla familiarità con Cristo Gesù Signore, Chiara apprendeva quelle sfumature della carità che rendono bella lavita fraterna. Sempre pronta a cogliere al volo e a mettere in pratica con grande docilità quelle delicatezze che loSpirito le suggeriva, ora consolava le afflitte gettandosi persino ai loro piedi per alleviarne la sofferenza, ora siprodigava in umili servizi alle inferme, ora infervorava il cuore <strong>delle</strong> Sorelle ad amare il Signore.La cortesia è nobiltà d'animo che si accompagna alla sollecitudine e alla gentilezza ed informa il parlare e il tratto.È proprio di chi ha familiarità con lo Spirito Santo, l'essere cortese. È Lui che suggerisce quelle sfumature dellacarità che sono la delicatezza e la cortesia. `L'esempio dei nostri Santi Fondatori, la cui innata cortesia è stata sublimata dall'amore di Cristo, ci sia di stimoload amare e rispettare il nostro prossimo come l'ama e rispetta Cristo stesso.


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.FEDE(Leggere la storia con gli occhi di Dio)I testamenti spirituali che Francesco e Chiara ci hanno lasciato sono permeati da una lettura di fede della loroesistenza. Essi scorgono nella loro vita e specialmente nella loro vocazione l'Amore Provvidente del Padre <strong>delle</strong>Misericordie che li ha chiamati all'esistenza, li ha scelti per una missione speciale, non ha cessato di prendersiamorosa cura di loro fin nei più minuti particolari.La storia di ogni uomo è una storia d'amore.A saperci leggere dentro è zeppa di interventi divini, talvolta discreti e quasi nascosti, talaltra invece manifesti.A conclusione di queste riflessioni desidero partecipare al lettore la mia storia nelle sue linee essenziali, sia perchépossa essere di stimolo a ciascuno a rileggere la propria alla luce di Dio, per scoprirvi il Suo Amore di predilezione,sia perché non posso contenere la gratitudine che ho nel cuore per le meraviglie che il Signore a operato nella miavita.Desidero, anzi, non posso fare a meno di rendere testimonianza che Dio è Amore, anche se sono consapevoledella povertà <strong>delle</strong> mie parole, quando sfioro questo tema.Ultima di quattro figli, fino all'età di 18\20 anni, vivevo come la maggior parte dei giovani, frequentavo con ottimirisultati l'Università, avevo parecchie amicizie, vivevo una vita abbastanza serena, apparentemente felice.Tuttavia nel profondo del cuore, a più riprese, il Signore mi faceva sentire una certa insoddisfazione e il desiderioprofondo di conoscerLo meglio, di fare della mia vita qualcosa di più grande, di più bello, mi metteva nel cuore unanelito che io non capivo, non riuscivo a decifrare ancora. Solo mi accorgevo che le gioie, anche lecite, che midava il mondo, anziché appagarmi, mi lasciavano con un senso di vuoto e di tristezza.All'età di 18 anni, proprio la notte di Pasqua, il Signore chiamò a Sé mia Madre. Quel dolore, oltre a spezzarmi ilcuore, fu come se spezzasse le mie resistenze interiori, mai come allora sentii accanto a me la presenza delSignore. A distanza di poco meno di due anni, anche mio Padre, non resistendo al dolore per la perdita di miaMadre, ritornava alla Patria Celeste.Questi eventi dolorosi mi portarono ad aprire gli occhi sul fatto che la vita è breve, che si vive una sola volta ed èimportante spendere bene questa vita, impiegandola nell'unica cosa necessaria: conoscere Dio.E conoscere Dio significa diventare come Lui: Amore.In questo tempo ricordo che ricercando Chiese solitarie, trascorrevo molto tempo ai piedi del Tabernacolo,chiedendo a Gesù cosa volesse dirmi con la storia che stava facendo con me e stando in ascolto della Sua voce cheparla al cuore in maniera molto eloquente.Non saprei ridire quello che passava tra me e Gesù in questi momenti. A poco a poco mi caddero come <strong>delle</strong>bende dagli occhi e cominciai a guardare la storia, la mia storia con gli occhi di Dio. Fino allora era come se avessiconosciuto il Signore solo per sentito dire. L'Amore di Dio che sperimentavo guariva le mie ferite, colmava la seteprofonda del mio cuore, mi dava una gioia che non avevo mai sperimentato prima e che è molto diversa da quellafallace che dà il mondo.Quell'Amore smisurato che Dio ha per me, come lo ha per ciascun uomo personalmente, Amore che Lo spinse adare la vita sulla Croce, mi portava a chiedermi come potessi ricambiare. Come? Distribuendo i miei beni aipoveri? Anche, ma l'Amore di Dio è esigente, Egli vuole tutto per donarci tutto Se stesso. Quando lo scopriitrasalivo per la gioia, per la felicità che un tale Signore, il Creatore del cielo e della terra, si fosse chinato su di mepoverella e mi avesse chiamata nientemeno che a divenire Sua Sposa. Dopo un primo istante di smarrimento e dimeraviglia per tanta degnazione, non persi tempo a rispondere SI all'invito del Signore per timore che Eglipassasse oltre ed io perdessi la perla preziosa, il tesoro nascosto che il Signore voleva donarmi. Altro che rinuncia!Il Signore ha promesso a quelli che lasciano tutto per seguirLo, il centuplo quaggiù e la vita eterna che è Luistesso, certo insieme a persecuzioni, come precisa l'evangelista Marco.


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.Compresi gradualmente il progetto di Dio su di me. Lo compresi sia attraverso gli eventi della mia storia, siaattraverso le Parole che il Signore mi donò in questo tempo di travaglio e di ricerca e che sono per me deimemoriali.In questo periodo infatti mi trovai a partecipare per la prima volta e quasi per caso ad un incontro vocazionale, sulfinire del quale il Sacerdote mi consegnò un biglietto con una frase del Vangelo: "Se vuoi essere perfetto, va',vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi".Chissà quante volte avevo sentito questa frase, ma quella volta mi parve rivolta a me e non la potevo dimenticare,mi risuonava dentro giorno e notte, invitante e inquietante."Vendere tutto per seguire il Signore, dove? In che modo?", mi chiedevo. Non sapevo ancora come questa Parolasi sarebbe compiuta in me, ma man mano che la ruminavo, si faceva più chiara in me la comprensione del disegnodi Dio.Alcuni mesi dopo presi parte ad un altro incontro vocazionale. Stavolta il Sacerdote mi consegnò questa Parola:"Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce, ogni giorno e mi segua". Ancora ilSignore mi parlava di seguirLo. Interiormente mi sentivo orientata verso una scelta di vita radicale, lo Spiritopotenziava nel mio cuore il desiderio di immergermi nella preghiera, nella comunione profonda con Dio,nell'ascolto della Sua Parola e già non mi bastava più il tempo trascorso in Chiesa, ma sentivo l'impulso aconsacrare tutta la mia vita a Dio nell'orazione incessante.L'ultimo incontro vocazionale cui partecipai fu in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, tenutasinell'89 a Santiago de Compostella (Spagna). Nel viaggio di ritorno il catechista che ci accompagnava, aprendo laBibbia a caso mi consegnò quella Parola che dissipò i restanti miei dubbi: "Vi esorto, fratelli, per la misericordia diDio, ad offrire i vostri corpi, come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio: è questo il vostro culto spirituale. Nonconformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi, rinnovando la vostia mente, per poter discernerela volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto".Appena udii questa Parola ebbi la certezza che il Signore mi chiamava alla vita contemplativa e di lì a poco lasciai ilmondo per entrare in Monastero.Entrata alla vigilia della Solennità dell'Immacolata Concezione, per fare quindici giorni di ritiro e conoscere megliola volontà di Dio, compresi già al secondo giorno, attraverso la gioia e la pace che avevo nel cuore, che questo erail posto preparatomi dal Signore. Mentre stavo pensando se dovevo tornare a casa per salutare i miei familiari,che del resto erano preparati solo a lasciarmi fare un ritiro di pochi giorni, accadde che proprio quel giornodurante l'adorazione pomeridiana venisse proclamato il passo del Vangelo ove il giovane chiamato da Gesù, Glidice: "Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa" (era l'identica situazione in cui mitrovavo io), ma Gesù gli risponde: "Chi mette mano all'aratro e poi si volge indietro, non è adatto per il regno deiCieli" e così sulla Sua Parola sono rimasta.Da dodici anni, gli anni più belli della mia vita, sto seguendo il Signore, sulle orme di Francesco e Chiara, non homai avuto alcun ripensamento o rimpianto. Tuttaltro!Servire il Signore è un'avventura meravigliosa che non si può descrivere a parole, ma si può soltanto invitare afarne esperienza, come disse Filippo a Natanaele: "Vieni e vedi" (Gv 2,46).Ringrazio il Signore per avermi creata. Se infatti non mi avesse amata, neppure mi avrebbe pensata, ma giacchémi ama mi ha donato l'esistenza, chiamandomi alla vita eterna.


Generated by Foxit PDF Creator © Foxit Softwarehttp://www.foxitsoftware.com For evaluation only.Egli dopo avermi creata non mi ha abbandonata a me stessa nemmeno per un istante, ma si è chinato su di mecome un Padre amorevole, sollevandomi alla Sua guancia. Nei momenti di sofferenza era con me. Nelle miecadute, mi porgeva la mano per farmi rialzare. Quando ero nell'angoscia, Egli nell'intimo mi invitava a credere nelSuo Amore. Quando credevo di dover essere perfetta per piacerGli, Egli mi ha rivelato che è Amore per essenza,Amore gratuito. Con Dio che mi conosce nella verità, che conosce i miei limiti, le mie infedeltà, le mie fragilità eche nonostante tutto mi ama, non temo più. Egli mi ha redenta dal peccato originale e dai miei peccati personali,inviando il Suo Figlio nella carne, mi ha dato per Madre la Chiesa e la Beata Vergine Maria, mi ha consacrata a Séattraverso il Battesimo e la Professione Religiosa.Sono oltremodo grata al Signore per la vocazione alla vita clariana.Amo il silenzio del chiostro, impregnato di preghiera e amo gli allegri momenti ricreativi, ove, insieme alle Sorelle,gioisco <strong>delle</strong> cose semplici.Amo la solitudine in cui mi intrattengo cuore a cuore con lo Sposo Celeste e amo vivere in Fraternità perché èveramente bello e gioioso e abilita alla santità attraverso la pratica <strong>delle</strong> <strong>virtù</strong>.Amo i tempi forti di preghiera durante i quali eleviamo a Dio la lode a nome di tutta la Chiesa e amo il lavoro diqualunque genere esso sia, perché quando si compie tutto per amore del Signore è ugualmente bello lavare ilpavimento, spazzare, ricamare, accudire alle Sorelle inferme, lavorare al computer o cucinare. Tutto è Grazia!Amo la vita e tuttavia vivo proiettata verso quell'istante in cui il Signore mi chiamerà a Sé e Lo vedrò faccia afaccia, per Sua Misericordia.Dal profondo del cuore benedico il Signore che mi ha preso per mano in tutto il cammino che ho fatto, mi hailluminata progressivamente, liberata dalle paure che avevo dentro, paura di passare all'altro, di amare, didonarmi, di consegnarmi all'Amore.Mi ha guidato attraverso coloro che mi ha messo accanto, mi ha formato anche attraverso le mie stesse cadute,ammaestrandomi alla misericordia verso me stessa e verso gli altri.Mi ha condotto gradualmente alla conoscenza di ciò che vi è nel mio cuore, invitandomi però a non fermarmi inesso, perché Dio è più grande del nostro cuore.Mi ha sposata al Suo Diletto Figlio Gesù Cristo. Non temo più nulla, perché so che Dio mi ama nonostante la miapoca corrispondenza al Suo Amore, che mi ha creata per la vita eterna, chi mi potrà separare dal Suo Amore?Io così povera che cosa posso rendere al Signore per il bene che mi ha fatto? Come Lo esalterò per avermi fattorinascere a vita nuova? Ecco, Gli offrirò il Suo Diletto Figlio Gesù Cristo, che è mio Sposo. I suoi tesori sono anchemiei.Lodate Dio e magnificateLo con me per le opere del Suo Amore Misericordioso, tutto l'Universo ne celebri labontà e la gloria in eterno. Amen!Carissimo\a ti annuncio la buona notizia che Cristo ti ama. Dio ha un progetto meraviglioso su di te: quello direnderti conforme al Suo Figlio Gesù, di renderti trasparenza del Suo Amore. Vale la pena di accogliere l'invito, dirischiare tutto fidandosi della Sua Parola. Te l'assicuro.Clarisse Monastero S. Chiara95033 Biancavilla (CT)

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