ArsT EXnica Nº 4, <strong>Ottobre</strong> <strong>2007</strong>Utilizzo di caratteri TrueType con LAT EX % Fonte: psfonts.map ec-lmr10 LMRoman10-Regular "enclmec ReEncodeFont"
Utilizzo di caratteri TrueType con L ATEX ArsTEXnica Nº 4, <strong>Ottobre</strong> <strong>2007</strong> Le informazioni normalmente mostrate sul terminale vengono redirette e aggiunte in coda al file ttfonts.map. L’opzione -q sopprime tutte le informazioni superflue, cosicché, alla fine, troveremo in fondo al suddetto file la seguente riga, che mappa il file .tfm “grezzo” mtmr8r.tfm sul file times.ttf: mtmr8r times.ttf PS=Only Encoding=8r.enc Il vettore di codifica “esterna”, quello cioè utilizzato per creare il font virtuale, accetta una sintassi estesa rispetto a quella di un normale file .enc, che contiene solo una lista ordinata di 256 nomi di carattere. Le informazioni opzionali servono, ad esempio, ad istruire ttf2tfm su come comporre le legature richieste, oppure a sopprimere del kerning. In figura 2 è mostrato un estratto dal file T1-WGL4.enc. Da riga 27 a riga 31 si possono osservare le istruzioni per definire le legature; da riga 48 a riga 53 e poi da riga 124 a riga 131, rispettivamente, l’inizio e la fine della codifica vera e propria. Un limite di ttf2tfm è che non è in grado di combinare insieme caratteri provenienti da font diversi. Questo, naturalmente, è un limite molto relativo per un programma pensato esplicitamente per operare su font TrueType in cui, di norma, tutti i caratteri, anche quelli appartenenti al cosidetto expert set (legature inusuali, maiuscoletto, numeri minuscoli, ecc.) quando sono presenti, si trovano inclusi nello stesso file. Tuttavia, questo malauguratamente non è sempre vero, e nell’esempio presentato più avanti (sezione 4) vedremo che saremo costretti ad assemblare caratteri da file diversi. Un’altro limite è che il file di mappa ha una sintassi, come abbiamo visto anche in precedenza (si veda la figura 1), molto diversa da quella delle altre mappe e difficilmente traducibile (ad esempio non c’è modo di recuperare il nome postscript del file). Né ttf2tfm mette a disposizione alcuno strumento per generare mappe in un formato diverso. 3.3 Secondo metodo: fontinst fontinst è un programma, completamente scritto in TEX, in grado di leggere un file di testo contenente istruzioni metriche in differenti formati (di norma un file Adobe Font Metric è un buon punto di partenza) e tradurre, dopo averle eventualmente modificate, queste istruzioni nel linguaggio tipico delle (Virtual) Property List. I file di testo .pl e .vpl creati da fontinst possono poi essere trasformati in .tfm e .vf per mezzo dei due programmi pltotf e vptovf, disponibili in ogni distribuzione di TEX. fontinst, inoltre, provvede alla creazione automatica dei file Font Definition (sezione 2.1) e semiautomatica delle mappe (sezione 2.3). Un file .tfm “grezzo” può essere ottenuto, con fontinst, passando l’istruzione 93 \transformfont{ }{ < transforms >} L’argomento è il nome del file da generare; all’interno dell’argomento vanno indicate le operazioni da effettuare sul file stesso. Una delle più comuni è la ricodifica: \reencodefont{ < encoding >}{\ fromafm{}} Abbiamo specificato \fromafm{}, perché, il più delle volte si parte da un file .afm, ma altre istruzioni lecite avrebbero potuto essere \frommtx{} o \frompl{}. Un font virtuale può essere invece ottenuto con l’istruzione \installfont: \ i n s t a l l f o n t { }{ }{ } { < encoding >}{ < family >}{ < series >} { < shape >}{ < size >} Il primo argomento è il nome del file .vf; gli argomenti da in poi sono gli attributi del file, come verranno registrati nel file .fd. Le metriche e la codifica del file sono specificati, tramite appositi file ausiliari generati al volo oppure provvisti dal sistema o dall’utente, negli argomenti e . In particolare provvede alla parte metrica vera e propria, specificando il kerning estratto dall’afm e indicando quali caratteri è possibile simulare a partire da quelli già esistenti, e come, e quali no. Il kerning si trova di solito in un file con estensione .mtx, avente lo stesso nome di un .tfm “grezzo”, e generato al volo da fontinst a partire da questo. La costruzione dei caratteri è invece contenuta in un file (sempre con estensione .mtx) provvisto dal sistema e dipendente dall’alfabeto usato. Nel caso dell’alfabeto latino si tratta di newlatin.mtx. L’istruzione \unfakable{} indica che il carattere è disponibile solo se esiste esplicitamente all’interno del font. In alcuni casi è possibile ottenere un carattere a partire da altri già esistenti. È il caso della legatura fi (l’esempio è tratto da newlatin.mtx): \setglyph{fi} \glyph{f}{1000} \movert{\kerning{f}{i}} \glyph{i}{1000} \endsetglyph \setleftkerning{fi}{f}{1000} \setrightkerning{fi}{i}{1000} Il significato di questo codice è: “se non è disponibile un carattere fi distinto, usa il carattere f, poi spostati di uno spazio uguale al kerning tra f e i, quindi usa il carattere i; per finire, attribuisci a questo carattere a sinistra il kerning che avrebbe il carattere f e a destra quello che avrebbe il carattere i”. All’interno di un file .etx, da utilizzare nell’argomento di \installfont, si trova invece specificata la codifica del font virtuale. Ad ogni
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