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Psicologia delle Arti

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adatti all’educazione, contrariamente all’opinione corrente che identificando,<br />

senza resti né scarti, pensiero e linguaggio verbale ha fatto di<br />

quest’ultimo il mezzo e il fine dell’educazione, Arnheim sostiene che il<br />

linguaggio verbale aiuta il pensiero indirettamente, collaborando con il<br />

linguaggio visivo che costituisce un medium più adeguato al pensiero<br />

stesso. «Il “medium” visivo è tanto enormemente superiore perché offre<br />

equivalenti strutturali di tutte le caratteristiche degli oggetti, eventi<br />

e relazioni. La varietà <strong>delle</strong> forme visuali disponibili è grande quanto<br />

quella dei possibili suoni del linguaggio, ma quello che conta è che<br />

esse si possono organizzare secondo pattern prontamente definibili,<br />

di cui le forme geometriche sono l’illustrazione più tangibile. La virtù<br />

principale del “medium” visuale è quella di rappresentare le forme<br />

in uno spazio bidimensionale e tridimensionale, in confronto con la<br />

sequenza monodimensionale del linguaggio verbale. Questo spazio polidimensionale<br />

non soltanto offre al pensiero efficaci modelli di oggetti<br />

fisici o di eventi, ma rappresenta pure isomorficamente le dimensioni<br />

che occorrono al ragionamento teorico» 89 . Poiché «pensiamo mediante<br />

ciò che vediamo» 90 , per Arnheim il pensiero è visivo, che è un modo<br />

diverso per dire “l’interdipendenza tra intelletto e percezione intuitiva”.<br />

L’interdipendenza «ha conseguenze fondamentali per il processo<br />

educativo. Essa richiede non soltanto che nel curriculum le discipline<br />

che coltivano l’intelletto siano correttamente bilanciate con quelle che<br />

esercitano la visione intelligente; ma, cosa più importante, essa richiede<br />

che nell’insegnamento e nell’apprendimento di ogni disciplina tanto<br />

l’intelletto che l’intuizione siano portati a interagire» 91 . L’indicazione di<br />

metodo è innanzitutto contro il verbalismo imperante a cui Arneim contrappone<br />

“l’argomentazione ostensiva” 92 Si cominciano a capire le ragioni<br />

del progetto educativo e la necessità dell’educazione visiva. Come<br />

pure la chiamata in causa dell’arte visiva: dato che gli artisti, dediti allo<br />

studio <strong>delle</strong> strutture visive, sono «gli esperti di quelle che si potrebbero<br />

chiamare le risorse del linguaggio visivo», «lo studio dell’arte dovrebbe<br />

essere una parte indispensabile del training in qualsiasi altro campo del<br />

sapere. […] Una conoscenza pratica dei principi della forma artistica<br />

e dei modi per esprimere il significato mediante questi principi contribuisce<br />

pertanto direttamente all’educazione del pensiero produttivo in<br />

qualsiasi campo». Contro la scuola <strong>delle</strong> parole e dei numeri si «deve<br />

ristabilire la priorità dell’esperienza» 93 , e coltivare la capacità di elaborare<br />

forme significative dell’esperienza. L’esperienza non è tutta visiva, e<br />

la forma non è una proprietà propriamente visiva neanche di un oggetto<br />

visivo, come lo è la configurazione che ne individua i confini spaziali;<br />

«è piuttosto la relazione tra quella configurazione e qualche cosa di cui<br />

essa è la configurazione. La forma è quella configurazione che rende<br />

visibile un contenuto, e quel contenuto in se stesso può darsi che non<br />

sia visibile affatto». E mentre «la decisione su quali aspetti del mondo<br />

siano da rendere visibili è una questione di credo filosofico» 94 , cosa<br />

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