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Psicologia delle Arti

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passo ulteriore e chiedersi se esistono aspetti universali della forma, enti<br />

tramiti i quali definire e costruire “per assemblaggio” tutte le forme».<br />

Questo passo ulteriore l’avrebbero fatto molti artisti (e già abbiamo<br />

considerato Mondrian alle prese con “gli elementi costanti del colore”);<br />

da qui la domanda riformulata nei termini della neurofisiologia: «esistono<br />

nel cervello cellule che registrano gli elementi costitutivi di tutte<br />

le forme, cellule che abbiano il ruolo di “mattoni” per la costruzione<br />

<strong>delle</strong> forme e le cui attività, ricomposte insieme, forniscano una rappresentazione<br />

cerebrale di ogni forma?» 94 . Per Zeki le unità costitutive<br />

di tutte le forme sono da ricercare nel funzionamento <strong>delle</strong> singole<br />

cellule cerebrali, e precisamente in quello che si chiama campo recettivo<br />

della cellula. Le cellule visive, come la ricerca ha accertato, «sono<br />

di gusti difficili» e persino «pignole» 95 . Cellule del corpo genicolato<br />

che rispondono a un punto nero sul fondo bianco, non rispondono a<br />

un punto bianco su fondo nero, e viceversa; cellule della corteccia che<br />

rispondono all’orientamento rispondono in maniera differenziata relativamente<br />

a uno stimolo verticale, orizzontale e obliquo. Con le cellule<br />

siamo nell’ambito della neurologia.<br />

Per entrare nel campo magico della neuroestetica bisogna, come<br />

Zeki, scoprire «una somiglianza» tra i prodotti dell’arte «moderna che<br />

tende alla semplificazione» e «le caratteristiche del campo recettivo<br />

<strong>delle</strong> singole cellule nelle diverse aree del cervello visivo. Per questa<br />

ragione parlo di arte del campo recettivo, convinto di questa piena<br />

corrispondenza tra dimensione artistica e fisiologia <strong>delle</strong> singole cellule<br />

studiate attraverso i loro campi». Dalla “somiglianza” alla “piena<br />

corrispondenza” ce ne corre, ma già ravvisare nell’operato dell’artista<br />

«la stessa domanda» del fisiologo non è meno problematico. Consapevole<br />

della sorpresa che ci procura, prevede persino, a partire dalla<br />

sua risposta, la nostra obiezione: «nessuno artista si è mai pensato nei<br />

panni del ricercatore intento a interrogarsi sulle funzioni del cervello»!<br />

Sicuro che questa sia l’obiezione, quando invece la questione non è relativa<br />

a come si auto-pensa l’artista, continua: «Ma la decisione ultima<br />

sul fatto che l’artista sia riuscito o meno a dipingere gli universali della<br />

forma spetta all’artista e all’osservatore, o, per essere più precisi, al loro<br />

cervello. E questa decisione deve fondarsi sulla struttura fisiologica del<br />

cervello». Come non parlare di “istinto” e di «intuito neurologico»<br />

dell’artista 96 ? Al neuroscienziato il compito di certificare la “pregnanza<br />

neurologica” di alcune affermazioni di quest’ultimo, come anche di<br />

critici storici e filosofi, che non valgono per quello che significano nel<br />

loro contesto, ma il cui vero significato viene svelato alla luce <strong>delle</strong><br />

scoperte sul cervello. Il neurologo, versione laica della Pizia, recita<br />

l’oracolo del cervello.<br />

Fermo restando che la costanza è la legge dell’arte, fu proprio la<br />

«ricerca della costanza» – non al modo cubista ma al modo astrattista –<br />

che «portò all’emergere <strong>delle</strong> linee come forma predominante in molte<br />

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