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Altroconsumo n.303 Maggio 2016

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ATTUALITÀ<br />

Privacy online<br />

Big Data e privacy dei dati sulla salute:<br />

due mondi inconciliabili? Quali rischi?<br />

«La crescente digitalizzazione di<br />

dati sanitari, se consente indiscutibili<br />

progressi grazie alle analisi dei big data,<br />

lascia intravedere rischi di vulnerabilità,<br />

considerato – peraltro – che rendere<br />

effettivamente anonimi questi dati<br />

è assai complesso. Tra i rischi, ad<br />

esempio, il fatto che le informazioni<br />

raccolte potrebbero avere un<br />

potenziale valore per le assicurazioni,<br />

che potrebbero usarle per negare<br />

una copertura o per aumentare il<br />

premio in caso di malattie prevedibili;<br />

queste informazioni potrebbero avere<br />

valore anche per i datori di lavoro,<br />

nel caso di selezione del personale o,<br />

addirittura, per le case farmaceutiche<br />

che potrebbero individuare specifiche<br />

patologie al fine di sperimentare sui<br />

soggetti selezionati nuovi farmaci.<br />

Ma rischi ancora più concreti, si pensi<br />

alle app, possono riguardare anche<br />

la sicurezza dei nostri dispositivi dal<br />

momento che queste possono, in<br />

alcuni casi, accedere alle rubriche<br />

telefoniche, alle nostre foto nonché<br />

sfruttare i sistemi di localizzazione».<br />

Gli operatori (app, motori di ricerca,<br />

social) offrono sufficienti garanzie?<br />

«Al momento, no. Assicurare un<br />

corretto utilizzo dei dati in tutto<br />

il loro percorso è molto difficile in<br />

contesti dove prevale l’asimmetria<br />

informativa (cioè in cui le informazioni<br />

sono in mano a una sola delle parti,<br />

gli operatori del settore ndr), in cui<br />

si moltiplicano e frammentano i<br />

soggetti che interagiscono e dove le<br />

informazioni vengono conservate nel<br />

cloud, ovvero in sistemi di archiviazione<br />

online. Proteggere i dati richiede<br />

maggiori responsabilità per coloro che<br />

li raccolgono e gestiscono, che devono<br />

andare ben oltre il rilascio di complessi<br />

"SERVONO EFFETTIVE<br />

GARANZIE E CONCRETE<br />

MISURE DI SICUREZZA"<br />

ANTONELLO SORO<br />

PRESIDENTE DELL'AUTORITÀ<br />

GARANTE PER LA PRIVACY<br />

moduli per richiedere il consenso o<br />

di verbose informative, in favore di<br />

effettive garanzie e concrete misure di<br />

sicurezza».<br />

Le informazioni sulla nostra salute<br />

sono abbastanza tutelate con le app?<br />

«Nel nostro paese sono disponibili<br />

oltre 17mila applicazioni mediche di<br />

cui si sa poco. L’Autorità Garante della<br />

privacy, rispetto ad alcune di esse,<br />

ha compiuto nel 2014 un’indagine<br />

internazionale di verifica. Il quadro<br />

emerso è stato sconfortante per<br />

l’assenza di trasparenza – in merito<br />

ad esempio alla possibilità di cedere i<br />

dati a terzi – per la scarsa attenzione<br />

alla sicurezza dei sistemi, per l’accesso<br />

illecito ad alcune funzionalità dei<br />

dispositivi, come le rubriche».<br />

Cosa manca e cosa dovrebbero fare<br />

istituzioni, aziende e utenti perché<br />

privacy e libertà siano sempre tutelati?<br />

«Le Autorità continueranno a vigilare<br />

contro ogni forma di uso distorto<br />

dei dati. Proprio al fine di rafforzare<br />

questo potere, il nuovo Regolamento<br />

Europeo (approvato a dicembre 2015,<br />

a cui i Paesi Ue dovranno adeguarsi<br />

nei prossimi due anni, ndr) ha esteso<br />

la tutela dei cittadini europei rispetto<br />

a tutte le società extraeuropee – ad<br />

esempio quelle che gestiscono i<br />

principali siti di ricerca su internet<br />

o i social network – che offrono,<br />

anche gratuitamente, beni o servizi in<br />

Europa. Dal canto loro, gli utenti non<br />

devono lasciarsi condizionare solo<br />

dalle molteplici e multiformi novità del<br />

mondo digitale, assumendo piuttosto<br />

atteggiamenti proattivi per gestire con<br />

prudenza i propri dati: limitare i cookies,<br />

modificare le impostazioni di default<br />

dei programmi, leggere – per quanto<br />

comunque complesse – le condizioni di<br />

utilizzo delle applicazioni».<br />

E con le app i dati viaggiano<br />

Nel 2014 un ricercatore americano della<br />

University of Pennsylvania, Tim Libert, ha<br />

analizzato i risultati più frequenti per le ricerche<br />

online su duemila comuni malattie:<br />

nove volte su dieci la ricerca dell'utente<br />

è stata girata anche ad aziende esterne al<br />

sito. Si tratta delle "third party requests", le<br />

richieste di informazioni da parte di terzi.<br />

Che le potrebbero usare per fini pubblicitari,<br />

ma non solo.<br />

Il tema è critico anche per le app, quelle che<br />

contano i passi e le calorie, monitorano i<br />

battiti cardiaci, aiutano a ricordare i farmaci,<br />

prevedono le fasi dell'ovulazione o molto<br />

altro: chi mai si prende la briga di leggere le<br />

lunghe e minuscole condizioni d'uso?<br />

Da un lato c'è la pigrizia degli utenti, ma<br />

dall'altro la mancanza di trasparenza.<br />

Nell'ambito di una recente indagine del<br />

Consiglio dei consumatori norvegese (Forbrukerrådet)<br />

sono state analizzate cinque<br />

app per il fitness: Endomondo, Runkeeper,<br />

Strava, Lifesum e MyFitnessPal; è risultato<br />

che nessuna di queste specifica con quali<br />

terze parti vengono condivisi i dati e nella<br />

maggior parte dei casi si permette ad altre<br />

aziende di usare i dati personali per propositi<br />

differenti rispetto allo stretto funzionamento<br />

dell'applicazione.<br />

Un problema che anche il Comitato Nazionale<br />

per la Bioetica ha messo in evidenza<br />

nel parere Mobile-health e applicazioni per<br />

la salute: aspetti bioetici. "Qualsiasi informazione<br />

— si legge nel documento — può<br />

assumere rilievo e divenire discriminatoria<br />

se collegata ad altre e utilizzata per effettuare<br />

profili dei singoli utenti (...), possono<br />

emergere elementi rilevanti per il mercato<br />

dei farmaci, delle prestazioni mediche, delle<br />

assicurazioni e del lavoro (...). Come impedire,<br />

ad esempio, che chi frequenta siti o<br />

acquista app sui problemi cardiaci sia classificato<br />

come possibile cardiopatico e che<br />

poi questa informazione giunga al mondo<br />

del lavoro o al mercato delle assicurazioni?".<br />

Rendendo ancora più estremi gli esempi:<br />

quali costi potrebbe avere, in questa ipotesi,<br />

una polizza sulla vita per una persona che,<br />

recentemente, ha cercato più volte sulla<br />

rete "tumore"? Che probabilità ha di essere<br />

assunto un manager sul cui stato di salute il<br />

consiglio di amministrazione dell'azienda ha<br />

informazioni che potrebbero predirne possibili<br />

malattie, oppure problemi psicologici<br />

o di tipo relazionale?<br />

Un recente report del Wall Street Journal<br />

riportato da Repubblica denuncia come, per<br />

tagliare i costi, diverse aziende americane si<br />

affidino ai big data per scoprire o anticipare<br />

i problemi di salute dei dipendenti, ad esempio,<br />

dotandoli di un'app che, se da un lato<br />

aiuterebbe a reperire specialisti, monitorare<br />

14 <strong>Altroconsumo</strong> 303 • maggio <strong>2016</strong><br />

www.altroconsumo.it

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