PORTAVOCE DI SAN LEOPOLDO MANDIC - marzo 2017
Portavoce di san Leopoldo Mandic (Dal 1961, a Padova, la rivista del santuario di padre Leopoldo, francescano cappuccino, il santo della misericordia e dell'ecumenismo spirirituale)
Portavoce di san Leopoldo Mandic (Dal 1961, a Padova, la rivista del santuario di padre Leopoldo, francescano cappuccino, il santo della misericordia e dell'ecumenismo spirirituale)
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GRAZIE,<br />
<strong>SAN</strong> <strong>LEOPOLDO</strong><br />
Mio marito si «addormentò»<br />
fra le braccia di san Leopoldo<br />
Per prima cosa voglio esprimere la mia<br />
gratitudine rivolgendomi al santo: «Caro<br />
san Leopoldo, da quando mi sono sposata<br />
tu sei entrato nella mia vita e non mi hai<br />
più lasciato. Forse mi conoscevi già da<br />
prima, quando, ancora fidanzata, ascoltavo da mia<br />
suocera i racconti meravigliosi delle grazie che<br />
tu facevi, sebbene ancora non dichiarato santo.<br />
Una zia, residente a Venezia, era innamorata di<br />
te e conosceva tutte le tue vicende: quelle in vita<br />
e quelle dopo la tua morte. Il grande amore che<br />
nutriva per te lo trasmise a tutti noi. Per questo<br />
posso dire che ti conoscevo già prima di visitare<br />
la tua celletta, a Padova.<br />
Il 27 febbraio 1966 nacque Elena, una bimba<br />
bellissima, la cui nascita attribuisco al tuo<br />
intervento miracoloso. Io e mio marito eravamo<br />
impegnati nella scuola, ma in ogni momento,<br />
specie nei più difficili, la tua presenza si faceva<br />
sentire: io ti pregavo e tu mi rispondevi.<br />
Nel 1989 mio marito ebbe all’improvviso una<br />
colica alla cistifellea. Stava malissimo. Portato<br />
di corsa all’ospedale, i medici non sapevano<br />
di che cosa si trattasse, perché in passato non<br />
aveva accusato nulla al fegato. Fu operato e la<br />
diagnosi, assai brutta, parlava di tumore alle vie<br />
biliari. Passava il tempo ma lui non si riprendeva,<br />
anzi di giorno in giorno i valori erano sempre<br />
più sballati. Io, che spesso lo vegliavo la notte,<br />
mi raccomandavo con tutte le mie forze a te,<br />
padre Leopoldo. Ti pregavo assiduamente nella<br />
convinzione che tu solo mi avresti potuto aiutare.<br />
Intanto la febbre saliva e la faccia diventava<br />
sempre più rossa. Ero sola, nella notte avevo quasi<br />
paura, ma pensavo che c’eri tu a vegliare con me,<br />
e questo mi dava la forza di continuare. Dopo<br />
vario tempo i valori cominciarono a migliorare e<br />
fu deciso di mandare a casa mio marito. In realtà<br />
i medici non erano convinti; per loro il responso<br />
era: cancro alle vie biliari. Tu sai, san Leopoldo,<br />
quanto soffrii quando, a casa, la notte lo andavo<br />
ad aiutare e lo vedevo, con un colore giallo di<br />
morte, muoversi per lo studio come un fantasma.<br />
Passò qualche mese e all’improvviso mio marito<br />
cominciò a migliorare. Il colore della pelle divenne<br />
più roseo e i valori cambiarono. A poco a poco mio<br />
marito tornò alle sue attività: leggere, studiare<br />
e fare conferenze. Sì, era avvenuto un grande<br />
miracolo. Grazie padre Leopoldo!».<br />
Così siamo vissuti insieme per altri tre anni, poi<br />
mio marito si ammalò di nuovo: un tumore alla<br />
prostata. Pregai, pregai tanto san Leopoldo che<br />
chiedesse al Signore che me lo conservasse ancora<br />
in vita, ma vedevo che soffriva tanto. Allora chiesi<br />
al Signore che, quando fosse giunto il momento,<br />
lo prendesse con sé senza farlo soffrire ancora.<br />
Una sera, dopo cena, mentre sembrava che stesse<br />
meglio, si mise nella sua poltrona dello studio e si<br />
addormentò. Mi accorsi subito che quello non era<br />
un sonno normale. Mi buttai per qualche ora sul<br />
letto ma poi, vedendo che non veniva in camera,<br />
mi alzai e trovai mio marito lì dove lo avevo<br />
lasciato. Sembrava che dormisse con la bocca<br />
aperta e gli occhi chiusi. Lo chiamai, lo scossi. Lui<br />
aprì gli occhi e rispose con un gesto, poi si rimise<br />
a dormire. Allora capii. Cominciai a misurargli la<br />
temperatura, la pressione, la glicemia, ma tutto<br />
dava dei valori sballati, finché mio marito chiuse<br />
gli occhi e non si mosse più. Chiamai mia figlia.<br />
Venne e chiamò subito il 118, ma a nulla valse<br />
l’intervento d’urgenza. I medici volevano portarlo<br />
all’ospedale, ma io mi opposi categoricamente, così<br />
mio marito si addormentò nel sonno della morte<br />
fra le braccia di san Leopoldo. Io mi ricordai allora<br />
di un’espressione che mio marito aveva ripetuto<br />
dopo essersi svegliato dall’operazione, rivolgendosi<br />
a me: «Hai ragione, cara, qui c’è soltanto padre<br />
Leopoldo e ci siamo noi; nessun altro». Io non<br />
capii subito il senso della frase, ma al momento del<br />
trapasso mi accorsi che proprio così era avvenuto.<br />
Evidentemente san Leopoldo gli era apparso e ora<br />
lo aveva trasportato con le sue braccia in cielo.<br />
Lettera firmata, 4.7.2016<br />
Fu grande gioia per tutti<br />
Caro san Leopoldo, se sono viva è in gran parte<br />
merito tuo. Tu sei sempre stato il mio grande<br />
amico, mi hai protetto e mi hai seguito nelle varie<br />
34 | Portavoce | <strong>marzo</strong> <strong>2017</strong>