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PREZZO: 1EURO - N.40 - <strong>Marzo</strong> 2017 - POSTE ITALIANE SPED.IN A.P. - D.L. 353/2003 CONV. L.46/2004, ART. 1, C. 1, DCB - MILANO<br />
ECOIDEARE N.40 MARZO 2017
EDITORIALE<br />
LE NOVITÁ CONTINUANO<br />
<strong>Ecoideare</strong> si arricchisce di un’altra importante firma: Alberto Berton, economista,<br />
ricercatore e imprenditore, appassionato di biologico. Sua è la pagina<br />
sull’avventurosa storia dell’agricoltura biologica con la quale ci porterà per<br />
mano, mese dopo mese, a conoscerne il percorso dalla sua nascita fino a<br />
diventare mercato.<br />
Giorgio Nebbia, maestro della divulgazione, ci regala a partire da questo<br />
numero, una trattazione sulle merci, come le chiama lui: come sono fatti, che<br />
cosa contengono, da dove vengono i prodotti che comunemente usiamo.<br />
Comincia con lo zucchero e continuerà mese dopo mese a darci simpatiche<br />
sorprese.<br />
Teresa Scarale, anch’essa nuova di queste pagine, ci propone una riflessione<br />
sui prezzi - ingiustificati - degli ortaggi e delle verdure a causa del clima.<br />
Stiamo realizzando i cambiamenti promessi. Abbiamo introdotto la pagina<br />
focus che questo mese è sulle origini della pasta alla Amatriciana assurta agli<br />
onori della cronaca per le tristi vicende che hanno colpito il Centro Italia e che<br />
comunque, come ben espresso da Nicola Saluzzi, non è semplicemente un<br />
piatto, ma un’espressione culturale.<br />
A proposito di cultura, l’ONU ha proclamato il 2017 anno del Turismo sostenibile;<br />
se non vogliamo che resti una semplice dichiarazione di principi bisogna<br />
impegnarsi ad essere cittadini responsabili. Il nostro contributo è dare spazio<br />
al confronto sulle misure da adottare perché, per esempio, l’Italia non continui<br />
a rimanere il fanalino di coda e a pagare multe salate alla UE, o, come<br />
scrive l’ing. Muntoni, le nostre emergenze territoriali non possono essere addebitate<br />
solo ai fattori climatici, ma piuttosto alla mancanza di prevenzione.<br />
Leggere per credere!<br />
Infine, sapete quali sono gli investimenti ottimali per fare delle nostre case degli<br />
ambienti ecosostenibili, riducendo i costi e ottenere benefici? A rispondere<br />
ci aiuta l’ing. Marco Cagelli.<br />
E voi lettori che certamente usate il telefonino, raccogliete immagini nelle vostre<br />
città sul tema che in ogni numero vi proporremo. E’ un buon esercizio di<br />
consapevolezza. La foto più “espressiva” sarà pubblicata sul sito!<br />
Appuntamento al prossimo numero.
S<br />
06<br />
LE MERCI PARLANO<br />
ECOIDEARE<br />
Mensile culturale d'informazione sullo sviluppo sostenibile<br />
edito da Rinenergy<br />
Sede legale, Direzione, Amministrazione, Redazione<br />
Via Sardegna, 57 20146 Milano - tel. 02 36642800<br />
fax 02 36642803 - info@ecoideare.it - www.ecoideare.it<br />
DIRETTORE RESPONSABILE<br />
Edgar Meyer (direzione@ecoideare.it)<br />
DIRETTORE EDITORIALE<br />
Nicoletta Cova (n.cova@ecoideare.it)<br />
REDAZIONE<br />
Nicoletta Cova (n.cova@ecoideare.it)<br />
CONCEPT<br />
Alessandro Fazzini (a.fazzini@ecoideare.it)<br />
ART DIRECTOR<br />
Sarah Albanese (c.falchi@ecoideare.it)<br />
O<br />
M<br />
08<br />
16<br />
22<br />
STILI DI VITA<br />
Il pianeta azzurro<br />
Diritti & doveri a 4zampe<br />
Viaggiare eco<br />
ALIMENTAZIONE<br />
Prodotti di cultura: Amatriciana e lenticchie di<br />
Castelluccio<br />
Sotto ghiaccio sotto il sole.<br />
Certificare Vegan una tendenza in crescita<br />
CURIOSITÀ<br />
PUBBLICITÀ<br />
(pubblicità@ecoideare.it)<br />
MARKETING E SVILUPPO<br />
Nicola Saluzzi (n.saluzzi@ecoideare.it)<br />
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO:<br />
Dario Barezzi, Alberto Berton, Marco Cagelli,<br />
Alessandro Fazzini, Edgar Meyer,<br />
Andrea Alessandro Muntoni, Giorgio Nebbia,<br />
Fabrizio Piva, Nicola Saluzzi, Teresa Scarale.<br />
COMITATO SCIENTIFICO<br />
Ing. Silvano Benitti | efficienza energetica<br />
Prof. Stefano Bocchi | cropping systems Università MI<br />
Dr. Gianni Cavinato | tecnologia alimentare<br />
Dr. Franco Cirone | medico chirurgo ricercatore<br />
Prof. Marco Dezzi Bardeschi | urbanistica<br />
Ing. Andrea Alessandro Muntoni | ing. ambientale<br />
Prof. Giorgio Nebbia | ecologia<br />
Ing. Alberto Pianta | mobilità<br />
Dr. Fabrizio Piva | certificazione<br />
Dr. Rodrigo Rodriquez | imprenditore<br />
Dr.ssa Paola Santeramo | agricoltura periurbana<br />
Dr. Alessandro Spadoni | chimica cosmetologica<br />
Prof. Roberto Spigarolo | UNIMI Facoltà di Agraria<br />
Testata registrata al Tribunale di Milano.<br />
Registro Stampa Periodica n. 60 - 13/02/2009.<br />
Stampa: Press Up s.r.l.<br />
ABBONAMENTI<br />
02 36642800 - abbonamenti@ecoideare.it<br />
Abbonamento annuale a 12 numeri<br />
12,00 euro + sp,<br />
Abbonamento annuale a 12 numeri + speciali<br />
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privati 40,00 euro + sp,<br />
professionisti 60 euro + sp,<br />
aziende 80 euro + sp<br />
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44<br />
DESIGN WEEK<br />
ECOABITARE<br />
Investire sull’involucro<br />
Il punto sulla mobilitá sostenibile<br />
1, 2, 3, 4, 5, 6... Euro!<br />
AMBIENTE E TERRITORIO<br />
Meteoclimatologia ed emergenze<br />
BIBLIOTECA<br />
CONVENZIONI<br />
FOTOIDEARE<br />
L'AVVENTUROSA STORIA<br />
DEL MOVIMENTO BIOLOGICO
Proviamo a iniziare un cammino per far parlare le merci,<br />
in modo che ci dicano come sono fatte, da dove vengono,<br />
che cosa contengono.<br />
Le merci parlano<br />
a cura di Giorgio Nebbia<br />
Un famoso sociologo dell’Ottocento<br />
scrisse che nella nostra società<br />
esiste la “finzione giuridica”<br />
che ogni persona abbia una conoscenza<br />
enciclopedica delle merci. E’<br />
vero: praticamente tutte le persone anche<br />
molto colte o coltissime in un gran<br />
numero di campi, parlano delle merci e<br />
degli oggetti che acquistano, esprimono<br />
giudizi di qualità o critiche, non solo non<br />
avendo una conoscenza enciclopedica<br />
delle merci, ma spesso non sapendo<br />
quasi di che cosa stanno parlando.<br />
La colpa va cercata nel nostro tipo di<br />
istruzione che ha sempre sdegnato le<br />
cose apparentemente volgari, dimenticando<br />
che ci sono più misteri e scienza<br />
nella frittura dell’olio o nella composizione<br />
dei tessuti di quanti non ce ne siano<br />
nelle più ardite speculazioni filosofiche.<br />
Capita così che le merci parlano, ma<br />
ben pochi capiscono quello che dicono:<br />
le leggi stabiliscono che ogni oggetto<br />
contenga sull’etichetta una serie di informazioni<br />
che dovrebbero consentire a<br />
GIORGIO NEBBIA<br />
nebbia@quipo.it<br />
ciascun acquirente di sapere di che cosa<br />
si tratta, se il prodotto vale il prezzo richiesto,<br />
eccetera. I fabbricanti cercano<br />
di ottenere leggi che li costringano a scrivere<br />
sulle etichette il meno possibile; essi<br />
hanno tutto l’interesse che il consumatore<br />
sia informato piuttosto dalle sirene della<br />
pubblicità che dalla conoscenza “scientifica”<br />
della vera natura delle merci.<br />
D’altra parte la lettura e comprensione<br />
delle etichette non è facile e quindi<br />
si può dire che le merci parlano, ma<br />
con un linguaggio abbastanza misterioso.<br />
Solo per fare un esempio banale<br />
prendiamo il “pane”: ciascun acquirente<br />
crede di sapere bene di che cosa si<br />
tratta, ma a guardare a fondo non ne<br />
sa poi tanto.<br />
Eppure la legge stabilisce esattamente<br />
che cosa è il pane, come deve essere<br />
fatto, quali ingredienti sono ammessi e in<br />
quale quantità e quali sono vietati, che<br />
composizione il pane deve avere: quanta<br />
acqua, amido, proteine, ceneri, sale,<br />
deve contenere.<br />
Uno dei padri nobili del movimento ambientalista italiano e internazionale, è<br />
stato ed è uno dei protagonisti di assoluto rilievo nello studio della questione<br />
ambientale affrontata nell’ottica del chimico, dell’economista<br />
e del merceologo.<br />
Lo zucchero<br />
Lo zucchero, quella sostanza dai bei cristalli<br />
bianchi usata per addolcire il caffè<br />
o per preparare marmellate e molti altri<br />
alimenti, è il “saccarosio”, uno dei moltissimi<br />
membri della famiglia di prodotti chimici<br />
denominati “zuccheri”, al plurale, i<br />
quali occupano un ampio capitolo della<br />
chimica organica.<br />
Lo “zucchero” --- continueremo a chiamarlo<br />
così, per semplicità, come si fa nella<br />
vita domestica, nell’industria e anche<br />
in molte leggi --- viene ottenuto da due<br />
piante, la canna da zucchero nei climi<br />
tropicali e la barbabietola da zucchero<br />
nei climi temperati.<br />
La produzione italiana di zucchero, che nel<br />
1994 era di circa 1,5 milioni di tonnellate,<br />
tutte di barbabietola, nel 2016 è crollata<br />
ad appena 300.000 tonnellate perché la<br />
Unione europea scoraggia la coltivazione<br />
della barbabietola nei paesi membri.<br />
Per estrarne lo zucchero, le radici della<br />
barbabietole vengono lavate per togliere<br />
la terra, poi tagliuzzate in “fettucce”<br />
lunghe una decina di centimetri e larghe<br />
circa un centimetro. Le fettucce sono poi<br />
immesse in un impianto di estrazione, un<br />
lungo tubo leggermente inclinato; dal<br />
basso entra acqua calda che scioglie progressivamente<br />
lo zucchero presente nelle<br />
cellule delle fettucce.<br />
Si ottiene così una soluzione zuccherina<br />
calda, detta “sugo leggero”, contenente,<br />
oltre a circa il 15-18 per cento di saccarosio,<br />
molte altre sostanze solubili in acqua<br />
come sali, amminoacidi, zuccheri diversi<br />
dal saccarosio. Dopo vari altri trattamenti<br />
di purificazione e concentrazione si ottiene<br />
alla fine lo zucchero commerciale che<br />
ha una purezza superiore al 99,9 %, una<br />
delle più elevate che si riscontrano nei<br />
prodotti chimici industriali.<br />
Nel caso della canna lo zucchero viene<br />
estratto con acqua dalle canne frantumate.<br />
Il sugo che si ottiene così viene sottoposto<br />
ad un processo più o meno simile a<br />
quello della canna.<br />
Per ogni 100 kilogrammi di zucchero cristallino,<br />
circa 30 chilogrammi vanno a finire<br />
in un liquido denso, il melasso, impiegato<br />
per lo più per produrre alcol etilico<br />
per fermentazione. Il rum, per esempio,<br />
è una bevanda alcolica ottenuta proprio<br />
per fermentazione dal melasso di canna.<br />
In Brasile una parte dello zucchero di canna<br />
prodotto viene usata per fabbricare alcol<br />
etilico da usare come carburante per<br />
autoveicoli al posto della benzina.<br />
8<br />
9
IL PIANETA AZZURRO<br />
di Dario Barezzi<br />
Nel 1982 arriva agli occhi del<br />
pubblico un documentario, ma<br />
sarebbe meglio chiamarlo film,<br />
che rivela un microcosmo, in<br />
un’ insospettabile natura domestica. Girato<br />
in Valbruna, tra Mantova e Brescia,<br />
il Pianeta Azzurro segue l’alternarsi delle<br />
stagioni attraverso il paesaggio della<br />
campagna, dalla vita che si risveglia<br />
dopo le gelate invernali, alle fioriture primaverili,<br />
al calore estivo nel lavoro contadino<br />
dei campi, all’autunno crepuscolare.<br />
Franco Piavoli (classe 1933) ne è l’autore,<br />
regista, montatore, produttore.<br />
Dopo aver avuto in prestito una cinepresa<br />
35 mm Arriflex dall’amico Silvano<br />
Agosti (regista illuminato e autore del<br />
Cinema italiano nel senso più alto di<br />
questa nobile arte), Piavoli gira 30 mila<br />
metri di pellicola in due anni, tanto è durato<br />
il periodo delle riprese, per un film<br />
che alla fine dura 79 minuti. L’incanto<br />
è ottenuto semplicemente puntando l’obiettivo<br />
su un mondo a noi vicinissimo e<br />
lontanissimo… Senza andare a disturbare<br />
l’Africa o il Polo Nord, Franco Piavoli<br />
scrive un poema sinfonico-esistenziale<br />
sulla magnificenza della Natura domestica,<br />
in Lombardia. Ma che noi non<br />
vediamo o riteniamo troppo “distante”.<br />
Il tutto, tenendo sempre accesa la luce<br />
sull’uomo che qui però è sempre ripreso<br />
da lontano, di spalle, addirittura riprendendo<br />
la sua ombra sul muro della<br />
cascina. Come a dire che il vero focus<br />
rimane sulla Natura in cui esso vive e,<br />
che proprio grazie all’uomo, può avere<br />
uno sviluppo e una cura in un futuro (era<br />
il 1982), che è già il presente.<br />
Guardare questo film significa riconciliarsi<br />
con l’Ambiente in cui viviamo,<br />
assaporare una Natura incontaminata<br />
che solo un saggio come Franco Piavoli<br />
poteva attendere, scrutare e leggere nella<br />
sua tenera e violenta complessa interezza.<br />
C’è una naturalista e ricercatrice,<br />
Roberta Castiglioni, che potrebbe affiancare<br />
Piavoli in un “remake” del Pianeta<br />
Azzurro: per confermare o smentire che<br />
ciò che allora il regista aveva raccontato<br />
e cioè, che siamo ancora in tempo a non<br />
rovinare tutto, che il pianeta azzurro che<br />
ospita anche l’uomo, non ne divenga la<br />
sua grande vittima. Roberta Castiglioni,<br />
anch’essa documentarista oltre che zoologa<br />
e scienziata della Natura, collegata<br />
quotidianamente in linea diretta sulle<br />
problematiche dell’Ambiente e del mondo<br />
animale, ha la stessa passione e un<br />
amore sfrenato verso la Natura pari al<br />
Maestro Franco Piavoli.<br />
Insieme, potrebbero realmente costituire<br />
un’ avamposto fisso sull’osservazione dei<br />
cambiamenti dell’Uomo e il suo ciclo biologico<br />
in simbiosi con la Natura.<br />
“Il Pianeta Azzurro” poi, non concede<br />
alla musica il commento sonoro, ma ai<br />
rumori suggestivi di cui la Natura stressa<br />
è l’arrangiatore e l’esecutore esclusivo.<br />
Girato con una troupe ridottissima: Piavoli<br />
e la moglie Neria Poli, il film ha vinto:<br />
* Premio AGIS<br />
Festival di Venezia 1982.<br />
* Premio delle Nazioni Unite<br />
CITC UNESCO 1982.<br />
* Premio del pubblico<br />
Festival di Nyon 1982.<br />
* Premio Henri Alekan<br />
Festival di Poitier 1983.<br />
* Nastro d’Argento 1983.<br />
Premio come Miglior regista esordiete<br />
del Sindacato Nazionale Critici<br />
Cinematografici 1983.<br />
* Premio Saint Vincent<br />
Targa Mario Gromo 1983.<br />
Un film da rivedere (in dvd), o da scoprire<br />
oggi, pur nella frenesia del clima in<br />
rivolta, dello smog che ci sfracella i polmoni,<br />
degli animali decimati dall’uomo in<br />
africa. (70 elefanti al giorno, vittime del<br />
bracconaggio) ●<br />
10<br />
11
DIRITTI & DOVERI<br />
A 4ZAMPE<br />
di Edgar Meyer<br />
Corte di Cassazione: il collare elettrico può<br />
essere maltrattamento.<br />
È<br />
incompatibile con la natura del<br />
cane: si tratta “di un addestramento<br />
basato esclusivamente sul<br />
dolore, che incide sull’integrità<br />
psicofisica del cane” e produce “effetti<br />
collaterali quali paura, ansia, depressione<br />
e anche aggressività”.<br />
La legge<br />
Non esiste, purtroppo, una legge<br />
nazionale che vieti esplicitamente la<br />
vendita e l’uso del collare elettrico.<br />
Alcune norme, che ratificano la Convenzione<br />
di Strasburgo sulla tutela<br />
degli animali d’affezione, affrontano<br />
però il problema dell’addestramento<br />
degli animali da compagnia stabilendo<br />
il principio che deve avvenire con<br />
metodi che non ne compromettano la<br />
Li hanno trovati le guardie ecozoofile di Teramo,<br />
vaganti per le campagne. Due setter<br />
inglesi, una femmina e un maschio. Denutriti,<br />
con problemi di salute, il maschio ferito<br />
ad una zampa. Entrambi con un collare<br />
elettrico addosso. Per le guardie è stato facile<br />
rintracciare il proprietario, che è stato<br />
denunciato per maltrattamento. L’utilizzo<br />
dei collari elettrici infatti – come stabilito da<br />
varie sentenze della Corte di Cassazione<br />
– può essere considerato maltrattamento.<br />
Il sequestro dei due setter è stato convalidato<br />
il giorno stesso del ritrovamento<br />
dalla Procura di Teramo. Il magistrato<br />
ha confermato il capo d’imputazione.<br />
Il proprietario-cacciatore dei due setter<br />
ora rischia grosso.<br />
Con una recente sentenza (riguardante un<br />
caso precedente) la Corte di Cassazione<br />
ha confermato l’orientamento giurisprudenziale<br />
ormai prevalente aggiungendo che<br />
“a prescindere dalla specifica Ordinanza<br />
ministeriale e dalla sua efficacia”, l’uso di<br />
questo collare rientra nella previsione del<br />
Codice penale che vieta il maltrattamento<br />
degli animali ai sensi dell’articolo 727 che<br />
punisce la detenzione di animali “in condizioni<br />
incompatibili con la loro natura e produttive<br />
di gravi sofferenze”. I collari elettrici<br />
trasmettono scosse di varia intensità sul<br />
collo del cane, per abituarlo a obbedire<br />
agli ordini del padrone. Ma si tratta di un<br />
addestramento basato esclusivamente sul<br />
dolore, lieve o forte che sia, e che incide<br />
sull’integrità psicofisica del cane.<br />
salute ed il bene sere; vietano inoltre<br />
l’utilizzo di mezzi artificiali che causino<br />
ferite, dolore o afflizioni inutili.<br />
Sulla base di tale principio alcuni giudici<br />
considerano vietato anche l’uso di<br />
collari e strumenti elettrici / elettronici<br />
per l’addestramento dei cani. Ci sono<br />
sempre più casi di condanna per maltrattamento<br />
di animali dovuti all’uso<br />
indiscriminato del collare elettrico. ●<br />
12<br />
13
VIAGGIARE ECO<br />
A cura della redazione<br />
internazionale è stato di 1.260 miliardi di<br />
dollari e il numero di viaggiatori ha quasi<br />
raggiunto il miliardo e 200 mila persone,<br />
poco più di un settimo degli abitanti del<br />
pianeta. Un toccasana per l’economia, ma<br />
a un problema per l’ambiente e il pianeta.<br />
Infatti nella società di oggi il turismo è ridotto<br />
ad un momento di consumo che produce<br />
spesso un impatto negativo sull’ambiente.<br />
Secondo un documento dell’Unione Europea,<br />
che monitora i consumi in Europa e le<br />
conseguenze sull’ambiente, il turismo è la<br />
quarta causa di inquinamento ambientale<br />
e di produzione di CO2 provocati prevalentemente<br />
da trasporti e strutture ricettive<br />
senza contare i consumi idrici legati ai turisti,<br />
come confermano i dati aggiornati a<br />
novembre 2016 dell’Agenzia Europea per<br />
l’Ambiente, secondo i quali i turisti europei<br />
consumano ogni giorno dalle 3 alle 4 volte<br />
la quantità di acqua abituale. Migliorare<br />
questa situazione è possibile: basta iniziare<br />
a considerarla un’opportunità importante<br />
per cambiare abitudini e iniziare a viaggiare<br />
in modo più sostenibile e consapevole.<br />
thermos, i sacchetti idratanti e la borraccia;<br />
portarsi dietro alimenti privi di<br />
contenitori inutili.<br />
Se si va in campeggio, riportare l’ambiente<br />
al suo stato naturale quando si<br />
smonta la tenda; non lasciare nessun tipo<br />
di rifiuto in giro.<br />
Se si va al mare, cercare di mantenere la<br />
spiaggia pulita senza lasciare buste, bottiglie,<br />
insomma rifiuti come se fosse una<br />
discarica in cui abbandonare i rifiuti, mozziconi<br />
di sigaretta compresi; non fare la<br />
doccia in spiaggia con shampoo e bagnoschiuma;<br />
rispettare gli habitat naturali dei<br />
fondali e non raccogliere cavallucci, stelle<br />
marine o coralli.<br />
Se si possiede una barca, rispettare i divieti<br />
di navigazione a motore e segnalare<br />
alla Capitaneria di Porto eventuali<br />
scarichi abusivi. Il turismo ecologico prevede<br />
anche una scelta consapevole che<br />
privilegia gli alimenti genuini, possibilmente<br />
del luogo e biologici.<br />
Il principio di turismo sostenibile definito<br />
nel 1988 dall’Organizzazione<br />
Mondiale del Turismo (OMT) dice:<br />
“Le attività turistiche sono sostenibili<br />
quando si sviluppano in modo tale da<br />
mantenersi vitali in un’area turistica per<br />
un tempo illimitato, non alterano l’ambiente<br />
(naturale, sociale ed artistico) e<br />
non ostacolano o inibiscono lo sviluppo<br />
di altre attività sociali ed economiche”.<br />
L’Assemblea Generale dell’ONU, a 29<br />
anni da questa definizione, ha proclamato<br />
il 2017 Anno Internazionale del Turismo<br />
Sostenibile per lo Sviluppo con l’obiettivo<br />
di favorire un turismo che impatti il meno<br />
possibile sull’ambiente e che costituisca un<br />
motore di sviluppo per territori ed economie,<br />
un modo di viaggiare rispettoso del<br />
pianeta, che non alteri l’ambiente e non<br />
ostacoli lo sviluppo di altre attività. Un<br />
modo di muoversi non distruttivo, capace,<br />
secondo la Carta Europea per il Turismo<br />
Sostenibile nelle Aree Protette, “di rispondere<br />
ai bisogni delle generazioni attuali,<br />
senza compromettere la capacità delle generazioni<br />
future di rispondere ai propri”.<br />
La crisi economica mondiale, che ha toccato<br />
quasi tutti gli ambiti della nostra vita,<br />
ha “graziato” il settore turistico internazionale:<br />
nel 2016, secondo quanto riportato<br />
dall’Organizzazione Mondiale delle Nazioni<br />
Unite per il Turismo, il giro d’affari<br />
Viaggiare sostenibile significa ridurre il<br />
più possibile il nostro impatto sull’ambiente,<br />
rendere positivo e proficuo il nostro<br />
passaggio, arricchendo la cultura e le<br />
economie locali, ma significa anche riscoprire<br />
un modo di viaggiare autentico,<br />
capace di stabilire un legame profondo<br />
con i luoghi che visitiamo e con le persone<br />
che incontriamo nel nostro percorso.<br />
Secondo Alastair Fuad Luke, autore del<br />
libro Eco-travel handbook, l’ecoturista è<br />
colui che ama divertirsi non distruggere.<br />
Nel turismo ecologico ci sono alcuni comportamenti<br />
da rispettare:<br />
Quando si va in gita fuori porta bisogna<br />
tenere nello zaino un sacchetto per mettere<br />
poi i rifiuti nei bidoni disponibili; al<br />
posto delle bottiglie di plastica preferire il<br />
I Paesi più sostenibili, secondo Environmental<br />
Performance Index, sui 180 presi in esame<br />
nel 2016, sono la Finlandia, l’Islanda,<br />
la Svezia, la Danimarca, la Slovenia, la<br />
Spagna, il Portogallo, l’Estonia, Malta e la<br />
Francia. L’Italia è al ventinovesimo posto e<br />
le città più Eco al mondo, secondo il Sustainable<br />
cities index, sono Francoforte seguita<br />
da Londra, Copenhagen, Amsterdam,<br />
Rotterdam, Berlino, Seaul, Hong Kong,<br />
Madrid e Singapore.<br />
In Italia qualcosa si muove. Le nuove<br />
strutture ricettive inseriscono come plus le<br />
eco-tecnologie adottate e l’alimentazione<br />
naturale, nascono viaggi organizzati in<br />
nome della sostenibilità, si promuove l’uso<br />
del treno, il turismo in bicicletta e a piedi.<br />
Ma non basta. Siamo noi viaggiatori che<br />
dobbiamo diventare ecoturisti..●<br />
14 15
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Un territorio bellissimo ma fragile:<br />
è la sintesi dell’Italia geografica<br />
cui siamo abituati. Siamo<br />
anche abituati purtroppo<br />
attraverso la cronaca, ai disastri più o<br />
meno annunciati, facendo dell’emergenza<br />
la normalità. La recente tragedia<br />
sulla montagna abruzzese è sembrata<br />
essere una metafora della manifesta<br />
contrarietà della natura alla sconsideratezza<br />
dell’uomo. Ma il terremoto è un<br />
fenomeno tutto naturale, dell’uomo è la<br />
responsabilità di non attrezzarsi preventivamente<br />
per limitare i danni, soprattutto<br />
disponendo di tecnologie e di materiali<br />
adatti a far fronte alle calamità. E<br />
qui andiamo alla politica verso cui non<br />
possiamo risparmiare critiche per l’assenza<br />
di pianificazione della sicurezza<br />
del territorio di un paese “bellissimo fragile”,<br />
appunto. Non possiamo accettare<br />
come normale che l’assistenza, invece di<br />
essere organizzata con mezzi adeguati,<br />
si basi sull’opera di volontari animati da<br />
spirito di solidarietà.<br />
Il terremoto ha colpito interi comuni del<br />
Centro Italia mettendo in ginocchio le<br />
comunità e la loro economia. La solidarietà<br />
è scattata fin dalla prima fase,<br />
anche dal mondo gastronomico che<br />
nell’estate scorsa ha lanciato una campagna<br />
in omaggio ad Amatrice distrutta,<br />
invitando a preferire il piatto che ha<br />
reso famosa nel mondo questa località<br />
tra Abruzzo e Lazio. “Spaghetti all’amatriciana”<br />
non aveva bisogno di pubblicità,<br />
ma elevarlo a piatto esclusivo<br />
nei ristoranti di tutto il mondo è stata<br />
un’emozione.<br />
ll sisma ha proseguito la sua attività<br />
devastando borghi, distruggendo case,<br />
edifici e monumenti, azzerando le attività<br />
agricole e turistiche. Così a Castelluccio<br />
di Norcia.<br />
L’agricoltura da sempre praticata nella<br />
zona, nel rispetto della natura e delle<br />
sue bellezze, hanno attribuito al prodotto<br />
più rappresentativo del territorio - tanto<br />
da darne il nome - maggiore preziosità<br />
per tradizione e cultura: le Lenticchie<br />
di Castelluccio IGP (Indicazione Origine<br />
Protetta), la più pregiata varietà di questo<br />
antico legume.<br />
Storicamente, durante le carestie, le lenticchie<br />
potevano costituire l’unico pasto:<br />
ricche di sali minerali, proteine e vitamine,<br />
erano la carne dei poveri. Sono<br />
coltivate in tutto il mondo ma quelle italiane<br />
sono le più pregiate, molte varietà<br />
prendono il nome della zona di produzione<br />
perché clima e terreno conferiscono<br />
alla lenticchia caratteristiche proprie;<br />
nello specifico, quella di Castelluccio,<br />
eccellente per le sue proprietà organolettiche,<br />
da millenni si è coltivata nella<br />
pianura dominata dallo sperone roccioso<br />
di 1.300 metri, nel contesto di natura<br />
incontaminata e di rara bellezza.<br />
Il terremoto ha cancellato l’abitato di<br />
Castelluccio, ha trasformato il paesaggio,<br />
ha reso impraticabile ogni attività,<br />
compresa quella agricola e turistica.<br />
Per ridare una casa alla popolazione e<br />
far ripartire l’agricoltura di questa terra<br />
vocata all’eccellenza e alla bellezza,<br />
serve che alla solidarietà segua un serio<br />
intervento di politica del territorio.<br />
Per quanto tempo non potremo godere<br />
dello spettacolo suggestivo della famosa<br />
“fioritura” dei piani di Castelluccio<br />
che colora e profuma l’intera zona nei<br />
mesi estivi? ●<br />
Focus a pagina 43<br />
18<br />
19
SOTTO GHIACCIO<br />
SOTTO IL SOLE<br />
di Teresa Scarale<br />
Le ondate di neve dello scorso gennaio<br />
obbligano a ripensare l’agricoltura in condizioni estreme.<br />
Mai come dopo l’insano aumento<br />
dei prezzi degli ortaggi<br />
e della verdura avutosi in<br />
seguito alle nevicate dell’ultimo<br />
gennaio si è sentita l’esigenza di lavorare<br />
sull’incremento della produttività e<br />
di limitare la vulnerabilità dei raccolti alle<br />
fluttuazioni del clima. Dal punto di vista<br />
dei consumatori italiani senza dubbio, i<br />
quali non possono continuare ad essere in<br />
balia della meteorologia come secoli fa e<br />
sperare che i prezzi non aumentino. Il fatto<br />
di essere nel Belpaese e di avere a disposizione<br />
ampie porzioni di territorio con<br />
un buon clima ci pone se non nel Giardino<br />
delle Esperidi, almeno in una posizione di<br />
vantaggio. Basterebbe forse quindi poco,<br />
senza limitazioni ideologiche, per integrare<br />
natura e ricerca allo scopo di far fronte<br />
ai capricci o ai rigori del clima. Perché, a<br />
ben vedere, questo gennaio non è successo<br />
niente di diverso da quanto prescriverebbe<br />
la stagione: l’inverno è stato inverno.<br />
Eppure già da dicembre si paventava<br />
un generico aumento dei prezzi che poi<br />
effettivamente c’è stato, ma per le “inattese”<br />
nevicate. Il Centro Studi di Confagricoltura<br />
è arrivato a registrare per i prezzi<br />
all’ingrosso aumenti dell’85% per quanto<br />
riguarda i broccoletti, del 40% per i finocchi<br />
e del 19% per i cavolfiori. E si tratta<br />
di ortaggi invernali. Per il consumatore<br />
finale il costo è schizzato in alcuni casi<br />
fino al 200 – 300% in più, evidenziando<br />
il consueto collo di bottiglia per i prezzi<br />
pagati ai coltivatori diretti: pur in presenza<br />
di quantitativi di merce inferiori, la filiera<br />
distributiva non accenna a voler vedere ridotti<br />
i suoi profitti. La crescita generalizzata<br />
dei prezzi al consumo è stata imputata<br />
soprattutto al mancato verificarsi del maltempo<br />
a macchia di leopardo: il gelo ha<br />
investito in maniera compatta Puglia, Basilicata,<br />
Marche, Lazio, Abruzzo, Molise,<br />
Calabria, Campania, Sardegna e Sicilia.<br />
Tuttavia, si parlava di trend crescente dei<br />
prezzi già dall’inverno 2015 – 2016, ossia<br />
quando si gridava all’allarme per l’inverno<br />
più caldo della storia italiana. Qualcosa<br />
non torna. Allo stesso modo appare<br />
bizzarro che siano aumentati i prezzi di<br />
frutti come ad esempio mele e pere, raccolti<br />
prima delle gelate. La speculazione ha<br />
allungato la sua ombra persino sui prodotti<br />
d’importazione, facendoli passare per<br />
nazionali. La cosa più sconcertante però<br />
resta l’appiglio fornito alla speculazione<br />
stessa: il freddo. Il freddo d’inverno per<br />
ortaggi e frutta invernali, in un Paese dal<br />
clima temperato. Nessuno nega che le serre<br />
abbiano ceduto al peso della neve, che<br />
parte dei raccolti sia andata perduta, ma<br />
protezioni più efficienti per la produzione<br />
agricola possono essere messe in atto: serre<br />
e stanze di coltura più solide, sistemi di<br />
acquaponica per i centri abitati; per non<br />
parlare della messa a coltura di specie più<br />
resistenti al freddo. A tal proposito, ultimi<br />
in ordine di tempo, senza tralasciare alcune<br />
prestigiose facoltà di agraria italiane,<br />
studiosi dell’università dell’Illinois hanno<br />
individuato nella Miscanthus sacchariflorus,<br />
un’erba che cresce nelle più impervie<br />
praterie della Russia orientale la chiave di<br />
volta per la creazione di raccolti resistenti<br />
al gelo. Essa è affine a mais, sorgo e zucchero<br />
di canna: individuare l’agente che<br />
la rende così forte anche con temperature<br />
che arrivano ai meno 30 gradi sarebbe<br />
estremamente utile, per non dire rivoluzionario.<br />
Aspetti interessanti si delineano<br />
anche sul fronte brassicacee (broccoletti<br />
et cetera). Al John Innes Centre di Norwich<br />
(UK) gli scienziati stanno lavorando a<br />
come eliminare o ridurre gli effetti nefasti<br />
dovuti alle fluttuazioni climatiche per i<br />
raccolti tramite sistemi di produzione orticoli<br />
al chiuso, dalle tradizionali serre e<br />
stanze di coltivazione alle più complesse<br />
e moderne verticalizzazioni. L’individuazione<br />
del campo di ricerca è ricaduta sui<br />
broccoli per un fenomeno che si chiama<br />
vernalizzazione, ossia la necessità che<br />
alcune piante hanno di vivere un periodo<br />
al freddo prima che si inneschi la loro<br />
fioritura. Essendo per le brassicacee la<br />
parte edibile costituita dal fiore, va da<br />
sé che il riuscire a tutelarlo è di fondamentale<br />
importanza. Il successo dell’esperimento<br />
ha consentito di allargare le<br />
prospettive dello studio, cosa che anche<br />
qui in Italia si dovrebbe iniziare a mettere<br />
in pratica, a meno di volerli pagare<br />
otto euro al chilo, i broccoletti. ●<br />
20<br />
21
CERTIFICARE VEGAN<br />
UNA TENDENZA<br />
IN CRESCITA<br />
di Fabrizio Piva<br />
L’attenzione alla sostenibilità e allo<br />
sfruttamento degli animali a scopo di<br />
reddito ha portato molti consumatori<br />
a privilegiare forme di alimentazione<br />
prive di derivati animali. In questo contesto<br />
troviamo coloro che hanno optato per<br />
scelte vegetariane e per quelle vegane.<br />
Il veganesimo non accetta alcun tipo di<br />
ingrediente, additivo e ausiliare di fabbricazione<br />
che derivi dall’utilizzo di<br />
specie animali allevate o presenti<br />
in natura. In aggiunta, tali<br />
sostanze non devono essere<br />
entrate in contatto con<br />
specie animali in quanto<br />
la scelta vegana non si<br />
limita alla valutazione<br />
degli ingredienti ma anche<br />
ad evitare che settori<br />
economici incentivino<br />
l’allevamento di animali a<br />
scopo di reddito. Il veganesimo<br />
abbraccia prodotti che<br />
ricadono in molti settori produttivi:<br />
alimentare, cosmetico, tessile, detergenza<br />
e abbigliamento solo per citare i più diffusi.<br />
In Italia si stima che quasi l’1,8% siano<br />
i consumatori vegani e che raggiungano<br />
l’8% se aggiungiamo i vegetariani.<br />
Come CCPB abbiamo predisposto due<br />
specifici standard, uno per il vegetariano<br />
ed un secondo per il vegano, al fine di<br />
certificarne le caratteristiche con specifici<br />
loghi. Le norme che definiscono il prodotto<br />
vegano implicano che non possono<br />
essere stati utilizzate materie prime di<br />
origine animale così come non si possono<br />
utilizzare additivi e/o ausiliari di fabbricazione<br />
che siano costituiti, in toto o<br />
in parte, con derivati di origine animale.<br />
Contestualmente nel processo produttivo<br />
materie prime, semilavorati e prodotti<br />
non possono venire a contatto con<br />
sostanze di origine animale (spazzole,<br />
grembiuli, guanti, cinghie, etc).<br />
Le aziende richiedenti la certificazione<br />
sono verificate da<br />
ispettori qualificati al fine<br />
di valutare il processo produttivo<br />
in base alla norma<br />
e vengono prelevati<br />
campioni di prodotto per<br />
la determinazione circa<br />
la presenza di DNA animale<br />
presso laboratori di<br />
analisi accreditati. Preventivamente<br />
l’azienda è tenuta<br />
ad inviare un piano di gestione<br />
e controllo del processo produttivo<br />
al fine di valutarne il monitoraggio, un<br />
elenco di prodotti ed ingredienti/ausiliari<br />
per verificarne la compatibilità e le etichette<br />
dei prodotti oggetto di certificazione<br />
per la loro validazione.<br />
Si tratta di un vero e proprio schema di<br />
certificazione che vuole con professionalità<br />
garantire il raggiungimento degli obiettivi<br />
posti dalla norma e, quindi, il rispetto<br />
dei principi del veganesimo, ricorrendo a<br />
tutte le alternative possibili dal punto di vista<br />
nutrizionale e qualitativo. ●<br />
22<br />
23
C<br />
U<br />
R<br />
I<br />
O<br />
S<br />
I<br />
T<br />
Á<br />
UN CLIC PER FAR BENE AL PIANETA<br />
Ecosia è un motore di ricerca ecologico creato<br />
da un giovanissimo tedesco, Christian Koll, in<br />
collaborazione con Yahoo e Bing. Quando un<br />
utente esegue una ricerca tramite Ecosia e clicca<br />
su un link sponsorizzato, la società sponsor paga<br />
Yahoo e Bing per ogni clic effettuato. Yahoo e<br />
Bing cedono la maggior parte dei guadagni a<br />
Ecosia che dona l’80% a WWF Germania per sostenere<br />
un programma di protezione del Juruena<br />
National Park in Amazzonia.<br />
I SUPERCIBI<br />
Considerati i cibi del futuro comprendono alimenti<br />
che presentano proprietà utili all’organismo. Sono al<br />
tempo stesso alimento e medicina in quanto le loro<br />
caratteristiche appartengono a entrambe le categorie.<br />
Sono i cibi più ricchi di sostanze nutritive del<br />
pianeta e hanno un rapporto costo/beneficio molto<br />
più favorevole rispetto ai nostri alimenti abituali.<br />
La loro lista è in continua evoluzione in quanto la<br />
scienza ogni giorno fa nuove scoperte. Fanno parte<br />
dei supercibi il mirtillo, le bacche di Acai, le bacche<br />
di Goji, il Maqui, il the verde, il caffè verde, il peperoncino,<br />
il jinkobiloba, il cacao, il miele, la noce di<br />
cocco, i semi di canapa, l’aloe vera.<br />
29 Aprile - 1° Maggio 2017<br />
Castello di Belgioioso - Pavia<br />
La storica manifestazione, alla 31ma<br />
edizione, con oltre 100 espositori con<br />
le loro novità, fedele alla tradizione,<br />
apre le porte ad associazioni ed enti che<br />
hanno progetti di accoglienza e sostegno<br />
per i bambini e gli animali e cura<br />
l'ambiente. Convegni e dibattiti arricchiscono<br />
l'evento. In cocomitanza, nel parco<br />
del Castello, si terrà il Taiji Festival<br />
organizzato dall'associazione PWKF. Un<br />
momento per imparare, aggiornarsi e<br />
divertirsi.<br />
www.belgioioso.it<br />
DA DOVE PROVENGONO I NOSTRI CIBI<br />
Gran parte del cibo che finisce nel nostro piatto discende<br />
da piante selvatiche domesticate più di 10.000<br />
anni fa, migliaia di anni prima dell’invenzione dell’alfabeto.<br />
Malgrado esistano 50.000 specie vegetali<br />
commestibili, i nostri progenitori ne utilizzarono solo<br />
un migliaio. La domesticazione di nuove specie vegetali<br />
si è fermata 1000 anni prima di Cristo. Oggi, per<br />
alimentarci, ricorriamo solo a 150 piante e a livello<br />
mondiale i due terzi delle calorie che assumiamo provengono<br />
solo da mais, frumento e riso.<br />
I PRIMATI DI TOKELAU<br />
Questo territorio della Nuova Zelanda di 12 km 2 dove<br />
vivono 1500 abitanti detiene tre primati: è famosa per<br />
avere il più piccolo PIL del mondo, ha 31 milioni di siti<br />
web registrati con.tk riportati da Nominet l’organismo<br />
per la gestione dei siti internet nel Regno Unito, ed è la<br />
prima isola in assoluto a dipendere esclusivamente da<br />
energia solare evitando il consumo di oltre duemila barili<br />
di benzina all’anno. Le emissioni nocive prodotte erano<br />
piuttosto elevate, paragonabili a quelle di una grande<br />
metropoli, sono stati installati 4032 moduli fotovoltaici,<br />
392 inverter e 1344 batterie. Nei giorni molto nuvolosi<br />
dei generatori a base di olio di cocco locale soddisfano il<br />
fabbisogno energetico.<br />
Agriturismo Padém<br />
Via T. Tasso 11, FONTENO (BG), Lago d'Iseo<br />
Prenotazioni: 328 0623237<br />
A oltre 600 metri con vista sul Lago d’Iseo,<br />
la località Padem in quel di Fonteno, dà il<br />
nome all’agriturismo gestito dalla operosa<br />
Rosi. Con gusto e determinazione Rosi ha<br />
ricavato le stanze e la zona ristoro da una<br />
antica stalla in pietra del Cinquecento con<br />
terrazza naturale sul lago. La passione di<br />
Rosi per la sana cucina si avverte da subito:<br />
ti accoglie descrivendo il pane appena sfornato,<br />
le pietanze della tradizione locale e il<br />
dolce che ha ideato per la giornata. Vegetariani<br />
e intolleranti con Rosi stanno al sicuro.<br />
www.pademdarosi.it
DESIGN WEEK ALLA<br />
56 a EDIZIONE<br />
Essenziale per il design<br />
Irrinunciabile per tutti<br />
Milano città Metropolitana si<br />
mobilita per accogliere il meglio<br />
della creatività, dell’innovazione,<br />
della tecnologia<br />
e della visionarietà spalancando le porte<br />
delle location più nascoste e più frequentate,<br />
dedicando strade e piazze a eventi<br />
impegnativi e bizzarri con una parola<br />
d’ordine: stupire.<br />
Ma come raccapezzarsi fra tanti stimoli?<br />
Intanto una prima distinzione:<br />
Salone Internazionale del mobile: Fiera<br />
Milano a Rho orario 9,30 – 18,30; 2000<br />
metri quadri di esposizione, 2000 espositori;<br />
5 manifestazioni: Salone Internazionale<br />
del Mobile, Salone Internazionale<br />
del Complemento d’Arredo, Euroluce,<br />
Workplace 3.0, e Salone Satellite con Mostra<br />
Antologica dei migliori pezzi visti nelle<br />
passate venti edizioni e poi immessi sul<br />
mercato presso la Fabbrica del Vapore.<br />
Fuori Salone: centinaia di spazi dislocati in<br />
tutta la città attivi giorno e notte, suddivisi<br />
in 2 grandi progetti: White in the city che<br />
coinvolge giovani designer e firme internazionali<br />
per reinterpretare edifici storici<br />
e installazioni attorno al colore bianco e<br />
Ventura Project, con 2 location e una stessa<br />
formula: ricerca e sperimentazione, che<br />
interviene per la prima volta nell’hub di<br />
via Ferrante Aporti alla Stazione Centrale<br />
con uno spazio dedicato ai brand internazionali<br />
che vogliono dialogare in modo<br />
diretto con il pubblico e che ripresenta al<br />
Quartiere di Lambrate le proposte più originali<br />
per un pubblico eterogeneo.<br />
Ma del Fuori Salone fanno parte una serie<br />
numerosissima di eventi più o meno importanti,<br />
più o meno affini al settore arredamento<br />
e design industriale, che vanno a<br />
comporre le mille sfaccettature di questa<br />
Kermesse incorporando arte, moda e<br />
food e trasformando la città in una grande<br />
festa cosmopolita.<br />
Sono gli Eventi extra di cui ne ricordiamo<br />
alcuni: In Bovisa il primo Design Hostel<br />
temporaneo in cui 40 designer provenienti<br />
da tutto il mondo possono alloggiare, ma<br />
anche produrre e mostrare.<br />
26<br />
27
Nell’area del Bosco Verticale un nuovo<br />
distretto l’Isola Design District per dare<br />
visibilità ad artigiani, giovani designer e<br />
brand emergenti del quartiere con la mostra<br />
Obstacles and Solutions che affronta<br />
le difficoltà che i progettisti incontrano per<br />
realizzare i loro prodotti e il Milan Design<br />
Market vetrina mercato del design autoprodotto.<br />
Tra le proposte più interessanti il Robot del<br />
Caracol Design Studio che stampa in 3D<br />
artefatti in argilla messi poi a disposizione<br />
degli artisti che potranno rielaborarli, Odor<br />
per imbrem una installazione olfattiva del<br />
designer tedesco Patrick Palcic che emette<br />
bolle di diverse fragranze e l’orologio Copper<br />
Clock in cui il profumo viene manipolato<br />
in modo da indicare l’ora esatt a.<br />
Belgium is Design e DAMN Magazine che<br />
hanno chiesto a 10 designer di scegliere<br />
un partner con cui collaborare per affinità,<br />
continuità o curiosità; in San Babila al<br />
cinema Arti l’olandese Cos e il londinese<br />
Studio Swine presentano un’installazione<br />
onirica focalizzata su una scultura che si<br />
evolve di continuo per offrire un momento<br />
di contemplazione, nella Galleria del cinema<br />
Manzoni il designer inglese Tom Dixon<br />
porta a Milano il suo format espositivo Multiplex<br />
– YesterdayTodayTomorrow.<br />
Tra i progetti speciali: Timberland con<br />
Matteo Cibic interpretano la scarpa da<br />
barca con una originale installazione che<br />
racconta un nuovo modo di camminare<br />
nella metropoli contemporanea; l’installazione<br />
Maestà Tradita , una poltrona UP<br />
di Gaetano Pesce, fuori scala, ricoperta di<br />
vestiti di donne provenienti da ogni parte<br />
del mondo vuol far riflettere sul ruolo<br />
della donna nella società odierna; Intersezioni<br />
,un allestimento di Lorenzo Longo<br />
In corso Garibaldi alla Biblioteca Umanistica<br />
dell’Incoronata Spazi nello Spazio<br />
mostra a cura di EDB Studio,dove viene<br />
esaltato il binomio architettura e dialogo<br />
con l’esistente.<br />
Un’attenzione particolare viene data al<br />
green design con il progetto Suspended<br />
Garden incentrato sulla sostenibilità am-<br />
All’interno di Super Studio in Via Tortona<br />
il Material Village 2017 l’Hub di Material<br />
Connection Italia in un’area di 1.850 mq<br />
propone una panoramica sui materiali da<br />
costruzione intelligenti ed ecosostenibili.<br />
A Porta Nuova il Brera Design District ospita<br />
Spaces & Interiors con più di 160 eventi.<br />
con la garden designer Barbara Negretti,<br />
a p r e a l p u b b l i c o i l c o r t i l e d e l L i c e o Pa r i n i .<br />
bientale, il progetto Green Island con tre<br />
tappe alla ricerca delle sculture vegetali<br />
dell’artista Emilia Faro e l’installazione di<br />
Mario Nobile presso l’orto botanico Offfi.<br />
Nel distretto 5 Vie: in Piazza Gorani il progetto<br />
espositivo Foyer Gorani con i lavori<br />
più recenti di artisti norvegesi e olandesi, a<br />
Palazzo Turati design olandese, a Palazzo<br />
Litta Linking Minds una mostra curata da<br />
All’ex Fabbrica Ansaldo di Via Savona<br />
Manifattura 4.0 la quarta rivoluzione industriale<br />
che costituisce la più grande sfida<br />
dei prossimi anni in un’area espositiva<br />
di 700 mq articolata in 3 aree: espositiva,<br />
B2B, formativa, vengomo presentati progetti<br />
ad alto contenuto innovativo fra cui<br />
Green Smart Living un modulo di 50 mq<br />
abitazione/ufficio realizzato con scelte<br />
dei design green e smart e rOBOTRIP progetto<br />
di ricerca sperimentale che indaga<br />
sulla robotica applicata.<br />
E poi la Fondazione Vico Magistretti rimane<br />
aperta in tutte le giornate del Salone,<br />
la Fondazione Gianfranco Ferré presenta<br />
la collezione Floating On design etico e<br />
innovazione sociale e la Fondazione Franco<br />
Albini svolge attività divulgativa con momenti<br />
di confronto coinvolgendo la Galleria<br />
d’Arte Viola in Galleria Strasburgo per<br />
un confronto tra linguaggi diversi. ●<br />
28<br />
29
INVESTIRE<br />
SULL’INVOLUCRO<br />
di Marco Cagelli<br />
Dopo duri anni di crisi e senza certezza<br />
di una ripresa, diventa difficile<br />
immaginare di investire sulla<br />
propria casa. Si teme di sperperare<br />
soldi, di spendere risparmi utili per il<br />
futuro. Purtroppo la realtà è esattamente<br />
opposta: chi investe nel proprio immobile<br />
per limitare le dispersioni ottiene solo benefici.<br />
In primo luogo dobbiamo comprendere<br />
come il futuro degli edifici sia collegato<br />
ai seguenti parametri:<br />
• Costi di gestione che devono essere bassi,<br />
bassissimi, in quanto i nuovi standard<br />
fissati dalle normative internazionali obbligano<br />
a tali valori; per mera comprensione,<br />
immaginate di pagare solo un decimo delle<br />
spese per riscaldamento/raffrescamento;<br />
• Salubrità degli ambienti con drastica riduzione<br />
di emissione di inquinanti e conseguente<br />
possibilità di avere un’aria interna<br />
più pura di quella esterna;<br />
• Utilizzo di sistemi passivi di riscaldamento<br />
e raffrescamento, per fornire all’edificio<br />
un comportamento naturale e facilmente<br />
adattabile dall’utente.<br />
Se non si adeguano gli edifici esistenti a<br />
questi livelli, saranno sempre meno attrattivi,<br />
sempre meno ricercati e sempre meno<br />
di valore. Ma non solo. Continueremmo a<br />
vivere in stanze in cui avvertiremmo correnti<br />
fredde o temperature intollerabili<br />
d’estate, con ricadute sulla nostra salute.<br />
Quindi non è solo un’esigenza di ridurre<br />
costi, spese ed emissioni inquinanti, ma<br />
dobbiamo essere spinti dalla volontà di<br />
una vita migliore.<br />
Quale strategia seguire nell’intervento?<br />
Quali priorità fra i vari elementi?<br />
La strategia fondamentale deve partire<br />
dall’involucro (pareti perimetrali, serramenti,<br />
solaio superiore, pavimentazione),<br />
cercando di ridurre drasticamente la trasmittanza<br />
termica degli elementi. Spesso<br />
si cerca di intervenire sull’impianto, spinti<br />
dalla pubblicità o dall’idea di spendere<br />
meno: non fatevi ingannare. Intervenire<br />
prima sull’impianto e poi sull’involucro<br />
significherà dover nuovamente spendere<br />
per cambiare nuovamente l’impianto, una<br />
volta terminata la riqualificazione.<br />
Involucro<br />
Le tecnologie di intervento sull’involucro<br />
sono molte, fra le più diffuse l’esecuzione<br />
del cappotto o l’insufflaggio di poliuretano<br />
nelle intercapedini delle pareti degli edifici<br />
anni 60. Entrambe i sistemi devono essere<br />
progettati con estrema attenzione per<br />
evitare la formazione di ponti termici che<br />
possono portare a fenomeni di condensazione<br />
interna. Non è raro vedere queste<br />
patologie negli edifici appena riqualificati,<br />
causati dal mancato progetto degli imbotti<br />
delle finestre, davanzali e mazzette delle<br />
finestre. Cosa accade in tali casi? L’isolamento<br />
posizionato sulle pareti porta la<br />
temperatura interna delle stesse a crescere,<br />
lasciando però queste zone non controllate<br />
a temperature molto più basse.<br />
Ne segue che con la riduzione delle dispersioni<br />
dei serramenti l’umidità presente<br />
all’interno condensa proprio nei punti “dimenticati”<br />
dal progetto. Il suggerimento<br />
è quello di non lasciare il progetto nelle<br />
mani delle imprese, ma di rivolgersi a tecnici<br />
specializzati che possano curare tutti<br />
questi dettagli e limitare tali patologie.<br />
Serramenti<br />
Per quanto riguarda i serramenti servono<br />
anche in tal caso alcune attenzioni: in primo<br />
luogo vanno individuate le prestazioni<br />
in base all’orientamento. A sud servono<br />
serramenti che siano in grado di lasciar<br />
passare l’energia del sole in fase invernale<br />
(in fase estiva dovranno prevedere<br />
sistemi di oscuramento), mentre a nord<br />
dovranno avere trasmittanze molto basse,<br />
senza preoccuparsi del fattore solare.<br />
Qualsiasi sia l’orientamento sarà necessario<br />
che i serramenti abbiano prestazioni<br />
di isolamento acustico almeno superiori a<br />
R’w>40dB.<br />
Un problema rilevante per i serramenti<br />
riguarda la presenza di tapparelle o di<br />
antoni. Nel primo caso si dovrà curare<br />
con estrema attenzione l’isolamento<br />
termico del cassonetto delle tapparelle<br />
onde evitare problemi<br />
di condensazione. Nel<br />
secondo caso si dovrà<br />
prevedere la sostituzione<br />
dei cardini<br />
per garantire l’adeguato<br />
funzionamento<br />
dopo<br />
l’esecuzione del<br />
cappotto.<br />
Impianti<br />
Come detto prima si tratta di ridurre drasticamente<br />
le dispersioni dell’involucro.<br />
A questo punto la casa può avere una<br />
sorgente di calore piccolissima, equivalente<br />
ad una stufa di 4-5kW. Queste limitate<br />
potenze offrono l’opportunità di<br />
avvalersi sia di sistemi di generazione<br />
a gas (caldaie a condensazione modulanti)<br />
sia a pompe di calore. Il sistema<br />
di emissione invece dipende molto dallo<br />
stile di vita: se si passano molte ore al<br />
giorno in casa sarà preferibile un sistema<br />
inerziale (riscaldamento a pavimento<br />
con massetti di 3-4 cm.) Se invece si<br />
vive l’immobile solo in mattinata e sera,<br />
sono opportuni sistemi con meno inerzia,<br />
come sistemi radiativi elettrici o ad<br />
aria. E’ bene sottolineare come il trend<br />
futuro sarà di sistemi fondamentalmente<br />
elettrici con pannelli fotovoltaici ed accumulatori<br />
simili a quanto prodotto dalla<br />
Tesla e da Siemens. ●<br />
30<br />
31
IL PUNTO SULLA<br />
MOBILITÀ SOSTENIBILE<br />
A cura della redazione<br />
Secondo il rapporto della Commissione<br />
Europea in Italia la causa<br />
principale dell’inquinamento urbano<br />
è l’alto livello di motorizzazione<br />
nelle città metropolitane, massimo<br />
responsabile, quindi, delle persistenti violazioni<br />
dei requisiti europei per la qualità<br />
dell’aria, ma noi prestiamo attenzione<br />
all’inquinamento urbano solo quando si<br />
introducono blocchi provvisori (e inefficaci)<br />
alla circolazione delle automobili.<br />
Confrontandoci con gli altri Paesi europei<br />
deteniamo due primati: massimo inquinamento<br />
urbano, assenza di soluzioni<br />
strutturali al problema. Infatti, secondo<br />
l’E-mobility Report, recentemente presentato<br />
dall’Energy Strategy Group del Politecnico<br />
di Milano, l’assenza di efficaci<br />
politiche di sviluppo di infrastrutture per<br />
le ricariche ha fatto sì che la dimensione<br />
del mercato italiano delle auto elettriche<br />
sia estremamente ridotta, con una quota<br />
che è circa un decimo di quella degli altri<br />
paesi europei.<br />
In Olanda è elettrico un veicolo su 4,<br />
la Norvegia è il secondo mercato con il<br />
18%, il Regno Unito con il 14%, Germania<br />
e Francia con il 12%. In Italia le macchine<br />
elettriche coprono solamente l’ 1% sul totale<br />
del mercato europeo con 2.563 vetture<br />
elettriche vendute nel 2016.<br />
Ci sono due tipologie di veicoli:<br />
• Battery-Electric Vehicle (BEV), il veicolo<br />
elettrico puro, la cui propulsione deriva<br />
esclusivamente dall’energia prodotta da<br />
un motore elettrico alimentato da batterie<br />
che accumulano energia elettrica;<br />
• Plug-In Hybrid Electric Vehicle (PHEV)<br />
che ha due fonti di energia che lavorano<br />
in sinergia tra di loro: un motore elettrico<br />
e un motore a combustione interna convenzionale<br />
alimentato a benzina o diesel.<br />
Focalizzando l’attenzione sulle infrastrutture<br />
di ricarica (colonnine) In Europa sono<br />
stati installati complessivamente 70.000<br />
punti di ricarica pubblici (37%) e circa<br />
400.000 privati (30%). In<br />
Italia si possono contare circa 9.000 punti<br />
di ricarica totali, di cui circa l’80% di natura<br />
privata.<br />
All’inizio le colonnine di ricarica dei veicoli<br />
elettrici sono state installate solo dalla<br />
pubblica amministrazione, oggi anche dalla<br />
grande distribuzione, centri commerciali<br />
e strutture ricettive. Fra i gestori di carburante<br />
si sta riscontrando un forte interesse<br />
alla infrastrutturazione elettrica e questo è<br />
un segnale che potrebbe permettere all’Italia<br />
di guadagnare delle posizioni.<br />
Ma per spiegare la differenza nell’andamento<br />
delle vendite di auto elettriche è<br />
necessario considerare i meccanismi di incentivazione<br />
che rappresentano una delle<br />
principali ragioni del divario.<br />
Ci sono due macro-categorie di incentivi<br />
dedicati ai veicoli elettrici: gli incentivi diretti<br />
all’acquisto con agevolazioni al momento<br />
dell’acquisto, esenzioni dall’IVA,<br />
detrazioni fiscali, incentivi diretti all’uso e<br />
alla circolazione come esenzioni dall’imposta<br />
di circolazione, detrazioni sulle tariffe<br />
(pedaggio autostradale…); riduzione<br />
del costo dell’energia ( riduzione del prezzo<br />
dell’energia utilizzata per ricaricare la<br />
batteria del veicolo).<br />
In Norvegia gli incentivi legati all’e-mobility<br />
sono particolarmente generosi, circa<br />
20.000 euro per i BEV e 13.000 per i<br />
PHEV, il doppio rispetto all’incentivo medio<br />
erogati dagli altri paesi.<br />
L’Italia, anche in questo caso, è molto<br />
indietro con gli incentivi più bassi, circa<br />
3.000 € per i BEV e 2.000 per i PHEV.<br />
Ci sono anche due categorie di incentivi<br />
dedicati all’infrastruttura di ricarica: gli<br />
investimenti diretti: la pubblica amministrazione<br />
partecipa direttamente allo sviluppo<br />
della rete di ricarica, finanziando con<br />
fondi pubblici progetti in questo ambito; le<br />
agevolazioni fiscali: il soggetto privato che<br />
sviluppa un’infrastruttura di ricarica può<br />
portare in detrazione una parte dell’investimento<br />
sostenuto e negli anni successivi<br />
potrà godere di un rimborso fiscale.<br />
In Italia il Ministero delle Infrastrutture dei<br />
Trasporti prevede l’installazione di 4.500-<br />
13000 punti di ricarica normal power e di<br />
2.000-6.000 high power con uno stanziamento<br />
di 33,5 milioni di euro.<br />
In un’ottica di sviluppo va considerato che<br />
per i motori Diesel sarà quasi impossibile,<br />
rimanere competitivi rispettando i vincoli<br />
europei alle emissioni che entreranno in<br />
vigore nel 2021, anche perché l’esigenza<br />
di ridurre l’inquinamento urbano porterà<br />
inevitabilmente a inasprire le norme che<br />
regolano la circolazione delle vetture<br />
all’interno delle città.<br />
In Olanda si discute addirittura di vietare<br />
la vendita di auto sia a benzina che a gasolio<br />
a partire dal 2025.<br />
In Italia siamo ancora in attesa delle misure<br />
attuative del decreto legislativo entrato in<br />
vigore il 14 gennaio 2017 che recepisce<br />
la direttiva europea dell’ottobre 2014 secondo<br />
la quale dal 1° giugno 2017 i Comuni<br />
potranno rilasciare il titolo abilitativo<br />
edilizio, per gli edifici di nuova costruzione<br />
ad uso non residenziale con superficie superiore<br />
a 500 m2 e per gli edifici residenziali<br />
di nuova costruzione con almeno 50<br />
unità abitative, solo se sarà contemplata la<br />
predisposizione per la ricarica dei veicoli<br />
elettrici. ●<br />
32<br />
33
1,2,3,4,5,6... EURO!<br />
di Alessandro Fazzini<br />
L’evoluzione degli standard anti emissione è sempre più<br />
veloce: ma tutta questa fretta a chi serve davvero?<br />
Euro 4, Euro 5, Euro 6 eccetera<br />
sono termini entrati nel linguaggio<br />
comune dei cittadini<br />
guidatori. Non tutti però forse<br />
sanno che questi “numeri” non si riferiscono<br />
altro che agli insiemi di<br />
standard sulle emissioni che si applicano<br />
ai veicoli stradali nuovi, venduti<br />
nell'UE a partire da un determinato<br />
anno. Le emissioni sono misurate in<br />
g/kWh (grammi di combustibile per<br />
ogni kW in un’ora di funzionamento)<br />
per i veicoli commerciali pesanti e in<br />
g/km per gli altri veicoli.<br />
Questi insiemi di standard sono stati<br />
introdotti dalla Commissione Europea,<br />
e hanno caratteristiche sempre più restrittive.<br />
Così, abbiamo il vecchissimo<br />
Euro I del 1992, poi l’Euro II dal 1995,<br />
l’Euro III dal 1999 e via via l’Euro IV<br />
dal 2006, l’Euro V dal 2008, l’Euro VI<br />
dal 2014. E’ da notare che fra l’Euro<br />
III e l’Euro IV sono passati in mezzo<br />
ben sette anni, ora pare invece che il<br />
lasso di tempo fra un’uscita e l’altra si<br />
stia abbreviando. L’altro grande elemento<br />
di battaglia contro le emissioni è<br />
senza dubbio il filtro antiparticolato, in<br />
inglese Diesel Particular Filter (DPF); si<br />
tratta di un dispositivo installato nelle<br />
automobili a motore diesel per limitare<br />
in maniera sostanziale l’emissione di<br />
inquinanti da polveri sottili (le famigerate<br />
PM10). Il DPF non è certo esente<br />
da critiche. Sono emersi dubbi circa la<br />
reale efficacia dei filtri.<br />
Volkswagen<br />
Renault nel gennaio 2016 crollo quotazioni<br />
diciassette percento.<br />
FCA Chrysler gennaio 2017 crollo del<br />
titolo accusato dall’EPA (Environmental<br />
Protection Agency) di aver installato nei<br />
motori dei modelli Jeep Grand Cherokee<br />
and Dodge Ram degli anni 2014 – 2015<br />
– 2016 un software di gestione delle<br />
emissioni il quale ne permetterebbe livelli<br />
più elevati per quanto riguarda gli<br />
ossidi di azoto (NOx).<br />
Il filtro antiparticolato è un particolare<br />
sistema anti-inquinamento creato per<br />
combattere la piaga del famoso particolato<br />
(o Pm10) emesso dalle automobili<br />
dotate di propulsore diesel. Come<br />
non ricordare le vecchie automobili<br />
diesel, simili a delle vere e proprie ciminiere<br />
su strada?<br />
Ebbene: secondo diverse direttive comunitarie,<br />
avviate già nel lontano 1992, ed<br />
a seguito di vari rilievi che hanno evidenziato<br />
la potenziale pericolosità di<br />
queste particelle, si è deciso di imporre<br />
alle case automobilistiche di produrre e<br />
studiare dei sistemi particolari per poter<br />
–appunto- ridurre l’inquinamento prodotto<br />
dal veicolo. Nel 2000 la Peugeot,<br />
dopo vari studi ed esperimenti, introduce<br />
per la prima volta il filtro antiparticolato,<br />
optional per le proprie auto diesel.<br />
Dopo pochi anni i filtri sono stati adottati<br />
da tutte le case automobilistiche per i<br />
veicoli di grossa cilindrata; e dal 2011,<br />
con la precedente entrata in vigore della<br />
normativa euro5, sono stati introdotti<br />
obbligatoriamente su tutte le auto dotate<br />
di propulsore diesel.<br />
Tutti i diesel della General Motors – da<br />
quelli per i truck americani al piccolo<br />
“mille” tre cilindri venduto in India – nascono<br />
a Torino. Sono disegnati a due<br />
passi dal Politecnico, nel GM Engineering<br />
Centre: 567 persone, di cui il 90% ingegneri,<br />
età media 35 anni. ●<br />
34<br />
35
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METEOCLIMATOLOGIA<br />
ED EMERGENZE<br />
di Andrea Alessandro Muntoni<br />
Non si possono né si vogliono<br />
trarre conclusioni circa le responsabilità<br />
personali (penali)<br />
per le morti, i dispersi e i feriti<br />
e comunque i senza tetto conseguenti alle<br />
alluvioni che sempre più di frequente interessano<br />
tutto il territorio della Penisola italiana,<br />
comprese le Isole maggiori; tuttavia<br />
si possono fare osservazioni e riflessioni di<br />
carattere generale, che prescindono dal<br />
fatto che il Pianeta Terra veda cambiare<br />
il proprio clima principalmente a seguito<br />
dello svolgimento di attività antropiche<br />
caratterizzate da emissioni di COx, principali<br />
responsabili dell’effetto serra e in<br />
definitiva del surriscaldamento globale,<br />
da cui deriva in primis lo scioglimento dei<br />
ghiacciai con le note conseguenze dell’innalzamento<br />
– lento ma inesorabile – del<br />
livello medio degli oceani.<br />
Pressoché ovunque nella Penisola l’assenza<br />
di un PIANO REGIONALE di protezione<br />
civile ha contribuito a far sì che quasi<br />
nessun Comune ne abbia uno “efficace”<br />
applicabile in caso di emergenza di protezione<br />
civile per rischio idrogeologico,<br />
neve, terremoti.<br />
L’assenza di un PIANO PROVINCIALE di protezione<br />
civile che contempli tutti i rischi<br />
(rischio idraulico, rischio frane, rischio incendi,<br />
rischio nucleare, rischio industriale,<br />
ecc.) per la popolazione, gli animali e le<br />
cose (beni) è indispensabile per poter gestire<br />
emergenze sovracomunali.<br />
L’assenza, nella maggior parte dei Comuni<br />
italiani del PIANO COMUNALE di protezione<br />
civile continua tuttora a legittimare<br />
l’idea che alluvioni e frane – ma non solo<br />
– siano eventi calamitosi eccezionali e che<br />
morti e feriti, distruzione di infrastrutture,<br />
beni storico – culturali, edifici civili e industriali<br />
sia da attribuirsi alla fatalità.<br />
Il piano di protezione civile regionale si<br />
rivolge a province e comuni e altri soggetti<br />
(presidi di protezione civile); il piano di<br />
protezione civile provinciale si rivolge ai<br />
comuni; il piano di protezione civile comunale<br />
si rivolge alle persone e non serve<br />
solo per definire le aree a rischio ma le<br />
procedure per la gestione delle emergenze<br />
di protezione civile.<br />
Ad ogni modo l’assenza del piano di protezione<br />
civile regionale e/o provinciale non<br />
legittimano né giustificano alcun Sindaco,<br />
nella sua qualità di massima autorità di protezione<br />
civile, a rimandare o non provvedere<br />
affatto alla predisposizione del Piano<br />
comunale di protezione civile per ciascuno<br />
dei rischi presenti nel proprio territorio.<br />
ll Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto<br />
Idrogeologico (PAI) è uno strumento pianificatorio<br />
nato in seguito all’emanazione<br />
della Legge 18/05/1989, n. 183 recante<br />
“Norme per il riassetto organizzativo e funzionale<br />
della difesa del suolo” ed ai sensi<br />
del decreto legge 11/06/1998, n. 180<br />
recante “Misure urgenti per la prevenzione<br />
del rischio idrogeologico ed a favore<br />
delle zone colpite da disastri franosi nella<br />
regione Campania”, convertito con modificazioni<br />
dalla Legge 03/08/1998, n. 267,<br />
che guarda caso – come spesso accade<br />
in Italia – è stata promulgata all’indomani<br />
dei gravi disastri che colpirono la Campania<br />
nel 1998.<br />
Il PAI predisposto dalle Regioni in attuazione<br />
delle anzidette disposizioni normative è<br />
molto spesso carente e lacunoso, soprattutto<br />
per quanto riguarda la valutazione del<br />
rischio di protezione civile e il valore da<br />
attribuire alla vulnerabilità; ad ogni modo<br />
il PAI non va confuso col piano di protezione<br />
civile, ancorché da esso tragga utili<br />
elementi conoscitivi.<br />
Il dissesto idrogeologico ha raggiunto livelli<br />
intollerabili a causa di innumerevoli fattori:<br />
cementificazione degli alvei, realizzazione<br />
di ponti sottodimensionati, ostruzione<br />
degli alvei a causa di discariche abusive,<br />
realizzazione di strade in aree a elevata<br />
franosità, mancata pulizia degli alvei dalla<br />
vegetazione, consumo del suolo e impermeabilizzazione<br />
di superfici senza tenere conto<br />
dell’invarianza idraulica, tombamento<br />
(canalizzazione sotterranea) di corsi d’acqua<br />
per fare spazio a nuove lottizzazioni;<br />
sottodimensionamento delle reti fognarie.<br />
La gestione operativa del Piano comunale<br />
di protezione civile è prerogativa di un ben<br />
coordinato gruppo di persone – a capo<br />
delle quali v’è il Sindaco - non necessariamente<br />
assunte dal Comune ma, anzi, prese<br />
a prestito dalla società civile; il principio<br />
di sussidiarietà consente di sopperire alla<br />
mancanza di mezzi e persone attingendo<br />
le risorse da altre regioni, province, comuni<br />
e avvalendosi del qualificato volontariato di<br />
protezione civile.<br />
Vale infine la pena ricordare che i piani<br />
di protezione civile vanno aggiornati, modificati<br />
e integrati ogni anno per espressa<br />
previsione normativa e che le emergenze di<br />
protezione civile riguardano TUTTI (prima,<br />
durante e dopo l’emergenza).<br />
«Più si parla di prevenzione del rischio idrogeologico,<br />
meno si parla di emergenza di<br />
protezione civile”.●<br />
38<br />
39
B<br />
I<br />
B<br />
LA VITA SEGRETA DEGLI ALBERI<br />
di Peter Wohlleben<br />
Macro Edizioni - € 18,60<br />
Un libro per imparare a conoscere cosa mangiano<br />
gli alberi, quando dormono, quando parlano,<br />
perché si ammalano e come guariscono. L’autore<br />
ci insegna, attraverso le sue parole, a riprovare stupore<br />
per i prodigi della natura introducendoci alla<br />
vita nascosta degli alberi, presentando un universo<br />
sorprendente e misterioso attraverso affascinanti<br />
storie sulle loro insospettate capacità. Come gli altri<br />
esseri viventi essi sono dotati di memoria, provano<br />
emozioni, comunicano fra loro. Un libro istruttivo<br />
sugli alberi e sulle foreste.<br />
AMATRICIANA FRA STORIE E SAPORI<br />
L<br />
I<br />
O<br />
T<br />
E<br />
C<br />
A<br />
OLTRE I LIMITI ECOLOGICI<br />
di Giuseppe Zicari<br />
Editore EPC - € 25,00<br />
Una cosa si evince dal libro: l’uomo è capace di far<br />
estinguere la maggior parte degli ecosistemi e delle<br />
specie, di produrre la più alta impennata di quantità<br />
di gas serra si sia mai prodotta nell’atmosfera e di<br />
alterare il ciclo dell’acqua, dell’azoto e del carbonio.<br />
L’autore analizza gli indicatori dello stato di degrado<br />
ambientale in cui ci ritroviamo a vivere ed esamina<br />
alcune ricadute sulla salute. In particolare affronta<br />
situazioni che si sono sviluppate nel contesto italiano<br />
come le cause della riduzione delle produzioni<br />
alimentari, la riduzione della biodiversità e i limiti<br />
culturali di una società impreparata al cambiamento<br />
necessario.<br />
SUPER FOOD<br />
di David Wolfe<br />
Macro Edizioni - € 16,58<br />
David Wolfe, famoso guru di alimentazione crudista,<br />
ci fa conoscere in questa guida illustrata quegli alimenti<br />
speciali che appartengono ai tre antichi gruppi<br />
alimentari che la cultura contemporanea sta riscoprendo<br />
: gli alimenti vegetali crudi vivi come noci,<br />
semi, germogli, i supercibi come le bacche di goji, le<br />
fave di cacao, i prodotti delle api e le<br />
supererbe come i funghi reishi, l’unghia del gatto. Il<br />
libro presenta i supercibi più importanti declinandoli<br />
in ricette che li contengono e viene scientificamente<br />
spiegata la loro capacità di aumentare l’energia vitale<br />
dell’organismo e rafforzare il sistema immunitario.<br />
Gli spaghetti all’Amatriciana, piatto tradizionale<br />
della cucina laziale, sono assurti<br />
agli onori della cronaca in seguito<br />
al terremoto che nell’agosto del 2016<br />
ha pesantemente colpito il centro Italia.<br />
Ed è successo perché, nel nome di questo<br />
“valore” è scattata la solidarietà della<br />
gente comune che, in forme diverse,<br />
ha voluto dare un aiuto concreto a chi<br />
aveva perso qualsiasi sicurezza.<br />
Ci viene in mente Due euro per ogni<br />
piatto servito, l’iniziativa lanciata da<br />
Slow Food a tutti i ristoratori proprio<br />
nel giorno in cui avrebbe dovuto aver<br />
luogo la 50° edizione della sagra dedicata<br />
a questo piatto; Amatriciana<br />
Solidale , slogan che ha visto coinvolte<br />
numerose città con iniziative ed eventi,<br />
persino la stazione antartica italo-francese<br />
Concordia che il 1° dicembre2016<br />
gli ha dedicato l’Antartica Day. E poi il<br />
Kit Amatriciana Solidale un pacchetto<br />
con gli ingredienti e la ricetta originale<br />
distribuito tramite il circuito Spesa in<br />
Campagna.<br />
Ma quale è la storia dell’Amatriciana?<br />
L’Amatriciana, in romanesco Matriciana,<br />
prende il nome da Amatrice, una<br />
cittadina in provincia di Rieti, anche se<br />
originaria di Grisciano, un paese dell’alta<br />
sabina sul confine con le Marche.<br />
Ad Amatrice nel rione Ponte esisteva un<br />
vicolo chiamato de’ Matriciani e una<br />
piazza dove i sabini tenevano un mercato<br />
vendendo i prodotti dei monti Sibillini:<br />
pane, salumi, formaggi e sostavano<br />
poi nei pressi di una locanda chiamata<br />
l’Amatriciana. Questi pastori si nutrivano<br />
con la Griscia, spaghetti o maccaroni<br />
conditi con strutto, guanciale, pepe e<br />
pecorino.<br />
La prima testimonianza scritta di questo<br />
piatto si trova nel manuale di cucina del<br />
cuoco romano Francesco Leonardi che<br />
servì un piatto popolare alla maniera<br />
dei matriciani alla corte del Papa Pio VII<br />
nell’aprile del 1816. Leonardi fu il primo<br />
cuoco ad usare i pomodori e trasformò<br />
un piatto popolare come la Griscia in un<br />
piatto alla moda. La sua versione prevede<br />
i maccaroni, il guanciale di Amatrice,<br />
pomodori, cipolla, pepe e pecorino.<br />
Oggi l’Amatriciana esiste in diverse varianti<br />
, ma tutti concordano sull’uso del<br />
guanciale, mentre differiscono le opinioni<br />
sul pomodoro che può essere fresco,<br />
in scatola o concentrato. La cipolla non<br />
è usata ad Amatrice, ma è presente nella<br />
ricetta di Leonardi. Come formaggio<br />
può essere usato sia il pecorino romano<br />
sia quello di Amatrice, meno salato. L’uso<br />
di pepe o peperoncino è attestato.
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VI ABBIAMO CHIESTO DI INTERPRETARE CON<br />
UNA FOTOGRAFIA DI AMBIENTE E TERRITORIO IL TEMA:<br />
I MILLE COLORI<br />
DELLA DIFFERENZIATA<br />
Questo mese<br />
La redazione ha selezionato:<br />
Dai rifiuti degli<br />
imballaggi in plastica<br />
si fanno fiancate<br />
e parafanghi degli<br />
scooter, cassette per<br />
ortaggi, sedie, lampadari,<br />
occhiali, panchine,<br />
aspirapolveri, palette e<br />
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con 27 bottiglie di<br />
plastica riciclata si fa un<br />
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su <strong>Ecoideare</strong> di Aprile<br />
Tema del prossimo mese: “Angolo Green in città”<br />
Puoi inviare le tue foto sulla pagina Facebook di <strong>Ecoideare</strong>,<br />
oppure su Instagram e Twitter, utilizzando #fotoideare<br />
45
L'avventurosa storia<br />
del movimento biologico<br />
Una ricostruzione storica dell'agricoltura biologica<br />
a cura di Alberto Berton<br />
opinione diffusa, anche all’interno<br />
É<br />
del settore, che il movimento per<br />
l’agricoltura e l’alimentazione biologica<br />
abbia avuto origine negli anni<br />
Settanta nel contesto più generale del movimento<br />
di contestazione ecologica che ha<br />
colorato una parte importante della cultura<br />
del ’68.<br />
La “primavera dell’ecologia” dei primi<br />
anni Settanta nacque in effetti come reazione<br />
alla “primavera silenziosa” della<br />
Carson con il suo efficace attacco all’uso<br />
del DDT, e di fatto favorì lo sviluppo della<br />
produzione e del consumo di alimenti<br />
biologici, da allora intesi per lo più come<br />
prodotti “senza pesticidi”. L’interesse crescente<br />
dei consumatori e dei politici ha poi<br />
innescato quel processo di regolamentazione<br />
che ha permesso il successivo sviluppo<br />
quantitativo del settore.<br />
Il movimento del biologico nacque però<br />
molto prima degli anni Settanta. In molti<br />
ricorderanno la figura del pensatore austriaco<br />
Rudolf Steiner, fondatore a inizio<br />
Novecento della biodinamica, ma pochi<br />
oggi ricordano il lavoro dell’agronomo inglese<br />
Albert Howard e quasi nessuno quello<br />
dell’italiano Alfonso Draghetti. La storia<br />
del biologico prima degli anni Settanta è di<br />
fatto una storia quasi dimenticata.<br />
In questo contesto, diventa essenziale un<br />
lavoro di ricostruzione storica, volto a riscoprire,<br />
attraverso il ricordo di momenti e<br />
figure del passato, le radici scientifiche ed<br />
etiche del movimento.<br />
Quella del movimento del biologico è una<br />
storia che inizia oltre un secolo fa, nel periodo<br />
a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento.<br />
È una storia che ebbe come fulcro<br />
l’Europa, che si irradiò in Oriente per poi<br />
ritrovare un primo momento di identità<br />
nell’Inghilterra a cavallo delle guerre mondiali.<br />
È una storia basata su fondamentali<br />
progressi delle scienze come su l’emergenza<br />
di nuovi problematiche, di nuovi stili di<br />
vita, di nuove esigenze spirituali. In questa<br />
storia, non mancano poi i collegamenti<br />
alle vicissitudini politiche del Novecento,<br />
dall’avvento del nazismo ai movimenti di<br />
protesta giovanile degli anni Sessanta.<br />
Insomma le motivazioni e gli ingredienti ci<br />
sono tutti per ricostruire questa che, prendendo<br />
a prestito il titolo di uno dei primi<br />
lavori di divulgazione scientifica sullo zucchero<br />
di Giorgio Nebbia, il magister, ho<br />
chiamato l’avventurosa storia del biologico<br />
e che sarà l’oggetto di questa sezione<br />
dei prossimi numeri di <strong>Ecoideare</strong> e che vi<br />
invito quindi a seguire nella speranza di<br />
contribuire al dibattito in corso sul passato,<br />
sul presente e sul futuro dell’agricoltura<br />
biologica.<br />
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CCPB CERTIFICA PRODOTTI BIOLOGICI ED ECOSOSTENIBILI<br />
DEL SETTORE AGROALIMENTARE E NO FOOD<br />
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biologico<br />
CCPB ha gli accreditamenti e le autorizzazioni<br />
per l’attività di controllo e certificazione dei<br />
prodotti biologici, in Europa e nel mondo.<br />
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CCPB opera nel settore della cosmesi,<br />
nel tessile e nelle aree verdi coltivate<br />
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Habitat e i nostri standard privati.<br />
I prodotti<br />
eco-sostenibili<br />
CCPB certifica i prodotti agroalimentari e non,<br />
in base a standard nazionali e internazionali<br />
quali la produzione integrata, la detergenza,<br />
la rintracciabilità di filiera, GLOBALGAP, la<br />
certificazione di prodotto e quella di sostenibilità.<br />
ALBERTO BERTON<br />
berton@bioeco.net<br />
Economista, divulgatore, esperto di bioeconomia. Dopo un’esperienza<br />
manageriale presso importanti catene alimentari e presso alcune realtà<br />
pioniere dell’agricoltura biologica in Italia, dal 2003 è titolare di un’agenzia<br />
specializzata nello sviluppo di soluzioni di vendita per i prodotti biologici.<br />
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Controllo<br />
e Certificazione<br />
CCPB srl<br />
Viale Masini, 36<br />
40126 Bologna, Italy<br />
Tel +39 051 6089811<br />
Fax +39 051 254842<br />
ccpb@ccpb.it<br />
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