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Ecoideare Marzo Aprile N28

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LO SFUSO<br />

TRACCIABILE<br />

di Fabrizio Piva<br />

Amministratore Delegato CCPB<br />

ALIMENTAZIONE<br />

Rintracciabilità, tracciabilità, origine, etichettatura, qualità,<br />

etichetta narrante ed altri aspetti connessi alla storia<br />

di un prodotto sono spesso gli strumenti attraverso<br />

cui si cerca di trasferire la qualità di un prodotto, passaggio<br />

dopo passaggio, a un mercato e a un consumatore sempre<br />

più segmentati e alla ricerca di molteplici informazioni.<br />

Un consumatore che nei decenni si è allontanato dalla conoscenza<br />

“contadina” che un tempo permeava la stragrande maggioranza<br />

dei consumatori. Oggi il consumatore è lontano, non solo<br />

fisicamente, dai luoghi in cui si produce e la mediaticità, anche<br />

di pochi casi, crea dubbi sulla qualità dei prodotti e sulla loro<br />

genuinità e mina la credibilità di un sistema produttivo che nella<br />

stragrande maggioranza dei casi è fatto di operatori seri e onesti.<br />

Le normative pubbliche in materia e le certificazioni volontarie<br />

hanno cercato di creare le condizioni affinchè i consumatori siano<br />

garantiti sia sui requisiti qualitativi che sulle informazioni<br />

circa i processi produttivi adottati e sull’origine della materia<br />

prima, elemento quest’ultimo sempre più richiesto dal consumatore.<br />

La tracciabilità e la rintracciabilità sono diventate dal 2002, con<br />

il Reg. CE 178, norme di legge anche se non dobbiamo confondere<br />

la rintracciabilità di un prodotto alimentare e di un mangime<br />

con l’origine delle materie prime così come l’origine non necessariamente<br />

coincide con il luogo di coltivazione di dette materie<br />

prime. La rintracciabilità è, innanzitutto, lo strumento principale<br />

per individuare responsabilità lungo la filiera e fermare o recuperare<br />

lotti di prodotto pericolosi per la sicurezza igienico-sanitaria;<br />

la stessa può servire, se realizzata con strumenti volontari<br />

(ISO 22005) per trasferire lungo la filiera informazioni circa i<br />

metodi produttivi adottati o la presenza/assenza di determinate<br />

conponenti e contribuire a definire la qualità ricercata da alcuni<br />

consumatori. Nel biologico, ad esempio, l’indicazione “Agricoltura<br />

UE/non UE” identifica se le materie prime contenute in un<br />

prodotto sono state coltivate allìinterno o all’esterno dell’UE.<br />

Per l’ortofrutta fresca, già da oltre 20 anni, è obbligatoria l’indicazione<br />

del paese di coltivazione indipendentemente dai canali<br />

di vendita. Lo stesso dicasi per le carni fresche e per l’olio di<br />

oliva. Il legislatore ha, quindi, accompagnato lo strumento della<br />

rintracciabilità all’obbligo di indicare i luoghi di coltivazione/<br />

allevamento di queste materie prime intendendo con questo fornire<br />

informazioni al consumatore.<br />

Occorre chiedersi se l’indicazione dell’origine sia un fattore<br />

qualitativo, sicuramente lo è in termini di trasparenza, anche se<br />

la qualità è legata più alle modalità di produzione che a determinati<br />

luoghi ad eccezione di quei paesi in cui la legislazione<br />

alimentare è carente e non garantisce sul raggiungimento dei requisiti<br />

minimi di legge.<br />

Per l’ortofrutta, ad esempio, le indicazioni dell’origine devono<br />

apparire anche sul display accanto ai prodotti sfusi e non solo<br />

sull’etichetta dei preconfezionati, perché tali garanzie devono<br />

essere offerte a tutti i consumatori indipendentemente dal canale<br />

di vendita.<br />

L’Italia da alcuni anni sta spingendo sull’obbligatorietà dell’indicazione<br />

del luogo di coltivazione delle materie prime alimentari<br />

sia per ragioni di tipo qualitativo ma, soprattutto, per ottenere un<br />

accesso preferenziale ai propri prodotti, evitare il fenomeno del<br />

“sounding” che spaccia per italiani prodotti che non lo sono ed<br />

evitare l’import secondo una sorta di “dumping” socio ambientale<br />

che compete a condizioni non eque rispetto ai prodotti nostrani.<br />

Accanto a questo, sul piano economico, è necessario che<br />

il paese crei le condizioni per migliorare l’economicità dei metodi<br />

produttivi rendendone maggiormente competitivi i prodotti<br />

in quanto la sola indicazione dell’origine non sarà sufficiente a<br />

competere sui mercati mondiali e nostrani.■<br />

22 ecoIDEARE - <strong>Marzo</strong> / <strong>Aprile</strong> 2015<br />

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