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Ecoideare Marzo Aprile N28

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Consapevolezza e responsabilità<br />

Su invito del nostro Direttore,<br />

a cui rivolgiamo i nostri<br />

auguri di rapido ritorno<br />

agli impegni, ci assumiamo<br />

l’onere di redigere l’editoriale di<br />

questo numero.<br />

Il contesto internazionale è preoccupante,<br />

conflitti anche vicino a noi<br />

stanno modificando equilibri già<br />

precari. Non possiamo non chiederci<br />

quali sono le connessioni con le<br />

politiche energetiche e ambientali<br />

che coinvolgono il mondo in modo<br />

globale. Il nostro contributo, per<br />

quanto modesto, è quello di mettere<br />

in evidenza i temi che ci rendono<br />

cittadini consapevoli. Non a caso la<br />

consapevolezza è il tema che trasversalmente<br />

viene sviluppato da<br />

tutti coloro che firmano gli articoli<br />

di questo numero.<br />

<strong>Ecoideare</strong>, come strumento del nostro<br />

impegno culturale, tende a<br />

sensibilizzare e a far riflettere sui<br />

grandi problemi che attanagliano<br />

il pianeta: la fame nei paesi poveri,<br />

le risorse energetiche, il rispetto<br />

dell’ambiente, partendo dall’individuo<br />

come soggetto resposabile di<br />

tutte le scelte.<br />

Per l’anno 2015 la nostra scelta<br />

editoriale è stata quella di prendere<br />

spunto dal Maxi Evento. Infatti,<br />

già nel primo numero, si sarà notato<br />

che abbiamo affrontato i contenuti<br />

di EXPO 2015, invertendo le parole<br />

chiave, e continueremo nei prossimi<br />

numeri a seguire questa logica svolgendo<br />

il tema da altre angolazioni.<br />

Con questo numero nuove firme<br />

sono entrate a far parte del gruppo<br />

dei collaboratori con nuove competenze:<br />

Vincenzo Lo Scalzo ci parla<br />

di un’opzione, per noi molto critica,<br />

lo shale gas, come alternativa<br />

di approvvigionamento energetico<br />

e Alberto Gallo ci introduce ad un<br />

nuovo modello economico. Riprende<br />

a scrivere con noi Gianni Cavinato<br />

che descrive il rapporto tra gli<br />

Editoriale<br />

elementi chimici naturali del nostro<br />

organismo e il senso di consapevolezza<br />

e responsabilità.<br />

Di grande attualità la trattazione<br />

della cannabis, da parte di Alessandro<br />

Pulga, come prodotto dai mille<br />

usi tra cui quello alimentare.<br />

Al “Centro del mondo” è Milano<br />

tra gli eventi del Fuorisalone e l’imminente<br />

Expo, a cura di Nicola Saluzzi.<br />

Franco Cirone si toglie l’abito<br />

del medico nutrizionista e ci offre<br />

uno sguardo profondo, da psicoterapeuta,<br />

sull’evoluzione del rapporto<br />

io-società come fondamento per<br />

raggiungere consapevolezza azzardando<br />

il concetto di superamento<br />

della felicità.<br />

Giorgio Nebbia, il nostro “faro”, ci<br />

illumina sulla “vendetta della carta”<br />

nel trasmettere la memoria del<br />

mondo.■<br />

Il comitato di redazione<br />

Buona lettura!<br />

“La cura dell’ambiente non è un<br />

movimento o un’ideologia, è il nostro<br />

prossimo gradino evolutivo”.<br />

(Daniel Goleman)<br />

Sostenibilmente<br />

a cura del Gruppo di Ricerca sullo Sviluppo Sostenibile (GRISS) dell’Università degli Studi di Milano Bicocca<br />

LA BIO-ECONOMY E LE BIORAFFINERIE:<br />

ISTRUZIONI PER L’USO<br />

di Serenella Sala e Valentina Castellani<br />

Nelle strategie di produzione e<br />

consumo sostenibili, emerge<br />

sempre più frequentemente la<br />

cosiddetta bio-economy, ovvero<br />

l’economia basata sull’eco-innovazione<br />

orientata allo sviluppo e alla produzione<br />

di prodotti innovativi a partire da materie<br />

prime biologiche -conosciuti anche come<br />

prodotti “bio-based”- volti a sostituire i<br />

prodotti più tradizionali, basati sull’utilizzo<br />

di materie prime di origine fossile.<br />

La parola “bio-based” si riferisce, infatti,<br />

a prodotti che utilizzano materie prime<br />

biotiche -le biomasse-, come ad esempio il<br />

legno delle piante, le bioplastiche ottenute<br />

dalla lavorazione di colture agricole (o<br />

dei loro scarti), gli ingredienti funzionali<br />

prodotti a partire dagli scarti di produzione<br />

dell’industria alimentare, gli ingredienti<br />

cosmetici prodotti a partire da materie<br />

prime vegetali e in generale tutti i prodotti<br />

basati sull’utilizzo di una o più materie<br />

prime rinnovabili.<br />

Questa definizione comprende molte applicazioni<br />

possibili all’interno diversi segmenti<br />

di mercato, che mostrano tutti una<br />

tendenza in crescita negli ultimi anni.<br />

I prodotti della bio-economy, pur partendo<br />

da una o più materie prime naturali, necessitano<br />

comunque di un processo produttivo<br />

di tipo industriale, che talvolta è persino<br />

più complesso di quello necessario<br />

per i corrispondenti prodotti “tradizionali”<br />

ottenuti da fonti fossili. Questi processi di<br />

trasformazione avvengono nelle bioraffinerie.<br />

L’Enciclopedia Treccani definisce la bioraffineria<br />

come l’“Impianto in cui si compiono<br />

le operazioni sulle biomasse per<br />

ottenere energia, combustibili, prodotti<br />

chimici e materiali”. Si tratta di veri e propri<br />

impianti industriali analoghi a quelli<br />

delle industrie chimiche tradizionali, ma<br />

che utilizzano differenti materie prime e le<br />

sottopongono a trasformazioni successive,<br />

più o meno complesse a seconda del materiale<br />

di partenza e del prodotto che si vuole<br />

ottenere. Per questo motivo, non possiamo<br />

dare per scontato che qualsiasi prodotto<br />

bio-based possa essere considerato sostenibile<br />

a priori, e soprattutto che la bio-economy<br />

sia una soluzione ad “impatto zero”.<br />

D’altra parte, lo sviluppo della bio-economy<br />

può garantire benefici ambientali<br />

notevoli, sia grazie alla riduzione dell’uso<br />

di materie prime fossili, sia perché, soprattutto<br />

nelle bioraffinerie di seconda e terza<br />

generazione, si utilizzano materie prime<br />

rinnovabili ricavate da scarti di altre filiere<br />

produttive (sia agricole -ad esempio per<br />

la produzione di biocarburanti che industriali-<br />

ad esempio il recupero di sostanze<br />

funzionali dagli scarti delle lavorazioni di<br />

prodotti alimentari, a loro volta utilizzate<br />

come ingredienti di prodotti alimentari,<br />

farmaceutici o cosmetici).<br />

Dunque come valutare un prodotto<br />

“bio-based” per quanto riguarda la sua<br />

sostenibilità ambientale?<br />

Nella letteratura scientifica sono presenti<br />

numerosi studi che affrontano questo problema,<br />

ad esempio valutando gli impatti<br />

durante tutta la filiera produttiva, effettuando<br />

studi di ciclo di vita (Life Cycle<br />

Assessment-LCA) su queste tipologie di<br />

prodotti.<br />

Pur essendo i risultati di questi studi altamente<br />

dipendenti dalla specifica filiera<br />

considerata, è tuttavia possibile identificare<br />

alcuni criteri generali che permettono<br />

di stimare a priori le potenziali criticità o<br />

i benefici di una determinata tipologia di<br />

prodotto che utilizza materie prime rinnovabili.<br />

In primo luogo, è importante considerare<br />

che spesso le materie prime rinnovabili<br />

non sostituiscono completamente quelle<br />

fossili, soprattutto in prodotti complessi<br />

come i cosmetici o le formulazioni farmaceutiche.<br />

È dunque importante valutare<br />

quanto le materie prime fossili sostituite<br />

incidano sull’impatto totale generato<br />

dal prodotto di partenza (quello prodotto<br />

in modo tradizionale), e quindi quanto la<br />

soluzione di eco-innovazione (prodotto<br />

bio-based) possa ridurre gli impatti totali.<br />

Un altro criterio rilevante è la tipologia di<br />

materia prima rinnovabile che si vuole utilizzare:<br />

ovviamente, il recupero di scarti<br />

di altre filiere produttive (in un’ottica di<br />

simbiosi industriale) è preferibile rispetto<br />

all’utilizzo di biomasse coltivate appositamente<br />

(ad esempio, in colture agricole<br />

dedicate). La scelta di materie prime da<br />

recupero, soprattutto nel caso di colture<br />

agricole) permette anche di risolvere il ben<br />

noto problema della competizione nell’uso<br />

del suolo da parte di colture dedicate<br />

alla bio-economy rispetto alle colture dedicate<br />

alla produzione alimentare.<br />

Infine, un altro risultato comune a tutti<br />

gli studi riguarda la complessità delle lavorazioni<br />

necessarie per trasformare la<br />

biomassa di partenza nella materia prima<br />

adatta alla filiera produttiva di riferimento,<br />

ovvero a garantirle proprietà funzionali<br />

pari o superiori rispetto a quelle della<br />

materia prima fossile che viene sostituita.<br />

Poiché le bioraffinerie, come detto in precedenza,<br />

sono industrie in cui avvengono<br />

processi chimici industriali, più semplice<br />

sarà la trasformazione necessaria, minori<br />

saranno gli impatti connessi a questi processi<br />

produttivi, e quindi migliore risulterà<br />

il profilo del prodotto “bio-based” finale.<br />

In sintesi, più le bioraffinerie saranno in<br />

grado -grazie alla continua ricerca nel<br />

campo dell’eco-innovazione- di proporre<br />

prodotti e processi innovativi, passando<br />

dalla semplice sostituzione di materie<br />

prime fossili con materie prime rinnovabili<br />

all’innovazione totale dei processi<br />

(ad esempio, con reazioni chimiche che<br />

limitino al minimo l’utilizzo di solventi<br />

e sostituiscano il più possibile i reagenti<br />

tradizionali con alternative derivate dalla<br />

ricerca sulla “green chemistry”), maggiori<br />

saranno i benefici garantiti da prodotti e<br />

processi della bio-economy.■<br />

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