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FuoriAsse#20

Officina della cultura

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Allungare<br />

lo sguardo<br />

Clara Usón<br />

di Mauro Tomassoli<br />

©Christian Schloe<br />

Che ad un autore sia dato restituire<br />

qualcosa di vero e di non effimero solo<br />

scrivendo di cose viste, di luoghi a lui<br />

noti, solo innestando i propri germogli<br />

d’arte nel tronco da cui si sente egli stesso<br />

generato (il paese, la regione, la città...),<br />

è un’idea corroborata da innumerevoli<br />

esempi offerti dalla storia letteraria,<br />

senz’altro.<br />

Ma leggendo il bel romanzo di Clara<br />

Usón pubblicato in Spagna nel 2012 e<br />

l’anno successivo in Italia con Sellerio,<br />

La figlia, bisogna pur ammettere che si<br />

possa raggiungere un fulminante effetto<br />

di verità, di veridicità, anche narrando<br />

una vicenda ambientata in un paese<br />

diverso dal proprio, vissuta da personaggi<br />

di altra lingua e nazionalità. Vi riesce,<br />

la scrittrice spagnola (o dà l’impressione,<br />

a un lettore italiano, di farlo), poiché<br />

sembra quasi, in quel romanzo, appropriarsi<br />

di una cultura, di un modo di stare<br />

al mondo: che sono, nella fattispecie,<br />

quelli dei popoli serbo, croato, bosniaco.<br />

E se vi riesce, è da credere, non è solo in<br />

virtù di approfonditi studi storico-etnografici,<br />

ma anche di un modo profondo<br />

ed empatico di sentire l’umano, di sondarne<br />

le più universali regioni e ragioni,<br />

arrivando così alla radice comune dell’esistenza.<br />

Nella storia di Ana, figlia del<br />

sanguinario “macellaio di Srebrenica”<br />

Ratko Mladić, nelle sue strazianti illusioni<br />

e disillusioni, è inciso un tema musicale<br />

noto a chiunque abbia orecchio alle<br />

cose della vita, ed è per la maestria con<br />

cui la scrittrice lo lascia pian piano decantare<br />

ed elevarsi al di sopra del fra-<br />

FUOR ASSE<br />

117<br />

Allungare lo Sguardo

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