n14 #3D magazine

Direi la seconda. La cosa più
sbagliata è l’approccio, se
manca la concentrazione, ci
si potrebbe trovare di fronte
a situazioni eccezionali, il
messaggio è, per me è un giorno
della settimana, per il paziente
un giorno eccezionale.
Ha avuto difficoltà ad
affermarsi in un settore al
maschile?
Il primo grande scoglio
è stata la ricerca attiva
di un maestro che avesse
un atteggiamento non di
preclusione. L’opportunità
mi è stata offerta dai prof.
Parenzan e Alfieri. Il primo a
fine carriera e specializzato nel
curare i bambini, il secondo un
luminare nella cardiochirurgia
dell’adulto.
Grande professionalità e
capacità di creare empatia
col paziente, dote naturale
o frutto di esperienza?
L’ho imparato da mio
padre e l’ho confermato
con l’esperienza. Un po’ di
psicologia non guasta mai. C’è
chi tende a dimenticarsi del
proprio problema, ma anche chi
non supera la malattia sul piano
mentale.
Una persona operata in
emergenza e strappata alla
morte, che cosa si prova?
Soddisfazione per aver fatto
bene, sei felice dal momento
che realizzi perché hai fatto
questa professione.
Chi arriva in urgenza spesso
non se ne accorge proprio,
e non sa che deve la vita al
medico. Dispiace che le donne
spesso arrivino troppo tardi, gli
uomini sono più informati e si
curano di più.
C’è qualcosa che urta la sua
calma olimpica?
L’irriconoscenza dei pazienti e
le loro pretese fuori misura, ma
soprattutto l’intromissione di
burocrazia e politica nella realtà
Soddisfazione per
aver fatto bene, sei
felice dal momento
che realizzi perché
hai fatto questa
professione
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