“INTEGRAZIONE DEL PROTOCOLLO EMDR NELLA TERAPIA ...

“INTEGRAZIONE DEL PROTOCOLLO EMDR NELLA TERAPIA
SISTEMICO RELAZIONALE RISPETTO ALLA PATOLOGIA
ALIMENTARE”
INTRODUZIONE
Monica Aletti e Nives Carissoni
A partire dalla primavera del 2004, nell'ambito dell'associazione “Centri Mara Selvini”, ci
siamo impegnati, con buoni risultati, per sperimentare e consolidare modalità e strategie
di collaborazione multidisciplinare con un medico che, nel rispetto delle specifiche
competenze, condividesse i nostri stessi presupposti teorico-clinici.
Negli ultimi mesi, confortati dalla letteratura scientifica sull'utilizzo clinico dell'EMDR e dai
risultati da noi stesse ottenuti nel trattamento di altri disturbi, abbiamo ritenuto opportuno
sperimentare l'integrazione tra la terapia sistemico-relazionale e il trattamento con EMDR,
con l'obiettivo di incrementare ulteriormente l'efficacia dei nostri interventi e superare
alcune criticità.
La nostra relazione, frutto di un'esperienza molto recente con 17 pazienti, intende mettere
in luce sia le prospettive, che appaiono promettenti, sia le difficoltà incontrate nel tentativo
di integrare i due modelli terapeutici.
IL MODELLO SISTEMICO RELAZIONALE DI RIFERIMENTO
Come ha efficacemente sintetizzato Matteo Selvini nella relazione d'apertura del primo
convegno dell'Associazione “Centri Mara Selvini” :
“Il nostro modello è caratterizzato dalla teoria dell'attaccamento e dall'integrazione tra
concetti sistemici (la specifica posizione del paziente nel sistema delle sue relazioni) e
individuali (la specifica relazione del paziente con se stesso, ad esempio, con quali
modalità elabora la
sofferenza).
La diagnosi e il trattamento mettono al centro la persona sofferente e sono impostati su tre
poli:
1. la diagnosi del funzionamento familiare e delle altre relazioni significative;
2. la diagnosi sulle specifiche caratteristiche del sintomo;
3. la diagnosi del tipo di personalità.
Una personalità si co-costituisce nell'interazione con le figure significative e in questo
processo possono generarsi disagi che il paziente cercherà di tamponare ricorrendo a
sintomi quali l'anoressia, la bulimia, l'iperfagia.” (Selvini, 2006).
La collaboratività con il paziente e i suoi familiari significativi e il lavoro in équipe sono
inoltre due elementi essenziali del nostro modello terapeutico.
IL MODELLO DI ELABORAZIONE ACCELERATA
DELL'INFORMAZIONE E L'EMDR
L'EMDR è una tecnica terapeutica volta all'elaborazione adattiva dell'informazione che a
causa di eventi traumatici (grandi “T “e piccole “t”) è rimasta immagazzinata nel cervello in
maniera non adattiva e non integrata.
Nel modello di elaborazione accelerata dell'informazione, “la patologia viene considerata

come configurata dall'impatto di precedenti esperienze conservate nel sistema nervoso
nella loro forma originale” (Shapiro, 2000, pag. 14). A fronte dell'evento traumatico
l'informazione viene, cioè, immagazzinata con le cognizioni negative, le emozioni, le
percezioni e le sensazioni fisiche che sono state esperite al momento dell'evento
traumatico e come tali vengono riattivate ogni qualvolta uno stimolo attuale le richiama.
L'EMDR, attraverso i movimenti oculari bilaterali (simili a quelli del sonno REM) o altre
forme di stimolazione bilaterale (tapping, stimolazioni acustiche bilaterali alternate), stimola
l'integrazione tra le reti neurali, favorendo una rapida elaborazione degli eventi traumatici
e delle cognizioni negative, delle percezioni, delle sensazioni fisiche ed delle emozioni
connesse.
LE MOTIVAZIONI A SOSTEGNO DELL'INTEGRAZIONE DEL
TRATTAMENTO EMDR CON LA TERAPIA SISTEMICO
RELAZIONALE
I clinici formatori ed esperti dell'EMDR (Shapiro, Fernandez etc.) sottolineano quanto siano
essenziali una solida preparazione clinica del terapeuta e una adeguata fase di
consultazione volta ad individuare le connessioni tra la sofferenza attuale e la storia
individuale e relazionale del paziente, nonché le sue risorse personali e relazionali. Tutto
ciò è essenziale per individuare sia i ricordi “target” da elaborare, in quanto ritenuti
all'origine della sofferenza attuale, sia le risorse personali e relazionali legate a
esperienze positive che possono essere potenziate nella fase di stabilizzazione e possono
orientare il terapeuta negli interventi cognitivi integrativi (responsabilità/colpa, sicurezza,
scelta).
Più in specifico, Shapiro (Shapiro, 2000) sottolinea che:
a- Per rendere efficace l'EMDR è necessario individuare i giusti target da elaborate e
pianificarne l'elaborazione nella giusta sequenza, sulla base dell'esperienza clinica del
terapeuta e attraverso il confronto con il paziente. Un'elaborazione su ricordi casuali
rischia di avere scarsa efficacia o, quanto meno, di prolungare i tempi del trattamento.
b- Altro presupposto essenziale per un utilizzo efficace dell' EMDR, in particolare con
pazienti gravi/difficili come i pazienti con DCA che tendono alla dissociazione e
all'evitamento delle emozioni disturbanti, è appunto la stabilizzazione del paziente che
comprende:
� la costruzione di una solida relazione terapeutica;
� a livello individuale l'installazione del “posto al sicuro” o di altre tecniche di
rilassamento e l' “installazione delle risorse” che attraverso l'apprendimento di
strategie di “coping” possono dare un senso di maggior efficacia e controllo al
paziente;
� l'attivazione di risorse familiari/relazionali importanti per avviare l'elaborazione in
condizioni di sicurezza. Infatti, l'elaborazione di esperienze traumatiche può fare
emergere ricordi, emozioni e sensazioni fisiche altamente disturbanti anche tra una
seduta e l'altra. E' quindi importante che il paziente possa essere accolto e
contenuto, oltre che dal terapeuta, anche dalle persone significative del suo mondo
relazionale (Shapiro, 2000).
Questi obiettivi “preparatori” all'elaborazione con EMDR mi sembrano sostanzialmente
sovrapponibili a quelli individuati da Selvini Palazzoli e altri (1998) tra gli obiettivi della fase

di consultazione:
� costruire un'alleanza terapeutica,
� aiutare la paziente stessa e i suoi familiari a percepire prima la sofferenza
psicologia della ragazza e a concepirla poi come “una difficoltà di crescita all'interno
di una rete di relazioni familiari e sociali” (Selvini Palazzoli e altri, 1998, pag. 106);
� arrivare a condividere, con la paziente e i suoi familiari, un'ipotesi che dia significato
al sintomo come difesa da una sofferenza psicologica maturata nell'intreccio tra
disposizioni naturali, scelte individuali e storia delle relazioni familiari e sociali;
� fare un bilancio delle risorse attivabili per il cambiamento.
La terapia sistemico-relazionale mi sembra, quindi, uno strumento efficace per creare i
presupposti necessari al lavoro con l'EMDR.
L'integrazione tra i due approcci mi sembra, inoltre, utile perché se da un lato l'EMDR
permette di “cicatrizzare” molto rapidamente le ferite aperte (comprese quelle
dell'attaccamento), dall'altro la terapia sistemico-relazionale permette anche di attivare,
laddove sia possibile, le risorse familiari, non solo come supporto in fase di elaborazione
con l'EMDR, ma anche con una funzione riparativa rispetto alle esperienze passate e
come fonte di relazioni più gratificanti nella vita attuale e futura del paziente. Infatti, “Una
delle premesse fondamentali della terapia della famiglia è che le persone dovrebbero
essere aiutate a soddisfare le proprie necessità emotive, letteralmente, attraverso i propri
cari, attraverso le persone che hanno per loro più importanza, piuttosto che attraverso un
terapeuta, un surrogato dei genitori la cui associazione con il paziente è necessariamente
limitata, professionale e “come se”.” (Framo, 1996, pag. 11).
D'altro canto, sempre più spesso vengono inviate al nostro centro pazienti adulte (intorno
ai 40-50 anni), obese iperfagiche o binge eater, che non hanno più i genitori o li hanno in
condizioni di salute tali da non poter più essere una risorsa riparativa. Con esse l'EMDR
consente di curare le ferite lasciate dalle figure di attaccamento, anche in loro assenza,
andando a rinforzare l'effetto delle riflessioni sulle dinamiche trigenerazionali.
OSSERVAZIONI SUI VANTAGGI E SULLE DIFFICOLTA'
INCONTRATE NELL'UTILIZZO DELL'EMDR IN ASSOCIAZIONE
ALLA TERAPIA SISTEMICO RELAZIONALE NELLA PATOLOGIA
ALIMENTARE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA
SINTOMATOLOGIA BULIMICA.
Come ho detto in premessa, la nostra esperienza nell'utilizzo dell'EMDR nella patologia
alimentare è recente e in fase sperimentale. Ci sentiamo, comunque, di fare alcune
osservazioni sia sui vantaggi sia sulle difficoltà riscontrate nella nostra casistica, con
alcune sottolineature rispetto alle diverse sintomatologie.
a- Rispetto alle pazienti obese (iperfagiche o binge-eater e, in parte, anche per le
bulimiche) l'utilizzo dell'EMDR aiuta a combattere il senso di impotenza delle pazienti, che
rischia, talvolta, di contagiare anche i terapeuti. Come ha scritto Matteo Selvini: “ Se faccio
scorrere nella mia mente i volti delle persone obese che ho avuto in trattamento la prima
parola chiave che mi viene in mente è impotenza: l'avere condiviso dolorosamente con il
paziente e la sua famiglia il fallimento dei tentativi di dimagrire, o anche, molto spesso
l'incapacità di progettare seriamente una strada per il cambiamento. Il fallimento del
perdere peso o il recuperarlo con gli interessi dopo un calo. Il senso di impotenza e
rassegnazione sono i due vissuti che più spesso ci siamo trovati a condividere”. (Selvini,
2008).
Molte delle nostre pazienti obese e bulimiche hanno alle spalle percorsi terapeutici
prolungati con altri terapeuti e sono in carico da diverso tempo anche presso di noi con

cambiamenti, a volte significativi, ma molto lenti e non sufficienti, soprattutto dal punto di
vista sintomatico.
Nella nostra esperienza, l'installazione del “Posto al sicuro” e delle “Risorse” ha aiutato le
pazienti che facevano abbuffate ad acquisire strategie che hanno consentito loro, quanto
meno, di procrastinare l'abbuffata, riducendo il senso d'urgenza, e di percepire, di
conseguenza, un senso di maggior controllo. (es. Alessia)
Inoltre, la rapidità con cui si verificano, anche a livello profondo (di pancia e non solo di
testa) cambiamenti, fino ad allora considerati impossibili o lentissimi, ha incremento la
motivazione alla terapia.
Quest'ultimo aspetto, tuttavia, è uno dei vantaggi, ma allo stesso tempo, è uno dei rischi
da non sottovalutare quando si utilizza l'EMDR nel trattamento della patologia alimentare.
Infatti, i pazienti che abitualmente si difendono dall'impatto delle emozioni, possono anche
spaventarsi nel sentirle emergere così rapidamente e intensamente. In questo caso, se
non sono fortemente motivate al cambiamento e non è stata fatta una sufficiente fase
preparatoria di stabilizzazione, possono abbandonare la terapia. L'unico dropout/sospensione,
riconducibile all'introduzione dell'EMDR, che abbiamo avuto fino a
questo momento ha riguardato una diciottenne obesa, arrivata al nostro centro due anni
fa, per un disturbo della condotta, la quale, a parole, vorrebbe superare il disturbo del
comportamento alimentare, ma nei fatti è molto ancorata ai vantaggi secondari dei suoi
molteplici disturbi. L'avere sottovalutato quest'aspetto e sopravvalutato l'alleanza
terapeutica, mi hanno probabilmente indotta a non tenere sufficientemente presente la
necessità di una maggiore stabilizzazione in fase preparatoria.
b- Uno degli aspetti su cui la letteratura (Todisco, Vinai, 2008; Selvini, 2008) concorda è il
fatto che questi pazienti utilizzano il cibo e/o l'abbuffata per regolare stati emotivi diversi
che fanno fatica a discriminare e che questo comportamento è necessario a sostenere
una difesa dissociativa.
“L'alessitimia (difficoltà di percepire e identificare gli stati emotivi) è associata a diverse
condizioni dello sviluppo e a molteplici tratti di personalità. Tuttavia, sono numerose le
osservazioni cliniche e i dati sperimentali che la attribuiscono a esperienze traumatiche
interpersonali dell'infanzia come il neglect e l'abuso, oppure che l'associano a quadri clinici
dello spettro post-traumatico e alle loro difficoltà di trattamento (Helling 2009; McLean et
al. 2006). Secondo alcuni studiosi l'alessitimia post-traumatica è un disturbo generato da
uno stato di compartimentazione strutturale della personalità in cui è ostacolata
l'integrazione delle informazioni sulle variazioni dello stato corporeo generate dalle
emozioni e le capacità rappresentazionali ed esecutive delle funzioni mentali superiori
(Clayton, 2004;Decety, Moriguchi, 2007; van der Hart et al., 2006). In altre parole, oltre ad
essere una delle più evidenti forme di deficit metacognitivo, l'alessitimia può anche essere
considerata una delle manifestazioni dei processi dis-integrativi o dissociativi che seguono
ai traumi.” (Liotti, Farina, 2011, pag. 60)
“Il rapporto tra trauma e dissociazione esiste, ma è probabilmente multifattoriale e non
lineare (Giesbrect, Mercklebach, 2008). Fattori di dissociazione potrebbero essere
riscontrati in esperienze di grave assenza di sintonia comunicativa fra il bambino e chi
quotidianamente interagisce con lui, senza che per questo l'interazione sia traumatica, in
particolari esperienze di attaccamento dove chi dà cura è emotivamente fragile ma non
maltrattante ...” (Liotti, Farina, 2011, pag. 63)
Queste osservazioni di Liotti e Farina, ci sono state utili per dare una possibile spiegazione
a un fenomeno che abbiamo osservato spesso con questa tipologia di pazienti e che ci ha
fatto sperare di avere trovato nell'EMDR uno strumento utile per spostare sul piano
emotivo pazienti che, anche quando hanno un buono ingaggio terapeutico, fanno fatica a
lavorare sulle emozioni. Già nella fase di “mappatura dei traumi”, infatti, sono spesso
emerse manifestazioni emotivamente forti che, a mio avviso, possono essere legate al

fatto che la metodologia di lavoro proposta dall'EMDR favorisce l'integrazione tra le
capacità rappresentazionali ed esecutive delle funzioni mentali superiori (chiedendo di
richiamare il ricordo e la cognizione negativa connessa) e le informazioni sulle variazioni
dello stato corporeo generate dalle emozioni (chiedendo al paziente di richiamare
l'emozione, il livello di disturbo e dove lo sentono nel corpo). Valeria, lasciando emergere
il ricordo di una relazione con il collega psicologo che mi ha preceduto, esprime piangendo
tutta la sua sofferenza per non avere mai avuto una relazione intima con un uomo. Da lì
inizia a raccontarmi, per la prima volta, che ha fantasie sessuali su Pietro e non su
Antonio. nonostante che dica di essere innamorata del secondo, dandomi modo di
riflettere con lei sulle motivazioni (Pietro fa più paura perché più accessibile, Antonio.
probabilmente rimarrà sempre una relazione platonica). La paziente torna alla seduta
successiva dicendomi che ha deciso di dare una possibilità a Pietro, e che forse è lei che
si è sempre preclusa delle possibilità; ma, soprattutto, da qual momento la “finestra sulle
sue emozioni” che nei due anni di terapia precedenti si apriva a sprazzi, ma si richiudeva
subito, è rimasta aperta in tutti i colloqui successivi.
c- Oltre a trasmettere la percezione che il cambiamento è possibile, l'esperienza di riuscire
a elaborare i ricordi traumatici e le emozioni disturbanti ad essi correlate molto
rapidamente (normalmente anche quando si chiude una seduta incompleta il livello di
disturbo quanto meno scende) rende più accettabile affrontare le esperienze traumatiche e
fa abbassare le difese.
La ricerca clinica sull'EMDR ha messo a punto tutta una serie di tecniche che ne rendono
possibile l'utilizzo anche con pazienti gravi, che tendono alla dissociazione e all'
evitamento delle emozioni. In particolare, ci sono apparsi molto utili con le nostre pazienti l'
“intervento cognitivo integrativo”, e il “riorientamento temporale”.
d- La maggior parte delle nostre pazienti sono state maltrattate fisicamente o
psicologicamente, abusate o molestate sessualmente, o, nel migliore dei casi, gravemente
carenziate e l'EMDR è stato ormai validato ampiamente per il trattamento DPTS e per le
sequele di traumi gravi dimostrandosi altamente efficace. Inoltre, la ricerca clinica ne sta
dimostrando l'efficacia anche nel curare le ferite dell'attaccamento.
STRATEGIE UTILIZZATE
a- Abbiamo ritenuto utile installare sempre il “Posto al sicuro” e alcune “risorse” prima di
effettuare la “mappatura dei traumi”, cioè l'individuazione di 10 ricordi disturbanti, con le
cognizioni negative e le emozioni ad essi associate. Infatti, l'osservazione del fatto che
questa fase del trattamento, spesso, fa emergere emozioni forti, ci ha indotto a pensare
che per pazienti così difese potesse essere rassicurante possedere degli strumenti per
tranquillizzarsi e esperire una capacità di controllo di sé, anche al di fuori della stanza di
terapia.
b- Discutere con il paziente da che ricordo iniziare: non partiamo necessariamente dal più
antico o dal peggiore, come prevede il protocollo standard. Normalmente concordiamo di
partire da un ricordo che sentono disturbante, connesso con vissuti attuali, ma tollerabile
(spaventa meno e se riescono a chiudere sono rassicurati).
Con Lorella per esempio abbiamo scelto di lavorare su un ricordo della prima infanzia (lei
che gioca nel box e improvvisamente sente intorno a sé il panico della nonna e della
madre al rientro a casa del padre) che lei non sente come il più disturbante ma che sente
connesso ad un problema molto attuale e cioè la sensazione paralizzante che sperimenta
di fronte a qualsiasi conflitto sia che abbia a che fare con lei sia che riguardi problemi di

altri.
c- tecniche per l'integrazione delle EP dissociate e degli evitamenti:
- in presenza di “uno stato di compartimentazione strutturale della personalità in cui è
ostacolata l'integrazione delle informazioni sulle variazioni dello stato corporeo generate
dalle emozioni e le capacità rappresentazionali ed esecutive delle funzioni mentali
superiori (Clayton, 2004;Decety, Moriguchi, 2007; van der Hart et al., 2006 cit.in Liotti), il
riorientamento temporale può essere utile per stimolare la prospettiva dell'adulto
collegando le reti neurali bloccate all'età del trauma con le reti neurali più adattive e più
adulte. Questo viene fatto con interventi quali: “quanti anni ha questa parte, è giovane o
vecchia? Vorrei chiedere a questa parte se sa che oggi ha tot anni? Etc.
- Interventi cognitivi integrativi che intrecciano “deliberatamente affermazioni derivate o
sollecitate dal terapeuta con il materiale generato dal paziente […] e che affrontano
generalmente tre aspetti principali: responsabilità, sicurezza e scelta. (Shapiro, p.252-
253).
Con Elisabetta, una donna di 55 anni, ossessionata dall'immagine della sorella cianotica
sul divano e dal senso di colpa per non essere accorsa con sufficiente solerzia alla sua
richiesta d'aiuto (la sorella, allora trentenne, è morta dopo 20 giorni di coma) l'intervento
cognitivo integrativo “come poteva sapere? Se avesse saputo cosa avrebbe fatto?” è stato
necessario per permetterle di procedere con le associazioni e per elaborare il senso di
colpa che la teneva incatenata a scelte di vita al limite del masochismo.
LA TERAPIA DI ALESSIA
Ho scelto di presentarvi il lavoro fatto fino a questo momento con Alessia perché a mio
avviso illustra efficacemente come gli interventi sitemico-relazionali si possano integrare
con il trattamento EMDR per stimolare fattori di cambiamento nei pazienti affetti da DCA.
Alessia, oggi ventiduenne (1989), è arrivata al nostro centro a fine settembre del 2007,
dopo avere interrotto una terapia individuale ad orientamento psicodinamico durata circa
un anno.
Alessia al momento della consultazione riferiva di abbuffarsi due-tre volte al giorno, con
successivo vomito autoindotto, dopo un periodo di progressiva restrittività dall'inizio del
2006 a giugno del 2007. Alessia era angosciatissima per questa perdita di controllo e
diceva di sentirsi molto in colpa con i genitori, sia per il dispiacere che dava loro sia per la
spesa economica.
Pur non raggiungendo mai un sottopeso importante (prima dell'esordio sintomatico era
63Kg x 1,65 BMI 23,15 mentre alla prima visita dal medico dietologo a febbraio del 2008
aveva un BMI di 17) praticava attività sportiva tanto intensamente da avere un rapporto tra
massa grassa e massa muscolare (15%) tale da rimanere amenorroica anche dopo avere
recuperato stabilmente un BMI di 19,5.
Abbiamo proposto una consultazione parallela familiare/individuale fino a luglio del 2008.
Alla fine della consultazione abbiamo scelto di procedere con una terapia individuale molto
dilazionata nel tempo (per lunghi periodi l'ho vista una volta al mese) a causa degli
impegni universitari di Alessia che nel frattempo aveva brillantemente concluso la scuola
superiore e si era trasferita all'università. Ogni 6-8 mesi vedevo i genitori per un
aggiornamento. Alla fine del 2010 ho proposto l'utilizzo dell' EMDR, con l'accordo dei
genitori.
Alessia è sempre stata molto brava a scuola, si è diplomata con 100/100 e ora sta
concludendo in corso la laurea triennale in ambito sanitario (media del 30). Fin dai 16 anni
ha svolto con regolarità diversi lavori per contribuire alle sue spese. Al momento della

consultazione aveva una vita sociale ridotta ai minimi termini, pur avendo un ragazzo.
Alessia ha un fratello, Matteo, del 1982, che ha interrotto una scuola professionale dopo
tre anni di insuccessi e ora lavora come operaio nella ditta di un parente. In adolescenza
ha fatto uso di droghe e aveva rapporti molto conflittuali con i genitori. Alessia ha assistito
a scene violentissime tra il fratello e il padre ed è stata in diverse occasioni picchiata dal
fratello. Al momento della consultazione Matteo viveva in casa ed esibiva comportamenti
“maschilisti”. Nonostante ciò era triangolato nella coppia genitoriale dalla madre che, a
tratti, ammetteva che era un “despota”, ma nonostante ciò lo considerava “profondo e
sensibile”.
La madre, Nadia, del 1958, operaia part-time, è la secondogenita di tre sorelle che, come
la loro madre, vivono nello stesso cortile. Nadia, al momento della consultazione, era
estremamente sacrificale rispetto alla famiglia d'origine e costringeva la sua famiglia
nucleare a seguire lo stesso destino. Lasciava, per esempio, che i figli dormissero in una
stanza piccolissima, con i letti a pochi centimetri uno dall'altro, per tenere la taverna a
disposizione dei pranzi con la sua famiglia di origine.
Giuseppe, del 1955, operaio, è il quartogenito della sua famiglia d'origine. Ha una sorella
disabile cresciuta in istituto fino ai 14 anni. Giuseppe, più svincolato della moglie dai
servigi alla madre autoritaria, offriva però Alessia come vittima sacrificale. Al momento
della consultazione Nadia e i figli definivano Giuseppe superficiale e incompetente come
figura genitoriale, ma portavano degli esempi del tutto incongrui. Alla fine è emersa una
fatica della coppia a livello coniugale.
Abbiamo lavorato, con diversi formati, sulla fatica di Alessia ad identificarsi con un modello
di madre sacrificale, che da un lato veniva vissuto come irraggiungibile dall'altro non
rappresentava affatto un modello invidiabile. I tentativi di Alessia di essere la “figlia
perfetta" e di prepararsi a diventare una “donna adulta perfetta” le portavano, infatti meno,
riconoscimenti di quanti ne ricevessero Matteo o l' “intoccabile” cugina Federica, coetanea
di Alessia. Abbiamo lavorato anche sugli episodi di mancata protezione e sul vissuto di
ingiustizia di Alessia.
Cambiamenti ottenuti con la terapia sistemico relazione familiare e individuale:
1 - Matteo, pur continuando a pensare che il problema della sorella andasse trattato con la
forza, si è svincolato dal ruolo di sostituto genitoriale, chiedendo esplicitamente alla madre
di non coinvolgerlo più nel problema di Alessia perché lo faceva troppo soffrire.
2 - Matteo ha iniziato a comportarsi da fratello maggiore, chiedendo ad Alessia di
condividere con lui esperienze che piacevano ad entrambi.
3 - Tutti i membri della famiglia sono, progressivamente arrivati ad una maggior
valorizzazione del padre e della sua componente affettiva.
4 - C'è stato un riavvicinamento della coppia coniugale che ha svincolato Alessia dal ruolo
di consolatrice della madre.
5 - Nadia ha dato inizio ad un parziale contenimento delle pretese della sua famiglia
d'origine.
6 - C'è stata una lenta ma progressiva apertura di Alessia ai propri bisogni e alla
dimensione del piacere.
7 - Alessia si è aperta maggiormente alla vita sociale.
Motivazioni che ci hanno indotto a puntare su un percorso individuale.
1 - I genitori ad un certo punto hanno verbalizzato che più di così loro non sarebbero
riusciti a fare, rischiando di colpevolizzare sempre di più Alessia perché non faceva
abbastanza.
2 - Erano subentrati problemi economici che in parte erano oggettivi e in parte venivano
utilizzati per indurre Alessia a smettere le abbuffate. Alessia da un lato si sentiva in colpa
dall'altro esprimeva con il sintomo la forte rabbia verso i genitori che non capivano la sua
sofferenza.

3 - I genitori, e la madre in particolare, aumentavano il vissuto di impotenza di Alessia
rispetto al sintomo, nel senso che qualsiasi miglioramento, pur riconosciuto, non era mai
abbastanza perché permanevano le abbuffate.
4 - Avendo iniziato l'università fuori sede Alessia conduceva una vita più autonoma anche
dal punto di vista pratico.
5 - Ci sembrava che un percorso individuale, in un contesto scelto ed accettato dalla
madre, e a cui i genitori continuavano ad avere accesso, potesse aiutare Alessia a
svicolarsi dalla dipendenza dal giudizio della madre.
Motivi che mi hanno indotto a proporre la terapia con EMDR.
1 - Il sintomo, pur essendosi ridotto in quantità e intensità, rimaneva comunque quotidiano
(a parte rare eccezioni), facendo sentire Alessia sempre più scoraggiata e in balia di una
cosa più grande di lei.
2 - Alessia faticava ancora a connettere il sintomo ai suoi stati d'animo.
3 - Alessia, pur essendo diventata capace di fare delle scelte anche in contrasto con
l'opinione della madre, continuava ad aspirare all'assoluta approvazione di quest'ultima
vivendo qualsiasi banale rimprovero come assolutamente distruttivo.
4 - Anche se a livello cognitivo Alessia era più consapevole di certi suoi tratti come il
perfezionismo, faticava a mettere in atto cambiamenti che modificassero nel profondo i
suoi stati interni.
5 - Io stessa, pur avendo fiducia nelle risorse di Alessia, sentivo che i cambiamenti erano
così lenti che stavo rischiando di perderla.
A mio avviso Alessia ha accolto subito bene la proposta di lavorare con l'EMDR anche
perché la scelta è stata supportata dalla madre. Se non ci fosse stato alle spalle il lavoro
con la famiglia d'origine probabilmente questo non sarebbe successo (I genitori, e in
particolare la madre, avevano dato il loro contributo a far sì che Alessia interrompesse la
precedente terapia individuale sia perché non vedevano miglioramenti sia perché quando
la signora aveva tentato di capire che cosa stava succedendo e come poteva aiutare
Alessia era stata allontanata dalla collega).
La proposta dell'EMDR ha riacceso inoltre la speranza di Alessia di riuscire a stare bene in
tempi ragionevoli.
Alessia ha scelto come “Posto al sicuro” la coperta del letto dei genitori associata a
sensazioni di protezione, calore e tranquillità. Alessia è stata molto collaborativa ed è
riuscita subito ad esercitarsi anche a casa. E' tornata alla seduta successiva dicendomi
che le abbuffate erano continuate, ma che era diminuito il senso d'urgenza e questo le
aveva dato una sensazione di maggior controllo.
Abbiamo proceduto all' “Installazione delle risorse”, alcune delle quali hanno avuto di
nuovo a che fare con i genitori e con il fratello: il papà che l'abbraccia e le dice che ce la
può fare (energia e coraggio), il papà che, durante una vacanza tutti insieme le dice
“meno male che ci sei tu che ci fai arrivare ovunque” (senso di valore, essere capace), il
fratello che nella stessa vacanza le mette una mano sulla spalla e le chiede come sta (Non
sola, al settimo cielo). Nello stesso tempo sceglie anche delle risorse più centrate sui suoi
stati fisici ed emotivi come lei che esce dalla palestra e si sente appagata e rilassata
perché ha fatto una cosa piacevole per sé o che esce dall'acqua della piscina e prova una
sensazione di benessere. Credo che questa parte del lavoro con l'EMDR abbia aiutato
Alessia ad acquisire una senso di maggior autoefficacia . Alessia, infatti, è riuscita ad
utilizzare queste risorse sia per procrastinare l'abbuffata anche di ore sia per affrontare
altre situazioni che le procuravano molta ansia. Credo, inoltre, che il lavoro di installazione
della risorse sia servite ad aiutare Alessia ad interiorizzare dei rimandi affettivi e
valorizzanti da parte dei familiari, che erano presenti da tempo e che Alessia aveva

imparato nel corso della terapia a riconoscere, ma che a livello emotivo e della percezione
di Sé, perdevano qualsiasi valore, di fronte alla minima critica o incomprensione. Da allora
Alessia sempre di più mi riporta il vissuto di un clima familiare più caldo e gratificante dal
quale riesce ad attingere risorse relazionali nei momenti di difficoltà.
Dalla mappatura dei traumi è emersa una ricorrenza di cognizioni collocabili nelle due aree
della “difettosità” e del “controllo/scelta: “io sono inadeguata”, “io non sono capace”, “io
non sono all'altezza”, “io sono codarda”, “io sono debole”.
Attraverso il “targeting” abbiamo concordato di lavorare prima sul ricordo più antico che
Alessia associava alla cognizione negativa “Io non non ce la posso fare, non sono idonea”,
Prima elaborazione:
esercizi a danza classica
Io non ce la posso fare, io non sono idonea
Io posso riuscirci, io sono capace
VOC 3
SUD 8
amarezza, svalutazione, rassegnazione
nello stomaco
Durante questa elaborazione Alessia fa delle associazioni con situazioni più recenti che le
permettono di comprendere che ora in molte molte situazioni è lei che crea le condizioni di
autoesclusione (all'università era talmente impegnata a fare l'allieva modello che
nell'intervallo preparava il materiale copiava gli appunti etc. invece che stare con quelle
superficiali delle sue compagne). Credo che il comprendere che quello che le accadeva a
livello relazionale dipendeva anche da lei abbia ulteriormente aumentato il senso di
controllo di Alessia e questo a mio avviso spiega l'ulteriore miglioramento a livello del
sintomo. A quel punto Alessia incomincia a saltare in diverse occasioni le abbuffate.
Alessia, tuttavia, ad un certo punto è arrivata in studio riferendo di giorni bruttissimi sia a
livello di umore sia a livello del sintomo. Prendendo spunto dall'idea di Popky che le
ricadute anziché essere considerate come delle sconfitte possono più utilmente essere
utilizzate per individuare nuovi target da elaborare, le ho chiesto di individuare l'abbuffata
peggiore e di individuare l'evento e l'emozione ad esso associata che poteva avere
scatenato il bisogno di abbuffarsi. Anche se con fatica Alessia ci è riuscita e da allora è
diventata capace, almeno in seduta, di riconoscere le situazioni e le emozioni che
scatenano le abbuffate da cui abbiamo tratto nuovi target da elaborare (Per es.: 'ex
ragazzo che si mette con un'altra proprio nel momento in cui si era illusa che potessero
tornare insieme, la madre che le dice di avere saputo da Matteo che non aveva salutato i
cugini). Questo lavoro, a cui abbiamo dedicato altre tre sedute, nelle quali elaboravamo
completamente un evento) mi sembra sia servito sia ad aiutare Alessia ad imparare a
discriminare e a gestire le sue emozioni, sia ad aumentare ancora di più il suo senso di
autoefficacia tanto nella gestione del sintomo quanto nella gestione della sua vita familiare
ed extrafamiliare.
A mano a mano che procediamo nel lavoro aumentano i periodi di maggior controllo
(anche più giorni senza abbuffate e senza il pensiero dell'attesa del momento in cui potersi
abbuffare). Alessia, inoltre, ha iniziato a ridimensionare il suo bisogno di mostrarsi sempre
perfetta e forte nelle relazioni con gli altri, riuscendo così ad trasmettere e ottenere in
cambio maggior calore affettivo.
Dopo le ferie estive Alessia è tornata in terapia riferendo di essere stata molto bene con gli
amici e con il suo nuovo ragazzo, dimenticandosi anche per più giorni di fila delle
abbuffate. L'imminente rientro dei genitori le ha provocato però un senso di malessere che
lei stessa definisce “sensi di colpa bruttissimi” che non sa a cosa ricondurre. Attraverso il

“flotback” siamo riuscite ad individuare quello che a mio avviso è uno dei nodi problematici
del tipo di funzionamento di Alessia e della sua relazione di con la madre.
Sensi di colpa bruttissimi, flotback:
Quando da piccola faceva qualcosa di male la madre le diceva “almeno tu Alessia” e
piangeva tra l'arrabbiato e il disperato
CN “Io non sono all'altezza, io sono una delusione”
CP “Io vado bene così”
VOC 2
tristezza
SUD 9
nella pancia
Dopo due elaborazioni su questo ricordo, Alessia è riuscita a recuperare associazioni con
ricordi più recenti (più legati ad una prospettiva adulta) che le stanno consentendo di
staccarsi dal vissuto infantile di dover essere perfetta per essere nel contempo accettata
dalla madre e costituire la sua unica consolazione. In un passaggio dell'eleborazione di
questo ricordo, Alessia accede alla consapevolezza del fatto che i suoi genitori
baratterebbero tutti i suoi “risultati” con il suo “star bene”. A quel punto, rilevato che il
livello di disturbo rispetto al ricordo originale non scendeva, ho ritenuto utile favorire la
generalizzazione e l'integrazione delle informazioni attraverso un Intervento Cognitivo
Integrativo. Ho chiesto ad Alessia quale poteva essere l'intenzione della madre nel dirle
“Almeno tu Alessia” e questo ha consentito alla paziente di percepire anche la parte di
“cura” insita nell'esortazione della madre.
Concludendo, pur consapevole del fatto che siamo solo a metà dell'opera, penso che i
passaggi del lavoro con l'EMDR che ho illustrato, siano stati utili nel superare quegli
aspetti che a mio avviso rendevano lento e faticoso il cambiamento di Alessia. Tuttavia
ritengo che il lavoro fatto in precedenza con Alessia e i suoi familiari sia stato altrettanto
importante sia nell'individuare un'ipotesi eziopatogenetica che ci guidasse nel definire gli
obiettivi del trattamento sia nell'aiutare Alessia ad individuare e mobilitare le risorse
riparative sue e dei suoi familiari.
OSSERVAZIONI SUI VANTAGGI E SULLE DIFFICOLTA'
INCONTRATE NELL'UTILIZZO DELL'EMDR IN ASSOCIAZIONE
ALLA TERAPIA SISTEMICO RELAZIONALE NELLA PATOLOGIA
ALIMENTARE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA
SINTOMATOLOGIA RESTRITTIVA.
Anche con le pazienti anoressiche l'applicazione dell'EMDR, dal nostro punto di vista,
risulta particolarmente utile e con una funzione accelerante in particolare nel "...
superare i cosiddetti "stadi pre-psicologici" del loro pensare il problema. Il più primitivo è
quello della negazione o banalizzazione del problema, segue quello dell'onnipotenza (ce la
faccio da sola), quindi quello della negazione della responsabilità (sono una vittima di
cattivi genitori) per arrivare finalmente all'accettazione di una co-responsabilità. Una
psicoterapia può diventare efficace solo quando il paziente e/o i suoi familiari sono arrivati
a tale capacità riflessiva" ( Undici tipi di personalita', M.Selvini, 2007).
Le pazienti anoressiche trattate presso il nostro Centro e alle quali è stato proposto
l'EMDR sono pazienti già in carico da qualche anno. I tratti di personalità di queste pazienti
sono prevalentemente di tipo ossessivo-compulsivo ed evitante. Per quanto riguarda le
pazienti anoressiche con uno stile di personalità ossessivo-compulsivo, la maggior parte di

loro sono state bambine che si sono caricate o sono state sovraccaricate da un eccesso di
regole e una disciplina severa. Come sottolinea M. Selvini nell'articolo:" Undici tipi di
personalità" ciò che caratterizza tali pazienti sono il perfezionismo, la sacrificalità, il
biasimo per gli altri, l'iper-responsabilizzazione nella gestione di se stesse. Per le pazienti
con tratti evitanti ciò che le caratterizza sono la paura del giudizio, la predisposizione al
vergognarsi di se stesse, la timidezza estrema.
E' stato quindi molto importante individuare i tratti di personalità delle pazienti in quanto ci
ha consentito di orientare la strategia terapeutica anche con l'EMDR. Le ossessive
rischiavano di affrontare l'EMDR come "...l'ennesimo peso o dovere dove vivere nella
paura di essere criticate"; mentre "...la scarsa capacità di riconoscere gli stati interni" delle
evitanti tendeva a paralizzarle,mostrandosi compiacenti ai nostri occhi (Undici tipi di
personalità, M.Selvini, 2007).
In entrambe le tipologie di personalità delle pazienti, abbiamo osservato che l'applicazione
dell'EMDR ha consentito loro di sperimentare un embrionale capacità di concedersi la
possibilità di godere di uno spazio terapeutico leggero e piacevole.
In particolare, durante la fase di elaborazione il ritagliarsi "...un'oasi emotiva..." è servita
per un riposo temporaneo durante l'elaborazione, come aiuto per ridurre l'intensità del
disturbo nel caso di una seduta incompleta e, come mezzo per gestire il materiale
disturbante che poteva insorgere tra due sedute. (EMDR- Desensibilizzazione e
rielaborazione attraverso movimenti oculari, 2000).
Dalla nostra breve esperienza, l'EMDR con le pazienti anoressiche sembra agire una
spinta e un rafforzamento già all'inizio del percorso terapeutico. Subito dopo la
restituzione, come spiega Matteo Selvini "...focalizzata sulla sofferenza personale ed
esistenziale della paziente che trova nei sintomi un faticoso tentativo di difesa e
contenimento della sua sofferenza..."; nel percorso individuale con le pazienti, risultano
fondamentali nell'applicazione dell'EMDR le fasi 2 ( preparazione-posto al sicuro) e la fase
3 (assessment - identificazione della cognizione negativa) facilitano il processo di
autoguarigione che ha consentito di installare l'esercizio di visualizzazione guidata del
"Posto al sicuro" e "l'Installazione delle risorse".
Le fasi 2 e 3 sono essenziali in quanto fissano "...le condizioni terapeutiche, mirate a dare
una sensazione di sicurezza al paziente, che incoraggiano l'esposizione al ricordo anziché
l'evitamento di esso..." (EMDR - F. Shapiro, 2000).
In entrambe le situazioni, le pazienti trattate si sono sentite rassicurate dalla possibilità di
recuperare rapidamente la propria stabilità emotiva e il loro livello di autostima è
sensibilmente migliorato.
Abbiamo dovuto comunque fare i conti con la fatica e la frustrazione che le pazienti
anoressiche esprimono attraverso la distanza emotiva e la formalità del rapporto (almeno
all'inizio). Per questo vale sempre la necessità di un solido ingaggio. E' fondamentale che
le pazienti si sentano "...a proprio agio di fronte alla possibilità di sperimentare un elevato
livello di vulnerabilità, mancanza di controllo e qualsiasi sensazione fisica legata all'evento,
esperienze, queste, che possono essere associate al ricordo target" (EMDR - F. Shapiro,
2000).
Una delle difficoltà con le quali ci siamo subito imbattute, con questa tipologia di pazienti,
sono state le "paure del cambiamento". Secondo F. Shapiro, "...la paura del cambiamento
può essere quella più difficile da affrontare a livello clinico, perché bisognerà accertare e
rielaborare gli aspetti relativi ai vantaggi secondari prima di ritornare ai target originari"
(per esempio, la perdita di controllo, ignoto, fallimento, chi o che cosa bisognerà affrontare
se la terapia ha successo, etc.). La difficoltà terapeutica principale posta da queste paure
sta nel fatto che esse possono essere basate sull'antico materiale disfunzionale che dovrà
essere affrontato con l'EMDR, ma anche che formano una rete insidiosa che rende il
paziente riluttante a cooperare per il raggiungimento dell'obiettivo terapeutico". E' stato
quindi fondamentale con alcune delle nostre pazienti, "...tentare di identificare le
convinzioni disfunzionali che stavano dietro alla paura del cambiamento". Abbiamo
ricercato le zone di resistenza, usando per esempio le metafore, o chiedendo alla

paziente:" Che cosa succederebbe se fallissi?". Poi abbiamo ricercato una gerarchia di
convinzioni negative che bloccavano la capacità di cambiamento.
LA TERAPIA DI DELIA
Diagnosi: DCA (esordio anoressico - fase bulimica (6 mesi circa) - fase anoressica) e
PTSD (linfoma e carcinoma alla tiroide del fratello / separazione dei genitori).
Terapie precedenti: ricovero presso clinica privata convenzionata (da nov. 2004 a feb.
2005 per anoressia).
Terapia familiare: in trattamento presso il Centro Mara Selvini di Bergamo da settembre
2007 e con EMDR da dicembre 2010.
Storia sintomatica della paziente
Al termine della III media inf. Delia (2000) inizia a seguire una dieta (W. Watchers) perché
si vede "paffutella" - "grassottella". Con l'aiuto della madre inizia a seguire questo nuovo
regime alimentare. Il padre invece esprime sin dall'inizio il suo disappunto, perché ritiene
Delia in fase di sviluppo "...quindi si regolarizzerà!". Solo dopo 2 mesi Delia reinterpreta la
dieta a suo piacimento, eliminando carboidrati, frutta e l'unico dolce concesso una volta a
settimana. In III superiore (geometra), un insegnante chiama la madre di Delia
preoccupato del continuo dimagrimento della ragazza. I genitori decidono di rivolgersi
presso il vicino Ospedale dove è presente un reparto dedicato ai DCA. Ma Delia rifiuta
qualsiasi tipo di intervento. Delia si nutre solo di cibo light ed è monofagica. Con l'inizio
della IV classe Delia dimagrisce ulteriormente e da novembre 2004 a febbraio 2005 viene
ricoverata presso una Clinica privata convenzionata del territorio (reparto dedicato ai
DCA). Nel gennaio del 2007 (fase bulimica - arriva a pesare Kg 51 che dura 6 mesi circa)
il padre si rende conto che la figlia fa un'attività fisica sfrenata, che mangia con voracità,
etc. e nel giugno dello stesso anno i genitori riportano in clinica Delia dove le ripropongono
un altro ricovero che Delia rifiuta. La collega della clinica la invia presso il nostro Centro.
Delia è alta mt. 1,60. Il peso all'inizio della terapia presso il nostro Centro nel settembre
2007 è di Kg 43. Oggi è di Kg 44,9 ed è stabile.
Dall'inizio della terapia (2007) a dicembre (2010) quando è iniziato l'EMDR il percorso di
Delia e della sua famiglia è stato piuttosto faticoso sul piano sintomatico e costellato da
una serie di eventi traumatici che hanno colpito l'intera famiglia. Riassumendo, gli eventi
più significativi sono stati i seguenti:
1. Quando nasce il fratellino Dario la pz ha 6 anni. E' una bambina che già da anni è la
bambina immagine di una nota casa di moda. Delia è stata scelta tra tutte le bambine della
sua scuola materna. Con grande orgoglio la madre la accompagna in giro per l'Italia alle
sfilate della casa di moda per la quale sfila. Delia è descritta come una bambina, molto
curata, brava a scuola, ordinata, che adora il colore rosa e perfezionista, a tal punto che
un giorno scendendo le scale per andare alla scuola materna ha una "crisi di nervi" perché
la madre non le ha allacciato le stringhe delle scarpe in modo simmetrico! Ha sempre
manifestato una certa gelosia nei confronti del fratello.
2. Quando Dario ha 4-5 anni inizia la sua "storia ospedaliera". Dopo numerose visite,
ricoveri ed indagini mediche gli viene diagnosticato un linfoma (1998). Delia scopre della
malattia del fratello perché una signora al supermercato le esprime il suo dispiacere
nell'aver ricevuto la notizia della grave malattia di Dario. Dopo il primo intervento
chirurgico, i genitori inconsapevolmente si spartiscono i figli: Delia dormirà nel lettone con
la madre e Dario in cameretta con il padre. Questa situazione si protrarrà sino alla

separazione dei genitori (causata dal tradimento della signora. La separazione fisica
avviene nel novembre 2004 e quella legale nel luglio 2005). I genitori faranno scegliere ai
figli con chi stare: Delia abiterà con la madre, mentre il fratello con il padre, vicino alla
nonna paterna. Nel luglio 2006 a Dario viene diagnosticato un carcinoma alla tiroide che lo
porterà nuovamente in ospedale per un intervento chirurgico. Purtroppo nel novembre
2007 ha una recidiva tumorale con metastasi polmonare e nel gennaio del 2008 viene
programmato un altro intervento. In tutti questi anni la paziente andrà in ospedale dal
fratello poche volte e solo per i controlli ai quali Dario si è dovuto sottoporre. Ad oggi Dario,
che ha 19 anni, si è diplomato, ha preso la patente ed è in attesa di iniziare un lavoro a
settembre.Con la separazione dei genitori il rapporto tra la paziente e il padre si incrina
ulteriormente; anche perché la madre, in difficoltà a reggere il rapporto con l'ex-coniuge, si
avvale della figlia per fare richieste di denaro, di pagamenti medici e scolastici, etc. Il
rapporto tra i coniugi permane conflittuale sino all'inizio del 2010.
La terapia familiare a dicembre 2010
Le convocazioni con la famiglia sono state solo iniziali al percorso (i genitori si sono
sempre rifiutati di portare in terapia il figlio Dario); poi terapia md-figlia / pd-figlia e
individuali. Alla fine della consultazione abbiamo deciso di procedere con una terapia
individuale per Delia a causa anche degli impegni ospedalieri dei genitori per la malattia
del figlio Dario. Ogni 4 mesi circa ci sentivamo io e la madre per un aggiornamento.
Permangono delle resistenze alimentari che si manifestano soprattutto quando si trova in
situazioni conviviali con parenti o amici. Rispetto al rapporto con la madre è visibile un
miglioramento (Delia è più capace di esprimere alla madre i propri bisogni) e anche con il
padre la relazione è più serena (Delia lo coinvolge sulla ripresa degli studi del fidanzato, gli
chiede consiglio per questioni legate al lavoro, etc). Con il fratello la relazione è divenuta
più stretta e per la prima volta è preoccupata della sua salute e dei suoi studi. La relazione
con il fidanzato è nettamente migliorata e più serena (se lui arriva con 5 minuti di ritardo
Delia è più tollerante). Anche con i parenti della mamma Delia riesce ad instaurare un
rapporto meno rabbioso e più moderato, in particolare con la nonna (l'imposizione della
madre di andare a pranzo 2 volte a settimana dalla nonna ora è stata accettata con
maggiore serenità) e con alcune zie (la madre era stata "ripudiata" come figlia e sorella
dalla sua F.O. quando ha rivelato il suo tradimento).
Terapia EMDR da dicembre 2010
Nonostante i buoni risultati terapeutici decido di proporre a Delia l'EMDR perché
rimangono ancora delle resistenze sintomatiche (la flessibilità sulla scelta dei cibi per Delia
è ancora un aspetto piuttosto difficile) e fatiche relazionali (vive i rimproveri con forte
rabbia). La sensazione, ormai da tempo percepita, è che manchi qualcosa per porre fine a
questo percorso terapeutico intenso e articolato.
La terapia con Delia ha già una sua storia e quindi un suo percorso. Per questo motivo
alcune tappe della fase 1 non sono state riprese come per esempio, gli aspetti diagnostici,
l'anamnesi familiare - storia personale della paziente, la storia di attaccamento, la storia
della famiglia attuale, la vita sociale e lavorativa; ma la rilettura di tutto questo materiale mi
è servita per rinforzare e/o riscoprire dati che con il tempo erano diventati meno evidenti.
La mia attenzione sul caso di Delia si è così orientata:
FASE 2 - PREPARAZIONE DELLA PAZIENTE
1. psicoeducazione; Delia accoglie guardinga la proposta e ci vuole qualche incontro per
rassicurarla che durante il processo di elaborazione rimarrà in uno stato di coscienza. Ne

parla con la madre e anche questo passaggio la aiuta a tranquillizzarsi.
2. spiegazione del metodo (metafora del treno);
3. consenso informato.
FASE 1
1. sintomi dissociativi: punteggio DES;
2. posto al sicuro: Delia ha scelto come "posto al sicuro" la camera da letto della sua futura
casa (es.:armadio scorrevole bianco, letto rotondo rosso e camino in fondo al letto)
associata a sensazioni di calore, accoglienza e libertà (Delia a causa delle dimensioni
molto piccole di casa dorme con la madre). La parola chiave scelta è "rotondo". Al
colloquio successivo racconta di aver utilizzato in alcune occasioni, legate all'incontro con
la nonna paterna e in ufficio, il posto al sicuro e si è sentita molto tranquilla.
3. mappa delle risorse; sceglie un momento lavorativo dove chiede al direttore
informazioni per la sua nuova postazione, oppure, quando ha chiesto al padre di voler
uscire qualche volta con lui per stare un po' insieme, etc.
4.fattori scatenanti attuali (triggers): ho indagato con Delia le situazioni e le persone che le
causano disagio in questo momento della sua vita (visita dietologo, perché i genitori
litigano). Dopodiché ho cercato di identificare i ricordi del passato ad essi correlati
(floatback)(1° a. geometri non le piaceva ma non poteva cambiare) e sono partita dai primi
ricordi collegati con le situazioni recenti e la paziente li ha elaborati come dei target.
Questo lavoro ha consentito di dare la direzione per fare lo scenario futuro.
5.mappa degli eventi più significativi della sua vita (timeline). Per esempio, quali sono stati
gli eventi più significativi, negativi e positivi, che hanno influito su di te? Prova a stilare un
elenco di 10 ricordi più negativi e 10 più positivi.
6. piano terapeutico: dividere gli obiettivi per temi, individuare dei target per ognuno dei
temi e ordinarli in modo cronologico (es.:sviluppare le capacità per creare dei legami
affettivi - TEMA - e individuare i TARGET per ognuno dei temi in modo cronologico).
Dalla mappatura dei traumi sono emerse cognizioni negative che sono collocate nella
sfera della "difettosità" ( io non sono all'altezza - io non sono capace) "azione" (avrei
dovuto saperlo - io ho fatto del mio meglio).
1° elaborazione: malattia del fratello Da. / io non sono all'altezza / io sono meritevole
Voc 1 / Sud 7 /rabbia - tristezza / pancia e braccia
(Delia temeva che proponendo al padre di voler cenare con lui una volta alla settimana le
dicesse di no; come successe al rientro dall'ospedale del fratello Dario dopo una
gravissima malattia e dopo la separazione dei genitori. Il padre orientò tutte le sue
attenzioni sul figlio e dopo la separazione scelse di vivere con lui e non con la paziente).
Ai colloqui successivi, racconta che anche con il fidanzato è stata più capace di esprimere
quello che sentiva quando si trovava a cena con lui. Delia dopo questo intervento ha
imparato ancora di più a discriminare le emozioni e a esprimerle con maggior sicurezza.
Alla luce degli ulteriori traguardi raggiunti da Delia dopo l'applicazione dell'EMDR a
settembre 2011 è stata dimessa
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