TRAKS MAGAZINE 035
Ecco il nuovo numero TRAKS MAGAZINE. In copertina gli UMMO e inoltre interviste ad Aneurisma, Tangram, Giorgia Giacometti, Kalafi, Prelude to Desire, Giuseppe D'Alonzo, Maddalena Conni, Elena Sanchi, Nico, Francesco Tirelli, Rocco, Francesco Aubry
Ecco il nuovo numero TRAKS MAGAZINE. In copertina gli UMMO e inoltre interviste ad Aneurisma, Tangram, Giorgia Giacometti, Kalafi, Prelude to Desire, Giuseppe D'Alonzo, Maddalena Conni, Elena Sanchi, Nico, Francesco Tirelli, Rocco, Francesco Aubry
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MAGAZINE
Numero 35 - luglio/agosto 2020
UMMO
ANEURISMA
TANGRAM
GIORGIA GIACOMETTI
KALAFI
sommario
4
8
12
16
20
24
28
32
36
40
44
48
UMMO
Aneurisma
The Tangram
Giorgia Giacometti
Kalafi
Prelude to Desire
Giuseppe D’Alonzo
Maddalena Conni
Elena Sanchi
Nico
Francesco Tirelli
Rocco
Francesco Aubry
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UMMO
“Blu” è il nuovo singolo e video della band abruzzese, un brano dedicato
all’accettazione di se stessi e a riprendere in mano la propria vita
Chi sono gli UMMO?
Non è sempre facile rispondere a
questa domanda. Siamo un gruppo
di amici che anni fa ha deciso
di condividere qualcosa di importante
che va oltre l’amicizia: la
propria vita. Infatti più che una
band ci consideriamo una famiglia
che negli anni si allarga sempre
di più. Contatti diretti e umani
anche con tutte le persone ci seguono.
Credo sia proprio ciò il segreto
delle nostra musica. Vivendoci
davvero riusciamo a capirci
a fondo, senza mai giudicarci, a
scoprire ogni dolore e gioia, sogni
e ambizioni per poi tramutarli in
canzoni. Forse per questo ci consideriamo
un po’ alieni… in un
mondo così frenetico in cui sembra
vincere l’individualismo, noi
professiamo la condivisione, una
con-divisione che va al di là della
sterile funzione di un social.
Da dove nasce questa passione
per il Blu e soprattutto come nasce
il singolo?
I colori per noi Ummo sono fondamentali,
a partire dal fucsia che
ci ha caratterizzato per anni.
Donano dimensione ai nostri
pensieri e alla nostra musica.
Amiamo giocarci anche durante i
nostri live. Il Blu è un colore molto
antico, sin dagli antichi Egizi
veniva utilizzato per immortalare
immagini divine e faraoniche.
Non solo quindi il colore del cielo,
degli oceani e nelle sue sfumature
cupe anche dell’universo, ma
è il colore della solennità, di una
certa pienezza dell’anima. Dona
tranquillità e ci fa immergere nella
speranza. Ed è proprio questo
il messaggio del singolo: accettare
se stessi, sconfiggere la paura del
giudizio e riprendere in mano la
propria vita abbracciando sbagli
e so-prattuto i propri sogni. Non
esistono limiti, ogni persona ha
un universo dentro di sé.
Mi raccontate qualcosa anche del
video?
La canzone è stata scritta nell’autunno
del 2019, mentre il video è
stato ideato durante il lockdown.
Volevamo dare un messaggio di
speranza e spensieratezza, in un
periodo di chiusura, paura e dolore.
E quale miglior modo se non
quello di ispirarci ai grandi miti
del cinema del passato, nel periodo
del dopo guerra, in cui straordinaria
bellezza è esplosa riempiendo
menti e cuori di milioni
di persone?! E grazie al regista e
amico Giovanni Bufalini (direttore
della sezione cinema del Centro
Romano di Fotografia e Cinema) e
al suo staff, siamo riusciti a vestire
la canzone Blu con queste immagini
evocative. Anche perché non
avendo la possibilità di incontrarci
di persona era davvero l’unico
modo per cercare di esprimere al
meglio il significato del testo.
Siete stati finalisti a Sanremo
Rock e vi siete aggiudicati la sezione
abruzzese di Arezzo Wave.
Secondo la vostra esperienza,
quanto servono i concorsi per le
band emergenti?
Dal punto di vista discografico
sarò sincero… nulla. Almeno non
più come una volta. Esperienze
straordinarie dal punto di vista
umano e artistico. Durante questi
concorsi si conoscono moltissi-
4
5
mi artisti e si ha la possibilità di
ascoltare musica pazzesca e quindi
di crescere. In Italia ci sono
centinaia di band che potrebbero
benissimo scalare le classifiche in
pochi giorni se solo il sistema lo
permettesse. L’idea di concorso,
quando si tratta di musica, risulta
quasi oscena e offensiva, ma è comunque
un modo per farsi ascoltare
non solo dagli addetti ai lavori,
ma anche da un pubblico che
altrimenti non avrebbe potuto conoscerti.
Però a livello discografico,
non è più come una volta, non
c’è alcun tipo di “svolta” tramite
un concorso. Almeno questo è il
nostro punto di vista dettato dalle
nostre esperienze.
Quali saranno i vostri passi futuri?
Dopo la promozione di questo
singolo e i live che ne seguiranno,
ci prepareremo per l’uscita
dell’album prevista per l’Autunno
prossimo. Sicuramente ci sarà un
secondo singolo che lo accompagnerà,
sperando che il pubblico
continui a seguirci e sostenerci.
Ovviamente, come tutti, siamo in
balia degli eventi in questo particolare
periodo storico, quindi non
si potrà parlare di tour e per ogni
musicisti il palco è come casa,
manca da pazzi. Però cerchiamo
sempre di non demoralizzarci e
di continuare sulla nostra strada.
Per gli Ummo c’è sempre stato un
solo e unico obiettivo: riuscire a
emozionare più persone possibili,
restando noi stessi, non mentendo
mai. Anche perché ogni anima
è unica e come tale va sempre rispettata,
sperando di cuore che ci
si accorga di ciò nelle nostre canzoni.
7
ANEURISMA
La band abruzzese, amante del rock anni Novanta, pubblica un singolo,
“Never Say”, nato dopo una delusione amorosa
Ci presentate gli Aneurisma?
Gli Aneurisma nascono nel 2011
dalla passione comune di tre ragazzi
per quel movimento musicale
che conosciamo come grunge
e, più in generale, per il rock anni
90. Band come Nirvana, Pearl Jam
e Smashing Pumpkins hanno segnato
profondamente le loro vite
influenzando il loro background
musicale. Nelle canzoni raccontano
i loro stati d’animo: le emozioni
sono al centro dei testi e della
musica. Dal vivo sono rabbiosi,
sudati ed intensi, amano il contatto
con il pubblico e danno sempre
il massimo per emozionare chi li
ascolta.
Never Say nasce dopo un’esperienza
sentimentale negativa, a
quanto ho letto. Ci raccontate
qualcosa di più in merito?
Il brano, come dici, nasce dopo
la fine di un’esperienza sentimentale
infelice. La ragione, almeno
inizialmente, viene offuscata dalla
rabbia, ma il tempo cura tutte
le ferite e guarisce l’anima. Clive
Staples Lewis dice che “Non puoi
tornare indietro e cambiare l’inizio,
ma puoi iniziare dove sei e
cambiare il finale”, questa frase è
in perfetta sintonia con il messaggio
della canzone: non abbatterti,
reagisci! La vita è imprevedibile e
tutto deve ancora essere scritto.
Com’è stato girare il video in
quel “cimitero di automobili”?
E’ stata una bellissima esperienza,
spontanea, grazie soprattutto al
regista Manuel Norcini, il
quale ci ha subito messi a
nostro agio durante le riprese,
tanto che in mezza
giornata abbiamo concluso
tutte le scene. E, a dire
il vero, siamo stati anche
molto fortunati: la giornata
è stata soleggiata e solo
una settimana dopo aver
girato il video è stato predisposto
il lockdown, un
tempismo perfetto!
Siete di Pescara. Perciò
mi potete spiegare sicuramente
perché ormai
l’80% delle band rock,
anche di rilievo nazionale, arrivino
dall’Abruzzo, mentre il
resto della nazione suona pop,
trap, hip hop?
Non sappiamo spiegare il perché,
ma nella nostra regione il rock è
sempre stato radicato nel profondo,
ognuno di noi è cresciuto a
“pane e rock” e questo ha consentito
la nascita e lo sviluppo sempre
maggiore della musica indipendente.
Poi, come la storia musicale
insegna, la “provincia” si presta
meglio a certe sonorità e l’essere
un po’ “emarginati” forse ha contribuito
a tutto questo.
Che cosa avete in programma
ora?
In autunno uscirà il nostro album
d’esordio. Ci auguriamo che la
questione Covid-19 sia risolta per
allora e di poter presentare il disco
suonando finalmente live in giro
per i Club. Inoltre siamo al lavoro
per la stesura di nuovi brani, il nostro
sguardo è rivolto già al secondo
album. Abbiamo tanta strada
da fare, questo è solo l’inizio…
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THE TANGRAM
Premi, un album in arrivo e due singoli usciti consecutivamente, “Awesome”
e “Why”: alla scoperta della band abruzzese
La vostra band ha iniziato a mietere
allori ancor prima di pubblicare
singoli... Ci riassumete la
vostra vicenda?
Ci siamo conosciuti nel 2016 ed è
stato amore a prima vista, da allora
abbiamo composto canzoni
e suonato dal vivo, varie vicende
hanno portato a rimandare l’incisione
del primo disco; nel frattempo
abbiamo partecipato a diversi
concorsi nazionali, vincendone
alcuni, tra cui Arezzo Wave, Fame
Dischi, MarteLive e abbiamo attraversato
vari cambi di produzione
e produttori, tornando finalmente
ad accettarci artisticamente
senza snaturare o fare snaturare la
nostra idea di musica. Ora i tempi
sono maturi, abbiamo firmato per
la IRMA Records, storica etichetta
bolognese e siamo felici di rilasciare
il disco con loro.
Come nasce Awesome? E mi raccontate
qualcosa del video?
“Awesome” è un singolo apripista,
nasce in sala prove come gran
parte delle nostre canzoni; i nostri
brani nascono in due modi, uno
è quello più “condiviso”, incentrato
nel cercare e fissare assieme
il momento artistico, l’altro il più
“analizzato” dove capita di portare
un’idea già realizzata da casa per
poi essere arrangiata e completata
insieme. “Awesome” è un brano
piuttosto istintivo e così il video.
Diego Mercadante, il regista, si è
subito immedesimato nel significato
lirico introspettivo e lo ha
realizzato in maniera fluida. Nel
video c’è la partecipazione del ballerino
Stefano Otoyo.
Avete in uscita un nuovo singolo
proprio in questi giorni: “Why”,
vi va di parlare anche della genesi
di questo brano?
Uscirà il 24 luglio su tutte le piattaforme
digitali ed entro i primi
di Agosto pubblicheremo il Videoclip.
“Why” a differenza di “Awesome”
è una delle prime canzoni
composte assieme, ha attraversato
diverse fasi e vari arrangiamenti
fino ad arrivare alla forma attuale.
E’ una canzone molto importante
per noi, siamo legati anche al video
ma non vi anticipiamo nulla,
vi diciamo solo che c’è del “mistico”.
Speriamo vi piaccia.
Come vedete questo piccolo ritorno
del soul anche nella musica
italiana (ammesso che se ne
fosse mai andato)?
Non sappiamo se il soul sia mai
andato via dalla penisola, sicuramente
le mode cambiano, si perdono,
si trasformano, infine ritornano;
Per noi il “soul” c’è sempre
stato perché fa parte dei nostri
ascolti, ci ha formati musicalmente,
amiamo inoltre tutte le contaminazioni
e ramificazioni del
“genere”, il termine “soul” per noi
è anche un modo di dire e rappresenta
tutto quello che riesce a
smuovere le viscere dei sentimenti
interiori.
Cosa potete dire del disco?
Il disco uscirà in autunno, sarà
eterogeneo, una mescolanza di generi
non meglio definita che s’incontra
con la nostra forma canzone.
Cosa altro c’è da dire? Sarà
un album d’esordio perciò per noi
sarà un punto di partenza importante,
soprattutto per i ricordi che
ci porteremo dietro. Speriamo di
ricevere feedback, che siano positivi
o negativi ed avere confronti
che tengano alto il morale e diano
valore al nostro lavoro, naturalmente
ci auguriamo di poter allargare
il giro e crescere per realizzare
un tour promozionale non
appena ci sarà la possibilità.
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GIORGIA GIACOMETTI
La cantautrice toscana, ma con importanti esperienze negli States, pubblica
il nuovo singolo e video “All’Amore”, ritratto sincero e passionale
Ci racconti chi sei?
Sono Giorgia Giacometti, cantante
e cantautrice pop di 23 anni.
Sono nata a Pistoia ed ho vissuto
parte della mia vita a Miami,
dove mi sono avvicinata molto al
mondo della musica. Essendo una
patria mondiale musicale, le diverse
culture e tradizioni mi hanno
spinto a creare un sound
tutto nuovo che si addice
alla mia personalità, un carattere
deciso e sincero, in
parte timido e passionale.
Il rap è parte integrante dei
miei brani, dando pieno
sfogo al lato caratteriale forte
e diretto. La musica è la
mia rappresentazione emotiva,
la mia espressività, e il
mio modo naturale di vivere
ed esplorare me stessa.
Come nasce All’amore?
All’Amore è il mio nuovo
singolo, il brano con cui ho
deciso di iniziare questo
percorso. Naturalmente è in
lingua italiana, perché trovavo
giusto tornare alle mie
origini e ripartire da casa.
Ogni canzone che scrivo
tratta della mia vita personale,
ciò che vivo, sento e vedo. Infatti,
All’Amore nasce proprio così, un’esperienza
vera e vissuta a pieno
nel profondo, tanto d’impatto da
portarmi a scrivere questa storia
d’amore; un amore passionale e
sofferto, che si rivela poi profondo
e sincero.
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Ci puoi raccontare qualcosa del
video?
Certo! Il video racconta la storia
di questo amore dalla prospettiva
del ricordo. Io mi trovo a vivere
una tipica giornata in casa
dalla mattina alla sera; il ricordo
dell’amore è onnipresente, condizionando
interamente la mia
quotidianità. Le scene davanti allo
specchio risultano la parte narrante
della storia, mentre le altre sezioni
alternate sono come ricordi
scavati nella mia mente; momenti
di felicità si alternano a sensazioni
sensuali ed euforiche.
Quali sono i tuoi punti di riferimento
musicali?
Sinceramente non ho punti di riferimento
musicali. Penso che la
musica sia pura espressività e se
vissuta a pieno non ha limiti ne
confini, non esistono regole. Mi
piace vivere la musica in modo
genuino e sincero, seguendo sentimenti
e sensazioni che vivo in
quel momento, sia che per un ricordo,
un sogno, o effettiva e presente
realtà.
Quali sono i tuoi programmi futuri?
Sicuramente continuare a scrivere
e cantare, cercando sempre più di
sorprendere voi e me stessa.
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KALAFI
“24K”, prodotto dalla label bolognese Emic Entertainment, segna il ritorno
sulle scene dell’artista calabrese, a distanza di un anno dall’ultimo
lavoro discografico “Original Dancehall”
Da che presupposti nasce il
tuo nuovo lavoro, “24k”?
Dalla mia esigenza innata di
fare musica, di voler essere
presente sul mercato con progetti
sempre nuovi, dalla voglia
di dar sempre voce alle
mie emozioni in musica.
24K rappresenta anche una
sfida a questo “Covid time”
perché per gli artisti, lavorativamente
parlando, questo è uno dei
momenti più bui della storia italiana
dove non conviene affatto
intraprendere un progetto visto il
divieto di fare concerti causa “assembramenti”.
Mi sembra che il testo di Bam
Bam meriti qualche specifica ulteriore:
ti va di parlarne?
BamBam è una canzone che ho
scritto in un momento di delusione,
di rabbia: io non giudico
nessuno, ognuno ha il diritto di
vivere la vita come meglio crede,
ma la mia famiglia mi ha insegnato
che siamo responsabili delle
nostre azioni e del nostro credo.
Amo le persone disposte a pagare
il prezzo della fedeltà ai propri
principi, mentre rinnego e condanno
quelli che, pur di sopravvivere,
sono disposti a cambiare
casacca e mentalità come fossero
un paio di calze. La gente vera fa
BamBam, gli altri solo blàblà.
Il reggae e i generi affini hanno
ormai una storia piuttosto lunga
anche in Italia. Chi sono gli artisti
italiani che suonano questi
generi e che senti più vicini a te?
Sono molti i soundsystem a me
cari: il primo fu Forward the Bass
(Bologna) nel 2006 a promuovermi
nelle dancehall, da lì Supersonic
sound dalla Germania produsse
il mio primo singolo “On
the Road” . Posso sicuramente
citare CZ alliance da Catanzaro,
One drop fellas da cosenza, Sdc
Posse, poi MacroMarco, BigBamboo,
Kalibandulu, Koolometoo,
HeavyHammer, Jungle Army,
21
Roots Balera, Lampa Dread e potrei
continuare per un bel pò. Per
quanto riguarda gli artisti io sono
cresciuto con gli Africa Unite, con
i Reggae National Ticket, ma nel
panorama dancehall/ragga sicuramente
ci sono artisti di calibro
come Raina, Neroone, Gamba the
Lenk, Attila, Nico Royale ed i più
famosi ed affermati BoomdaBash.
Quali saranno i tuoi prossimi
passi?
Mi muoverò come sempre in direzione
della musica seguendo il ritmo
in levare del mio cuore. Non
so fare altro nella vita. Se hai un
sogno devi portarlo avanti, devi
lottare per lui e crederci fino alla
fine. La mia etichetta discografica
Emic Entertainment sta facendo
un ottimo lavoro e credo che assieme
abbiamo ancora tanta strada
da percorrere; le gambe sono
allenate e lo spirito forte. Come
dice Bob Marley “time will tell” :
solo il tempo ci dirà la verità.
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PRELUDE TO DESIRE
Un nuovo ep, “Lost Desires”con cinque tracce trs post rock e shoegaze: abbiamo
rivolto qualche domanda al musicista
Ci presenti il progetto di Luke
Warner Prelude to Desire?
Il progetto Prelude to Desire diciamo
che è sempre stato nella mia
testa. Mi è sempre piaciuta l’idea
di poter fare un percorso musicale
solista. Dalla composizione musicale,
alla scelta dell’immaginario
a quello grafico/visivo. Le basi si
sono concretizzate nel febbraio
2019, dopo anni di idee e spunti
messi da parte ho composto i primi
giri di Decaying Flowers, con
molta calma poi, anche perché
suono con altre due band, sono
arrivato a giugno di quest’anno
con un’ep finito da poter pubblicare.
Su quali premesse poggia il tuo
ultimo lavoro, Lost desires?
A essere sincero, sono una persona
molto realista, anche data l’esperienza
accumulata con le altre
band, l’unica premessa riguardo
Lost Desires è il raggiungimento
di ascolto e spero apprezzamento
del lavoro fatto fin qui, soprattutto
per una crescita e miglioramento
artistico dal punto di vista personale.
Quali sono le tue fonti di ispirazione?
Le fonti d’ispirazione sono molte,
ho scelto poi di seguire un percorso
di composizione esclusivamente
suonato, senza l’introduzione
del cantato (seppur io canto nelle
altre band), proprio per riuscire
solo con le note di strumenti creare
quell’atmosfera, che riesce a far
viaggiare con la mente chi ascolta.
Parto coi riferimenti musicali, tra
i molti che mi hanno influenzato
ci sono bands come Mogwai,
Sigur Rós, God is An Astronaut.
Poi dal punto di vista artistico e
visivo, molto mi sono stati d’ispirazione
i film di David Lynch, e
anche dipinti visionari di Goya e
Dalì.
Ci fai il nome di tre band o artisti
di oggi che ti piacciono particolarmente?
Sono un ascoltatore di musica a
360 gradi (dal metal più estremo,
all’elettronica), per cui tre nomi
mi è veramente difficile. Comunque
come prima band metto chi
mi ha dato l’ispirazione a ciò che
compongo, i God is An Astronaut,
poi ho trovato molto belli e
interessanti gli ultimi lavori della
band giapponese MONO (album:
nowhere now here) e dei francesi
Alcest (album: Spiritual Instinct).
Quali saranno i passi successivi
all’ep?
Ho già qualcosa di nuovo, messo
da parte, la mia speranza sarebbe
quella di poter fare un “full-length”
di otto o al massimo dieci
brani, intanto sto a vedere il riscontro
di Lost Desires anche per
sapere dove meglio, poi orientarmi
sui brani futuri.
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GIUSEPPE D’ALONZO
Sempre innamorato della musica, il chitarrista ha pubblicato “Strane
forme di complicità”, il nuovo album
Ci puoi presentare chi è Giuseppe
D’Alonzo?
Sono da sempre innamorato della
musica, chitarrista per estrazione
ho un passato di cover band ma
coltivo sin da ragazzo la passione
per la scrittura di canzoni. Nel
2014 ho fondato i Crabby’s, band
con cui ho pubblicato i singoli
L’uomo di Ieri e I was born yesterday.
Amo da sempre la musica
rock blues, ho esordito nel 2016
con il mio primo ep indipendente
Bad Past, in lingua inglese. A seguire
ho pubblicato Realize (2017)
e Mistake (2018) e Tornerà, nel
2019, è stato il mio primo album
in Italiano. Amo l’arte in ogni sua
declinazione, la mia maggiore inclinazione
è naturalmente musicale
ma sono molto attratto anche
dalle arti grafiche.
Sono anche appassionato di viaggi,
ho viaggiato molto e spero di
poter continuare, sono una fonte
inesauribile di ispirazione.
“Strane forme di complicità” è
il tuo ultimo disco. Ci racconti
ispirazioni e premesse del lavoro?
Il cd è un viaggio onirico attraverso
il mondo dei sogni. Tratta temi
sempre in modo allegorico, quali
le dipendenze, l’amore, le fragilità,
la morte passando per momenti di
maggiore lucidità in cui si affrontano
temi di attualità con un pizzico
di ironia. La legge viene vestita
da donna e descritta come un
essere ormai fragile, terrorizzato
dal fardello che ormai non riesce
più a sorreggere, la nostra libertà
“…Sacro è il terrore di lei che è garante
per te della tua libertà…” La
sensibilità viene eletta ad eroina e
accostata ai tanti “fragili eroi” che
combattono per l’integrità, l’etica
e l’amore ormai da troppo tempo
calpestati o banalizzati. Molti
elementi vengono presi in prestito
per restituire all’ascoltatore un
viaggio fedele nell’immaginario
dei sogni. Ci sono nuvole animate,
ci sono draghi e conti dalle
facili allusioni politiche, castelli,
labirinti , fumi che ci confondono,
ma soprattutto ci sono esseri
viventi dalle sembianze umane
con la testa a forma di display che
proietta un hashtag a simbolo della
completa omologazione a cui
stiamo approdando. Ma cosa sono
i sogni se non una dipendenza necessaria
e funzionale alla nostra
sobrietà? È un percorso che parte
dal primo brano “Sober” in cui si
viene subito proiettati in questo
universo onirico e psichedelico,
prosegue atterrando su un pianeta
terra ormai abbandonato in cui
questi zombie/ hashtag vanno in
ricognizione e termina con “in the
28
29
end” brano che ben rappresenta
il significato della morte. Durante
questo viaggio ci sono momenti in
cui l’amore sembra davvero prendere
il sopravvento sui demoni
che si alternano di brano in brano
“solo un pretesto” e “Lei” ci riportano
in un universo terreno in
cui uomini e donne si amano, si
cercano, litigano ma si comprendono…
Ben nascosto dietro il
tema dei sogni c’è la nostra vita, ci
sono i sentimenti e c’è tanta attualità,
persino il tema della perenne
guerra per le materie prime…
Forse è necessario sognare per
affrontare questi temi ormai fossilizzati?
Ho trovato questa dimensione
espressiva per dire quello
che ormai è da troppo tempo dato
per scontato ma che scontato non
è, anzi il dare per scontato è divenuto
un pretesto per non parlarne
più…molto grave! È necessario
trovare un modo di comunicare
differente per arrivare al cuore
delle persone senza passare per
la razionalità ormai assuefatta al
bombardamento mediatico… Sediamoci,
ascoltiamo della buona
musica, leggiamo, parliamo d’amore
guardandoci negli occhi e
soprattutto… SOGNIAMO.
Come nasce Sober, che apre il disco?
È un viaggio introspettivo spinto
ai limiti dell’abisso delle dipendenze.
L’intero testo è allegorico,
richiama temi di psichedelia.
Ci sono strani cortei, castelli, labirinti,
scenari e ambientazioni da
sogno, tipici di un viaggio “metafisico”.
Tutto allude quindi a una
dipendenza che viene svelata dalla
frase “I have to dream to stay sober”
…io dipendo dai sogni: devo
sognare per rimanere sobrio…
Scavando più in profondità invece
il brano vuole riflettere la condizione
in cui verte oggi l’uomo.
Se ci pensate è difficile, ad esempio,
distinguere la notizia vera da
una fake news, dal momento che
anche figure che dovrebbero essere
autorevoli le sparano grosse,
la “verità” viene smentita dopo
poche ore e sostituita da un’altra
affermazione…ma quale sarà poi
quella vera? Esiste ancora questo
concetto? Insomma chi di noi, in
un universo così fluido, è certo al
100% di quello che legge, ascolta o
addirittura dice? Ci sembra quindi
di vivere in un perenne stato
di semi incoscienza, in attesa che
qualcuno ci venga a svegliare e ci
restituisca al mondo…nel frattempo
quindi non ci resta che sognare
per rimanere sobri, non pensate?
Chi sono i tuoi punti di riferimento
musicali?
Riferimenti ne ho avuti molti in
periodi diversi. Cito i più importanti
in ordine cronologico di influenza
nella mia vita. Pink Floyd,
Beatles, Eric Clapton, REM, Vasco
Rossi, De Gregori, Lucio Dalla,
Pino Daniele, Jimi Hendrix, tantissimi
artisti Blues tra cui
BB King a cui ho dedicato
una canzone scritta il giorno
dopo la sua dipartita “Wasted
Time” e Robert Johnson,
poi Neil Young, Elliot Smith
, Nick Drake, The Smits e
davvero tantissimi altri, impossibile
elencarli tutti. Chi
ama la musica non può che
essere grato a ognuno di loro
per quanta generosità hanno
profuso nel loro lavoro.
Quali sono i tuoi progetti
da qui in avanti?
Non appena potremo esibirci ho
in programma un po’ di cose con
i Crabby’s, stiamo uscendo con il
nuovo singolo “Free”. Come solista
invece sto preparando un repertorio
acustico, voce e chitarra,
per potermi muovere con agilità
in questo periodo complesso dal
punto di vista logistico a causa del
Covid 19. Molti dei miei brani si
prestano ad una rivisitazione acustica,
devo dire sta uscendo un bel
lavoro. Naturalmente sono impegnato
anche nello scrivere nuove
canzoni per progetti futuri.
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MADDALENA CONNI
Due album alle spalle, la cantautrice piacentina smuove le acque con
“E’ un segreto”, nuovo singolo e video che nasce dall’insofferenza contro
la passività
Raccontaci chi è Maddalena
Conni
Mi sento di far parte di quella fascia
di esseri umani che desiderano
fortemente un mondo più
equo per tutti,più sano, più libero...
innamorata di tutte le forme
d’arte ma legata indissolubilmente
alla ricerca di una sonorità da inseguire.
Da sempre. Non riesco a
prescindere nulla dalla musica. È
una parte che mi riporta alla mia
quiete naturale, al mio rapporto
con il mio corpo e alle sue esigenze
più profonde. La mia ricerca
del bello spazia... e il mio concetto
di bello è probabilmente e giustamente
diverso da canoni prefissati.La
bellezza per me è infatti diversità,
ricerca, sforzo... la bellezza
è limpida, senza artefatti, pura,
senza finzioni. Ricerco questo nella
mia musica. Autenticità da darmi
e da dare.
E’ un segreto è il tuo nuovo singolo:
ci racconti qualcosa di questa
canzone, ricca di esortazioni
a “muoversi” verso fasi più positive
della propria vita?
È un segreto nasce da un’insofferenza
verso la passività, che ognu-
no di noi, penso, in alcune parti o
in certi contesti della propria vita
vive o ha vissuto. Vorrebbe essere
uno stimolo a reagire, qualunque
cosa accada. A ricordarci che siamo
tutti qui, ora, che ognuno di
noi è importante e può cambiare
le cose che non vanno.
Il video propone un contrasto
fra il cantato che dice appunto
“Muoviti” e la staticità della ballerina
del carillon (che poi sei
tu): ci racconti qualcosa di questo
clip?
Questo video è stato girato da
Niccolò Savinelli nello stesso studio
dove ho registrato le voci e le
parti ritmiche durante la fase due
di questo brutto periodo, in greenback.
Le ambientazioni sono
state fatte tutte a mano da Nik,
davvero paziente ma soprattutto
talentuoso. La mia idea di partenza
era che fosse un tuffo in una
dimensione irreale ma che riuscisse
a rendere il senso del testo.
Restando immobilizzata in quanto
ballerina di carillon, piano piano
mi rovino. Mi sono innamorata di
questo video.
Quali sono i tuoi punti di riferimento
musicali?
Ho tantissimi riferimenti davvero,
è molto difficile dirtene qualcuno
escludendone altri... Tiromancino,
Paolo Conte, De Gregori, Battisti,
Rufus Wainwright, Regina
Spektor, Fiona Apple, Pink, Carmen
Consoli, Tosca, Ben Harper,
Jack Johnson, The Beatles, Joni
Mitchell, Rickie Lee Jones. Eccetera
eccetera...
Che progetti hai per la seconda
parte (speriamo migliore) di
2020?
Progetti tanti. Un altro singolo, un
album, scrivere. Esibirmi ancora
live non appena sarà di nuovo
possibile e sicuro.
34
ELENA SANCHI
Una svolta prima di tutto sonora, anticipata dal nuovo singolo e video,
“Dimmi chi sei”: la cantautrice romagnola è pronta per nuovi orizzonti
Ciao Elena e bentornata. Si direbbe
che qualcosa sia cambiato,
ascoltando Dimmi chi sei, il tuo
nuovo singolo...
Ciao Fabio, è sempre un piacere
ritrovarti. Sì in effetti è così! Come
ben sai mi piace sperimentare
strade diverse, cambiare, trovare
forme e spazi nuovi dove muovermi
e crescere, è nella trasformazione,
nella ricerca che trovo un
senso di appartenenza e coerenza
del mio progetto. Questa volta
questa intenzione mi ha portata
a incontrare, un mese prima del
lockdown, il musicista e producer
Aberto Melloni. Durante la quarantena
abbiamo iniziato a collaborare
a distanza e io mi sono
subito sentita a mio agio con il
suo modo di lavorare. E’ nata una
forte alchimia artistica e Alberto
è riuscito a interpretare il mondo
che immaginavo in maniera autentica
e precisa.
Da dove arriva questa ventata
elettronica? Anche le prossime
canzoni seguiranno questa tendenza?
L’elettronica mi è sempre piaciuta,
mi riferisco ai classici come
Moby, Massive Attack, Portishead,
The Prodigy, Depeche mode,
Bjork, The London Grammar, fino
ai progetti più recentementi come
Lorde e Billi Eilish (solo per fare
qualche esempio). Ritengo che il
modo “aperto” che ho nel comporre
i brani si sposi bene con
questo genere. Dimmi chi sei è soltanto
l’anticipazione di un progetto
più ampio, un terzo disco che
realizzerò il prossimo anno.
Ci racconti qualcosa anche del
video?
Il video è stato realizzato da Elena
Tenti, un’artista a tutto tondo capace
di passare dalle illustrazioni,
alla grafica, alla danza con la stessa
eleganza e sensibilità. Racconta,
attraverso immagini dai colori
molto accesi e vivi, l’idea di trasformazione
e di libertà.
Tu hai notoriamente un “cuore
migrante”. Come hai vissuto il
lockdown e la quarantena?
L’idea di un “cuore migrante” non
vuole richiamare solo l’urgenza
di conoscere luoghi lontani e di
viaggiare realmente verso terre
sconosciute ma anche quella di
muoversi all’interno di se stessi
attraversando le proprie emozioni.
Penso che la pandemia ci abbia
messo un po’ tutti in viaggio
verso una consapevolezza diversa
rispetto alla società moderna. Per
me è stato un periodo molto ricco
sotto tanti punti di vista. Se inizialmente
mi sono lasciata avvolgere
dal vuoto e dall’immobilità
dei giorni poi ho trovato il senso
per scrivere e studiare cose nuove.
Svelaci i tuoi progetti per la seconda
parte del 2020.
Sicuramente lavorerò alle canzoni
del mio prossimo disco e a una
nuova dimensione live, più elettronica
appunto.
38
NICO
Ex bassista di Dente ma anche con numerose esperienze alle spalle, Nicola
Faimali riparte da “Imparare a nuotare”, nuovo singolo e video
Esperienza solista dopo aver lavorato
“in squadra”. Che cosa
cambia e quale tipo di responsabilità
ti senti addosso?
Inizio dicendo subito che io sono
stato molto fortunato, tutti noi
della squadra “Dente” siamo stati
molto fortunati partendo dal tour
manager per arrivare al merchandise,
si è sempre creata una magia
e un’armonia indescrivibile,
di fatto quando ti trovi a lavorare
in un team in cui tutti sanno cosa
bisogna fare affinché lo spettacolo
e la musica siano al primo posto
è difficile fare male. Detto questo
effettivamente come bassista potevo
permettermi qualche libertà
in più non dovendomi preoccupare
di certi dettagli ma allo stesso
tempo dovevo fare di tutto perché
lo standard del progetto rimanesse
a fuoco, fosse anche solo per
quanto riguardava lo stile dell’ar-
rangiamento dei brani. Forse ora
sono più libero dai generi o stili
musicali ma più responsabilizzato
da un punto di vista di immagine,
gestione, tempistiche, social... mi
ci devo ancora abituare.
“Imparare a nuotare”, il tuo nuovo
singolo, parla di accettare gli
errori come parte del processo.
Sei sempre stato così “filosofico”
con i tuoi errori o anche questa
accettazione è stata un processo?
La mia natura Serendipity ha fatto
sì che io accogliessi e sperimentassi
tutto quello che mi si presentava
davanti... non mi definisco
uno “Yes Man” ma di sicuro una
persona curiosa di sperimentare,
di fatto anche suonare il basso con
Dente (non avendo mai suonato
un basso prima di allora) è stata
una di quelle mie decisioni da
incosciente che fortunatamente
non ha avuto cattive ripercussioni.
Effettivamente ho sempre avuto
questo atteggiamento permissivo
di fronte agli sbagli (miei e degli
altri), forse perché ho sempre
mantenuto il focus sulle cose importanti
della vita ma anche perché
per saper giudicare uno sbaglio...
Come si dice: “Chi è senza
peccato...” Riconoscere i propri
errori di per sé fa già parte di una
crescita sana, così come cambiare
opinione.
Credo che il video meriti una descrizione
a parte, vista anche
location e protagonisti.
Ho sempre desiderato un video
movimentato... adoro il ballo, ballare
con stile è una delle cose più
sexy del mondo, quindi trattandosi
di un brano con un ritmo che
lo permettesse ho pensato subito
a un ballerino e nello specifico
a Francesco Beltrani. Lo vidi in
azione qualche anno fa e rimasi
colpito dalla sua bravura ma soprattutto
dal suo volto, espressivo
e sempre perfettamente calato
nella parte, l’ho chiamato e lui si
è mostrato subito disponibile e
professionale. Di Savinelli avevo
invece solo sentito parlare, quindi
mi sono guardato un po’ di lavori
fatti da lui e ho scoperto che: aveva
in passato già fatto video dove
c’erano delle coreografie, aveva
già collaborato con Francesco e
sapeva rendere le riprese all’interno
con la luce che piaceva a me. Il
Volumnia a Piacenza (o ex chiesa
di Sant’Agostino) è stata la botta
di c_ _ o finale, serviva uno spazio
ampio ma che avesse anche con
un certo spessore emotivo, avevamo
fatto delle ipotesi che ci sembravano
tutte irrealizzabili, vista
anche la situazione di “Post Lockdown”...anche
questa del Volumnia
era tra le ipotesi irrealizzabili
ma l’Universo e più concretamente
Enrica De Micheli hanno fatto
sì che tutti i tasselli andassero a
finire il puzzle e così in un giorno
abbiamo fatto tutto il girato cercando
di mischiare dei rituali Pagani
con la location. Il risultato mi
è piaciuto molto, spero che piaccia
anche a chi lo guarderà.
Hai collaborato con tanti nomi
importanti della musica italiana.
Scegliendo uno con cui non hai
ancora lavorato, chi citeresti?
Ahhh che lista infinita che ho
nella testa. Sono ancora molte le
collaborazioni che mi piacerebbe
fare, sicuramente uno dei miei sogni
sarebbe quello di duettare con
Gino Paoli. Lo adoro.
Hai un disco quasi pronto. Che
“carattere” avrà?
È un disco pieno di spunti di riflessione
su cose che in questi
anni stiamo rischiando di considerare
banali, un disco pieno
di domande ma senza risposte, a
quelle penserà l’ascoltatore se riuscirà
a leggere tra le righe. Mi
sono accorto che ultimamente i
testi della nuova generazione pop
si concentrano su dettagli di vita
vissuta mettendo al centro dell’attenzione
il “personaggio” e dando
per scontato che chi sta ascoltando
sia davvero interessato a cosa
hai bevuto ieri, se hai fatto tardi o
a cos’hai nel frigorifero, cosa che
effettivamente ha suscitato interesse,
forse serviva questo cambio
ma io faccio parte di un’altra generazione,
ho bisogno di canzoni
più visionarie ed è quello che ho
provato a fare. Contestualmente la
musica avrà anch’essa un’impronta
particolare, non mancheranno citazioni
a grandi sound del passato
per rendere il tutto più familiare e
nel complesso comunque ho cercato
di tenere il tutto molto leggero.
Descritto così sembra un disco
complicato, ma ti assicuro che
non è così.
42 43
FRANCESCO TIRELLI
Sono un gruppo ormai veterano della scena di Reggio Emilia ma sono ancora
a caccia dei segreti per diventare vere rockstar, come spiega il loro ultimo
video, “Il decalogo”
Secondo il vostro ultimo video,
“Il decalogo”, ci sono una serie
di regole per arrivare al successo
nel rock... Ma che cos’è il successo,
realisticamente, secondo voi?
Diventare più famosi dei Beatles,
ovviamente! Tornando seri, crediamo
che il successo non sia una
questione di numeri o di fama,
anche se ne capiamo l’importanza.
Il vero successo, per noi, è però un
processo interiore. Scrivere una
canzone, cantare per i propri amici,
condividere una serata di musica
e parole. Se possiamo godere di
queste cose, possiamo dire di essere
già una band di successo.
Il video mette in evidenza una
serie di “modelli” pescati fra le
rockstar più celebri della storia.
Secondo voi è proprio impossibile
fare rock e vivere una vita
“normale”?
No! Tranne rare eccezioni, le
grandi rock band del passato erano
composte da professionisti e
stacanovisti della musica. Il rock è
ribellione musicale che può essere
espressa anche con comportamenti
stravaganti, ma quello che
conta è sempre e solo la musica.
Se si hanno i contenuti, si può essere
delle rockstar anche vestiti in
giacca e cravatta.
Rock significa concerti e musica
dal vivo, perciò immagino che
gli ultimi mesi siano stati particolarmente
sofferti per voi. Avete
già idee su come e dove far ripartire
la vostra stagione live?
È complicato. Noi abbiamo bisogno
di sentire il calore del pubblico,
vedere la gente ballare e cantare
e percepire, sotto al palco, una
grande festa.
Con le attuali regole, tutto ciò è
impossibile. Allo stesso tempo,
per rispetto dei tanti defunti e
delle tante persone che hanno sofferto,
non abbiamo intenzione di
far correre dei rischi ai nostri fan.
Quindi, per ora, abbiamo scelto
di attendere, sperando che presto
arrivino delle notizie positive dal
fronte medico.
Qual è il vostro rapporto con i
social? Come e quanto li usate
per promuovere la vostra musica?
A essere onesti non siamo mai stati
molto social. Prima di iniziare
a fare musica non avevamo nemmeno
dei profili personali. Però ci
siamo resi conto che i social sono
fondamentali, al giorno d’oggi,
per costruire un buon rapporto
con la fan base e così, dopo tante
richieste da parte del nostro pubblico,
abbiamo aperto una pagina
Instagram che dopo pochi mesi
ha già superato i 5.000 followers.
Allo stesso modo abbiamo recentemente
aperto anche una pagina
Facebook e un canale YouTube.
E per quanto riguarda prossimi
singoli o dischi? Già progettato
tutto?
Più o meno... A settembre uscirà
il terzo singolo del nostro quinto
album, poi dopo qualche altro
brano ad anticiparlo, a marzo
uscirà il disco. Non abbiamo un
problema di canzoni... Francesco
è una macchina e può scrivere tre
canzoni in una notte... Il problema
semmai è di selezionare, ogni
volta, i pezzi più adatti al momento,
arrangiarli seguendo le ultime
tendenze musicali e mischiarle
nell’album. Siamo dei maniaci della
musica e prendiamo il massimo
da ogni nostra creazione.
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ROCCO
“La pelle non mente” è il nuovo singolo del cantautore reggiano, che singolo
dopo singolo si sta costruendo uno stile fatto di apparente allegria
ma anche di riflessioni profonde
Partiamo dal tuo nuovissimo
singolo e video, La pelle non
mente. Una canzone estiva, senza
dubbio, ma anche portatrice di
domande... Ce ne vuoi parlare?
Si tratta di una canzone che risponde
al bisogno di ogni essere
umano di avere dei punti fermi,
una base sicura, di credere in
qualcosa. Ed esprime quello in
cui credo io, ovvero la pelle, nel
suo significato più ampio. La pelle
non mente, non riesce a mentire.
Se mi batte il cuore forte non puoi
fingere che non batta, al massimo
puoi camuffarlo ma non puoi
impedirlo. La pelle rappresenta il
nostro sentire, se vuoi anche il cosiddetto
sesto senso, quella istintiva
saggezza con cui perveniamo
all’essenza delle cose. Ci sono cose
che sentiamo e che capiamo senza
renderci conto del come e del
perché: le affinità elettive, la magia
delle coincidenze, la trasparenza
dei bambini, l’istinto primitivo...
Una scelta voluta e anche da tempo.
Volevo rappresentare una versione
giocosa e scherzosa di me
che festeggia la vita e l’estate con
l’universo. E un cartoon mi sembrava
la forma espressiva più indicata.
Lo avevo in mente tale e
quale.
Ci racconti un po’ di chi sei come
cantautore e di quali sono le tue
aspirazioni?
Sono un cantautore che canta la
vita, che scrive canzoni perché è il
modo in cui riesco a esprimermi
forse più pienamente. Aspirazioni?
Credo che tutti i cantautori
aspirino a essere ascoltati e apprezzati
da sempre più persone.
Ed è quello che desidero anch’io.
Sono pienamente consapevole
delle enormi sfide che ci sono nel
raggiungere non dico la notorietà
ma anche solo la visibilità. Ogni
anno su Spotify vengono pubblicati
qualcosa come 15 milioni
di brani, circa 40mila canzoni al
giorno! Al tempo stesso, credo che
con pazienza, con il duro lavoro,
insomma con i giusti ingredienti,
si possa fare del proprio meglio
per sperare di emergere.
4. So che hai intenzione di far
uscire un singolo ogni paio di
mesi circa fino all’album. Ci spieghi
meglio questa “strategia”?
L’idea è esattamente questa. Il 6
settembre uscirà il prossimo singolo,
poi uno in novembre, uno a
gennaio 2021, e cosi via, fino alla
fine della prossima estate in cui
uscirà l’album. Il vantaggio di questo
tipo di strategia (peraltro sempre
più adottata anche da artisti
ben più noti) è quello di poter lavorare
meglio sotto tutti gli aspetti
(non ultimo quello della promozione)
su ciascun singolo, senza
bruciarsi un intero album magari
per una promozione andata male.
Il livello di hype viene tenuto in
tal modo costantemente alto e ciascun
brano costituisce una esperienza
dalla quale apprendere e
muovere le mosse successive.
Hai in programma qualche live?
Non nel 2020, ma stiamo lavorando
per il 2021 (virus permettendo).
Sono fiducioso! Sulla mia
pagina Instagram roccoofficialaccount
vi terrò aggiornati su tutti i
nuovi sviluppi.
Il video svela soprattutto la parte
giocosa del brano. Le tue canzonisono
spesso così, cioè un po’
allegre e un po’ pensose?
No. La canzone precedente per
esempio, “Un mondo senza parole”,
non è così allegra. Sicuramente
sono ‘pensose’, perché quando
scrivo generalmente ho qualcosa
da dire, qualcosa che è nato da
riflessioni o da insight. A ogni
modo, sono un tipo abbastanza
meditabondo ma al tempo stesso
mi piace trasmettere una certa carica
con i miei pezzi.
Come hai vissuto il periodo del
lockdown?
Ho cercato di sublimare la difficoltà
legate alla chiusura in casa
scrivendo un brano che guardasse
al futuro in modo positivo, nonostante
la tragedia situazione in
cui tutti versavamo (e ancora versiamo).
Ne è nata una splendida
amicizia con un altro artista della
città in cui vivo e una bellissima
collaborazione con i follower con i
quali abbiamo scritto il pezzo durante
le dirette Instagram.
Tre nomi di artisti italiani che
ammiri particolarmente.
Non si fa... tre sono troppo pochi,
ma starò al gioco: Battisti, Jovanotti,
Brunori Sas (ma come si fa
a lasciar fuori Lucio Dalla, Pino
Daniele, Endrigo, Fabi, Silvestri,
Gazzè, Tenco, Bersani, Venditti,
eccecc...???)
So che il tuo progetto prevede
l’uscita di alcuni singoli e che il
prossimo potrebbe essere, come
dire, un po’ controverso... Ci anticipi
qualcosa?
Volentieri. Il prossimo pezzo sarà
un pezzo impegnato. Il tema stesso
è controverso. La canzone è
nata da sola “già con le parole”..
quindi non potevo ignorarla. Tratterà
il tema dell’informazione, del
ruolo sempre più preponderante
dei social media nell’informazione,
del loro ruolo ambiguo e spesso
al limite tra provider ed editori
e della loro capacità di imporre
linee editoriali e di eliminare video
e canali senza passare per gli
organi istituzionali, talvolta avvalendosi
di una censura preventiva,
altre volte di algoritmi ciechi
e spesso di dubbia affidabilità.
Anche in questo caso, l’arrangiamento
renderà il pezzo molto più
leggero e allegro di quanto non
siano il testo e gli argomenti trattati.
Così che ascoltandolo non
si potrà fare a meno di percepire
una dissonanza tra l’orecchiabilità
estrema della canzone e l’importanza
del tema discusso.
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FRANCESCO AUBRY
Un nuovo singolo e un video che si muovono tra due alternative apparentemente
inconciliabili: “Tra incanto e l’inferno” è il nuovo brano del musicista
e cantautore
Tre singoli in sei mesi: possiamo
vedere uno schema e un fil rouge
che unisce I tramonti su Marte,
Tornare a sognare e Tra incanto e
l’inferno?
Sì, ho scelto di uscire periodicamente
con dei singoli per tastare
il terreno e iniziare a valutare cosa
potesse funzionare e cosa meno
misurandomi coi miei limiti e i
miei punti di forza. L’idea di fondo
è quella di un connubio tra
cantautorato e sonorità synthpop
ma da ognuno di questi pezzi
emergono caratteristiche differenti.
“Tra incanto e l’inferno” è l’ultimo
singolo ed è accompagnato
da un video: quanto è stato importante
il clip per completare i
concetti espressi nel brano?
Credo sia fondamentale nell’epoca
dell’ascolto usa e getta e dello
slide distratto sui social, sopratutto
per progetti emergenti come il
mio. Purtroppo sfornare frequentemente
videoclip girati con professionisti
del settore può essere
proibitivo per chi ha un approccio
indipendente, ma possono nascere
delle idee quasi a costo zero con
un po’ di ricerca e inventiva.
Synth pop e cantautorato si con-
frontano nella tua musica. Ma le
tue radici quali sono?
I Queen sono stati il colpo di fulmine
e in seguito tutta la musica
a cavallo tra i ‘60 e i ‘70, tra glam
rock, psichedelia e prog rock. Più
recentemente ho rivalutato le sonorità
della new wave anni ‘80,
che da qualche anno è molto presente
in tante produzioni.
Quali sono i nomi di tuo riferimento
nel cantautorato italiano?
Il primo Battiato con la sua sperimentazione
tra Vcs3, chitarre e
percussioni. Fetus e Pollution sono
capolavori. E poi quelli di inizio
anni ‘80 finalmente pop ma sempre
avanti anni luce con sonorità
sintetiche e testi assolutamente
inediti fino a quel momento nel
panorama commerciale Italiano.
Il Battisti tra fine ‘70 e inizio ‘80,
con influenze funk e sintetizzatori
come il Prophet 5 spesso arrangiati
in maniera geniale dal grande
Geoff Westley. Tutto questo con
melodie geniali e sincere. Più recenti,
Bluvertigo e Baustelle che
conservano caratteristiche simili
in chiave moderna.
So che hai
in progetto
un ep entro
fine 2020.
Hai già le
idee chiare
su come
sarà?
Cercherò
di estremizzare
e
allo stesso
tempo far
coesistere
questo mix di melodie pop e ricerca
sonora, forse ci saranno meno
chitarre e più synth, piani acustici
ed elettrici. In merito ai testi
vorrei mettermi maggiormente a
nudo, stimo tantissimo gli autori
capaci di arrivare al cuore degli
ascoltatori raccontando il proprio
vissuto più intimo piuttosto che
trattare temi universali da un punto
di vista più critico e distaccato.
Ho diversi pezzi abbozzati qua e
la, come le caselle di un puzzle da
ricomporre: ne intuisco il senso
ma non vedo ancora l’insieme nella
sua prospettiva finale. Spero di
farcela nei prossimi mesi!
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