23.07.2020 Views

TRAKS MAGAZINE 035

Ecco il nuovo numero TRAKS MAGAZINE. In copertina gli UMMO e inoltre interviste ad Aneurisma, Tangram, Giorgia Giacometti, Kalafi, Prelude to Desire, Giuseppe D'Alonzo, Maddalena Conni, Elena Sanchi, Nico, Francesco Tirelli, Rocco, Francesco Aubry

Ecco il nuovo numero TRAKS MAGAZINE. In copertina gli UMMO e inoltre interviste ad Aneurisma, Tangram, Giorgia Giacometti, Kalafi, Prelude to Desire, Giuseppe D'Alonzo, Maddalena Conni, Elena Sanchi, Nico, Francesco Tirelli, Rocco, Francesco Aubry

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

www.musictraks.com

MAGAZINE

Numero 35 - luglio/agosto 2020

UMMO

ANEURISMA

TANGRAM

GIORGIA GIACOMETTI

KALAFI


sommario

4

8

12

16

20

24

28

32

36

40

44

48

UMMO

Aneurisma

The Tangram

Giorgia Giacometti

Kalafi

Prelude to Desire

Giuseppe D’Alonzo

Maddalena Conni

Elena Sanchi

Nico

Francesco Tirelli

Rocco

Francesco Aubry

52

Questa non è una testata giornalistica poiché viene aggiornata

senza alcuna periodicità. Non può pertanto

considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge

n. 62/2001. Qualora l’uso di un’immagine violasse

diritti d’autore, lo si comunichi a info@musictraks.com

e provvederemo alla rimozione immediata

TRAKS MAGAZINE

www.musictraks.com

info@musictraks.com



UMMO

“Blu” è il nuovo singolo e video della band abruzzese, un brano dedicato

all’accettazione di se stessi e a riprendere in mano la propria vita

Chi sono gli UMMO?

Non è sempre facile rispondere a

questa domanda. Siamo un gruppo

di amici che anni fa ha deciso

di condividere qualcosa di importante

che va oltre l’amicizia: la

propria vita. Infatti più che una

band ci consideriamo una famiglia

che negli anni si allarga sempre

di più. Contatti diretti e umani

anche con tutte le persone ci seguono.

Credo sia proprio ciò il segreto

delle nostra musica. Vivendoci

davvero riusciamo a capirci

a fondo, senza mai giudicarci, a

scoprire ogni dolore e gioia, sogni

e ambizioni per poi tramutarli in

canzoni. Forse per questo ci consideriamo

un po’ alieni… in un

mondo così frenetico in cui sembra

vincere l’individualismo, noi

professiamo la condivisione, una

con-divisione che va al di là della

sterile funzione di un social.

Da dove nasce questa passione

per il Blu e soprattutto come nasce

il singolo?

I colori per noi Ummo sono fondamentali,

a partire dal fucsia che

ci ha caratterizzato per anni.

Donano dimensione ai nostri

pensieri e alla nostra musica.

Amiamo giocarci anche durante i

nostri live. Il Blu è un colore molto

antico, sin dagli antichi Egizi

veniva utilizzato per immortalare

immagini divine e faraoniche.

Non solo quindi il colore del cielo,

degli oceani e nelle sue sfumature

cupe anche dell’universo, ma

è il colore della solennità, di una

certa pienezza dell’anima. Dona

tranquillità e ci fa immergere nella

speranza. Ed è proprio questo

il messaggio del singolo: accettare

se stessi, sconfiggere la paura del

giudizio e riprendere in mano la

propria vita abbracciando sbagli

e so-prattuto i propri sogni. Non

esistono limiti, ogni persona ha

un universo dentro di sé.

Mi raccontate qualcosa anche del

video?

La canzone è stata scritta nell’autunno

del 2019, mentre il video è

stato ideato durante il lockdown.

Volevamo dare un messaggio di

speranza e spensieratezza, in un

periodo di chiusura, paura e dolore.

E quale miglior modo se non

quello di ispirarci ai grandi miti

del cinema del passato, nel periodo

del dopo guerra, in cui straordinaria

bellezza è esplosa riempiendo

menti e cuori di milioni

di persone?! E grazie al regista e

amico Giovanni Bufalini (direttore

della sezione cinema del Centro

Romano di Fotografia e Cinema) e

al suo staff, siamo riusciti a vestire

la canzone Blu con queste immagini

evocative. Anche perché non

avendo la possibilità di incontrarci

di persona era davvero l’unico

modo per cercare di esprimere al

meglio il significato del testo.

Siete stati finalisti a Sanremo

Rock e vi siete aggiudicati la sezione

abruzzese di Arezzo Wave.

Secondo la vostra esperienza,

quanto servono i concorsi per le

band emergenti?

Dal punto di vista discografico

sarò sincero… nulla. Almeno non

più come una volta. Esperienze

straordinarie dal punto di vista

umano e artistico. Durante questi

concorsi si conoscono moltissi-

4

5



mi artisti e si ha la possibilità di

ascoltare musica pazzesca e quindi

di crescere. In Italia ci sono

centinaia di band che potrebbero

benissimo scalare le classifiche in

pochi giorni se solo il sistema lo

permettesse. L’idea di concorso,

quando si tratta di musica, risulta

quasi oscena e offensiva, ma è comunque

un modo per farsi ascoltare

non solo dagli addetti ai lavori,

ma anche da un pubblico che

altrimenti non avrebbe potuto conoscerti.

Però a livello discografico,

non è più come una volta, non

c’è alcun tipo di “svolta” tramite

un concorso. Almeno questo è il

nostro punto di vista dettato dalle

nostre esperienze.

Quali saranno i vostri passi futuri?

Dopo la promozione di questo

singolo e i live che ne seguiranno,

ci prepareremo per l’uscita

dell’album prevista per l’Autunno

prossimo. Sicuramente ci sarà un

secondo singolo che lo accompagnerà,

sperando che il pubblico

continui a seguirci e sostenerci.

Ovviamente, come tutti, siamo in

balia degli eventi in questo particolare

periodo storico, quindi non

si potrà parlare di tour e per ogni

musicisti il palco è come casa,

manca da pazzi. Però cerchiamo

sempre di non demoralizzarci e

di continuare sulla nostra strada.

Per gli Ummo c’è sempre stato un

solo e unico obiettivo: riuscire a

emozionare più persone possibili,

restando noi stessi, non mentendo

mai. Anche perché ogni anima

è unica e come tale va sempre rispettata,

sperando di cuore che ci

si accorga di ciò nelle nostre canzoni.

7



ANEURISMA

La band abruzzese, amante del rock anni Novanta, pubblica un singolo,

“Never Say”, nato dopo una delusione amorosa

Ci presentate gli Aneurisma?

Gli Aneurisma nascono nel 2011

dalla passione comune di tre ragazzi

per quel movimento musicale

che conosciamo come grunge

e, più in generale, per il rock anni



90. Band come Nirvana, Pearl Jam

e Smashing Pumpkins hanno segnato

profondamente le loro vite

influenzando il loro background

musicale. Nelle canzoni raccontano

i loro stati d’animo: le emozioni

sono al centro dei testi e della

musica. Dal vivo sono rabbiosi,

sudati ed intensi, amano il contatto

con il pubblico e danno sempre

il massimo per emozionare chi li

ascolta.

Never Say nasce dopo un’esperienza

sentimentale negativa, a

quanto ho letto. Ci raccontate

qualcosa di più in merito?

Il brano, come dici, nasce dopo

la fine di un’esperienza sentimentale

infelice. La ragione, almeno

inizialmente, viene offuscata dalla

rabbia, ma il tempo cura tutte

le ferite e guarisce l’anima. Clive

Staples Lewis dice che “Non puoi

tornare indietro e cambiare l’inizio,

ma puoi iniziare dove sei e

cambiare il finale”, questa frase è

in perfetta sintonia con il messaggio

della canzone: non abbatterti,

reagisci! La vita è imprevedibile e

tutto deve ancora essere scritto.

Com’è stato girare il video in

quel “cimitero di automobili”?

E’ stata una bellissima esperienza,

spontanea, grazie soprattutto al

regista Manuel Norcini, il

quale ci ha subito messi a

nostro agio durante le riprese,

tanto che in mezza

giornata abbiamo concluso

tutte le scene. E, a dire

il vero, siamo stati anche

molto fortunati: la giornata

è stata soleggiata e solo

una settimana dopo aver

girato il video è stato predisposto

il lockdown, un

tempismo perfetto!

Siete di Pescara. Perciò

mi potete spiegare sicuramente

perché ormai

l’80% delle band rock,

anche di rilievo nazionale, arrivino

dall’Abruzzo, mentre il

resto della nazione suona pop,

trap, hip hop?

Non sappiamo spiegare il perché,

ma nella nostra regione il rock è

sempre stato radicato nel profondo,

ognuno di noi è cresciuto a

“pane e rock” e questo ha consentito

la nascita e lo sviluppo sempre

maggiore della musica indipendente.

Poi, come la storia musicale

insegna, la “provincia” si presta

meglio a certe sonorità e l’essere

un po’ “emarginati” forse ha contribuito

a tutto questo.

Che cosa avete in programma

ora?

In autunno uscirà il nostro album

d’esordio. Ci auguriamo che la

questione Covid-19 sia risolta per

allora e di poter presentare il disco

suonando finalmente live in giro

per i Club. Inoltre siamo al lavoro

per la stesura di nuovi brani, il nostro

sguardo è rivolto già al secondo

album. Abbiamo tanta strada

da fare, questo è solo l’inizio…

10

11



THE TANGRAM

Premi, un album in arrivo e due singoli usciti consecutivamente, “Awesome”

e “Why”: alla scoperta della band abruzzese

La vostra band ha iniziato a mietere

allori ancor prima di pubblicare

singoli... Ci riassumete la

vostra vicenda?

Ci siamo conosciuti nel 2016 ed è

stato amore a prima vista, da allora

abbiamo composto canzoni

e suonato dal vivo, varie vicende

hanno portato a rimandare l’incisione

del primo disco; nel frattempo

abbiamo partecipato a diversi

concorsi nazionali, vincendone

alcuni, tra cui Arezzo Wave, Fame

Dischi, MarteLive e abbiamo attraversato

vari cambi di produzione

e produttori, tornando finalmente

ad accettarci artisticamente

senza snaturare o fare snaturare la



nostra idea di musica. Ora i tempi

sono maturi, abbiamo firmato per

la IRMA Records, storica etichetta

bolognese e siamo felici di rilasciare

il disco con loro.

Come nasce Awesome? E mi raccontate

qualcosa del video?

“Awesome” è un singolo apripista,

nasce in sala prove come gran

parte delle nostre canzoni; i nostri

brani nascono in due modi, uno

è quello più “condiviso”, incentrato

nel cercare e fissare assieme

il momento artistico, l’altro il più

“analizzato” dove capita di portare

un’idea già realizzata da casa per

poi essere arrangiata e completata

insieme. “Awesome” è un brano

piuttosto istintivo e così il video.

Diego Mercadante, il regista, si è

subito immedesimato nel significato

lirico introspettivo e lo ha

realizzato in maniera fluida. Nel

video c’è la partecipazione del ballerino

Stefano Otoyo.

Avete in uscita un nuovo singolo

proprio in questi giorni: “Why”,

vi va di parlare anche della genesi

di questo brano?

Uscirà il 24 luglio su tutte le piattaforme

digitali ed entro i primi

di Agosto pubblicheremo il Videoclip.

“Why” a differenza di “Awesome”

è una delle prime canzoni

composte assieme, ha attraversato

diverse fasi e vari arrangiamenti

fino ad arrivare alla forma attuale.

E’ una canzone molto importante

per noi, siamo legati anche al video

ma non vi anticipiamo nulla,

vi diciamo solo che c’è del “mistico”.

Speriamo vi piaccia.

Come vedete questo piccolo ritorno

del soul anche nella musica

italiana (ammesso che se ne

fosse mai andato)?

Non sappiamo se il soul sia mai

andato via dalla penisola, sicuramente

le mode cambiano, si perdono,

si trasformano, infine ritornano;

Per noi il “soul” c’è sempre

stato perché fa parte dei nostri

ascolti, ci ha formati musicalmente,

amiamo inoltre tutte le contaminazioni

e ramificazioni del

“genere”, il termine “soul” per noi

è anche un modo di dire e rappresenta

tutto quello che riesce a

smuovere le viscere dei sentimenti

interiori.

Cosa potete dire del disco?

Il disco uscirà in autunno, sarà

eterogeneo, una mescolanza di generi

non meglio definita che s’incontra

con la nostra forma canzone.

Cosa altro c’è da dire? Sarà

un album d’esordio perciò per noi

sarà un punto di partenza importante,

soprattutto per i ricordi che

ci porteremo dietro. Speriamo di

ricevere feedback, che siano positivi

o negativi ed avere confronti

che tengano alto il morale e diano

valore al nostro lavoro, naturalmente

ci auguriamo di poter allargare

il giro e crescere per realizzare

un tour promozionale non

appena ci sarà la possibilità.

14

15



GIORGIA GIACOMETTI

La cantautrice toscana, ma con importanti esperienze negli States, pubblica

il nuovo singolo e video “All’Amore”, ritratto sincero e passionale

Ci racconti chi sei?

Sono Giorgia Giacometti, cantante

e cantautrice pop di 23 anni.

Sono nata a Pistoia ed ho vissuto

parte della mia vita a Miami,

dove mi sono avvicinata molto al

mondo della musica. Essendo una

patria mondiale musicale, le diverse

culture e tradizioni mi hanno

spinto a creare un sound

tutto nuovo che si addice

alla mia personalità, un carattere

deciso e sincero, in

parte timido e passionale.

Il rap è parte integrante dei

miei brani, dando pieno

sfogo al lato caratteriale forte

e diretto. La musica è la

mia rappresentazione emotiva,

la mia espressività, e il

mio modo naturale di vivere

ed esplorare me stessa.

Come nasce All’amore?

All’Amore è il mio nuovo

singolo, il brano con cui ho

deciso di iniziare questo

percorso. Naturalmente è in

lingua italiana, perché trovavo

giusto tornare alle mie

origini e ripartire da casa.

Ogni canzone che scrivo

tratta della mia vita personale,

ciò che vivo, sento e vedo. Infatti,

All’Amore nasce proprio così, un’esperienza

vera e vissuta a pieno

nel profondo, tanto d’impatto da

portarmi a scrivere questa storia

d’amore; un amore passionale e

sofferto, che si rivela poi profondo

e sincero.

17



Ci puoi raccontare qualcosa del

video?

Certo! Il video racconta la storia

di questo amore dalla prospettiva

del ricordo. Io mi trovo a vivere

una tipica giornata in casa

dalla mattina alla sera; il ricordo

dell’amore è onnipresente, condizionando

interamente la mia

quotidianità. Le scene davanti allo

specchio risultano la parte narrante

della storia, mentre le altre sezioni

alternate sono come ricordi

scavati nella mia mente; momenti

di felicità si alternano a sensazioni

sensuali ed euforiche.

Quali sono i tuoi punti di riferimento

musicali?

Sinceramente non ho punti di riferimento

musicali. Penso che la

musica sia pura espressività e se

vissuta a pieno non ha limiti ne

confini, non esistono regole. Mi

piace vivere la musica in modo

genuino e sincero, seguendo sentimenti

e sensazioni che vivo in

quel momento, sia che per un ricordo,

un sogno, o effettiva e presente

realtà.

Quali sono i tuoi programmi futuri?

Sicuramente continuare a scrivere

e cantare, cercando sempre più di

sorprendere voi e me stessa.

18 19



KALAFI

“24K”, prodotto dalla label bolognese Emic Entertainment, segna il ritorno

sulle scene dell’artista calabrese, a distanza di un anno dall’ultimo

lavoro discografico “Original Dancehall”

Da che presupposti nasce il

tuo nuovo lavoro, “24k”?

Dalla mia esigenza innata di

fare musica, di voler essere

presente sul mercato con progetti

sempre nuovi, dalla voglia

di dar sempre voce alle

mie emozioni in musica.

24K rappresenta anche una

sfida a questo “Covid time”

perché per gli artisti, lavorativamente

parlando, questo è uno dei

momenti più bui della storia italiana

dove non conviene affatto

intraprendere un progetto visto il

divieto di fare concerti causa “assembramenti”.

Mi sembra che il testo di Bam

Bam meriti qualche specifica ulteriore:

ti va di parlarne?

BamBam è una canzone che ho

scritto in un momento di delusione,

di rabbia: io non giudico

nessuno, ognuno ha il diritto di

vivere la vita come meglio crede,

ma la mia famiglia mi ha insegnato

che siamo responsabili delle

nostre azioni e del nostro credo.

Amo le persone disposte a pagare

il prezzo della fedeltà ai propri

principi, mentre rinnego e condanno

quelli che, pur di sopravvivere,

sono disposti a cambiare

casacca e mentalità come fossero

un paio di calze. La gente vera fa

BamBam, gli altri solo blàblà.

Il reggae e i generi affini hanno

ormai una storia piuttosto lunga

anche in Italia. Chi sono gli artisti

italiani che suonano questi

generi e che senti più vicini a te?

Sono molti i soundsystem a me

cari: il primo fu Forward the Bass

(Bologna) nel 2006 a promuovermi

nelle dancehall, da lì Supersonic

sound dalla Germania produsse

il mio primo singolo “On

the Road” . Posso sicuramente

citare CZ alliance da Catanzaro,

One drop fellas da cosenza, Sdc

Posse, poi MacroMarco, BigBamboo,

Kalibandulu, Koolometoo,

HeavyHammer, Jungle Army,

21



Roots Balera, Lampa Dread e potrei

continuare per un bel pò. Per

quanto riguarda gli artisti io sono

cresciuto con gli Africa Unite, con

i Reggae National Ticket, ma nel

panorama dancehall/ragga sicuramente

ci sono artisti di calibro

come Raina, Neroone, Gamba the

Lenk, Attila, Nico Royale ed i più

famosi ed affermati BoomdaBash.

Quali saranno i tuoi prossimi

passi?

Mi muoverò come sempre in direzione

della musica seguendo il ritmo

in levare del mio cuore. Non

so fare altro nella vita. Se hai un

sogno devi portarlo avanti, devi

lottare per lui e crederci fino alla

fine. La mia etichetta discografica

Emic Entertainment sta facendo

un ottimo lavoro e credo che assieme

abbiamo ancora tanta strada

da percorrere; le gambe sono

allenate e lo spirito forte. Come

dice Bob Marley “time will tell” :

solo il tempo ci dirà la verità.

22



PRELUDE TO DESIRE

Un nuovo ep, “Lost Desires”con cinque tracce trs post rock e shoegaze: abbiamo

rivolto qualche domanda al musicista

Ci presenti il progetto di Luke

Warner Prelude to Desire?

Il progetto Prelude to Desire diciamo

che è sempre stato nella mia

testa. Mi è sempre piaciuta l’idea

di poter fare un percorso musicale

solista. Dalla composizione musicale,

alla scelta dell’immaginario

a quello grafico/visivo. Le basi si

sono concretizzate nel febbraio

2019, dopo anni di idee e spunti

messi da parte ho composto i primi

giri di Decaying Flowers, con



molta calma poi, anche perché

suono con altre due band, sono

arrivato a giugno di quest’anno

con un’ep finito da poter pubblicare.

Su quali premesse poggia il tuo

ultimo lavoro, Lost desires?

A essere sincero, sono una persona

molto realista, anche data l’esperienza

accumulata con le altre

band, l’unica premessa riguardo

Lost Desires è il raggiungimento

di ascolto e spero apprezzamento

del lavoro fatto fin qui, soprattutto

per una crescita e miglioramento

artistico dal punto di vista personale.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Le fonti d’ispirazione sono molte,

ho scelto poi di seguire un percorso

di composizione esclusivamente

suonato, senza l’introduzione

del cantato (seppur io canto nelle

altre band), proprio per riuscire

solo con le note di strumenti creare

quell’atmosfera, che riesce a far

viaggiare con la mente chi ascolta.

Parto coi riferimenti musicali, tra

i molti che mi hanno influenzato

ci sono bands come Mogwai,

Sigur Rós, God is An Astronaut.

Poi dal punto di vista artistico e

visivo, molto mi sono stati d’ispirazione

i film di David Lynch, e

anche dipinti visionari di Goya e

Dalì.

Ci fai il nome di tre band o artisti

di oggi che ti piacciono particolarmente?

Sono un ascoltatore di musica a

360 gradi (dal metal più estremo,

all’elettronica), per cui tre nomi

mi è veramente difficile. Comunque

come prima band metto chi

mi ha dato l’ispirazione a ciò che

compongo, i God is An Astronaut,

poi ho trovato molto belli e

interessanti gli ultimi lavori della

band giapponese MONO (album:

nowhere now here) e dei francesi

Alcest (album: Spiritual Instinct).

Quali saranno i passi successivi

all’ep?

Ho già qualcosa di nuovo, messo

da parte, la mia speranza sarebbe

quella di poter fare un “full-length”

di otto o al massimo dieci

brani, intanto sto a vedere il riscontro

di Lost Desires anche per

sapere dove meglio, poi orientarmi

sui brani futuri.

26

27



GIUSEPPE D’ALONZO

Sempre innamorato della musica, il chitarrista ha pubblicato “Strane

forme di complicità”, il nuovo album

Ci puoi presentare chi è Giuseppe

D’Alonzo?

Sono da sempre innamorato della

musica, chitarrista per estrazione

ho un passato di cover band ma

coltivo sin da ragazzo la passione

per la scrittura di canzoni. Nel

2014 ho fondato i Crabby’s, band

con cui ho pubblicato i singoli

L’uomo di Ieri e I was born yesterday.

Amo da sempre la musica

rock blues, ho esordito nel 2016

con il mio primo ep indipendente

Bad Past, in lingua inglese. A seguire

ho pubblicato Realize (2017)

e Mistake (2018) e Tornerà, nel

2019, è stato il mio primo album

in Italiano. Amo l’arte in ogni sua

declinazione, la mia maggiore inclinazione

è naturalmente musicale

ma sono molto attratto anche

dalle arti grafiche.

Sono anche appassionato di viaggi,

ho viaggiato molto e spero di

poter continuare, sono una fonte

inesauribile di ispirazione.

“Strane forme di complicità” è

il tuo ultimo disco. Ci racconti

ispirazioni e premesse del lavoro?

Il cd è un viaggio onirico attraverso

il mondo dei sogni. Tratta temi

sempre in modo allegorico, quali

le dipendenze, l’amore, le fragilità,

la morte passando per momenti di

maggiore lucidità in cui si affrontano

temi di attualità con un pizzico

di ironia. La legge viene vestita

da donna e descritta come un

essere ormai fragile, terrorizzato

dal fardello che ormai non riesce

più a sorreggere, la nostra libertà

“…Sacro è il terrore di lei che è garante

per te della tua libertà…” La

sensibilità viene eletta ad eroina e

accostata ai tanti “fragili eroi” che

combattono per l’integrità, l’etica

e l’amore ormai da troppo tempo

calpestati o banalizzati. Molti

elementi vengono presi in prestito

per restituire all’ascoltatore un

viaggio fedele nell’immaginario

dei sogni. Ci sono nuvole animate,

ci sono draghi e conti dalle

facili allusioni politiche, castelli,

labirinti , fumi che ci confondono,

ma soprattutto ci sono esseri

viventi dalle sembianze umane

con la testa a forma di display che

proietta un hashtag a simbolo della

completa omologazione a cui

stiamo approdando. Ma cosa sono

i sogni se non una dipendenza necessaria

e funzionale alla nostra

sobrietà? È un percorso che parte

dal primo brano “Sober” in cui si

viene subito proiettati in questo

universo onirico e psichedelico,

prosegue atterrando su un pianeta

terra ormai abbandonato in cui

questi zombie/ hashtag vanno in

ricognizione e termina con “in the

28

29



end” brano che ben rappresenta

il significato della morte. Durante

questo viaggio ci sono momenti in

cui l’amore sembra davvero prendere

il sopravvento sui demoni

che si alternano di brano in brano

“solo un pretesto” e “Lei” ci riportano

in un universo terreno in

cui uomini e donne si amano, si

cercano, litigano ma si comprendono…

Ben nascosto dietro il

tema dei sogni c’è la nostra vita, ci

sono i sentimenti e c’è tanta attualità,

persino il tema della perenne

guerra per le materie prime…

Forse è necessario sognare per

affrontare questi temi ormai fossilizzati?

Ho trovato questa dimensione

espressiva per dire quello

che ormai è da troppo tempo dato

per scontato ma che scontato non

è, anzi il dare per scontato è divenuto

un pretesto per non parlarne

più…molto grave! È necessario

trovare un modo di comunicare

differente per arrivare al cuore

delle persone senza passare per

la razionalità ormai assuefatta al

bombardamento mediatico… Sediamoci,

ascoltiamo della buona

musica, leggiamo, parliamo d’amore

guardandoci negli occhi e

soprattutto… SOGNIAMO.

Come nasce Sober, che apre il disco?

È un viaggio introspettivo spinto

ai limiti dell’abisso delle dipendenze.

L’intero testo è allegorico,

richiama temi di psichedelia.

Ci sono strani cortei, castelli, labirinti,

scenari e ambientazioni da

sogno, tipici di un viaggio “metafisico”.

Tutto allude quindi a una

dipendenza che viene svelata dalla

frase “I have to dream to stay sober”

…io dipendo dai sogni: devo

sognare per rimanere sobrio…

Scavando più in profondità invece

il brano vuole riflettere la condizione

in cui verte oggi l’uomo.

Se ci pensate è difficile, ad esempio,

distinguere la notizia vera da

una fake news, dal momento che

anche figure che dovrebbero essere

autorevoli le sparano grosse,

la “verità” viene smentita dopo

poche ore e sostituita da un’altra

affermazione…ma quale sarà poi

quella vera? Esiste ancora questo

concetto? Insomma chi di noi, in

un universo così fluido, è certo al

100% di quello che legge, ascolta o

addirittura dice? Ci sembra quindi

di vivere in un perenne stato

di semi incoscienza, in attesa che

qualcuno ci venga a svegliare e ci

restituisca al mondo…nel frattempo

quindi non ci resta che sognare

per rimanere sobri, non pensate?

Chi sono i tuoi punti di riferimento

musicali?

Riferimenti ne ho avuti molti in

periodi diversi. Cito i più importanti

in ordine cronologico di influenza

nella mia vita. Pink Floyd,

Beatles, Eric Clapton, REM, Vasco

Rossi, De Gregori, Lucio Dalla,

Pino Daniele, Jimi Hendrix, tantissimi

artisti Blues tra cui

BB King a cui ho dedicato

una canzone scritta il giorno

dopo la sua dipartita “Wasted

Time” e Robert Johnson,

poi Neil Young, Elliot Smith

, Nick Drake, The Smits e

davvero tantissimi altri, impossibile

elencarli tutti. Chi

ama la musica non può che

essere grato a ognuno di loro

per quanta generosità hanno

profuso nel loro lavoro.

Quali sono i tuoi progetti

da qui in avanti?

Non appena potremo esibirci ho

in programma un po’ di cose con

i Crabby’s, stiamo uscendo con il

nuovo singolo “Free”. Come solista

invece sto preparando un repertorio

acustico, voce e chitarra,

per potermi muovere con agilità

in questo periodo complesso dal

punto di vista logistico a causa del

Covid 19. Molti dei miei brani si

prestano ad una rivisitazione acustica,

devo dire sta uscendo un bel

lavoro. Naturalmente sono impegnato

anche nello scrivere nuove

canzoni per progetti futuri.

30

31



MADDALENA CONNI

Due album alle spalle, la cantautrice piacentina smuove le acque con

“E’ un segreto”, nuovo singolo e video che nasce dall’insofferenza contro

la passività

Raccontaci chi è Maddalena

Conni

Mi sento di far parte di quella fascia

di esseri umani che desiderano

fortemente un mondo più

equo per tutti,più sano, più libero...

innamorata di tutte le forme

d’arte ma legata indissolubilmente

alla ricerca di una sonorità da inseguire.

Da sempre. Non riesco a

prescindere nulla dalla musica. È

una parte che mi riporta alla mia

quiete naturale, al mio rapporto

con il mio corpo e alle sue esigenze

più profonde. La mia ricerca

del bello spazia... e il mio concetto

di bello è probabilmente e giustamente

diverso da canoni prefissati.La

bellezza per me è infatti diversità,

ricerca, sforzo... la bellezza

è limpida, senza artefatti, pura,

senza finzioni. Ricerco questo nella

mia musica. Autenticità da darmi

e da dare.

E’ un segreto è il tuo nuovo singolo:

ci racconti qualcosa di questa

canzone, ricca di esortazioni

a “muoversi” verso fasi più positive

della propria vita?

È un segreto nasce da un’insofferenza

verso la passività, che ognu-



no di noi, penso, in alcune parti o

in certi contesti della propria vita

vive o ha vissuto. Vorrebbe essere

uno stimolo a reagire, qualunque

cosa accada. A ricordarci che siamo

tutti qui, ora, che ognuno di

noi è importante e può cambiare

le cose che non vanno.

Il video propone un contrasto

fra il cantato che dice appunto

“Muoviti” e la staticità della ballerina

del carillon (che poi sei

tu): ci racconti qualcosa di questo

clip?

Questo video è stato girato da

Niccolò Savinelli nello stesso studio

dove ho registrato le voci e le

parti ritmiche durante la fase due

di questo brutto periodo, in greenback.

Le ambientazioni sono

state fatte tutte a mano da Nik,

davvero paziente ma soprattutto

talentuoso. La mia idea di partenza

era che fosse un tuffo in una

dimensione irreale ma che riuscisse

a rendere il senso del testo.

Restando immobilizzata in quanto

ballerina di carillon, piano piano

mi rovino. Mi sono innamorata di

questo video.

Quali sono i tuoi punti di riferimento

musicali?

Ho tantissimi riferimenti davvero,

è molto difficile dirtene qualcuno

escludendone altri... Tiromancino,

Paolo Conte, De Gregori, Battisti,

Rufus Wainwright, Regina

Spektor, Fiona Apple, Pink, Carmen

Consoli, Tosca, Ben Harper,

Jack Johnson, The Beatles, Joni

Mitchell, Rickie Lee Jones. Eccetera

eccetera...

Che progetti hai per la seconda

parte (speriamo migliore) di

2020?

Progetti tanti. Un altro singolo, un

album, scrivere. Esibirmi ancora

live non appena sarà di nuovo

possibile e sicuro.

34



ELENA SANCHI

Una svolta prima di tutto sonora, anticipata dal nuovo singolo e video,

“Dimmi chi sei”: la cantautrice romagnola è pronta per nuovi orizzonti

Ciao Elena e bentornata. Si direbbe

che qualcosa sia cambiato,

ascoltando Dimmi chi sei, il tuo

nuovo singolo...

Ciao Fabio, è sempre un piacere

ritrovarti. Sì in effetti è così! Come

ben sai mi piace sperimentare

strade diverse, cambiare, trovare

forme e spazi nuovi dove muovermi

e crescere, è nella trasformazione,

nella ricerca che trovo un

senso di appartenenza e coerenza

del mio progetto. Questa volta

questa intenzione mi ha portata

a incontrare, un mese prima del

lockdown, il musicista e producer

Aberto Melloni. Durante la quarantena

abbiamo iniziato a collaborare

a distanza e io mi sono

subito sentita a mio agio con il

suo modo di lavorare. E’ nata una

forte alchimia artistica e Alberto

è riuscito a interpretare il mondo

che immaginavo in maniera autentica

e precisa.



Da dove arriva questa ventata

elettronica? Anche le prossime

canzoni seguiranno questa tendenza?

L’elettronica mi è sempre piaciuta,

mi riferisco ai classici come

Moby, Massive Attack, Portishead,

The Prodigy, Depeche mode,

Bjork, The London Grammar, fino

ai progetti più recentementi come

Lorde e Billi Eilish (solo per fare

qualche esempio). Ritengo che il

modo “aperto” che ho nel comporre

i brani si sposi bene con

questo genere. Dimmi chi sei è soltanto

l’anticipazione di un progetto

più ampio, un terzo disco che

realizzerò il prossimo anno.

Ci racconti qualcosa anche del

video?

Il video è stato realizzato da Elena

Tenti, un’artista a tutto tondo capace

di passare dalle illustrazioni,

alla grafica, alla danza con la stessa

eleganza e sensibilità. Racconta,

attraverso immagini dai colori

molto accesi e vivi, l’idea di trasformazione

e di libertà.

Tu hai notoriamente un “cuore

migrante”. Come hai vissuto il

lockdown e la quarantena?

L’idea di un “cuore migrante” non

vuole richiamare solo l’urgenza

di conoscere luoghi lontani e di

viaggiare realmente verso terre

sconosciute ma anche quella di

muoversi all’interno di se stessi

attraversando le proprie emozioni.

Penso che la pandemia ci abbia

messo un po’ tutti in viaggio

verso una consapevolezza diversa

rispetto alla società moderna. Per

me è stato un periodo molto ricco

sotto tanti punti di vista. Se inizialmente

mi sono lasciata avvolgere

dal vuoto e dall’immobilità

dei giorni poi ho trovato il senso

per scrivere e studiare cose nuove.

Svelaci i tuoi progetti per la seconda

parte del 2020.

Sicuramente lavorerò alle canzoni

del mio prossimo disco e a una

nuova dimensione live, più elettronica

appunto.

38



NICO

Ex bassista di Dente ma anche con numerose esperienze alle spalle, Nicola

Faimali riparte da “Imparare a nuotare”, nuovo singolo e video

Esperienza solista dopo aver lavorato

“in squadra”. Che cosa

cambia e quale tipo di responsabilità

ti senti addosso?

Inizio dicendo subito che io sono

stato molto fortunato, tutti noi

della squadra “Dente” siamo stati

molto fortunati partendo dal tour

manager per arrivare al merchandise,

si è sempre creata una magia

e un’armonia indescrivibile,

di fatto quando ti trovi a lavorare

in un team in cui tutti sanno cosa

bisogna fare affinché lo spettacolo

e la musica siano al primo posto

è difficile fare male. Detto questo

effettivamente come bassista potevo

permettermi qualche libertà

in più non dovendomi preoccupare

di certi dettagli ma allo stesso

tempo dovevo fare di tutto perché

lo standard del progetto rimanesse

a fuoco, fosse anche solo per

quanto riguardava lo stile dell’ar-



rangiamento dei brani. Forse ora

sono più libero dai generi o stili

musicali ma più responsabilizzato

da un punto di vista di immagine,

gestione, tempistiche, social... mi

ci devo ancora abituare.

“Imparare a nuotare”, il tuo nuovo

singolo, parla di accettare gli

errori come parte del processo.

Sei sempre stato così “filosofico”

con i tuoi errori o anche questa

accettazione è stata un processo?

La mia natura Serendipity ha fatto

sì che io accogliessi e sperimentassi

tutto quello che mi si presentava

davanti... non mi definisco

uno “Yes Man” ma di sicuro una

persona curiosa di sperimentare,

di fatto anche suonare il basso con

Dente (non avendo mai suonato

un basso prima di allora) è stata

una di quelle mie decisioni da

incosciente che fortunatamente

non ha avuto cattive ripercussioni.

Effettivamente ho sempre avuto

questo atteggiamento permissivo

di fronte agli sbagli (miei e degli

altri), forse perché ho sempre

mantenuto il focus sulle cose importanti

della vita ma anche perché

per saper giudicare uno sbaglio...

Come si dice: “Chi è senza

peccato...” Riconoscere i propri

errori di per sé fa già parte di una

crescita sana, così come cambiare

opinione.

Credo che il video meriti una descrizione

a parte, vista anche

location e protagonisti.

Ho sempre desiderato un video

movimentato... adoro il ballo, ballare

con stile è una delle cose più

sexy del mondo, quindi trattandosi

di un brano con un ritmo che

lo permettesse ho pensato subito

a un ballerino e nello specifico

a Francesco Beltrani. Lo vidi in

azione qualche anno fa e rimasi

colpito dalla sua bravura ma soprattutto

dal suo volto, espressivo

e sempre perfettamente calato

nella parte, l’ho chiamato e lui si

è mostrato subito disponibile e

professionale. Di Savinelli avevo

invece solo sentito parlare, quindi

mi sono guardato un po’ di lavori

fatti da lui e ho scoperto che: aveva

in passato già fatto video dove

c’erano delle coreografie, aveva

già collaborato con Francesco e

sapeva rendere le riprese all’interno

con la luce che piaceva a me. Il

Volumnia a Piacenza (o ex chiesa

di Sant’Agostino) è stata la botta

di c_ _ o finale, serviva uno spazio

ampio ma che avesse anche con

un certo spessore emotivo, avevamo

fatto delle ipotesi che ci sembravano

tutte irrealizzabili, vista

anche la situazione di “Post Lockdown”...anche

questa del Volumnia

era tra le ipotesi irrealizzabili

ma l’Universo e più concretamente

Enrica De Micheli hanno fatto

sì che tutti i tasselli andassero a

finire il puzzle e così in un giorno

abbiamo fatto tutto il girato cercando

di mischiare dei rituali Pagani

con la location. Il risultato mi

è piaciuto molto, spero che piaccia

anche a chi lo guarderà.

Hai collaborato con tanti nomi

importanti della musica italiana.

Scegliendo uno con cui non hai

ancora lavorato, chi citeresti?

Ahhh che lista infinita che ho

nella testa. Sono ancora molte le

collaborazioni che mi piacerebbe

fare, sicuramente uno dei miei sogni

sarebbe quello di duettare con

Gino Paoli. Lo adoro.

Hai un disco quasi pronto. Che

“carattere” avrà?

È un disco pieno di spunti di riflessione

su cose che in questi

anni stiamo rischiando di considerare

banali, un disco pieno

di domande ma senza risposte, a

quelle penserà l’ascoltatore se riuscirà

a leggere tra le righe. Mi

sono accorto che ultimamente i

testi della nuova generazione pop

si concentrano su dettagli di vita

vissuta mettendo al centro dell’attenzione

il “personaggio” e dando

per scontato che chi sta ascoltando

sia davvero interessato a cosa

hai bevuto ieri, se hai fatto tardi o

a cos’hai nel frigorifero, cosa che

effettivamente ha suscitato interesse,

forse serviva questo cambio

ma io faccio parte di un’altra generazione,

ho bisogno di canzoni

più visionarie ed è quello che ho

provato a fare. Contestualmente la

musica avrà anch’essa un’impronta

particolare, non mancheranno citazioni

a grandi sound del passato

per rendere il tutto più familiare e

nel complesso comunque ho cercato

di tenere il tutto molto leggero.

Descritto così sembra un disco

complicato, ma ti assicuro che

non è così.

42 43



FRANCESCO TIRELLI

Sono un gruppo ormai veterano della scena di Reggio Emilia ma sono ancora

a caccia dei segreti per diventare vere rockstar, come spiega il loro ultimo

video, “Il decalogo”

Secondo il vostro ultimo video,

“Il decalogo”, ci sono una serie

di regole per arrivare al successo

nel rock... Ma che cos’è il successo,

realisticamente, secondo voi?

Diventare più famosi dei Beatles,

ovviamente! Tornando seri, crediamo

che il successo non sia una



questione di numeri o di fama,

anche se ne capiamo l’importanza.

Il vero successo, per noi, è però un

processo interiore. Scrivere una

canzone, cantare per i propri amici,

condividere una serata di musica

e parole. Se possiamo godere di

queste cose, possiamo dire di essere

già una band di successo.

Il video mette in evidenza una

serie di “modelli” pescati fra le

rockstar più celebri della storia.

Secondo voi è proprio impossibile

fare rock e vivere una vita

“normale”?

No! Tranne rare eccezioni, le

grandi rock band del passato erano

composte da professionisti e

stacanovisti della musica. Il rock è

ribellione musicale che può essere

espressa anche con comportamenti

stravaganti, ma quello che

conta è sempre e solo la musica.

Se si hanno i contenuti, si può essere

delle rockstar anche vestiti in

giacca e cravatta.

Rock significa concerti e musica

dal vivo, perciò immagino che

gli ultimi mesi siano stati particolarmente

sofferti per voi. Avete

già idee su come e dove far ripartire

la vostra stagione live?

È complicato. Noi abbiamo bisogno

di sentire il calore del pubblico,

vedere la gente ballare e cantare

e percepire, sotto al palco, una

grande festa.

Con le attuali regole, tutto ciò è

impossibile. Allo stesso tempo,

per rispetto dei tanti defunti e

delle tante persone che hanno sofferto,

non abbiamo intenzione di

far correre dei rischi ai nostri fan.

Quindi, per ora, abbiamo scelto

di attendere, sperando che presto

arrivino delle notizie positive dal

fronte medico.

Qual è il vostro rapporto con i

social? Come e quanto li usate

per promuovere la vostra musica?

A essere onesti non siamo mai stati

molto social. Prima di iniziare

a fare musica non avevamo nemmeno

dei profili personali. Però ci

siamo resi conto che i social sono

fondamentali, al giorno d’oggi,

per costruire un buon rapporto

con la fan base e così, dopo tante

richieste da parte del nostro pubblico,

abbiamo aperto una pagina

Instagram che dopo pochi mesi

ha già superato i 5.000 followers.

Allo stesso modo abbiamo recentemente

aperto anche una pagina

Facebook e un canale YouTube.

E per quanto riguarda prossimi

singoli o dischi? Già progettato

tutto?

Più o meno... A settembre uscirà

il terzo singolo del nostro quinto

album, poi dopo qualche altro

brano ad anticiparlo, a marzo

uscirà il disco. Non abbiamo un

problema di canzoni... Francesco

è una macchina e può scrivere tre

canzoni in una notte... Il problema

semmai è di selezionare, ogni

volta, i pezzi più adatti al momento,

arrangiarli seguendo le ultime

tendenze musicali e mischiarle

nell’album. Siamo dei maniaci della

musica e prendiamo il massimo

da ogni nostra creazione.

46 47



ROCCO

“La pelle non mente” è il nuovo singolo del cantautore reggiano, che singolo

dopo singolo si sta costruendo uno stile fatto di apparente allegria

ma anche di riflessioni profonde

Partiamo dal tuo nuovissimo

singolo e video, La pelle non

mente. Una canzone estiva, senza

dubbio, ma anche portatrice di

domande... Ce ne vuoi parlare?

Si tratta di una canzone che risponde

al bisogno di ogni essere

umano di avere dei punti fermi,

una base sicura, di credere in

qualcosa. Ed esprime quello in

cui credo io, ovvero la pelle, nel

suo significato più ampio. La pelle

non mente, non riesce a mentire.

Se mi batte il cuore forte non puoi

fingere che non batta, al massimo

puoi camuffarlo ma non puoi

impedirlo. La pelle rappresenta il

nostro sentire, se vuoi anche il cosiddetto

sesto senso, quella istintiva

saggezza con cui perveniamo

all’essenza delle cose. Ci sono cose

che sentiamo e che capiamo senza

renderci conto del come e del

perché: le affinità elettive, la magia

delle coincidenze, la trasparenza

dei bambini, l’istinto primitivo...

Una scelta voluta e anche da tempo.

Volevo rappresentare una versione

giocosa e scherzosa di me

che festeggia la vita e l’estate con

l’universo. E un cartoon mi sembrava

la forma espressiva più indicata.

Lo avevo in mente tale e

quale.

Ci racconti un po’ di chi sei come

cantautore e di quali sono le tue

aspirazioni?

Sono un cantautore che canta la

vita, che scrive canzoni perché è il

modo in cui riesco a esprimermi

forse più pienamente. Aspirazioni?

Credo che tutti i cantautori

aspirino a essere ascoltati e apprezzati

da sempre più persone.

Ed è quello che desidero anch’io.

Sono pienamente consapevole



delle enormi sfide che ci sono nel

raggiungere non dico la notorietà

ma anche solo la visibilità. Ogni

anno su Spotify vengono pubblicati

qualcosa come 15 milioni

di brani, circa 40mila canzoni al

giorno! Al tempo stesso, credo che

con pazienza, con il duro lavoro,

insomma con i giusti ingredienti,

si possa fare del proprio meglio

per sperare di emergere.

4. So che hai intenzione di far

uscire un singolo ogni paio di

mesi circa fino all’album. Ci spieghi

meglio questa “strategia”?

L’idea è esattamente questa. Il 6

settembre uscirà il prossimo singolo,

poi uno in novembre, uno a

gennaio 2021, e cosi via, fino alla

fine della prossima estate in cui

uscirà l’album. Il vantaggio di questo

tipo di strategia (peraltro sempre

più adottata anche da artisti

ben più noti) è quello di poter lavorare

meglio sotto tutti gli aspetti

(non ultimo quello della promozione)

su ciascun singolo, senza

bruciarsi un intero album magari

per una promozione andata male.

Il livello di hype viene tenuto in

tal modo costantemente alto e ciascun

brano costituisce una esperienza

dalla quale apprendere e

muovere le mosse successive.

Hai in programma qualche live?

Non nel 2020, ma stiamo lavorando

per il 2021 (virus permettendo).

Sono fiducioso! Sulla mia

pagina Instagram roccoofficialaccount

vi terrò aggiornati su tutti i

nuovi sviluppi.

Il video svela soprattutto la parte

giocosa del brano. Le tue canzonisono

spesso così, cioè un po’

allegre e un po’ pensose?

No. La canzone precedente per

esempio, “Un mondo senza parole”,

non è così allegra. Sicuramente

sono ‘pensose’, perché quando

scrivo generalmente ho qualcosa

da dire, qualcosa che è nato da

riflessioni o da insight. A ogni

modo, sono un tipo abbastanza

meditabondo ma al tempo stesso

mi piace trasmettere una certa carica

con i miei pezzi.

Come hai vissuto il periodo del

lockdown?

Ho cercato di sublimare la difficoltà

legate alla chiusura in casa

scrivendo un brano che guardasse

al futuro in modo positivo, nonostante

la tragedia situazione in

cui tutti versavamo (e ancora versiamo).

Ne è nata una splendida

amicizia con un altro artista della

città in cui vivo e una bellissima

collaborazione con i follower con i

quali abbiamo scritto il pezzo durante

le dirette Instagram.

Tre nomi di artisti italiani che

ammiri particolarmente.

Non si fa... tre sono troppo pochi,

ma starò al gioco: Battisti, Jovanotti,

Brunori Sas (ma come si fa

a lasciar fuori Lucio Dalla, Pino

Daniele, Endrigo, Fabi, Silvestri,

Gazzè, Tenco, Bersani, Venditti,

eccecc...???)

So che il tuo progetto prevede

l’uscita di alcuni singoli e che il

prossimo potrebbe essere, come

dire, un po’ controverso... Ci anticipi

qualcosa?

Volentieri. Il prossimo pezzo sarà

un pezzo impegnato. Il tema stesso

è controverso. La canzone è

nata da sola “già con le parole”..

quindi non potevo ignorarla. Tratterà

il tema dell’informazione, del

ruolo sempre più preponderante

dei social media nell’informazione,

del loro ruolo ambiguo e spesso

al limite tra provider ed editori

e della loro capacità di imporre

linee editoriali e di eliminare video

e canali senza passare per gli

organi istituzionali, talvolta avvalendosi

di una censura preventiva,

altre volte di algoritmi ciechi

e spesso di dubbia affidabilità.

Anche in questo caso, l’arrangiamento

renderà il pezzo molto più

leggero e allegro di quanto non

siano il testo e gli argomenti trattati.

Così che ascoltandolo non

si potrà fare a meno di percepire

una dissonanza tra l’orecchiabilità

estrema della canzone e l’importanza

del tema discusso.

50 51



FRANCESCO AUBRY

Un nuovo singolo e un video che si muovono tra due alternative apparentemente

inconciliabili: “Tra incanto e l’inferno” è il nuovo brano del musicista

e cantautore

Tre singoli in sei mesi: possiamo

vedere uno schema e un fil rouge

che unisce I tramonti su Marte,

Tornare a sognare e Tra incanto e

l’inferno?

Sì, ho scelto di uscire periodicamente

con dei singoli per tastare

il terreno e iniziare a valutare cosa

potesse funzionare e cosa meno

misurandomi coi miei limiti e i

miei punti di forza. L’idea di fondo

è quella di un connubio tra

cantautorato e sonorità synthpop

ma da ognuno di questi pezzi

emergono caratteristiche differenti.

“Tra incanto e l’inferno” è l’ultimo

singolo ed è accompagnato

da un video: quanto è stato importante

il clip per completare i



concetti espressi nel brano?

Credo sia fondamentale nell’epoca

dell’ascolto usa e getta e dello

slide distratto sui social, sopratutto

per progetti emergenti come il

mio. Purtroppo sfornare frequentemente

videoclip girati con professionisti

del settore può essere

proibitivo per chi ha un approccio

indipendente, ma possono nascere

delle idee quasi a costo zero con

un po’ di ricerca e inventiva.

Synth pop e cantautorato si con-

frontano nella tua musica. Ma le

tue radici quali sono?

I Queen sono stati il colpo di fulmine

e in seguito tutta la musica

a cavallo tra i ‘60 e i ‘70, tra glam

rock, psichedelia e prog rock. Più

recentemente ho rivalutato le sonorità

della new wave anni ‘80,

che da qualche anno è molto presente

in tante produzioni.

Quali sono i nomi di tuo riferimento

nel cantautorato italiano?

Il primo Battiato con la sua sperimentazione

tra Vcs3, chitarre e

percussioni. Fetus e Pollution sono

capolavori. E poi quelli di inizio

anni ‘80 finalmente pop ma sempre

avanti anni luce con sonorità

sintetiche e testi assolutamente

inediti fino a quel momento nel

panorama commerciale Italiano.

Il Battisti tra fine ‘70 e inizio ‘80,

con influenze funk e sintetizzatori

come il Prophet 5 spesso arrangiati

in maniera geniale dal grande

Geoff Westley. Tutto questo con

melodie geniali e sincere. Più recenti,

Bluvertigo e Baustelle che

conservano caratteristiche simili

in chiave moderna.

So che hai

in progetto

un ep entro

fine 2020.

Hai già le

idee chiare

su come

sarà?

Cercherò

di estremizzare

e

allo stesso

tempo far

coesistere

questo mix di melodie pop e ricerca

sonora, forse ci saranno meno

chitarre e più synth, piani acustici

ed elettrici. In merito ai testi

vorrei mettermi maggiormente a

nudo, stimo tantissimo gli autori

capaci di arrivare al cuore degli

ascoltatori raccontando il proprio

vissuto più intimo piuttosto che

trattare temi universali da un punto

di vista più critico e distaccato.

Ho diversi pezzi abbozzati qua e

la, come le caselle di un puzzle da

ricomporre: ne intuisco il senso

ma non vedo ancora l’insieme nella

sua prospettiva finale. Spero di

farcela nei prossimi mesi!

54 55



Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!