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TRAKS MAGAZINE 040

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www.musictraks.com

traks magazine

Numero 40 - febbraio 2021

RICCARDO TROVATO

FABE

TUCANO

VINNIE JONEZ BAND

MIKE ORANGE

YATTAFUNK


sommario

4 Riccardo Trovato

8 Fabe

12 Tucano

16 Vinnie Jonez Band

20 Mike Orange

24 Yattafunk

TRAKS MAGAZINE

www.musictraks.com

info@musictraks.com



RICCARDO TROVATO

“Offline” è il nuovo singolo del cantautore con la passione per il rock

Ci racconti chi sei?

Sono Riccardo Trovato, un cantautore

siciliano, attivo musicalmente

dal 2004. La passione per

i grandi miti del rock, mi ha condotto

su questo percorso. Ho iniziato

a suonare la chitarra all’età

di 10 anni per puro divertimento,

erano gli anni 90 e in radio

passavano ancora i Nirvana, gli

Aerosmith e i Guns’n Roses, così

pian piano quel mondo è iniziato

a entrare nella mia vita. Nel 2004

ho formato la mia prima band, gli

Amnesia e in quel periodo ho provato

l’ebrezza di suonare dal vivo

(nei i pub), cosa che mi è piaciuta,

così non ho più smesso. Nel 2008

ho avuto la fortuna e il piacere di

iniziare il mio percorso con i Karbonica,

band di cui sono stato autore

e compositore. Questa è stata

la mia esperienza più significativa,

oltre 200 live lungo il percorso,

due album e la partecipazione alle

finali dei principali festival musicali

nazionali, in cui il rock riesce

ancora a farsi sentire liberamente,

tra essi Sanremo Rock e Rock Targato

Italia. Nel 2020 inizia il mio

percorso solista e forte di tante

cover story

utili esperienze, sto mettendo al

centro di tutto la musica, quella

fatta fuori dagli schemi imposti

dalle mode del momento.

“Offline” il nuovo singolo. Come

nasce?

Offline” è un brano che nasce

dall’osservazione di ciò che i social

network hanno prodotto intorno

a quelle che sono le relazioni di

coppia e soprattutto dopo la loro

fine. Quando il mondo era meno

connesso i rapporti umani erano

più “fisici”, si discuteva guardandosi

in faccia, adesso nuovi

problemi sono diventati la routine,

come vedere se una persona

è online, o fino a che ora lo era.

Così anche quando finisce una relazione,

troppa gente finisce per

sfogarsi pubblicamente sui social

o per “stalkerare” sugli stessi, la

persona con cui fino a poco tempo

prima formava una coppia.

Pensi che la parte “virtuale” delle

nostre vite si stia prendendo

5



troppo spazio?

Sì, chi più chi meno, soprattutto

e a causa (in parte) della pandemia

che ha colpito il mondo nel

2020, passiamo parecchio tempo

sul web e in particolare sui social

network. Sulla mia pelle ho

provato la piacevole sensazione

di disintossicarmi per qualche

ora, svolgendo le cose più banali

e devo dire che il risultato è stato

positivo. Credo che dovremmo riprenderci

un po’ del nostro tempo

per vivere meglio in società , senza

quel filtro costituito dagli smartphone

o dai display dei computer.

Tre nomi di artisti italiani che ti

piacciono particolarmente?

Ho sempre ascoltato musica internazionale,

il grande rock degli

anni 70 ha forgiato i miei gusti e

il mio carattere. L’Italia è una nazione

in cui il rock non ha trovato

parecchio spazio, ci sono molti

artisti anche contemporanei che

ascolto con piacere, ma se dovessi

citarne solo tre, guarderei un

pò indietro e direi: Lucio Battisti,

Rino Gaetano e perché no Enrico

Ruggeri, che ascolto fin da bambino.

Quali saranno i prossimi progetti

che ti vedranno impegnato?

Di certo è tra i miei programmi

quello di tornare a suonare dal

vivo, quando sarà possibile farlo.

A tal fine vorrei pubblicare prima

un album, che includerà di certo i

primi tre singoli pubblicati e tanti

brani su cui ho lavorato in questi

mesi. Per restare in tema di social,

proprio lì darò man mano tutte le

news più importanti che riguarderanno

il mio percorso musicale.

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FABE

Un ep da cinque canzoni ricco di vita vera, senza paura di mettersi a nudo

l’intervista

Ciao, ci presenti il tuo progetto?

Guerra d’orgoglio è un ep di cinque

tracce autobiografiche, sono

cinque checkpoint che hanno

cambiato profondamente il mio

modo di vivere, sono cinque tatuaggi

indelebili, dentro c’è tutto

quello che sono senza filtri , è un

ep che spazia su più generi evidenziando

i miei stati d’animo in



ogni singola traccia.

Guerra d’orgoglio è il titolo, curioso,

oltre che del primo brano,

anche di tutto l’ep: ce lo spieghi?

“Guerra d’orgoglio” sono tutte

quelle battaglie interne e quotidiane

che aiutano una persona

a conoscersi, a fare i conti con il

proprio io, scava nell’intimità fino

a distruggerti ma pone le basi per

una nuova e più consapevole rinascita,

in tutti e cinque i brani

c’è dell’orgoglio, nel singolo parlo

del rapporto tra genitori e figli,

dove spesso non si sa bene perché,

si costruiscono muri che non ci

permettono di avere un rapporto

“normale” con i propri genitori.

Dichiari che la musica è il tuo

“confessionale”. Non ti pesa mettere

a nudo ansie e paure personali?

Assolutamente no, questo fanno

gli artisti, si raccontano, certo

sarebbe stato più facile parlare

di soldi, belle macchine e belle

donne, avrei potuto fare il personaggio

e ricoprirmi di bigiotteria

spacciandola per oro, sarebbe stato

più semplice, oh sì...

Hai partecipato ad Area Sanremo,

al casting di Amici e ad altre

manifestazioni. Pensi che siano

utili per un emergente?

Assolutamente sì, sono banchi di

prova, finché c’è condivisione musicale

va tutto bene ma bisogna

stare sempre con i piedi per terra

e non dimenticarsi che la vera

palestra, il mestiere, è suonare in

giro nei locali, noi parliamo alle

persone non ad una giuria.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Sto scrivendo tantissimo e penso

ad un singolo a marzo, sto lavorando

a un brano che s’intitola

“Sapeva di noi” , pensavo anche a

un altro videoclip ma vorrei fare

uscire qualcosa di nuovo perché

altrimenti mi scoccio!

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TUCANO

l’intervista

Ci racconti chi sei?

Sono Tucano e sono qui per

farvi immergere nel mio

mondo tanto colorato quanto

grottesco, fatto di viaggi irriverenti,

esilarati, allucinanti e

disperati.

Dichiari: “La mia paura più

grande è ammalarmi di normalità”.

Quindi non è un

mondo abbastanza strano

per te, questo?

Bravi, avete centrato il discorso.

Non si tratta di anticonformismo

ma di “esigenza nel

cogliere ogni imprevedibilità”.

“Stranormale” è il nuovo singolo del rapper che cita Bukowski e teme di

ammalarsi di normalita



“Organi caldi” cita Bukowski.

Che cosa ami in particolare della

poetica dell’autore americano?

Il suo essere così crudo, viscerale,

istintivo, sboccato ma poetico in

ogni singola pagina del suo romanticismo

sporco.

Cosa ti piace dell’hip hop italiano

di oggi?

La diversità. In ogni artista puoi

trovare qualcosa che ti appartiene.

Finalmente si respira questa cultura

in quasi ogni casa e ogni strada,

siamo già diversi passi avanti

rispetto a 10 anni fa.

Quali saranno i tuoi prossimi

passi?

Sto collaborando con artisti con

cui sono cresciuto ascoltandomeli

nelle cuffiette. Sto aspettando maturino

delle cose per farvi immergere

nel nuovo suono.



VINNIE JONEZ BAND

“Montecristo” è il nuovo singolo e video della band, con un album in arrivo

durante la prossima primavera

Ci presentate il vostro progetto?

Gianluca: Ciao e innanzitutto grazie

dello spazio. La nostra band

nasce nel 2015, facciamo rock con

testi in italiano e tentiamo di avere

meno punti di riferimento possil’intervista



bile, cerchiamo di avere un nostro

suono e un nostro “songwriting”

come dicono i britannici. In sei

anni di attività abbiamo dato alle

stampe due ep e due album, il secondo

dei due uscirà questa primavera.

Vorrei saperne di più di “Montecristo”,

ultimo singolo e video

G: Montecristo è il primo singolo

del nuovo disco ed è stata scelta

come apripista in quanto è una

canzone diretta e senza fronzoli, è

sicuramente la più “dura” dell’album

e ci sembrava più che adatta

ad aprire le danze. Il brano racchiude

tutte le nostre anime: qualle

più dura ma anche divertente,

quella melodica e quella più oscura.

Il brano preannuncia il vostro

nuovo lavoro: ce lo raccontate?

G: E’ un album che segue il percorso

tracciato dai precedenti tre

lavori, un’evoluzione che cerchiamo

ogni giorno. Ci sono i punti

cardine del nostro suono, come

le chitarre ruvide e le atmosfere

intime dei testi, ma ci sono anche

molte sorprese che danno al tutto

un sapore sempre diverso. E’ un

disco alla cui creazione abbiamo

potuto e voluto dedicare più tempo

del solito ed a cui, ripeto, saremo,

volenti o nolenti, legati a vita.

Secondo voi come sta il rock in

Italia?

G: “Rock” e “Italia” nella stessa

frase?! Io so che c’è una scena indipendente

molto valida, qui a

Roma per esempio ci sono grandi

band che lottano come leoni per

rimanere a galla nonostante tutto

e tutti. Spero che ora, che tutto si

è livellato, che tutto è in pausa, si

possa fare mentelocale e in alcuni

casi mea culpa in modo da ripartire

al meglio cercando di riportare

la musica italiana al posto che

merita. E’ vero che c’è poco interesse

per tutto il movimento, ma

la colpa non è soltanto di chi ha

perso interesse, è anche di chi non

ha saputo mantenerlo vivo.

Quali sono i vostri progetti, in

questi tempi incerti?

G: Intanto abbiamo un disco da

dare alle stampe e non è poco. Per

il futuro il progetto rimane inalterato:

fare musica, farla al meglio e

lottare fino all’ultimo secondo per

consentire al nostro messaggio di

arrivare il più lontano possibile.

Non sarà facile con il covid, ma vi

assicuro che non lo era nemmeno

nel pre-pandemia.

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MIKE ORANGE

“Arancio” è il nuovo lavoro del cantautore, un ep nato con il fine esplicito

di essere cantato sotto palco (quando si potrà)

Ciao, ci racconti chi è Mike

Orange?

Ciao a voi! Mike Orange è un

progetto che mi sono inventato

un paio di anni fa. Canzoni in

italiano, con un gusto più pop

rispetto ai progetti in cui ho suonato

fino a ora. E’ nato come

qualcosa di alternativo rispetto

a quello che facevo di solito, un

esperimento che mi ha condotto

a esplorare qualcosa di me

che non avevo mai approfondito.

L’obiettivo è quello di fare belle

canzoni, da cantare sotto al palco,

che provino a raccontare delle

storie dove si possano riconoscere

tutti, partendo da qualcosa di

personale.

Il tuo ep porta con sé emozioni

e sensazioni diverse. Ci racconti

com’è nato e cresciuto questo

lavoro?

Arancio è una raccolta di canzoni

che ho scritto negli ultimi due

anni. Avevo una decina di canl’intervista



zoni e andavo in giro a suonarle

da solo, in acustico. Dopo poco

tempo ho cominciato a girare i

pezzi agli amici, e con qualcuno

di loro abbiamo cominciato a

suonare (Giangiorgio Giallo alla

batteria, Simone Mazzola al basso,

Alberto Ubbiali alla chitarra e

Dario Sorano alle tastiere). A quel

punto, dopo aver fatto qualche

live, abbiamo deciso di registrare

qualcosa, abbiamo pensato fosse

giusto testimoniare il punto a cui

eravamo arrivati, il primo mattone

di questo progetto. E’ stato tutto

molto naturale, devo dire che

c’è tuttora l’entusiasmo che ci permette

di mettere a disposizione le

reciproche esperienze musicali e

ascolti. La realizzazione di questo

ep è stata un po’ lunga, abbiamo

cominciato a registrare all’inizio

di febbraio dello scorso anno e abbiamo

dovuto interrompere per

qualche mese, per poi riuscire a

finire in studio a settembre dello

scorso anno. E’ stato frustrante,

ma ci ha anche dato modo di pensare

a delle soluzioni diverse e ci

ha dato anche uno stimolo sulla

preparazione dell’uscita di questo

lavoro.

Mi incuriosisce Segrate: come

nasce?

Segrate è una di quelle canzoni

che non nasce in una volta, ma

che hanno bisogno di tempo. Il

primo spunto me l’hanno dato

le immagini: ricordo che ero in

giro per lavoro e mi era rimasta

impressa la vista di questo cantiere

enorme che dava sulla strada.

Ricordo di essermi sentito picco-

lo rispetto e la sensazione che ho

provato è stata quella di non poter

cambiare niente rispetto alla situazione,

mi sono accorto che ero

“dentro come tutti gli altri”. Piano

piano è nato tutto il resto, e la

stesura definitiva è un demo che

ho registrato a casa una notte di

agosto al ritorno da un viaggio di

lavoro.

Hai dei “maestri” musicali? O

almeno dei punti di riferimento?

In generale ho sempre ascoltato

punk rock, gli Offspring e i NOFX

sono due delle mie band preferite.

Sono un fan dei Tre Allegri Ragazzi

Morti, e li seguo da sempre,

hanno fotografato diversi momenti

della mia vita. Dei maestri veri e

propri non ce li ho, però per trarre

qualche ispirazione per questo

progetto ho ascoltato molta

musica italiana anni ‘60: i Rokes,

Sergio Endrigo, l’immancabile

Luigi Tenco, i Giganti, Celentano,

Equipe 84. Ultimamente mi piacciono

molto Mac Demarco e i Boy

Pablo, mi piacerebbe fare qualcosa

in quella direzione.

Quali saranno i tuoi passi successivi?

Si spera che a un certo punto si

possa ricominciare a suonare per

promuovere questo disco, questo

progetto è nato live e ci manca

molto quella dimensione. Soprattutto

lo scambio tra le persone.

Quindi spero davvero si possa

ripartire da lì. L’idea che ci sta venendo

è quella di buttare fuori un

nuovo singolo tratto da questo disco.

E poi ci piacerebbe registrare

qualcosa di nuovo entro la fine

dell’anno, ma di questo è ancora

presto per parlarne. Ci rivediamo

presto sotto i palchi, grazie per le

domande

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YATTAFUNK

“Escape from Funkatraz” è il titolo del nuovo disco della band, che ha anche

pensieri determinati sulla situazione live

Ciao, ci raccontate come nasce il

vostro nuovo disco?

Ciao a tutti. Prima di tutto abbiamo

creato un sondaggio sulla

nostra pagina Facebook dove abbiamo

chiesto ai fans se volevano

un album più rock o più funk. Ha



vinto “più rock” quindi abbiamo

liberato dalle catene la nostra anima

heavy in sala prove mantenendo

sempre lo spirito funk che caratterizza

il progetto ovviamente.

Scriviamo i brani tutti insieme, c’è

chi porta un riff, un ritornello e

così via ma solitamente si sviluppa

tutto insieme a eccezione degli

arrangiamenti che ognuno poi

valuta per il proprio strumento o

dei testi e della voce di cui mi occupo

io. Il disco ha accompagnato

e accompagna la nostra fuga dal

penitenziario di “Funkatraz” ecco

il perché del titolo Escape From

Funkatraz.

Come passate

questo

periodo in

cui non si

può suonare

dal vivo?

Per una

band come

la vostra

dev’essere

una tortura

vera e propria.

E’ un disastro

in tutti

i sensi. Le

date che

avevamo

programmato

per

promuovere

il nuovo album

sono ovviamente tutte saltate

e considerando che abbiamo iniziato

a registrare poco prima del

primo lockdown di marzo, è più

di un anno che non vediamo un

palco. Poi c’è il coprifuoco serale e

nemmeno ci si può vedere davanti

a una birra con gli altri ragazzi

della band. Ma più importante

vedo serrande di locali chiudersi

definitivamente e questo mi fa

una grande rabbia. Anni di sacrifici,

di sogni, di investimenti che

sfumano e scompaiono non per

colpa dei gestori. Il live club è fondamentale

per non far morire la

musica vera, quella suonata con le

mani e non da un PC.

Quali sono i vostri punti di riferimento

musicali oggi?

I miei sono gli stessi di qualche

anno fa. Sono diventato un cantante

e chitarrista ritmico perché

il mio eroe musicale di sempre

è James Hetfield. Scrivo musica

che affonda le radici in mostri sacri

del passato come Deep Purple,

Grand Funk Railroad, UFO,

Krokus, T-Rex e tanti altri. Poi ci

sono anche le band più moderne,

rispetto alle precedenti si intende,

come Infectious Grooves, Suicidal

Tendencies o Faith No More

che hanno sempre un certo potere

su di me. C’è tanta buona musica

oggi chiaramente, non lo nego ma

l’alternative metal super melodico

o con un’impronta fortemente pop

non fa proprio per me.

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