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TRAKS MAGAZINE 030

Il primo numero del 2020 di TRAKS MAGAZINE ha Jesto in copertina e tantissime interviste e articoli come al solito: Cecilia Stallone, Limbrunire, Matteo Terzi, Paola Massoni, Francesco Anselmo, Nairobi, Elena Sanchi, Awave, Pinguini Tattici Nucleari. Leggilo subito!

Il primo numero del 2020 di TRAKS MAGAZINE ha Jesto in copertina e tantissime interviste e articoli come al solito: Cecilia Stallone, Limbrunire, Matteo Terzi, Paola Massoni, Francesco Anselmo, Nairobi, Elena Sanchi, Awave, Pinguini Tattici Nucleari. Leggilo subito!

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MAGAZINE

Numero 30 - gennaio 2020

JESTO

il bello dell’indi(e)pendenza

CECILIA STALLONE

LIMBRUNIRE

MATTEO TERZI

PAOLA MASSONI

ELENA SANCHI

LEDA


sommario

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8

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20

24

28

32

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40

44

Jesto

Cecilia Stallone

Limbrunire

Matteo Terzi

Paola Massoni

Francesco Anselmo

Nairobi

Elena Sanchi

Leda

Awave

Pinguini Tattici Nucleari

Questa non è una testata giornalistica poiché viene aggiornata

senza alcuna periodicità. Non può pertanto

considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge

n. 62/2001. Qualora l’uso di un’immagine violasse

diritti d’autore, lo si comunichi a info@musictraks.com

e provvederemo alla rimozione immediata

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JESTO

il bello dell’indi(e)pendenza

“IndieJesto” è il nuovo disco dell’iperproduttivo cantautore (e sostanzialmente

ex rapper)

La prima è ovvia: perché un disco

“indie” e perché un cambio

(definitivo?) dall’hip hop?

Mi è venuto naturale, in un certo

senso è l’evoluzione di Buongiorno

Italia, almeno dal punto di vista

sonoro. Inizialmente volevo fare

un disco chitarra e voce, poi si è

evoluto nel disco che potete sentire.

Sento la “presenza” di mio

padre nella mia creatività, e ormai

la chitarra sta diventando imprescindibile

nella mia musica. Vado

dove mi porta l’ispirazione. Ho un

rapporto speciale con l’ispirazione,

la personifico, la reputo la mia

miglior amica, vivo per lei e lei

vive in me. Abbiamo un rapporto

di fiducia reciproca e un patto

di sincerità: in fase creativa sono

completamente puro, direi quasi

zen. È il mio subconscio a far

uscire le canzoni, è quasi come se

non le scrivessi io. Anzi, ti dirò,

da qualche tempo non le scrivo le

canzoni, le registro direttamente,

come se esistessero da sempre e

io servissi solo come mezzo per

poterle portare alla luce. Questo

spiega la mia iper-creatività, nel

2019 ho pubblicato 4 progetti!

Dici che il bello dell’indipendenza

assoluta è di poter fare quello

che ti pare, compreso far uscire

un disco a sorpresa sotto Natale.

Detto questo: perché l’hai fatto?

Necessità. Per me far uscire musica

è prima di tutto un bisogno.

Devo far uscire le mie opere per

liberarmene, in un certo senso.

Finché le canzoni che ho registrato

non escono, è come se stessero



bloccate in un limbo da cui aspettano

di uscire, per andare a “vivere”

nel mondo. Quando passa

troppo tempo tra la fine delle registrazioni

e l’uscita di una canzone,

comincio a non stare bene, sento

come se il flusso fosse ostruito.

È come se dovessero respirare, e

l’unico modo è regalarle al mondo.

C’è uno scambio energetico in

questo. Poi la scelta di uscire a Natale

è stata spontanea, quasi irrazionale.

Sentivo di essere pronto a

far uscire questo disco, l’ho deciso

un paio di settimane prima, senza

nessun tipo di strategia. Proprio

per questo modo in cui sono,

l’indipendenza è l’unica modalità

possibile per me. Devo fare come

voglio e quando

voglio, senza stare

appresso a calcoli o

strategie.

“IndieJesto” è, per

tua stessa ammissione,

“il tuo primo

disco

d’amore”. Perché

ora?

Quello che scrivo

rispecchia quello

che vivo, da sempre.

Durante la fase compositiva

di “IndieJesto” il focus della mia

vita è stato il rapporto con il mondo

femminile, visto in una nuova

chiave rispetto al passato. Nei miei

lavori precedenti il tema “amore”

è sempre stato affrontato in modo

negativo, paranoico e tormentato,

perché lo vivevo in quel modo.

Questa volta invece è stata la chiave

positiva. Poi dopo aver affrontato

il sociale, anche se in maniera

ironica, nel disco precedente, avevo

bisogno di scrivere canzoni più

spensierate, ma non per questo

meno profonde. Mi muovo sempre

sulla sottile soglia tra ironia

e malinconia, e anche in questo

disco ho mantenuto questa mia

caratteristica. Penso sia l’eredità di

mio padre, questa poetica sempre

in bilico tra risata e pianto.

Il riferimento alle sonorità “indie”

è evidente. Che cosa ti piace

e che cosa non ti piace di quello

che è definito indie oggi?

Guarda, di base penso che definire

qualcosa “indie” sia di per

sé un controsenso. Chiamare IndieJesto

il disco serve per definire

il genere che sono andato a creare

con il disco. Penso di essere sempre

originale e di non poter essere

catalogato in un filone o in un

singolo genere musicale. Anche

perché nel disco ogni canzone è

diversa dall’altra, non credo che

sia inquadrabile in un solo genere.

Ho sempre detto che il mio genere

musicale si chiamava “è Jesto” e in

questo disco si chiama IndieJesto.

Detto questo, c’è da dire che in un

certo modo intendo indie in un

senso più Uk, ci sono pezzi come

Stupido o Vegani Domani che hanno

influenze Alterantive Rock.

Con il titolo mi riferisco anche al

fatto di essere assolutamente indipendente,

al di fuori del circuito,

di lavorare senza case discografiche

alle spalle, di esser manager di

me stesso. Attualmente questa è la

dimensione con cui mi sento più a

mio agio, e che mi permette di andare

d’accordo con l’ispirazione.

Mi piace l’Indie italiano, mi ha influenzato

nelle sonorità e confrontarmi

con un nuovo stile di scrittura

mi ha stimolato molto, dopo

innumerevoli progetti rap. Mi

piace la freschezza della scrittura e

l’originalità nelle melodie, non mi

piace quando diventa monotono

o già sentito, come se ci fosse una

formula prestabilita.

Quali saranno le tue evoluzioni

future?

Considero l’arte imprevedibile,

deve essere così altrimenti non

pulsa. Come dicevo prima, è l’ispirazione

a guidare tutto. Ho sempre

spiazzato a ogni uscita, non ho

mai fatto un disco uguale all’altro.

Potrei spoilerarti che sono già al

lavoro su nuove cose, ma non lo

farò! Sto anche lavorando al mio

primo fumetto, scritto e disegnato

da me! Si chiama BLCKT! (www.

instagram.com/_blackout_2020) e

il primo volume uscirà nel 2020.

6

7



CECILIA STALLONE

Milanese, cantautrice (ma appassionata di hip

hop), ha presentato il nuovo singolo “Mi dispiace”,

realizzato con la collaborazione “storica”

di Vaitea e (nel video) Alice La Scotti

Ci racconti chi è Cecilia Stallone?

Cecilia Stallone è una cantante

cresciuta in un quartiere popolare

della periferia ovest di Milano che

nella vita ha deciso di dedicarsi

alla musica.Una donna appassionata,vivace

e inquieta.

Scrive canzoni e desidera riuscire

ad affermarsi in tal senso. Si sente

vicina alla cultura black perché ha

un linguaggio ruvido e per niente

patinato, proprio come è stata la

sua vita. Cecilia è una persona che

crede che la condivisione sia un

valore fondamentale e la sua personalità

aggregante la caratterizza.

Una donna che ha deciso di vivere

la vita a suo modo,anche a costo

di non essere capita.

Come nasce il tuo nuovo singolo

Mi dispiace?

Mi dispiace nasce in maniera del

tutto spontanea. Ero a casa mia,

canticchiavo il motivetto delle

strofe e ho sentito subito l’esigenza

di trasporla su carta. Successivamente

mi sono recata in studio

e con Stefano Iascone abbiamo

costruito lo scheletro del brano



che si regge sui cori. Stavo vivendo

una situazione sentimentale

un po’ frustrante e sentivo che la

mia pazienza stava per esaurirsi. Il

brano nasce dall’esigenza di chiarire

a me stessa nuovamente chi

sono e a che cosa non voglio rinunciare

per accondiscendere alle

aspettative altrui; spero che ponga

in questione l’ascoltatore proprio

su questi temi. Mi dispiace ha toni

anche ironici ed è soprattutto merito

di Vaitea che ha scritto una

strofa divertente e pungente con

la leggerezza e l’intelligenza che la

contraddistinguono. Volevo una

figura di donna che rappresentasse

decisione con eleganza e ironia:

lei era perfetta. Mi sono permessa

di associare le nostre figure a quelle

di Thelma e Louise,due donne

di spessore, icone del femminismo.

Cinque cose che “ti dispiacciono”,

a tua totale discrezione

Mi dispiace che nel 2019 io debba

ancora scrivere una canzone

in cui rivendico la parità dei sessi.

Mi dispiace per chi si sente minacciato

dalla bravura altrui ed è

eccessivamente competitivo. Mi

dispiace per chi vive una situazione

di emarginazione e non ha

modo di riscattarsi. Mi dispiace

che il momento storico/politico

sia così buio e che la musica lo

rappresenti proponendo musica

usa e getta povera di contenuti.

Mi dispiace che i lavori artistici in

questo paese vengano considerati

di serie B e siano così poco tutelati

e regolamentati.

Nel brano appaiono anche Vaitea

e Alice La Scotti, ma non è una

collaborazione “spot”: come nasce

il vostro legame?

Vaitea, Alice LaScotti e io facciamo

parte del collettivo FlyGirls

Milano nato nel 2010 dalla volontà

di riunire le migliori esponenti

della scena musicale black

milanese in una serata a scopo

benefico. In seguito al successo di

questo primo evento, viene spontaneamente

a crearsi un collettivo

di mc’s , dj’s, cantanti e ballerine e

writers unite dalla voglia di creare

e proporre qualcosa di diverso.

Vi hanno aderito nomi importanti

come La Pina, Mama Marjas e

tanti altri e ci siamo conquistate

la fiducia e la simpatia della scena

proponendo artisti interessanti

e situazioni aggreganti. Questo

sodalizio tra me,Vaitea (Mc e deejay)e

Alice LaScotti (ballerina)

è durevole,siamo tre artiste unite

dalla stima reciproca e dall’amore

per l’hip hop.

Come detto, il video cita “Thelma

e Louise”: che cosa pensi di

poter “rubare” da quel film come

spunto per la tua vita?

Thelma e Louise sono un’icona

dell’emancipazione femminista e

hanno dato voce al sogno di libertà

delle donne, alla possibilità di

correre nel mondo essendo semplicemente

se stesse. Al tempo fu

una pellicola davvero rivoluzionaria

e diventò presto il simbolo

dei diritti delle donne. La mia idea

iniziale per il videoclip era di impersonarle

salendo a bordo di una

decapottabile ma era una trovata

troppo costosa e così abbiamo deciso

di citarle. Spero che non mi

manchi mai il loro coraggio e la

loro ironia nell’affrontare la vita e

la capacità di improvvisare.

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LIMBRUNIRE

Si chiama “Salsedine” il nuovo singolo del cantautore che si è fatto largo

con “La spensieratezza”, con vista sulle canzoni nuove in arrivo

Il tuo esordio con “La spensieratezza”

è stato accolto da giudizi

lusinghieri. Lavori bene con

aspettative aumentate oppure

senti la pressione?

I giudizi lusinghieri m’incoraggiano

e stimolano particolarmente.

Non sento pressione anzi, per me

è un’iniezione di fiducia imprescindibile

l’essere soggetto ad attese,

grazie a loro riesco a non adagiarmi

sugli allori bensì a tenere

alta la soglia di concentrazione e

aver ben a focus il prossimo step.

Un po’ di funk, un po’ di dance,

una citazione di Battisti: come

nasce “Salsedine”?

Salsedine nasce circa un anno fa,

ha passato diversi mesi “‘d’incubazione”,

di esperimenti, di modifiche

armoniche e opere di snellimento

varie. In origine doveva

chiamarsi “Passami Il Bicchiere”

e il testo era totalmente differente,

nel tempo ha lentamente raggiunto

la dimensione attuale. A

livello di produzione vi è sempre

stata già a priori l’idea di creare

un brano che potesse più o meno

omaggiare le sonorità tipiche della

disco dance anni ’70/’80, quindi

con una matrice funk ben definita

dalla groove e dalle chitarre tipiche

alla Neil Rodgers!

Ci racconti anche qualcosa del

video? Compresi i panorami su

cui si muove la ragazza. Che, ci

confermi, non è California dei

Coma_Cose, vero?

Il videoclip è opera di Francesco

Quadrelli, un giovane videomaker

spezzino, molto bravo e in assoluta

rampa di lancio. Ho dato a lui

carta bianca suggerendo solamente

la protagonista che non è “California”

dei Coma Cose bensì Beatrice

Angelini, una mia cara amica

che nel quotidiano sta con grande

devozione e altrettanta capacità

dietro e non davanti all’obiettivo

(Via Lactea). D’indole timida e introversa

ha lottato e non poco con

i suoi demoni per oltrepassare il

confine dell’insicurezza e mettersi

a nudo risultando alla fine perfetta

per il ruolo. Francesco ha utilizzato

nella storyboard il lasso di

tempo che va dal tipico fine serata

al rientro a casa, dalla notte fonda

alle prime luci dell’alba! Gli interni

sono stati girati nella bellissima

abitazione di Beatrice, le scene del

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molo sono state girate al tramonto

nel suggestivo “Golfo dei Poeti” di

Lerici in provincia di La Spezia,

per quanto riguarda il club abbiamo

usufruito dello Swamp Club

(stupendo) di Massa Carrara.

Ti sei già giocato come argomento

la salsedine a dicembre. Di

che cosa parlerai ora che arriva

la bella stagione?

Ahahahaha, ormai non

esistono più le mezze

stagioni (Nonne dixit)

quindi probabilmente

in primavera proporrò

gelo o castagne.

Quando arriverà e

come sarà il nuovo disco?

Hai già qualche

idea?

Spero arrivi presto

perché brani buoni per

un ipotetico album ce

ne sono abbastanza.

Stiamo ancora valutando

le modalità di

uscita, se proseguire

o meno con una serie

cadenzata di singoli

oppure con un ep che

mi affascina particolarmente.

I brani che comunque

in un modo o nell’altro ascolterete

nei prossimi mesi saranno sempre

di matrice electro ma avranno sonorità

differenti, avranno poco o

nulla dei brani precedenti se non

l’attitudine a raccontare qualcosa

di noi, delle nostre idiosincrasie e

incongruenze.

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MATTEO TERZI

Vive in Belgio ma non si è dimenticato le origini italiane: il cantautore

trentaquattrenne ha appena pubblicato il nuovo singolo “Beetween Us”,

con un video aiutato... da un paio di birre

Ci vuoi raccontare la tua storia?

Mi chiamo Matteo Terzi, ho 34

anni e negli ultimi dieci anni ho

girato l’Europa da Helsinki a Napoli

guadagnandomi da vivere

suonando in strada. Ora vivo nella

campagna del Belgio e faccio anche

qualche concerto nei club.

Come nasce “Between Us”?

Between us nasce tra l’Italia e il

Belgio, e l’ho scritta in collaborazione

con Giuliano Vozella (musicista

e produttore, nonché chi-



tarrista del mio progetto) proprio

il giorno dopo aver raggiunto il

secondo posto a The Voice. Volevo

raccontare in quel pezzo che

la vita analogica, insomma la vita

vera, deve essere ben staccata nella

nostra mente dalla vita digitale,

quella che viviamo nei social ogni

giorno.

Il video (e il suo twist end) sono

piuttosto significativi sul culto

dell’apparenza che viaggia sui

social ma non solo. Come ti sei

sentito nel recitare nel clip?

Avevo molta paura che io e Doriana

(l’attrice femminile) non saremmo

risultati naturali, ci siamo

conosciuti proprio il primo giorno

di set e c’era il rischio di non trovarci,

di non sentirci sulla stessa

linea d’onda, cosa che avrebbe

compromesso la naturalezza del

clip di cui avevamo bisogno. Invece

è andata bene, il primo giorno

di shooting Doriana si è presentata

alle 10 di mattina e le ho offerto

un caffé, lei mi ha risposto “un

caffé? no no, abbiamo bisogno di

entrare nella parte in 10 minuti,

ordiniamo 2 birre”, e lì ho capito

che il video sarebbe venuto esattamente

come speravo.

E nella grande linea di demarcazione

fra chi vive per i selfie e chi

detesta il mondo dei social, tu

come ti poni?

Penso semplicemente che i social

sono qualcosa di cui a oggi non

possiamo fare a meno, siamo figli

dei nostri tempi e i nostri tempi

sono sui social. E’ importante

pero’ scegliere sempre il COME

essere sui social, scegliere i nostri

tempi e i nostri contenuti, proteggere

la nostra coerenza e il nostro

modo in cui vogliamo raccontare

la nostra vita.

Quali saranno i tuoi passi futuri?

Un secondo singolo, un ep e un

tour in Belgio, questo è quello che

mi aspetto dal 2020.

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PAOLA MASSONI

“Alkemelia” è il nuovo disco della pianista, compositrice e interprete, impegnata

sulla linea di confine tra musica colta e pop

Ci vuoi raccontare chi è Paola

Massoni?

Non è semplice rispondere in poche

righe. Posso dire cosa faccio e

poi provo a dire chi sento di essere.

Insegno lettere al liceo, canto

e pianoforte presso l’Accademia

Kalliope, svolgo attività concertistica

come soprano spaziando

dall’opera alla musica da film, alla

canzone e mi dedico a spettacoli

teatrali e musicali nel repertorio

composto da me, sia per quanto

riguarda i testi che le musiche. Poi

scrivo: scrivo copioni, poesie, racconti,

storie. Mi sento fondamentalmente

una persona che ama

scoprire, inventare, una fabulatrice,

e per far questo uso la musica

e la letteratura. E poi sono una



mamma e una compagna, una sorella,

una figlia, una nipote, una

cugina, un’amica… che confusione!

Quali le ispirazioni alla base del

tuo nuovo disco, “Alkemelia”?

Alkemelia nasce con l’intento di

unire la musica classica con il pop,

la world music, creando uno stile

misto, indefinibile, all’insegna

del principio della sinestesia; le

sue composizioni, che sono state

scritte per la Trilogia teatrale I

Misteriosi Mondi di Mèlia in cui

varie forme artistiche si uniscono,

si ispirano agli elementi naturali

come l’acqua, il vento, il tempo, la

pioggia, che a loro volta rimandano

a bisogni e valori umani quali

la libertà, l’autonomia di pensiero,

la riflessione sulla precarietà umana,

la ricerca del sé, del divino, il

rispetto, l’amore.

Riesci a far coabitare musica colta

e pop. Dove ti senti più a casa?

Mi sento più a casa nella musica

colta perché quello è l’ambito in

cui ho sempre svolto la mia attività,

ma ascolto molti generi diversi,

insegno canto moderno e questo

mio lavoro documenta anche la

ricerca di una vocalità che sappia

unire modalità diverse pur rimanendo

nel solco di un’emissione

curata.

Come nasce “Io credo in te”, il

tuo singolo e video?

Io credo in te è una canzone scritta

per mio figlio e per estensione

ai figli del nostro universo, che un

genitore sa di mettere al mondo

e di lasciare andare da soli, prima

o poi, se il corso naturale dell’età

non incontra cambiamenti di rotta,

e a cui spera di comunicare un

sano spirito critico, qualche buon

insegnamento che li accompagni

sempre in modo che riconoscano

il bene per sé e per gli altri e che

lo seguano nella loro vita, ripartendo

con l’energia giusta dopo

ogni inevitabile sbaglio che serve

per crescere. Il video rispecchia il

contenuto del testo, trasponendolo

in una chiave fiabesca. La protagonista

entrando nel bosco valica

un confine liquido tra il di qua

e il di là, confine che non esiste

per tutti, non per i bambini, non

per chi non teme di valicarlo. Ci

sono molti personaggi, entità che

popolano la nostra vita, ma non

sempre siamo disposti ad ascoltarli

o a vederli. Ciò che conta di più

è riuscire a comunicare a esprimere

i nostri sentimenti e quando

questo compito si sente essere stato

assolto ce ne possiamo andare,

più liberi, più sereni, come succede

nel video…

Cosa ci possiamo aspettare da te

nel prossimo futuro?

Musicalmente parlando, un brano

piano e voce in fase di definizione

che penso uscirà a marzo sul tema

della violenza femminile; poi un

nuovo album che porti avanti la

ricerca vocale e sonora già iniziata

in Alkemelia, meno maestoso, più

essenziale, con pochi strumenti

in cui il confine tra classico e pop

sia ancora più labile… dal punto

di vista della scrittura letteraria

qualche altro progetto: sto già lavorando

su vari fronti, son in un

momento di incubazione, in attesa

che le idee si facciano più limpide,

insomma sono in fase creativa!

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FRANCESCO ANSELMO

“Lo dici veramente” è il nuovo singolo del cantautore, già vincitore della

Targa Tenco. Ma è soltanto una tappa di un percorso molto articolato e

ricco di idee e progetti

Non è passato tantissimo tempo

tra la pubblicazione de “Il gioco

della sorte” e questo nuovo singolo,

“Lo dici veramente”: che

cosa è successo, artisticamente

parlando, tra i due eventi?

Durante questo periodo ho portato

in giro il live de “Il gioco

della sorte” per la maggior parte

dei casi con una band con cui mi

sono divertito tantissimo. Nello

stesso tempo, assieme al collettivo

artistico AdoRiza di cui faccio

parte, abbiamo rimesso in sce-



na lo spettacolo Viaggio in Italia.

Cantando le nostre radici e registrato

l’omonimo disco prodotto

da Piero Fabrizi e vincitore della

Targa Tenco 2019 come “Miglior

album collettivo a progetto”. Nel

contempo poi ho scritto tanto, ho

sperimentato ancora di più e ricercato

in materia di suono. Questa

ricerca e questi “esperimenti”

credo che si possano notare bene

nei suoni di Lo dici veramente.

Come nasce il nuovo singolo?

“Lo dici veramente” nasce dalla

volontà reazionaria nei confronti

di un presente totalmente diverso

da come era stato immaginato

in passato. Questa immagine

nella mia testa risulta avere anche

una tonalità e dei colori. Da qui

la scelta del rosso e del blu, che

rimandano a un intimismo ventricolare

che secondo me descrive

perfettamente questi stati d’animo.

Credo che anche il video, soprattutto

per i panorami che mostra,

meriti qualche approfondimento

Il video regala una fotografia perfetta

della mia idea iniziale. Ho

scelto di girare il videoclip a Polizzi

Generosa, mio paese di origine,

circondandomi di persone

che condividono il mio punto di

vista; la regia infatti è stata curata

da Gandolfo Schimmenti con cui

ho lavorato anche al video di “Tre

punte”. Abbiamo voluto riprendere

scorci di una Sicilia antica, bella

e incontaminata. Tra paesaggi

spettacolari e architetture grandiose

che sembrano restituire la

forza, la caparbietà e l’orgoglio che

occorre per affrontare la vita.

Nella tua carriera hai incrociato

spesso le produzioni teatrali.

Che cosa ti hanno lasciato queste

esperienze e hai in progetto

altre attività in quell’ambito?

Sono sempre stato affascinato

dal teatro e ancor di più dal teatro-canzone.

Ogni produzione

teatrale che ho incrociato mi ha

lasciato qualcosa, dal sentirsi a

proprio agio in scena; al più articolato

sistema di incroci tra interpretazioni

“attoriali” ed esecuzioni

musicali. Ma la cosa che mi

è rimasta di più dalle esperienze

teatrali è la disinvoltura. Mi piacerebbe

molto continuare con esperienze

musicali in teatro.

Che cosa ci possiamo aspettare

da te ora?

Ora porterò live in band questo

nuovo progetto con un concerto

fatto dalle canzoni del mio primo

album ri-arrangiate per l’occasione

e un paio di brani nuovi in totale

anteprima. Nel frattempo sto

ultimando la scrittura di nuove

canzoni per potere registrare il disco.

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NAIROBI

Nata dall’incontro tra Andrea Siddu (Plasma Expander, Vanvera, Trees

of Mint) alla batteria, Giorgio Scarano (Ice Pick Experimental Trio) alla

chitarra e Leonardo Gatto al basso (We were OnOff), la band pubblica un

disco di carattere post rock senza titolo e colpisce nel segno

Partiamo dalle basi: come e perché

nascono i Nairobi?

Andrea: I Nairobi nascono grazie

al Biondo (AKA Andrea Carpenè,

bassista dei Destroy All Gondolas)

che ci ha messo in contatto. Io ero

già da due anni a Venezia e ancora

non avevo trovato una band

in laguna; avevo rifiutato diverse

offerte poco stimolanti e ci avevo



quasi messo una pietra sopra. Leo

e Giorgio in quel periodo, non

trovando batterista, stavano vendendo

la loro strumentazione per

passare a qualcosa di più comodo

di un ampli da 30 chili e ingombrante

come un frigorifero per

darsi alla musica da cameretta. Ci

siamo sentiti al telefono con Leo e

già dalla telefonata è partito qualcosa.

Non abbiamo perso tempo

e siamo andati in sala il giorno

dopo; abbiamo iniziato a jammare

e da lì non ci siamo più fermati.

Su quali

presupposti

è nato

questo disco

senza

titolo, tutto

strumentale

e dai suoni

piuttosto

marmorei?

Leonardo:

Personalmente

non

lo definirei

un disco

marmoreo.

Credo

ci siano di

sicuro delle

parti più

sature ma,

quasi nella

stessa misura,

anche

momenti

più morbidi o addirittura sospesi.

Cronologicamente parlando, fotografa

il periodo nel quale ci siamo

conosciuti e, di conseguenza,

traccia un po’ tutte le sfaccettature

che, più o meno inconsciamente,

abbiamo deciso di sondare in quel

momento preciso.

Giorgio: Le sonorità di questo disco

rappresentano bene i nostri

gusti , ma niente esclude che potrebbero

variare molto nei lavori

futuri.

Qual è il vostro metodo di lavoro?

Più jam o più scrittura prima

di decidere la direzione dei brani?

Giorgio: I brani li strutturiamo in

modi diversi, alcune volte nascono

da parti singole proposte da

uno di noi. Altre invece sono piccoli

estratti di lunghe improvvisazioni

che scegliamo e rielaboriamo,

spesso decontestualizzandole

totalmente dall’idea “originale”.

Tre nomi di artisti italiani contemporanei

che vi piacciono?

Andrea: Mai Mai Mai

Giorgio: Iosonouncane

Leonardo: Blak Saagan

Che cosa ci dobbiamo aspettare

dai Nairobi per il 2020?

Leonardo: Per quest’anno abbiamo

in programma intanto dei live

in Italia per promuovere il disco.

Nel frattempo stiamo lavorando al

nostro secondo lavoro.

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ELENA SANCHI

La cantautrice riminese presenta “Tradire e fare”, il nuovo video, dal taglio

molto cinematografico, tratto dall’ultimo disco “Risveglio”. Le abbiamo

rivolto qualche domanda

Ti abbiamo lasciata sull’onda

lunga di “Risveglio” e ti ritroviamo

ora con un nuovo singolo e

video. Ci racconti in che modo

hai iniziato il 2020?

tando dal Piemonte alla Sardegna,

fino alle Marche e all’Emilia Romagna;

ho toccato una molteplicità

di emozioni e mi sono concessa

finalmente il lusso di essere me

Quando sono partita non sapevo

ancora cosa mi aspettava né dove

mi avrebbe condotta questo secondo

disco! Con il mio Risveglio

Tour ho attraversato l’Italia, canstessa

fino in fondo lasciando andare

la paura.

Il nuovo anno è iniziato quindi seguendo

l’onda di questo percorso

concretizzando il nuovo videoclip

del brano Tradire e fare che traduce

in musica questo sentimento

di abbanDono verso se stessi, ai

propri sentimenti più profondi liberandosi

da giudizi e aspettative

altrui.

“Tradire e fare”: come nasce? Ci

racconti qualcosa sul video?

La tematica del cambiamento

come momento di crescita personale,

di ricerca profonda del

proprio talento, del significato

vero della vita di ognuno di noi,

è presente in diverse mie canzoni

ed è un aspetto che mi attrae e mi

percorre sin da bambina. Tradire

e fare nasce così da questa domanda:

Qual è il motivo del mio

viaggio? Quale è il messaggio che

posso e voglio lasciare al mondo?

La vita a volte ci porta lontano da

ciò che siamo davvero, ci conduce

a fare scelte che nel tempo non

ci appartengono più e non è facile

trovare il coraggio di rimanere fedeli

a ciò che si è diventati senza

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tradire le aspettative degli altri.

Questo brano allora è un invito a

essere felici, a non avere paura di

essere ciò che ci si sente dentro, a

far emergere anche verità scomode

ma che comunque ci liberano e

ci rispecchiano. Nel video riprendo

la concezione pirandelliana secondo

cui l’individuo è nascosto

dietro maschere che la società im-

pone per sentirsi accettato e accolto;

interpreto quindi diverse identità

tutte legate dalla figura della

libellula, simbolo di cambiamento,

trasformazione e fedeltà a ciò che

si è dietro le apparenze.

Mi pare di capire che nella canzone

il “tradimento” non abbia

una valenza negativa, anzi sia

una sorta di forza propulsiva...

Sì esatto! Diciamo che mi piaceva

parlare di fedeltà e ho scelto

di farlo attraverso il tradimento,

perché in fondo sono le due facce

di una stessa medaglia. Deve essere

letto più come un “dire tra”! Il

“tra” è la distanza tra noi e gli altri,

tra ciò che siamo stati e ciò che

siamo, è la misura, il percorso di

trasformazione verso i nostri desideri.

Nella vita ti è capitato più spesso

di tradire o di essere tradita (anche

a livello ideale…)?

Entrambe le cose e nella stessa

misura, credo. La separazione dei

miei genitori da bambina mi ha

forgiato il carattere, quello forse è

stato il primo tradimento che ho

attraversato! Pensavo che fosse

colpa mia, di dover essere brava

altrimenti mi potevano succedere

delle cose brutte. Avevo paura di

disobbedire, non volevo deludere

per paura di sentirmi sbagliata.

Per questo poi mi sono boicottata

tante volte, facendo scelte sbagliate

che mi hanno portata a vivere

una vita che non mi rispecchiava…

e poi “arriva un giorno che la

tua vita sembra viaggiare lontano

chilometri” e trovi il coraggio di

cambiare, di tradire le aspettative

degli altri per essere fedele a ciò

che sei davvero. Ho sempre avuto

un grande sogno nel cuore, la musica,

e penso che lei mi ha salvato

la vita, almeno due volte.

Che cosa c’è nel tuo futuro prossimo?

Tanto lavoro, amo quello che faccio

e trovo tanta passione e soddisfazione

nel farlo! In particolare

sto lavorando a nuovi brani per

un terzo disco, a un nuovo live set

per la primavera prossima dove

mi esibirò con tastierina elettronica,

Loop Station e Groove Box

toccando suoni più elettronici e a

uno spettacolo tutto al femminile

che vedrà la sua prima uscita a teatro

il prossimo 8 marzo.

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LEDA

“Pulviscolo” è il nuovo singolo e video della

rock band che ha di recente pubblicato “Memorie

dal futuro”, un album ricco di sonorità 90s

Mi raccontate come nasce la canzone

“Pulviscolo”?

La canzone nasce da un riff di

chitarra che Enrico aveva iniziato

a suonare durante un’improvvisazione

in sala prove, a cui sia la

batteria di Fabrizio che il basso di

Mirko si sono agganciati in ma-



niera del tutto naturale. È stato

poi il turno della voce, diventata

più concreta quando abbiamo

riadattato una poesia del nostro

amico scrittore Francesco Ferracuti.

In fase di registrazione Serena

ha aggiunto un Rhodes che ha

fatto da collante tra le varie parti.

Così che è nata Pulviscolo, fluida e

istintiva come il resto dell’album.

Il video vela e svela... Mi raccontate

qualcosa del suo concept e

della sua realizzazione?

I ragazzi della Caos Crew hanno

saputo cogliere in pieno lo spirito

del testo. Anche in questo caso

il concept è arrivato in maniera

spontanea. Il tema ruota attorno

all’importanza di saper cogliere gli

attimi di silenzio, apparentemente

vuoti, come preziose occasioni di

concentrazione su noi stessi, sul

nostro io. Il “non fare nulla” non

è sempre tempo perso e dovremmo

tutti integrare momenti come

questi nelle nostre esistenze, spesso

troppo veloci e rumorose. Il

video è stato girato lo scorso settembre

nell’arco di una giornata.

Le competenze dei ragazzi della

Caos unite alla loro umanità hanno

creato un ambiente nel quale ci

siamo trovati subito a nostro agio,

soprattutto durante la parte in cui

suoniamo.

C’è un momento molto forte,

quello della caduta del velo, che

cambia il clip e la canzone. E’

stato difficile da girare oppure è

stato un “buona la prima”?

Abbiamo girato quella scena diverse

volte per trovare il giusto

accordo tra la musica, i passi e il

momento della discesa del telo.

Il regista in quel momento ci ha

diretto dall’alto, mentre reggeva

il telo assieme a un altro ragazzo

della Caos Crew... un video professionale

e artigianale allo stesso

tempo, in cui tutto l’impegno è

sempre accompagnato da grandi

risate.

E’ passato qualche mese dall’uscita

di “Memorie dal futuro”, il

vostro ultimo album. Giudicandolo

in prospettiva, qual è il vostro

giudizio sul disco?

L’album contiene le canzoni che

avremmo voluto ascoltare o comprare

e ci fa piacere che abbia ottenuto

un bel riscontro da parte

della critica. Sicuramente è un album

dove

abbiamo

messo tutta

la nostra

onestà, fregandocene

delle mode

e delle logiche

di

mercato.

Abbiamo

suonato

quello

che siamo

davvero,

sia come

singoli che

come musicisti.

A

distanza

di diversi

mesi dalla

sua uscita ancora ci divertiamo a

suonarlo e ci piace riascoltarlo.

Che cosa ci dobbiamo aspettare

dai Leda da qui in avanti?

Altra musica, in studio, ma soprattutto

dal vivo. Abbiamo tante

idee, nonostante facciamo questo

lavoro da parecchi anni sentiamo

un’urgenza ancora forte e propositiva.

Sappiamo benissimo che

l’Italia non è il posto migliore per

i musicisti, specie in questo periodo,

però abbiamo molta perseveranza,

che ci dà la forza di andare

avanti. Finché avremo delle idee e

qualcosa da comunicare, ci troverete

sempre con gli strumenti in

mano!

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AWAVE

Un singolo, “Walking”, dalla gestazione

lunga, un’ispirazione British, un ep (e forse

non solo) in arrivo: quattro chiacchiere con

il trio (e un po’ di ansia)

Partiamo dalle presentazioni:

chi sono e come nascono gli

Awave?

Gli Awave sono Federico Serio

(voce, chitarra), Federico Luzi

(basso, voce), Stefano Ianni (percussioni,

synth) e nascono da una

lunga amicizia e da svariati esperimenti/progetti

musicali che nel

corso degli anni hanno avuto più



o meno successo e durata,

fino al raggiungimento della attuale

formazione e della attuale

idea di composizione e filosofia di

sperimentazione.

So che il nuovo brano “Walking”

ha avuto una gestazione particolare

e complicata. Ce la volete

raccontare nel dettaglio?

Lunga, più che complicata... e particolare,

perché a differenza di altri

brani (dall’origine quasi acustica

e quasi cantautoriale), Walking

prende forma da un giro di basso

e da una ritmica elettronica cadenzata

che vanno a costituire le

fondamenta della

strofa e che in fase

di registrazione ci

hanno condotto

verso una resa più

acustica e “vera”

dei ritornelli in

modo da avere

maggiore impatto

emotivo e maggiore

dinamica. Questo

è stato possibile

anche grazie

al lavoro di Luigi

Tarquini che ha

curato la produzione

presso Alti

Records.

C’è in arrivo un

ep: ci potete anticipare

qualcosa di

ciò che sarà?

Abbiamo altri due

brani pronti, leggermente diversi

come sonorità rispetto a Walking,

più “up-tempo” ma sempre sulla

falsa riga del British pop o Dark

pop o Alternative rock o che dir si

voglia... e che in linea teorica andranno

a costituire il nostro primo

ep sempre che non ci scappi

prima direttamente un album magari...

Le vostre ispirazioni sono molto

“British”: chi sono i vostri punti

di riferimento?

A partire dai Radiohead fino agli

Editors passando di recente per

i Placebo (anche se non propriamente

British) che ascoltiamo

spesso e volentieri durante il lungo

tragitto tra le montagne che ci

conduce verso la nostra sala prove.

Ma le nostre vere e più profonde

radici sono da ricercarsi nell’

heavy metal e nella dark...

Che cosa vedete nel futuro (a

breve) degli Awave?

Ansia (ahahah) di capire se questo

progetto musicale possa avere

un buon riscontro o meno e da

ciò realizzare piccole aspirazioni

e qualche sogno, da quelli con i

piedi per terra (o underground) a

quelli magari grandi che potrebbero

anche svalicare i confini più

strettamente musicali... A parte

tutto, stiamo lavorando sull’uscita

di un nuovo singolo, e anche questo

avrà a che fare come Walking

con un percorso, ma dall’ oscurità

alla luce...

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PINGUINI

TATTICI

NUCLEARI

“IRENE”

#quellochesentivo

Irene è un singolo del 2017 tratto da

“Gioventù brucata”, album della svolta

per la band bergamasca.

Tutti abbiamo dovuto, almeno una

volta, lasciar andare qualcuno che

avremmo invece voluto tener stretto

al nostro fianco. E lasciar andare,

spesso, significa non solo perdere l’altro,

ma anche una parte di noi stessi.

Così pensi di nasconderlo per far si

che gli altri non lo vedano, di rapirlo

per sottrarlo all’inevitabile separazione.

Irene, questa sera la faccia te la strapperei

via

Così faresti paura al mondo ma resteresti

sempre mia

In questa notte di buio pesto, che forse

era buio pomodoro

Le mie mani Brigate Rosse accarezzano

te che sei Aldo Moro

Tutti abbiamo un sogno, di gloria, di

musica, di passione. Sognare, spesso,

significa dover poi fare i conti con

la realtà, che fa a cazzotti con quello

che vorresti e ti fa ingoiare i NO ricevuti

e aspettati.

E l’hai letto nelle stelle che la musica ci

darà il pane

Il realismo l’avrai lasciato a qualche

mercatino equosolidale

Irene, non ci credere poi tanto allo zodiaco

Che la musica il pane quotidiano lo dà

solo a chi è celiaco

Tutti sappiamo che se una relazione

non decolla non ci sarà miracolo che

potrà darle una spinta. Rendersene

conto, spesso, aiuta ad accettare l’inevitabile,

con ironica intuizione che

non avrebbe mai potuto funzionare.

Il futuro che ti potevo dare l’ho

Barattato per i vinili che ho in soffitta

Te li regalerò quando avrai perso le

speranze

E ti sentirai sconfitta

Il futuro che ti potevo dare

Alla fine è una fregatura meglio

Che ti sposi un ingegnere

Un notaio od un dentista

Oppure, oppure, oppure il tuo analista

Tutti siamo caduti. Da terra, spesso,

tutto sembra più grande di quel che

è in realtà. E ogni volta rimettersi in

piedi sembra così faticoso da far venir

voglia di cambiare prospettiva e

lasciarsi dove le cadute ti hanno collocato

tuo malgrado.

Una luce indagatrice, color della cedrata

Brucia forte in questa stanza e incenerisce

la serata

E mentre dormi un rivolo di saliva ti

scocca dalla bocca

Preciso come un bacio mai dato o un

orologio che rintocca

Irene, i cantautori dicono che l’importante

Non è quante volte cadi, ma se hai il

coraggio di rialzarti

Ma dopo mille cadute roventi

Non ci resta che imparare a vivere

come i serpenti

Tutti abbiamo capito che era giunto il

momento di abbandonare la nave che

stava affondando. E i rapporti umani,

spesso, sanno essere scialuppe di salvataggio

o zavorre di cui liberarsi.

E il futuro che ti potevo dare l’ho

Barattato per i vinili che ho in soffitta

Te li regalerò quando avrai perso le

speranze

E vorrai star solo zitta

Il futuro che ti potevo dare

Alla fine è una fregatura, senti

Corri via da tutto questo

Scappa forte, finché puoi

Ricordami come Neville Paciock

In un mondo di Draco Malfoy

Tutti abbiamo provato almeno una

volta a interpretare il testo di una

canzone di un gruppo indie, con

riferimenti nerd, senza riuscirci.

Quando non si capisce una cosa,

sempre, sarebbe bene non esprimere

la propria opinione in merito.

Irene non fidarti mai

Dei testi delle mie canzoni

Soprattutto di quelle da parafrasare

Che sono le peggiori

….

E fidati del pane fresco

Nelle mattine d’inverno

E del paradiso solo se

Solo se visto dall’inferno

Il futuro che ti potevo dare l’ho

Barattato per i vinili che ho in soffitta

Te li regalerò quando avrai perso le

speranze

E ti sentirai sconfitta

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