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BresciaUp Ottobre 2020

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e che - forse - proprio da queste prendono

spunto. Si ripensa allora ai tratti descrittivi

(Perché da descrizioni prendono spunto) del

Rinoceronte di Albrecht Dürer, un pachiderma

che suscitava stupore e un esotico mistero

nelle menti dell’Europa continentale.

Quelle di Radici sono figlie del medesimo

investimento fantastico: animali ben riconoscibili

assumono tratti anticonvenzionali, per

forma o dimensioni.

Api giganti, rane nate in un nido sul dorso di

un coccodrillo, lupi con code di pavone o giraffe

zebrate.

una personale enciclopedia moderna, dove

sono riscritti i parametri dell’esistenza.

A far da contraltare a questa visione (anche

in termini espositivi: le due sezioni sono intervallate

da un colonnato), negli scatti di

Giuliano Radici prevale la figura umana. Le

fotografie rappresentano diari di viaggio che

narrano gli spostamenti attraverso i volti e

le abitazioni delle popolazioni incontrate. Si

tratta di un lungo percorso che ha restituisce

frammenti di vita lontana. Si percepisce

un realismo intenso, eppure altamente sentimentale.

Sono chimere contemporanee, che fanno

riflettere sul presente e sulle alterazioni del

gene, per sondarne i risultati in termini stilistici.

Non è un caso che queste opere abbiano

visto la luce proprio nel periodo del

lockdown, in cui l’artista di è trovato a confrontarsi

con il virus e le sue implicazioni.

I colori, le campiture e la materia palpabile di

cui vivono le opere sono parte integrante di

La figura umana può essere considerata sì

rappresentazione della comunità, ma conserva

sempre una propria dimensione peculiare,

personale e unica. E, di fianco, vivono

oggetti quotidiani, tazze, letti, quaderni scritti

a mano, come a voler aggiungere elementi di

racconto a un quadro già riccamente decorato

(in termini umani, e non velleitari o edonistici).

Ecco che una donna del Ruanda, la

cui cicatrice sul volto non passa tristemente

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