PREMIO INTERNACIONAL BICE BUGATTI- GIOVANNI SEGANTINI
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GLI INVISIBILI TERRITORI DEL SUD: OSMOSI TERRITORIALE DI IDEE<br />
TRA CITTA’ PRESUPPOSTE E SOVRAPPOSTE<br />
“(…) La Città – secondo alcuni Filosofi – non è altro che una grande casa e,<br />
allo stesso modo, la casa non è altro che una piccola città; (…) […]<br />
appartiene all’arte, perciò, la responsabilità di costruire le cose con buone<br />
fondamenta.”<br />
27<br />
De re aedificatoria. Leon Battista Alberti (Trad. libera)<br />
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno è quello che è gia<br />
qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due<br />
modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno<br />
e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed<br />
esige attenzione e approfondimento continui: cercare e saper riconoscere chi e<br />
che cosa in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”<br />
Le città invisibili. Italo Calvino<br />
Gli artisti non sono una categoria speciale di persone, ma ogni persona è un tipo speciale di artista,<br />
affermava giustamente l’entità traspersonale post situazionista Hakim Bey. L’essere umano è creativo per<br />
natura e così, nell’atto di creare, creiamo noi stessi e creiamo il mondo che ci circonda. Un cosmo<br />
complesso ed essenziale al tempo stesso, formato a volte da parole inintellegibili, altre volte da riferimenti<br />
sottili, e altre ancora da immagini enigmatiche. Segni e simboli che configurano il nostro tempo<br />
e il nostro spazio in modo dinamico, una realtà che si spande, cercando continuamente un senso<br />
attraverso nuovi orrizzonti, esterni ed interni...<br />
Quest’anno, come Proyecto mARTadero, abbiamo deciso che la Città doveva essere il nostro spazio<br />
e il nostro territorio di lavoro. Non solo come campo d’azione, ma anche come oggetto stesso di<br />
riflessione. Una Città sempre estremamente superba, che ha creato il proprio ambiente naturalmente<br />
artificiale, che però si riconosce profondamente dipendente dal suo territorio. Un territiorio in<br />
permanente costruzione e ridefinizione, costituito da tutte le città possibili, immaginate, popolate e<br />
costruite attraverso immagini e immaginari.<br />
La città perciò è, prima e soprattutto, uno spazio di espressione e comunicazione. Allo stesso tempo è<br />
contesto, pretesto e testo delle nostre vite.. un contesto ricco di diversità, di molteplici possibilità. Come<br />
il tempo. Come la realtà. Un infinito terreno di gioco, i cui spazi morti, fessure, interstizi, aneddoti<br />
costituiscono scenari utili per le fantasie.<br />
Abbiamo quindi cercato di imparare di nuovo ad osservare, a riconoscere la magia dell’inatteso, del<br />
possibile, di tutto ciò che sorprendentemente si nasconde dietro la routine quotidiana, come quegli<br />
orizzonti marini sovrapposti delle opere di Sandra de Berduccy e Mercedes Ruiz, in quelle figure<br />
fantasmagoriche e allo stesso tempo famigliari e lontane di Rossmary Mamani e Gunnar Quispe, in<br />
quei segni criptati nei tratti in cui si concentrano Roly Arias, Diego García e Julio César Soria, o nella<br />
dimensione mitica del quotidiano rappresentata da Maria Luisa Buccianti, Andrés Justiniano e Nivardo<br />
Torrico.<br />
Fili di lana, pittura e memoria, che connettono le diverse proposte e che Arianna ci lancia, oggi come<br />
ieri, per trovare l’uscita del labirinto. Fili che fuoriescono dal corpo femminile della città e tessono<br />
onde intrecciando tecnica e poesia, parole e scenari che smettono di essere solo segni per convertirsi in<br />
simboli di una cosa terza, che solo l’artista o il poeta possono evocare, rendendola evidente.<br />
Quella città che si teme, si vive, si ricorda.. dalla paura di fronte a una natura inspiegabilmente