TRAKS MAGAZINE 039
C'è Evanicole in copertina del nuovo TRAKS MAGAZINE, il numero 39 della serie. E dentro interviste a Meise, Beppe Cunico, Oremeta, Blu, Muna B, Sativa Rose, Kaouenn, Smoking Tomatoes. Leggilo subito!
C'è Evanicole in copertina del nuovo TRAKS MAGAZINE, il numero 39 della serie. E dentro interviste a Meise, Beppe Cunico, Oremeta, Blu, Muna B, Sativa Rose, Kaouenn, Smoking Tomatoes. Leggilo subito!
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traks magazine
Numero 39 - gennaio 2021
EVANICOLE
MEISE
BEPPE CUNICO
OREMETA
BLU
SATIVA ROSE
sommario
4 Evanicole
8 Meise
12 Beppe Cunico
16 Oremeta
20 Blu
24 Muna∞B
28 Sativa Rose
32 Kaouenn
36 Smoking Tomatoes
TRAKS MAGAZINE
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info@musictraks.com
EVANICOLE
“Almeno come” è il nuovo singolo della precocissima cantautrice, che ha
idee molto chiare sul futuro e un talento pop ancora in esplosione
cover story
Ci presenti il tuo progetto?
Evanicole è una mia personalissima
esigenza di dare voce a tutte le
parti di me che io sento differenti
dal mondo, uniche. Quelle facce
di me che prima mi tenevano zitta
e ferma con le mani legate e ora
mi fanno sentire forte, autentica.
Voglio che chiunque si senta o si
sia sentito così, si renda conto che
non ha un problema bensì un super
potere.
Come nasce Almeno Come?
Almeno come nasce da una liaison
tra due anime simili che si incontrano
in momenti differenti della
vita. Una metà cammina dritta
sulle proprie gambe, l’altra fa fatica
a tenersi in piedi. Non si abbracciano,
si sfiorano e basta. Ma
ognuna strappa dall’altra un pezzo
che porta sempre con sé. Almeno
come ci insegna che in amore ci si
può dividere senza ferirsi reciprocamente.
Com’è stato lavorare al video?
È stato come sedersi a osservare
la costruzione di una realtà nella
quale anche io prendevo, mano a
mano, forma. Lavorare assieme a
dei professionisti è un’opportunità
gigante, sai quante cose si possono
imparare sul set di un video? Inoltre
ho avuto la fortuna di incontrare
Manuel Guaglianone (il regista)
che ha saputo letteralmente
leggere nella mia testa e creare un
prodotto che rispecchiasse totalmente
il messaggio del brano.
Tre nomi di tuoi punti di riferimento
nella musica italiana
Nella mia testa c’è un podio davvero
troppo affollato.
Ci provo, in ordine sparso: De
Andrè, Donà, Consoli.
Che cosa ti aspetti dal 2021?
Non vedo perché dovrei aspettarmi
qualcosa da 4 numeri! Da me,
invece, mi aspetto tanto lavoro
e tanto sudore al fine di rendere
questi mesi il più possibile produttivi.
Oggi si fa davvero molta
fatica ad immaginarsi un domani,
ma proprio per questo dobbiamo
continuare a costruire.
Un abbraccio, Eva!
MEISE
Un ep omonimo e la paura di essere frainteso: il giovane cantautore tra le
opportunità della comunicazione e le speranze per il futuro
l’intervista
“Meise non è altro che l’esternazione
dei miei sentimenti,
senza la paura di essere giudicato
o frainteso”: così ti presenti
in sede di comunicato stampa.
Quindi la paura di essere giudicato
o frainteso caratterizza la
tua vita “non artistica”?
Sicuramente sono più attento a
cosa dico, con le canzoni posso
anche comunicare tra le righe
mentre durante la vita di tutti i
giorni a volte si è anche troppo
impegnati dal lavoro o dallo studio
per parlare dei propri sentimenti.
Ci racconti la genesi dell’ep
“Meise”?
Rappresenta una parte di me di
cui volevo parlare e che non ho
mai fatto prima. Ho “sfruttato” un
periodo dove forzatamente dovevo
stare a casa per registrare i provini
e trovare Grifo Dischi.
Racconti le canzoni dell’ep come
una sorta di terapia contro i disagi
del lockdown. Ti sei rimesso
a scrivere anche durante la seconda
ondata? E funziona ancora
allo stesso modo?
Scrivo ogni volta che mi viene in
mente qualcosa da dire, non funziona
allo stesso modo altrimenti
rifarei lo stesso ep con le stesse
emozioni. Dipende da quello che
sto vivendo nel momento in cui
scrivo, credo, cerco comunque di
imprimere il mio mood nella maniera
più coerente possibile.
Tre nomi di artisti italiani che ti
piacciono particolarmente?
Non ho un grande cultura musicale
italiana, direi i Tre Allegri
Ragazzi Morti, Young Miles, Taxi
B. Altri nomi non mi vengono in
mente ma semplicemente perché
non ascolto spesso musica italiana,
mi piace molto la scena alternativa
estera.
Che cosa ti aspetti dal 2021?
Spero di poter andare avanti con
il mio percorso e scrivere ancora,
vorrei anche esibirmi dal vivo.
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BEPPE CUNICO
Ci presenti il tuo progetto?
Il progetto nasce per dar voce
e musica alle sensazioni provate
durante il concerto di
Steven Wilson del 26 aprile
2016, al Rossetti di Trieste.
Quella serata magica mi ha
trasformato in un cantautore.
E da li è iniziato un percorso
molto impegnativo. Da batl’intervista
“Passion, Love, Heart & Soul” è l’ultimo lavoro del musicista, influenzato
dal prog ma con brani basati sull’oggi
terista prima e sound engineer
poi, ho iniziato a studiare chitarra
e canto. comporre le canzoni,
sfruttando ogni frame libero della
giornata.
Le canzoni che scrivi nascono
spesso da esperienze personali
dirette. Trovi naturale raccontare
di te o ti trovi meglio a scrivere
di storie altrui?
Sicuramente interpretare le mie
esperienze mi riesce più coinvol-
gente, perché vengono dal profondo.
Poi alcune storie riguardano
altri, ma in ogni modo sono fatti
che mi hanno colpito e quindi fatto
riflettere e prendere una posizione
al riguardo.
Ci racconti qualcosa di più di
“Silent Heroes”, primo singolo
del disco?
Dopo aver completato la pre-produzione
a casa di circa 20 brani,
ho scelto le 10 da mettere in “bella
copia”. Ma appena vista l’ultima
puntata della serie HBO su Chernobyl,
ho preso la mia Martin e
composto di getto musica e testo
di Silent Heroes. A distanza di
anni ho rivissuto quei momenti,
ma con una consapevolezza molto
maggiore della gravità dell’accaduto
e mi ha fatto riflettere sullo
spirito altruista e di abnegazione
delle persone semplici e di come il
regime mentisse alla popolazione,
per puro ego imperialista. Ad ogni
modo, le stesse parole valgono
anche per gli attuali schieramenti
politici, dove la menzogna, l’avidità
e la corruzione dilagano e a
farne le spese è sempre il cittadino
onesto.
Ti ispiri apertamente al prog degli
anni ‘70. Non c’è niente che
salveresti della musica di oggi?
C’è sempre buona musica da salvare,
basta cercare. Sicuramente
le major e i network promuovono
principalmente brani usa e getta,
dove importanti sono l’estetica, le
visualizzazioni e NON la qualità
artistica e la ricerca sonora. Fare
musica suonata e ricercata comporta
impegno e tempo e solo pochi
hanno la voglia di cimentarsi
e poi di questi tempi, molti sono
frenati dalla precarietà insita nel
mondo attuale della musica.
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OREMETA
Tre amici di Ostia Lido ma anche tre menti capaci di viaggiare e di immedesimarsi
in altre culture, come dimostra il nuovo “Saudade”
l’intervista
Ci presentate il vostro trio?
Hola siamo gli Oremeta.Siamo
tre amici di Ostia Lido, durante il
lockdown abbiamo condiviso gli
stretti spazi di casa, e per rimanere
vivi “dentro” abbiamo deciso di
comporre dei brani che raccontassero
il nostro stato d’animo.
Chiara Pisa, attrice, cantante e insegnante
di teatro, Giulio Gaigher,
batterista e compositore, Dario
Cangreo, artista di strada e viaggiatore.
Non nascondete le influenze del
lockdown su questo album. Pensate
che in condizioni “normali”
sarebbe stato molto diverso?
Sicuramente. La nostra musica
è nata dal nostro desiderio di libertà,
dalla nostra convivenza
prolungata e dalla condivisione
delle piccole cose, e quindi ci viene
spontaneo pensare che in condizioni
“normali” avremmo avuto
altre spinte e altre ispirazioni, e
quindi sicuramente il disco avrebbe
avuto un suono differente.
La musica ha un grandissimo potere
curativo, e se a oggi siamo
così legati ai brani del nostro album
è perchè il comporli ci ha
aiutato a rimanere centrati su noi
stessi, a mantenere un equilibrio e
una certa scintilla interna.
Mi piacerebbe saperne di più a
proposito della nascita di Bakarak,
che apre l’album
Bakarak è un pezzo di cuore. Nasce
da una riflessione fatta con un
amico congolese tempo fa. Parlammo
del fatto che quando lasci
la tua casa, e continui la tua vita
in un altro paese, potrai parlare e
comunicare in una nuova lingua,
ma probabilmente continuerai a
sognare e a pensare nella tua lingua
madre. Questo pensiero diede
vita a un flusso di coscienza che
racchiude le storie di molti, anche
le nostre. Questo brano vuole raccontare
le emozioni di chi viaggia,
o di chi è costretto a partire. Dover
dire addio a una persona, ma
continuare a immaginarla crescere,
continuare a sognare in arabo,
dovendo parlare in francese, guardare
il mare immaginando l’altra
riva.
Qualche nome che vi piace particolarmente
della musica italiana
di oggi?
Dario ultimamente ascolta principalmente
musica latinoamericana,
ma in quanto ad artisti italiani
apprezza Moses Concas, Claver
Gold, Murubutu, Dutch Nazari,
Tedua, Vinicio Capossela, Lanz
Khan. Giulio ha ascoltato molto il
maestro Max Gazzè, poeta e grande
musicista, e negli ultimi tempi
ha seguito con piacere il percorso
di Willie Peyote, apprezzando la
sua capacità di mescolare sonorità
hip hop, soul, funk e indie pop.
Chiara ascolta Levante quando
vuole cantare a squarciagola, Caparezza
quando c’è bisogno di
muovere il corpo senza mai trascurare
le parole, e Cosmo quando
necessita di viaggi mentali.
Qual è il primo viaggio che farete
dopo la fine della pandemia?
Sicuramente un viaggio tra le realtà
sociali e culturali del sud Italia,
e poi chissà probabilmente Andalusia
e Portogallo. Quando questa
situazione finirà ci piacerebbe
viaggiare portando la nostra musica
da una regione all’altra, vivendo
tutto ciò che per molti mesi abbiamo
soltanto sognato. Citando
un nostro brano: “...e se nello zaino
ho costumi e cappotti è perchè
non so quanto durerà il viaggio”.
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BLU
l’intervista
Una storia d’amore negata alla base di un concept album e molti progetti
all’orizzonte per un cantautore molto giovane
Ci racconti chi è Blu?
Blu è un ragazzo di 22 anni che
canta e ha potuto vivere da vicino
il mondo dell’arte e dello spettacolo
sin da quando era piccolo.
Si ritiene una persona eclettica,
sensibile e determinata.
Il tuo concept album nasce da
una sofferenza d’amore. Ti è pesato
esporti così in prima persona?
Affatto. L’amore per me è un sentimento
puro che va rispettato.
Il disco esiste proprio perché a
questo sentimento è stata negata
la possibilità di concretizzarsi, in
quanto troncato sul nascere a causa
di un pregiudizio di un genitore.
Che esperienza è stata Area Sanremo?
Area Sanremo è un’esperienza a
tutti gli effetti. Mi piace molto
come format perché oltre alle audizioni
è previsto proprio un percorso
di formazione di più giorni
che consente a chi vi partecipa di
tornare a casa con un piccolo “bagaglio”
a prescindere dal risultato
del concorso.
Che progetti hai per il 2021?
Promuovere e far conoscere il più
possibile questo mio primo disco,
nella speranza di poter tornare
presto a fare musica dal vivo. Tutto
ciò mentre sogno Amici di Maria
De Filippi.
MUNA∞B
Nati dall’incontro tra due band diverse, portano avanti il verbo del rock
anche grazie al nuovo lavoro, “Sankalpa”
Come nasce la band?
I Muna∞B nascono dalla fusione
di due band che compongono
3/4 della line up attuale. Marco
Bellone (voce, chitarra e synth.) e
Nicola “drum” Tortorella (batteria)
arrivavano dall’esperienza dei
Muna. Aldo Vallarelli (chitarra
solista), invece, dal suo precedente
progetto S.U.F.I. Successivamen-
te si è unito alla banda Fabrizio
Patella “Joker” (basso). I Muna e
i S.U.F.I, nei loro anni di attività,
avevano condiviso tante serate
nei club più in voga della capitale
(molti dei quali, purtroppo, oggi
non esistono più), per cui, quando
Marco ha deciso di mettere su
un nuovo progetto la fusione tra
alcuni membri delle due band è
stata quasi fisiologica. Per il nome,
Marco voleva che ci fosse un legame
col suo precedente progetto, di
cui era anche il fondatore. Quindi,
Muna∞B, dove il simbolo dell’infinito
sottolinea il legame di continuità,
le sonorità invece, virano
verso un rock più robusto.
Ci raccontate qualcosa delle ispirazioni
e delle aspirazioni del
vostro primo ep?
L’idea alla base di questo esordio
discografico era quello di fare
una sintesi di ciò che avevamo
presentato live negli ultimi due
anni, offrendo all’ascoltatore tutte
le sfaccettature del sound della
band. Quindi il primo passo è
stato quello di scegliere quattro
brani dalla scaletta (al tempo contava
già una ventina di pezzi), che
rispettassero i propositi che ci
eravamo prefissi. Da qui lo spunto
per il primo inedito scritto per
l’occasione, “SANKALPA” che in
sanscrito significa appunto “proposito”,
un pezzo decisamente
rock. Dopo è arrivato anche il secondo
inedito “POP”. Per quanto
riguarda le aspirazioni... è semplice,
suonare questi brani e tutti
quelli in scaletta il più possibile in
giro per l’Italia.
Qual è stata la genesi di “Pop”,
che avete anche scelto come singolo
di lancio?
Questa canzone nasce come incentivo
(per noi, ma rivolto a tutti)
a non piegarsi al volere altrui,
se questo non ci fa essere onesti
con noi stessi. Quindi scrivere una
canzone dal titolo POP, per una
band rock è stata la giusta chiave,
ironicamente provocatoria, per
trattare questa tematica. In effetti,
musicalmente la canzone lotta con
se stessa, inizia con un andamento
prettamente pop fino a esplodere
in soluzioni più distorte. Una sorta
di sfogo represso. Non è raro
oggi che molte band si sentano represse
e siano obbligate ad accettare
malvolentieri compromessi in
nome del “mercato”.
Per una band come la vostra immagino
che l’astinenza da live sia
particolarmente pesante. Come
la state sconfiggendo?
Purtroppo non abbiamo una soluzione,
come nessuno in questi
tempi. Esistono gli streaming, certo,
ma un live non può definirsi
tale senza la presenza del pubblico.
Ci manca questa dimensione,
ma oggi non possiamo fare altro
che rinchiuderci in sala prove
per affinare gli arrangiamenti di
una scaletta che non vede l’ora di
abbracciare il pubblico e di fare
ruggire gli amplificatori sul palco.
Nell’attesa, non ci resta che sperare
che tutto questo finisca il prima
possibile e che si torni a godere in
libertà delle cose che ci fanno stare
bene. Un augurio rivolto a tutti.
Quindi a presto e lunga vita alla
musica e lunga vita al rock!!!
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SATIVA ROSE
l’intervista
Rimandato di qualche mese, “Rumore bianco” è il nuovo album, tra piccoli
indizi di autobiografia e sperimentazione
Il progetto Sativa Rose nasce nel
2012 ma ha subito svariati stop.
Con che spirito ti sei messo al
lavoro sul disco?
Il disco doveva chiudere un primo
ciclo iniziato nel 2018, per cui
c’era una certa impazienza... ma
anche molto entusiasmo. Lavorare
con Marta allo Studio Nero è stata
una bella esperienza. Nonostante
qualche tensione organica, magari
tra musicisti, e i proverbiali
ritardi; c’è stato un clima disteso e
molto sinergico attorno alla realizzazione
dei brani.
L’uscita del disco è stata rimandata
per i noti motivi. Hai
approfittato del tempo intercorso
per andare magari a correggere
lievissime imperfezioni che
sentivi solo tu, oppure hai lasciato
tutto com’era?
Poter tenere le redini di un progetto
sicuramente semplifica il
processo di elaborazione e di scelta
in fase di realizzazione; il lavoro
risulta più fluido e coerente. Per il
resto, il disco sarebbe dovuto uscire
a inizio maggio 2020 e le versioni
definitive erano pronte già a
febbraio… non sono state rimaneggiate,
ho lasciato tutto com’era.
Vorrei capire qualcosa di più
di Rumore bianco, intesa come
traccia conclusiva dell’album.
Come nasce e perché ha dato il
titolo al disco?
Il rumore bianco è il suono di cui
ho bisogno la notte per riuscire
ad addormentarmi, ma è anche
un binomio allegorico, se ci pensi.
“Com’è difficile restare calmi e
indifferenti mentre tutti intorno
fanno rumore”… ho pensato che
Rumore Bianco riassumesse bene
la frenesia dello stile di vita occidentale.
Ha dato il titolo al disco
perché ne riassume il senso, a un
livello più profondo e inconscio.
Rumore Bianco brano, parla di
me artisticamente. È un’improvvisazione
sperimentale e l’unica
traccia del disco interamente realizzata
da me. Tra i miei progetti
musicali, paralleli a Sativa Rose,
ne esisteva uno in cui registravo
queste lunghe improvvisazioni,
che in seguito riascoltavo, miscelavo
e producevo. “Rumore Bianco”
nasce seguendo i criteri
“compositivi” di un brano
di musica concreta, pur essendo
un brano avant-garde,
nato per “sfruguliare”
l’ascoltatore. Una caratteristica
peculiare di questo
genere, infatti, è quella di
infrangere le regole della
tradizione popolare e di
trascendere i principi compositivi
preconcetti, così
come la comfort-zone degli
ascoltatori. Ricerca di novità,
nella forma e nello stile,
al fine di rendere il suono
evocativo. Questo crea un mondo
sonoro misterioso... Affascinante,
in qualche modo. Perchè porta
alla luce i frammenti dell’inconscio
attraverso flussi di coscienza,
in modo che idee apparentemente
non correlate tra loro si intreccino
su più livelli, andando a formare
un corpo unico. Come succede in
una conversazione, dopotutto.
Tre nomi che ti piacciono particolarmente
della musica italiana
di oggi
Mi metti in difficoltà… “piacciono”
e “di oggi” non saprei. interessanti,
invece, ti direi: Murubutu,
Post Nebbia e Meise.
Che progetti hai per l’immediato
post-uscita del disco?
In questo settore si vive alla giornata,
oggi più che mai. Chiunque
adesso ti parlasse di programmi
per quest’anno, calendarizzati
e certi, mentirebbe. Vedi: ogni
equazione possibile poggia su di
una scommessa, di cui nessuno
può sapere l’esito. Già a marzo
annunciai che in ogni caso non
avrei suonato per scelta fino a giugno
2021; ma, se me lo chiedessi
adesso, probabilmente ti direi
fino marzo 2022. Non mi sembra
il momento di guardare al proprio
orticello, e fortunatamente
non ho esigenza di uscire dal vivo
per sbarcare il lunario. Per adesso,
è importante guardare al futuro
con ottimismo. Nella speranza
di poter tornare alla normalità il
prima possibile. Non parlo solo
della musica… penso ai liceali,
che stanno perdendo gli anni
più belli della loro vita chiusi in
casa, in molti casi senza apprendere
niente. Penso ai pensionati,
sempre più soli, sempre più tristi.
Alle coppie con una relazione a
distanza, che vivono ogni saluto
come un addio… Ai single che
affogano nell’alcol la mancanza
di calore umano; alla gente che
perderà il lavoro, agli imprenditori
che falliranno… credo che
occorra un po’ di umiltà e tanta
empatia in momenti del genere.
Io sono un ostinato ottimista, per
cui riesco a vedere sempre il bicchiere
mezzo pieno, e sono certo
che passerà anche questa. Solo,
resto scettico sul “quando” e sul
“come”. “Sperare per il meglio, ma
prepararsi al peggio”: l’importante
è “starci” con la testa, non affliggersi,
non disperare. Trovare
dentro di sé la forza per ripartire,
sempre. La pandemia ha accelerato
dei processi in atto da anni, che
necessitavano di una “spinta” per
riuscire ad imporsi. In un periodo
di cambiamento radicale, nuove
opportunità nascono tutti i giorni;
anche se non so quante di queste
coinvolgeranno il settore musicale-discografico…
noi altri, finché
non risolveremo il problema del
Value Gap, non ci sentiremo mai
realmente al sicuro.
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KAOUENN
Partiamo da una considerazione
generale: sei un’anima nomade.
Come stai vivendo questo obbligo
alla stanzialità di questi mesi
di pandemia?
È vero, il mio spirito è in perenne
ricerca di scoperte per crescere e
rielaborare nuovi equilibri. Ma,
al tempo stesso, sono piuttosto
pragmatico. Nel 2020 ho avuto la
fortuna di focalizzarmi su eventi
molto positivi, che hanno drasticamente
allentato la morsa della
depressione legata al contesto storico:
la finalizzazione di questo album
già in stato avanzato di lavorazione,
il battesimo di un nuovo
progetto musicale parallelo, e, soprattutto,
la nascita di mio figlio.
Energie positive indispensabili per
guardare avanti.
Ci vuoi raccontare come sono
andate le lavorazioni di “Mirages”?
La realizzazione di questo album
è stata piuttosto dilatata nel teml’intervista
Anima nomade ma anche pragmatica, “vittima” di troppi traslochi, l’artista
ha in uscita il proprio nuovo lavoro, “Mirages”
po rispetto a quello dell’esordio. È
dal 2015 che registro e produco i
miei lavori in casa, e questa la ritengo
una soluzione molto adatta
a me. In passato mi era capitato di
soffrire certe tensioni da studio di
registrazione e, soprattutto, avere
tutto a portata di mano mi agevola
a fissare le idee e le atmosfere,
facendo la differenza. Il problema
è stato che, da settembre 2016 a
oggi, ho traslocato troppe volte: 8
appartamenti in 4 città diverse, tra
Italia e Francia. Ecco, questo non
ha sicuramente dato una mano ad
avere quella tabella di marcia serrata
che molti musicisti ritengono
oggi indispensabile per la carriera.
Altrimenti lo scheletro di questi
brani e l’idea di come dovessero
suonare l’avevo già da diverso
tempo.
Hai cercato un’ibridazione di
generi. Quali sono stati i cardini
fissi, ammesso che ce ne siano
stati, che hai utilizzato per muoverti
fra le varie sonorità?
Sicuramente mi sono lasciato più
andare all’istinto rispetto al passato.
Se Kaouenn nasce con l’idea
di mettere l’elettronica - tanto ritmica
che atmosferica - al centro
del sound, dopo l’album d’esordio
e i relativi concerti ho iniziato ad
avere maggior consapevolezza
su come far evolvere la sua personalità:
maggior spazio al rock
psichedelico declinato da chitarre
acide, fiati al delay, e ossessive ritmiche
di percussioni.
Ci parli degli ospiti del disco?
Con Above The Tree siamo amici
da oltre 15 anni: siamo cresciuti
nelle Marche a pochi chilometri
di distanza e spessissimo, dalla
seconda metà degli anni ‘00, le
nostre strade si sono incrociate.
Oltre che musicisti, siamo stati
sempre attivi nell’organizzazione
di eventi/festival/rassegne ed agitatori
dell’underground, Marco
con le associazioni Marinaio Gaio
e Casa della Grancetta a Senigallia,
io con l’associazione Valvolare
a Jesi. Da one-man-band sono
sempre stato rapito dal suo sound
minimale e visionario, sicuramente
una fonte d’ispirazione. Sara
Ardizzoni, invece, l’ho conosciuta
grazie ad una trasmissione radio:
era il 2016 ed eravamo nel pieno
della promozione del mio album
d’esordio e del suo secondo album
come Dagger Moth. Fu trasmesso
il mio singolo in chiusura
della puntata dedicata a lei. Il suo
sound mi folgorò al primo ascolto:
lei, one-woman-band, proponeva
un mix personalissimo di rock
d’autore ed elettronica dal grande
fascino e con una tecnica chitarristica
sopraffina. Non a caso, ora
collabora con Massimo Volume
e Cesare Basile. Bravissima. Entrambi
i loro contributi a questo
disco sono per me, a dir poco,
strepitosi!
Quali saranno i tuoi prossimi
passi?
Visto che non si possono fare previsioni
sulla ripresa dei concerti,
inizierò a lavorare a nuove tracce
con l’obiettivo di far uscire almeno
un nuovo singolo dopo l’estate.
Nel frattempo usciranno due nuovi
video estratti da questo album,
nonché il remix che ho realizzato
per un artista veneto della mia
stessa etichetta. Non ci si annoia
mai.
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SMOKING TOMATOES
> 1) Ci racconti chi sei?
> Sono una persona profondamente innamorata dell’arte, della bellezza.
> Per anni ho rifiutato l’etichetta di artista. Adesso ha un suono dolcissimo e delicato.
> Credo che la vita sia semplice: una volta capito quello che ami, basta seguirlo.
>
> 2) Come sei arrivato alla scelta dei cinque pezzi dell’ep? E’ la
> fotografia del momento oppure le accumulavi da un po’?
l’intervista
> La fotografia del momento non direi. Possono esserci dei richiami ma non sono voluti perchè il lavoro è antecedente a questa situazione che
stiamo vivendo.
> Il fatto che ci siano echi di cio’ che stiamo attraversando mi fa molto piacere: ci abbiamo visto lungo (ahah).
> La scelta è arrivata seguendo una semplice regola: dare un’immagine di me che fosse fedele alla musica che sto scrivendo.
> E quindi puoi sentire il Jaguaro e poi passare a Non è un Problema. Puoi sentire Meglio Morire e poi trovarti in un’atmosfera come quella di E
aspetto te.
> La musica, come tutta l’arte, ha bisogno di confini. Compito dell’artista è quello di trovare quelli giusti.
>
> 3) Come nasce “Il jaguaro” e perché l’hai scelta come singolo?
> Il Jaguaro è una descrizione piuttosto romanzata di un amico. Ha attraversato un momento complicato e si è trovato tanta gente che, invece di
comprendere e fare uno sforzo di empatia, ha preferito la via piu’ semplice: giudicare e puntare il dito. L’ho scelta perchè è una canzone a cui sono
molto legato e perchè eravamo convinti che fosse un gran bel pezzo.
>
> 4) Chi sono i tuoi punti di riferimento musicali?
> Attingo molto dal passato, sia in ambito internazionale che nazionale. Rolling Stones, Beatles, Dylan, Prince, M. Jackson, Bowie; Battisti, Dalla,
Rossi, Rossini, Battiato e Rino Gaetano.
>
> 5) La promozione live al momento sembra impossibile. Quali saranno i
> tuoi prossimi passi?
> Lavorare con quello che è possibile maneggiare. I social (internet in generale) al momento sembra l’unica via per poter arrivare a un certo numero
di persone. Abbiamo già diverse idee in mente, ci stiamo lavorando e sono molto fiducioso.
“Make the Choice” è il nuovo ep della band proveniente dai Castelli Romani,
che ci racconta esperienze e aspirazioni
Ci presentate la vostra band?
Ciao! Noi siamo gli Smoking Tomatoes,
una band formata da
quattro tipi provenienti dai Castelli
Romani. Se amate il rock, i
riff di chitarra, i groove trascinanti
e il funk, noi abbiamo fuso tutto
questo in una miscela altamente
esplosiva e siamo quello che fa per
voi.
Avete di recente pubblicato un
ep, “Make the Choice”: ci raccontate
ispirazioni e obiettivi del
disco?
Dopo diverso tempo in cui ci esibivamo
dal vivo con i nostri brani,
era giunto il momento di metterci
in gioco e per fare questo ci
serviva registrare i nostri pezzi,
in modo da poterli far ascoltare
anche a chi non poteva seguirci
dal vivo.La scelta è stata quella
di registrare un EP, selezionando
5 canzoni che riassumessero al
meglio quello che è stato il nostro
percorso fin qui. La scelta
del sound giusto ci ha impegnato
parecchio, ma alla fine il risultato
ci ha pienamente soddisfatto e
siamo molto orgogliosi del lavoro
svolto. Il titolo “Make The Choice”(artwork
subito sotto) si riferisce
a tutto questo, alle scelte che
abbiamo fatto noi come band, alla
scelta di metterci in gioco.
Come avete vissuto l’esperienza
di Sanremo Rock?
Fondamentalmente è stata un’occasione
per tornare dal vivo dopo
la quarantena di marzo-giugno.
La manifestazione in sé non ci ha
entusiasmato molto ma ci siamo
divertiti ad ascoltare tante band, è
una cosa molto positiva
Quali sono i vostri piani per il
futuro prossimo?
Appena finita la crisi sanitaria vogliamo
subito riprendere da dove
abbiamo interrotto, facendo tanti
concerti e divertendoci. Nel frattempo,
tanto lavoro in vista album!
Il nuovo materiale è quasi
pronto e stiamo già pianificando
tutto il contorno.
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