Il Quartiere - Anno VII - Numero I
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EVENTI
SE LA SOCIALCOMUNICAZIONE VA ALL'ASSALTO DEL FESTIVAL
GLI HATERS DI “SANREMO”, EVENTO DIVISIVO PER ECCELLENZA, SI GIOCANO IL JOLLY DELLA PANDEMIA; POLITICI GUARDINGHI
di Gerson Maceri
Qualunquismo, banalismo
e benaltrismo
– cifre stilistiche
dell'ormai imperante
“socialcomunicazione”
politica e non solo –
stanno producendo
una degradante assuefazione
intellettuale al
gossip, al chiacchiericcio,
all'opinionismo (distruttivo)
ad ogni costo.
Esemplifichiamo:
nei giorni scorsi abbiamo
dovuto assistere –
sempre meno allibiti,
a dire il vero –
all'endorsement per
Barbara D'Urso da
parte di un noto segretario
di partito.
«Hai portato la voce
della politica vicino alle
persone!» si legge in
un suo tweet, con hashtag
d'ordinanza
(#noneladurso), che
sembrerebbe aprire alla
creazione di un movimento
della conduttrice:
il BD.
Battute a parte, è la
politica dei grandi e
minimi temi, insomma,
che si confondono
nella brodaglia mediatica
come verdure in
un minestrone a pezzettoni,
i cui ingredienti
vengono declinati
– da qualcuno –
in infiniti elenchi dal
non più vago sentore
di supercazzola.
Tra quei temi, finora
fortunatamente classificabile
solo come “intermedio”,
rientra pure
il Festival di
Sanremo.
I grandi leader, in
questa prima fase di
studio, hanno preferito
mandare in avanscoperta
le seconde linee.
«Riapriamo il
Casinò e rinviamo la
kermesse a una data
più sicura!» ha tuonato
su tutti, in due atti,
un onorevole locale,
con dichiarazioni
esplorative per sondare
le pance popolari.
Legittimo.
Ora: non siamo –
perciò non faremo
conto di esserlo – verginelle.
Per la Rai, il
Festival di Sanremo
rappresenta un utile
da 20 milioni di euro
(dati 2020); per il
Comune, un introito
da 5 milioni di convenzione
(cui va a sommarsi
un variegato,
pur se quest'anno ridotto,
indotto). Vi sono,
perciò, oltre 25 milioni
di buoni motivi
(più per loro – qualcuno
obietterà –, ma “loro”
siamo anche noi)
per non annullare o
rinviare indefinitamente
l'evento.
E l'alternanza schizofrenica
tra il “giallo”
e l'“arancione scuro”?
Certo, un disagio e un
tributo non indifferenti.
Che avremmo
“pagato” con maggior
serenità – e, magari,
Abbiamo ripescato una vignetta di Claudio della Croce del Festival di cinque anni fa. La domanda è ancora d'attualità...
Diodato e la sua 'Fai rumore' fanno la loro comparsa nella 'Walk of fame' sanremese
comprensione – se
tempistiche e motivazioni
fossero state le
une più coerenti, le altre
più sincere. Non è,
insomma, una questione
di
(in)competenza. Non
solo, almeno.
Scevri da ogni pregiudizio
e/o strumentalizzazione
di stampo
politico, depurati da
ogni sentimento di frustrazione
o avvilimento
personale, proviamo
però a volare un
po' più alti. Proviamo
a spegnere i social
(«Chiudono le scuole,
aprono il Festival: vergogna!»,
«Perché il
Festival sì e cinema e
teatri no?», «Ci prendono
in giro!») e a moderare
il volume di
qualche emittente avvelenata.
Sforziamoci,
se necessario ingoiando
qualsiasi batrace,
di voler bene a questo
Sanremo 2021; speriamo,
chiediamo, pretendiamo
con forza –
assieme a tutti i cantanti,
ai produttori,
agli artisti – che la manifestazione
assurga a
punto di (ri)partenza
culturale locale e nazionale;
che funga da
sblocco, per riniziare –
gradualmente, certo,
e in sicurezza – a rialzare
i sipari, a riaprire
i palcoscenici, le sale,
le platee; che rappresenti
l'iniezione di fiducia
e volontà che, a
fianco di quella vaccinale,
possa ridestarci
dal torpore della paura
riallargando, finalmente,
la nostra comfort
zone.
Perché Sanremo
non sia solo Sanremo,
ma – una volta di più,
oggi come non mai –
anche l'Italia intera.
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Cell 375 5062912
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